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Relazione tra eventi e il tempo fisico

Sommario . Il principio di costanza della velocità ―c" della luce nel vuoto, base di legami spazio-
temporali indipendenti dal riferimento, traduce il concetto di tempo fisico: contesto di relazioni tra
eventi nella struttura spazio-tempo di Minkowski (cinematica einsteiniana) <primo passo> per
teorie della gravitazione (varietà differenziabili, relatività generale).
Ora, per determinare siffatta struttura nessun ruolo ontologico riveste la velocità della luce:
chiave di volta sono i processi con velocità di propagazione finita e indipendente dal riferimento.
Infatti, Albert Einstein asserisce a buon diritto che ―Non ha importanza quali tipi di processi si
scelgano per tale definizione di tempo‖, tuttavia ―è teoricamente vantaggioso scegliere quei pro-
cessi sui quali si conosca qualcosa di sicuro‖: questo qualcosa di sicuro ―avviene per la propa-
gazione della luce nel vuoto in misura maggiore che per qualunque altro processo, grazie alle
indagini di Maxwell e di Lorentz‖.
A ben intendere, detta w velocità siffatta, costante e indipendente dal riferimento, il compito
che precorre l‘accertamento sperimentale di w è l‘ acquisizione di una struttura algebrica il cui
sostegno sia [-w, w], e di una opportuna operazione binaria interna , diciamola ―┴‖.
Il che rimanda, quindi, ai morfismi (Ř, +)→([-w, w], ┴) con w>0 reale finito, ove (Ř, +) è la strut-
tura additiva sui reali R completati con -∞, e +∞. La questione è, insomma, sintattica: non vi ri-
leva l‘interpretazione di w ma la determinazione della ―┴‖ conseguente alla circostanza che
l‘intervallo [-w, w] è un chiuso di Ř,. Pertanto la semantica della cinematica einsteiniana collega
al gruppo di omeomorfismi fra chiusi di R, l‘‖universo di cose unificato da ―c‖.
$1.
Nella prosa scientifica einsteiniana ricorrono frequenti locuzioni e affermazioni del tipo ― come
mostra l‘esperienza …‖, ―… i concetti sono collegabili a nostre esperienze‖, ―… i contenuti e i si-
gnificati sono, in un certo senso, impersonali …‖. Esse lasciano intendere che le leggi di una fi-
sica sono trovate tramite fatti validi e stabili che alle leggi medesime tocca accertare.
A mio parere è da qui che si avvia la perdita della lucidità di lettura della novità einsteiniana, ne-
cessaria per non incappare in sistematici rischi di incomprensione.
Novità einsteiniana risiede nella definizione di conoscenza come rapporto attivo tra un soggetto
e un oggetto, tra riferimento e fenomeno. Il carattere critico della definizione sta in ciò che la re-
lazione esige, anzi crea, appropriate strutture dello spazio; una geometria dotata di gruppi di in-
varianzaal cui significato fisico si accede ove si disponga di segnali, cioè processi di propaga-
zione con velocità indipendente dal riferimento.
Ora questa proprietà del segnale, cioè la possibilità operativa di realizzare tra punti una relazio-
ne indipendente dal riferimento, è considerata anche da Newton; ma, poiché la indipendenza
dal riferimento deve essere, ovviamente, coerente con la regola di composizione delle velocità,
quella delle relazioni galileiane tra sistemi inerziali riguardante la struttura additiva (Ř, +), ogni
segnale, in quanto tale, deve avere velocità di propagazione infinita, Per questa esigenza di
contesto, il tempo newtoniano è necessariamente assoluto: l‘indipendenza dal riferimento e la
regola di addizione delle velocità sono compatibili solo disponendo di segnali con velocità infini-
ta.
Ebbene, da queste annotazioni circa il fondamento si avvia il previsto percorso di lettura critica
dei caratteri di una ―sintassi einsteiniana‖. Eccone i punti essenziali.
a) Costanti e variabili di una legge fisica sono termini di enunciati la cui forma svolge lafunzione
di significante fisico, cioè deve essere indipendente dal riferimento.
b) La Teoria della relatività è teoria delle relazioni tra una unità enunciativa,la forma sintattica e le
plurali interpretazioni di questa nei vari riferimenti: la einsteiniana teoria della Conoscenza, clas-
se di conoscenze relative della comune forma, comporta quindi l‘esigenza che le varie cono-
scenze siano transitive secondo formule di trasformazioni ammissibili tra riferimenti secondo
principi. Le fenomenologie peculiari di un dato riferimento, i contenuti sperimentali, i fatti, atte-
stano, quindi, il loro legame al medesimo significante fisico, cioè all‘inerente aspetto sintattico
della legge fisica [1]
c) b)La nostra lettura critica, quindi, deve non ridurre la genialità della fisica einsteiniana ad un ri-
ordino, ancorché mirabile e coerente, di quanto avviato da scritti di Henri Poincaré, dalle tra-
sformazioni di Lorentz, dalle esperienze di Michelson e Morley, e spingersi fino a cogliere lo spi-
rito non la lettera della formulazione einsteiniana della cinematica.
