Dal 1993, il giornale di strada di Bologna fondato dalle persone senza dimora

Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 ( conv. in L27/02/2004 N.46) ART. comma 2 DCB - Bo (Num. 2) per Poste Spa

gli ultimi
della
classe
09/2010
PRODURRE QUESTO GIORNALE COSTA 0,75 EURO • QUELLO CHE DATE IN PIù è IL GUADAGNO DEL DIFFUSORE
QUALSIASI RICHIESTA AL DI Là DELL’OFFERTA LIBERA NON è AUTORIZZATA
I nostri strilloni
RACA
Ho 59 anni, sono arrivato in Ita-
lia con mia moglie Znezana nel ’91.
In Serbia ho lavorato in fabbrica e
come muratore. Sono stato tra i pri-
mi a vendere Piazza Grande nel 1993,
ho fatto il muratore dal ’95 al 2006,
finché non mi è stato diagnosticato il
diabete. Ora vendo Piazza Grande in
fondo a via Marconi.
Editoriale/
Buone ragioni
per abbonarsi
p leonardo tancredi
In copertina
Il volto in prima pagina è quel-
lo di Vitalis, studente dell’Isti-
tuto Besta. Appena arrivato
dalla Costa d’Avorio, in Italia
ha preso la licenza media,
ma il suo futuro scolastico è
incerto. Le foto di copertina
sono curate dal gruppo foto-
grafico di Bandiera Gialla e ri-
traggono persone che hanno
accettato di farsi fotografare
in studio. Questo mese l’auto-
re della foto è Paolo Odoardi.
Per informazioni: www.bandieragialla.it/node/6137
fffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffff
gerenza
09 10
Guarda chi legge
ZNEZANA
Ho 56 anni, sono arrivata in Italia
con mio marito Raca da Belgrado nel
Q| Fotografia di Manfredi Liparoti
1991, per scappare dalle guerre in Gradita sorpresa per gli spettatori dell’Arena Puccini, lo
Jugoslavia. In Serbia facevo la casa- storico cinema all’aperto delle estati bolognesi. Il 4 e il 24
linga e crescevo i nostri quattro figli. luglio il pubblico ha ricevuto in omaggio una copia di Piazza
Viviamo a San Ruffillo. Vendo Piazza Grande, mentre la redazione raccoglieva gli abbonamenti.
Grande dal 1994, mi trovate in via Il film in programma era La nostra vita di Daniele Lucchetti.
Ugo Bassi di fronte a PizzAltero. Ringraziamo l’Arena Puccini e la Cineteca di Bologna per la
disponibilità.
N
egli ultimi mesi, anche i nostri lettori più distratti si saranno accorti degli inviti
a loro rivolti ad abbonarsi a Piazza Grande. Lo ammettiamo, siamo in campagna
abbonamenti permanente. Dall’uscita del primo numero nella nuova versione, ad
aprile di quest’anno, ci siamo posti l’obbiettivo di essere più presenti in strada e in luo-
ghi diversi della città. Non solo con i nostri diffusori, ma anche con volontari, redat-
tori e collaboratori. Abbiamo organizzato banchetti, abbiamo distribuito gratuitamente
copie dei mesi precedenti del giornale (all’Arena Puccini per esempio, con molto successo).
In ognuna di queste occasioni, le copie messe in circolo avevano all’interno una lettera
che spiegava le ragioni del nostro invito all’abbonamento.
I risultati non sono mancati, negli ultimi tre mesi abbiamo registrato quasi duecento
nuovi abbonati e di questo vi ringraziamo. Non sono mancate neanche le critiche. Come
quella lettrice che ci ha scritto qualche settimana fa, chiedendoci se la sollecitazione
all’abbonamento fosse effetto della scelta di abbandonare progressivamente la diffu-
sione in strada. Non è così. Lo scopo per cui è nato il giornale, fornire un’opportunità di
guadagno oltre che uno strumento di comunicazione a soggetti svantaggiati, riteniamo
sia ancora da perseguire. Trenta persone, grazie ai proventi del loro lavoro di diffuso-
re, stanno provvedendo autonomamente e onestamente ai propri bisogni quotidiani. Il
gruppo dei diffusori più giovani e stranieri può finalmente permettersi un affitto e sta
lasciando gradualmente tende e baracche della periferia.
Perché allora insistere tanto con gli abbonamenti se per ogni abbonato, a rigor di logi-
ca, c’è una copia in meno venduta in strada? Risposta semplice: quello stesso abbonato
con la sua sottoscrizione ci permette di continuare a scrivere, impaginare, stampare e di-
stribuire il giornale, e, con i soldi che avanzano, di realizzare progetti per l’inserimento
sociale delle persone che lo vendono in strada. Per esempio attraverso il monitoraggio
degli insediamenti rom del Servizio mobile di sostegno o lo sportello di orientamento al
lavoro (per ora attivo solo in via sperimentale). Ci auguriamo allora che siate in tanti a
non seguire la logica, anche perché una copia in strada spesso costa meno di una ricevu-
ta a casa, e a sottoscrivere un abbonamento a Piazza Grande. L’unico che economicamen-
te non conviene, ma aiuta a vivere meglio. (leonardotancredi@piazzagrande.it)
Piazza Grande In redazione Bologna, aprile 2010, anno XVII, numero 163
Giornale di strada di Bologna fondato dalle persone senza dimora Giuseppe Mele, Ilaria Giupponi, Erika Casali, Eva Brugnettini,
“Tendere un giornale è meglio che tendere una mano”
Direttore editoriale Leonardo Tancredi
Direttore responsabile Bruno Pizzica
Simone Jacca, Chiara Gregoris, Giulio Centamore, Salvatore Pio,
Mauro Sarti, Donato Ungaro, Olga Massari
Stampa Tipografia Moderna
Progetto grafico Fabio Bolognini
Caporedattori Jacopo Fiorentino, Pietro Scarnera Hanno collaborato a questo numero
Gianluca D’Errico, Emiliano Facchinelli, Franco Foschi, Gruppo foto- Impaginazione Exploit Bologna
Redazione grafico Bandiera Gialla, Paolo Lambertini, Carlo Lucarelli, Nadia Lup-
Via Corazza 7/8 40128 Bologna, tel. 051 4222046, fax 0514216961 pi, Laura Marongiu, Max Manz, Gianluca Morozzi, Paolo Odoardi, Lo-
www.piazzagrande.it | redazione@piazzagrande.it renzo Orsi, Nancy Poltronieri, redazione Bandiera Gialla, redazione Distribuzione
Sottobosco.info, Simone Sabattini, Romana Veronesi, Sonia Zucchini Redazione Piazza Grande
Consulenza editoriale Agenda (www.agendanet.it) Registrato presso il Tribunale di Bologna il 15/09/1995 n°6474
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Dopo i lavori di Ad agosto gli ospiti hanno lasciato Villa Aldini
per tornare nello storico dormitorio di via Sabatucci
ristrutturazione il
dormitorio pubblico
più vecchio di
Bologna è cambiato
e ha nuove regole
p salvatore pio
L
unedì 2 agosto è il giorno in cui
i signori ospiti (così ci chiama
l’operatore che ogni mattina ci
invita a lasciare le stanze) hanno fatto
il trasloco. Sveglia alle 7 in Villa Aldini
per consegnare i bagagli: vestiti, calze,
oggetti personali, chi voleva poteva
mettere un’etichetta con nome e cogno-
me sui propri materassi e cuscini nuovi
per ritrovare tutto nella propria camera
al Beltrame. Si lascia la struttura sosti-
tutiva sui colli per tornare al dormitorio
pubblico originario di via Sabbatucci,
lasciato a dicembre.
Il Beltrame a un primo impatto sembra
proprio come lo si è lasciato. Ma entrati
nelle camere si sente odore di pittura
fresca, l’impianto elettrico è stato siste-
mato, i pannelli del controsoffitto sono
stati rimessi a nuovo. A causa dei pezzi
mancanti era usato come ingresso dai
piccioni, che lì costruivano il nido. Una
situazione che ha provocato l’insedia-
mento delle zecche.
fffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffff
Dalle associazioni sollievo ma anche molti dubbi sul regolamento varato a luglio dal Viminale
Registro dei senza dimora: ecco come funzionerà
p JAcopo fiorentino
A fine luglio 2010 il ministero dell’In-
terno ha finalmente pubblicato il
testo del regolamento che discipline-
rà l’istituzione e la gestione del Registro
delle persone senza dimora, uno stru-
mento che era contenuto nelle dispo-
sizioni del Decreto sicurezza, tramuta-
to in legge un anno fa dal Parlamento.
Piazza Grande, Avvocato di strada Onlus
e tutti gli enti iscritti alla Fio.PSD (Federa-
zione Italiana Organismi Persone Senza
Dimora) da mesi denunciavano il rischio
che il Registro, che doveva “schedare” tut-
ti i senza tetto italiani, si potesse rivelare
uno strumento di controllo sociale, inca-
pace di favorire, anzi, al limite ostacolan-
do, i percorsi di inclusione sociale delle
persone in difficoltà. Nonostante i timori
giornalismo d’asfalto
Ritorno
al Beltrame
Gli ospiti non possono più avere il pro-
prio frigorifero personale, quindi niente
bibite fresche se non quelle del distribu-
tore automatico, ma sino ad esaurimen-
to delle scorte, né mobiletti aggiuntivi a
quelli standard della struttura, armadio,
sedia, tavolo e comodino. Ognuno può
tenere il proprio televisore e computer,
a patto di non dare fastidio ai compagni
di stanza. Anche i bagni sono stati si-
stemati, ma decimate le docce: ogni ala
era fornita di tre bagni con relative doc-
ce, ora ne è rimasta solo una su tre, da
dividere tra 18 persone, ma pavimenta-
te con l’ultimo ritrovato delle piastrel-
le antiscivolo, veramente efficace. Gira
voce che al piano sotterraneo abbiano
adibito una stanza con diverse docce
per sanare quelle eliminate.
Anche gli orari sono stati ritoccati: men-
tre prima si poteva stare sei giorni su
sette in camera senza limiti di orario (il
settimo era il giorno delle pulizie stra-
ordinarie), adesso dal lunedì al venerdì
le associazioni non avevano esitato ad in-
terloquire con le istituzioni, nella speran-
za che il Registro potesse produrre effet-
ti positivi, sul piano tecnico, riguardo al
problema dell’iscrizione all’anagrafe del-
le persone senza dimora, senza la quale
si è privi dei diritti sociali e di cittadinan-
za. Con la pubblicazione del regolamento
ora si scopre che il registro avrà esclusiva-
mente una funzione di monitoraggio che
verrà esercitata dalla Direzione centrale
per i servizi demografici. Si tratta quindi
della classica “montagna che ha partorito
il topolino”. Il registro ci sembra non ave-
re nessuna utilità di tipo pratico. Come ci
si aspettava, è una sorta di schedatura che
serve a marchiare (speriamo in modo non
indelebile) chiunque in un periodo parti-
le camere devono essere liberate dalle
10 alle 12, ma si può rimanere nella
sala multifunzionale. Con il sospirato
trasferimento gli ospiti hanno ritrova-
to la tranquillità di vivere nel centro
della città, con birre, panini e sigarette
a portata di mano, liberi di usare bici e
autobus a qualunque ora, al contrario
di quanto succedeva a Villa Aldini.
Un’altra novità è che due ali al primo
colare della propria vita si sia trovato in
difficoltà. Secondo il regolamento al Re-
gistro potranno accedere solo i Comuni e
il ministero e ci auguriamo quindi che i
dati in esso contenuti non vengano diffu-
si. Rimangono inoltre oscuri i criteri che
verranno usati per iscrivere una persona
nel registro: chi può essere considerato
senza dimora? Chi non lo è? Una persona
che viene sfrattata ed è in attesa di una
nuova abitazione può essere iscritta nel
registro? Qualcuno sarà deputato a con-
trollare l’evolversi delle situazioni delle
persone e a cancellare dal registro perso-
ne che non vivono più in strada? Al mo-
mento queste sono domande senza rispo-
sta. In conclusione, il registro sembra non
influire negativamente o positivamente
piano sostituiscono l’ex dormitorio di
bassissima soglia di via Lombardia: qui
ci sono ragazzi che hanno orari e perio-
di diversi di permanenza: devono uscire
alle 8.30 di mattina e rientrare dalle 19,
per un periodo massimo di 7 giorni, e
tornare solo dopo un mese. Non imma-
gino come possano sentirsi gli ospiti di
questo livello nei confronti di chi può
usufruire della struttura tutto il giorno.
sul diritto alla residenza perché le perso-
ne continueranno a prenderla nel luogo in
cui vivono. Resta il grande caos generato
dall’incertezza che si è protratta per più di
un anno e il colpevole ritardo con cui il go-
verno ha varato il regolamento attuativo
(doveva essere pronto per gennaio 2010,
invece è stato pubblicato solo sei mesi più
tardi): incertezze e lacune che hanno avu-
to una cattiva influenza sul funzionamen-
to delle anagrafi e che in questi mesi han-
no impedito a molte persone di ottenere
la residenza. Ci aspettiamo inoltre che
alla pubblicazione di questo regolamento
seguiranno nuovamente mesi di incertez-
za per i Comuni che dovranno affrontare
queste nuove disposizioni. (jacopofioren-
tino@piazzagrande.it)
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gli ultimi inchiesta

