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Esperimento 2 - Circuiti di base con amplificatore

operazionale
Matteo Italia

2, 8, 9 novembre 2010

1 L’amplificatore operazionale
L’amplificatore operazionale (figura 1) è un amplificatore di tensione dif-
ferenziale; nella sua forma ideale, esso ha un guadagno ad anello aperto
infinito (se Vd = Vp − Vn , A = Vd /Vo → +∞), una resistenza in ingresso
infinita (Ri → ∞) e una resistenza in uscita nulla (Ro = 0).
Se A → +∞ ma Vo rimane finita, si deve necessariamente avere che
Vd → 0 (per cui Vp e Vn risultano allo stesso potenziale), ma in maniera tale
per cui Vd A = Vo (finito).
Con un componente dotato di queste caratteristiche è possibile costruire
in maniera semplice due tipi di amplificatori di tensione ad amplificazione
impostabile a piacere in base ai valori delle resistenze che vengono inserite
nei relativi circuiti.

1.1 Amplificatore non invertente


L’amplificatore non invertente (figura 2) sfrutta una rete di feedback nega-
tivo (il feedback agisce in maniera da diminuire la sua causa) per fissare il
guadagno complessivo del circuito ad un valore finito.
Calcoliamo il guadagno del circuito: dato che Ri → ∞, la corrente tra Vp
e Vn è nulla; dunque Vn è determinato soltanto da Vo e dal partitore R1 -R2 .
Dalla formula del partitore, otteniamo che
R2
Vn = Vo
R1 + R2

Vp +
Vo

Vn

Figura 1: L’amplificatore operazionale ideale.

1
Vp +
Vi Vo

Vn
R1

R2

Figura 2: Schema dell’amplificatore non invertente.

Per la considerazione sopra esposta, ci aspettiamo che a regime Vi =


Vp = Vn , dunque il guadagno del circuito si esprime come:

Vo Vo R1 + R2 R1 + R2 R1
A= = = Vo = = +1 (1)
Vi Vn R2 Vo R 2 R2

1.1.1 Buffer
Il buffer non è altro che un amplificatore non invertente in cui a R1 si
sostituisce un cortocircuito (R1 = 0) e viene rimossa R2 (R2 → ∞); dalla
(1) si ha
R1 0
A= +1= +1=1
R2 ∞
Il buffer quindi si limita a seguire il segnale senza amplificarlo; la sua
utilità sta nel fatto che fornisce non dà effetti di carico sul segnale in input,
poiché ha resistenza in ingresso molto alta, e dà in output un segnale con
resistenza in uscita molto bassa, approssimandosi ad un generatore di ten-
sione ideale. Questo è vantaggioso se il segnale in input, al contrario, ha una
resistenza in uscita alta, inadeguata per lo stadio successivo del circuito.

1.2 Amplificatore invertente


L’amplificatore invertente (figura 3) è cosı̀ detto poiché è caratterizzato da
un guadagno negativo; anche in questo caso il guadagno si calcola facilmente
con la legge di Ohm e le leggi di Kirkhoff.
Detta I− la corrente assorbita dall’ingresso invertente dell’operazionale,
per la legge dei nodi di Kirkhoff possiamo dire che I1 + I2 − I− = 0. Tuttavia
sappiamo che I− non può essere che 0, dato che tra Vn e Vp c’è resistenza
infinita. Pertanto, I1 = −I2 .

2
I1

R1
Vn
R2 −
Vi Vp Vo
I2 +

Figura 3: Schema dell’amplificatore invertente.

Dalla legge di Ohm sappiamo che


Vo − Vn Vi − Vn
I1 = I2 =
R1 R2

Sappiamo però anche che Vn = Vp = 01 , pertanto le due relazioni


precedenti diventano
Vo Vi
I1 = I2 =
R1 R2
Poiché l’una è l’opposto dell’altro, possiamo quindi dire che
Vo Vi Vo R1
=− → A= =−
R1 R2 Vi R2
Da cui si vede che l’amplificazione è negativa ed è uguale all’opposto del
rapporto delle due resistenze.

2 Esperimento e non idealità


In questo esperimento si sono realizzati i circuiti fin qui descritti (usando
come amplificatore operazionale l’LM-741 o l’equivalente µA-741), per ve-
dere in che misura si comporta come un amplificatore operazionale ideale e
dove subentrano delle non idealità.
Per l’alimentazione dell’operazionale si è usata sempre una tensione duale
di ±15 V fornita da due alimentatori in serie; si è fissata la massa di tutto
il circuito al potenziale della connessione tra i due alimentatori.
1
Motivo per cui si dice che Vn è un nodo a massa virtuale: esso infatti è al potenziale
di massa pur non essendoci connesso direttamente.

