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TEATRI ORIENTALI
Il teatro occidentali, pur ricercando originalità e modernità, soprattutto negli Stati Uniti (vedi il
‘teatro circolare’ ed altre invettive) è sempre rimasto fortemente legato all’antico teatro di Dioniso
dell’Atene classica.
Diverso invece il discorso per la cultura orientale, che ci offre teatri autoctoni con caratteristiche
differenti da quelli occidentali e con interessanti caratteristiche fuori dalla convenzione ateniese.
Riconosciamo qui Cina, India e Giappone come paladini del teatro orientali e culture più rilevanti.
Partendo da quello cinese, che era costituito da una sala rettangolare in legno con balconate per gli
spettatori lungo tre lati e lo spazio per l’azione degli attori, che doveva essere molto elaborata e
gestuale, in quanto dovevano supplire con i fastosi costumi e l’elaborata gestualità tradizionale (che
era necessario conoscere per lo spettatore in modo da poter seguire la vicenda) alla mancanza totale
di scenografia, creando per così dire una sorta di “scenografia dinamica”.
Normalmente sia nei teatri orientali che occidentali gli spettatori erano usi seguire interamente lo
spettacolo dall’inizio alla fine: in Cina questo non accadeva; gli spettatori arrivavano e se ne
andavano a loro piacimento, anche nel bel mezzo dello spettacolo. Questo perché le opere
raccontate nei teatri cinesi erano quelle tradizionali, che ognuno conosceva a memoria fin da
bambino, oltretutto i drammi cinesi erano drammi lirici, quindi lo spettatore poteva godere anche di
un solo atto.
Il teatro indiano era molto simile strutturalmente a quello cinese, con la sola differenza che gli
architetti progettisti erano tenuti a rispettare sempre le stesse identiche proporzioni. Anche in questo
caso la scenografia era completamente assente e il lavoro spettava agli attori con la loro mimica,
sebbene meno accentuata e cerimoniosa di quella cinese.
Ma quello che più a avuto influsso sul teatro occidentale è quello giapponese, qui ci troviamo di
fronte a due strutture ben diverse: l’aristocratico Nȏ e il più popolare Kabuki.
Il teatro Nȏ era progettato con la stessa attenzione alle proporzioni degli indiani. Per proteggere gli
attori e i loro esuberanti costumi dal tempo spesso inclemente del Giappone sul palco trovavamo
quattro pilastri per sostenere il tetto. Tre lati del palco davano sugli spettatori mentre il lato
posteriore dava su un ulteriore piattaforma dove i musici accompagnavano lo spettacolo.
Qui troviamo un affascinante peculiarità, un lungo ponte che portava agli spogliatoi, lungo il quale
venivano piantati tre pini.
Questo teatro, pieno di formalità, era ideato appositamente per presentare, in maniera molto
raffinata, i drammi della tradizione giapponese.
Il kabuki non differiva molto da questo modello, ma molti lo ritengono la volgarizzazione del teatro
Nȏ.
Purtroppo in tempi recenti l’influsso di tutte queste forme tradizionali orientali è in declino a favore
del realismo occidentale e si teme possano scomparire in un futuro non troppo lontano.
L'eredità greca:
I cittadini degli stati greci furono le prime comunità europee a innalzare gli spettacoli drammatici al
livello di arte, e i drammaturghi che fissarono le forme della tragedia e della commedia (Eschilo,
Sofocle, Euripide e Aristofane) hanno sempre mantenuto intatta la loro rilevanza. Gran parte del
teatro moderno deriva dai greci, oppure ha elaborato nuove forme basandosi sull’analisi di quelle
greche. Dal Rinascimento in poi, le forme e le convenzioni degli edifici teatrali classi hanno
condizionato totalmente quelli dei teatri moderni. Gli spettacoli festivi a Epidauro e in altri luoghi,
non sono cose da museo e il teatro moderno in gran parte delle sue linee di sviluppo deriva dai
Greci oppure ha elaborato nuove forme basate sull'analisi di quelle antiche. Quando si parla di
“teatro greco” però, ci si riferisce non a una, ma a parecchie realtà. Usando questo termine, si pensa
subito al teatro greco di Atene, costruzione famose vicino però alla quale, sorsero altre costruzioni,
in diversi luoghi, e lungo un considerevole arco di tempo. Non può esserci nessun ideale di teatro
greco, anche se si possono dividere gli edifici esistenti, in quattro tipi principali.
1. Il primo tipo ha solo importanza storica: i teatri in legno prima di Eschilo, sembra fossero
costruiti con pianta trapezoidale e non circolare. Dei gradoni venivano messi ad angolo ed
erano disposti in modo da circondare la zona della danza, anche esso trapezoidale, chiamato
orchestra.
2. Il teatro ateniese classico, cominciò a prendere corpo nel V secolo a.C.
3. Questo cedette poi il passo al teatro ellenistico, da ricollegare a quello movimento
simboleggiato dalle conquiste di Alessandro Magno.
4. Infine, dall'incontro tra la civiltà greca e quella romana, nasce il teatro greco-romano. Il
teatro prima di Eschilo, il teatro classico ateniese, il teatro ellenistico e quello greco-romano
vanno tenuti distinti, anche se tra l'uno e l'altro non vi è soluzione di continuità e certi edifici
teatrali appartengono a un momento di passaggio.
I maggiori drammaturghi greci raggiunsero il loro apice verso la metà del V secolo a.C., ma fra le
rovine del teatro di Dioniso ad Atene esistono soltanto poche pietre che risalgono a quel periodo,
mentre fuori d' Atene, quasi tutti gli edifici teatrali sono di costruzione più tarda. Bisogna fare
affidamento anche alle fonti letterarie. In primo luogo ci sono le annotazioni sulla costruzione
dell'edificio teatrale e i suoi modi della rappresentazione di Vitruvio e Polluce, che fornirono quasi
tutte le notizie sul teatro classico. Vitruvio compose la sua opera generale sull'architettura intorno
all'anno 15 a.C., quattro secoli dopo Sofocle. Polluce invece visse circa due secoli dopo. Nè
Vitruvio, né Polluce potevano parlare con cognizione diretta del teatro antico di Atene. La
descrizione di Vitruvio di un tipico edificio teatrale romano corrisponde, alla forma di una qualsiasi
struttura di quel periodo ancora esistente per intero o in parte. La seconda fonte d'informazione è
costituita dai drammi stessi, che essendo opera di drammaturghi-attori, sono stati ideati in modo da
permettere una facile rappresentazione scenica.
