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STUDI E DOCUMENTI

di
DIRITTO INTERNAZIONALE E COMUNITARIO
diretta da Umberto Leanza

52

COMITATO SCIENTIFICO
David ATTARD, Mariano AZNAR, Ida CARACCIOLO, Francesco CARUSO
Maria Clelia CICIRIELLO, Pasquale PAONE, †Luigi SICO, Talitha VASSALLI DI DACHENHAUSEN
ILARIA PRETELLI

GARANZIE DEL CREDITO


E CONFLITTI DI LEGGI
Lo statuto dell’azione revocatoria

EDITORIALE SCIENTIFICA
NAPOLI
Proprietà letteraria riservata

© Copyright 2010 Editoriale Scientifica s.r.l.

Via San Biagio dei Librai, 39


80138 Napoli
ISBN 978-88-6342-169-6
A mamma e papà,
per tutto quello che mi hanno insegnato
con la loro naturale gentilezza
INDICE–SOMMARIO

Abbreviazioni XV

INTRODUZIONE

1. Ambito della ricerca e scelte metodologiche 1


2. Precisazioni terminologiche 5

CAPITOLO PRIMO

PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE


REVOCATORIA ORDINARIA, ALL’AZIONE SURROGATORIA
E ALL’AZIONE DEL CREDITORE DEL SIMULATO ALIENANTE

1. Identità delle questioni internazionalprivatistiche poste dall’azione


revocatoria ordinaria, dall’azione surrogatoria e dall’azione di-
chiarativa della simulazione esercitata dal creditore del simulato
alienante 7
2. Problematica della “qualificazione” 17
3. Elementi di incertezza nell’applicazione del diritto internazionale
privato italiano ai mezzi di conservazione della garanzia patri-
moniale del credito 25
4. Segue. Scarsa intensità della vis attractiva della lex contractus alla
luce della Convenzione di Roma e del regolamento Roma I 29
5. Segue. Considerazioni critiche circa l’attrazione dei mezzi di con-
servazione della garanzia patrimoniale nello statuto del credito protet-
to alla luce della legge 218/95 e dei regolamenti Roma I e Roma II 35
6. Segue. Problematica dei collegamenti territoriali nella disciplina
delle obbligazioni ex lege 41
7. Assenza del carattere di applicazione necessaria nelle norme che
assistono il principio di responsabilità patrimoniale 51
8. Conclusioni: l’insufficienza dei dati normativi e l’emergere di una
lacuna nel diritto internazionale privato italiano 53
VIII I N D I C E – S O M M A R IO

CAPITOLO SECONDO

RILEVANZA DELL’ANALISI STORICO-COMPARATISTICA


NELLA RICERCA DI UNA SOLUZIONE CONFLITTUALE.
LA «VIA PAULIANA»

1. Il metodo di studio delle questioni di diritto internazionale privato


fondato sull’analisi delle “istituzioni” del diritto civile, in pro-
spettiva storico-comparatistica 55

SEZIONE I
Dimensione sostanziale e dimensione
processuale dell’azione revocatoria ordinaria

2. L’azione revocatoria ordinaria nel sistema di diritto privato 62


3. Le teorie processualistiche e il parallelismo tra gli effetti dell’azio-
ne revocatoria ordinaria e gli effetti del pignoramento 65
4. Inquadramento della posizione sostanziale del creditore come di-
ritto potestativo 70
5. Segue. Sua irrilevanza per il diritto internazionale privato 74
6. Insussistenza di un diritto autonomo alla conservazione della ga-
ranzia patrimoniale dotato di un proprio statuto (lex patrimonii) 79
7. Inquadramento della posizione sostanziale del debitore e del terzo
negli schemi della responsabilità civile. Alcune precisazioni 82
8. L’azione revocatoria ordinaria come vicenda del rapporto obbli-
gatorio 87

SEZIONE II
La disciplina delle azioni revocatoria e surrogatoria tra valori universali
(buona fede) e politiche legislative nazionali

9. L’azione revocatoria e l’azione surrogatoria tra diritto romano e


diritto comune 89
10. L’ingresso nel Code Napoléon e la diffusione delle due azioni 95
11. I rimedi a favore dei finanziatori del commercio contro le c.d.
“fraudulent conveyances” in Gran Bretagna 96
12. Il Constructive trust come rimedio costitutivo in Equity contro a-
lienazioni in frode al beneficiario di un trust e la sua genera-
lizzazione a tutte le vittime di frodi 99
13. I due archetipi di azione revocatoria e le scelte politico-economi-
che che influenzano la disciplina delle azioni codificate dagli or-
dinamenti positivi 102
14. L’ampiezza della tutela del credito 103
INDICE–SOMMARIO IX

15. L’ampiezza della nozione di pregiudizio 105


16. Le condizioni soggettive: l’animus del debitore e quello del suo
avente causa 106
17. Gli atti revocabili 109
18. Gli effetti della sentenza di revoca riguardo all’atto revocato, ri-
guardo al bene oggetto dell’atto revocato e riguardo al subac-
quirente 110
19. Prescrizione dell’azione 112
20. I due modelli di azione revocatoria conosciuti dal diritto positivo 112

CAPITOLO TERZO

LE SOLUZIONI GIURISPRUDENZIALI

1. La giustificazione dell’applicazione della lex fori attraverso la


qualificazione di ordinatoria litis dell’art. 1166 Code Napoléon 117
2. L’applicazione ante litteram del principio di effettività in alcune
sentenze tedesche coeve 120
3. I precedenti anglo-americani: lex contractus o lex rei sitae? 122
4. L’uso del diritto positivo per conseguire un risultato materiale: il
recupero dei crediti sociali francesi all’indomani delle nazionaliz-
zazioni dell’URSS 126
5. L’indicazione della competenza della lex loci commissi delicti in
Francia 128
6. La ponderazione degli interessi nella giurisprudenza tedesca: la
c.d. “Interessenabwägungsregel” 131
7. Il Constructive trust nel diritto internazionale privato. Cenni 137
8. Una valutazione conclusiva alla luce della giurisprudenza recente 139
9. Segue. Sintesi 145

CAPITOLO QUARTO

IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE


DELLA LEGGE APPLICABILE AI MEZZI DI CONSERVAZIONE
DELLA GARANZIA PATRIMONIALE

1. Posizione del problema di diritto internazionale privato posto dal-


l’azione revocatoria ordinaria 150
X I N D I C E – S O M M A R IO

SEZIONE I
Argomenti topici per la difesa dei collegamenti tradizionali

2. Le prime analisi del problema dei rimedi giurisdizionali tipizzati tra


territorialità del potere di coercizione e immaterialità del credito 157
3. L’attribuzione ante litteram del carattere di applicazione neces-
saria alle norme in esame nella dottrina di Bartin 159
4. L’invocazione della lex fori a titolo di legge regolatrice del pro-
cesso 163
5. L’invocazione della lex fori a titolo di loi de police 167
6. L’indicazione di un criterio di collegamento bilaterale autonomo
per i rimedi che comportano la contestazione di un atto 170
7. La qualificazione di azione “tra terzi” e l’indicazione delle lex loci
actus come lex loci commissi delicti 172
8. La localizzazione del credito e delle azioni che ne tutelano il sod-
disfacimento nel patrimonio dei due soggetti dell’obbligazione: le
due leges domicilii e la prevalenza della lex domicilii debitoris 177
9. Il principio di effettività e la lex rei sitae 182

SEZIONE II
Il rinvio alla lex causae di uno dei due rapporti sottostanti

10. Rassegna dei topoi utilizzati per giustificare ovvero criticare l’ap-
plicabilità della legge regolatrice del diritto di credito tutelato dal-
le azioni 184
a) L’azione surrogatoria nello statuto del credito protetto 185
b) Lex obligationis e azione revocatoria ordinaria 186
11. Argomenti che giustificano il rinvio alla lex contractus 192
12. Insufficienza delle classificazioni tralatizie delle metodologie di
scelta di legge 198

SEZIONE III
Le soluzioni ispirate dalla “Giurisprudenza dei valori”

13. L’esigenza di una mappatura degli interessi coinvolti dai mezzi di


conservazione della garanzia patrimoniale del credito 202
14. L’identità strutturale tra l’azione revocatoria ordinaria e quella di
simulazione esperibili dal creditore. Conseguenze nella mappatura
degli interessi 205
15. Statuto del credito 208
16. Statuto dell’atto revocando (e/o simulato) 211
17. Segue. Statuto dell’obbligazione secondaria, dedotta in giudizio in
via surrogatoria 214
INDICE–SOMMARIO XI

18. Mappatura degli interessi meritevoli di tutela internazionalpriva-


tistica 216

SEZIONE IV
Le ipotesi di coordinamento tra lo statuto
del credito e lo statuto dell’atto revocando

19. Il coordinamento delle leggi applicabili ai due rapporti obbligatori


attraverso gli strumenti tradizionali del diritto internazionale pri-
vato: il cumulo 218
20. Segue. Problemi strutturali per la realizzazione del dépeçage 219
21. Segue. La frode alla legge come viatico per una soluzione fondata
su due criteri di collegamento alternativi 221
22. Le soluzioni ricavabili da metodologie alternative e la permanenza
del conflitto tra l’ordinamento competente per il credito tutelato e
quello competente per l’atto revocando 224
23. Il coordinamento operato dal regolamento comunitario sulle pro-
cedure d’insolvenza per l’azione revocatoria fallimentare 233

SEZIONE V
Considerazioni sull’apporto della dottrina

24. I parametri di valutazione della meritevolezza di tutela internazio-


nalprivatistica e la molteplicità di soluzioni che possono ispirare 239

CAPITOLO QUINTO

IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE

SEZIONE I
Il sistema comunitario della competenza: il caso Reichert

1. I problemi di qualificazione dell’azione revocatoria ordinaria nel-


l’ambito della Convenzione di Bruxelles 249
2. Le sentenze Reichert della Corte di Giustizia e la disponibilità di
fori speciali per l’attore in revocatoria 254
3. La valorizzazione degli aspetti sostanziali dell’actio pauliana e le
sue conseguenze per il diritto processuale uniforme 255
XII I N D I C E – S O M M A R IO

SEZIONE II
Il diritto processuale italiano

4. Il ricorso al foro speciale in materia contrattuale nel caso Corkran 257


5. Segue. L’apparente inesistenza di titoli di giurisdizione nonostante
la stretta connessione tra i fatti di causa e l’ordinamento italiano 260
6. Il significato della “prossimità” nel sistema di Bruxelles richiama-
to dalla legge di riforma 263
7. Verifica degli orientamenti della dottrina alla luce della ratio de-
cidendi della Corte di giustizia 269
8. La necessaria complementarietà tra i canoni interpretativi dedutti-
vo e teleologico 272
9. L’irrilevanza della mancata corrispondenza tra parti del contratto e
parti processuali 275

SEZIONE III
Considerazioni conclusive

10. La ratio sistematica della soluzione del caso Corkran 280


11. Segue. La soluzione al vaglio della nuova formulazione del crite-
rio di competenza speciale in materia contrattuale nel regolamento
Bruxelles I 281
12. Conseguenze delle soluzioni per il conflit de juridictions innescato
dall’azione revocatoria ordinaria, dall’azione dichiarativa della
simulazione e dall’azione surrogatoria 285
13. La ritrovata complementarietà sistematica tra il regolamento Bru-
xelles I e il regolamento sulle procedure d’insolvenza: la sentenza
Deko Marty 288

CAPITOLO SESTO

CONCLUSIONI: LA SOLUZIONE DEL PROBLEMA DELL’AZIONE


REVOCATORIA E DEGLI ALTRI RIMEDI GIURISDIZIONALI TIPIZZATI
NELLA PROSPETTIVA SOVRANAZIONALE
E IN QUELLA DELL’ORDINAMENTO ITALIANO