3
R1

10 V Vi
R2 + R3 (98.9 Ω)
Vo Io

∆V3
R4

Figura 4: Circuito del primo esperimento: buffer non invertente con carico
variabile.

2.1 Buffer - corrente massima erogabile


La modellizzazione ideale dell’amplificatore operazionale presuppone che lo
stadio di uscita sia composto da un generatore ideale di tensione controllato
dalla differenza tra i due segnali in input. Naturalmente un generatore di
tensione ideale non può esistere, e infatti le specifiche dell’LM-741 danno
come limite di corrente erogabile 25 mA.
Per verificare direttamente questo limite, è stato costruito il circuito in
figura 4; si tratta di un buffer con carico variabile e input fissato Vi .
La tensione di input Vi è ottenuta da Va = 10 V tramite il partitore
costituito da R1 e R2 ; poiché R1 = R2 , il rapporto di partizione è 12 e la
tensione di input del buffer è quindi di 5 V. L’operazionale è stato alimentato
tramite alimentazione duale a ±12 V.
Come nell’esperimento del partitore, la caduta di tensione ∆V3 su R3
viene utilizzata per misurare la corrente Io che attraversa il ramo del circui-
to2 , mentre R4 viene fatta variare. Ad ogni variazione di R4 si misurano la
tensione Vo e si calcola la corrente Io tramite
∆V3
Io = I3 =
R3
R3 , come già nell’esperimento del partitore, è stata misurata con preci-
sione (risulta essere 98.90 Ω), dato che da essa dipende il calcolo di IL .
Effettuando poco meno di 50 campionamenti, si è ottenuto il grafico in
figura 5.
2
Si potrebbe obiettare che su R3 passa solo parte della corrente data in output, dato
che dall’output si diparte anche il ramo che conduce all’ingresso invertente, ma sappiamo
che gli ingressi dell’operazionale non assorbono corrente poiché tra di essi c’è idealmente
resistenza infinita.

4
Figura 5: Andamento di Vo rispetto a Io

Dal grafico e dai dati risulta che si esce dal range di lavoro dell’opera-
zionale superati i 21 mA. Questo valore risulta un po’ peggiore rispetto ai
valori tipici previsti dalle specifiche; probabilmente il particolare operazio-
nale utilizzato o è “nato male” o aveva già subito qualche abuso in altri
esperimenti.
I punti sul grafico che “tornano indietro” sono probabilmente dovuti o ad
errori di misura, o ad una certa isteresi che si riscontra nel comportamento
dell’operazionale dopo che è stata superata la soglia massima di corrente
erogabile.
Per curiosità è stata misurata la tensione a cavallo dei due input dell’o-
perazionale (che dovrebbe essere nulla), e si è verificato che in effetti è molto
piccola (6.4 mV, 4 ordini di grandezza sotto la tensione di input).

2.2 Amplificatori come filtri passa-basso


L’amplificatore operazionale reale, a differenza del modello ideale, non è
perfettamente trasparente alle tensioni alternate. La sua amplificazione ad
anello aperto infatti non è costante indipendentemente dal segnale che riceve
in ingresso, ma ha una dipendenza dalla frequenza; questa dipendenza si può
scrivere, usando la notazione dei fasori:
Vo A0
= Aω0 (ω) = (2)
Vi 1 + jω
ω0

5
ove ω è la pulsazione del segnale in ingresso e ω0 è la pulsazione relativa alla
frequenza di taglio dell’amplificatore operazionale.

2.2.1 Amplificatore non invertente


Supponiamo di avere un generico sistema retroazionato, in cui si abbia uno
stadio di amplificazione con guadagno A0 e uno stadio di retroazione nega-
tiva che va a ridurre il valore del segnale in ingresso di β per il segnale in
uscita. Dalle espressioni
Xo = A0 Xi Xi = X0i − βXo
Xo
si può ricavare facilmente che l’amplificazione finale G0 = Xi è
A0 1 1 1
G0 = = 1 = 1 (3)
1 + A0 β A0 +β β A0 β+1