2.L'antico teatro di Atene. L'origini della tragedia va ricercata nei cori ditirambici in onore del dio
Dioniso; che questi ditirambi in origine erano improvvisati ed erano fondamentalmente rapsodici;
col passare del tempo furono “poetizzatati” o resi letterari, forse da Arione di Metimna, Il ditirambo
prese forma quasi di cantico da cerimonia, cantato dai seguaci del dio, diretti da un capo o guida.
Poi venne Tespi, che trasformò definitivamente questo capo in attore, alle cui parole rispondeva il
canto del coro, che iniziò a trattare argomenti non specificatamente legati alle storia di Dioniso. Ciò
avvenne nel VI secolo a.C.: è nato il dramma, che giunge a maturità con Sofocle e Euripide. La
commedia ebbe un'origine simile. Nacque dal meno decoroso corte buffonesco connesso al
“comus”, una processione spontanea organizzata dalla cittadinanza in onore di Dioniso, che finiva
con un canto fallico. La parola commedia viene da comus + canto. La festa del komos,
probabilmente, inizialmente solo nella processione, in un sacrificio, e in un cantico; ma il cantico
spesso aveva un andamento satirico e in origine la folla di astanti rispondeva dal cantico
motteggiando, e quindi la commedia si distinse dalla tragedia per la presenza in essa di due cori
invece di uno solo: elemento strutturale che compare nelle commedie di Aristofane. Le
rappresentazioni teatrali, si rivolsero allora a tutta la comunità, e che quando si arrivò a costruire i
teatri, la necessità primaria fu quella di un ampio spazio per ospitare il pubblico. Il coro era un
elemento di base dei drammi; l'area d'azione doveva essere ampia di modo che il coro potesse
muoversi liberamente. E' probabile che i “primi” teatri non fossero altro che uno spazio livellato,
circolare, posto ai piedi del declivio di una collina. Lo spazio livellato, era conosciuto come
orchestra. Fino ad allora il termine teatro, si riferiva non ad un luogo ma semplicemente al gruppo
convenuto degli spettatori. Il teatro si sviluppò facilmente. Dapprima ci furono pochi sedili di legno,
disposti su per il fianco di una collina, disposti ai bordi dell'orchestra (quelli per gli ospiti d'onore).
Questi sedili in legno dovevano avere una forma angolare; quando la pietra sostituì il legno nel V
secolo, sia l'orchestra che i sedili si modellarono in forma circolare. I sedili però non occupavano
tutti i bordi dell'orchestra. Nell'originario teatro di Dioniso l'orchestra aveva un diametro di 24
metri. Questo teatro era posto sul declivio della stessa Acropoli, quindi la zona di terreno livellato
per l'orchestra la si poteva ottenere solo riportando della terra nella parte posteriore dell'orchestra
stessa. Il fatto che si sia utilizzata questa struttura fino al 465 a.C. spiega la messa in scena e alcune
delle convenzioni delle prime tragedie di Eschilo. Si faceva anche uso del dislivello sul margine
posteriore del circolo orchestrale. Nel Prometeo incatenato, un fantoccio, al termine della tragedia
sprofondava nell'abisso, permettendo così ad un attore vero di prenderne il posto e salire dall'abisso
all'inizio della tragedia perduta Prometeo liberato. Questo dislivello è servito da stimolo ad Eschilo,
allo scopo di arricchire l'azione. Le rappresentazioni drammatiche, di solito iniziavano al sorgere
del sole, adeguandosi alla situazione del tempo reale.
3.L'edificio scenico e la scena. Con l'introduzione del secondo e del terzo attore, fu necessario
erigere una capanna a uso degli interpreti della rappresentazione. Nel teatro di Dioniso era
impossibile la costruzione di una capanna, a causa della vicinanza con il tempio di Dioniso, ed è
probabile che lo spostamento dell'antica orchestra di circa 15 metri più a nord, fosse imposto
proprio da questa considerazione; il risultato di ciò fu che nella parte posteriore di quella che era
stata l'orchestra si creò uno spazio libero, dove fu montata una piccola skené di legno. La sua
funzione originaria era senza dubbio soltanto pratica; ma ben presto si scoprì che offriva molte
possibilità se utilizzata come sfondo scenico. E' da questo momento che i drammi cominciarono ad
avere luogo davanti ad un tempio o ad un palazzo. Probabilmente questa skené era semplice, con un
fronte privo di ornamenti. Ma nel giro di pochi anni divenne più complessa. Intorno al 425 a.C. fu
costruita una base in pietra per una skené più elaborata consistente in una parete frontale, interrotta
alle estremità da due avancorpi laterali. Tra questi due avancorpi possiamo supporre che esistesse
un palco molto basso, forse appena poco sopraelevato dal piano dell'orchestra. Dietro questo palco
probabilmente c'era un proscenio a colonne, sempre in legno. Nella facciata della skené stessa forse
si affacciavano tre porte, per l'entrata e l'uscita degli attori. E' ovvio che questa skené arrivasse quasi
alle file dei sedili laterali. Questi ingressi, presero il nome di parodos, e più tardi vennero abbelliti
con porte riccamente scolpite. Probabilmente la skené in legno, costruita su base in pietra del V
secolo a.C. era a due piani, e quello superiore si chiamava episcenio, e veniva utilizzato per le
“macchine”. Il palcoscenico, veniva chiamato logeion (luogo in cui si parla), benché questo termine
e l'altro siano stati utilizzati anche per indicare la sommità del proscenio o il piano inferiore della
skené stessa.
4.Il teatro ellenistico. Nel IV secolo a.C. iniziarono a cambiare le condizioni sociali e quindi anche
la forma del teatro. Già nelle opere di Euripide vi è un evidente declino dell'elemento ritualistico
della tragedia, l'introduzione di una nota nuova, quasi “realistica”, con un accentuarsi degli intrighi
nella trama. Ovviamente per un attore drammatico, il coro era fastidioso, e non sorprende perciò
che, nelle sue opere, sia stato trattato senza particolari riguardi e limitandone spesso anche la sua
funzione. La grandezza tragica delle opere di Eschilo, e la tensione tragica di quelle di Sofocle,
vennero gradualmente ridotte: la tragedia cominciò a trasformarsi in un “dramma” o in
“tragicommedia”. La briosa Commedia Antica, cominciò a trasformarsi fino a raggiungere la forma
conosciuta come Commedia Nuova, che presenta personaggi comuni e più realistici, e che ispirata
dall'opera di Euripide, pone l'accento sulle vicende e sull'intreccio. Anche qui il coro costituiva un
ostacolo, e nelle commedie di Menandro rimase soltanto come residuo della sua prima funzione,
servendo solo a dare divertimento. Con l'affermarsi di questo nuovo stile, il teatro classico
originario, si trovò a non corrispondere più alle esigenze dei tempi; e di conseguenza, mentre la
cultura ellenistica si diffondeva nella Magna Grecia, furono introdotte delle modifiche che
adeguarono la scena, in qualche modo alle nuove tendenze. Per fortuna esistono ancora costruzioni
di questo tipo a Epidauro, Eretria, Oropo, Priene e altrove. Questa struttura era determinata dal fatto
che i nuovi teatri tendevano a indirizzare l'attenzione verso la scena, dove si muovevano gli attori.