1. Tecniche e principi del diritto internazionale privato rilevanti per


una soluzione del problema 295
2. Esclusione di una vis attractiva dello statuto contrattuale 302
3. Segue. Esclusione di una vis attractiva dello statuto dell’obbli-
gazione protetta 304
INDICE–SOMMARIO XIII

4. Inadeguatezza delle tecniche di applicazione simultanea delle leg-


gi in presenza 305
5. Proposta di una regola da codificare a livello sovranazionale 308
6. Segue. Valore della clausola di buona fede nel diritto internaziona-
le privato 314
7. Inadeguatezza di un sistema nazionale di diritto internazionale pri-
vato fondato sul metodo bilaterale 318
8. La reale dimensione del problema nel diritto italiano 319
9. Segue. Metodo per la delimitazione della sfera di efficacia delle
norme italiane sull’azione revocatoria ordinaria 321
10. Giustificazione del diverso trattamento internazionalprivatistico
dell’azione revocatoria ordinaria, da una parte, dell’azione surro-
gatoria e dell’azione dichiarativa della simulazione, dall’altra 322
11. La legge applicabile alla legittimazione ad agire. Cenni 324
12. L’impero della lex fori sul provvedimento giurisdizionale di re-
voca 329
13. Distinzione tra presupposti e condizioni dell’azione revocatoria
ordinaria 333
14. Verifica della soluzione proposta alla luce del principio di effet-
tività 336
15. Il Wirkungsstatut e la necessaria applicazione delle norme sulla
pubblicità degli atti per l’opponibilità delle sentenze di revoca
soggette a trascrizione in Italia 337
16. Categorie di beni e loro luogo di situazione nel regolamento co-
munitario sulle procedure d’insolvenza 342
17. Segue. L’actio pauliana nel regolamento. Critica della soluzione
accolta 344
18. La soluzione unilaterale ricavabile per analogia dalla disciplina
internazionalprivatistica del pignoramento 346
19. Un esempio di coordinamento (Italia/Germania) 349
20. Il rinvio allo statuto prevalente per la disciplina delle altre ipotesi
di poteri di controllo gestorio del creditore previste dall’ordi-
namento italiano (nella rinuncia all’eredità, nel diritto di affranca-
zione, nella compensazione, ecc.) 355

Bibliografia 359

Indice delle decisioni citate 393

Indice analitico 405


ABBREVIAZIONI

Agg. Aggiornamento
ABGB Allgemeines Bürgerliches Gesetzbuch
AEDIPr Anuario español de derecho internacional privado
Am. Journ. Comp.Law American Journal of Comparative Law
AJP Aktuelle Juristische Praxis
App. Corte di Appello
Appel Cour d’Appel
Arch. philo. dr. Archives de philosophie du droit
Art. Articolo
BGB Bürgerliches Gesetzbuch (codice civile tedesco)
British Yearbook of Int. Law British Yearbook of International Law
c.c. Codice civile
c.p. Codice penale
c.p.c. Codice di procedura civile
Cahiers dr. eu. Cahiers de droit européen
Cambridge Law Journ. Cambridge Law Journal
Cass. Corte di cassazione
Cassation Cour de cassation
CE Comunità Europea
Cit. Citato/a
Clunet Journal du droit international privé (1874-1914) Jour-
nal du droit international (dal 1915)
Code civ. Code Civil/Napoléon
Col. Colonna/e
Columbia Law Rev. Columbia Law Review
Comm. c.c. Scialoja Branca Commentario al codice civile Scialoja Branca
Common Market Law Rev. Common Market Law Review
Comm. l. 218/95, in Riv. dir. int. F. P OCAR e altri, Commentario alla legge 31 maggio
priv. e proc. 1995, n. 218, in Riv. dir. int. priv. e proc. 1995, pp.
905-1279 e Padova, CEDAM, 1996
Comm. l. 218/95, in Nuove S. B ARIATTI e altri, Commentario alla legge 31 maggio
leggi civ. comm. 1995, n. 218, in Nuove leggi civ. comm., 1996-II, pp.
877-1505
Conv. int. e l. 218/95 F. SALERNO e altri, Convenzioni internazionali e legge
di riforma del diritto internazionale privato (Atti del
convegno di studi di Crotone-Isola Capo Rizzuto, 30-
31 maggio 1996) Padova, CEDAM, 1997
Convenzione di Bruxelles Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 sulla
competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle deci-
sioni in materia civile e commerciale (versione con-
solidata in G.U.C.E. C 027 del 26 gennaio 1998)
Convenzione di Roma Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla legge
applicabile alle obbligazioni contrattuali (versione con-
solidata in G.U.U.E. C 334 del 30 dicembre 2005)
Cass. Corte di Cassazione
Corr. Giur. Corriere giuridico
Corte cost. Corte costituzionale
XVI ABBREVIAZIONI

Corte giust. CE Corte di giustizia


D. Recueil Dalloz
Digesto sez. civ. / sez. com. Digesto, 4 a ed., Discipline privatistiche, sezione
civile/sezione commerciale, Torino, UTET
Dir. com. scambi int. Diritto comunitario e degli scambi internazionali
Dir. comm. int. Diritto del commercio internazionale
Dir. int. Diritto internazionale
Dir. mar. Il diritto marittimo
DirUE Il diritto dell’Unione Europea
disp. att. Disposizioni di attuazione
ed. edizione
EGBGB Einführungsgesetz zum Bürgerlichen Gesetzbuch (Leg-
ge di introduzione al codice civile tedesco)
Enc. dir. Enciclopedia del diritto
Enc. giur. Enciclopedia Giuridica Treccani
Foro it. Il Foro italiano
Foro pad. Il Foro padano
Gaz. Pal. Gazette du Palais
Giur. civ. comm. Giurisprudenza civile commentata.
Giur. DIPR I La Giurisprudenza italiana di diritto internazionale pri-
vato e processuale (C APOTORTI etc.) Repertorio 1942-
1966, Bari, 1967
Giur. DIPR II La Giurisprudenza italiana di diritto internazionale pri-
vato e processuale (C APOTORTI etc.) Repertorio 1967-
1990, Milano, 1991
Giur. it. Giurisprudenza italiana
Giur. mer. Giurisprudenza di merito
Giust. civ. Giustizia civile
G.U.C.E. Gazzetta ufficiale delle Comunità europee
G.U.U.E. Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea
Hague Yearbook of Int. Law Hague Yearbook of International Law
Harv. Law Rev. Harvard Law Review
Ibid. Ibidem
Id. Idem
Int. Comp. Law Q. The International and Comparative Law Quarterly
Int. Enc. of Comp. Law International Encyclopaedia of Comparative Law
Int. Lit. Proc. International Litigation Procedure
IPR Internationales Privatrecht
IPRax Praxis der Internationalen Privat- und Verfahrens-
rechts
JCP Jurisclasseur périodique. Semaine juridique (édition
générale)
Jur. Cl. int. Juris Classeur de droit international
Ko Konkursordnung
legge fall. Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, “Disciplina del
fallimento, del concordato preventivo, della ammini-
strazione controllata e della liquidazione coatta ammi-
nistrativa”
legge 218/95 Legge 31 maggio 1995 n. 218 “Riforma del sistema
italiano di diritto internazionale privato”
LDIP Legge federale sul diritto internazionale privato del 18
dicembre 1987 (Svizzera)
ABBREVIAZIONI XVII

LEF Legge federale sulla esecuzione e sul fallimento dell’11


aprile 1889 (Svizzera)
loc. cit. Luogo citato
LT Law Times Reports
Mél. Mélanges
Ned. int. Privaatrecht Nederlands internationaal Privaatrecht
Ned. Int. Law Rev. Netherlands International Law Review
Nov. Dig. It. Novissimo Digesto Italiano, Torino, UTET
Nuova Giur. Civ. Comm. La nuova giurisprudenza civile commentata
Nuove Leggi Civ. Comm. Le nuove leggi civili commentate
Obs. Observations
op.ult.cit. Ultima opera citata
QBD Law Reports, Queen's Bench Division 1875-1890
prel. Preleggi
Protocollo di Lussemburgo Protocollo relativo all’interpretazione da parte della
Corte di giustizia ella convenzione del 27 settembre
1968 concernente la competenza giurisdizionale e
l’esecuzione delle decisioni in materia civile e com-
merciale, firmato a Lussemburgo il 3 giugno 1971, in
G.U.C.E. C 189 del 28/07/1990, pp. 25-34
RabelsZ Rabels Zeitschrift für ausländisches und internationa-
les Privatrecht
Raccolta Raccolta della giurisprudenza della Corte di giustizia e
del Tribunale di primo grado
Recueil des cours Recueil des cours de l’Académie de Droit International
de La Haye
Regolamento Bruxelles I Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio sulla com-
petenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecu-
zione delle decisioni in materia civile e commerciale
(G.U.C.E. L12 del 16 gennaio 2001)
Regolamento Roma I Regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e
del Consiglio del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile
alle obbligazioni contrattuali extracontrattuali («Roma
I») (G.U.U.E. L 177 del 4 luglio 2008)
Regolamento Roma II Regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e
del Consiglio dell’11 luglio 2007 sulla legge applicabile
alle obbligazioni extracontrattuali («Roma II»)
(G.U.U.E. L 199 del 31 luglio 2007)
Regolamento sulle procedure Regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio del 29
d’insolvenza maggio 2000 relativo alle procedure di insolvenza
(G.U.C.E. L160 del 30 giugno 2000)
Relazione al disegno di legge Relazione al disegno di legge n. 1192 del 1993 “Rifor-
ma del sistema italiano di diritto internazionale priva-
to”
Relazione Giuliano/Lagarde Mario GIULIANO, Paul LAGARDE, Relazione sulla conven-
zione relativa alla legge applicabile alle obbligazioni con-
trattuali, in G.U.C.E., C 282 del 31 ottobre 1980, pp. 1-50
Relazione Virgos/Schmit Miguel V IRGOS, Etienne S CHMIT, Report on the Con-
vention on Insolvency Proceeding, documento del Con-
siglio n. 6500/96/E, Bruxelles 1996, riprodotta in
Gabriel M OSS, Ian F. F LETCHER, Stuart ISAACS, The EC
Regulation on Insolvency Proceeding, Oxford Univer-
XVIII ABBREVIAZIONI

sity Press, 2002, pp. 263-327


Rép. La Pradelle/Niboyet Répertoire de droit international sous la direction de A.
de La Pradelle et J. -P. Niboyet (Paris 1929-1934)
Rép. Francescakis Répertoire de droit international Dalloz sous la direc-
tion de Phocion Francescakis (Paris 1968)
Rép. internat. Dalloz Encyclopédie Dalloz, Répertoire de droit international
(Paris 1998)
Rev. dr. int. lég. comp. Revue de droit international et de législation comparée
Rev. hell. dr. int. Revue hellénique de droit international
Rev. int. dr. comp. Revue internationale de droit comparé
Rev. suisse dr. int. dr. eur. Revue suisse de droit international et de droit européen
/ Rivista svizzera di diritto internazionale e di diritto
europeo / Schweizerische Zeitschrift für internationales
und europäisches Recht
Rev. trim. dr. civ. Revue trimestrielle de droit civil
Rev. trim. dr. eur. Revue trimestrielle de droit européen
Revue critique Revue critique de droit international (1934-1946) Re-
vue critique de droit international privé (dal 1947)
Rist. Ristampa
Riv. dir. civ. Rivista di diritto civile
Riv. dir. int. priv. e proc. Rivista di diritto internazionale privato e processuale
Riv. dir. int. Rivista di diritto internazionale
Riv. dir. proc. Rivista di diritto processuale
Riv. trim. dir. proc. civ. Rivista trimestrale di diritto e procedura civile
s./ss. Seguente/seguenti
Schweiz. Jur. Zeit. Schweizerische Juristen Zeitschrift - Revue suisse de
jurisprudence
spec. Specialmente
t. Tomo
Tex. Int’l Law Journ. Texas International Law Journal
Traité Ghestin Traité de droit civil sous la direction de Jacques Ghes-
tin, LGDJ, Paris
Tratt. Rescigno Trattato di diritto privato diretto da Pietro RESCIGNO,
Torino, UTET
Trav. com. fr. Travaux du Comité français de droit international privé
Vol. Volume
WR Weekly Reports
Zeit. Schweiz. Recht Zeitschrift für Schweizerische Recht - Revue de droit
suisse - Rivista di diritto svizzero
ZIP Zeitschrift für Wirtschaftsrecht
ZInsO Zeitschrift für das gesamte Insolvenzrecht
ZZP Zeitschrift für Zivilprozeß
INTRODUZIONE

SOMMARIO: 1. Ambito della ricerca e scelte metodologiche. – 2. Precisazioni


terminologiche.