d) In particolare, lo studio della cinematica einsteiniana esige puntuale attenzione a forme enuncia-
tive indipendenti dal riferimento perché possano svolgere la funzione di significanti. In particola-
re il concetto di velocità di segnale la cui velocità finita va trattato non per vie induttive, ossia un
dato sperimentale ma secondo la originante definizione della sua indipendenza dal riferimento e
la sua costanza sotto trasformazioni ammissibili, che al segnale conferiscono fondamentale si-
gnificato fisico.
e) Insomma, siffatte proprietà sono necessarie alla significazione e senza smarrire il significato che
Albert Einstein assegna al termine ―principio di costanza della velocità della luce nel vuoto ‖ ri-
mettendo il tutto a procedimenti induttivi[2].
f) Contrariamente, nel nostro caso, finiremmo col pensare la propagazione della luce esclusivo
ed unico processo idoneo a organizzare relazioni strutturanti uno spazio geometrico in spazio fi-
sico; e faremmo torto, ad esempio, a tutte le specie di pipistrelli col loro spazio degli ultrasuoni;
o, se vogliamo dar credito di buon esito a ricerche recenti (2006) su alcuni tipi di pipistrelli le cui
cellule sarebbero magnetorecettori fungendo da bussola, perderemmo di vista la possibilità di
uno spazio organizzato secondo il campo magnetico terrestre.
g) Senza lucidità di lettura, resteremmo impigliati nella impostazione delle celebre ―Elettrodinamica
dei corpi in moto‖di Einstein(Berna, giugno 1905) nella quale, oltre il principio di relatività[3], si
dà enfasi al principio di costanza della velocità della luce (la velocità della luce nel vuoto è indi-
pendente dalla velocità della sorgente) e saremmo indotti a pensare strana la circostanza che
qualche oggetto di quantomeccanica dotato di massa, ad esempio i bizzarri neutrini,abbia velo-
cità maggiore di quella della luce.
h) c)Il concetto di tempo, relazione del prima e del poi per presentare significato fisico, esige un
processo di propagazione indipendente dalla velocità delle propria sorgente: deve permettere di
fissare criteri indipendenti dal riferimento operativi della differenza nel continuum degli eventi,
tra prima e poi; e, soprattutto, di dare compiuto principio di causalità coerente, a posti differenti
di spazio fisico. E ciò in quanto, nella pluralità di continui metrici la distinzione tra posti (punti-
evento) di uno spazio geometrico, se è affidata ad una metrica premessa da adottare come ca-
rattere di spazio fisico, non potrebbe essere confutata né confermata sperimentalmente[4].
i) $2.
Per un siffatto concetto di tempo in quanto fisico, cioè affidato a criteri operativi indipendenti dal
riferimento, Albert Einstein si avvale di una euristica corredata di riscontri newtoniani.
All‘attenzione dello scienziato―filosofo si riconfermava la visione deterministica newtoniana,
conservata anche nella teoria dello Spazio-tempo e gravitazione; (la cosiddetta Relatività gene-
rale) nonostante la incalzante coeva quantistica.
j) Orbene, il prima ed il poi erano da Isaac Newton messe in relazione operativa tramite un moto
rettilineo uniforme, ‖orologio‖ portatore d’unità di misura del tempo: se v è la velocità (costante)
del moto, la differenza tra il prima P0 e il dopo Pt è presentata da P0Pt=vt [5].
k) Qui si presentano le questioni inerenti ai concetti di lunghezza, distanza, le quali, benché con-
cetti critici rimessi all‘uso di regoli da ritenersi rigidi o basati su segnali (processi di propagazio-
ne), sono precedute da quelle circa il carattere fisico del tempo: la velocità v dipende dal riferi-
mento ed è esposta al contesto teorico del postulato fisico di composizione delle velocità; cioè,
nel caso di moti sullo stesso supporto rettilineo, alle proprietà dell‘addizione sui reali.
l) Occorre, allora, tenere presente che l‘addizione è centrale alla istituzione di relazioni d‘ordine to-
tale, comportando, dunque, sia successioni strettamene decrescenti non minorate sia stretta-
mente crescenti non maggiorate.