Vi furono cambiamenti anche nella pianta. Lo spazio per il pubblico rimase un emiciclo oppure fu
modificato in modo che l'emiciclo si presentasse leggermente ampliato prolungando le file dei sedili
per alcuni metri perpendicolarmente rispetto al diametro; cambiamenti notevoli vi furono nella zona
destinata agli attori. Gli attori vennero posti su una lunga piattaforma elevata, alta tra i 3 e i 4 metri,
sorretta da file di colonne, tra le quali erano di solito inseriti dei pannelli di legno dipinti.
All'introduzione di questo palco elevato fece riscontro un nuovo sviluppo della skené. I pannelli di
legno dipinti (pìnakes), avevano solo una mano di colore oppure erano decorati con disegni
ornamentali. In fondo al palcoscenico c'era una facciata larga con tre aperture immense, nelle quali
si potevano collocare grandi pìnakes dipinti che tendessero al realistico. L'effetto dato da questo
nuovo assetto della scena e dello sfondo è suggerito bene dalle pitture vascolari provenienti dalla
Sicilia e dalle coste sud-orientali d'Italia, dove vi erano le colonie greche e dove nacquero delle
rappresentazioni burlesche dette phlyakés. Le scene erano piccole e di legno e i disegni servivano a
indicare l'aspetto fondamentale del teatro ellenistico.
5.I teatri greco-romani. Verso la fine del II secolo a.c vi furono ulteriori modificazioni della forma
del teatro, che condurranno alla progettazione degli edifici teatrali di epoca romana. Teatri come
quelli di Termesso, Sagalasso, Patara, Mira, Tralle, Magnesia ed Efeso, mostrano una forma comune
con degli elementi caratteristici.
1. Lo spazio riservato al pubblico mantiene la stessa forma, protraendosi al di là del
semicerchio regolare;
2. L'orchestra viene ristretta dalla skené, sebbene resti sempre maggiore di un semicerchio.
3. La fila più bassa dei sedili confina con l'orchestra
4. Il fronte della scena è allargato e reso più sontuoso, anche se il fronte del palco è di solito
spoglio o composto di pannelli disadorni
5. Il palcoscenico dei teatri ellenistici stretto e lungo, viene sostituito da una piattaforma molto
più bassa e profonda (fino a 6 metri).
Ormai palcoscenico e scenografia sono giunti ad avere un importanza primaria.
6.Le macchine: Tutti i teatri citati, erano teatri all'aperto, ma non per questo mancavano di artifici
scenici. Polluce, nel dar conto di circa 19 artifici scenici, comincia con l'esame delle convenzioni
tradizionali relative alle 3 porte principali sullo sfondo. La porta centrale, era l'entrata, “regia”, si
supponeva appartenere al protagonista del dramma. La porta di destra, era riservata all'entrata degli
attori secondari, mentre la porta di sinistra apparteneva a un personaggio minore. Ai personaggi che
giungevano da una località esterna erano riservati i due ingressi sull'orchestra. Queste porte erano
elementi scenici fissi. Vitruvio dichiara che Eschilo inventò la scena dipinta, mentre Aristotele né dà
il merito a Sofocle. Si usavano, probabilmente dei tipi di scene dipinte in un momento precedente al
456 a.C. I pìnakes non erano utilizzati solo per riempire gli spazi tra le colonne del proscenio ma
venivano utilizzati anche per fornire uno sfondo scenografico: alcuni di essi erano forse fissati alla
parete dietro gli attori, ma sembra che normalmente fossero affissi ai periaktoi. I periaktoi erano
prismi triangolari con una scena dipinta su ciascun lato. Erano fissati su di un perno centrale, e si
potevano far girare per simulare un cambiamento di scena. Inoltre avevano anche una piccola
sporgenza per ospitare il Dio. La collocazione dei periaktoi non è stata ancora stabilita, ma è
probabile che fossero posti nelle due entrate laterali, o vicino ad esse: ipotesi che corrisponde al
significato convenzionale delle porte, dato che il periaktos di sinistra faceva vedere scene di
paesaggi in lontananza, mentre quello di destra mostrava parti della città. Più importante è l'esame
delle macchine impiegate durante il periodo ellenistico.
1. Per primo abbiamo l'ekkuklema, descritto come una piattaforma su cui era posto un trono,
ed era un espediente mediante il quale si poteva mostrare l'esito di un'azione, svoltasi
all'interno. Aveva una forma semicircolare, in modo che la bassa piattaforma potesse esser
estratta per rotazione da una qualsiasi delle tre porte principali del palcoscenico.
2. Connessa con questa macchina è l'exostra che Polluce identifica con l'ekkuklema,
probabilmente era una piattaforma bassa non girevole ma montata comunque su ruote o
rotelle.
3. Ancora più comune era la macchina detta mechanè. Sembra che consistesse in un gancio e
una carrucola posti proprio in cima alla skené sul lato sinistra della scena. Per mezzo di
questa macchina le divinità potevano essere alzate o abbassate. Gli esempi del suo impiego
sono numerosi dopo il 430 a.C. Nella tragedia una forma primitiva di mechanè sembra
implicita almeno in due opere di Eschilo e capita in Euripide. È da questo uso della mechanè
che deriva la frase “deus ex machina”, che venne a significare un espediente drammatico
introdotto allo scopo di concludere, o di modificare un'azione in modo artificiale. Questa
poteva assumere nomi diversi come Polluce elenca: (4) il theologeion, (5) la gru e (6) la
macchina per sospendere, mentre Suida suggerisce eòrema, come sinonimo di machiné.
Riguardo alla theologeion i pareri sono discordi; alcuni pensano sia solo una piattaforma
superiore, altri pensano sia stato un pezzo della macchina teatrale. La gru sembra che fosse
usata per effetti rapidi. La macchina per sospendere non aveva piattaforma, ma solo dei fili
per sospendere la divinità, ed erano invisibili.