1. Ambito della ricerca e scelte metodologiche

Nel rispetto del metodo del diritto internazionale privato risalente a uno dei
padri della nostra disciplina, Friederich von Savigny, questo studio è costruito
intorno a un istituto del diritto civile, l’azione revocatoria ordinaria, senza peral-
tro trascurare l’analisi di istituti affini, accomunati dall’esigenza di preservare le
ragioni creditorie indipendentemente dall’avvio di procedure concorsuali: in
primo luogo l’azione surrogatoria e l’azione dichiarativa della simulazione eser-
citata dai creditori del simulato alienante. Gli istituti in questione esistono nel
diritto positivo italiano e possono essere studiati nell’ambito del diritto civile
romano-germanico, matrice comune ai paesi di tradizione giuridica continenta-
le.
Svolto in maniera esemplare da Savigny1, questo metodo, criticato già dagli
autori contemporanei del grande pandettista2, è stato tacciato di mancanza di ri-
gore metodologico per le premesse alle quali si ispira contrarie ai canoni del po-
sitivismo giuridico e ignare della concezione pubblicistica del diritto.
Le ragioni ultime della critica derivano proprio dalla giustapposizione del
diritto positivo al diritto comune e dalla conseguente confusione tra il piano del-
la speculazione giuridica civilistica «comune» – sul quale la dottrina europea
poteva ancora incontrarsi – e quello della deduzione logica – che doveva invece
restare necessariamente confinata all’ambito di un dato ordinamento positivo.
L’etichetta negativa di «metodo neo-savigniano» è stata adoperata per indi-
carne la scarsa attualità in un’epoca, come quella contemporanea, caratterizzata
dalla nazionalizzazione del diritto civile3.

1
F.-C. VON SAVIGNY, Sistema del diritto romano attuale, 1898.
2
C.-L. VON BAR, Theorie und Praxis des internationalen Privatrechts, 1889, pp. 76 ss., 107
ss., tr. it. a cura di G. C. BUZZATI, 1915, pp. 76 ss., 107 ss.
3
Per Savigny gli istituti giuridici “preesistono al legislatore, non sono creati da lui, anche se gli re-
sta un certo margine di libertà nella loro raffigurazione”. Come osserva K. LARENZ, Storia del metodo
nella scienza giuridica, 1966, p. 200, di questa concezione “il positivismo non poté fare nulla” ma essa
è tornata di attualità una volta abbandonati i dogmi del primo positivismo: Forsthoff è stato il più con-
vinto assertore della necessità di rivalutare una visione istituzionale del diritto e descrive gli istituti giu-
ridici come “creazioni plastiche” che “sono ciascuna un tutto logico”.
2 INTRODUZIONE

Nonostante le critiche non siano mai cessate4, l’approccio allo studio del di-
ritto internazionale privato che muove da un’analisi degli istituti di diritto civile
resiste e una testimonianza della sua vitalità può essere colta nelle norme di
conflitto di più recente elaborazione come quelle di fonte comunitaria5. Si è
scelto perciò di misurarsi con le difficoltà e le insidie insite nel metodo indicato
nell’intento di sviluppare – in linea con la metodologia più familiare al legisla-
tore e all’operatore giuridico, ma in un panorama dottrinale in cui i riferimenti
bibliografici sul nostro tema sono scarsi6 (sebbene in tempi recenti si sia regi-

4
Di recente, per una ripresa incisiva delle obiezioni, v. la serrata dissertazione di D. BODEN,
L’ordre public, limite et condition de la tolérance, 2002, pp. 553 ss. Sui limiti del metodo si veda
P. PICONE, La méthode de la référence à l’ordre juridique compétent, 1986, pp. 245 ss. che ne
spiega anche il successo dovuto, secondo l’illustre autore, a contingenze storico-politiche.
5
Sebbene si faccia sempre meno ricorso alla norma di conflitto bilaterale tradizionale, come
evidenziano G. P. ROMANO, La bilatéralité éclipsée par l'autorité, 2006, pp. 457 ss., e S. BOLLÉE,
L’extension du domaine de la reconnaissance unilatérale, 2007, pp. 309 ss. l’elaborazione legi-
slativa contemporanea rimane ancora fortemente tributaria dell’impostazione classica, come si
può constatare nei c.d. “libri verdi” in preparazione dei regolamenti comunitari in materia di suc-
cessioni e alimenti, regime matrimoniale, obblighi alimentari, ecc. laddove si cercano criteri di
collegamento per individuare la legge applicabile a determinati istituti.
6
L’analisi più completa in tema di legge applicabile all’actio pauliana con elementi di estra-
neità è di due autori olandesi: H. L. E. VERHAGEN e P. M. VEDER, De “Pauliana” in het Neder-
landse internationaal privaatrecht, 2000, pp. 3 ss. Per il resto la letteratura tedesca si è recente-
mente confrontata sul tema della legge applicabile alla versione tedesca dell’azione revocatoria
ordinaria, la c.d. Gläubigeranfechtung, in seguito ad alcune decisioni, anche recenti: si veda H.
KOCH, Das IPR der actio pauliana, 2007, pp. 466 ss. in nota a Oberster Gerichtshof, 27 aprile
2006, 2 Ob 196/04v, S. KUBIS, Internationale Gläubigeranfechtung – vor und nach Inkrafttreten
der insolvenzrechtrsreform, 2000, pp. 501 ss. in commento a Bundesgerichtshof, 17 dicembre
1998, IX ZR 196/97 e Oberlandesgericht Düsseldorf, 25 agosto 1999, 12 U 186/94, B. GROßFELD,
Gläubigeranfechtung und Durchgriff: Das Problem des liechtensteinischen Anstalt, 1981, pp. 116
s. in nota a Bundesgerichtshof, 5 novembre 1980, VIII ZR 230/79; G. HOCHLOCH, Gläubigeran-
fechtung international, 1995, pp. 306 ss. nota a Landgericht Berlin, 22 giugno 1994, 28 O
588/93. In epoca precedente la spinosa questione era stata magistralmente analizzata da Ch. N.
FRAGISTAS, Das Anfechtungsrecht der Gläubiger im internationalen Privatrecht, 1938-39, pp. 452
ss. e, ancor prima, da G. WALKER, IPR, 1926, pp. 484 ss. Si veda ora la recente dissertazione di H.
JUNG, Die nationale und internationale Gläubigeranfechtung nach deutschem und französischem
Recht, 2005, p. 165. Una discussione vivace si era avuta in Francia sulla scorta delle brevi rifles-
sioni di H. BATIFFOL, Les conflits de lois en matière de contrats, 1938, p. 388 e ss. che aveva
suscitato le reazioni di J.-P. NIBOYET, Traité de droit international privé français, t. IV, 1947, p.
70 ss., P. ARMINJON, Précis, t. III, 1952, pp. 259 s.; P. LEREBOURS-PIGEONNIERE, Y.
LOUSSOUARN, Droit international privé, 1962, p. 592 e ss.; J.-D. BREDIN, Obligations, 1960, p.
10; R. VANDER ELST, Les lois de police et de sûreté en droit international privé français et belge,
1963, p. 390; Y. FLOUR, L’effet des contrats à l’égard des tiers en droit international privé, 1977,
p. 305; ma ha rapidamente perso interesse e ora la dottrina mantiene opinioni discordi in materia
di legge applicabile all’action paulienne. Si vedano H. BATIFFOL, P. LAGARDE, Droit international
privé, II, 1983, p. 215, B. AUDIT, Droit international privé, 2008, p. 626; P. MAYER, V. HEUZÉ,
Droit international privé, 2007, p. 496; A. SINAY-CYTERMANN, Obligations, 1998, p. 15. In Italia
INTRODUZIONE 3

strata una crescente attenzione sulla diversa questione della giurisdizione com-
petente per l’esperimento della pauliana da parte del curatore fallimentare)7 –
talune riflessioni mirate alla soluzione più adeguata da un punto di vista «spa-
ziale» e sostanziale del problema dell’azione revocatoria ordinaria con elementi
di estraneità.
Dai nostri approfondimenti è emerso che le soluzioni del problema devono
essere diverse a seconda della prospettiva che si voglia adottare: nazionale ov-
vero di diritto internazionale uniforme o comunitario. Se per il legislatore na-
zionale la soluzione migliore risulta quella di far sempre coincidere ius e forum
quando si tratta di decidere un’azione revocatoria ordinaria con elementi di e-
straneità, il metodo c.d. «neo-savigniano» potrebbe avere ancora una sua validi-
tà nel diritto internazionale privato comunitario. Sulle orme del Savigny, il legi-
slatore comunitario potrebbe pensare di risolvere i conflitti tra le leggi degli Sta-
ti membri attraverso l’elezione di un criterio di collegamento. Tuttavia, poiché
nel diritto delle obbligazioni la designazione spaziale della legge competente
mostra evidenti limiti, una soluzione preferibile è una norma di conflitto che e-
legge un parametro di giustizia sostanziale – la buona fede – a criterio di scelta.
Si tratta di una soluzione solo apparentemente innovativa perché «coagula» i