della
classe
Dal carcere ai centri per stranieri, viaggio nelle scuole per detenuti
e immigrati. Qui, dove si fanno sentire di più i tagli alla scuola
e gli effetti della riforma Gelmini, si va avanti solo facendo i salti mortali

La
scuola non vive momenti felici. La crisi, i tagli, le manovre e quella tendenza ormai decennale
a svalutare la centralità della cultura e dell’istruzione nella società rendono sempre più ostica
p simone jacca
e critica la condizione di insegnanti e studenti. Ma per alcune scuole l’effetto è doppio. Case
fotografie di Paolo lambertini
circondariali e Centri territoriali permanenti (Ctp), detenuti e immigrati, sono coloro che sento-
(gruppo fotografico
no maggiormente questa perdita di autorevolezza.
bandiera gialla)
Il nodo centrale sembra essere algebrico: l’offerta non copre la domanda. Di fronte a numerose richieste di iscri-
zione, alcuni istituti riescono a coprirne solo una percentuale. E spesso, per coprirla, si fanno i salti mortali. Gra-
zia Zampiccinini, insegnante di Diritto nella scuola superiore del della casa circondariale, per l’istituto Keynes di
Castelmaggiore, ci porta un esempio: “L’anno scorso abbiamo avuto 135 iscrizioni e il provveditorato ci ha dato la
disponibilità solo per 3 classi. Il regolamento penitenziario prevedrebbe un massimo di 15 ragazzi per classe, che
vorrebbe dire 45 posti e 90 ragazzi in lista d’attesa. Noi siamo arrivati al limite di 30, il parametro standard impo-
sto della riforma Gelmini, con tutti i limiti didattici conseguenti. In questo modo abbiamo raggiunto i 110-120 posti
disponibili, riuscendo quasi a coprire l’intera domanda”. Ovviamente il risultato è frutto di uno sforzo del perso-
nale, e soprattutto di una drastica diminuzione della qualità didattica. E quest’anno, non sembrano esserci motivi
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Le difficoltà crescono ogni anno.
E se qualche tempo fa si lavorava
solo con gli adulti, negli ultimi anni
sono aumentati i più giovani. Il tutto
in perfetta linea con l’evoluzione
sociale del Paese, dove gli immigrati
non sono più padri di famiglia in cerca
di lavoro, ma interi gruppi familiari
con ragazzi più o meno piccoli.
per sperare qualcosa di meglio. Il ragionamento del ministero, infatti, è il seguente:
si sa che a un certo punto, tra trasferimenti o semplicemente scarsa frequenza, le 130
iscrizioni iniziali finiscono automaticamente per ridursi, e quindi si parametra l’orga-
nico su quello che dovrebbe poi essere il numero effettivo di frequentanti.
“In realtà - ci spiega Gianluca D’Errico, sindacalista Cobas, insegnante alla Dozza -
basterebbe evitare di fare iscrizioni a maggio, e rinviarle a settembre. In questo modo
si avrebbe un quadro più chiaro e preciso della situazione effettiva, perché da maggio
a settembre cambiano molte cose, tra uscite, nuove entrate o semplici trasferimen-
ti”. La popolazione detenuta del carcere di Bologna è formata, in massima parte, da
immigrati e persone con bassa scolarità. L’insegnamento della lingua italiana è, o
dovrebbe essere, una attività preliminare rispetto a qualsiasi percorso di formazio-
ne o di reinserimento sociale, invece i maggiori problemi, negli ultimi anni, li hanno
avuti proprio i maestri di scuola elementare che fanno alfabetizzazione. Dal 2004 ad
oggi non c’è un organico di diritto e quindi le cattedre vengono “concesse” di anno in
inchiesta
anno e non sempre ad inizio settembre. In un luogo dove l’esperienza professionale
andrebbe valorizzata, cambiano continuamente gli insegnanti e le lezioni comincia-
no di regola in ritardo rispetto alla scuola dei liberi.
La situazione sembra essere relativamente migliore nei Ctp per adolescenti immigra-
ti. Qui il problema fondamentale diventa l’abbandono scolastico. In questo senso si
cerca di seguire i ragazzi, di invogliarli, di spronarli, anche individualmente, nella
speranza che possano continuare gli studi. Le domande di iscrizione vengono spesso
soddisfatte, con tutti i limiti derivanti dalle classi gelminiane, in costante sovrannu-
mero, ma spesso il problema sorge nel confronto con le scuole “normali” del mat-
tino. Maria Verdi, insegnante di Italiano al Ctp Besta, ci racconta che “spesso non si
riesce a fare un lavoro coordinato con loro, e questo ci crea non pochi problemi. Ma
capiamo che anche loro hanno varie difficoltà e non si può fare molto. Cerchiamo di
fare in modo che per lo meno i ragazzi non vengano bocciati, perché altrimenti fini-
remmo per perderli subito. Anche solo per far fare loro gli esami bisogna marcarli
stretti, continuamente”. Le difficoltà crescono ogni anno. E se prima si lavorava solo
con gli adulti, negli ultimi anni sono aumentati i più giovani. Il tutto in perfetta linea
con l’evoluzione sociale del Paese, dove gli immigrati non sono più padri di famiglia
in cerca di lavoro, ma interi gruppi familiari con ragazzi più o meno piccoli. A questo
proposito abbiamo sentito anche il parere di Giovanni Schiavone, Dirigente dell’Isti-
tuto Comprensivo n.1 di Bologna che gestisce l’altro Ctp della città, che, in controten-
denza, ci delinea un quadro sostanzialmente positivo: “Per quanto riguarda i corsi
per adulti, del Ctp, anche quest’anno è stato confermato l’organico dell’anno scorso
e possiamo dire che riusciremo a soddisfare la domanda di iscrizioni. Abbiamo inol-
tre riscontrato una seria ed efficace collaborazione con le amministrazioni locali, di
Bologna e dei paesi limitrofi, che hanno partecipato con dei contributi economici al
finanziamento dei corsi, soprattutto quelli estivi, di fondamentale importanza”. Ecce-
zioni a parte, la carenza di posti, la bassa sicurezza, la scarsa qualità didattica sem-
brano essere i punti critici della “scuola di confine”. Ma per fortuna c’è dell’altro. Si
trovano alcuni progetti, si trovano alcuni fondi, ma soprattutto si trovano insegnanti
che dimostrano di avere voglia di aiutare i ragazzi, di spronarli, di “marcarli stretti”,
di far capire loro, per dirla alla Don Milani, che “la scuola sarà sempre meglio della
merda!” (simonejacca@piazzagrande.it)
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Genitori e insegnanti si mobilitano per informare i cittadini