m) Precisamente, se l‘operazione binaria interna è, come è in Galileo-Newton, l‘ordinaria addizione,
allora detta v0 .la velocità di P,m in un riferimento inerziale Σ0 la velocità v0+v è la velocità in un
riferimento Σ equivalente con velocità v (velocità di trascinamento) che se strettamente cre-
scente comduce a sup(v0+v)= +∞, mentre se strettamente decrescente, inf - ∞; dunque il chiu-
so delle velocità è la retta reale completata Ř (l‘insieme dei reali R compresi gli elementi –∞ e
+∞). Quindi, al contesto teorico newtoniano è necessaria la asserzione di velocità infinita, che
ovviamente è l‘unica indipendente dal riferimento, e coerente con la composizione delle veloci-
tà. La P0Pt= vt se significante, cioè indipendente dal riferimento, deve allora essere pensata
come P0Pt= v0+vt che consente solo, cioè per ogni coppia di luoghi dello spazio E 3, t=0: la va-
riabile temporale deve allora essere disposta, quasi un posticcio. E‘ questo il senso della affe-
fermazione che il tempo fisico newtoniano deve avere carattere assoluto, mentre v e quindi llo
spazio hanno ruolo di variale indipendente quindi assoluto[6].
n) d) Si tratta adesso di ricercare una operazioni binaria interna su [-w. w]. con w>0 finito. La ricer-
ca va impostata nel conto che la relazione d‘ordine stretto di cui è dotato Ř è definita a meno di
omeomorfismi: due aperti qualsiasi di R ≡ ]–∞ , +∞[, sono omeomorfi, e omeomorfi ad R.; aperti
sono trasformati in aperti e l‘ordine su R è conservato; o passa al suo opposto, cosa inessenzia-
le giacché equivalente a cambio di segno.
o) Orbene, ogni omeomorfismo tra intervalli di R è definito da una funzione continua e monotona in
senso stretto[7]; dunque, come si vede, c‘è l‘imbarazzo della scelta.
p) Infatti due aperti qualsiasi di R ≡ ]–∞ , +∞[, sono omeomorfi, e omeomorfi ad R: da un trascelto
omeomorfismo ad esempio, f0:Ř→[-c, c ], e da f: Ř→[-w, w], si ha l‘omeomorfismo.
f0f-1: [-w, w]→[-c, c ]
$3.
Il carattere assoluto del tempo, ‖l‘inesistenza di una relazione spaziale assoluta, esempio quella
essenziale alla meccanica newtoniana―, rende priva di significato oggettivo ogni affermazione
concernente ―l‘identità di luogo di due eventi non simultanei‖[8]. Infatti in una durata dt≠0 (non
simultaneità) l‘identità di luogo spaziale in un riferimento S cioè; dx‘=0, in un riferimento S rispet-
to al quale S‘ è mobile con velocità v≠0, è invece differenza di luogo dx=vdt: ―identità di luogo di
due eventi non simultanei‖ dipende dal riferimento: non ha significato fisico, mentre nulla vi ag-
giunge il carattere assolutodella variabile temporale.
Il postulato di velocità finita di segnale, invece, dispone la forma enunciativa ―wτ‖ a fenomenolo-
gie di non simultaneità nello stesso unità sintattica di correlate misurazioni di durata nei vari rife-
rimenti. Infatti, essendo w≠0 finita, a τ=wτ/w, che è non nullo, la costanza della velocità assegna
il carattere di tempo fisico, non appena si assumano riferimenti spazio-tempo, cioè che includa-
no wt tra le coordinate spaziali, e dotati di una legge di trasformazione da un riferimento ad altro
coerente con w finita e costante. Va osservato che (0, τ) caratterizza ―l‘identità di luogo di due
eventi non simultanei‖, transitiva tramite trasformazioni ammissibili tra spazi (vt, ct).
Dice Albert Einstein: che la quaterna ordinata x1 x2 x3 t, sia quella delle coordinate di uno spazio
tetradimensionale […] è il grande progresso metodologico che la teoria delle relatività deve a
Minkowski‖[9]
Qui tuttavia sto mostrando che il grande progresso metodologico che approda alla struttura di
Minkowski, profilata in diretti scritti di relatività einsteiniana, ha anzitutto la stessa logica costrut-
tiva di una teoria fisica le cui forme significanti si vogliano invarianti sotto trasformazioni spazio-
temporali. Nel merito, va ricordato che la contestualizzazione delle coordinate spazio-spaziali
con wt, vuol dire considerare lo spazio tetradimensionale E4 somma diretta E3xE1 e, nel caso
qui considerato per semplicità, ma senza perdita di generalità, uno spazio E 2, somma diretta
E1xE1 di E1 retta dei moti rettilinei e di E1 retta sostegno dei <segmenti di tempo> wt [10].
