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di Carola Carazzone
INDICE
I. APPROFONDIMENTO
1. Cosa significa “diritti umani”.
2. La lunga marcia dei diritti umani attraverso la storia.
2.1. Dalla filosofia al diritto.
BOX 1: La conquista dei diritti umani: un cammino lungo migliaia di anni.
2.2. Dal diritto interno al diritto internazionale.
2.3. Roosevelt: quattro libertà fondamentali per la pace internazionale.
2.4. La Dichiarazione Universale dei diritti umani.
2.5. Diritti civili e politici e diritti economici e sociali: lo scontro di due visioni.
2.6. Oltre la guerra fredda: universalità e indivisibilità di tutti i diritti umani.
BOX 2: La Dichiarazione Universale oggi.
2.7. I diritti umani sono diritti storici. Le “generazioni” dei diritti umani.
2.8. Dalla Dichiarazione Universale al sistema internazionale di tutela dei
diritti umani.
I. STRUMENTI
Tabelle – Giochi – Ricorrenze - Bibliografia scelta – Filmografia – Musica -
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I. APPROFONDIMENTO
1. COSA SIGNIFICA “DIRITTI UMANI”.
Già migliaia di anni fa, molti testi religiosi di diverse civiltà hanno sottolineato l’importanza
dell’eguaglianza, della dignità, della responsabilità di aiutare gli altri: 3000 anni fa i testi
hindu Veda, Agama e Upanishad e il testo giudaico Torah; 2500 anni fa i testi buddisti
Tripitaka e Anguttara-Nykaya e il testo confuciano Anaclet; 2000 anni fa il Nuovo Testamento
cristiano.
Per quanto riguarda la cultura occidentale, già nel contesto primordiale dei poemi epici di
Omero, l’Iliade e l’Odissea, emerge una timida distinzione tra themis e dike, tra una decisione
ispirata dagli dei e un comportamento moralmente doveroso anche se non conveniente,
rispondente a una sorta di coscienza sociale collettiva e la legge terrena.
L’Antigone di Sofocle, risalente alla metà del V secolo a. C. è tutta fondata sul tragico dilemma
tra l’adempimento o meno a una norma scritta palesemente ripugnante ai valori morali diffusi
nella collettività.
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Cicerone, nei trattati De legibus e De Republica, seppur a livello embrionale enuncia alcuni
doveri che il cittadino romano è tenuto a rispettare anche nei confronti degli stranieri.
Anche durante il Medio Evo, contrariamente a quanto potrebbe apparire ad un esame
superficiale, si possono rinvenire alcune tracce di una tutela giuridica della persona.
Siamo di fronte, ovviamente, a garanzie frammentarie e particolari, concesse all’interno di
alcuni feudi dal signore locale.
Di questo periodo storico va sicuramente citata la Magna Charta del 1215 con cui Enrico III si
rivolge ad alcuni ceti – arcivescovi, prelati, conti, nobili – ai quali garantisce il diritto alla
giustizia, a non essere arrestato o imprigionato senza ragione e a non essere privato della
libertà.
E’ però solo con l’elaborazione del pensiero filosofico giusnaturalista di John Locke, sviluppato
nel Second Treatise of Government del 1690, che si arriva ad una enunciazione dell’idea che
l’uomo in quanto tale – e non l’uomo in quanto appartenente a certi gruppi o a certi ceti - ha
dei diritti naturali, innati, che nessuno, neppure lo Stato, può sottrarre e a cui non è possibile
rinunciare, neppure volontariamente.
Per Locke il vero stato dell’uomo è lo stato di natura in cui gli uomini sono liberi ed eguali, lo
stato civile è solo una creazione artificiale che deve essere finalizzata a permettere la più
ampia esplicazione della libertà e dell’eguaglianza naturali.
Successivamente Voltaire, Rousseau, Kant e tutta la corrente dei filosofi illuministi
contribuirono in maniera determinante all’elaborazione delle idee di libertà, eguaglianza e
fratellanza.
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Per la prima volta nella storia dell’umanità, vennero sanciti in un documento
internazionale i diritti umani e le libertà fondamentali di ogni essere umano
senza distinzione di razza, di colore di pelle, di sesso, di lingua, di religione, di
opinione politica, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di
altra condizione (art.2 della Dichiarazione Universale).
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L’art.68 della Carta delle Nazioni Unite prevede poi l’istituzione da parte del
Consiglio Economico e Sociale di una Commissione “per promuovere i diritti
dell’uomo”.
Tale Commissione, presieduta dalla vedova del Presidente Roosevelt, avrebbe
dovuto elaborare una Dichiarazione Universale, una Convenzione (destinata a
tradurre in obblighi vincolanti per gli Stati che l’avessero ratificata i principi
enunciati nella dichiarazione, in base al diritto internazionale, giuridicamente
non vincolante) e un insieme di misure di attuazione.
La Dichiarazione venne elaborata in tempi relativamente brevi dalla
Commissione per poi passare attraverso diversi organi – Segretariato delle
Nazioni Unite, Consiglio Economico e Sociale, Comitato di redazione
(quest’ultimo composto dai rappresentanti di Australia, Cile, Francia, Gran
Bretagna, Libano , Stati Uniti e URSS) - e venire finalmente approvata
dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nella seduta del 10 dicembre del
1948.
Dei 58 Paesi che facevano allora parte delle Nazioni Unite, vi furono 48 voti
favorevoli, 8 astensioni ( Unione Sovietica, Polonia, Cecoslovacchia,
Jugoslavia, Ucraina, Bielorussia, Sudafrica, Arabia Saudita) e 2 furono i Paesi
che non parteciparono al voto (Honduras e Yemen).
Ma è sufficiente la Dichiarazione?
Per quanto riguarda la Convenzione, giuridicamente vincolante per gli Stati
Membri, e le misure di attuazione fu invece necessario attendere quasi
trent’anni.
In realtà un’unica Convenzione comprensiva dei diritti civili, politici,
economici, sociali e culturali non poté mai essere approvata.