La lenta erosione inchiesta

della scuola pubblica

p Romana Veronesi*

Q
uesto anno scolastico 2010-11
si aprirà nella mia scuola, le
Scandellara, con un insegnante
in meno. In tante altre scuole del nostro
paese accadrà lo stesso, come è succes-
so l’anno passato e come avverrà l’an-
no venturo, perché la legge 169/08 del-
la cosiddetta riforma Gelmini e la legge
133/08 del ministro Tremonti prevedono
l’eliminazione di oltre 130 mila posti di
insegnanti e collaboratori scolastici in
tre anni, in tutti gli ordini di scuola, e la
riduzione dei finanziamenti per l’offerta
formativa, per il funzionamento, la for-
mazione degli insegnanti, le supplenze.
Insegno convinta da sempre che il ruolo
della scuola pubblica sia favorire il su-
peramento delle disparità socio-cultura-
li e di consentire a bambine e bambini
l’uguaglianza delle opportunità per il
futuro, come recita l’art. 3 della Costitu-
zione “[…] E’ compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economi-
co e sociale che limitando di fatto la li-
bertà e l’eguaglianza dei cittadini, impe-
discono il pieno sviluppo della persona
umana […]”.
La realtà, purtroppo, è molto diversa. Il
processo di destrutturazione della scuola
pubblica è avviato e già ne abbiamo visto
i primi effetti devastanti nella primaria:
molti insegnanti che ruotano sulle classi
spezzando il tempo dell’apprendimento,
l’impossibilità di realizzare una didattica
mirata in piccolo gruppo e di laboratorio
per chi ha più difficoltà o semplicemente
bisogni diversi.
Il progetto appare chiaro: ripristinare una
scuola del passato improntata sulla tra-
smissione del sapere e non sulla parteci-
pazione e la costruzione collettiva della
conoscenza per lo sviluppo del pensiero
critico. Una scuola che si realizza dentro
l’istituzione e sempre meno in una logica
di scambio con i servizi culturali del ter-
ritorio di appartenenza. Una scuola che
estromette i precari, mentre si aumenta-
no i finanziamenti alla scuola privata.
“Tutti devono sapere” è la campagna di
informazione avviata nelle scuole, sugli
autobus, nella città e nella provincia,
dall’assemblea di genitori e insegnan-
ti delle scuole di Bologna e provincia,
dopo aver promosso in questi anni in-
contri, manifestazioni, lezioni nelle piaz-
ze, fiaccolate: per dire a tutti le disastrose
conseguenze per le giovani generazioni e
per il futuro del nostro paese. *insegnan-
te della scuola primaria Scandellara di
Bologna.

L’ex Garante dei detenuti di Bologna fa il punto sulla scuola in carcere

studenti ristretti
p eva brugnettini s| Illustrazione di Max Manz
no 52 lingue diverse, per non contare “il dramma dei
Intervista a Desi Bruno: 300 tossicodipendenti che dovrebbero stare in ben
altre strutture”, e il fatto che l’80% sono dentro per
“Esperienze positive nei una sorta di “detenzione sociale”, persone che vive-
vano ai margini, in condizioni di svantaggio: tossicodi-
Cie e al Pratello, ma alla pendenti, immigrati irregolari o persone che soffrono
di disagio psichico. Una situazione complessa che ri-
Dozza la situazione è chiederebbe molto personale per garantire un’offerta
formativa. Personale che non c’è e anzi viene ridotto.
critica” “Gli insegnanti diminuiscono - continua Desi Bruno -,
P| Fonte: Flickr

restano fuori molte richieste perché non ci sono i corsi

La
scuola in carcere va avanti ma tra mille
difficoltà e problemi economici e strut-
turali. A dirlo è l’avvocato Desi Bruno,
che fino al 31 agosto scorso ha ricoperto a Bologna la
carica di Garante dei detenuti (la città è attualmente
senza Garante, ma la Bruno mantiene l’incarico di co-
ordinatrice nazionale dei garanti), “Nei Cie (Centri di
identificazione ed espulsione) - spiega l’avvocato - ci
sono dei corsi di alfabetizzazione, nel carcere minorile
la scuola c’è e funziona. Più complessa è la situazione
al carcere Dozza per la presenza massiccia di stranie-
ri con bisogno di corsi di italiano”. La situazione del-
la casa circondariale bolognese, che con quasi 1.200
detenuti su una capienza di 400 è il carcere più so-
vraffollato d’Italia, è sull’orlo del disastro. Il 67% dei
carcerati sono stranieri e in tutto alla Dozza si parla-
necessari” e spesso si è costretti ad accorpare le classi
“con un conseguente svilimento dell’insegnamento”.
Come nel caso della scuola superiore, i cui corsi di
ragioneria, gestiti dall’Istituto superiore ‘’J.M. Keynes’’
di Castel Maggiore, sono stati dimezzati, nonostan-
te la domanda crescente di iscrizioni (83 nell’anno
2009-10, 134 previsti per quello in partenza). Mentre
nell’anno 2008-09 la sezione femminile non ha avu-
to accesso alla scuola media inferiore, gestita dall’Isti-
tuto comprensivo n.10 insieme a quella elementare.
Istituto che quest’anno ha visto 388 corsisti, 162 per
le medie inferiori, 226 per i corsi elementari di alfabe- stati 4, con un aumento delle attività formative, il cor-
tizzazione. E che per l’anno prossimo avrebbe bisogno so per cuochi, per muratore e il teatro di Paolo Bil-
di almeno altri 6 insegnanti. Al carcere minorile del li. Alla Dozza, grazie a una convenzione, ci sono stati
Pratello invece, che ha una larghissima percentuale di persino 11 iscritti all’università. Insomma, scuola è,
stranieri, gli iscritti ai corsi per la terza media sono nonostante tutto. (evabrugnettini@piazzagrande.it)
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Educatori Inchiesta

senza sostegno
p Lorenzo orsi

A volte degradata
al ruolo di badante, altre
sfruttata a scopi didattici,
la professione di educatore
fatica ancora ad essere
riconosciuta Q| Fotografia di Paolo Lambertini