d)Con opportuna sintesi, è possibile affermare che l‘enfasi data ad un asserita messa a soq-
quadro della Teoria della relatività einsteiniana, è quindi frutto di una convinzione: che essa teo-
ria sia soggetta a decostruzioni distruttivi derivabili da misure di velocità di segnale non tenendo
conto che la realtà einsteiniana è tra quelle categorizzate da diffeomorfismi su varietà (trasfor-
mazioni generali di coordinate; teoria della gravitazione) e che, in cinematica, si semplifica nel
dare risposta all‘esigenza di compatibilità tra processi validi a costituire una relazione fisica tra
posti differenti e la legge di composizione delle velocità. Un‘esigenza che se in cinematica ne-
wtoniana può essere, ed è, soddisfatta solo da segnali istantanei (cioè con processi la cui velo-
cità di propagazione sia infinita), si può risolvere secondo un morfismo (Ř,+) → [-w, w, ┴] do-
tandosi di opportuna ―┴‖; e che il morfismo espone il duplice privilegio fisico della costanza di
w: l‘indipendenza del riferimento e la organizzazione della struttura dello spazio fisico con wt,
ossia con un‘ulteriore coordinata spaziale[11].
Orbene, se la costanza della velocità è affidata ad una v infinita, t si aggiunge esternamente alla
terna ordinata di coordinate spaziali visto che t è obliterato in ∞t (tempo assoluto); mentre con w
finito, wt si contestualizza con esse coordinate generando uno spazio quadridimensionale detto,
con corretta efficacia, spazio-tempo.
Ma v‘è di più: In particolare consente di denotare identità di luogo di eventi non simultanei con la
quaterna ordinata (0,0,0, wτ), mentre ds2 = (wdt)2―(vdt)2=0 non indica posti coincidenti ma posti
distinti messi in relazione da un moto con velocità v=w.
e)Detto ciò, occorre onorare quanto Albert Einstein scrive (cfr. Il significato della Relatività,
Brunswick 1922; trad it. Boringhieri 1959, pag 28) a proposito della necessità di disporre di pro-
cessi con propagazione a velocità finita indipendente dal riferimento, in modo che sia possibile
stabilire tra posti differenti relazioni (di segnale) che comportino un certo tempo: ”…Non ha im-
portanza quali tipi di processi si scelgano per tale definizione di tempo, ma è teoricamente van-
taggioso scegliere quei processi sui quali si conosca qualcosa di sicuro‖ Se la scelta di Albert
Einstein riguarda la velocità della luce lo è perché – precisa lo stesso Einstein- qualcosa di sicu-
ro ―avviene per la propagazione della luce nel vuoto in misura maggiore che per qualunque altro
processo, grazie alle indagini di Maxwell e di Lorentz‖.
Ciò vuol dire che la velocità della luce non asseconda pedisseque acquisizioni di dati sperimen-
tali, o obbliganti sviluppi di altrui idee di relatività: è la affidabilità di dati che offre alla maturata
esigenza teorica critica, una disponibile miracolata e concreta organizzazione (una forma <costi-
tuita dal pensiero e fondata in ideale legge relazionale>), coerente di una struttura concettuale
di sintassi fisica esponente relazioni con supporto uno dei cinque sensi umani, cioè polare verso
l‘universo elettromagnetico in cui resta calcolata una v=1/√εμ massima nel vuoto.
Questa lettura della novità einsteiniana indica, dunque, altre possibili organizzazioni di spazi fi-
sici; ossia possibilità di costruire un universo non elettromagnetico e svincolato dall‘apparato vi-
sivo che dota l‘uomo di una logica forgiata verso e per concrete comprovate proprietà della luce
nel vuoto.
Conclusioni e prospettive.
A questo punto ritengo necessarie alcune annotazioni che, benché suggestive, possono tuttavia
indicare vie di ricerca parallela a quelle della relativa letteratura scientifica.
Le diffuse teorie che conservano il primato della velocità della luce nel vuoto per forme di legami
transitivi in differenti riferimenti (invarianza della forma), in contesti scientifici (le leggi fisiche) e
di relazioni tra soggetti, sono disattente al carattere di tale primato la cui origine è l‘essere
l‘osservatore <colui che, il chi> conferisce unità al fenomeno elevandolo a oggetto fisico.
Invero, il cosiddetto primato sta in ciò che fatti e fenomeni, messi in unità da una teoria, appar-
tengono al dominio di funzioni della relazione tra eventi, e che tra queste funzioni l‘umano in
quanto tale, è <chi> considera la vista deputata alla strutturazione di spazi fisici, alla costituzio-
ne di linguaggi di sintassi disposte verso esperimenti cruciali concreti o mentali che siano[12].
Va detto tuttavia che in questi contesti del relazionare e comunicare per segnali da dotare di ve-
locità propagandosi tra luoghi differenti in quanto differenti, non rientra la parte più rappresenta-
tiva della novità quantistica cioè le questioni connesse con l‘entanglement, la correlazione tra
stati in cui manca il paradigma del luogo differente. Alain Aspect.[13] realizza una verifica a con-
trario e cioè che mostra il legame dell‘uno di due stati dall‘altro indipendente dalla distanza
dall‘altro: il principio di sovrapposizione va considerato non segnato da coordinate spazio-
temporali e dunque non si incorrere in necessità di azione istantanea a distanza, incoerenze o
violazioni del principio di località[14].