Furono necessari quasi vent’anni per giungere all’approvazione da parte
dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di due Patti Internazionali
separati ed altri dieci perché tali Patti entrassero in vigore (il Patto
Internazionale sui diritti civili e politici, approvato dall’Assemblea Generale il
16 dicembre del 1966 ed entrato in vigore il 23 marzo 1976, e il Patto
Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, approvato
dall’Assemblea Generale il 16 dicembre del 1966 ed entrato in vigore il 3
gennaio 1976).
L’adozione di un’unica Convenzione Internazionale per la protezione di tutti i
diritti umani fu impedita dall’esacerbarsi di due opposte posizioni in seno agli
Stati membri delle Nazioni Unite che videro contrapporsi i Paesi Occidentali ai
Paesi del blocco comunista.
Al momento dell’adozione della Dichiarazione Universale la comunità
internazionale era profondamente diversa da quella attuale.
Gli stati membri dell’ONU erano all’epoca 58, meno di un terzo di quelli di
oggi.
Inoltre molti Paesi afro-asiatici erano allora ancora soggetti alla dominazione
coloniale.
La stessa Dichiarazione Universale pertanto fu il frutto di un compromesso fra
le tesi dei due gruppi occidentale e socialista o, come non a torto è stato
sostenuto, “un pezzo di guerra fredda”.
I rappresentanti delle democrazie occidentali propugnavano la proclamazione
in chiave universale dei soli diritti civili e politici e unicamente
nell’impostazione individualistica ereditata dalla tradizione settecentesca del
costituzionalismo francese e americano.
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All’opposto gli esponenti degli stati dell’area socialista volevano il
riconoscimento universale dei diritti economici e sociali e soltanto di taluni
diritti politici (quali, per esempio, il diritto di ribellione nei confronti delle
autorità oppressive).
Per quanto riguarda la Dichiarazione Universale - che proprio in quanto
dichiarazione è, in base al diritto internazionale, in astratto atto non
giuridicamente vincolante ma a carattere meramente esortativo – ma non per
quanto riguarda l’approvazione di un’unica Convenzione Internazionale
legalmente vincolante, gli Stati membri dell’ONU pervennero ad una soluzione
compromissoria.
Da un lato le nazioni occidentali accettarono di inserire alcuni diritti
economici e sociali e, dall’altro, i paesi socialisti si impegnarono a collaborare
fattivamente alla stesura del testo della Dichiarazione Universale e alla fine
espressero un voto di astensione.
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2.6 Oltre la guerra fredda: universalità e indivisibilità di tutti i diritti
umani.
Ma l’importanza fondamentale e l’attualità della Dichiarazione Universale sta
proprio nel riconoscimento dell’universalità e della indivisibilità di tutti i diritti
umani.
I diritti umani sono universali in quanto appartengono a ciascun essere
umano e ciascuno ha eguale status in relazione a tali diritti.
L’incapacità di rispettare i diritti umani di un individuo non si aggrava a
seconda del genere, della razza, del gruppo etnico, della nazionalità, della
condizione economica o sociale o di qualsiasi altro carattere distintivo.
I diritti umani sono indivisibili e interdipendenti in due sensi.
In primo luogo, non vi è gerarchia tra diversi tipi di diritti: i diritti civili,
politici, economici, sociali e culturali sono tutti ugualmente necessari per la
libertà e la dignità di ogni essere umano.
I diritti civili e politici senza i diritti economici e sociali sono, come dice
Norberto Bobbio, vuoti.
Se una persona è stremata dalla fame e analfabeta a nulla o a molto poco vale
che le sia garantito il diritto di libera manifestazione del pensiero. Allo stesso
modo se una persona può essere incarcerata o addirittura torturata ad arbitrio
di pubblici ufficiali a nulla o a molto poco vale che le sia garantito il diritto alla
sicurezza alimentare.
In secondo luogo, i diritti umani sono indivisibili in quanto non è possibile
cancellare alcuni diritti allo scopo di promuoverne altri. Non è possibile
pertanto violare i diritti civili e politici per promuovere i diritti economici e
sociali o viceversa.
Mary Robinson, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani,
afferma che l’obiettivo del XXI secolo è quello di ottenere tutti i diritti umani
per tutti.
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mentre per le convenzioni internazionali è invece necessario un procedimento di firma e
ratifica.
Sostenere che i contenuti della Dichiarazione Universale abbiano assunto valore
giuridicamente vincolante divenendo, nel corso della seconda metà del XX secolo, norme
internazionali consuetudinarie consente inoltre di riconoscere la grande efficacia propulsiva
attuale della Dichiarazione nel superamento della concezione dualistica e della sterile
separazione tra diritti civili e politici e diritti economici, sociali e culturali.
(1) Il Programma di azione adottato al termine della Conferenza Mondiale sui diritti umani di Vienna, il 25 giugno
1993, al par.8 del Preambolo afferma: “the Universal Declaration constitutes a common standard of achievement for
all people and all nations. It is the duty of States, regardless of their political, economic and cultural systems, to
promote and protect all human rights and fundamental freedoms”.
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Norberto Bobbio, L’età dei diritti, Torino, 1990, p.15.
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Soggetti di diritto internazionale sono stati tradizionalmente solo gli Stati e
dal XIX secolo le organizzazioni internazionali.
Con la Dichiarazione Universale ed il successivo sviluppo del sistema
internazionale di tutela dei diritti umani prende forma un nuovo diritto
internazionale, contrapposto a quello tradizionale, il diritto internazionale
cd. solidaristico.
Tale diritto promuove il riconoscimento degli individui, dei popoli e delle
organizzazioni della società civile (organizzazioni non governative,
associazioni, sindacati, etc.) quali soggetti – ossia titolari di diritti e doveri - di
diritto internazionale.
Il diritto internazionale solidaristico si scontra con le forti spinte della
sovranità nazionale e difesa della non ingerenza negli affari interni.
La Carta dell’ONU stabilisce che gli organi delle Nazioni Unite non possono
intervenire nelle questioni che appartengono al dominio riservato degli stati e
ciò ha limitato, per alcuni decenni dalla sua istituzione, la Commissione per i
diritti umani ad un ruolo meramente generale ed astratto, di predisposizione
di progetti di dichiarazioni.