D
opo un’estate passata nel clima caldo e spen-
sierato dei centri estivi, il mese di settembre,
per molte educatrici ed educatori di sostegno,
è un salto nel vuoto. Ricomincia la scuola e alcuni
interrogativi sono ricorrenti tra chi ha un contratto a
tempo determinato: “Avrò la continuità sul caso che
seguivo l’anno scorso? Avrò lo stesso numero di ore?”,
nella migliore delle ipotesi. “Avrò ancora un contrat-
to?” nella peggiore. Non solo: c’è chi arriva a chie-
dersi se la cooperativa sociale per cui lavora esisterà
ancora; è già capitato infatti che piccole cooperative,
non riuscendo a reggere la concorrenza di quelle più
grandi, ormai inquadrate in una vera e propria logica
d’impresa, siano fallite, finendo per essere da esse
inglobate.
Dai quartieri inoltre arrivano quote sempre più piccole
di ore dedicate agli interventi nei confronti dei disabi-
li; e quando si tratta di distribuirle agli utenti, alcuni
di essi devono accontentarsi di fette molto scarse, altri
rimangono direttamente a bocca asciutta: la prece-
denza viene data agli handicap gravi mentre i primi
a vedersi negato il servizio sono coloro che hanno
problemi comportamentali. Ma il destino degli utenti
è legato inevitabilmente a quello degli educatori, che
attendono l’inizio del nuovo anno scolastico con ansia
famelica, nella speranza di ottenere un numero suffi-
ciente di ore. Così, in un tempo in cui il lavoro sicuro
e a tempo indeterminato è più o meno un miraggio,
per quelle educatrici e quegli educatori che vivono di
contratti a termine si innesca una spiacevole sensazio-
ne, quella dell’acqua alla gola.
La mancanza di fondi rischia di compromettere ulte-
riormente lo stato di salute già precario di una pro-
fessione, quella di educatore di sostegno, che non
ha ancora dei confini ben chiari: a volte sminuita a
semplice ruolo di badante, a volte sfruttata per scopi
didattici; e non sempre adeguatamente supportata
da un proficuo confronto con altri professionisti come
psicologi e psichiatri. Le scelte di bilancio del Comu-
ne per il 2010, seppur compromesse dalla congiuntura
economica negativa del 2009, sono state abbastanza
generose in termini di assistenza agli alunni con han-
dicap (4 .545.000 euro ai singoli quartieri). Ma quella
stessa crisi economica ha salassato le fasce più deboli
della popolazione, e cresce il numero di chi si rivolge
al Comune per ottenere interventi di carattere socio-
assistenziale. Sommando il fatto che i dati demogra-
fici prevedono un aumento della popolazione in età
scolare per il prossimo quinquennio, le prospettive
non sono del tutto confortanti. Non per gli utenti, e di
conseguenza nemmeno per gli educatori.

Non disperdetevi!
p olga massari

Frequenti bocciature e malattie, difficoltà di apprendimento, semianalfa-

betismo, trasferimenti: sono solo alcuni dei motivi che possono portare
all’abbandono degli studi. È il fenomeno della dispersione scolastica, che
in Italia raggiunge picchi del 30% al Sud e del 20% al Nord, e spesso si
collega a episodi di bullismo e microcriminalità.
Secondo i dati della Provincia di Bologna, nel nostro territorio il sistema di
istruzione ha disperso in un anno (dal 2007/2008 al 2008/2009) 1.876
studenti, pari al 6,5% del totale. A questi si aggiungono 893 studenti riti-
rati e 1.171 trasferiti, alcuni dei quali trovano accoglienza nel sistema del-
la formazione professionale e nell’apprendistato. In questi dati sono com-
presi gli studenti stranieri, che complessivamente costituiscono il 9,5%
della popolazione scolastica.
I dati parlano chiaro e descrivono una situazione complessa in cui la fase
di passaggio da un ciclo all’altro dell’istruzione e il periodo tra la prima e
la seconda classe delle superiori sono i momenti più critici; le bocciature
cominciano dalla scuola media e gli studenti non promossi in terza sono
il 3,6%. Questi crescono alle superiori ricoprendo il 12,2% del totale. Il
passaggio tra la classe I e la classe II della scuola superiore è il più diffici-
le: sono 1.350 (ovvero il 17,6%) gli studenti di prima non ammessi alla
classe successiva. Inoltre, il 23,2% degli studenti di istituti superiori di II°
grado sono in posizione irregolare, con un’età anagrafica che non corri-
sponde alla classe frequentata.
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Bicicentro
di Piazza Grande:
via Libia, 69
tel.051349383
Torna la
settimana
della Mobilità
p eva brugnettini A Bologna info-point, laboratori e aste di bici usate
Sono già 837 le città che parteci- 18 e il 19 settembre tante propo-
pano alla Settimana europea del- ste per muoversi in città con bici e
la mobilità, un evento promosso mezzi pubblici. Tra le altre, il Co-
dall’Unione Europea 10 anni fa, mune ha allestito un info-point in
con una giornata senza auto, ma piazza Maggiore dove ognuno po-
che dal 2002 è diventata un labo- trà farsi indicare il tragitto più bi-
ratorio ambulante di proposte eco- ci-friendly per andare da casa al
sostenibili. Il tutto si svolge tra il lavoro. Ci sarà un laboratorio dove
16 e il 22 settembre in tutta Euro- insegnano a costruire una bici con
pa, e non solo. materiali di scarto, la Ricicletta, e
Bologna partecipa anche quest’an- anche un angolo dove esperti inse-
no con una serie di eventi, tema gneranno ai comuni mortali come
centrale “movimento e salute”: riparare una gomma bucata, o un
andare in bici aiuta il pianeta ma freno o qualsiasi altra cosa ignora-
anche il proprio organismo. Tra il ta dai più. L’associazione Altra Ba-
Dal 16 al 22 settembre in
tutta Europa numerose
iniziative per promuovere
l’uso della bici
bele ha indetto due giorni d’asta
con bici orfane a prezzi simbolici.
Tra le numerose occasioni per le
proprie bici, ci sarà anche la Ci-
clofficina Mobile di Piazza Gran-
de, pronta ad aggiustar bici, per
chi ancora non avesse imparato a
farlo: dalle 10 alle 18 del 18 e 19 set-
tembre in piazza Maggiore, mentre
il 20 sarà in viale Aldo Moro dalle
12 alle 16 per occuparsi dei mezzi
dei dipendenti della Regione, e il
21 in piazza Liber Paradisus dalle
13 alle 17 per i dipendenti del Co-
mune.
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l’intervista

La solitudine,
vero male
della terza età
p nadia luppi s| Fotografia di Emiliano Facchinelli

L’ La mancanza di
avanzare dell’età e l’uscita
dal mondo del lavoro rappre-
sentano un punto di snodo
dell’esistenza che spesso porta con sé il
relazioni è uno dei
rischio di trovarsi esclusi dalla società.
Di questo abbiamo parlato con Secon-
problemi più comuni
do Cavallari, presidente di Auser Volon-
tariato Bologna, un’associazione che da
per gli anziani. Per
vent’anni è in prima linea nel contrasto
alle solitudini.
l’Auser la soluzione si
Nel contesto di crisi che viviamo
oggi, esiste secondo lei un allar-
chiama volontariato.
me esclusione sociale per gli an-
ziani?
Ne parliamo con il
Sì, il pericolo esiste, ed è dovuto a quella
che definirei “ crisi di relazione”. Nei rit-
presidente Secondo
mi frenetici che caratterizzano il nostro
vivere quotidiano, è facile che i rappor-
Cavallari
ti sociali si diradino, e che l’anziano si Le reazioni cambiano in base alla storia to diventa ancora più totale e pericoloso. non dipende solo dalla pensione e dallo
senta d’improvviso fuori dalla comunità. personale e al contesto. In linea gene- Sono diversi modi di rispondere alla me- stato di salute: è la mancanza di rela-
Quando si esce dal mondo del lavoro, rale le donne si chiudono in casa con desima sensazione di vuoto e a bisogni zioni affettive che di frequente domina
quando i figli sono ormai più che adulti la televisione accesa a confezionare ma- comuni. la vita degli anziani, e spesso, è proprio
e i nipoti sono cresciuti, è facile sentirsi glioni e sciarpe per l’intera famiglia, a Crede che la nostra sia una comu- questo genere di bisogni che si fatica a
in qualche modo inutili, vivendo l’andar cucinare marmellate, salse e altro per nità attenta ai bisogni delle perso- confessare, come se si temesse di non
degli anni come una malattia, rinuncian- tutti, dimenticandosi di ciò che c’è fuori ne anziane? avere il diritto di chiedere attenzione. E
do a chiedere aiuto, provando vergogna dalle mura domestiche. Gli uomini inve- In termini di servizi il contesto emiliano invece, se vogliamo combattere davve-
e sentendosi un peso per la famiglia e ce - soprattutto in provincia – si ritrovano si dimostra attento ai bisogni degli an- ro l’esclusione sociale, dobbiamo fare
per la società. a trascorrere molto tempo al bar, in at- ziani, ma notiamo spesso che si tratta emergere quei bisogni latenti e opporvi
In base alla vostra esperienza, tività senza scopo e immersi in relazioni di interventi che mirano più a protegge- un’alternativa in cui ci si scopra utili a sé
quali sono le reazioni più comuni superficiali. In città manca spesso anche re che a includere. Bisogna tenere conto stessi e a chi è ancora più anziano, o a
a questo malessere? questa possibilità, ed è lì che l’isolamen- che il benessere di una persona anziana chi è più fragile e più bisognoso.