Rientrano, ritengo, le teorie dei tachioni, le posizioni teoriche di Bohm allorché egli aggiunge
all‘equazione di Ervin Schrödinger un potenziale quantico[15]. Rientra nella questione del sog-
getto (il chi dotato di peculiari proprie forme simboliche) tutta la narrativa circa l‘esistenza di li-
velli di realtà di cui non siamo consapevoli, lo siamo parzialmente in corso d’opera. (cfr. relazio-
ne tra gli eventi Cern a Ginevra dal laboratorio sotterraneo del Gran Sasso in Abruzzo).
Molte complessità, tuttavia, si possono appianare considerando che non esiste un privilegio as-
soluto della velocità della luce, con la conseguente posizione favorita sempre e comunque
dell‘osservatore nel vertice del cono luce einsteiniano.
E‘ rispetto ad esseri che, disponendo di una velocità w di specie o di genere (e d‘un osservatore
nel vertice del proprio cono, attrezzato di tecniche della funzione di relazione), che si può defini-
re la capacità di organizzare l‘universo interno al loro cono w che lasciando fuori una regione ci
fa sapere di ciò di cui essi non possono essere consapevoli.[16]: le vie della conoscerenza, il
creare unità di senso, sono pensabili tra loro accostati in una sorta di gerarchie di ampiezza di
domini: siano o non i pipistrelli dotati grazie ai loro magnetoricettori di siffatta velocità di tipo w
(indipendente dal riferimento), vi siano o non vi siano esseri dotati di relazioni di sincronizzazio-
ne, per la quale peraltro nulla rileva la natura degli orologi, ad acqua o atomici, con velocità w≠c
e forme significanti, è pensabile che la relatività sia per ciascuno di essi inesauribile fonte di ri-
scontri, più che euristici, globali.
APPENDICE
La tipologia delle trasformazioni di Lorentz.
Se è chiaro che la velocità di un propagazione di un particolare processo, velocità di segnale,
non c‘entra affatto con il significato nodale della novità einsteiniana, non resta allora che verifi-
care quale metrica, ad esempio, su E2, ossia sul piano ottenuto dalla retta dei moti uniformi per
completamento canonico di E1 della la retta di wt, sia coerente col suddetto principio di velocità
finita di segnale.
Ebbene, la espressione di distanza si fonda su ds2 di un E2 con metriche acconce a ds2 , forma
quadratica definita ( in generale, cfr: la problematica la cui soluzione rimanda ai lavori di, Gauss,
Riemmann, Herman von Helmholtz, Robertson, H. Weyl e soprattutto la teoria dei gruppi conti-
nui di Lie il quale, con l‘assunzione di metriche come forme quadratiche definite ―perviene alla
conclusione che i tipi possibili di metrica sono soltanto l‘euclidea, l‘iperbolica l‘ellittica[17].
a) Metrica euclidea. Nel sistema ortonormale su E2: ds2 = dx2+ dy2, ossia:
(*) ds2 = (wdt)2+(vdt)2 = costante.
E‘ t=t(v); per v=0 t(0) segna eventi non simultanei nello stesso luogo. Posto (dt)0=dτ, per eventi
nello stesso luogo si ha: ds2= (wdτ)2 -0, che è, quindi, il valore della costante, e la (*) si scrive :
(**) (wdt)2 + (vdt)2 = (wdτ)2
Otteniamo la: (I) (dt/dτ)2 + (vdt/w dτ))2 = 1.
Se Ř → [-π/2, π/2], è una applicazione biunivoca e continua θ=θ(c) (c ε Ř)
dt/dτ = sinθ(c), vdt/w dτ= cosθ(c),
dunque: v/w= tanθ(c). Ma tanθ(c)ε[–∞ , +∞],
sicché la metrica euclidea è incompatibile con la condizione vε[-w, w] con w finito.[18]
b)Metrica pseudo euclidea: ds2 = dx2―dy2, cioè:
ds2 = (wdt)2 ― (vdt)2 = costante.
Da qui otteniamo:
(**‘) (wdt)2 ― (vdt)2 = (wdτ)2,
e infine (II) dτ)2 ― (vdt/w dτ))2 = 1.
Dunque):: (II*) dt/dτ = coshu, vdt/w dτ = sinhu, [19]; sicché:
(I‘) v/w =tanhu. ove u è il settore iperbolico della iperbole equilatera (II)
Giacché: –1<tanhu<1 la metrica pseudo-euclidea è compatibile con w finita:e precisamente si
ha che la generica v è del chiuso [-w, w]= [-1, 1], e resta identificato da (I‘) il morfismo tangente
iperbolica:
v = wtanhu cioè: (Ř, +)→([-1,1],┴)[20]
Contestualmente si rileva la legge di composizione ―┴‖ delle v(u)=wtanhu.
