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LE BUCOLICHE
Le Bucoliche (dal greco boukoloi=pastori, quindi "carmi pastorali") costituiscono la sua prima opera, sono una
raccolta di 10 ecloghe o 'canti scelte' in esametri.
Quest'opera è stata scritta durante ANNI DRAMMATICI per la società romana, immediatamente successivi allo
scontro di Filippi nel quale gli uccisori di Cesare, Bruto e Cassio furono inesorabilmente sconfitti da Antonio e
Ottaviano, anni nei quali i triumviri cercarono di trovare un accordo che sancisse la fine degli scontri e gettasse le
basi per una pace duratura. Questi tentativi di trovare un accordo si fondarono spesso nella sistematica violazione
del diritto, che indusse i triumviri a decidere la confisca di grandi appezzamenti di terra da distribuire ai loro militare
come giusta ricompensa per l'impegno e la dedizione profuso durante il conflitto contro Bruto e Cassio.
Questo procedimento di confisca colpì anche Virgilio, che espresse questo DOLORE nelle Bucoliche.
STRUTTURA E CONTENUTO
Le Bucoliche sono costituite da dieci ECLOGHE o “canti scelti” con struttura prevalentemente amebea (dialogica).
La PRIMA ecloga è costituita da un DIALOGO fra due pastori, Titiro e Melibeo. Melibeo esprime all’amico (dietro cui
si cela probabilmente lo stesso Virgilio) la sua amarezza per essere costretto ad abbandonare i suoi possedimenti,
assegnati ai veterani della battaglia di Filippi.
La SECONDA ecloga affronta il tema dell’AMORE infelice fra i pastori Coridone e Alessi.
La TERZA ecloga ha come tema centrale una tenzone poetica fra due pastori che, dopo essersi scambiati battute
offensive, GAREGGIANO recitando due versi ciascuno aventi come tema l’amore, la poesia e il mondo pastorale. A
conclusione, l’arbitro della gara premia entrambi.
La QUARTA ecloga non tratta il mondo pastorale, ma argomenti paula maiora, un poco più ELEVATI. Nell’incipit di
questa ecloga si trova l’invocazione alle Sicelides Musae (Muse di Siracusa) e celebra la nascita di un nuovo puer che
darà inizio ad una nuova età dell’oro.
La QUINTA ecloga è un canto amebeo fra i pastori Menalca e Mopso che proclamano la LODE del pastore Dafni dopo
la sua morte. In vita, Dafni fu un poeta-pastore e viene celebrato come un deus nel mondo bucolico.
La SESTA ecloga, dedicata ad Alfeno Varo, è molto importante per quanto riguarda la POETICA. Infatti Virgilio fa una
dichiarazione in favore della poesia tenue e leggera, sembra invece rifiutare quella epica. Questa affermazione non è
collocata qui in maniera casuale, ma serve a dare inizio alla seconda metà dell'opera (formata da 10 ecloghe). Dopo
è presente un RACCONTO tipicamente BUCOLICO. Il racconto parla di due pastori che entrano in una grotta dove
trovano Sileno. I due pastori lo costringono a cantare, ed egli inizia a descrivere le origini del mondo evidenziando
l'influenza della filosofia lucreziana. Successivamente viene cantato il tema dell'AMORE INFELICE e di quello intenso
come "dementia". Il canto ha un tono e una scelta verbale che ricorda la seconda ecloga e il lamento del pastore
Coridone. Segue anche un elogio del poeta Cornelio Gallo. L'ecloga è caratterizzata da una cultura legata alla
letteratura ellenistica in modo particolare a quella neoterica.
La SETTIMA ecloga contiene, come la terza, una gara poetica.
A contendersi il successo sono i due pastori arcadi (= abitanti dell'Arcadia) Tirsi e Coridone. Il vincitore risulterà
essere Coridone. I due pastori hanno ben poco dell'Arcadia in quanto il poeta mantovano dice che la gara si svolge
sulla riva del fiume Mincio che scorre nella pianura Padana e passa per Mantova.
L' OTTAVA ecloga è dedicata ad Asinio Pollione e contiene un vero e proprio TOPOS della letteratura pastorale: il
tema dell'amore infelice. Anche qui la struttura è amebea e presenta una GARA POETICA tra i pastori Damone e
Alfesibeo. Dalla letteratura dell'ecloga emerge una concezione dolorosa e funesta della passione amorosa a tal
punto che alla fine Damone che intona il canto, sembra pronto a suicidarsi per amore.
La NONA ECLOGA presenta più o meno lo stesso argomento della prima. Due PASTORI, Meri e Licida, dialogano fra
loro; il primo racconta le amare vicende del suo padrone Menalca (dietro al quale si cela forse lo stesso Virgilio), al
quale sono state espropriate le terre per distribuirle ai veterani.
Non è nota la data di composizione di questa ecloga, e quindi non sappiamo se questa precede o segue la prima.
La DECIMA ECLOGA, dedicata a Cornelio Gallo, è una specie di CONSOLATIO al dedicatario, abbandonato dalla sua
amata.
I MODELLI BUCOLICI
Per Virgilio furono importanti Teocrito, la bucolica post-teocritea, Mosco e Bione, gli epigrammi, Callimaco, gli
Orientalia, Catullo, Lucrezio. Tutti in qualche modo entrano nella sua poetica. La cosa più importante è che Virgilio
abbia scelto come modello un poeta ellenistico. Tra i romani il più vicino a Virgilio è Catullo, che porta a compimento
la conquista e il controllo della forma, iniziata dai neoterici. Virgilio risponde all’opera di Catullo e la eleva nella sfera
classica. Questo e il fatto che la produzione di Virgilio è unitaria e romana, e immersa nel filone sella tradizione
romana, fa pensare che la personalità di Virgilio verrebbe alla luce attraverso un confronto con Teocrito.
