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Vanzo, Alberto. (2013) Kant e la formazione dei concetti : Risposta a Claudio La Rocca.
Studi Kantiani, Volume 26 . pp. 147-151. ISSN 1123-4938

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STUDI
kantiani
xxvi
2013

estratto

PISA · ROMA
FABRIZIO SERRA EDITORE
2014
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KANT E LA FORMAZIONE DEI CONCETTI.
RISPOSTA A CLAUDIO LA ROCCA
Alberto Vanzo

G li interpreti coinvolti nel dibattito sul concettualismo o non-concettualismo di


Kant adottano un ampio spettro di posizioni. Si va dalla tesi che, per il filosofo
di Königsberg, si possono rappresentare oggetti solo impiegando i concetti empirici
e le categorie alla tesi che si possono rappresentare oggetti senza impiegare né gli uni,
né le altre. Claudio La Rocca attribuisce a Kant una posizione intermedia, secondo
cui si possono rappresentare oggetti impiegando le categorie, ma non i concetti em-
pirici.1 In Kant e la formazione dei concetti difendo una tesi diversa: Kant sostiene che,
nella nostra esperienza attuale, tutte le nostre rappresentazioni di oggetti sono infor-
mate dalle categorie, ma ritiene che si possano rappresentare oggetti senza impiega-
re né le categorie, né i concetti empirici. La formazione delle categorie richiede che
siamo capaci di rappresentare oggetti senza impiegare alcun concetto.

Le categorie e la rappresentazione degli oggetti


A sostegno della tesi che, per Kant, possiamo rappresentare oggetti senza impiegare
concetti, faccio leva sulla distinzione tra la rappresentazione degli oggetti come Er-
scheinungen non concettualizzate e come Phänomena informati dalle categorie.2 Come
nota La Rocca, Kant revoca parzialmente questa distinzione quando tenta «di dimo-
strare una compenetrazione non districabile tra alcuni concetti (le categorie) e le no-
stre intuizioni».3 A mio parere, però, la revoca vale solo per gli esseri umani adulti ed
è dovuta al tipo di esperienza che è loro propria. Non vale per gli animali non umani
e, come spiegherò più avanti, per gli infanti. Kant sostiene che quando noi, esseri
umani adulti, percepiamo gli oggetti, li rappresentiamo come individui permanenti
nel tempo e soggetti a nessi causali necessari. Chiamiamo gli oggetti rappresentati in
questo modo ‘oggetti in senso forte’. Come argomenta la deduzione trascendentale
nella versione del 1787,4 per percepire oggetti in senso forte è necessario che il molte-
plice dell’intuizione sia accompagnato da una forma di autocoscienza che, esplican-
dosi in atti di giudizio, richiede l’applicazione delle categorie. Ma questa non è l’uni-
ca forma possibile di esperienza. Poiché, secondo Kant, gli animali non possiedono le
categorie, non sono in grado di rappresentare gli oggetti come permanenti anche
quando non vengono percepiti o come soggetti a nessi causali necessari. Nondimeno,
gli animali possono rappresentare oggetti come dotati di parti, caratteristiche sensi-
bili (ad esempio l’essere rosso), una certa forma, una posizione nello spazio e relazioni
spaziali con altri oggetti.