7. Polluce ricorda la krade come equivalente della mechané in commedia.
8. La skopé, si dice sia per coloro che osservano l'azione. E' possibile che ci si riferisca ad un
luogo da dove il “regista” guarda l'azione dall'alto.
9. Abbiamo poche notizie del muro e della (10) torre. Può darsi che fossero delle piattaforme
praticabili elevate.
11. Per la torre del faro, Polluce dice che non c'è bisogno di spiegazione.
12. La distegìa, dava la possibilità agli attori di salire sul tetto di una casa e guardare dall'alto gli
altri personaggi.
13. Il keraunoskopèion (macchina per produrre i fulmini) era descritta come un periaktos. Forse
era un prima a tre facce colorate in nero e su ciascuna appariva diagonalmente un fulmine.
14. A quello è connesso il brontèion (macchina dei tuoni), che consisteva in giare piene di
pietra che venivano rovesciate rumorosamente in un recipiente di ottone.
15. Il “semicerchio”, stava presso l'orchestra e forniva la veduta di un paesaggio in lontananza.
16. Lo stropheion, mostrava gli eroi che erano stati accolti dagli dei.
17. La “scaletta di Caronte” doveva indicare delle botole, attraverso cui gli spettri e gli spiriti
facevano la loro apparizione, un dispositivo semplice, sviluppatosi negli anapiésmata, che
servivano per far emergere gli spiriti dagli abissi.
Molti studiosi non hanno dato la dovuta importanza a queste macchine, ma i racconti di Polluce ci
mostrano come anche in quelle epoche, i direttori di scena cercassero di ottenere effetti spettacolari.
Forse una rappresentazione in un teatro antico non era cosi statuaria, priva di espedienti puramente
“teatrali”; le macchine rappresentano il punto di contatto con i teatri del mondo moderno. L'edificio
scenico così elaborato fu molto importante per i drammaturghi, in particolare in quelle occasioni
dove c'erano delle proibizioni, come quella di non poter rappresentare un omicidio o una scena di
violenza sul palcoscenico. Nell'epoca più antica, l'unico modo per informare il pubblico di una
scena di violenza era quello di introdurre un messaggero: un espediente utile ma anche noioso e
formale. Con la comparsa dell'edificio scenico, si presentava un altro mezzo per aggirare la
proibizione. Successivamente si poté presentare anche il cadavere stesso sulla scena.
7. Recitazione e allestimento. Bisogna innanzi ricordare che nel periodo classico le rappresentazioni
erano parte delle feste cittadine, di natura religiosa, patrocinate da quelli che ne avevano l'autorità.
Le due feste principali erano le Dionisie Cittadine (in marzo) e le Lenee (in gennaio). Inoltre,
siccome la navigazione non era sicura in gennaio, gli spettatori delle Lenee erano principalmente
ateniesi, mentre a marzo c'erano più rappresentanti degli stai alleati: la prima festa era caratterizzata
da un'atmosfera familiare, l'altra da uno spirito cosmopolita. Durante queste feste c'era una gara di
teatro. Della direzione globale di ciascuna festa, era responsabile l'arconte che faceva la selezione
preliminare dei drammi da far presentare e dopo averli scelti, assegnava a ciascun drammaturgo un
corego che agiva da “produttore”, e solitamente era il cittadino ricco: doveva perciò fornire il
denaro necessario per tutte le spese di messinscena. Agli esordi, il coro con i suoi canti ditirambici e
le evoluzioni di danza, occupava da solo il circolo orchestrale, ma le cose cambiarono quando per la
prima volta apparve la figura dell'attore, che solitamente era anche l'autore dell'opera. Ma questa
fusione non poté durare quando apparirono anche le figure degli altri due/tre personaggi principali.
Intorno al 449, gli attori venivano scelti dagli arconti, ed erano istituiti dei premi anche per la
capacità istrionica e non solo per l’eccellenza poetica degli autori. Raggiunto questo stadio, ne
conseguì che gli attori cominciarono ad avere la prevalenza sugli autori. Ad Atene si formo una
corporazione di attori nel terzo secolo a.C., e poi altre ancora: queste corporazioni sono il simbolo
del predominio raggiunto dagli attori. Col passare degli anni e col declinare della tragedia e la
costituzione della Commedia Nuova, una sorta di realismo soppiantò, nell'interpretazione dell'uno e
dell'altro genere, il formalismo tradizionale. Le maschere tragiche assunsero caratteri più simili alla
realtà; il coro sparì.
8. Le unità e gli atti. Spesso gli storici hanno affermato che le unità, elaborate ed espresse dai critici
teatrali del Rinascimento, erano quasi del tutto sconosciute in Grecia. Ma d'altra parte, il teatro
greco offre la base su cui si fondarono le teorie posteriori. All'unità di tempo si riferisce vagamente
Aristotele quando dichiara che la tragedia, era generalmente di durata limitata. Il coro, era
continuamente presente nell'orchestra, e per questa presenza, l'azione drammatica doveva affrettarsi
verso la conclusione. Incontriamo nel dramma greco, quel fenomeno particolare che dai critici di
Shakespeare viene chiamato “doppio orologio” per cui son presenti davanti al pubblico due
impressioni separate o due serie di eventi. Si può osservare anche che la tradizione della trilogia,
forniva ai Greci un modo per sfuggire a quella restrizione. L'unità d'azione, deve naturalmente
essere mantenuta in tutti i drammi; ma nel suo senso più ristretto e cioè in quanto implica
l'insistenza su un tema e su un tema solo, non fu mai rigorosamente rispettata nell'ambito del teatro
greco. C'era, infine, l'unità di luogo, e a prima vista sembrerebbe che dovesse essere impressa
indelebilmente sul dramma greco a cause delle condizioni fisiche dell'edificio teatrale. Sia nelle
Eumenidi di Eschilo che nell'Aiace di Sofocle le regole vengano infrante. La questione delle unità, è
connessa strettamente con la divisione dei drammi in parti o atti. La Commedia Antica di Aristofane
non conosceva divisioni formali e, non vi è alcuna norma ideale, da imitare, alla quale dovevano
riferirsi gli autori drammatici. D'altra parte è noto che le commedie di Aristofane, si dividono in
sette parti o scene separate. C'è prima di tutto il “prologos”, seguito dal pàrados, il canto d'ingresso
del coro. Queste due parti erano di preparazione all'agòn, o contrasto drammatico tra i personaggi
principali. Finito l'algòn, il coro viene avanti e si rivolge al pubblico nella parabasis, una parte a sua
volta divisibile in più sezioni. Quest'ode corale è seguita da numerosi epeisòdia, con i quali ci si
addentra nell'azione della commedia. Quando l'azione istrionica è finita, il coro canta i suoi stàsima
o chorikà. Infine il coro canta il suo ultimo canto, l'exodos. Nella tragedia c'è una struttura più
semplice, si tende in genere a presentare cinque parti principali di azione istrionica separati da
quattro o più canti corali.