Solo a partire dalla fine degli anni Sessanta, con l’istituzione della procedura
pubblica, si sono avute, fra vivi contrasti, le prime iniziative relative alla
situazione dei diritti umani in singoli stati, da principio limitatamente
all’ipotesi di “violazioni gravi e sistematiche”, in seguito, con l’istituzione dei
meccanismi “a tema”, anche in relazione a violazioni singole o simple
violations.
Ancora oggi vi sono attività di protezione dei diritti umani che continuano ad
essere strutturalmente soggette alla condizione del consenso delle autorità
dello stato interessato (così è per esempio per le operazioni di peace-keeping).
Lo stesso sistema internazionale di tutela dei diritti umani sconta ancora
troppo spesso l’inefficacia, per esempio per quanto riguarda la debolezza di
poteri coercitivi, dovuta a tale contrapposizione.
Ma gli sviluppi dell’ultimo decennio, seguiti al crollo del muro di Berlino (la
creazione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani,
l’istituzione di Tribunali Internazionali per il Ruanda e l’ex-Jugoslavia, la
previsione di un Tribunale Penale Internazionale permanente, il Protocollo alla
Convenzione per la lotta di ogni forma di discriminazione nei confronti delle
donne) consentono di guardare al futuro con la speranza che il godimento dei
diritti umani sia davvero oggi un obiettivo raggiungibile.
Oggi il mondo ha le risorse e la consapevolezza per un nuovo, deciso impegno
per i diritti umani.
La realizzazione dei diritti umani è responsabilità di tutti e di ciascuno.
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3. IL SISTEMA INTERNAZIONALE DI TUTELA DEI DIRITTI UMANI.
Il sistema internazionale di tutela dei diritti umani è l’insieme di convenzioni,
procedure, meccanismi ed organi creati, nei decenni successivi alla
Dichiarazione Universale, per promuovere e proteggere i diritti umani o
categorie specifiche di diritti umani.
Il sistema internazionale di tutela dei diritti umani si articola su due livelli:
globale e regionale.
A livello globale - o, meglio, ad aspirazione globale - il riferimento è al sistema
di tutela dei diritti umani dell’ONU che si articola in diverse convenzioni volte
a proteggere specifiche categorie di diritti umani e che vincolano gli Stati
Membri di ciascuna convenzione, cioè gli Stati che hanno ratificato ciascuna
convenzione.
A livello regionale, invece, le diverse regioni (America, Europa, Africa e dei
paesi arabi) hanno adottato, in seguito alla Dichiarazione Universale,
convenzioni e meccanismi regionali per la tutela dei diritti umani che
vincolano gli Stati di ogni rispettiva regione che li hanno ratificati.
Funzioni.
Per i primi decenni dalla sua istituzione il ruolo della Commissione è stato
limitato alla redazione di testi di dichiarazioni e convenzioni in materia di
diritti umani (abbiamo già visto per esempio che preparò il testo della
Dichiarazione Universale).
Nel 1967 la Risoluzione 1235 del Consiglio Economico e Sociale ha
autorizzato la Commissione ad esaminare informazioni riguardanti violazioni
gravi e sistematiche dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Nel 1970 la Risoluzione 1503 del Consiglio Economico e Sociale ha stabilito
un meccanismo di risposta alle istanze individuali presentate da persone che
denunciano le violazioni dei diritti umani subite.
Se la denuncia è giudicata veridica e seria, la Commissione ha il potere di
investigare la situazione attraverso un sistema di procedure speciali.
In base a tali procedure speciali la Commissione può nominare singoli
esperti internazionali indipendenti o gruppi di lavoro, anch’essi costituiti
da esperti internazionali indipendenti.
Gli esperti così come i gruppi di lavoro vengono nominati dalla Commissione
per investigare, analizzare e pubblicare rapporti
A) su violazioni dei diritti umani in un determinato paese
B) su violazioni dei diritti umani definite “tematiche”.
Quest’ultimo è il caso in cui le violazioni di determinati diritti umani
riguardino più paesi, come per esempio per l’intolleranza religiosa o la
pornografia e lo sfruttamento della prostituzione di minori.
Gli esperti nominati dalla Commissione possono usare qualsiasi fonte nella
preparazione dei loro rapporti e compiono missioni in loco, dove conducono
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interviste con le autorità, con le organizzazioni non governative e con le
vittime.
Gli esperti sono tenuti a riferire annualmente alla Commissione del loro
operato, esplicitando anche specifiche raccomandazioni di azioni da
intraprendere per porre fine alle violazioni dei diritti umani e prevenirne
ulteriori.
Le funzioni della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani possono
dunque essere così riassunte:
1) definisce standard per i diritti umani e redige testi di dichiarazioni e
convenzioni;
2) si riunisce annualmente per sei settimane a Ginevra per discutere in base
ad un’agenda delle violazioni dei diritti umani;
3) nomina relatori speciali, esperti e gruppi di lavoro per studiare situazioni
tematiche di violazioni dei diritti umani;
4) nomina relatori speciali, esperti e gruppi di lavoro per studiare situazioni
nazionali di violazioni dei diritti umani.
La Commissione, pertanto, pur non avendo poteri coercitivi o impositivi nei
confronti degli Stati – che non sono legalmente tenuti a rispettare le
Raccomandazioni espresse dalla Commissione - svolge un ruolo fondamentale
nell’individuazione delle violazioni dei diritti umani e nella pressione politica
che può esercitare nei confronti degli Stati.
Il punto di forza della Commissione sta poi nel fatto che, essendo un organo
istituito sulla base della Carta dell’ONU (art.68), la sua competenza riguarda
tutti i paesi membri dell’ONU.
b) I sei Comitati.
Nel corso dei decenni successivi alla Dichiarazione Universale sono stati
istituiti, dalle rispettive convenzioni internazionali, sei Comitati, definiti
organismi dei trattati, volti a monitorare l’attuazione, da parte degli Stati
Membri di ciascuna convenzione, dei diritti umani riconosciuti dalla specifica
convenzione.
Nel 1969 venne istituito il Comitato per l’eliminazione della
discriminazione razziale, previsto dalla Convenzione Internazionale per
l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, approvata
dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1965 ed entrata
internazionalmente in vigore nel 1969 dopo aver raggiunto il numero di
ratifiche necessario.