1 C. La Rocca, Come sono possibili i giudizi sintetici a posteriori?, in Soggetto e mondo. Studi su Kant, Venezia,
Marsilio, 2003, pp. 121-152.
2 Kant e la formazione dei concetti, Trento, Verifiche, 2012, pp. 120-133.
3 In questo fascicolo di «Studi Kantiani», p. 143. 4 KrV, B 129-143.
«studi kantiani» · xxvi · 2013
148 miscellanea
Secondo La Rocca la Reflexion 5636 (1780-1783) e la seconda analogia dell’esperien-
za escludono che si possano rappresentare oggetti senza impiegare le categorie. La
Reflexion 5636 afferma che possiamo avere oggetti di conoscenza solo se impieghiamo
«concetti», ovvero le categorie.1 Secondo Kant gli animali non possono conoscere og-
getti perché il conoscere richiede l’impiego di concetti,2 ma gli animali sono privi di
concetti. Questo, però, non esclude che essi abbiano rappresentazioni di oggetti. Il
molteplice di tali rappresentazioni manca della «costanza» ed «interconnessione»,
dell’«unità» e «necessità» che per Kant dipende dall’applicazione delle categorie.3 Non
è rappresentato come una sostanza che permane nello spazio e nel tempo anche
quando non è percepita e che è inserita in un tessuto di nessi causali ed azioni reci-
proche con altri oggetti. Ma è pur sempre rappresentato come dotato di parti, carat-
teristiche sensibili (ad esempio l’essere rosso), una forma, posizione e relazioni spa-
ziali con altri oggetti.
La Rocca cita una frase della Reflexion 5636 per escludere che ciò che è in gioco sia
«soltanto la conoscenza delle cose», anziché la loro rappresentazione. La frase afferma
che la «loro [ihre] possibilità» riposa sulla sintesi delle Erscheinungen nel tempo. A co-
sa si riferisce ‘loro’?4 Mi pare più probabile che si riferisca ad ‘obiecte der Erkenntniß’
che ad ‘Erscheinungen’. L’affermazione che la possibilità degli oggetti di conoscenza
riposa sulla sintesi delle Erscheinungen è più naturale dell’affermazione che la possibi-
lità delle Erscheinungen riposa sulla sintesi delle Erscheinungen.5 Anche la rappresenta-
zione di oggetti come Erscheinungen non concettualizzate richiede una forma di
sintesi. Si tratta della sintesi dell’apprensione, che non fa uso delle categorie.6 Kant,
però, la caratterizza come una sintesi del molteplice, non come una sintesi delle
Erscheinungen.7 Se ‘ihre’ si riferisce effettivamente ad ‘obiecte der Erkenntniß’, la frase
non esclude che ciò che sia in gioco sia soltanto la conoscenza delle cose.
La trattazione delle relazioni di causa ed effetto nella seconda analogia dell’espe-
rienza8 è più problematica per la mia interpretazione, perché presenta una distinzio-
ne netta fra il piano dell’apprensione e quello delle rappresentazioni informate dalla
categoria di causa. Nelle nostre esperienze conscie rappresentiamo gli oggetti come
oggetti nel senso forte, permanenti nel tempo e sottoposti a nessi causali. Kant in-
tende dimostrare che ciò richiede l’applicazione delle categorie. Di conseguenza,
quando spiega come applichiamo la categoria di causa alle informazioni fornite dai

1 AA xviii 268. Un’affermazione simile si trova in KrV, B 124-125. 2 KrV, A 50 B 74.


3 I termini ‘costanza’ ed ‘interconnessione’ si trovano in AA xviii 268, r. 22. L’affermazione che l’applica-
zione delle categorie conferisce unità e necessità alle rappresentazioni si trova, ad esempio, in KrV, B 139-140,
234. Chiarisco il senso piuttosto peculiare in cui Kant usa i termini ‘unità’ e ‘necessità’ in Kant e la formazione
dei concetti, cit., pp. 130-131. 4 AA xviii 268, r. 26. Il suo referente è lo stesso del ‘sie’ alla r. 24.
5 Il passo afferma che gli oggetti in questione sono «rappresentazioni» e dunque «modificazioni del senso
interno». Questo vale sia per le Erscheinungen che per gli oggetti di conoscenza. Tutti gli oggetti di esperienza
sono rappresentazioni (KrV, A 490-491 B 518-519) e tutte le rappresentazioni sono modificazioni del senso in-
terno (Refl 5636, AA xviii 267, rr. 20-21).
6 È vero che, in esseri dotati di categorie ed appercezione trascendentale, tutto ciò che sottostà alla sintesi
dell’apprensione sottostà anche alla sintesi categoriale (KrV, B 161). Ma l’apprensione può avere luogo anche in
assenza di categorie, come Kant afferma che accade per gli animali non umani (cfr. C. Fabbrizi, Kant e la
capacità conoscitive degli animali, «Fogli di filosofia», i, 2010, pp. 39-47) e come è tenuto a sostenere che accada
per gli infanti che non hanno ancora formato le categorie.
7 KrV, A 99. 8 KrV, A 189-211 B 232-256.
miscellanea 149
sensi, insiste sul contrasto tra la loro natura soggettiva e la capacità di rappresentare
oggetti (nel senso forte) che esse acquistano quando vengono sussunte sotto le cate-
gorie. Questa sussunzione, però, richiede che la categoria di causa venga formata, per-
ché non possediamo le categorie fin dalla nascita.1 Per spiegare la formazione delle
categorie nel modo suggerito dai testi di Kant dobbiamo fare spazio per le rappre-
sentazioni di oggetti nel senso debole che, nella seconda analogia dell’esperienza,
Kant non nomina.