Il teatro romano.
1.Gli edifici teatrali. A Roma le rappresentazioni sceniche non avevano un effettivo rapporto con la
religione. A Roma, i molti giorni dell'anno in cui potevano essere rappresentate commedie e altri
spettacoli erano connessi tecnicamente alle festività in onere degli dei; spesso negli edifici teatrali
era incluso un altare; e abbastanza di frequente rappresentazioni drammatiche facevano parte dei
giochi funebri. Andando a teatro i romani cercavano solo il divertimento e col passare dei secoli si
tendeva sempre più a far venire a teatro la massa illetterata: gli spettacoli di gran moda erano
l'azione farsesca e il dramma di sensazione. Le colonie greche stabilitesi in Sicilia avevano portato
dalla madre patria la passione per la costruzione di edifici teatrali. Le prime scene erette per
spettacoli recitati, erano semplici strutture in legno. A poco a poco, diversi nuclei cittadini
cominciarono a sostituirli con costruzioni in pietra, che rivelava un nuovo orientamento
architettonico, così che, nell'epoca in cui a Roma fu costruito il teatro di Pompeo, nel 55 a.C., si era
ormai affermato un nuovo modello di edificio teatrale. Questo modello aveva molti elementi di
interesse. Il proscaenium, riferito all'intera area di azione e al suo sfondo, era di solito ornato sul
fronte con nicchie e colonne. La scena era più bassa e più profonda. Dietro gli attori sorgeva una
scaenae frons, di proporzioni maestose. Nei teatri italici il luogo per il pubblico fu ridotto ad una
forma rigidamente emiciclica e il circolo orchestrale fu ridotto alla metà, e in alcuni teatri misero i
posti per gli spettatori più notabili proprio all'interno dello spazio riservato all'orchestra. La
saldatura della cavea, dell'orchestra e degli edifici scenici comportava che gli antichi ingressi aperti,
poterono essere inglobati, completando così formalmente e logicamente il processo di integrazione,
e sulla parete superiore vi erano ricavate delle strutture, i tribunalia, dove si poté provvedere a dei
posti per coloro che avevano allestito lo spettacolo o per gli ospiti d'onore. La fusione di quelle parti
che in origine erano separate, veniva ad eliminare il bisogno di costruire la cavea su un terreno in
pendio. L'intera costruzione doveva essere circondata da alte pareti, che gli architetti ornarono con
colonne e archi in pietra. Con il modello del teatro di Pompeo, sorsero in ogni parte dell'impero
romano decine di edifici di questo tipo. La cavea di grande estensione, era divisa in corridoi e
rampe e spesso assumeva l'aspetto di una serie di “piani”. L'orchestra era chiusa da un muro
perimetrale che permetteva di usare tale spiazzo per spettacoli gladiatori, finte battaglie navali o
balletti acquatici. Sembra che fosse usuale anche una scaletta che dal piano della scena portava giù
all'area chiusa dell'orchestra; il gusto per la decorazione portò a collocare delle figure scolpite lungo
il fronte del palco. Per compensare l'altezza della cavea, la scaenae frons si innalzava in una foresta
compatta di elementi architettonici, e spesso si erigeva una tettoia sulla scena per proteggere i fregi
e gli attori. C'era ora la possibilità di coprire l'intera struttura, ricoprendola con un telone o velum o
velarium. Il teatro romano si andava avvicinando ai teatri coperti del periodo moderno. I romani
inventarono una tenda frontale, detta auleum, che poteva essere lasciata cadere nell'orchestra e
sollevata di nuovo; un altro tipo di tenda era il siparium usato per coprire parti della facciata dietro
gli attori. I teatri romani erano meno adatti alle rappresentazioni drammatiche rispetto quelli greci.
Erano progettati all'origine come monumenti di orgoglio cittadino piuttosto che come luoghi in cui
presentare le opere drammatiche nel modo migliore.
2. Attori, costumi e maschere. Il declino del teatro drammatico romano è indicato dalla posizione
sociale inferiore degli attori, ma presto le condizioni cambiarono. Sorsero delle compagnia
drammatiche fisse, ciascuna sotto la direzione di un organizzatore “commerciale”, ciascuna formata
da schiavi che potevano essere frustati o addirittura condannati a morte a piacimento
dell'organizzatore. La professione del recitare fu disprezzata e che dopo che Roscio ebbe
guadagnato fama e stima, la figura dell'attore non fu mai circondata in Roma di quella dignità così
evidente nel teatro greco. Il dramma scritto scomparve dai teatri, conservando solo una mezza
esistenza, nella forma dei poemi drammatici composti per la recitazione privata. Quando i teatri non
erano occupati da finte battaglie o da spettacoli gladiatorii, soltanto il mimus, prendeva il posto di
quella che in Atene era stata la rappresentazione solenne delle opere di Sofocle. Nei due secoli che
precede l'era cristiana sembrò, che lo spirito della Commedia Nuova di Menandro dovesse trovare
una nuova patria nella cultura romana. Gli attori della tragedia portavano lunghe vesti fluenti, e
nella commedia i vestiti ricordavano quelli dell'epoca precedente. Si portavano solitamente
parrucche e l'attore tragici ostentava i coturni. Si impiegava ancora il simbolismo dei colori.
Rappresentazioni nel medioevo.
1. Vestigia della tradizione classica. Per un breve periodo dopo la caduta di Roma, si continuò
ancora a offrire alla plebaglia una sorta di spettacoli avviliti; gli scaenici, continuarono a dare le loro
rappresentazioni durante il sesto secolo, mentre in Italia dominavano gli Ostrogoti. A Bisanzio
sopravvissero più a lungo: gli attori professionisti rimasero attivi fino alla fine del settimo secolo.
Dopo la discesa dei Longobardi nel 568 non si hanno più notizie di spectacula o di teatri a Roma.