Tale Comitato è composto da 18 esperti internazionali indipendenti.
Nel 1976 venne istituito il Comitato per i diritti umani, previsto dal Patto
Internazionale sui diritti civili e politici, approvato dall’Assemblea Generale
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delle Nazioni Unite nel 1966 ed entrato internazionalmente in vigore nel 1976
dopo aver raggiunto il numero di ratifiche necessario.
Tale Comitato e composto da 18 esperti internazionali indipendenti.
Nel 1981 venne istituito il Comitato per l’eliminazione delle
discriminazioni nei confronti delle donne, previsto dalla Convenzione
Internazionale per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei
confronti delle donne, approvata dall’ Assemblea Generale delle Nazioni Unite
nel 1979 ed entrata internazionalmente in vigore nel 1981 dopo aver
raggiunto il numero di ratifiche necessario.
Tale Comitato e composto da 23 esperti internazionali indipendenti.
Nel 1985, nove anni dopo l’entrata in vigore del Patto Internazionale sui
diritti economici, sociali e culturali (approvato dall’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite nel 1966 ed entrato internazionalmente in vigore nel 1976 dopo
aver raggiunto il numero di ratifiche necessario) venne istituito il Comitato
per i diritti economici, sociali e culturali da parte del Consiglio
Economico e Sociale dell’ONU.
A differenza di tutti gli altri Comitati, i cui membri vengono eletti dagli Stati
Parti delle rispettive Convenzioni e devono riferire del proprio operato
all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, i 18 esperti internazionali
indipendenti membri del Comitato per i diritti economici, sociali e culturali
vengono eletti dall’ECOSOC, cui devono riferire del proprio operato.
Nel 1987 venne istituito il Comitato contro la tortura, previsto dalla
Convenzione Internazionale contro la tortura e ogni altra forma di trattamento
o punizione crudele, inumana o degradante, approvata dall’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite nel 1984 ed entrata internazionalmente in vigore
nel 1987 dopo aver raggiunto il numero di ratifiche necessario.
Tale Comitato e composto da 10 esperti internazionali indipendenti.
Nel 1991 venne istituito il Comitato per i diritti dell’infanzia, previsto
dalla Convenzione Internazionale per i diritti dell’infanzia, approvata
dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1989 ed entrata
internazionalmente in vigore nel 1991 dopo aver raggiunto il numero di
ratifiche necessario.
Tale Comitato è composto da 10 esperti internazionali indipendenti.
Funzioni.
L’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani:
1) fornisce servizi di consulenza ed assistenza tecnica a richiesta degli Stati;
2) si impegna per migliorare la cooperazione internazionale in materia di
diritti umani;
3) si occupa di aumentare il dialogo con i governi per garantire il rispetto di
tutti i diritti umani;
4) adatta, razionalizza e rafforza il sistema esistente delle Nazioni Unite per la
tutela dei diritti umani.
della Commissione Europea dei diritti umani e della Corte Europea dei diritti umani previste
precedentemente.
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diritto all’eguale trattamento dei lavoratori migranti, la proibizione del
lavoro minorile sotto i 15 anni, il diritto alla protezione della maternità);
b) la protezione sociale (a titolo esemplificativo: il diritto all’assistenza medica
e sociale, il diritto alla sicurezza sociale, il diritto alla pensione per gli
anziani).
Al momento della ratifica, uno Stato Parte può scegliere di ritenersi vincolato
solo ad un certo numero di diritti sanciti dalla Carta Sociale Europea, sebbene
vi siano alcuni diritti che devono essere obbligatoriamente sottoscritti (cfr.
art.20).
Il meccanismo di tutela dei diritti economici e sociali riconosciuti nella Carta
Sociale Europea è basato sui rapporti periodici che gli Stati Parti devono
sottomettere al Comitato Europeo per i diritti sociali, previsto dalla Carta.
Tale Comitato è composto da esperti indipendenti che esaminano i rapporti
che, successivamente, mandano ad un Comitato Intergovernativo,
composto dai rappresentanti dei Governi degli Stati Parti.
Il Comitato Intergovernativo, in caso di violazioni, invia delle
Raccomandazioni al Comitato dei Ministri, l’organo esecutivo del Consiglio
d’Europa, composto dai Ministri degli Affari Esteri di tutti gli Stati Membri del
Consiglio d’Europa.
Nel luglio del 1998 è entrato in vigore, per gli Stati che lo hanno ratificato, il
Protocollo Opzionale alla Carta Sociale Europea che prevede un sistema di
ricorsi collettivi.
Tale Protocollo infatti consente ad organizzazioni internazionali dei lavoratori,
sindacati internazionali, organizzazioni nazionali dei lavoratori
rappresentative, sindacati nazionali rappresentativi e organizzazioni non
governative di denunciare direttamente casi di violazioni al Comitato Europeo
per i diritti sociali.
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La Dichiarazione americana è stato il primo documento internazionale sui
diritti umani a collegare in modo esplicito diritti e doveri.
La Dichiarazione americana riconosce tutti i diritti umani: civili, politici,
economici, sociali e culturali.
Nel Cap.II sancisce, invece, i doveri di ciascuno nei confronti della società, tra
gli altri: doveri di assistenza e protezione verso i figli e verso i genitori, doveri
elettorali, doveri di obbedienza alla legge, doveri di servire la comunità e la
nazione, dovere di pagare le imposte.
Oggi, la Commissione Interamericana dei diritti umani, ritiene che la
Dichiarazione americana, nonostante formalmente non abbia valore legale
vincolante, sia diventata, nel corso dei decenni successivi alla sua adozione,
norma internazionale consuetudinaria che tutti gli Stati dell’OAS sono
legalmente tenuti a rispettare.
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Oggi sono 53: Algeria, Angola, Benin, Botswana, Burkina Faso, Burundi, Camerun, Capo
Verde, Ciad, Comore, Costa d’Avorio, Egitto, Eritrea, Etiopia, Gabon, Gambia, Ghana, Gibuti,
Guinea Equatoriale, Guinea, Guinea-Bissau, Kenia, Lesoto, Liberia, Libia, Madagascar,
Malawi, Mali, Mauritania, Mauritius, Mozambico, Namibia, Niger, Nigeria, Repubblica
Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica del Congo, Repubblica
Democratica Araba del Saharawi, Ruanda, Seychelles, Senegal, Sierra Leone, Somalia,
Sudafrica, Sudan, Swaziland, Tanzania, Togo, Tunisia, Uganda, Zambia, Zimbabwe.