La formazione delle categorie


Kant afferma che acquisiamo le categorie in occasione dell’esperienza e che l’acqui-
sizione dei concetti empirici presuppone l’acquisizione delle categorie.2 Per questo
motivo possiamo qualificare l’acquisizione delle categorie come acquisitio originaria e
quella dei concetti empirici come acquisitio derivativa. In occasione dell’esperienza il
nostro intelletto compie degli atti di riflessione ed astrazione sulle informazioni for-
nite dai sensi3 al fine di identificare regole e caratteristiche condivise e formare con-
cetti empirici. L’intelletto riflette su quegli stessi atti e le categorie derivano da que-
sto secondo ordine di riflessioni.4 Dal momento che tutti gli atti dell’intelletto sono
atti di giudizio,5 anche gli atti mediante cui formiamo le categorie devono essere atti
di giudizio. Poiché i giudizi in senso stretto fanno uso di concetti, ma prima di formare
le categorie non possediamo alcun concetto, non può trattarsi di giudizi in senso
stretto. Deve trattarsi di atti analoghi ai giudizi in senso stretto, che chiamo ‘proto-
giudizi’ e che fanno uso di rappresentazioni non concettuali degli oggetti e delle loro
caratteristiche.6 La possibilità di rappresentare oggetti e classi di somiglianza senza
impiegare concetti è necessaria per fornire ciò che Kant chiamerebbe la materia dei
proto-giudizi.7
Si potrebbe obiettare che, nella mia interpretazione, l’acquisizione delle categorie
richiede che abbiamo delle esperienze, ma ciò le renderebbe concetti empirici,
mentre Kant le qualifica come concetti puri ed a priori. L’origine delle categorie
nell’esperienza non le rende concetti empirici perché il loro contenuto non deriva
dall’esperienza. La tesi che le categorie siano formate nell’esperienza ha solidi riscon-
tri testuali. All’inizio della prima Critica Kant nega che «ogni nostra conoscenza»
derivi «tutta quanta dall’esperienza», ma afferma che, «[n]ell’ordine cronologico», «nes-
suna conoscenza in noi precede l’esperienza, e ognuna comincia con essa».8 Questo
vale anche per le categorie. Kant nega che l’esperienza fornisca una giustificazione
per l’impiego delle categorie, ma afferma che si possono «cercare» le «cause occasio-
nali» della «produzione» delle categorie proprio nell’esperienza, «lì dove le impressio-