si possono registrare solo fugaci riferimenti nella manualistica più attenta (G. VENTURINI, Diritti
reali ed obbligazioni, 1956, pp. 163 s.; T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, 1982, p.
851) e nella monografia di L. DANIELE, Il fallimento nel diritto internazionale privato e pro-
cessuale, 1987, p. 99 ss. Del tema si sono occupati anche A. EHRENZWEIG, P. K. WESTEN, Frau-
dulent Conveyances in the Conflict of Laws, 1967-68, pp. 1679 ss.
7
F. CORSINI, Revocatoria fallimentare e giurisdizione nelle fonti comunitarie: la parola pas-
sa alla Corte di giustizia, 2008, pp. 429 ss., P. DE CESARI, La disciplina della giurisdizione in te-
ma di azione revocatoria fallimentare, 2007, pp. 105 ss.; IDEM, La revocatoria fallimentare tra
diritto interno e diritto comunitario, 2008, p. 989 ss., M. FABIANI, La revocatoria fallimentare fra
lex concursus e lex contractus nel Reg. CE 1346/2000, 2007, pp. 1319 ss., e, dello stesso autore,
La comunitarizzazione della revocatoria transnazionale come tentativo di abbandono di criteri di
collegamento fondati sull’approccio dogmatico, nota a Cass. sez. un. 10 gennaio 2003, n. 261,
Madane S.A. c. Ditta F.lli Lombardi S.p.a., 2004, pp. 380 ss., nonché S. BARIATTI, L’applicazione
del Regolamento CE n. 1346/2000 nella giurisprudenza, 2005, a p. 697, S.M. CARBONE, M. CA-
TALDO, Azione revocatoria: esercizio della giurisdizione e legge applicabile, 2004, pp. 27 ss. Nel-
la dottrina straniera, con riferimento alla decisione della Corte di giustizia CE 12 febbraio 2009,
Rechtsanwalt Christopher Seagon c. Deko Marty Belgium NV, si vedano: A. DUTTA, Jurisdiction
for insolvency-related proceedings caught between European legislation, 2008, pp. 88 ss. e la
nota di L. KLÖHN e O. BERNER, 2007, pp. 1418 ss. alla decisione di rinvio pregiudiziale del Bun-
desgerichtshof, 21 giugno 2007, IX ZR 39/06 e, più di recente, L. MACCARONI, Insolvenza tran-
sfrontaliera dei gruppi, libertà di stabilimento delle società e abuso del diritto nell’ordinamento
comunitario, 2009, pp. 1 ss., v. anche oltre, p. 289 nt. 102. Sul problema v. già le osservazioni di
P. OBERHAMMER, Europäisches Insolvenzrecht in praxi – „Was bisher geschahin“, 2004, pp. 761
ss. e L. CARBALLO PIÑEIRO, Acciones de reintegración de la masa y normas de derecho interna-
cional privado en la ley concursal, 2003, pp. 154 ss. e la monografia di S. ZEEK, Das Internatio-
nale Anfechtungsrecht in der Insolvenz: die Anknüpfung der Insolvenzanfechtung, 2003.
4 INTRODUZIONE

risultati raggiunti dalla giurisprudenza europea (in special modo quella tedesca)
nel secolo scorso.
Per contro, a livello dei singoli ordinamenti come quello italiano – ipotiz-
zando che debbano mantenere un proprio spazio di vigenza internazionalprivati-
stico a fronte delle spinte eurocentriche8 – questa soluzione non sarebbe soddi-
sfacente perché, da una parte, non garantirebbe ai privati l’armonia internazio-
nale delle soluzioni, e dall’altra non consentirebbe al legislatore di perseguire le
proprie politiche in materia creditizia. Nel caso dell’ordinamento italiano, ad
esempio, nella categoria di azioni di cui ci occupiamo si dovrebbe sempre pre-
vedere il ricorso alla lex fori, potendosi attribuire uno spazio applicativo ad altre
leggi richiamate dalla fattispecie concreta solo per la soluzione di questioni pre-
liminari di merito che investono l’esistenza dei presupposti del rimedio in que-
stione.
Il nostro libro consta di sei capitoli. Il primo capitolo è dedicato al punto di
vista dell’ordinamento italiano quando viene in considerazione una fattispecie
con elementi di estraneità di azione revocatoria, surrogatoria o dichiarativa di
simulazione esercitata dal creditore del simulato alienante. Si vedrà quale indi-
cazione sia possibile trarre dal diritto internazionale privato in vigore in Italia. Il
secondo capitolo delinea, da un punto di vista essenzialmente metodologico, il
percorso che il legislatore di diritto internazionale privato dovrebbe compiere
per dare fondamento alla soluzione internazionalprivatistica delle azioni in esa-
me. In particolare, esso contiene un’analisi delle varianti storiche e nazionali
dell’azione revocatoria ordinaria. Nel terzo capitolo vengono confrontati i risul-
tati acquisiti in precedenza con varie soluzioni accolte dalla giurisprudenza nei
casi che è stata chiamata ad affrontare. Il quarto capitolo contiene una rassegna
critica delle soluzioni elaborate dalla dottrina europea per il regolamento inter-
nazionalprivatistico dell’azione revocatoria ordinaria e dell’azione surrogatoria.
La rassegna evidenzia il carattere sincretistico delle teorie proposte: in quanto,
ad esempio, argomenti derivati dalle teorie «neo-savigniane» sono avanzati per
difendere soluzioni unilateralistiche e viceversa. Nel quinto capitolo è affrontata
la questione della giurisdizione competente per le azioni, sulla scorta della giu-
risprudenza della Corte di giustizia nel caso Reichert e della giurisprudenza ita-
liana, anche in tema di azione revocatoria fallimentare. Infine, l’ultimo capitolo,
raccoglie i dati emersi per dare una risposta al quesito lasciato in sospeso sin dal
primo capitolo e suggerisce una via italiana alla soluzione del problema del-
l’azione revocatoria con elementi di estraneità. In assenza di una norma esplici-
ta, la soluzione italiana al problema è ricavata da un esame complessivo del no-
stro sistema di diritto internazionale privato, ossia non solo dall’analisi delle
c.d. norme di conflitto ma anche da una valutazione dell’incidenza dei criteri di

8
Si veda in proposito E. JAYME, C. KOHLER, Europäisches Kollisionsrecht, 2006, pp. 537 ss.
INTRODUZIONE 5

giurisdizione rilevanti e della disciplina del riconoscimento ed esecuzione delle


sentenze straniere.

2. Precisazioni terminologiche

Le azioni concesse al creditore per la conservazione della garanzia patrimo-


niale del credito costituiscono un fenomeno di indubbia rilevanza pratica, ma
allo stesso tempo di difficile inquadramento teorico. Sembra perciò giustificato
uno studio approfondito del tema che si valga dei risultati raggiunti dai prece-
denti contributi dottrinali e giurisprudenziali, tentandone una ricostruzione uni-
taria a fronte della loro già menzionata contraddittorietà.
Una prima precisazione riguarda le espressioni «mezzi di conservazione
della garanzia patrimoniale del credito», «mezzi di tutela della garanzia generi-
ca» e altre equivalenti, che sembrano vaghe e imprecise sia per l’assenza di un
significato giuridico specifico per le parole «mezzi» sia per l’uso improprio del
termine «garanzia». Si è però deciso di resistere alla tentazione di adottare un
nuovo e diverso nomen iuris per designare l’azione revocatoria ordinaria,
l’azione surrogatoria e l’azione dichiarativa della simulazione esercitata dal cre-
ditore (pluralitas non est ponenda sine necessitate) anche se va detto che le e-
spressioni usate peccano al tempo stesso per eccesso e per difetto.
In primo luogo, il termine garanzia evoca istituti di diritto civile che hanno
una funzione precisa mentre l’aggettivo generica priva di senso il sostantivo ga-
ranzia, dando vita a un ossimoro. Qui, invece, la conservazione della garanzia
maschera più propriamente una funzione cautelare. Del resto, anche il riferi-
mento al patrimonio ci pare impreciso, imponendo di confrontarsi con un con-
cetto su cui molto si è scritto e poco si è chiarito9.
In secondo luogo, l’espressione non dà conto dell’elemento che caratterizza
le tre azioni ora nominate rispetto agli altri mezzi di tutela della garanzia patri-
moniale: la circostanza che si tratta di rimedi e più precisamente di azioni di co-
gnizione tipizzate10.
L’uso del sostantivo «mezzi» presenta tuttavia il vantaggio di dare conto
della funzione essenzialmente pratica delle azioni e della loro mancata evolu-

9
In proposito si veda P. IAMICELI, Unità e separazione dei patrimoni, 2003, pp. 1 ss. sulle
definizioni possibili del concetto di patrimonio. Cfr. anche sotto, p. 75, alla nota 55.
10
Tra i mezzi spettanti al creditore per la conservazione della garanzia patrimoniale o diretti
a prevenirne la diminuzione sono stati autorevolmente ricompresi i “mezzi che si appuntano con-
tro atti di per sé invalidi, come nel caso della simulazione (art. 1415, comma 2°)”, i “quattro mez-
zi di indole in largo senso cautelare e ausiliaria che si appuntano contro atti di per sé validi, ma
lesivi, o contro un comportamento inerte (sequestro conservativo, azione surrogatoria, azione re-
vocatoria, separazione dei beni)” e ancora “la surrogazione legale o “cessio legis” (commodum
subrogationis) rimessa all’iniziativa del creditore (artt. 1259, 1676, 1705, 2856 c.c.)”. Cfr. E.
BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, IV, 1955, p. 141 ss.
6 INTRODUZIONE

zione: infatti gli istituti del diritto civile si sono in generale emancipati dalle lo-
ro forme di tutela giurisdizionale, fino a rendere possibile una concezione a-
stratta di azione, idonea all’esercizio di qualsiasi diritto, mentre l’azione revoca-
toria ordinaria, con l’azione surrogatoria e l’azione del creditore del simulato
alienante, restano ancora propriamente azioni, sul tipo dell’actio romana o del
remedy anglosassone, cioè istituti che esprimono il diritto sostanziale e la sua
forma di tutela in un tutto inscindibile.
Ci sembra che questo dato permetta di valorizzare il nostro studio in una più
ampia prospettiva che tenga conto dell’esistenza di una categoria di azioni che
si caratterizzano proprio come rimedi nominati, ossia come procedimenti tipiz-
zati per rispondere a specifiche violazioni dell’ordinamento giuridico. Nel-
l’ambito dell’ordinamento italiano, oltre all’azione surrogatoria dell’art. 2900
c.c. e all’azione dichiarativa della simulazione prevista dal secondo comma
dell’art. 1416 c.c., già segnalate, numerosi sono i rimedi a tutela dei creditori, ai
quali le considerazioni che seguono potranno essere estese. Menzioniamo tra
questi le azioni cambiarie (artt. 65 ss. r.d. 14.12.1933 n. 1669), la surrogazione
del creditore ipotecario perdente (artt. 2856 e 2857 c.c.), l’impugnazione della
rinuncia all’eredità (art. 524 c.c.) e l’azione di restituzione contro gli aventi cau-
sa dai donatari soggetti a riduzione (art. 556 c.c.). Con gli opportuni adattamen-
ti, le conclusioni generali da noi raggiunte per le azioni specificatamente in e-
same potranno agevolmente estendersi alle altre appena menzionate.


CAPITOLO PRIMO

PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE


REVOCATORIA ORDINARIA, ALL’AZIONE SURROGATORIA
E ALL’AZIONE DEL CREDITORE DEL SIMULATO ALIENANTE

SOMMARIO: 1. Identità delle questioni internazionalprivatistiche poste dall’azione revo-


catoria ordinaria, dall’azione surrogatoria e dall’azione dichiarativa della simulazione
esercitata dal creditore del simulato alienante. – 2. Problematica della “qualificazione”.
– 3. Elementi di incertezza nell’applicazione del diritto internazionale privato italiano ai
mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale del credito. – 4. Segue. Scarsa inten-
sità della vis attractiva della lex contractus alla luce della Convenzione di Roma e del
regolamento Roma I. – 5. Segue. Considerazioni critiche circa l’attrazione dei mezzi di
conservazione della garanzia patrimoniale nello statuto del credito protetto alla luce del-
la legge 218/95 e dei regolamenti Roma I e Roma II. – 6. Segue. Problematica dei colle-
gamenti territoriali nella disciplina delle obbligazioni ex lege. – 7. Assenza del carattere
“di applicazione necessaria” nelle norme che assistono il principio di responsabilità pa-
trimoniale. – 8. Conclusioni: l’insufficienza dei dati normativi e l’emergere di una lacu-
na nel diritto internazionale privato italiano.