La sede dell’OUA è ad Addis Abeba, in Etiopia.
La Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli, dopo secoli di dominazione
coloniale, venne approvata nel 1981 dall’OUA ed entrò in vigore nel 1986
dopo aver raggiunto il numero di ratifiche necessario.
Della Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli sottolineate alcune
caratteristiche.
I diritti umani riconosciuti dalla Carta africana sono civili e politici ed
economici e sociali.
La Carta africana poi è la prima convenzione internazionale sui diritti umani a
riconoscere i diritti dei popoli (il diritto all’uguaglianza di tutti i popoli, il
diritto all’autodeterminazione, il diritto di proprietà delle proprie risorse
naturali, il diritto allo sviluppo, il diritto ad un ambiente sano).
La Carta africana è il primo strumento di diritto internazionale legalmente
vincolante4 a collegare espressamente diritti e doveri.
La Carta africana sancisce, tra gli altri, i doveri dell’individuo verso la
famiglia, la società e la comunità internazionale, il dovere di non discriminare,
il dovere di mantenere i genitori in caso di bisogno, il dovere di lavorare al
meglio delle proprie capacità e competenze, il dovere di preservare e
rafforzare i valori positivi della cultura africana.
La Carta africana ha istituito la Commissione africana dei diritti
dell’uomo e dei popoli (artt.30 e ss).
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Prima la Dichiarazione americana dei diritti e doveri dell’uomo del 1948, che però è una
Dichiarazione e in quanto tale non legalmente vincolante, aveva collegato espressamente
diritti e doveri.
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diritti umani riconosciuti dalla Carta e sulle misure di attuazione che
abbiano adottato.
In secondo luogo, la Commissione riceve ed esamina denunce di violazioni
dei diritti sanciti nella Carta africana commesse dagli Stati che l’hanno
ratificata.
Possono sporgere denunce alla Commissione individui o altri Stati Parti.
Se non è possibile raggiungere una conciliazione amichevole, la
Commissione redige delle raccomandazioni, non legalmente vincolanti per
lo Stato che ha violato la Carta.
In realtà solo negli anni più recenti la Commissione ha iniziato a sfruttare
davvero le proprie funzioni di protezione.
Fino al 1992 sono state dichiarate inammissibili dalla Commisione
praticamente tutte le denunce.
Negli anni successivi, invece, la Commissione ha esaminato 79 casi, di cui
28 sono stati dichiarati ammissibili e giudicati.
In base all’art.59 “tutte le misure adottate dalla Commissione africana
dovranno rimanere confidenziali fino a che L’Assemblea dei Capi di Stato e
di Governo dell’OUA non decida altrimenti”.
Ciò è avvenuto nel 1994.
Negli ultimi anni, inoltre, la Commissione africana ha iniziato ad utilizzare
l’art.46 della Carta che le attribuisce il potere di usare appropriati metodi
di investigazione, nominando Relatori Speciali per investigare le violazioni
di alcuni diritti umani e conducendo missioni in loco negli Stati.
b) E la Corte africana?
Nel 1998 è stato approvato dall’OUA un Protocollo Opzionale alla Carta
africana dei diritti dell’uomo e dei popoli che istituisce la Corte africana dei
diritti dell’uomo e dei popoli.
Tale Protocollo Opzionale non ha ancora raggiunto il numero di 15 ratifiche
necessarie per la sua entrata in vigore.
Ad oggi il Protocollo Opzionale è stato firmato da 33 Stati ma ratificato
soltanto da 2, Burkina Faso e Senegal.
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Ma la Carta Araba dei diritti umani non è ancora entrata in vigore, non
avendo ancora raggiunto il numero di 7 ratifiche necessario.
Ad oggi solo Siria ed Iraq hanno ratificato la Carta araba dei diriti umani.
Tale Carta ha istituito un Comitato di esperti di diritti umani, che sarà
incaricato, quando la Carta araba entrerà in vigore, di esaminare i rapporti
presentati dagli Stati Membri sullo status dei diritti riconosciuti nella Carta e
di riferire su di essi ad una Commissione Permanente della Lega Araba per i
diritti umani.
Nè il Comitato nè la Commisione della Lega Araba avranno alcun potere
vincolante nei confronti degli Stati Membri.
La Carta araba non prevede l’istituzione di una Corte.
Per quanto riguarda il contenuto, la Carta araba non prevede diritti di
associazione nè diritti di partecipazione politica.
La Carta araba permette restrizioni e limitazioni dei diritti umani in
considerazione dei diritti altrui e inoltre per ragioni economiche, di sicurezza
nazionale, di ordine pubblico.
La Carta araba non definisce i requisiti per la dichiarazione dello stato di
emergenza ma prevede che, nel corso di tale stato di emergenza, siano
garantiti soltanto pochi diritti, quali la proibizione della tortura e la
salvaguardia dell’equità dei processi.
3.6 E l’Asia?
Nel corso degli anni più recenti è andato prendendo consistenza e forza un
movimento della società civile asiatica per la promozione e la tutela dei
diritti umani.
Nel 1997, dopo più di tre anni di lavori preparatori, tale movimento -
costituito da più di 200 organizzazioni non governative, associazioni, giuristi,
avvocati ed attivisti dei diritti umani asiatici– ha adottato una “Carta”
asiatica dei diritti umani.
Tale documento non ha ovviamente alcun valore internazionale, né
programmatico né tanto meno normativo.
É una rivendicazione dal basso, dalla società civile, volta a pressionare gli
Stati asiatici perché rispettino e proteggano i diritti umani fondamentali.
Precipuo scopo di tale documento è accrescere la consapevolezza nella gente
dei diritti umani e del diritto a godere di tali diritti, alimentare il dibattito e
spingere i Governi degli Stati asiatici ad attuare politiche per i diritti umani.