Precisamente, per ogni coppia di reali u1, u2:
(u1+u2) →tanh(u1+u2)=(tanhu1+tanhu2)/(1+tanhu1*tanhu2),
si ha quindi : (v1/w┴v2/w) =(v1/w+v2/w)/(1+ v1*v2/w2)
Ossia, .[21] v1┴v2 = (v1+v2)/(1+ v1*v2/w2).
c)Oltre questo risultato, che per w=c è la notissima legge einsteiniana di addizione delle veloci-
tà, è possibile ottenere immediatamente leggi di trasformazione che coincidono con quelle di
Lorentz, scritte per w, quale che sia, purché con le dette proprietà (w finita e costante)
Infatti: da v/w= tanhu, si ha: vt/wt = tanhu, che è funzione monotona strettamente crescente di u.
Dunque, se P ha velocità v‘=tanhu‘ in S‘ inerziale con velocità V=wtanhu rispetto ad S, a
v‘‘=v‘┴V, velocità di P rispetto a S, corrisponde biunivocamente un u‘‘ = u‘+u.
Quindi u‘= u‘‘-u, e mentre le coordinate del mobile P, (x, wt) in S e (x‘, wt‘) in S‘, verificano la:
(*‘) (x)2 ― (wt)2 = (x’)2―(wt’)2=(cτ)2.
Poiché le formule di trasformazione sono lineari nelle coordinate (le x e le u), scriviamo:
x=coshu‘‘, wt=sinhu‘‘, x‘=coshu‘, wt‘= sinhu‘
semplificando per fattore comune 1/(cτ)2 che si presenta in ambo i membri delle (*‘), si hanno,
quindi, le formule:
(1°) x‘ = coshu‘=cosh(u‘‘-u)= coshu‘‘coshu-sinhu‘‘sinhu
(2°) wt‘ sinh(wt‘)= sinh(u‘‘-u)= sinhu‘‘coshu-sinhucoshu‘‘
Dalle espressioni: tanhu = V/w, coshu= 1/√((1-(V/w)2); sinhu = (V/w)*1/√((1-(V/w)2),
otteniamo:
x‘ = (x ―Vwt/w))* (1/√((1-(V/w)2)
e semplificando per w: (IV) x‘ = (x―Vt)/ /√((1-(V/w)2)
Analogamente: wt‘ = sin(u‘‘―u) = sinhu‘‘coshu—sinhu coshu‘‘
(V) wt‘ = (wt—(V/w)x) (1/√((1-(V/w)2) ≡ t‘=(t—(xV/w2) (1/√((1-(V/w)2)
Le (IV) e (V) sono le trasformazioni cercate (quelle di Lorentz si hanno per w=c)[22]
Palmi, settembre.2011. Giuseppe Chiofalo

[1][1] Esempio: dalla forma │Fik│ (i, k = 1, 2, 3, 4) del quadrivettore elettromagnetico, le tra-
sformazioni di Lorentz rilevano, nel riferimento verso cui di volta in volta esse portano, o
l‘esistenza solo di un campo elettrostatico, o magnetico, o elettromagnetico; il che evidenzia, in
particolare, che la definizione di campo elettrostatico non ha significato fisico. (dipende dal rife-
rimento!)
[2] La funzione fondamentale del linguaggio è la relazione tra significante e significato, cioè la
Significazione , è una funzione universale che si specializza intenzionalmente in linguaggi della
Fisica con funzione conoscitiva mirata ad un particolare dominio di fenomeni: è una funzione la
cui coerenza finalizza forme significanti verso esistenza di realtà. E‘ una realtà, pertanto, fisica.
Se si affida questo carattere di realtà delle forme, che nel caso cinematico si conferisce allo
spazio -tempo minkowskiano, a percorsi induttivi è, quindi, procedere con logica rovesciata, cioè
dai fenomeni alle forme.si perdono di vista perfino le essenziali proprietà non solo fisiche ma
anche storiche delle teorie. Infatti, Einstein definisce la simultaneità secondo criteri operativi e
principi di osservabilità (livello empirico) ma vi rileva in Minkowski una decisiva teoreticità (livello
della forma) al cui centro è già la trattazione di un intervallo reale chiuso. Einstein peraltro cor-
reda la Teoria delle Relatività di essenziali cammini deduttivi, cioè di ―esperimenti concettuali‖;
per via induttiva invece si incappa in puro empirismo, nella riduzione a protocolli e dati che, in-
vece, sono al più preamboli sollecitanti postulati sostegno di concetti e costrutti La sintassi della
Relatività speciale, insomma, se si presenta una ―ardita generalizzazione teorica, che stupisce
in virtù dalla sua estesa capacità di sintesi‖ (cfr. G. Holton L’Immaginazione Scientifica, Einaudi,
Torino, 1983, p. 181) appuntata alla costanza della velocità della luce nel vuoto nel vuoto, come
valore di frontiera è tuttavia non affidata induttivamente (lato fenomenico) per generalizzazione
ma già disponibile come determinazione di uno tra i chiusi del tipo [-w, w] (w finita, costante).