1. Identità delle questioni internazionalprivatistiche poste dall’azione revocato-


ria ordinaria, dall’azione surrogatoria e dall’azione dichiarativa della simula-
zione esercitata dal creditore del simulato alienante

Alcuni ordinamenti giuridici ampliano la sfera di tutela del creditore fino al


punto di consentirgli una penetrante ingerenza nelle relazioni instaurate dal pro-
prio debitore con altri soggetti. L’ordinamento italiano contiene numerose nor-
me giuridiche che attribuiscono al creditore un potere d’intervento nei giudizi
pendenti tra il debitore e terzi o una legittimazione ad agire nei confronti di terzi
che si trovano in relazione con il debitore o ancora gli consentono di chiedere
direttamente a questi la soddisfazione del proprio credito1. Alcune di queste

1
Si vedano, per limitarsi al codice civile: l’ art. 974 comma 1° - che consente ai creditori
dell’enfiteuta sia di intervenire nel giudizio di devoluzione per conservare le loro ragioni, valen-
dosi all’uopo anche del diritto di affrancazione che spetti all’enfiteuta, sia di offrire il risarcimento
dei danni e dare cauzione per l’avvenire; l’art. 974 comma 2° – che attribuisce ai creditori che
hanno iscritto ipoteca contro l’enfiteuta anteriormente all’iscrizione del giudizio di devoluzione,
nel caso in cui questa non sia stata loro notificata in tempo utile per poter intervenire, il diritto
all’affrancazione anche una volta avvenuta la devoluzione; l’art. 1015 comma 3°, a mente del
quale i creditori dell’usufruttuario possono intervenire nel giudizio per la cessazione dell’usu-
frutto a causa degli abusi dell’usufruttuario al fine di conservare le loro ragioni, offrire il risarci-
mento dei danni e dare garanzia per l’avvenire; l’art. 1247 che consente al fideiussore, al terzo
8 CAPITOLO PRIMO

norme sacrificano il principio della rilevanza giuridica attribuita all’apparenza


del diritto, in quanto valore sociale, per promuovere la correttezza e la buona
fede nei rapporti giuridici.
L’ordinamento protegge il creditore di fronte a un comportamento giuridico
che, nella coscienza di chi lo pone in essere, è diretto a pregiudicarlo. Questa
regola vale specialmente laddove tra il terzo e l’autore del comportamento pre-
giudizievole preesiste un rapporto giuridico sul quale il terzo era legittimato a
fare affidamento2. Così il creditore riceve una particolare tutela contro il debito-
re che arreca consapevolmente un pregiudizio alle sue legittime aspettative, po-
nendo in essere atti di disposizione ovvero comportamenti omissivi che hanno
l’effetto di pregiudicare la capienza patrimoniale (e, per questa via, frustrare il
principio espresso dall’art. 2740 c.c.). Gli artt. 1416, 2° comma e 2901, n. 2 e-
sprimono questi principi consentendo al creditore di travolgere gli atti di dispo-
sizione a titolo oneroso conclusi dalle parti con l’obiettivo di pregiudicarlo3.
Anticipando la rilevanza del rapporto di obbligazione, si prevede anche la revo-

creditore ipotecario e al terzo creditore pignoratizio di opporre in compensazione il debito che il


creditore ha verso il debitore principale; l’art. 1416 comma 2° – che legittima il creditore del si-
mulato alienante all’azione dichiarativa della simulazione; l’art. 2270 comma 2° che consente al
creditore particolare del socio di una società semplice di chiedere in ogni tempo la liquidazione
della quota del suo debitore se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi cre-
diti e l’art. 2307 che consente al creditore particolare del socio di una società in nome collettivo di
fare opposizione alla proroga della società e, se l’opposizione è accolta, di ottenere dalla società,
entro tre mesi dalla notificazione della sentenza, la liquidazione della quota del socio debitore
dell’opponente. Vi sono poi dei casi in cui al creditore è concesso un rimedio giudiziale per rea-
lizzare immediatamente il proprio credito, richiedendolo direttamente al terzo. Si tratta essenzial-
mente dei casi di azione diretta previsti dagli artt. 1595 (azione diretta del locatore contro il su-
bconduttore per il pagamento della sublocazione); 1676 (azione diretta dei subappaltatori contro il
committente fino alla concorrenza del debito che il committente ha nei confronti dell’appaltatore);
1705 comma 2° (azione diretta del mandante nei confronti dei debitori del mandatario nei rapporti
di credito derivanti dall’esecuzione del mandato e salvi i diritti del mandatario); 2867 (azione di-
retta dei creditori ipotecari nei confronti dell’acquirente dell’immobile ipotecato che sia ancora
debitore dell’alienante). Vi è poi l’art. 511 c.p.c. che autorizza il creditore a far valere una pretesa
esecutiva del debitore nei confronti di un terzo. Da ultimo si può ricordare il potere particolare
dato ai creditori in materia successoria: l’art. 524 c.c. che è un rimedio “misto” tra azione surroga-
toria e azione revocatoria ordinaria.
2
Come osservato da E. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, (1950) 1994, pp. 267
s.: “quanto più il diritto positivo è aperto all’esigenza della socialità … tanto più esso sarà
propenso a proteggere l’interesse del terzo di fronte a un negozio che, nella coscienza delle parti,
sia diretto a pregiudicarlo”.
3
Sulla simulazione si veda soprattutto F. DI MARZIO, Simulazione, nullità, rescissione, 2000;
M. DOGLIOTTI, A. FIGONE, Effetti, rappresentanza e simulazione, 2000; T. MONTECCHIARI, La
simulazione nel contratto, 1999; F. GALGANO, Della simulazione, della nullità del contratto,
dell’annullabilità del contratto, 1998; G. FURGIUELE, Della simulazione di effetti negoziali, 1992;
C. CERONI, Autonomia privata e simulazione, 1990; A. PILLICANO, Il problema della simulazione
nei contratti, 1988; G. A. NUTI, La simulazione del contratto nel sistema di diritto civile, 1986.
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 9

cabilità dell’atto anteriore al credito quando è dolosamente preordinato al fine di


pregiudicarne il soddisfacimento4. L’art. 524 c.c. prescinde dalla consapevole
previsione consentendo al creditore di revocare la rinuncia all’eredità senza al-
cuna indagine sulle ragioni soggettive della rinuncia e lo stesso vale per l’azione
surrogatoria dell’art. 2900 c.c. 5.
Tali istituti si situano in un luogo di frontiera tra il diritto sostanziale e il
processo6. Se la loro natura di mezzi di diritto materiale è un dato ormai acquisi-

4
Sull’azione revocatoria ordinaria si veda E. LUCCHINI GUASTALLA, Azione revocatoria
ordinaria, 1998, pp. 423 ss. e Danno e frode nella revocatoria ordinaria, 1995, il quale è
persuaso dell’esistenza di una norma “non scritta” ma ben presente alla giurisprudenza italiana e
europea, che supererebbe le singole disposizioni che regolano l’azione per dare rilievo uni-
camente all’esistenza o meno di una “frode” al creditore. Tra i commenti recenti si veda anche P.
DE MARCO, Eventus damni ed onere della prova nella revocatoria ordinaria tra il principio della
garanzia patrimoniale e la libertà d'iniziativa economica del debitore, 1999, p. 1134, il quale e-
videnzia gli interessi contrapposti che l’azione mira a comporre. Più antiquate sono le argomenta-
zioni tese ad assimilare la “frode” a una tipologia di responsabilità extracontrattuale che M. L.
GUARDAMAGNA, Azione revocatoria ordinaria e responsabilità extracontrattuale, 1998, p. 107
ritiene utile ripercorrere alla luce di una pronuncia della Cassazione. C. COSSU, Revocatoria ordi-
naria (azione), 1998, pp. 450 ss.; G. RAGUSA MAGGIORE, L’azione revocatoria appartiene ai di-
ritti potestativi, 1998, pp. 511 ss.; S. D’ERCOLE, L’azione revocatoria, 1985, p. 141 e ss.; A.
MAFFEI ALBERTI, Il danno nella revocatoria, 1970; N. Di STASO, I mezzi di conservazione della
garanzia patrimoniale 1973; G. AULETTA, Revocatoria civile e fallimentare, 1939.
5
Sull’azione surrogatoria di diritto italiano si veda, da ultimo: B. GARDELLA TEDESCHI, “Sur-
rogatoria (azione)”, 1998, pp. 228 ss.; A. DE SANCTIS RICCIARDONE, Surrogatoria (azione), 1993;
S. PATTI, L’azione surrogatoria, 1985, pp. 103 ss. La dottrina contemporanea si rifà ancora am-
piamente agli studi precedenti e, in particolare, a G. A. MONTELEONE, Profili processuali e so-
stanziali dell’azione surrogatoria, 1975, il quale applica all’azione surrogatoria la teoria “sattia-
na” dell’azione, ossia quella concezione che nega l’esistenza di un diritto di azione astratto e au-
tonomo rispetto al diritto sostanziale che con esso si fa valere. A conclusioni più “ortodosse” ri-
spetto alla teoria dell’azione che si è affermata in Italia giungono U. NATOLI e L. BIGLIAZZI GERI, I
mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale (le azioni surrogatoria e revocatoria), 1974;
G. GIAMPICCOLO, Azione Surrogatoria, 1959, p. 950 e ss.; U. NATOLI, Azione revocatoria, 1959,
pp. 888 ss.; A. GIOIA, L’azione surrogatoria nel diritto vigente, 1955. Diametralmente opposta
alla tesi di Monteleone è l’originaria posizione di R. SACCO, Il potere di procedere in via surroga-
toria, 1955, che esplora l’azione surrogatoria sul terreno del potere sostanziale concesso al credi-
tore, che pure non può beneficiare del vantaggio conseguito agendo in luogo del debitore. Dalla
stagione ancora precedente si possono ricordare gli scritti di L. BARASSI, Teoria generale delle
obbligazioni, 1963, p. 982 e ss.; A. CICU, L’obbligazione nel patrimonio del debitore, 1948; W.
D’AVANZO, La surrogatoria, 1939. Per un quadro completo delle problematiche, anche di caratte-
re pratico, che generano i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale del credito si ri-
manda a R. NICOLÒ, Azione surrogatoria e azione revocatoria, 1980, pp. 627 ss. e, per una
panoramica della giurisprudenza, alla raccolta di pronunce curata da F. ROSELLI, I mezzi di
conservazione della garanzia patrimoniale, 1997, pp. 13 ss.
6
Non si prendono in considerazione qui le ipotesi tipiche di azione diretta conosciute
soprattutto dal diritto francese, in quanto l’azione diretta non è un mezzo di conservazione della
garanzia patrimoniale, proprio perché consente al creditore di realizzare direttamente il proprio
10 CAPITOLO PRIMO

to in dottrina7, è pur vero che si tratta di rimedi giurisdizionali e tipizzati, che


non sono stati pensati (e non potrebbero esserlo) al di fuori di un processo. Così,
la loro rilevanza pratica si coglie soltanto nel processo civile, che è il luogo in
cui più si manifestano le questioni internazionalprivatistiche in materia8.
Sul piano del diritto interno, i dibattiti circa la natura e il fondamento di tali
azioni sono stati spesso sterili e fuorvianti per l’internazionalprivatista e non
hanno affatto chiarito gli aspetti per noi cruciali della questione. L’incertezza
che si riscontra in dottrina e in giurisprudenza è testimoniata dalla varietà delle
qualificazioni proposte. Così ad esempio, con riferimento all’azione revocatoria
ordinaria, è stata affermata la responsabilità del debitore ex contractu, quella ex
delicto, ma anche quella ex lege. Secondo il primo punto di vista esiste un vero
e proprio obbligo di mantenere capiente il patrimonio gravante sul debitore; ciò
al fine di assicurare un futuro ed eventuale soddisfacimento del creditore attra-
verso l’esecuzione coattiva9. D’altra parte, ponendo l’accento sul comportamen-
to fraudolento del debitore che diminuisce scientemente la garanzia patrimonia-
le, si è potuto vedere un illecito nell’atto di disposizione che mette a repentaglio
la garanzia generica del credito. Per questa via, le controversie sulla natura delle
tre azioni conducono su di un terreno nebuloso e chiedono all’interprete di indi-
viduare la linea di confine tra le obbligazioni derivanti dall’autonomia privata e
le obbligazioni che traggono origine altrove10.