Medici F accio il pediatra in un ospedale un po’ “di frontiera”, a Bentivoglio. Ha fama di accoglienza e competenza dai tempi di
Mussolini, e in questi anni ha visto crescere l’utenza straniera, spina dorsale delle industrie della zona: marocchini, paki-

di frontiera stani, russi, cinesi, africani, in un impressionante crogiolo di razze. Così l’ospedale in cui lavoro diventa un osservatorio privi-
legiato, e una fucina di storie di ordinaria immigrazione. Alcune sono esemplari, come quella capitata una notte dello scorso
luglio. Ore 23 di un normale turno di guardia. Ricevo una telefonata che annuncia l’arrivo in ambulanza di una bambina di
Quando i problemi 14 mesi con la madre. Marocchina, nome fittizio Selma, ha subìto uno sfratto, e da ore sta nella caserma della polizia muni-
cipale. Il padre verrà là trattenuto. La bambina arriva, ha solo un’orticaria e una piccola ustione. Ma non mi sento di riman-
dei migranti entrano darla a dormire sulla panca di una stazione di polizia, comunico ai vigili che rimarrà in ospedale con la madre. La mattina,
con le assistenti sociali, vedremo che fare. Il giorno dopo: “Per favore, potete tenere la famiglia intera per il weekend, mentre
al Pronto Soccorso cerchiamo una soluzione?”. Soluzione che arriva puntuale il lunedì: “Cacciateli, sanno benissimo dove andare”. Sconcerto
in reparto, l’ingiunzione è rifiutata. Ma il reparto d’estate subisce riduzione dei posti letto, quindi abbiamo bisogno di quel
p franco foschi* posto, e via telefonate, vigili, assistenti sociali, case-famiglia, associazioni... Ma come è potuto succedere? Immaginava que-
sto il padre della bambina, al suo arrivo in Italia 10 anni fa? Con il suo camion ha lavorato per l’Ikea, nel gennaio scorso ha
chiamato moglie e figlia a vivere qui. Poi il disastro: certo per colpa sua (anche se parla di persecuzione) gli viene ritirata la
patente. È il dramma: non paga l’affitto, sfratto esecutivo. Alla fine rimane il dato oggettivo e doloroso di una famiglia per
strada con una bambina di 14 mesi. Analisi sociologiche, riflessioni esistenziali, ragionamenti sul senso di civiltà, riferimenti
religiosi, dibattiti politici... Bah, inutili qui. Ai lettori offro semplicemente questa storia, uguale a centinaia di altre, ma non
per questo meno desolante e cruenta, per pensare e invitare a non abbassare la guardia. Una volta chiesero a un medico,
volontario in un paese disagiato: ma come si fa a salvare l’umanità? “Una persona alla volta, amico mio, una persona alla
volta”. *medico e scrittore.
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Le critiche dell’economista al sistema degli aiuti internazionali

“In 60 anni il
continente africano
ha ricevuto mille
miliardi di dollari:
dove sono finiti?”
p eva brugnettini
Gli aiuti al continente africano? Hanno
portato miseria, corruzione e instabili-
tà politica. È l’opinione dell’economi-
sta Dambisa Moyo, ospite a Bologna di
Molteplicittà, la rassegna organizzata
da Legacoop nel luglio scorso. Dambisa
Moyo è una delle persone più influenti
nel 2009 secondo il Time, economista,
ha lavorato tra gli altri per Goldman Sa-
chs. È salita alla ribalta per aver messo
in tavola una questione spinosa finora
solo mormorata: l’effettiva efficacia degli
ingenti aiuti umanitari al continente afri-
cano. E bisogna interromperli.
Dambisa Moyo è nata in Zambia, ha stu-
diato economia negli Stati Uniti con un
dottorato a Oxford (Uk). Il libro contro-
verso è “Dead Aid”, tradotto in Italia per
Rizzoli con “La carità che uccide”. Moyo
ci tiene a sottolineare che quando parla
di aiuti in senso negativo distingue tra
quelli “individuali” e quelli istituzionali:
La battaglia contro le mafie si combatte
anche in Emilia romagna. Ecco come
Dambisa Moyo:
l’Africa non si salva
con l’elemosina
“Non parlo degli aiuti umanitari in casi
di emergenze, per terremoti o tsunami,
né della carità di singoli individui, che
mandano piccole somme di denaro per
una scuola o un progetto. Né delle Ong.
In 60 anni il continente africano ha rice-
vuto mille miliardi di dollari dai governi
internazionali. Parlo di questo”.
Secondo l’economista, che ha raccolto
conferme da politici di tutto il mondo,
compresi leader africani, come Kagame,
presidente del Rwanda, i miliardi di aiu-
ti umanitari stanziati dal governo non
hanno fatto che peggiorare la situazione
del continente africano. “Gli aiuti creano
problemi, e il più ovvio è la corruzione. I
governi rubano i soldi, non hanno biso-
gno di lavorare sodo e cercare consensi
perché i soldi arrivano comunque. Gli
aiuti uccidono l’imprenditoria, l’innova-
Q| Dambisa
Moyo ospite
alla libreria Coop Ambasciatori
zione e sono legati alle guerre civili. Non
essendoci sviluppo nel settore privato,
l’unico modo per sopravvivere è avere
soldi dal governo”.
La Cina ha un ruolo chiave nel futuro
che Dambisa ha in mente, fatto di mi-
crofinanziamenti, rimesse dall’estero,
libero commercio, un futuro dove il de-
naro non è più carità ma investimento.
“La Cina in 30 anni si è tirata fuori dalla
povertà, adesso investe in Africa, e va
benissimo. L’unica cosa che interessa ai
cinesi sono i vantaggi per il popolo cine-
se, non democrazia o religione dei paesi
in cui investono. Uno scambio dove non
c’entrano pietà o aiuti. È ingiusto che
l’Occidente si metta a questionare su
un nuovo colonialismo cinese quando
Stati Uniti, Gran Bretagna o Italia fanno
affari con la Cina e nessuno apre bocca.
O che i media si concentrino su danni
ambientali o sociali. Se ce ne sono, è
un problema dei governi africani, loro
devono tutelare i proprio paesi, non
l’Occidente”.
E a proposito di colonialismo, non sente
ragioni: “Basta con questa storia. Sono
passati 50 anni. Morirò senza aver visto
progressi in Africa per questi discorsi”.
(evabrugnettini@gmail.com)

Anche il nord
ha bisogno
di “Libera” La criminalità or-
ganizzata occu- Sempreverdi
p flavio scollo
pa le prime pagine dei Orti e giardini:
giornali del sud, ma il
problema delle mafie ri-
così la natura torna in città
guarda anche il nord. È qui che il denaro proveniente da traffici illeciti e dallo
p Lou del bello
sfruttamento, viene reinvestito. “La mafia - spiega Daniele Borghi, referente per
La città non è esattamente il luogo per antonomasia dedicato alla natura,
l’Emilia Romagna di Libera, associazione nomi e numeri contro le mafie - ha bi-
come già aveva scoperto il Marcovaldo di Calvino. Da qualche anno però
sogno di ‘pulire’ il denaro sporco che produce in altre zone. Deve farlo in zone
qualcosa sta cambiando, anche nelle nostre inquinate e grigie aree urba-
ricche, dove pensa di poter corrompere e infiltrarsi tra i poteri economico e poli-
ne. Eugea (Ecologia urbana giardini e ambiente) nasce da un gruppo di
tico senza farsi scoprire”. In regione ci sono 81 immobili e 23 aziende confiscate.
ricercatori entomologi dell’università di Bologna che suggerisce una sorta
Questo ne fa la settima regione per beni sequestrati in Italia. Dopo la provincia
di “ecologia privata”: ogni cittadino è chiamato a fare qualcosa per l’am-
di Forlì-Cesena, Bologna è in vetta alla classifica: garage e appartamenti sparsi
biente contribuendo alla salvaguardia dei delicati equilibri che da alcuni
per il centro del capoluogo e villette. Secondo quanto rilevato da Libera “c’è una
anni sono entrati in crisi. Con il progetto ”giardini”, Eugea propone un’al-
presenza abbastanza composita nel nostro territorio. Sono presenti camorristi, la
ternativa per le nostre terrazze e per i nostri piccoli spazi verdi domestici.
‘Ndrangheta, Cosa Nostra. Mafie internazionali, nigeriane soprattutto, nella tratta
Creare un giardino non significa solo arredare un’area della casa ma dare
di donne e di sostanze stupefacenti, e russe nel gioco d’azzardo”. Una delle prime
agli insetti la possibilità di riprodursi, così il giardino diventa un’oasi di
iniziative per contrastare il fenomeno è del ’95, la raccolta firme per la proposta,
biodiversità, un mini ecosistema cittadino in cui la natura si connetterà
poi diventata legge, sull’uso sociale dei beni confiscati. Da qui sono nate le ini-
come in una rete. Esistono a Bologna tremila orti comunali schiacciati tra
ziative e i prodotti del marchio di Libera Terra: coltivati sui terreni confiscati sono
un palazzo e l’altro ma vivi grazie a chi li coltiva. Il terreno è di proprietà
ora solide realtà che creano occupazione. In Emilia Romagna, Libera porta avanti
del Comune di Bologna, che accoglie le richieste dei cittadini e stabilisce
un lavoro di monitoraggio e censimento dei beni requisiti per valutarne l’asse-
chi può prendere in carico il piccolo appezzamento di terra; in cambio di
gnazione e fare proposte sull’utilizzo. Determinante è anche la formazione degli
un orto da curare, gli ortolani devono provvedere alle spese di luce, acqua
operatori che educano alla legalità nelle scuole, percorsi che spesso si tramutano
e manutenzione degli spazi comuni. Curare un giardino, coltivare un orto
in volontariato. Ma la grande scommessa è “far si che il normale cittadino sia in
sono due modi per fare del bene all’ambiente e alla nostra anima. (www.
grado di trovare i valori di legalità e giustiza nei luoghi di tutti i giorni: a scuola,
sottobosco.info)
nella parrocchia, al circolo, nella polisportiva”. (www.bandieragialla.it)
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la città che cambia Non parlate al conducente
Allunghiamo l’estate Dalla scuola alla squola
p simone sabattini p Donato Ungaro