L’amplificatore non invertente rientra in questa modellizzazione: il parti-


tore moltiplica per β il segnale in uscita, e lo stadio di comparazione dell’ope-
razionale fa da sottrattore; collettivamente, fungono da stadio di retroazione
negativa, con
R1
β= (4)
R1 + R2
Lo stadio di amplificazione dell’operazionale, infine, fa da amplificatore con
guadagno A0 .
Sostituendo (2) in (3), con una serie di calcoli si ottiene
1 1 1 1
G(ω) = 1 jω
= G0 jω (5)
β A0 β+1 ωc +1 ωc +1
con
ωc = ω0 (1 + A0 β) (6)
e G0 l’amplificazione che si avrebbe senza la dipendenza dalla frequenza
(ossia, l’amplificazione in continua come in (3)).
Da questa espressione possiamo trarre alcune considerazioni: in primo
luogo, è chiaro che si tratta di un filtro passa-basso. Infatti, con ω 
ωc il denominatore tende a 1, e l’intera espressione tende al solo G0 ; in
altre parole, per frequenze basse il guadagno è costante, e la dipendenza
dalla frequenza non è più rilevante. Dato che la componente immaginaria
tende a sparire, anche lo sfasamento risulta trascurabile (se G è reale il suo
argomento è 0).
A ω = ωc (ossia quando la frequenza f corrisponde alla frequenza di ta-
glio fc ) abbiamo il polo, punto ove si passa da un comportamento asintotico
lineare costante ad una discesa inversamente proporzionale a ω; in questo
caso si ha
1
G(ω) = G0
j+1

6
da cui si vede facilmente
√ che in questo punto il guadagno diminuisce rispetto
a G0 di un fattore 2, ossia di circa 3 dB. Sempre a questa frequenza
si ha che lo sfasamento è uguale a − π4 ; infatti si può ricavare facilmente,
razionalizzando l’espressione, che la parte immaginaria e la parte reale della
funzione di trasferimento risultano uguali e opposte.
Importante notare come ωc dipende da β: maggiore è la retroazione, più
alto è il polo (e dunque la banda passante). Per ottenere un amplificatore con
una ampia banda passante, dunque, bisognerà accontentarsi di una piccola
amplificazione.
Per ω  ωc l’1 a denominatore tende a scomparire; possiamo dire che
1 ωc
lim G(ω) = = −j
ω
ωc
→+∞ j ωωc ω
L’argomento del fasore tende quindi a − π2 , pertanto al limite l’uscita
tende ad essere in ritardo di un quarto di lunghezza d’onda. Il guadagno
risulta inversamente proporzionale alla frequenza; passando ai dB
ωc ω
20 log |A| = 20 log = −20 log
ω ωc
si deduce che decuplicando la frequenza l’attenuazione scende di 20 dB;
abbiamo quindi un’attenuazione di 20 dB per decade.
Osserviamo anche che il prodotto ωc G0 è una costante dipendente sol-
tanto dal particolare operazionale usato: infatti

 A0
ωc G0 = ω0
(1
+A
0 β) = ω0 A0
 A
1 +
 β
0

Ossia, si trova nuovamente che la banda passante è inversamente pro-


porzionale al guadagno in continua:
1
fc = (f0 A0 )
G0

2.2.2 Amplificatore invertente


Nel caso dell’amplificatore invertente, invece l’espressione del guadagno in
continua risulta differente: si ricava infatti che
A0 β−1 1 R1
G0 = (β − 1) = 1 , β= (7)
1 + A0 β β A0 β +1 R1 + R2

Questo dipende dal fatto che l’amplificatore invertente non è un ampli-


ficatore di tensione nel senso stretto del termine, dal momento che il suo
feedback negativo non va semplicemente a ridurre di una quantità Vo β il
segnale in ingresso.

7
Tipo R1 (Ω) R2 (Ω) G0
N10 Non invertente 26825 2970 10.03
N100 Non invertente 265790 2643 101.56
I10 Invertente 26813 2649 -10.12
I100 Invertente 265790 2643 -100.56

Tabella 1: Caratteristiche degli amplificatori.