L’opera di Virgilio e quella di Teocrito presentano delle uguaglianze ed una di queste è il tema della CAMPAGNA,
anche se per l’uno in quanto di città, per l’altro in quanto figlio della campagna. Altre uguaglianze sono le concezioni
del canto pastorale e i nomi di pastori. Però sono più forti le differenze fra le opere dei due. Teocrito vede i pastori
nella loro realtà con molto distacco e con aria di superiorità. Nell’opera di Virgilio, invece, i pastori hanno la
sensibilità spirituale e l’agilità della sua anima, quindi Virgilio li crea a sua immagine e somiglianza.
Della Sicilia viene fatta una terra idealizzata di pastori, che Virgilio chiama ARCADIA. Lo sforzo verso il
raggiungimento di una forma più completa e l’atmosfera dei neoterici sono conseguenze della vicinanza a Callimaco.
Non si può dubitare neanche che Virgilio abbia conosciuto opere dall’oriente.
Per quanto riguarda l’influenza di Catullo, si dovrebbe compiere un’indagine che confronti il cuore dell’opera dei due
poeti. Nella IV Ecloga Catullo viene onorato con la sua citazione nel punto più elevato.
Allo stesso modo, a partire dalla V Ecloga cominciano a potersi percepire toni lucreziani.
Nell VI Ecloga è probabilmente integrato qualcosa di neoterico, ma ancora più verosimile è la ripresa di un verso
della poesia “de morte” di Vario nell’VIII Ecloga.
Ma soprattutto viene onorato in tutta l’opera l’amico Gallo e i suoi comportamenti.
Pare inoltre che ci sia stata imitazione e riferimento reciproco tra gli Epodi di Orazio e le Ecloghe di Virgilio, ma il
merito di aver dato inizio alla poesia augustea rimane a Orazio.
In conclusione è importante dire che tutti i riferimenti e le onoranze entrate nell’opera di Virgilio sono state
perfettamente integrate nell’ordinamento dell’opera: dall’eroismo di Catullo, alla disperazione politica di Orazio,
all’amore assoluto e fallito dell’elogiato Gallo, fino all’ironia distaccata di Teocrito.
Con quest’opera Virgilio quindi dimostra la sua pacatezza nell’incontro con gli altri grandi autori.
LE GEORGICHE
Le Georgiche sono state scritte da Virgilio in seguito al suo ingresso nel circolo di MECENATE, con conseguenti
ripercussioni sui suoi orientamenti culturali, dal 37 al 30 a.C., anni in cui ha inizio l’ascesa al potere di Ottaviano.
L’OBIETTIVO POLITICO di quest’opera è quello di recuperare il consenso dei ceti medi di tradizione agricola, che in
passato erano stati vessati dalle guerre civili e dalle confische dei territori in favore ai veterani di Antonio. Virgilio fu
spinto pressantemente da Mecenate per la composizione del poema, in modo tale da poterla utilizzare come un
ulteriore strumento di consenso nei confronti della politica di Ottaviano.
Le Georgiche sono un’opera di 4 LIBRI che si inseriscono nella POESIA DIDASCALICA greca, ma solamente sul piano
formale, in quanto il mondo virgiliano appare molto lontano da quello dei poeti ellenistici. I libri sono scritti in
ESAMETRI e affrontano i problemi connessi con l’agricoltura, dando molto spazio alle DIGRESSIONI, non utilizzate per
sfoggio di sapiente doctrina, ma per concedere maggiore respiro alla materia presa in esame.
• PIETAS;
• Officium, il senso del dovere;
• Il tema della pax;
• Il valore della collettività;
• La celebrazione di Roma;
• Il rispetto della volontà degli dei.
Ne viene fuori un poema epico anomalo, se confrontato con il modello omerico. Enea appare un EROE ATIPICO,
molto problematico e pieno di dubbi. Egli non è proteso ad affermare la propria personalità bellicosa e vincente, ma
a subordinare i propri interessi a quelli del suo popolo. Enea non ama la lotta e uccide solo quando è necessitato o
provocato, a differenza di Achille nell’Iliade, che trova la sua massima espressione quando lotta con gli avversari.
Insomma, un antieroe, che sembra rompere con la tradizione epica. Per spiegare questi elementi di novità bisogna
guardare il contesto in cui si trovò ad operare il poeta mantovano. Nel 29 a.C (quando lui compose il poema) le
guerre civili si erano appena concluse ed Azio era una ferita ancora aperta nella mente dei Romani. Il Principe stava
tentando un processo di pacificazione nazionale e pertanto un poema che celebrasse la guerra e i suoi valori era
improponibile. Invece la figura dell'eroe era funzionale al progetto politico imperiale. L'EROE privilegiava valori come
la pace, la PIETAS, il senso della collettività, il rispetto della tradizione, una concezione della vita intesa come
missione al servizio degli altri.
Si trattava di collegare gli antiqui ac boni mores della romanità con la concezione della vita predicata dalla FILOSOFIA
STOICA, già introdotta a Roma da Panezio di Rodi, all'interno del circolo degli Scipioni, e poi riproposta dalla
propaganda augustea, in contrapposizione al pensiero epicureo (che aveva caratterizzato gran parte della cultura
dell'età delle guerre civili).
Un poema AUGUSTEO che però si sottrae al rischio della celebrazione encomiastica, sia perché l'adesione di Virgilio
al programma del Principe è sincera sia perché egli riesce anche a dare voce ai perdenti, calandosi nella loro parte.
Un esempio è il caso della regina di Cartagine (Didone) che è un personaggio nel quale si identifica il popolo
cartaginese, nemico storico di Roma