L’
estate sta finendo e Bologna
si ributta nel dibattito politico
pre-elettorale. Mentre a Palazzo
d’Accursio siede ancora la signora Can-
cellieri, il dibattito agostano ha restituito
tante voci di chi apprezza particolarmen-
te le strade vuote, la città fantasma, i par-
cheggi tutti liberi, la calma nelle strade.
Sta di fatto che la città su questo tema
rischia ogni anno un’involuzione. Tutte le
(poche) iniziative messe in campo da un
Comune in bolletta (si fa quel che si può,
per carità) sono finite alla prima settima-
na d’agosto, e chi è restato sotto le Tor-
ri ha dovuto attendere la festa dell’Unità
per rimettere il naso fuori di casa. I pochi
turisti (però in aumento) hanno vagato
smarriti tra serrande abbassate, pranzato
nei pochissimi ristoranti aperti, e di sera
non avevano nulla per trattenersi sotto
i portici o in piazza. Bologna, nel recen-
te passato, ha avuto ottime idee: i locali
sui colli, qualche concerto e soprattutto il
cinema in piazza. Purtroppo tante espe-
rienze sono state abbandonate: gli anni di
Bologna Sogna sembrano lontani, il Made
in Bo non c’è più, i colli sono tornati bui
per tutto l’anno. Forse converrebbe lavo-
rare di fantasia e trovare altre soluzioni.
Perché non estendere il cinema in piazza
fino alla fine di agosto? Ogni anno il me-
gaschermo e la programmazione della Ci-
neteca fanno il record. Anche l’Arena Puc-
cini (e la volevano chiudere...) ha segnato
un +5% nei biglietti. Cosa impedisce di al-
lungare l’iniziativa in piazza Maggiore? Lo
sanno tutti, i soldi. Far pagare un biglietto
agli spettatori sarebbe contrario allo spi-
rito dell’iniziativa, oltreché difficile tecni-
camente. Ma proprio in questi giorni c’è
l’esempio del Biografilm festival, che alla
fine d’agosto ha chiesto ai propri spetta-
tori di contribuire per portare un mostro
sacro come Clint Eastwood alla prossima
edizione. L’obiettivo è 40 mila euro, in
pochi giorni ne è stata raccolta una buo-
na parte. Quelli del Biografilm sono sve-
gli, e forse sarebbe il caso di imitarli. Per-
ché non lanciare una sottoscrizione per
raddoppiare Sotto le stelle del Cinema?
Forse molti bolognesi sarebbero disponi-
bili, sicuramente qualche sponsor compi-
rebbe un piccolo sforzo. Ne varrebbe la
pena, quello schermo è un unicum in Ita-
lia. Ma il ragionamento va esteso. Visto
la totale mancanza di iniziative agostane,
possibile non ci sia nessuno disposto ad
occupare questa nicchia “di mercato”, e
raccogliere 4 soldi e 2 idee per rendere
vagamente più attrattiva la città? E poi c’è
il turista. Non sarebbe male fargli trovare
qualcosa, oltre a San Petronio impacchet-
tata da giugno (geniale...) per un lunghis-
simo restauro.
S
cuola o squola? Vanno bene entrambe, a bordo del mio
bus. Mi spiego; un gruppo di ragazzi zaini-in-spalla si
ferma a fianco del posto di guida. Dai loro discorsi ca-
pisco che frequentano un liceo cittadino; a un certo punto uno
di loro, a bruciapelo, caccia lì una domanda: “Quanto fa tre e
mezzo per quattro?”. Panico. Le risposte arrivano, ma è meglio
non scriverle. Categoria: scuola. Altro esempio: una fermata
come tante e si presentano davanti alla portiera una ragazza e
un uomo distinto, di una certa età. L’uomo, con un ampio ge-
sto del braccio, cede il passaggio alla ragazza, che sorride un
po’ per la carineria del gesto un po’ per la sorpresa di veder
compiere, all’alba del terzo Millennio, un atto di elementare ca-
valleria. Categoria: squola. Terzo esempio: un capolinea a caso.
Scendo per fare due passi e noto seduta sotto la pensilina una
ragazza, con a fianco alcuni libri; è al telefono: «Ciao carissima.
Sto andando a dare un esame all’università e vorrei parlare di
Giuseppe Verdi, ma non conosco il nome di nessuna sua opera;
mi puoi aiutare?». Mi bolle il “sangue del melodramma” ma sto
zitto; però sopra i libri vedo il dépliant del Festival Verdi di Par-
ma. Forse bastava guardare il programma per leggere qualche
titolo: Il Trovatore, l’Aida, Nabucco. Categoria: scuola. Ultimo
caso: in periferia, alle cinque e mezza di mattina, salgono mol-
te persone con la pelle di un altro colore. Nera, gialla, olivastra.
Tornano alla mente, con vergogna, le leggi razziali fasciste del
‘38, la difesa della razza e il più recente e padano “Padroni in
casa nostra”, con tanto di difesa delle radici cristiane. Tutto crol-
la davanti a un uomo straniero, che salendo sull’autobus si fa il
segno della croce. Categoria: squola. Morale: non sempre scuo-
la è meglio di squola; a volte la beata ignoranza è portatrice di
quella sapienza e saggezza che la cultura scolastica non riesce
più, in alcuni casi, a trasmettere.