Molti Stati asiatici hanno tradizionalmente contrapposto alla filosofia dei
diritti umani la rivendicazione dei valori tradizionali asiatici.
Nelle politiche di numerosi Stati dell’Asia tali valori asiatici si
contrapporrebbero alla concezione individualistica dei diritti umani che
definiscono esclusivamente occidentale.
Tali valori asiatici sono la deferenza per l’autorità, la supremazia dei bisogni
della collettività e della famiglia rispetto ai bisogni dell’individuo, la
preminenza dei doveri individuali rispetto ai diritti individuali, la priorità dello
sviluppo economico rispetto allo sviluppo politico e sociale.
Oggi sono moltissimi gli intellettuali asiatici che sostengono, invece, che tali
valori asiatici sono compatibili con il riconoscimento dei diritti umani e che
nella storia del pensiero e della filosofia asiatica sono rinvenibili antiche radici
di una concezione improntata all’affermazione dei diriti dell’uomo.
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4. LIMITI E PROSPETTIVE DEL SISTEMA INTERNAZIONALE DI
TUTELA DEI DIRITTI UMANI.
L’evoluzione del sistema internazionale dei diritti umani seguita
all’approvazione, il 10 dicembre del 1948, della Dichiarazione Universale dei
diritti umani da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite è stata
impressionante.
Nel corso della seconda metà del Novecento, passo dopo passo, le Nazioni
Unite hanno creato un vero e proprio sistema internazionale per la
promozione e la tutela dei diritti umani; gli Stati europei, americani, africani
hanno adottato convenzioni internazionali regionali per il riconoscimento dei
diritti umani all’interno dei loro continenti, hanno creato Commissioni e Corti
regionali per promuovere e proteggere i diritti umani.
Il nucleo dei diritti umani inizialmente riconosciuti si è andato ampliando con
l’adozione di nuove Convenzioni, Protocolli Opzionali, Dichiarazioni.
Il ruolo degli organi preposti alla tutela dei diritti umani – Commissioni, Corti,
Comitati – si è andato modificando e rafforzando.
I progressi compiuti nel corso dell’ultimo decennio erano probabilmente
neppure sperabili fino alla caduta del muro di Berlino. Basti pensare alla
creazione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani,
all’istituzione di Tribunali Internazionali per il Ruanda e l’ex-Jugoslavia,
all’approvazione dello Statuto del Tribunale Penale Internazionale
Permanente.
Ma tutto ciò ancora non basta.
Ogni donna e ogni uomo della terra deve poter godere dei propri diritti umani.
Ciò non può certo essere concesso con una bacchetta magica dalla sera al
mattino.
Deve essere costruito, passo dopo passo, generazione dopo generazione, con
l’impegno individuale.
Ora, guardando al sistema internazionale di tutela dei diritti umani così come
è oggi ci si rende conto della necessità di alcuni cambiamenti di pensiero.
In primo luogo, il sistema internazionale di tutela dei diritti umani oggi crea,
quando riesce, responsabilità statali.
Ma oggi è necessario andare verso un sistema di responsabilità per i diritti
umani molto più differenziato.
Nell’era della “globalizzazione” imprese multinazionali e organizzazioni
globali – Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, World Trade
Organization (WTO) – sono in grado di avere un impatto immenso sui diritti
umani degli individui.
È allora necessario costruire un sistema internazionale di responsabilità per la
promozione e la protezione dei diritti umani che coinvolga, non solo gli Stati,
ma anche le imprese, le organizzazioni internazionali economiche, i media, le
scuole, le comunità, le famiglie, gli individui.
In secondo luogo, ancora oggi i diritti economici e sociali appaiono
all’interno del sistema internazionale di tutela dei diritti umani deboli.
Ma oggi è risaputo che i diritti civili e politici senza i diritti economici e sociali
sono vuoti.
Tutti i diritti umani, civili, politici, economici, sociali, culturali, sono
ugualmente necessari perché ciascuno possa vivere una vita libera e
dignitosa.
Non è vero che la garanzia dei diritti economici e sociali richiede risorse
economiche che non tutti gli Stati hanno.
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Ci sono dei diritti economici e sociali che non sono “costosi” e che non
necessitano di una realizzazione graduale, per esempio rimuovere le
discriminazioni - tra uomini e donne, tra etnie, tra caste - nell’accesso alla
scuola o agli ospedali.
Per tali diritti gli Stati, le istituzioni, le comunità non possono trovare la scusa
della mancanza di risorse e della possibilità della realizzazione soltanto
graduale.
Per i diritti economici e sociali che invece richiedono dispendio di risorse e di
tempo – per esempio il diritto al lavoro, alla protezione contro la
disoccupazione, alla pensione, all’assistenza sanitaria – è necessario
l’impegno, nazionale e locale, verso una definizione delle proprie priorità e
l’impegno della comunità internazionale verso un programma esplicito volto
alla loro realizzazione graduale, anche attraverso la cooperazione
internazionale.
In terzo luogo, fino ad oggi la prospettiva dei diritti umani a livello
internazionale è stata troppo spesso esclusivamente una prospettiva
“punitiva”.
Ora, la denuncia delle violazioni dei diritti umani è sicuramente un’arma
fondamentale a disposizione delle organizzazioni non governative, di
associazioni, di singoli, a maggior ragione oggi che l’era dell’informazione
permette attraverso un computer di aderire a campagne internazionali,
movimenti, appelli a favore dei diritti umani.
Ma la denuncia e il biasimo non vanno però confusi, per esempio, con la cd.
condizionalità degli aiuti internazionali, in base alla quale alcuni Stati
ricchi decidono di togliere o non iniziare a dare aiuti a Stati poveri che non
rispettano i diritti umani.
Il venir meno di tali aiuti peggiora certamente le condizioni economiche e
sociali delle persone più povere, ma probabilmente non sfiora neppure i
governanti dello Stato “incriminato”.
Allora sarebbe forse meglio che gli Stati ricchi adottassero una politica
“positiva” dei diritti umani, per esempio premiando i paesi che migliorano la
propria situazione dei diritti umani con maggiori aiuti internazionali.