Sebbene il teatro fosse scomparso, rimasero dei laceri della tradizione dei mimi per tutto l'alto
medioevo. Gli scritti di pii cristiani fanno allusione agli histriones e ai mimi in termini che
suggeriscono la familiarità con tali figure. E inoltre quando nacque il termine jongleur nel senso di
“colui che intrattiene”, molti lo collegarono ad un'antichissima tradizione. Derivato dal latino
classico iocularis “allegro”, il latino medievale ioculator trovò posto in quasi tutte le lingue europee;
forse come suggerisce la parola italiana “giocolatore” costoro intrattenevano di più gli spettatori con
giochi di prestigio e spettacoli acrobatici. Così gli scrittori medievali li consideravano chiaramente
come i discendenti diretti dei più antichi mimi. Per tutto il Medioevo un autore drammatico latino
conservò un suo ruolo; nonostante la diffidenza per il teatro, le opere di Terenzio continuarono ad
essere lette; non mancarono tentativi di imitare i suoi scritti. In ogni caso, da un'epoca che oscilla tra
il settimo e il decimo secolo ci è giunto un breve dialogo in latino in cui si fanno parlare due
personaggi: uno è Terenzio stesso e l'altro è chiamato Persona Delusoris.
2. Nascita del dramma medievale. Il teatro drammatico tipico del Medioevo ebbe un'evoluzione
indipendente. La sua origine va ricercata in un luogo molto diverso, proprio nel cuore della Chiesa
Cattolica, nella celebrazione della Messa; questo nuovo teatro drammatico si sviluppò dal desiderio
del clero di presentare i fatti salienti della vita di Cristo in modo più realistico, davanti ai fedeli.
Nelle due grandi festività della chiesa, Natale e Pasqua, nacquero piccoli drammi o scene
drammatiche. La forma più antica del dramma di Pasqua è un dialogo di quattro angeli in cui una
coppia di sacerdoti, s'incontra con altri due sacerdoti le cui vesti indicano che sono donne. È qui
evidente che abbiamo le basi per una vera azione drammatica. A Natale abbiamo lo stesso sviluppo.
Tutto ciò è in latino, ma presto i singoli dialetti ne presero il posto e parti del dramma liturgico
furono recitate in francese, italiano, tedesco, inglese e latino medievale. Lo stadio seguente fu la
separazione di questo embrione di dramma dalle funzioni religiose vere e proprie della Chiesa. Sia
perché questi drammi divennero velocemente sempre più lunghi, sia perché le chiese non erano così
grandi per accogliere la massa del popolo, queste rappresentazioni si spostarono fuori della chiesa,
sugli scalini dell'entrata occidentale, e gli spettatori stavano in piedi sul sagrato. Poi fra le autorità
ecclesiastiche cominciarono i dubbi: questa cosa stava diventando un fatto troppo importante per la
vita del popolo; al clero fu proibito di prendere parte alle rappresentazioni, o almeno a quelle che
venivano fatte fuori dalla chiesa vera e propria. Il dramma però era nato ed era abbastanza robusto;
si andarono così creando corporazioni cittadine, confraternite o associazioni, come la famosa
Confrérie de la Passion di Parigi. Le rappresentazioni erano ancora di eventi biblici, ma i dialoghi
avvenivano dei dialetti di ciascun luogo. Nacquero così i “miracles” o “mystères” o “sacre
rappresentazioni” descritti oggi come “misteri ciclici”. 3. I teatri medievali e la mise-en-scène. In
genere possiamo dividere questi “luoghi teatrali” in alcuni gruppi principali: 1) la chiesa come
teatro; 2) la disposizione dell'area di azione analoga a quella dentro la chiesa, quando il dramma fu
portato all'aperto; 3) la messainscena fissa; 4) il circolo; 5) il corteo dei carri; 6) la piattaforma con
tende.
1. Il sepolcro usato nel dramma di Pasqua poteva essere di vari tipi. All'inizio era una sorta di
sepolcro simbolico predisposto accanto all'altare maggiore, nella parte orientale della chiesa; ma a
questo subentro subito una tomba regolarmente costruita, posta di solito nella navata settentrionale.
Fino al dodicesimo secolo la tomba di Cristo è indicata come una costruzione architettonica con due
archi. La tomba è ora un sarcofago, a volte con il coperchio sollevato a metà o del tutto, ed è spesso
affiancata da un angelo che ne indica l'interno. Cristo è ora mostrato nel momento in cui ne emerge.
Con la lenta evoluzione del breve dialogo drammatico Quem quaeritis, tuttavia, sorse la necessità di
avere più di una scena immaginaria. Già dal suo stadio iniziale, il dramma liturgico tendeva ad
estendere lo spazio dell'azione: l'intera navata della chiesa poteva essere usata dagli attori
ecclesiastici, e all'interno di questo spazio potevano essere indicate diverse singole località
immaginarie.
2. Raggiungiamo poi il periodo, in cui venivano proposti drammi più elaborati e differenziati e in
cui gli autori degli allestimenti erano tuttora dominati dall'idea della chiesa come teatro. Qui ci
vengono in aiuto numerosi testi e disegni di piante. Nel primo di questi documenti, una
“Résurrection” francese, c'è una specie di prefazione, o prologo che indica quali posti devono
occupare i simboli dei diversi luoghi immaginari. Il crocefisso è a un'estremità, sopra l'altare
maggiore. Da un lato ci sono la tomba, un paradiso e il posto per le Marie, i Discepoli e Nicodemo.
Di fronte ci sono cinque luoghi: una prigione, l'inferno e i luoghi per Pilato, Caifa e Giuseppe.
Davanti al crocefisso si trovano Emmaus e la Galilea. Originariamente si utilizzavano delle sedie
nella presentazione dei primi brevi drammi liturgici, e troviamo diversi termini descrittivi come
sedes, estals e sièges, lius e loca. Ma più tardi le parole tecniche più comuni sono domus, mansions,
o houses, e sappiamo che negli allestimenti scenici le sedie, luoghi o case, sia che appartenessero a
personaggi nominati o che indicassero zone come il Paradiso o l'Inferno, erano in realtà piccoli
palchi, che avevano di solito agli angoli dei sostegni su cui poggiavano strutture con tende. Altre
notizie ci vengono fornite dalla rappresentazione di Adam. Il crocefisso è posto verso est, con il
paradiso alla sinistra dello spettatore e l'inferno alla destra. Si consideri poi la pianta del mistero di
Villingen, con una disposizione più complessa. Qui le tre ripartizioni trasversali indicano il
santuario, il coro e la navata. Il paradiso è a oriente e l'inferno è posto a sinistra, ma la sua posizione
è determinata dal fatto che è il luogo più distante dal paradiso. Le piante del dramma pasquale di
Lucerna forniscono un esatto confronto. Qui fu usata la piazza del mercato come “teatro” con il
Paradiso, la cui estremità confinava con la Via del Mercato del grano e la Piazza Nuova.