[3] La funzione significante della forma, struttura di spazio quadridimensionale di Minkowski, è
stata resa visibilissima da Poincaré mediante un gruppo a 10 parametri: gruppo di Lorentz a 6
parametri, stabilizzatore di punto, e gruppo abeliano di traslazioni, a 4 parametri, sottogruppo
normale. La circostanza che il tutto, mirabile frutto del genio, abbia profonda e decisiva radica-
zione sperimentale non conduce a caratteri induttivi ma al privilegio della vista tra i nostri sensi,
che sono le nostre vie di relazione con la Natura.
[4] Cfr. Henri Poincaré a proposito delle triangolazioni di Gauss con raggi di luce a verifica spe-
rimentale della Geometria euclidea (v. Max Jammer ―Concetto di spazio‖ Haward University
Press 1954, pag 163).
[5] Sulla retta, il mobile si allontana dall‘osservatore e quindi fa insorgere ovvi problemi di leggi-
bilità della posizione; si adopera, un moto circolare uniforme (in arco-radianti θ = ωt). Va preci-
sato che altri orologi, nessuno escluso, sono nodi della sincronizzazione relativistica.
[6] In Newton, l‘assunzione di azioni a distanza è implicita nella cinematica cioè è solo importata
nella teoria della gravitazione. [7] Cfr. Marc Zamansky, Feltrinelli 1966 pagine 230-232.
[8] Cfr. Albert Eistein Il significato della Relatività, Brunswick 1922; trad it. Boringhieri 1959, pag
30.
[9]Ib.
[10] Il passaggio da En a En+1 procede per completamento canonico: la proiezione canonica di
E1 su En è nulla (Lucien Chambadal Librairie Larousse 1969; trad. It. Mursia 1975,, pag 71).
Nel nostro caso il riferimento che ha assi la retta di moti rettilinei con velocità v e la retta di wt è
ortonormale. In particolare, ciò rileva che la condizione standard, la metodica coincidenza degli
assi in S ed S‘ per t=0 , mentre nella letteratura corrente sembra un‘opzione, risponde invece a
semplicità e unicità di modus operandi secondo caratteri di algebra lineare.
[11] Scrive Albert Einstein in I fondamenti della relatività generale (cfr. pag. 13 di una raccolta di
articoli einsteiniani tradotti da Aldo Pratelli,1a edizione Newton Compton 1976): ―La generaliz-
zazione della teoria della relatività è stata molto facilitata dalla forma data alla teoria della relati-
vità ristretta da Minkowski, il matematico che per primo ha compreso chiaramente l‘equivalenza
formale tra le coordinate spaziali e la coordinata temporale, rendendola applicabile alla teoria‖.
Ma, l‘aver qui rilevato che la comprensione esige metrica pseudo euclidea, essenziale a w finita
e contestuale a congruenze sotto gruppi di trasformazione tra spazi E4=E3x E1, per nulla illumi-
nata dalla formale connotazione ict della minkowskiana quarta componente di spazio-tempo,
rende più intellegibile l‘affermazione einsteiniana secondo cui la teoria della relatività generale
deve avere sintassi la categoria dei diffeomorfismi su varietà differenziabili E4.
[12] Il carattere di esperimento è definito entro orizzonti dell‘operazionismo: un concetto è sino-
nimo di un peculiare gruppo di operazioni che ne fondano la funzione significante;(cfr. tra gli
scritti di P. W. Bridgman , La logica della fisica moderna", Torino, 1952; "La natura della teoria
fisica", Torino, 1965; o, più prontamente, ―Operazionismo e relatività", Rivista critica di storia
della filosofia, anno X, n. 2, 1955). Questa sinonimia , sottile equivalenza tra pensare ed opera-
re, ha ispirato, ritengo, il frequente ricorso einsteiniano a esperimenti concettuali
[13] Cfr. Alain Aspect con Jean Dalibard e Gérard Roge Sulla correlazione quantistica fra par-
ticelle;1982.