la posta di piazza grande

Perché difendere i writer? Cara Claudia,

Ciao, mi chiamo Claudia e compro e leggo, non sempre tutti gli articoli
perché non c’e’ mai tempo... Piazza grande. Io lavoro in centro a Bologna
e abitando in periferia percorro un lungo tratto di strada, specialmente la
linea di porta San Felice e di porta Sant’Isaia. Ti assicuro che ogni giorno
mi si stringe il cuore nel vedere come sia ridotta la nostra povera città! A
chi non ha casa le varie associazioni cercano di offrire pasti perché è im-
portante mangiare naturalmente, ma anche viene offerta la possibilità di
lavarsi e di cambiarsi gli abiti perché a mio avviso, la dignità della perso-
na passa anche attraverso la pulizia. Ora la città con tutte le scritte mi da
un grande senso di sporco e quindi mi appare una città priva di dignità.
È vero che questo può essere il sintomo di un disagio, tuttavia non so se
le persone che mettono in atto questa forma di “protesta” siano effettiva-
mente i disagiati, che magari non hanno nemmeno i soldi per comparare
le bombolette, o non siano invece semplici teppisti che non sanno come
riempire il tempo? Non mi sembra che siano da giustificare neppure i
writer: avranno anche una loro etica, ma il fatto di disegnare su cose al-
trui senza averne il permesso proprio faccio fatica ad accettarlo ed inoltre
sono comunque un esempio che poi viene imitato da altri magari in modo
molto meno etico. E infine forse i muri sporchi non saranno il primo pro-
blema di questa città, ma sicuramente non contribuiscono a rilassare le
persone con tutte le conseguenze che questo comporta.
Ciao e complimenti per l’impegno nel giornale
innanzitutto grazie per la lettera che ci hai scritto. Teniamo molto ad avere
uno scambio di opinioni con i lettori, a questo scopo ogni articolo porta in
coda la mail del redattore. Il dibattito sui writer coinvolge quasi sempre
amministratori, forze dell’ordine e commercianti. Lo scopo del mio artico-
lo era dare la parola alle persone direttamente coinvolte dal problema ma
di cui si sa molto poco. I writer, appunto, quella categoria di artisti che per
esprimersi hanno bisogno di interagire (a volte scontrarsi) con l’architettu-
ra urbana. Della loro etica, di quello che distingue un graffito da una scrit-
ta su un muro hanno già parlato i writer intervistati nell’articolo. Affron-
tando invece la questione del decoro, ritengo che si entri nel campo delle
percezioni personali e per questo credo che bisogna rispettare e con-
siderare chi, come te e tanti altri, si sente a disagio alla vista di un muro
sporco. Quello che non mi torna è il modo in cui le campagne per il de-
coro urbano conquistano i titoli dei giornali e vengono urlate da chi le lan-
cia come la svolta per la città. Come se una mano di vernice su un muro
cancellasse anche tutti gli altri problemi che aff liggono Bologna oggi. Fac-
cio un esempio, qualche giorno fa abbiamo visitato gli sfrattati occupanti
della scuola Mazzini di Borgo Panigale. Erano stati appena sgomberati ed
erano sul marciapiede di fronte alla scuola con tutto ciò avevano con sé.
Lì hanno passato qualche notte. Ecco, secondo me, dare una soluzione
abitativa a quelle famiglie è una misura prioritaria per ristabilire il decoro
urbano di una città che si dice civile, democratica e solidale.
Grazie ancora, continua a leggerci e a scriverci
Leonardo Tancredi
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bologna
senza
p Carlo Lucarelli
Q
uando ero piccolo io (erano
gli anni ’60-’70) c’era alla te-
levisione uno sceneggiato che
mi faceva molta paura. Si chiamava “Il
segno del comando”, era una storia di
fantasmi, e si svolgeva tra i vicoli bui e
silenziosi di una Roma vecchia, molto
spettrale. Una Roma da fantasmi, ap-
punto.
L’autore dello sceneggiato è uno scritto-
re di Bologna (Pippo D’Agata) e se non
fosse stato che allora la televisione si fa-
ceva solo a Roma, credo che la sua sto-
ria l’avrebbe ambientata qui, nella sua
città. Gli sarebbe bastato allungare il
primo piano delle case, farlo sporgere in
fuori come in una di quelle visioni di-
storte da film dell’orrore, gli archi e le
colonne che artigliano le strade come le
dita di un mostro, e al posto dei vicoli di
Trastevere avrebbe avuto i nostri portici
del centro.
Di sicuro il protagonista della storia sa-
rebbe entrato in via Piella, da sotto, da
via Righi, e se lo avesse fatto a notte fon-
da, con i ristoranti chiusi e solo l’eco lon-
tano degli ultimi studenti in piazza Ver-
di, avrebbe potuto ascoltare i suoi passi
nel silenzio. Nello sceneggiato il prota-
gonista vedeva qualcosa di strano su un
muro, un’immagine sacra piuttosto in-
quietante, qui a Bologna avrebbe visto
una finestrella quadrata di legno scor-
ticato, l’avrebbe aperta con una spinta
della mano e si sarebbe affacciato su un
canale di mura e porte a picco sull’ac-
qua, insospettabile e invisibile se non da
quel buco nel portico.
E se avesse tirato dritto per via delle
Oche, magari pensando alle case che la
stringono come a quelle dei vecchi bor-
delli popolari del tempo di guerra che
lì si trovavano, e poi avesse svoltato a
destra, in via Oberdan, e da lì su, fino
misteri
al vecchio ghetto e a vicolo dell’Inferno,
avrebbe fatto di più, perché a Roma il
protagonista entrava solo in una vec-
chia cantina ma a Bologna sarebbe sce-
so proprio all’inferno, nelle viscere della
città, canali e fognature sotterranee che
l’attraversano, anche quelle altrettanto
insospettabili e invisibili.
s| Illustrazione di Nancy Poltronieri
La Bologna segreta.
La Bologna dei misteri.
Ma questo una volta, perché adesso non
è più così.
In via Piella c’è sempre la finestra con il
suo sguardo segreto ma dall’altra parte
della strada la parete provvisoria di un
cantiere che occultava la vista del cana-
le non c’è più, c’è la spalla di un ponte
pulito e ben conservato, senza neppure
la cacca dei piccioni sui mattoni rosso
Bologna, una vista che svela tutto e non
nasconde più niente. E per la Bologna
città d’acqua segreta e misteriosa c’è an-
carlo lucarelli e simona vinci
raccontano bologna
che un tour organizzato dal Comune.
È strano questo cuore di Bologna di fine
agosto, bollito da un’afa più sopporta-
bile di quella che una volta angosciava
i ricordi di forestieri e fuorisede, incre-
spato dai rumori di turisti che sembra-
no studenti e studenti che sembrano tu-
risti, e se non fosse proprio per i portici
potresti pensare di essere in qualunque
altra città.
Perché a guardarla così, tornando in-
dietro e sbucando dal vicolo in piazza
Valdonica, capiresti di essere a Bologna
soltanto dalla targhetta sotto il portico
dove le Brigate Rosse hanno ucciso Mar-
co Biagi, e allora potresti tirare in lungo,
tagliando la città oltre via dell’Indipen-
denza e poi dentro ancora fino ai porti-
ci discreti di via Polese, fino al numero
22, a toccare con la punta di un dito un
campanello su cui ci stanno le targhet-
te delle associazioni di tre stragi, tutte
qui, tutte a Bologna. E ricordare che solo
poche settimane prima, il 2 agosto, l’an-
niversario di una di quelle stragi, a Bo-
logna non c’era nessuno del governo e
neppure il sindaco.
Questa è una città che non la pensa più
nessuno. Una città senza più un volto
preciso, senza una vita particolare, un
carattere, un taglio, un ritmo che siano i
suoi e i suoi soltanto. Una velocità sua.
Scriveva Luigi Bernardi in “Macchie di
rosso” che “Bologna è sempre stata una
città che ha voluto e po-
tuto scegliersi la sua velo-
cità, in questo consisteva
il suo famoso essere di-
versa”. Ma adesso, sven-
trata da cantieri senza un
progetto, senza un’idea
di quello che vuole esse-
re se non la rabbia di una
paura senza volto e il ri-
cordo di quello che era,
una sua velocità non l’ha
più, ha un abbrivio, una
spinta stanca che è come
una deriva.
Questa è una città come
tante, una città senza vol-
to, che ha perso anche i
suoi misteri. Sembra una
città che non le vuole più
bene nessuno. E allora, se torno indie-
tro, di corsa nella notte, facendo risuo-
nare i miei passi sotto tutti quei portici,
tagliando per tutti quei vicoli, posso an-
che cercare la finestrella quadrata e non
trovarla più, confuso da stradine tutte
uguali come in uno di quegli incubi che
si fanno da bambini, quando cominci a
correre in un corridoio infinito, tra porte
anonime, senza nomi e senza numeri.
Diceva Lucio Dalla che a Bologna non si
perde neanche un bambino. Ma in una
città così, in una città come tante, allora
sì che ti ci perdi. (©2010)
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Da quest’anno per
abbonarsi allo sta-
dio e andare in tra-
sferta è obbligato-
ria la “tessera del
tifoso”. Scopriamo
cosa ne pensano i
diretti interessati
s| Illustrazione di Max Manz
p leonardo tancredi
Gli ultras del Bologna non si tesserano.
Come la gran parte dei gruppi ultras ita-
liani, i rossoblù hanno rifiutato di abbo-
narsi alla curva del Dall’Ara per contesta-
re la decisione del ministero degli Interni
di vincolare l’acquisto dell’abbonamen-
to alla sottoscrizione della tessera del ti-
foso. È stata una scelta condivisa e di-
battuta in assemblea dai rappresentanti
dei gruppi della curva Andrea Costa. Tra
questi c’era Paolo Alberti, fondatore del-
le Molle Cariche, portavoce della curva
e autore insieme a Gianluca Morozzi di
Se a scioperare
è la curva spalle alla porta
Le avventure di zio Savoldi, (Fernandel,
2006). Gli abbiamo chiesto di raccontar-
ci la storia del suo gruppo e i motivi che
hanno portato anche loro a dire no alla
tessera voluta dal ministro Maroni.
Il germe del tifo mi è stato inoculato invo-
lontariamente da mio padre, anche se in
famiglia il tifoso vero era mio nonno. Una
bella domenica della stagione ’78-’79, c’era
Bologna- Milan, a me già piaceva il calcio,
ero tifoso del Bologna ma come poteva es-
serlo un bambino, avevo 7 anni, non che
fossi un ultrà. Fu una partita premonitrice
perché perdemmo 1 a 0 senza mai tirare
in porta.
Cosa è successo dopo quella
domenica?
Io rimasi folgorato e da lì è stata tutta di-
scesa. Al di là dello spettacolo sportivo mi
piacque il contesto. Poi all’epoca la curva
era molto diversa, non c’era stata ancora
la ristrutturazione dei Mondiali del ’90,
c’erano 45.000 persone, tutti in piedi, fu-
mogeni, sono stato affascinato da questo
tipo di ambiente. Da adolescente mi sono
avvicinato alla curva, prima come battitore
libero, poi verso fine anni ’80 sono entra-
to nei Total Chaos e questa è la loro effige
(mi indica la maglia che indossa, ndr): è il
volto del cantante degli Addix, un gruppo
punk inglese che cantava in completo tipo
Arancia meccanica ma col cerone in faccia.
Nel ‘93 insieme ad altri due amici abbia-
mo fondato le Molle Cariche, gruppo che
frequento ancora. E poi ho seguito l’epo-
pea, alti e bassi, fallimenti, vittorie rare…
Perché gli ultras bolognesi rifiutano
la tessera del tifoso?
Fondamentalmente riteniamo assurda, il-
liberale, anticostituzionale, fare una carta
di credito per assistere a uno spettacolo
sportivo, perché pensiamo sia un business
e basta, non risolve il problema della vio-
lenza negli stadi. È una manovra da gran-
de fratello, per cui sanno dove sei, come
ti muovi, e poi aiuta le banche che hanno
qualche problema. È dimostrato che non
sia una misura antiviolenza perché chi è
stato “cattivo” e non può avere la carta,
può comprare un biglietto partita per par-
tita e in trasferta non è vincolato al setto-
re ospiti, quindi è meno controllabile. C’è
un clima da inquisizione, chi ha avuto una
diffida in passato non può fare la tessera, è
l’unico caso in Italia in cui dopo aver scon-
tato la pena, continui a pagare. Così come
arrivano da quest’anno le diffide preventi-
ve, cioè se uno non piace tanto alla Que-
stura può arrivargli la diffida, anche se
non ha fatto nulla. Idem per la concessio-
ne della tessera del tifoso: è a discrezione
delle forze dell’ordine.
Ma il business dov’è?
Nel momento in cui fai una carta di credi-
to, anche se le banche dicono a costo zero,
i costi di gestione di una carta ricaricabile
ci sono. Quando vai a fare acquisti, che sia
un biglietto di trasferta o merchandising
del Bologna (la tessera dà diritto a sconti),
paghi la commissione da carta di credito.
Quando ci siamo confrontati con le ban-
che ci hanno detto che al momento del-
la sottoscrizione dell’abbonamento si può
avere la tessera del tifoso senza la funzio-
ne di carta di credito. Ma nel momento in
cui devi fare degli acquisti legati alla tesse-
ra del tifoso i soldi ci devono essere, altri-
menti i biglietti per la trasferta come fai a
prenderli? Allora diventa carta di credito.
Esistono precedenti di provvedi-
menti simili?
L’unica trasferta concessa ai soli aven-
ti tessere del tifoso nella storia del calcio
italiano, è stata Genoa-Milan della scorsa
stagione, penultima di campionato: alle 11
di sera del sabato il Prefetto ha deciso che
era una partita troppo a rischio quindi l’ha
vietata. I milanisti con la tessera del tifoso
non sono potuti andarci, avevano pagato
il biglietto con 2,50 euro di commissione,
per avere il rimborso hanno speso 2,50
euro di commissione. In tutto hanno speso
5 euro di commissione per stare a casa.
Ad oggi nell’unico precedente, la partita è
stata vietata, la gente ha speso dei soldi
ed è stata a casa. Dopo tutto questo siamo
un po’ contrari. (leonardotancredi@piaz-
zagrande.it)
La tessera rossoblu
La tessera dei tifosi bolognesi si chiama “Sia-
mo rossoblu” ed è gestita da Carisbo e Banca
Intesa. Alla chiusura della campagna abbo-
namenti per il campionato 2010-2011 le casse
societarie hanno registrato un calo del 23%,
9.700 abbonamenti contro i 12.583 dell’anno
scorso. Solo 4.000 gli abbonati in curva.