3. La sistemazione delle mansions in un modo tale da ricordare la disposizione delle sedie nelle
rappresentazioni in chiesa, è meno importante del principio che è alla base di questo metodo
medievale di mettere in scena. Tale principio si fonda, sull'accettazione da parte del pubblico di tre
convenzioni: a) la raffigurazione simbolica di località immaginarie per mezzo di mansions o loci
deputati; b) la disposizione di tali mansions l'una accanto all'altra; c) l'utilizzazione dello spazio
reale circostante le mansions. Nel corso delle rappresentazioni, lo spettatore doveva dimenticare
tutte le mansions, tranne quella cui si riferiva l'azione presentata in quel momento. Se la mansion
era troppo angusta per accogliere tutti gli attori e quindi dovevano sedersi per terra davanti la
mansion, allora il pubblico doveva immaginare che questa zona di terreno fosse una parte della
mansion stessa. L'area a livello del terreno, era chiamata platea: comunemente se un attore scendeva
dalla sua mansione e continuava l'azione sul terreno, questo faceva parte della mansion. La platea
era “dovunque”. Man mano che le rappresentazioni dei misteri diventavano più complesse, si scoprì
che era molto conveniente disporre i vari luoghi deputati di fronte al pubblico o in linea retta oppure
ad arco. Il primo modo è ben illustrato dalla miniatura di Valenciennes. Le mansions qui sono
disposte in fila davanti gli spettatori. A sinistra c'è il paradiso, segue Gerusalemme e poi un castello.
La casa dei vescovi e la porta d'oro conducono verso l'estrema destra in cui si vede una prigione e
l'Inferno, costituito da due parti: dietro c'è un luogo di tortura popolato da diavoli, davanti c'è la
testa di un mostro terribile da cui spuntano alcuni diavoli. La disposizione delle mansions su linea
curva è testimoniata da un disegno di Jehan Fouquet, raffigurate il martirio di Santa Apollonia. In
primo piano vediamo la tortura della santa, compiuta in platea. Dietro c'è una serie di capanne con
delle scalette che portano giù in terra. Sulla sinistra c'è una mansion affollata di angeli che
circondano un trono che rappresenta il Paradiso. Dopo c'è una mansion di trombettieri, seguita da
un palco con un trono vuoto, quello vagante dell'imperatore. Poi arriviamo a due capanne occupate
da donne. Nelle rappresentazioni medievali era di solito assente una demarcazione tra gli attori e il
pubblico. All'estrema destra c'è l'inferno, formato da due parti: sopra c'è una piattaforma dove
stanno in piedi due diavoli, sotto c'è una grande testa di mostro dalla bocca spalancata da cui
emerge un diavolo mascherato.
4. E' possibile che la rappresentazione che il Fouquet disegnò fosse realmente allestita in “circolo”.
Si sa che in Francia si faceva uso, a volte, dei vecchi edifici teatrali romani, anche se rimane
difficile capire come venissero posizionate le mansions. È possibile però che la tradizione romana
dell'anfiteatro sia alla base di quei “circoli”, in cui si rappresentavano i misteri della Cornovaglia, i
più importanti sono i due circoli che si possono vedere ancora oggi a St Just e a Perranzabuloe. Il
primo ha un diametro di 38 metri circa, il secondo di 40 metri di diametro. Per lo “Origo Mundi”, ci
sono capanne che simboleggiano il Paradiso, seguite da una con la scritta Tortores, la prigione
infernale, seguita da l'Infernum e appresso troviamo le mansions per il Faraone, David, Salomone e
Abramo. Questa pianta può essere confrontata con un disegno antico che risale al regno di Re
Enrico VI, “The castel of perseverance”. L'insieme dell'azione degli attori, così come la possibilità
per il pubblico di vedere l'azione, era progettata nell'ambito della circonferenza: un fossato d'acqua
o uno steccato robusto circondava il “teatro” e vi erano dei maestri di cerimonie. Proprio nel centro
era eretto un edificio che simboleggiava il Castello e le diverse mansions erano sistemate intorno ad
esso secondo le quarte della bussola. Il pubblico e gli attori erano in stretto contatto, ed è possibile
sia che gli attori si spostassero di volta in volta verso le singole mansions, sia che gli attori
portassero l'azione scenica, in processione, fra gli spettatori ammassati.
5. In Inghilterra pare che la struttura scenica fissa, fosse piuttosto rara. Qui le corporazioni
preferivano mettere in scena i loro drammi su quelli che venivano chiamati “pageants”, ovvero una
sorta di mansions ma mobili. Con ogni probabilità, due interessanti miniature contemporanee
raffigurano proprio questi spettacoli; in una si vede un gruppo di uomini, nell'altra un gruppo di
donne, che guardano le rappresentazioni fatte al piano superiore di alte capanne, e lo spazio al di
sotto, nascosto da tende, poteva essere usato come spogliatoio. Questi pageants mobili, erano a
volte costruiti in modo da raffigurare simbolicamente la località o la scena che si supponeva
indicassero. Il sistema d'uso di questi pageants era semplice. Al piano superiore era l'area d'azione
principale, e pare che spesso questi fossero integrati da piattaforme mobili aperte accanto ad essi;
ma si poteva usare anche la strada sottostante la platea. Quindi le mansions sono identiche a quelle
messe una accanto all'altra nelle messe in scene fisse.
6. Vi erano anche altri tipi di rappresentazione. Molti brevi drammi laici, a volte di argomento
“morale”, ma spesso con episodi farseschi, si sono conservati in Francia, ma anche altrove. Spesso
gli attori erano comici di professione che agivano di solito in piccole compagnie ed erano costretti a
presentare i loro piccoli drammi in modo semplice ed erano costretti a recitare senza alcun genere di
scena, senza particolari vestiti o oggetti. Per un periodo di tempo abbastanza lungo tra il tardo
Cinquecento e il primo Seicento, le grandi rappresentazioni di misteri e le rappresentazioni di
moralità, coesistettero accanto a un tipo di rappresentazione affatto diverso. Un dramma sulla
tradizione come “Mary Magdalene”, poteva essere messo in scena solo da dilettanti che fossero in
possesso di mezzi adeguati. L'azione del dramma doveva essere presentata in modo semplice. Se lo
spettacolo avveniva in una sala, le porte fungevano da ingressi e uscite per gli attori; se recitavano
all'aperto le porte non erano essenziali. Antichi dipinti e incisioni ci mostrano ciò che doveva essere
visto come uno spettacolo familiare dovunque andassero vagando gli attori itineranti.