[14] Tempo e spazio assoluti e azioni a distanza si contestualizzano, in Newton, secondo prin-
cipi della funzione della forma delle leggi fisiche, entro una concezione sostanzialistica di tempo
e spazio assoluto distinta dal concetto estensionale pertinente a sistemi di riferimento relativi e
oggetti. La concezione relazionale di spazio e tempo nella relatività ristretta trova nei contributi
di Minkowski una ricostruzione formale che induce a pensare vε[-c, c] anche la velocità di infor-
mazione tra particelle, ma con ciò non ha riguardo alla differenza tra strutture spazio-tempo che
maturano lungo la storia della fisica; esempio, da Riemman ad Hilbert, tra localizzabilità dello
oggetto non quantistico e la totalità dell‘onda-corpuscolo. Insomma una storia in cui cessa la
necessità di connessioni che, subordinate a differenza di luogo, esigono velocità infinita; in quel-
la grammatica quantistica che scandalizzava Einstein di EPR.(cfr. 15/05/1935, Physical Re-
view).
[15] Con ciò, migliorando le integrazioni, non sarebbe necessario considerare il tachione una
particella con un quadri-impulso spazio-spaziale, né con massa propria immaginaria se la e-
nergia e quantità di moto tipo-spazio debbono essere reali. Detto a titolo suggestivo-
esemplificativo: √((1-(v/c)2)è immaginario se si continua a mettere c a denominatore con la ve-
locità del tachione a numeratore v velocità del tachione.
[16] In base alle idee di Bohm, il comportamento delle particelle subatomiche indica chiaramen-
te che esiste un livello di realtà del quale non siamo minimamente consapevoli. Se le particelle
subatomiche ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della re-
altà (cioè il foreground o ordine esplicito); a livello della nostra inconsapevolezza non risultano
―parti‖ separate bensì accessi a relazioni con un‘unità mediata da prodotti tensoriali in spazi di
Hilbert o di acconcia struttura.
[17] Tra le complesse analisi, proposte e tematizzazioni, risalta la innovata definizione di corpo
rigido e di congruenza di segmenti di retta. La proprietà di corpo rigido, invarianza della distanza
tra punti di un insieme numerico (ds2=costante) viene ripensata sotto particolari gruppi di con-
gruenza (differenti da rotazioni e traslazioni rigide); una retta è una geodetica della metrica nella
quale la forma quadratica del ds2=costante non elimina la validità del teorema di Pitagora
nell‘infinitamente piccolo‖. (cfr. Benhard Riemann in Max Jammer ―Concetto di spazio‖, ed. cit.,
pagine 154, 156). In cinematica einsteiniana, peraltro è sistematica l‘utilizzazione di tale teore-
ma offre il criterio di scelta dell‘omomorfismo Ř→[-w, w], che non solo conduce alle trasforma-
zioni di Lorentz ma anche rende immediata la stesura di formule notevoli, ad esempio quella
della aberrazione della luce. (cfr. L. D.Landau e E. M.Lifshitz, Pergamon Press 1962, pa. 17).
[18]E‘ appena il caso di osservare che la metrica euclidea è essenziale alli spazio e tempo new-
toniano.
[19]Dalla prima delle (II*) dt/dτ = coshu, segue:
dτ = √(1-(v/w)2)dt. Infatti coshu = 1/√1-(tanhu)2) = 1/√(1-(v/w)2).
[20]Un morfismo j: (S)→(T) relativamente a due strutture, ad ogni legge interna ―┬‖di (S) asso-
cia una legge interna “┴” di (T), e ad ogni legge esterna una legge esterna essendo il medesimo
il campo degli operatori. Cioè: j(x┬ y) = j(x)┴j(y) per ogni coppia (x,y) di elementi del sostegno
di (S); ed essendo Ω il comune dominio degli operatori, j(α.x)=α.x per ogni xЄS ed ogni αЄΩ.
(cfr. L. Chambadal , ed. cit. pag.143). Da qui, la definizione di struttura con sostegno il chiuso
delle velocità [-w, w] segue dalla formula di addizione della tangente iperbolica.
[21]Poiché jo è un morfismo ed R è il dominio degli operatori, per ogni reale α, j o (α, v)= α jo (v)
(cfr. nota precedente). Nel nostro caso è α≠0 (tale è 1/w essendo w finita)
[22] La matrice della trasformazioni (1°) e (2°) ha prima riga (coshu, -sinhu) e quindi (spazio
oerientato ) seconda (-sinhu, coshu) la rotazione iperbolica di settore iperbolico –u porta da P in
S e P in S‘. Ciò chiarisce, che essendo u la variabile reale indipendente, è esattamente du che
scandisce il tempo. Ora, dal legame tra funzioni circolari funzioni iperboliche ad u corrisponde
una θ(u) tale che sin θ(u)=tanghu; cosh θ(u)=1/coshu. Ne risulta: dθ(u)= du/coshu.
Questa è l‘alterazione dell’orologio “newtoniano‖ e‗‘funziona‖in [ –π/2 e π/2] essendo la variabile
indipendente uε [-tg π/2 tg π/2]≡ Ř.
Giuseppe Chiofalo

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