credito; al contrario, gli istituti in esame mirano alla semplice ricostruzione del patrimonio del
debitore, finalizzata a ripristinare l’integrità della garanzia del credito. L’azione diretta beneficia
della disciplina uniforme della Convenzione dell’Aja del 4 maggio 1971 in materia di sinistri
nella circolazione stradale. Si veda M. SUMAMPOUW, Convention sur la loi applicable en matière
d’accidents de la circulation routière, 1996, pp. 294 ss., spec. p. 311 ss., e nella dottrina italiana
la monografia di R. BARSOTTI, Gli incidenti stradali nella disciplina internazionale, 1984.
7
Si veda sotto, al capitolo II.
8
Il diritto internazionale privato ancor più che il diritto privato si presta a essere studiato
formulando un pronostico sulla decisione del giudice, com’è stato talvolta sottolineato dalla dot-
trina, ad esempio da P. MAYER, L’office du juge dans le règlement des conflits de lois, 1977, p.
233, che ritiene che “le droit de conflits est essentiellement envisagé sous l’angle judiciaire”. Sul-
la crucialità del ruolo che riveste il giudice si vedano anche le osservazioni di Ph. FRANCESCAKIS,
Quelques précisions sur les lois d’application immédiate, 1966, p. 17; e E. VASSILAKAKIS, Orien-
tations méthodologiques dans les codifications récentes, 1987, pp. 1 ss.
9
Cfr. A. MAFFEI ALBERTI, Il danno nella revocatoria, 1970, p. 18 ss. Per rilievi critici v. L.
BIGLIAZZI GERI, Revocatoria (azione), (1991) 1998, p. 1025 ss. Amplius infra cap. II.
10
La questione, posta in questi termini, si inserisce nel più ampio dibattito relativo
all’esistenza di una terza categoria di obbligazioni che imponga di superare la tradizionale
dicotomia gajana secondo cui “omnis enim obligatio vel ex contractu nascitur vel ex delicto” [Gai
III, 88. Il testo può leggersi in E. NARDI, Istituzioni di diritto romano, 1986, p. 86]. Lo stesso
Gaio, nelle Res cotidianae (D. 44, 7, 1) postulò l’esistenza di un tertium genus: “Obligationes aut
ex contractu nascuntur aut ex maleficio aut proprio quodam iure ex variis causarum figuris”. Da
tre, le fonti delle obbligazioni diventarono quattro nella compilazione giustinianea, attraverso una
bipartizione della dicotomia gaiana originaria. Le due “quasi-categorie” dovevano apparire più
eleganti rispetto alle variae causarum figurae delle Res cotidianae perché costruite sul modello
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 11

Sul piano del diritto internazionale privato e processuale, che qui interessa, i
pochi autori italiani11 che dedicano una brevissima riflessione a tali rimedi si ri-
fanno tout court alla dottrina francese inizialmente elaborata da Henri Batiffol12.
Eppure si tratta di fattispecie di notevole interesse per la loro complessità e
per il difficile bilanciamento che mirano ad attuare nell’ambito di tre diversi
centri di interessi. Le relative azioni creano un rapporto trilaterale e presuppon-
gono l’esistenza di due rapporti obbligatori distinti e autonomi13. Con esse, il
legislatore ha inteso porre questi due rapporti in relazione tra loro, individuando
un fattore che li collega e che assume rilevanza giuridica. La presenza di una
stessa parte in entrambi i rapporti è il perno su cui si reggono i mezzi di conser-
vazione della garanzia patrimoniale: il debitore del primo rapporto è, nel secon-
do rapporto, creditore di una prestazione (azione surrogatoria) oppure autore di
un atto di disposizione (azione revocatoria ordinaria e simulazione).
Il meccanismo dell’azione surrogatoria si fonda sulla scelta del legislatore di
valorizzare un elemento comune a due rapporti che si collegano in una catena: il
debitore del mio debitore è mio debitore. In altre parole, un’applicazione della
proprietà transitiva dell’obbligazione vuole che se Tizio può agire nei confronti
del suo debitore Caio e Caio nei confronti del suo debitore Sempronio, allora
Tizio potrà agire nei confronti di Sempronio, chiedendogli ciò che gli avrebbe
chiesto Caio.
Per contro, la scelta di politica legislativa che sta alla base della creazione
delle altre due fattispecie in esame (revocatoria e simulazione) risolve un con-
flitto esistente tra rapporti giuridici del debitore. Diversamente dall’azione sur-

della dicotomia originaria tra contratti e delitti: “aut enim ex contractu sunt aut quasi ex contractu
aut ex maleficio aut quasi ex maleficio” (Inst. III, 13, 2). Cfr. R. ZIMMERMANN, The Law of
Obligations, Roman Foundations of the Civilian Tradition, 1990, p. 14 ss. Sul tema e, in
particolare, sulla rilevanza della questione per l’applicazione dell’art. 5 della Convenzione di
Bruxelles, si veda L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, spec. pp. 255 ss., che rimanda alle
riflessioni di A. DI MAJO, Delle obbligazioni in generale, 1988, pp. 234 ss. Si veda, sotto, p. 44,
nt. 99.
11
G. VENTURINI, Diritti reali ed obbligazioni, 1956, pp. 163-164; BALLARINO, Diritto inter-
nazionale privato, 1982, p. 851. Lamenta l’assenza di uno studio sull’azione revocatoria ordinaria
nel diritto internazionale privato L. DANIELE, Il fallimento, 1987, p. 99 ss.
12
Les conflits de lois en matière de contrats, 1938, p. 388 e ss.; e dello stesso autore,
Obligations, 1968, p. 495, BATIFFOL, LAGARDE, Droit international privé, II, 1983, p. 215. I
rimedi in parola, hanno suscitato l’interesse della dottrina internazionalprivatistica francese, al
contrario di quanto avvenuto in Italia, forse perché già codificati dal Code civil nel 1804. Sempre
nella dottrina francese si vedano B. AUDIT, Droit international privé, 2006, p. 626; MAYER, HEU-
ZÉ, Droit international privé, 2007, p. 496; A. SINAY-CYTERMANN, Obligations, 1998, p. 15; J.–P.
NIBOYET, Traité, t. IV, 1947, p. 70 ss., P. ARMINJON, Précis, t. III, 1952, pp. 259 s.; P.
LEREBOURS-PIGEONNIÈRE, Y. LOUSSOUARN, Droit international privé, 1962, p. 592 e ss.; J.-D.
BREDIN, Obligations, 1960, p. 10.
13
Tali rapporti possono avere entrambi natura contrattuale oppure essere l’uno contrattuale e
l’altro extracontrattuale e potrebbero anche avere entrambi natura extracontrattuale.
12 CAPITOLO PRIMO

rogatoria, infatti, i rapporti che l’azione dichiarativa della simulazione esperita


dal creditore e l’azione revocatoria prendono in considerazione si pongono ab
origine in conflitto. In questi casi, lungi dal vantare crediti verso terzi, il debito-
re ha ulteriori debiti da onorare, il cui adempimento minaccia seriamente la sua
solvibilità. Le due figure si distinguono, tuttavia, perché mentre la prima si e-
saurisce nell’estendere al creditore la legittimazione ad agire per far valere
l’invalidità sostanziale di un rapporto cui è estraneo, la seconda è stata creata
“su misura” per il creditore. Da questo punto di vista l’azione dichiarativa della
simulazione è più simile all’azione surrogatoria che all’azione revocatoria ordi-
naria. Infatti le prime due azioni legittimano il creditore a chiedere il riconosci-
mento di situazioni sostanziali o a provocare modificazioni sostanziali di rap-
porti tra terzi, nella stessa misura in cui le parti a tali rapporti potrebbero farlo e
conseguendo i medesimi effetti che avrebbero potuto conseguire le parti al rap-
porto dedotto in giudizio. Al contrario l’azione revocatoria ordinaria consente al
creditore di incidere su di un rapporto giuridico cui è estraneo ai soli fini della
conservazione della garanzia del credito, e incidendo su un rapporto cui è terzo,
secondo modalità che non potrebbero essere usate dalle parti a quel rapporto.
Con l’azione revocatoria ordinaria il creditore solo eventualmente e solo indiret-
tamente può modificare situazioni sostanziali tra terzi, ossia nel caso in cui alla
pronuncia di revoca faccia seguito un’espropriazione del bene oggetto dell’atto
di disposizione a favore del terzo.
Al di là di queste differenze, la questione della natura giuridica dei rimedi
studiati è egualmente complessa, sebbene sia chiara la loro economia generale:
essa emerge chiaramente dal collegamento con l’art. 2740 c.c.14. Queste azioni
risolvono il conflitto di interessi tra due “creditori” del medesimo debitore se-
condo una scala di valori e un concetto di giustizia propri del legislatore nazio-
nale15.
Sul piano del diritto internazionale privato, questo conflitto tra due rapporti
giuridici diventa un conflitto tra statuti, ogni volta che ai due rapporti corri-
spondono due ordinamenti giuridici (candidati a darne una disciplina). Bisogna
chiedersi come debba articolarsi la soluzione di questo conflitto tra statuti, al di
fuori di una scala gerarchica di valori materiali, dal momento che il diritto in-
ternazionale privato aspira alla neutralità assiologica della proprie soluzioni16.

14
V. sotto, cap. II.
15
Con le azioni in parola l’ordinamento risolve il dilemma tra la tutela (anticipata) del credi-
to, che gli consente di proteggere gli investimenti, e la sicurezza dei trasferimenti di beni patrimo-
niali. Nell’ordinamento italiano la bilancia pende a favore del primo dei due valori segnalati, co-
me si evince dalla possibilità consentita al creditore condizionale di esercitare l’azione e di tra-
scrivere la domanda di revoca; al contrario, l’ordinamento tedesco attribuisce più importanza alla
certezza dei trasferimenti di beni, non consentendo, salvo in casi eccezionali, al creditore privo di
titolo esecutivo di mettere in discussione acquisti di per sé validi.
16
Sin dai rilievi di Ph. FRANCESCAKIS, Recensione a G. Kegel, 1954, p. 238 e La théorie du
renvoi et le conflit des systèmes, 1958, pp. 20 ss., spec. pp. 25 s., le critiche alla “neutralità” delle
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 13

Un esempio servirà a illustrare meglio le problematiche sottese agli istituti


in esame. Si ponga il caso che il Signor Günther, di Berlino, sia creditore del
Signor François, di Parigi, per avergli venduto macchine da cucire industriali
con un contratto sottoposto ex professo alla legge tedesca. Günther viene a
sapere che la situazione patrimoniale di François è peggiorata sensibilmente,
anche in conseguenza dei ritardi e delle inadempienze contrattuali di Esteban, il
miglior cliente di François, che si occupa della distribuzione dei suoi capi
d’abbigliamento al di là dei Pirenei. Günther decide perciò di surrogarsi a
François, togliendolo d’imbarazzo, per chiedere a Esteban il risarcimento
dei danni conseguenti all’inadempimento e ripristinare così la capienza del
patrimonio di François, garantendosi, allo stesso tempo, il buon fine di un
eventuale e futura esecuzione sui beni di lui. Se i rapporti tra François e
Esteban sono regolati dalla legge francese, ci si può chiedere se l’azione
surrogatoria debba essere disciplinata da questa legge o da quella tedesca. La
questione non è priva di conseguenze pratiche dal momento che l’ordinamento
tedesco non conosce l’azione surrogatoria e pertanto, non riconoscerebbe a
Günther il “potere di agire in surrogatoria”. Al contrario, se si applicasse la
legge francese, in quanto legge regolatrice del credito assistito dall’azione
surrogatoria, Günther potrebbe senz’altro esperire l’azione surrogatoria, e
chiedere la condanna di Esteban al risarcimento dei danni patiti da François.
Günther si prevarrebbe così di una possibilità che non avrebbe avuto se, per
ipotesi, i rapporti tra François e Esteban fossero regolati da una legge che non
conosce l’istituto della surrogatoria. In altre parole, una circostanza accidentale
e estranea alla sfera dell’attore – la sottoposizione del rapporto secondario alla
legge francese – finisce per incidere sul contenuto dei diritti e poteri
riconosciuti al creditore dalla legge competente per il credito.