Tutto ciò a livello internazionale, non bisogna dimenticare però che i singoli
Stati e le singole comunità hanno un ruolo determinante nella realizzazione
dei diritti umani.
Nessun sistema internazionale di tutela dei diritti umani può essere efficace
senza la volontà, politica e operativa, di ciascuno Stato.
I diritti umani sono universali ma troppo spesso i singoli Stati si nascondono
dietro al paravento del relativismo culturale per negare alcuni o tutti i diritti
umani.
È allora necessario un maggior impegno perché i diritti umani siano
riconosciuti e tutelati all’interno delle Costituzioni, delle leggi, delle istituzioni
nazionali.
Ciò non significa negare il riconoscimento delle differenze culturali e sociali o
voler occidentalizzare il mondo, ma riconoscere che il rispetto e la dignità
della persona umana devono essere interiorizzati e valorizzati all’interno di
ogni cultura.
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Si può dire che l’educazione ai diritti umani si articoli in tre fasi:
1) la conoscenza dei propri diritti (e quindi anche dei propri doveri) e dei
valori sottostanti;
2) la riflessione personale, l’interiorizzazione di questi valori;
3) il vivere questi valori e imparare a difenderli.
I diritti umani non sono soltanto una materia giuridica o filosofica.
I diritti umani sono una materia interdisciplinare.
Possono essere insegnati a partire da numerose materie: storia, geografia,
lingue straniere, italiano, biologia, matematica, fisica, musica, economia.
Per esempio in biologia si può insistere sulla falsità del concetto di razza.
Per un esempio di un progetto di insegnamento dei diritti umani integrato nei
programmi scolastici elaborato da un’équipe di insegnanti si veda il testo:
Educare ai diritti: una cassetta degli attrezzi a cura di Anne Drerup,
pubblicato da Amnesty International nel 1995.
Ma soprattutto la scuola deve essere un luogo dove i diritti umani vengono
vissuti, secondo regole di convivenza, sia a livello di scuola che a livello di
classe, tra studenti e insegnanti e tra gli studenti stessi.
La nuova Carta degli Studenti segna un passo importante in questa direzione.
Nell’educare ai diritti umani è importante offrire sempre ai bambini o ai
ragazzi l'occasione di un impegno concreto, anche per evitare il senso di
frustrazione che il contatto con una realtà drammatica potrebbe lasciare.
A tale fine può essere utile conoscere una delle tante organizzazioni che si
occupano di diritti umani.
Alcune di queste (Amnesty International www.amnesty.it, Manitese
www.manitese.it) hanno strutture territoriali diffuse e pertanto è possibile
contattarle in loco per avere per esempio informazioni sulle campagne in atto
per poterle sottoscrivere o potervi partecipare.
Altre informazioni sulle campagne, appelli, sottoscrizioni si possono reperire
sul web (cfr. sezione LINKS).
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II. STRUMENTI
1. TABELLE
la tabella a pag.64 del Rapporto UNDP 2000 sullo sviluppo umano: "I diritti
umani" il cui titolo è "Status delle principali convenzioni internazionali per i
diritti umani".
2. GIOCHI
3. RICORRENZE
4. BIBLIOGRAFIA SCELTA
Testi didattici:
Drerup A., Educare ai diritti. Una "cassetta degli attrezzi", Amnesty
International, 1995.
Drerup A., Il tempo dei diritti. Piccolo "ideario" per un'educazione ai diritti
umani, Amnesty International, Edizioni Cultura della Pace, 1999.
Fountain S., It's only right! A practical guide to learn about the Convention
on the rights of the child, UNICEF, 1993.
Levin L., Questions and answers, UNESCO, 1996.
31
Lotti F. e Giandomenico N., Insegnare i diritti umani, Edizioni Gruppo
Abele, Torino, 1998.
Testi di approfondimento:
Abou S., Diritti e culture dell'uomo, SEI, Torino, 1995.
AA.VV., Diritti dell’uomo e leggi (in)umane, Messaggero. Padova, 1998.
Bobbio N., L'età dei diritti, Einaudi, Torino, 1990.
Casavola F.P., I Diritti Umani, Cedam, Padova, 1997.
Cassese A., Umano-disumano. Commissariati e prigioni nell'Europa di oggi,
Laterza, Bari, 1994.
Ciaurro L. e Marchesi A.., Introduzione ai diritti umani. A cinquant'anni dalla
Dichiarazione Universale, Amnesty International, Edizioni Cultura della Pace,
1998.
Papisca A., Democrazia internazionale, via di pace. Per un nuovo ordine
internazionale democratico, Angeli, Milano, 1995.
Papisca A., Voce: “Diritti umani”, in Berti E. – Campanini G. (a cura di),
Dizionario delle idee politiche, Ave, Roma, 1993.
UNDP, Rapporto 2000 sullo sviluppo umano: "I diritti umani", Rosenberg &
Sellier, 2000.
5. FILMOGRAFIA
Contro la tortura e le sparizioni:
o GARAJE OLIMPO – M. Bechis, Argentina - Italia, 1999. Un film sui
desaparecidos durante le dittature militari.
o LE ALI DELLA LIBERTÁ – F. Darabont, USA, 1994. Tratto da un racconto
di S. King, l’esperienza di un bancario condannato ingiustamente
all’ergastolo.
o IN THE NAME OF THE FATHER -NEL NOME DEL PADRE - J. Sheridan,
Gran Bretagna 1993. Gran Bretagna, 1974: quindici anni di carcere per
un attentato non commesso.
o MERY PER SEMPRE - M. Risi, ltalia 1989. Un giovane maestro
esperimenta in un carcere metodi antiautoritari. Con attori presi dalla
strada.
o LA NOTTE DELLE MATITE SPEZZATE - H. Olivera, Argentina 1986.
Argentina, anni '70: dal racconto di un sopravvissuto, le tragiche
vicende della tortura e dell'eliminazione di un gruppo di liceali.
o LA STORIA UFFICIALE - L. A. Puenzo, Argentina 1985. Alicia e
un'insegnante di storia, avvolta nelle facili certezze di una vita
benestante, fino a quando scopre la vera storia dell'Argentina.
o LA RIVOLTA (IL MURO) - Y. Guney, Francia 1983. Turchia, 1976: una
prigione in rivolta diviene il simbolo di una degradazione senza rimedio
e della repressione politica.
o MISSING. SCOMPARSO - C. Costa-Gavras, USA 1982. Attraverso la
ricerca di un "desaparecido" americano, si scopre la drammatica realtà
del Cile di Pinochet.