4. Macchineria, effetti e costumi. Che la scena dei misteri ciclici medievali non fosse del tutto prova
di macchinerie, in Francia, in Italia e in Inghilterra, è provato ampiamente dalle didascalie sceniche
e dalle relazioni dei contemporanei. L'Italia non tardò a fare pieno uso di queste macchine, chiamate
“ingegni”. Vasari osservava che uno dei primi maestri della prospettiva, Filippo Brunelleschi, creò
dei dispositivi meccanici per un Paradiso. Vasari osservava che uno dei primi maestri della
prospettiva, Filippo Brunelleschi, creò dei dispositivi meccanici per un Paradiso. Ci sono frequenti
riferimenti agli effetti meccanici. Effetti analoghi, erano noti in Inghilterra. Nelle rappresentazioni
appartenenti al Ludus Coventriae, “The fall of man” e “Cain and Abel” ci sono spade fiammeggianti
e are che ardono. Il dramma di “Mary Magdalene” è anch'esso ricco di effetti visivi. Più realistici di
tutti devono essere stati tuttavia gli effetti connessi con l'Inferno. Le teste di animali e gli abiti
grotteschi sembra che fossero una convenzione scenica tradizionale. Le maschere o “visors”,
sembra che fossero molto comuni in Inghilterra. Le maschere figurano nei conti di Bungay nel
Suffolk dal 1566. Lucifero nei misteri della Cornovaglia aveva l'aspetto di un serpente. Si
utilizzavano abbondantemente le parrucche. Per quanto riguarda i vestiti veri e propri ci sono poche
descrizioni. I costumi erano i vestiti normali dell'epoca. È possibile che il colore avesse una parte
importante nella simbologia generale della rappresentazione.
5. Attori e rappresentazione. Le corporazioni fornivano gli attori prendendoli fra i loro stessi
membri. Questi attori erano pagati pochissimo. In Francia le condizioni erano in parte simili, in
parte diverse. I corps municipaux, partecipavano largamente all'organizzazione dei misteri, ma
condividevano la loro attività con molte altre corporazioni inesistenti in Inghilterra. La confréries
pieuses aveva un ruolo importante nell'allestimento dei cicli, e la più famosa era la Confrérie de la
Passion istituita a Parigi con lettere patenti di Carlo VI il 4 dicembre 1402. E con l'insediarsi di tale
compagnia a l'Hopital de la Trinité che si ha per la prima volta in Europa una compagnia
drammatica fissa, con una propria sede in un teatro stabile. Anche i goliardi si occupavano
attivamente dell'organizzazione degli spettacoli. Les Sots, con le orecchie d'asino, i cappucci e i
costumi gialli e verdi, circolano in larghe zone della Francia, primi fra tutti i famosi Enfants Sans-
Souci. E in ultimo c'erano le numerose confréries des fous. Costoro, recitavano intermezzi e farse
oscene. Per annunciare gli spettacoli si faceva uso del bando o cri. Tale cri era di solito
accompagnato da una lunga processione come si fa oggi nel circo. Di solito nel dramma tutte le
parti erano recitate dagli uomini, ma ci sono delle testimonianze anteriori al 1550, che vedono la
presenza di donne nelle rappresentazioni. Il livello generale di recitazione era primitivo, ma non si
recitava per gioco, ma la recitazione era considerata come qualcosa di importante nel mondo. È
chiaro che nel dramma e nel teatro medievale ci siano delle situazioni analoghe a quelle del teatro
greco: un dramma di origine lirica, che nasce dalla religione; attori che si dedicano alla
rappresentazione di drammi; l'intera rappresentazione riguarda tutta la comunità. Ci sono anche
molte differenze. Gli uomini medievali mancavano di quel senso classico di semplicità e unità di
effetto che caratterizza la scultura e il pensiero greco. Il teatro medievale nasce dalla “fantasia
gotica”. I drammaturghi medievali mischiavano il serio e il comico.
6. Tornei, entrate e mascherate. Nelle corti, i tornei costituivano degli spettacoli fastosi ed
entusiasmanti. Di preparava il recinto del torneo e le costruzioni per ospitare gli ospiti più illustri. I
costumi indossati dagli attori erano teatrali e i falegnami acquistavano esperienza nell'inventare
strutture sceniche fatte di legno, tela grossa e pittura. I falegnami arricchirono materialmente questo
genere di esperienze lavorando a decorare le opere all'aperto destinate alla celebrazione di “entrate”
reali. Se i cortigiani avevano le mascherate per divertirsi, i più umili avevano le proprie mascherate
e giuochi semi-drammatici. Lasciando il Medioevo, dobbiamo portare con noi il ricordo dei vari tipi
di tradizioni teatrali o semi-teatrali.
1. L'allestimento di mansions che raffiguravano località diverse insieme con l'uso della platea
aperta, usato da attori e spettatori. Queste potevano essere posizionate in diversi modi.
2. Le mansions negli anni seguenti si trasporterà al chiuso e si adatterà all'area più angusta di un
palcoscenico.
3. Si poteva usare solo una tenda per fare da sfondo a una piattaforma nuda. Questo tipo di “teatro”
disadorno probabilmente era spesso impiegato dai piccoli gruppi di attori inglesi di interludi; molte
compagnia della commedia dell'arte di concentravano di presentare le loro scene comiche vagando
di città e in città.
4. Si può vedere questa semplificazione nella forma più estrema nella rappresentazione al coperto di
alcuni dei primi intermezzi, in cui gli attori agivano a una estremità della sala, servendosi per le
entrate a volte di una qualsiasi porta, o più porte, disponibile, altre volte facendosi largo addirittura
tra la piccola folla di spettatori che assisteva allo spettacolo.
Ci cono due principi fondamentali. Il primo è la stretta connessione tra pubblico e attori. Il secondo
principio si potrebbe definire “emblematico” o “non illusionistico”. Mai neanche nelle più
spettacolari rappresentazioni dei misteri c'era il tentativo di raffigurare realisticamente una singola
scenica. Le mansions costruite erano progettate più per suggerire che per riprodurre la realtà: le loro
azioni e parole erano sufficienti per stimolare l'immaginazione degli spettatori a dare un nome al
vuoto.