primi calci di stagione

Lo strano interregno
p Gianluca morozzi
L’estate è sempre un interregno strano, per un tifoso di calcio. All’inizio ti riposi dalle fatiche del campionato appena trascorso, specialmente se, per esempio, ti
sei salvato per il secondo anno consecutivo. Poi ci sono gli acquisti. Poi le amichevoli, il calendario, tutte quelle ritualità da tipico tifoso...
Per noi tifosi del Bologna, l’estate si è divisa in due parti. La prima allucinante e triste quanto i Mondiali dell’Italia: senza prospettive, senza soldi, senza acquirenti,
a dover pensare a un altro anno di gestione dei Menarini (con la tifoseria pronta ad atti di suicidio rituale giapponese in massa a quest’idea), possibili presidenti
misteriosi, fondi invisibili, finanziarie, personaggi più o meno plausibili, acquisti zero (anzi, uno: Paponi). Poi, finalmente, la luce: il nuovo presidente Porcedda,
nomi nuovi, facce nuove in società. E una valangata di acquisti! Tanti che, ogni volta che cerchiamo di elencarli a memoria, ce ne dimentichiamo sempre uno. Ve-
diamo se me li ricordo: al momento in cui scrivo, Esposito, Lupatelli, Cherubin, Rubin, Morleo, Siligardi, Khrin, Ekdal, Meggiorini, Ramirez, Gavilan, Garics. Dovrei
averli detti tutti, in attesa del tormentone estivo, l’uruguagio Diego Perez, e di un auspicabile attaccante. Una squadra ringiovanita, rispetto al reparto geriatrico
degli ultimi due anni, potenzialmente frizzante, potenzialmente talentuosa. Solo, è una squadra in ritardo di un mese su tutte le altre. Il mese ad aspettare l’arrivo
di Porcedda, ad aspettare che la Juventus liberasse Ekdal, ad aspettare le questioni burocratiche di Ramirez, ad aspettare Diego Perez, che un giorno sembra
che arrivi, un giorno sembra di no, ad aspettare di risolvere l’acquisto di Garics...Ma, soprattutto, un mese di infortuni senza precedenti. Con il povero Colomba
(ormai ex) a fare le amichevoli e la preparazione estiva con quattro titolari in croce, e tanti ragazzini. Tutto questo, aspettando il debutto contro l’Inter. In uno strano
anticipo di lunedì sera, contro una squadra che ha appena vinto coppe e scudetti... Una mattanza annunciata, in teoria. Certo, era una mattanza annunciata anche
il debutto a San Siro col Milan, due anni fa, con l’esordio di Ronaldinho, quando abbiamo vinto con quell’incredibile gol di Valiani. Ed era una mattanza probabile
anche l’esordio dell’anno scorso con la Fiorentina, con Di Vaio infortunato e Valiani terzino sinistro, quando il debutto si era risolto in un apprezzabile pareggio.
Per cui, chissà... Al di là di tutto, siamo in astinenza da calcio – l’estate dei Mondiali è sempre lunghissima -, abbiamo finalmente un giocatore in nazionale – il no-
stro splendido portiere Viviano -, dei giovani di sicuro talento – si parla tantissimo di questo Ramirez -, un potenziale idolo delle tifose, il modello mancato Ekdal...
Insomma, mattanza o non mattanza, il centounesimo anno della storia del Bologna potrebbe rivelarsi interessante. Noi, come sempre, ci saremo.
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Cultura

Da Dalla & De
Gregori ai Blonde
Un mese di musica
Redhead, concerti al Parco Nord
per tutti i gusti alla
Festa provinciale de
l’Unità. Ecco cosa
andare a vedere
p laura marongiu

U
n settembre in musica, e per
tutti i gusti. Grazie alla program-
mazione dell’Estragon Summer
Festival, parte integrante del cartellone
di appuntamenti della Festa dell’Uni-
tà provinciale al Parco Nord (l’appunta-
mento, inaugurato lo scorso 26 agosto,
si ripete a Bologna da ormai 65 anni), il
passaggio tra la fine dell’estate e l’inizio 10 settembre, ma anche molti nomi della classici della new wave e del punk anni mo video - Management del dolore post
dell’autunno è animato dalle proposte scena alternativa italiana. Dagli afferma- ‘80 e reinterpretarli in stile bossa nova operaio. La maggior parte delle esibizioni
musicali adatte a soddisfare il pubblico tissimi Baustelle, che l’11 settembre si esi- (17 settembre). Ma ancora, doppio ap- che si terranno all’interno del locale sarà
degli appassionati, spaziando tra molti biranno sui palchi dell’Estragon, al rifor- puntamento per la serata del 14: saranno gratuita con la Summer Card: tessera dal
generi e provenienze musicali diverse. mato gruppo raggamuffin rap 99 posse infatti i veterani Lucio Dalla e Francesco costo di 10 euro, disponibile direttamen-
Dopo i grandi ospiti internazionali degli (in scena il 18 settembre); passando per De Gregori i protagonisti dell’Arena, por- te in cassa tutte le sere dei concerti ed in
Indipendent days (tenutisi il 2 e il 4 set- il trio indie-rock newyorkese (ma per 2/3 tando a Bologna il loro “Work in progress prevendita all’Estragon Shop di Via Zam-
tembre), continuano gli appuntamenti italiano) Blonde Redhead (all’Estragon il tour” mentre – a pochi metri di distanza, boni. Per maggiori informazioni: www.
all’interno del locale e – per i concerti più 13 settembre) e per gli ospiti d’eccezione sui palchi dell’Estragon - la band di Por- estragon.it e http://festaunita.pdbologna.
grossi – all’Arena Parco Nord. Fra i concer- Nouvelle Vague; riuscito progetto musi- denone Tre Allegri Ragazzi Morti dividerà org/
ti più di richiamo c’è Fiorella Mannoia. il cale che si propone di riprendere alcuni il palco con gli esordienti - freschi di pri-
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piazza grande dei piccoli
p testo e disegni di sonia zucchini