Sostituendo (2) in (7) ed effettuando i necessari calcoli, si ottiene:


β−1 1 1 1
Gωc (ω) = 1 jω
= G0 jω
β A0 β +1 ωc +1 ωc +1

L’espressione finale risulta la medesima, per cui si applicano le consi-


derazioni fatte prima; tuttavia, non vale più la relazione ωc G0 = const
per via del fattore (β − 1) che compare nell’espressione di G0 . Vale invece
ωc (1 − G0 ) = const; infatti:
 
(β − 1)A0 1 + A0
β
 −A0β + A0
ωc (1 − G0 ) = ωc 1 − = ω0
(1
+A0 β)
1 + A0 β 1+
 A0 β
 
(8)
= ω0 (1 + A0 )

2.2.3 Misure effettuate


Per determinare gli effetti delle non idealità in questione sono stati costruiti
due amplificatori non invertenti e due invertenti, per ciascuna categoria uno
con guadagno (desiderato) 10 e uno con guadagno 100.
Le caratteristiche degli amplificatori effettivamente costruiti sono ripor-
tate nella tabella 1.
Ciascun amplificatore è stato collegato al generatore di segnali, fornen-
dogli in input un’onda sinusoidale; sono state effettuate tra le 20 e le 30
misure per ciascun amplificatore, variando la frequenza dell’onda data in
input.
Per ogni misura è stata acquisita tramite l’oscilloscopio l’ampiezza del-
l’onda in ingresso e in uscita, ricavando cosı̀ il guadagno in ampiezza |G|; si
è poi determinato lo sfasamento temporale tra le due onde (tramite i cursori
dell’oscilloscopio, vedi figura 7), in base a cui si è calcolato lo sfasamento
angolare arg(G).
In base a questi dati si è cercata la frequenza di taglio fc (considerata
quando l’onda in uscita si riduce al 70% e lo sfasamento raggiunge i 45◦ ) e
si sono ricostruiti i diagrammi di Bode di ampiezza e sfasamento per ciascun
amplificatore.
Oltre ai dati già citati, è stato misurato lo slew time, ossia il tempo
di salita del segnale in output dall’amplificatore, indice di quanto questo

8
Figura 6: Tempo di salita del segnale e misurazione automatica dello slew
time; i cursori visualizzati non hanno alcuna attinenza con la misura in
questione (sono residui di una misura precedente).

sia rapido a seguire transizioni. Tale misura è stata effettuata sia con la
funzione automatica dell’oscillscopio (figura 6) sia con i cursori (con risultati
analoghi) dando in input un’onda quadra a 1 kHz e a 10 kHz.
Tutti questi dati sono riporati in tabella 2.
Rispetto a quanto ci si attende dalla teoria, risulta evidente la propor-
zionalità (inversa) tra G0 e fc nel caso degli amplificatori non invertenti. Ri-
sulta meno chiara, invece, la relazione tra fc e G0 nel caso dei non invertenti,
probabilmente per errori di misura.
Lo slew time sembra avere una notevole dipendenza dall’amplificazione, e
risulta paragonabile a parità di amplificazione tra i due tipi di amplificatori.
Non si riscontrano grosse differenze tra i tempi di salita misurati a 1 kHz
e 10 kHz; forse si sarebbero ottenute differenze apprezzabili effettuando la
seconda misura molto oltre il polo, nel qual caso lo “stondamento” derivante
dal filtrare le armoniche più alte avrebbe influito in maniera sensibile.
I diagrammi di Bode, al di là di alcune irregolarità sugli sfasamenti
(derivanti soprattutto dalla nostra imperizia con l’oscilloscopio nelle prime
giornate di laboratorio), rispecchiano piuttosto bene quanto ci si aspettava,
sia dai grafici delle simulazioni che dai risultati della teoria esposti prima
(ad esempio per quanto concerne lo sfasamento alla frequenza di taglio e la
discesa di 20 dB per decade).

9
Figura 7: Misura dello sfasamento temporale (e quindi angolare) dei due
segnali tramite i cursori; lo screenshot si riferisce all’amplificatore I100 con
un segnale sinusoidale a 1250 Hz.

fc kHz C(fc , G0 )1 Slew@1 kHz (µs) Slew@10 kHz (µs)


N10 77 772463 5.48 5.51
N100 7.7 782041 34.20 34.60
I10 90.3 823711 3.49 3.50
I100 9.4 935899 34.50 35.00
1 C(fc , G0 ) = fc G0 per gli amplificatori non invertenti, fc (1 − G0 )
per gli invertenti; la funzione dovrebbe essere indipendente dal
guadagno del circuito, ma dipendere solo dalla configurazione
(invertente/non invertente) e dal particolare opamp.
Tabella 2: Valori caratteristici misurati degli amplificatori.

10
Figura 8: Diagrammi di Bode per l’amplificatore N10 .

11
Figura 9: Diagrammi di Bode per l’amplificatore N100 .

12
Figura 10: Diagrammi di Bode per l’amplificatore I10 .

13
Figura 11: Diagrammi di Bode per l’amplificatore I100 .

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