soluzioni di diritto internazionale privato si sono moltiplicate nella dottrina francese e di lingua
francese; B. ANCEL, nota a C. Cost. 26 febbraio 1987 n. 71, 1987 a p. 572 afferma: « les règles de
conflits cultivent des valeurs matérielles ». Più incisivamente l’autore e H. MUIR WATT, nota a
Cassation 13 aprile 1999, Compagnie Royale belge c. Société Lilloise d’assurances, 1999, pp. 698
ss. constatano che le norme di diritto internazionale privato francesi, sotto l’apparente rinvio ad
una legge da applicare, hanno in realtà la funzione di scegliere norme sostanziali. Questa conce-
zione, sottolineano gli eminenti autori, europeizza le tesi espresse da A. EHRENZWEIG, A Treatise
on Conflicts of Laws, 1962. Con particolare riferimento alla disciplina delle successioni si veda S.
BILLARANT, Le caractère substantiel de la réglementation française des successions internationa-
les, 2004, p. 453, e la recensione sempre di B. ANCEL, 2005, pp. 367 ss. Adde P. M. PATOCCHI,
Règles de rattachement localisatrices et règles de rattachement à caractère substantiel, 1985,
spec. pp. 201 ss. Come ricorda T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, 1999, p. 199, sono
ormai lontani gli anni in cui si sosteneva l’indifferenza del diritto internazionale privato nei
confronti dei valori sociali e si concepiva la disciplina come un “simple droit de classement” – per
usare un’espressione di Jean-Paulin Niboyet – tuttavia, sostiene l’autore, ivi, “anche se oggi
questa esigenza di purezza metodologica non è più esclusiva […] nessuno ritiene che sia venuta
meno la distinzione fondamentale tra la metodologia europea e quella americana. La prima resta
sempre fondata sulla separazione tra norme di rinvio e norme materiali”.
14 CAPITOLO PRIMO

Per contro, l’applicazione della legge tedesca alla fattispecie comprensiva


del rapporto tra debitore e subdebitore (François – Esteban nell’esempio) con-
durrebbe ad un mutamento della disciplina posta dalla legge “naturalmente”
chiamata a regolare l’obbligazione dedotta in giudizio (il rapporto obbligatorio
François – Esteban). Bisogna infatti tenere presente che nel diritto tedesco è
possibile utilizzare, in luogo dell’azione surrogatoria, l’azione revocatoria (al
fine di “revocare l’inerzia” del debitore) con l’effetto, però, che il creditore può
ottenere la condanna, in proprio favore, del subdebitore17. Il ricorso alla legge
tedesca (regolatrice del credito protetto) ha così la conseguenza di produrre una
sostanziale alterazione del rapporto tra debitore e subdebitore applicando ad es-
so il rimedio revocatorio, non previsto dalla legge francese “naturalmente”
competente e dunque privando il subdebitore della possibilità di opporre ecce-
zioni diverse da quelle ammesse dalla legge tedesca, ma eventualmente previste
dalla legge francese.
L’applicazione della legge del credito protetto potrebbe anche condurre a
manovre fraudolente. Ad esempio, dopo la scadenza del termine di decadenza o
prescrizione di un’azione, il creditore che non volesse rassegnarsi potrebbe do-
mandare ai propri creditori – se il rapporto tra loro è regolato da una legge più
favorevole quanto ai termini di prescrizione e decadenza – di esercitare in via
surrogatoria quell’azione ch’egli non può più esercitare personalmente così elu-
dendo la disciplina naturalmente applicabile al rapporto.
La questione si pone in modo identico se, modificando l’esempio fatto, si
ipotizza che Günther agisca non per il recupero di un credito di François, ma
per far dichiarare la simulazione, o per far revocare, un suo atto di disposizione
a favore di Esteban. In tal caso, quest’ultimo al fine di sapere se il proprio ac-
quisto è valido, dovrebbe verificare che cosa dispongono in proposito le leggi
che disciplinano i vari rapporti obbligatori di cui è parte il proprio dante causa.
Ciò contrasta con manifeste esigenze di certezza giuridica: il terzo deve poter
sapere se il proprio acquisto è valido sulla base di una legge che conosce o che
può conoscere al momento di stipulazione dell’atto.
Per tutte queste ragioni pare evidente che la legge tedesca competente per il
credito non debba applicarsi a tutti gli aspetti delle azioni esercitate da Günther.
La legge francese del rapporto dedotto in giudizio potrebbe invece (nel no-
stro esempio) trovare applicazione sulla base di titoli diversi: sia perché disci-
plina il rapporto obbligatorio tra François e Esteban (legge dell’obbligazione
secondaria) sia perché è la legge del luogo di domicilio del debitore principale,
François (lex domicilii), e dove il patrimonio di quest’ultimo è situato (lex rei
sitae).

17
La manovra descritta nel testo sembra consentita dalla nuova legge tedesca sulla revocato-
ria, il Gesetz über die Anfechtung von Rechtshandlungen eines Schuldners außerhalb des
Insolvenzfahrens del 5 ottobre 1994, entrato in vigore nel 1999 (vedine il testo in Bundesgesetz-
blatt, I, S.2911, d’ora in poi: AnfG).
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 15

Un argomento contro l’applicazione della legge francese deriva però dalla


completa estraneità dell’attore berlinese al rapporto che lega i due convenuti
domiciliati l’uno in Francia e l’altro in Spagna, oltre che dalla circostanza che
l’attore agisce per la tutela del proprio credito, e non avrebbe potuto ragione-
volmente prevedere che la legge regolatrice della garanzia patrimoniale del pro-
prio credito dipendesse dai rapporti tra il proprio debitore e terzi.
Considerazioni di giustizia internazionalprivatistica impongono di tenere
conto delle aspettative delle parti18. Da questo punto di vista si deve attribuire
rilevanza alla circostanza che Günther tiene presente, per la disciplina del pro-
prio credito, l’ordinamento competente per esso e che attribuisce alla qualità di
“creditore” il significato giuridico-economico esistente nell’ambiente tedesco in
cui opera, con tutte le conseguenze ivi collegate a tale status19.
Come appena accennato, discende già da queste brevi considerazioni che lo
statuto delle azioni in parola dovrà sempre combinarsi con lo statuto dei rappor-
ti giuridici sottostanti. L’azione surrogatoria e gli altri mezzi di conservazione
della garanzia patrimoniale, o ancora più in generale, i rapporti trilaterali con
elementi di estraneità, intervengono quando un certo numero di leggi sono ri-
chiamate per regolare aspetti della fattispecie.
Si potrebbe anche ipotizzare, peraltro, che l’azione non abbia un proprio sta-
tuto, ma che la sua disciplina si ripartisca semplicemente tra le leggi regolatrici

18
Sostiene P. M. PATOCCHI, Règles de rattachement localisatrices, 1985, pp. 238 ss. che
l’idea della tutela delle aspettative delle parti ha fatto ingresso nella concezione comune del diritto
internazionale privato da quando Savigny ha operato il noto parallelismo tra “sede naturale di un
rapporto giuridico” e “sottomissione volontaria” delle parti a una delle leggi in conflitto. La tutela
delle aspettative spiega la ricerca della legge applicabile attraverso la localizzazione della fattis-
pecie perché “la loi de l’Etat avec lequel la situation a les liens les plus étroits est dans la règle la
loi que les intéressés s’attendent de bonne foi à voir appliquer” [ivi, n. 488]. Queste osservazioni
non devono essere sopravvalutate o spingere a disconoscere la validità del parallelismo. La tutela
dell’affidamento è un principio di giustizia sostanziale assoluto e non limitato alla nostra discipli-
na, in quanto è uno degli aspetti in cui si concreta l’esigenza di certezza del diritto. È però vero
che il principio di certezza del diritto, da baluardo contro l’arbitrio dell’autorità, ha assurto una
posizione di centralità nel diritto continentale che forse andrebbe rimeditata: esso è talmente con-
naturato all’idea di giustizia che ha finito, paradossalmente, per essere un obiettivo più tenace-
mente perseguito di questa. Così si possono leggere le critiche della dottrina americana durante la
c.d. conflicts revolution. Sulla tutela delle aspettative sono ancora attuali le osservazioni di R.
QUADRI, Lezioni, 1969, pp. 147 ss.
19
Per chiarire meglio i concetti espressi nel testo, si può fare un raffronto con i paesi d’Oltre
Manica. In Common law non esiste un vero e proprio principio, analogo a quello della responsabi-
lità patrimoniale del debitore. Del resto è l’idea stessa di patrimonio che fa difetto in quella cultu-
ra giuridica: essa ha senso solo per le persone giuridiche, dove il patrimonio rappresenta però
l’essenza stessa del soggetto, che s’identifica nel patrimonio legato allo scopo imprenditoriale.
Similmente imprime unità a un insieme di beni la loro destinazione a un trust, senza il bisogno di
creare o identificare una persona (fisica o giuridica) che ne sia titolare. Il concetto di garanzia pa-
trimoniale del credito è perciò proprio solo del diritto continentale.
16 CAPITOLO PRIMO

dei rapporti sottostanti. Nel nostro esempio il coordinamento tra le due leggi po-
trebbe avvenire (in prima approssimazione) verificando l’esperibilità del-
l’azione surrogatoria da parte di Günther in base alla legge tedesca, regolatrice
del credito protetto (configurando la garanzia patrimoniale come un accessorio
di esso), e lasciando poi il rapporto dedotto in giudizio, quello tra François e
Esteban, sotto la propria legge regolatrice, che è la legge francese20.
Problemi e riflessioni analoghe si pongono per l’individuazione del giudice
competente per le azioni in esame. Il nostro Günther potrebbe non sapere se ol-
tre al giudice spagnolo del domicilio del convenuto, può rivolgersi al giudice
francese o a quello tedesco, designati da un criterio speciale di competenza. I
suoi avvocati si troverebbero a confronto con il regolamento Bruxelles I per
stabilire se, al di là del ricorso al foro generale previsto dall’articolo 2, sia pos-
sibile adire un foro speciale, fondato sull’idea di prossimità21.
Quale sarebbe, in questo caso, il giudice più prossimo alla lite? Entrambi i
giudici sembrano prossimi ad un aspetto della controversia e lontani dagli altri
e, nelle questioni processuali, un concorso di competenze o uno spezzettamento
della fattispecie non è neppure immaginabile.
È innegabile, d’altronde, che molte delle considerazioni svolte circa i con-
flitti di leggi valgano anche in questo ambito22.