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o PORTE APERTE - G. Amelio, ltalia 1990. Il processo a un pluriomicida di
Palermo, diventa per il giudice Di Francesco l'occasione per sfidare il
codice Rocco. Tratto dall'omonimo romanzo di Leonardo Sciascia.
o IL DECALOGO 5 - K. Kieslowski, Polonia 1988. Un'efficace illustrazione
del comandamento "Non uccidere".
o GANDHI - R. Attenborough, Gran Bretagna 1983. Narra la storia
delI'apostolo della non-violenza, dal 1893 alla morte.
Contro la repressione:
o LA STORIA DI QIU JU - Z.Yimou, Cina/Hong Kong 1992. Una contadina
chiede tenacemente giustizia nelle Cina di oggi, in bilico tra innovazione
e tradizione.
o SALVADOR - 0. Stone, USA 1986. Due Americani in cerca di avventure
attraversano un Salvador, lacerato dalla politica di Reagan.
o URLA DEL SILENZIO - R. Joffe, Gran Bretagna 1984. Ripercorre la
tragedia della Cambogia dal 1975 al 1979.
o Z. L'ORGIA DEL POTERE - C. Costa Gavras, Francia 1968. Ricostruisce
il clima di repressione del regime dei colonnelli in Grecia.
Contro la discriminazione:
o IL MIO PIEDE SINISTRO - J. Sheridan, Gran Bretagna 1989.
Christy Brown (Daniel Day Lewis) può comunicare col mondo solo
attraverso il proprio piede sinistro; ciò tuttavia non gli impedisce di
esprimersi.
o RAIN MAN - L'UOMO DELLA PIOGGIA -B. Levinson, USA 1988.
Tom (Dustin Hoffman), affetto da autismo, da una lezione di vita al
fratello Charlie (Tom Cruise), "normale".
Contro l’antisemitismo:
o TRAIN DE VIE – UN TRENO PER VIVERE – R. Mihaileanu, Francia,
1998. Gli ebrei di un villaggio dell’Europa orientale escogita un
travestimento per sfuggire ai nazisti.
o LA VITA È BELLA – R. Benigni, Italia, 1997. Lo sterminio trasformato in
un gioco per proteggere un bambino.
o LA TREGUA – F. Rosi, Italia, 1996. Tratto dal romanzo di P. Levi, il
viaggio di ritorno di un gruppo di sopravvissuti ai campi di sterminio.
o JONA CHE VISSE NELLA BALENA - R. Faenza, It./Fr. 1993. Le
deportazioni viste da un bambino.
o SCHINDLER'S LIST -LA LISTA DI SCHINDLER - S. Spielberg, USA
1993.
Schindler, eroe per caso, salva dallo sterminio centinaia di Ebrei
facendoli lavorare nelle sue officine.
Contro il razzismo:
o MALCOLM X - S. Lee, USA 1991.
Ricostruisce la biografia del leader del Black Power.
o UN MONDO A PARTE - C. Menges, Gran Bretagna 1988. Sudafrica: il
difficile rapporto tra una giornalista bianca, che lotta contro l'apartheid,
e la figlia adolescente.
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o MISSISSIPPI BURNING (LE RADICI DELL'ODIO) - A. Parker, USA 1988.
Un fatto di cronaca del 1964 e l'occasione per denunciare il razzismo del
profondo Sud degli States.
o KITCHEN TOTO: IL COLORE DELLA LIBERTA -H. Hook, Gran Bretagna
1987. Kenia, anni '50: la lotta per l'indipendenza del popolo Man Man,
vista attraverso gli occhi di un ragazzo di 12 anni.
7. LINKS
www.amnesty.it sito web di Amnesty International-Italia
www.amnesty.org sito web di Amnesty International
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www.cepadu.unipd.it sito web del Centro di studi e di formazione sui diritti
dell'uomo e dei popoli dell'Università di Padova
www.cidh.org sito web della Comisión Interamericana de derechos humanos
www.coe.int sito web del Consiglio di Europa
www.derechos.net sito web del Derechos Cafe sui diritti umani
www.echr.coe.int sito web della Corte Europea dei diritti umani
www.edf.unicall.be sito web del Forum Europeo Disabilità
www.globalmarch.org sito web della Campagna Mondiale contro lo
sfruttamento del lavoro minorile
www.hirondelle.org sito web sul Tribunale Penale Internazionale per il
Ruanda
www.hri.org sito web di Human Rights International
www.hrw.org sito web di Human Rights Watch
www.igc.org/icc/ sito web di Coalition for International Criminal Court
www.ilo.org sito web dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro
www.manitese.it sito web di Manitese-Italia
www.mostradirittiumani.it sito web della mostra itinerante: “I Diritti Umani
nel mondo contemporaneo”
www.nessunotocchicaino.it sito web dell’Associazione Nessuno Tocchi
Caino, contro la pena di morte
www.oas.org sito web dell' Organization of American States
www.oau.org sito web dell' Organization for African Unity
www1.umn.edu/humanrts/africa/comision.html sito web dell'African
Commission of human and people's rights
www.un.org sito web delle Nazioni Unite
www.unhchr.ch sito web dell’Alto Commissariato dei diritti umani delle
Nazioni Unite
www.unhcr.ch sito web dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i
rifugiati
www.unesco.org sito web del Fondo delle Nazioni Unite per l'educazione, la
scienza e la cultura
www.unicef.org sito web del Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia
www.unimondo.org portale sui temi dello sviluppo umano sostenibile
(all’interno della sezione guide è possibile trovare articoli, campagne in atto e
links sui diritti umani).
www.up.ac.za/chr sito web dell’Istituto per I diritti umani e lo sviluppo del
Gambia che contiene un data base sui diritti umani in Africa e links
www.iidh.org sito web Istituto Internazionale dei diritti dell'uomo di
Strasburgo
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