1 Cfr. ÜE, AA viii 223 sulle categorie; Br, AA xi 82 e V-Met/K3, AA xxix 951-953 sui concetti in generale.
2 ÜE, AA viii 241; V-Met/L1, AA xxviii 233-234. 3 KrV, A 126.
4 Per dettagli e riferimenti testuali, cfr. Kant e la formazione dei concetti, cit., pp. 96-97, 180-181.
5 KrV, A 69 B 94.
6 Kant, come altri autori della prima modernità, usa il termine ‘giudizio’ sia per gli atti di giudizio (KrV, A
293 B 350) che per i contenuti mentali associati a questi atti, ad esempio quando afferma che i giudizi
contengono concetti (KrV, B 140). Mutatis mutandis, le mie affermazioni riguardo agli atti di giudizio valgono
anche per i giudizi intesi come contenuti mentali.
7 Sulla distinzione tra materia e forma dei giudizi cfr., p. es., KrV, A 266 B 322; V-Lo/Wiener, AA xxiv 928.
8 KrV, B 1.
150 miscellanea
ni dei sensi danno il primo impulso per poter sviluppare tutta la capacità conoscitiva
dei concetti».1 L’affermazione che le categorie sorgono in occasione dell’esperienza
trova riscontro anche nei testi kantiani non destinati alla pubblicazione.2 Benché le ca-
tegorie (come la sintesi a priori) siano «prodotte» nel corso dell’esperienza, sono con-
cetti a priori ed anche puri perché, a differenza di quanto accade per i concetti empi-
rici, nel loro contenuto «non si trova nulla che appartenga alla sensazione».3 Il loro
contenuto non deriva dalla riflessione sulle informazioni fornite dai sensi, ma sulla
nostra attività di giudizio, più precisamente sulle forme dei giudizi, che sono le stes-
se indipendentemente da quali sensazioni o esperienze abbiamo avuto.
La Rocca chiede se, quando includiamo oggetti in classi di somiglianza, il concet-
to ci sia già o non ci sia ancora. Kant è tenuto a sostenere che, quando compiamo que-
sta operazione, il concetto non ci sia, perché si tratta di un’operazione che possono
compiere anche i piccioni. A differenza dei piccioni, gli esseri umani sono dotati del-
la «facoltà delle regole», l’intelletto, che è «sempre occupato a investigare le Erschei-
nungen allo scopo di trovare in esse una qualche regola».4 L’intelletto ricerca caratte-
ristiche condivise dagli oggetti raggruppati in classi di somiglianza e forma i primi
concetti.5 Affinché ciò sia possibile, dobbiamo essere in grado di rappresentare e rag-
gruppare oggetti senza impiegare concetti, puri o empirici che siano.
Quando le categorie sono formate, i proto-giudizi e le rappresentazioni non con-
cettuali degli oggetti escono dalla scena della nostra esperienza conscia. Ogni volta
che abbiamo intuizioni, colleghiamo il loro contenuto all’io penso mediante un’atti-
vità di giudizio che implica l’applicazione delle categorie. Concordo con La Rocca che
per Kant, ogni volta che rappresentiamo una regione spaziale o impieghiamo un in-
dessicale per riferirci ad un oggetto, effettuiamo una sintesi che coinvolge le catego-
rie. Ma il loro impiego presuppone la loro acquisizione e questa, a sua volta, presup-
pone che abbiamo rappresentato oggetti senza impiegare concetti.
I testi di antropologia fanno riferimento al periodo in cui sviluppiamo gradual-
mente le capacità fisiche e psichiche che, secondo Kant, sono necessarie per avere
un’esperienza informata dalle categorie. Esse includono le capacità di allargare e re-
stringere le pupille, seguire gli oggetti con lo sguardo, imparare a riflettere e pensare
a se stessi, anziché avere solo un sentimento di sé.6 La seconda analogia dell’espe-
rienza ed altri passi, che contrappongono nettamente il carattere soggettivo dell’ap-
prensione all’oggettività dell’esperienza, sembrano escludere che vi sia stato alcun
momento in cui abbiamo avuto rappresentazioni di oggetti senza impiegare le cate-
gorie. Se così fosse, sarebbe difficile rendere conto dei passi sulla formazione delle ca-
tegorie ed evitare di concludere, in contrasto con le affermazioni di Kant, che esse
giacciono preformate nella mente fin dalla nascita.

1 KrV, A 86 B 119; trad. it. di C. Esposito, Milano, Bompiani, 2004.


2 Cfr., ad es., V-Met/L1, AA xxviii 233-234.
3 KrV, A 20 B 34. Questa è la definizione di ‘rappresentazione pura’. Tutte le rappresentazioni pure sono
rappresentazioni a priori. 4 KrV, A 126, cfr. A 158 B 197, A 299 B 356.
5 Nel caso delle tinte di colore, la caratteristica condivisa è quella di apparirci più simile alle altre tinte di
quel colore che non alle tinte di altri colori: cfr. Kant e la formazione dei concetti, cit., pp. 176-177.
6 Anth, AA vii 127; V-Anth/Collins, AA xxv 57, 58.
miscellanea 151

Abstract
This paper replies to Claudio La Rocca’s criticisms of the account of Kant’s views on concept
formation that I developed in Kant e la formazione dei concetti. On my account, Kant holds that,
although all conscious experiences of adult human beings are informed by the categories, it
is possible to represent objects by means of non-conceptualized intuitions. La Rocca rejects
this claim. He holds that, for Kant, it is possible to represent objects only by employing the
categories. In the first part of this paper, I discuss the passages cited by La Rocca. In the sec-
ond part, I argue that Kant’s account of the formation of the categories presupposes that we
can represent and group objects without employing any concepts.
composto in car attere dante monotype dalla
fabrizio serr a editore, pisa · roma.
stampato e rilegato nella
tipo gr afia di agnano, agnano pisano (pisa).

*
Marzo 2014
(cz 3 · fg 22)
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SOMMARIO

Editoriale 9

kant and philosophy in a cosmopolitan sense:


two interviews
Robert Brandom, Kant and Philosophy in a Cosmopolitan Sense. Kant’s Norma-
tive Turn and its Hegelian Development. An interview by Francesco Lanzillotti 17
John Searle, Kant and Philosophy in a Cosmopolitan Sense. Intentional and Social
Phenomena, and their Place in Nature. An interview by Gabriele Gava 27

studi
Stephen Engstrom, Unity of Apperception 37
Stefano Bacin, Legge e obbligatorietà: la struttura dell’idea di autolegislazione
morale in Kant 55
Antonio Moretto, Con Euclide e contro Euclide: Kant e la geometria 71
Guido Frilli, Per una filosofia del senso. Eric Weil interprete di Kant 93

miscellanea
Ileana Beade, The Thing-in-itself and its Role in the Constitution of Objectivity.
A Critical Reading of Onof ’s Reconstruction of Transcendental Affection 107
Marco Sgarbi, The University of Königsberg in Transition (1689-1722): Aristotelian-
ism and Eclecticism in Johann Jakob Rohde’s Meditatio philosophica 125
Claudio La Rocca, La formazione dei concetti in Kant. Su un’interpretazione
recente 137
Alberto Vanzo, Kant e la formazione dei concetti. Risposta a Claudio La Rocca 147

recensioni
Giuseppe Motta, Die Postulate des empirischen Denkens überhaupt. KrV A 218-235 /
B 265-287. Ein kritischer Kommentar (G. Lorini) 155
Gian Luigi Paltrinieri, Kant e il linguaggio. Autocritica e immaginazione (F. Ca-
mera) 159
The Cambridge Companion to Kant’s Critique of Pure Reason, ed. by Paul Guyer
(F. Wunderlich) 165
Federica Trentani, La teleologia della ragione pratica. Sviluppo umano e concre-
tezza dell’esperienza morale in Kant (S. Feloj) 169
Oscar Meo, I momenti del giudizio di gusto in Kant. Uno studio sull’Analitica del
bello (S. Feloj) 173
8 sommario

Thomas Sturm, Kant und die Wissenschaften vom Menschen (M. Russo) 177
Michael Friedman, Kant’s Construction of Nature (O. Ottaviani) 183

schede
Immanuel Kant, Antropologia dal punto di vista pragmatico (O. Ottaviani) 191
Henry E. Allison, Essays on Kant (C. La Rocca) 192
Maurizio Candiotto, Deduzione e critica. Il trascendentale come necessità del
possibile (L. Filieri) 193
Francesco Valerio Tommasi, Philosophia trascendentalis. La questione ante-
predicativa e l’analogia tra la Scolastica e Kant (R. Giampietro) 194
Lucia Nocentini, Prismi di identità. Alla ricerca dell’unità dell’esperienza tra ana-
logia e analisi trascendentale (L. Filieri) 196
Kants Prolegomena. Ein kooperativer Kommentar, hrsg. Von Holger Lyre, Oliver
Schliemann (C. La Rocca) 197
Elisabetta Scolozzi, Kant epistemologo (D. Bozzo) 198
Katerina Deligiorgi, The Scope of Autonomy. Kant and the Morality of Freedom
(S. Bacin) 199
Alice Ponchio, Etica e diritto in Kant. Un’interpretazione comprensiva della morale
kantiana (L. Caranti) 200
Constructivism in Practical Philosophy ed. by James Lenman, Yonatan Shemmer
(S. Bacin) 202
Clemens Schwaiger, Alexander Gottlieb Baumgarten - Ein intellektuelles Porträt
(L. A. Macor) 203

Bollettino Bibliografico 2011 205


Sigle delle opere di Kant 215
Libri ricevuti 219

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