20
Per la soluzione dell’esame di entrambe le lex causae che vengono in rilievo nell’azione
revocatoria ordinaria, si veda già Ch. N. FRAGISTAS, Das Anfechtungsrecht der Gläubiger, 1938-
39, p. 457, che usa l’espressione icastica “Koppelung”: “In solchem Falle spricht man von einer
Koppelung zweier Rechtsordnungen”. La dottrina si mostra tendenzialmente favorevole alla solu-
zione del concorso per i rapporti trilaterali che presuppongono due rapporti obbligatori sottostanti.
Si veda, per esempio, L. MARI, Sulla legge regolatrice della c.d. surroga assicuratoria, 1975, p.
501 e ss.; nello stesso senso, A. DAVÌ, La responsabilità non contrattuale nel diritto internaziona-
le privato, 1998, p. 340 e ss. e spec. p. 341 nt. 158, con rilievi critici circa la demarcazione delle
aree di pertinenza delle due leggi applicabili. Proprio la varietà delle posizioni prese a favore della
sottoposizione di ciascuna questione giuridica all’una o all’altra lex causae ha condotto la dottrina
tedesca a coniare l’espressione Rosinentheorie (“teoria delle ciliegie”): come a dire che ogni auto-
re va a cogliere norme negli ordinamenti rilevanti, come sull’albero le ciliegie. L’espressione è
riportata da E. JAYME, Identité culturelle et intégration, 1995, p. 106 e s.
21
Alcune delle questioni di diritto processuale civile internazionale cui dà luogo l’azione
revocatoria ordinaria sono state oggetto di un’interessante discussione in dottrina, soprattutto
dopo la sentenza Reichert II della Corte di Giustizia CE, che ha escluso l’applicabilità dei criteri
di competenza fissati dagli artt. 5 p. 3 (locus commissi delicti), 16 p. 5 (foro dell’esecuzione) e 24
(foro dei provvedimenti provvisori e cautelari) della Convenzione di Bruxelles all’azione pauliana
di diritto francese [su cui si vedano le note di B. ANCEL, 1992, pp. 720 ss.; A. HUET, 1993, pp.
461 ss.; H. TAGARAS, 1992, pp. 700 ss.; P. VLAS, 1993, pp. 499 ss. e le osservazioni di L. MARI, Il
diritto processuale, 1999, spec. pp. 277 s., 560, 714 ss. Sulla sentenza Reichert I con la quale la
Corte aveva escluso la sussistenza del criterio di competenza fissato dall’articolo 16 p. 1 della
Convenzione di Bruxelles (forum rei sitae) si veda B. ANCEL, 1990, pp. 154 ss.; J.-M. BISCHOFF,
1990, pp. 503 ss.; H. TAGARAS, 1990, pp. 684 ss.; P. VLAS, 1992, pp. 402 ss. Si veda sotto pp. 247
ss.
22
Per il principio di prossimità, che riveste primaria importanza nel diritto internazionale
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 17

Le due questioni, nettamente distinte l’una dall’altra, in quanto relative


l’una allo ius e l’altra al forum, potrebbero essere ulteriormente complicate ag-
giungendo altri elementi di estraneità alla fattispecie. Gli interrogativi prospetta-
ti sorgono ogni qualvolta si immagini un creditore nell’intento di mettere in pra-
tica i mezzi che gli consentono di intervenire nei rapporti che il suo debitore ha
con terzi23.
Riteniamo che il problema debba trovare una propria soluzione sulla base
dello stretto diritto positivo, anche se non desumibile da espresse norme scritte.
Non vogliamo però sottrarci al compito di esaminare la questione (o meglio, il
complesso delle questioni indicate) in tutti i suoi profili rilevanti, anche di teoria
generale, e con il dovuto riguardo alle soluzioni di volta in volta prospettate.

2. Problematica della “qualificazione”

Il diritto positivo non ha strumenti che consentano di dare una risposta sicu-
ra, suscettibile di un’adesione generalizzata, alle problematiche illustrate. Nel-
l’assenza di disposizioni esplicitamente concepite per i mezzi di conservazione
della garanzia patrimoniale, l’interprete italiano (ma la situazione non è diversa
per molti altri paesi europei) si trova di fronte a un primo scoglio: l’individua-
zione delle norme di diritto internazionale privato applicabili. Anche qui si pone
quel problema interpretativo peculiare nella nostra disciplina che ha portato
all’elaborazione di una nozione specifica: la qualificazione24.

privato comunitario sia per la determinazione della legge applicabile, sia per la determinazione
della competenza giurisdizionale speciale (nel significato che riveste nel sistema della Conven-
zione di Bruxelles), si veda P. LAGARDE, Le principe de proximité dans le droit international pri-
vé contemporain, 1986-I, pp. 9 ss.; T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, 1982, p. 249, e
ora T. BALLARINO, G. P. ROMANO, Le principe de proximité chez Paul Lagarde, 2005, pp. 37 ss.
23
Nell’ipotesi di esercizio di un’azione dichiarativa della simulazione si pone poi l’ulteriore
problema di individuare un sistema giuridico competente per la soluzione di eventuali conflitti tra
i creditori dei due partecipanti all’accordo simulatorio o fraudolento.
24
Come ben evidenziato da E. VITTA, Diritto internazionale privato, I, 1972, p. 304, nel
diritto internazionale privato l’operazione di qualificazione “presenta aspetti particolari, più che
altro a motivo della [...] sinteticità delle norme di conflitto, connessa alla loro natura formale ed
indiretta, nonché al dubbio, che può ragionevolmente sorgere, circa l’ordinamento giuridico nel
cui ambito ci si deve muovere”. Il problema ha molto agitato la dottrina sin dalla sua scoperta da
parte di F. KAHN, Gesetzeskollisionen, 1928 (1891), pp. 92 ss. che lo aveva definito un problema
di conflitti latenti (“Latente Gesetzekollisionen”) e da É. BARTIN, De l’impossibilité d’arriver à la
solution définitive, 1897, pp. 225 ss., 466 ss., 720 ss. Questo autore aveva enfatizzato l’impos-
sibilità di attuare il metodo concepito da Savigny per giungere all’uniformità delle soluzioni dei
conflitti di leggi in Europa, trascurando il fatto che il metodo era stato elaborato nel contesto del
gemeines Recht in cui si muoveva l’eminente autore tedesco. Solo la dottrina più recente ha posto
mano alla storicizzazione del metodo savigniano, rilevando la sua inattualità e inadeguatezza a
risolvere i conflitti tra norme appartenenti a ordinamenti con sistemi di diritto positivo diversi.
18 CAPITOLO PRIMO

Nella trattazione del problema Hans Lewald esordì con un neologismo


divenuto ricorrente: « c’est presque une série de logogriphes juridiques que
nous aurons à nous occuper dans ce chapitre »25. Dall’anno del suo corso
all’Accademia dell’Aja, il 1939, la produzione di “logogrifi” da parte della
dottrina non si è arrestata, ma è continuata copiosamente. Essa può essere
spiegata dall’anfibologia della parola qualificazione26, la quale è utilizzata per
indicare processi conoscitivi diversi, in taluni casi anche profondamente diversi
tra loro.
In un primo senso, la qualificazione indica il confronto tra un fenomeno,
giuridicamente rilevante, e una norma di diritto internazionale privato. Già in
questo significato il procedimento di qualificazione può consistere in due
diversi processi logici, i quali procedono in direzione opposta: l’interrogativo
dell’interprete può partire dal testo della norma di diritto internazionale privato,
e allora l’interprete cercherà di capire quali siano i fenomeni che rientrano nella
fattispecie astratta di una norma di diritto internazionale privato (esegesi del
testo); può invece partire da un determinato fenomeno e allora, con un
procedimento inverso, cercherà di capire quale norma di diritto internazionale
privato dà una valutazione giuridica alla realtà da qualificare (sussunzione della
fattispecie concreta nella norma astratta)27.
La questione è tradizionalmente costruita attorno all’oggetto della qua-
lificazione nella dottrina continentale28. La dottrina di un’epoca precedente alla

25
H. LEWALD, Règles générales des conflits des lois, 1939, p. 68.
26
Il termine “anfibologia” o “anfibolia”, indica genericamente una parola che significa due o
più cose, ma anche la confusione generata dallo scambio dei due usi della parola. Si veda la voce
in N. ABBAGNANO, Dizionario di filosofia, 1998, p. 49.
27
Questi due processi riflettono la classica impostazione dottrinale italiana per la quale rin-
viamo a G. MORELLI, Elementi di diritto internazionale privato italiano, 1986, pp. 32 s. Nelle pa-
gine che seguono si verificheranno le possibilità di sussumere il fenomeno revocatorio in una del-
le norme di diritto internazionale privato in vigore in Italia, operazione decisiva secondo B. AU-
DIT, Le caractère fonctionnel de la règle de conflit, 1984, p. 307: “La structure de la règle de
conflit veut que l’opération de qualification soit la première à intervenir dans sa mise en œuvre.
Cette opération est, au sens propre, décisive : le rattachement ayant été prédéterminé pour une
catégorie donnée, la qualification de la question particulière présentée conduit inéluctablement au
résultat.”
28
La dottrina anglosassone supera il problema segnalato nel testo ammettendo che l’oggetto
della qualificazione è doppio e l’interprete deve compiere entrambe le operazioni di qualificazio-
ne segnalate in maniera consecutiva. P. NORTH, J. J. FAWCETT, J.M. CARRUTHERS, CHESHIRE,
NORTH and FAWCETT, Private International Law, 2008, pp. 42 ss. distinguono la classification of
the cause of action – ossia l’allocazione della fattispecie concreta nella corrispondente categoria
giuridica – quale operazione preliminare funzionale alla scelta della legge applicabile; dalla clas-
sification of a rule of law – che riguarda il diverso problema dell’interpretazione di una norma
giuridica invocata dalle parti. Questa seconda operazione di classification interviene dopo la desi-
gnazione della legge applicabile per stabilire la policy di una norma, inglese o straniera, e il rico-
noscimento che il giudice deve dare alla sua volontà d’applicazione. Ad esempio la classificazio-
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 19

nostra era divisa tra coloro che ritenevano che si qualificassero i fatti da
sussumere nella norma e coloro che propendevano per la qualificazione delle
norme29. La posizione intermedia, per il suo equilibrio, ha finito per diventare
maggioritaria e oggi si ritiene che la qualificazione abbia ad oggetto la
questione giuridica30, o anche il “progetto” dell’attore, cioè il petitum31.
In un altro senso, che potrebbe dirsi quello originario, il problema di
qualificazione mira a individuare la natura di un rapporto giuridico, astrat-
tamente considerato, al fine di scoprire il criterio di collegamento naturale per
esso32. Si tratta dell’impostazione del padre del diritto internazionale privato,

ne di una norma giuridica inglese come norma processuale può generare la sua applicazione da
parte del giudice inglese anche se per la soluzione del caso concreto è ritenuta competente una
legge straniera.
29
Per una riflessione sulle due posizioni vedi ampiamente B. ANCEL, L’objet de la qualifica-
tion, 1980, pp. 227 ss. P. MAYER, V. HEUZÉ, Droit international privé, 2007, pp. 365 ss., a propo-
sito della distinzione tra diritto sostanziale e processuale, osservano: “la cloison n’est pas étanche
entre l’existence et le contenu des droits d’une part, la façon dont ils sont mis en œuvre en justice
d’autre part. [...] Le rôle de la qualification présente ici une originalité qui doit conduire à délais-
ser la méthode décrite dans le paragraphe consacré au choix de la règle de conflit [...]. Le choix à
effectuer n’est pas, en effet, entre deux règles de conflit [...] mais entre le respect de la compéten-
ce de la lex fori, imposée par cette loi elle-même si elle est de procédure, et, si elle ne l’est pas, le
recours à une règle de conflit de lois ; on n’est pas à la frontière de deux règles de conflit, mais à
la frontière du droit de conflits de lois tout entier. [...] la qualification qu’il convient d’opérer est
donc celle de règles françaises, qui constituent ici l’ « objet de la qualification » ; si ce sont des
règles de procédure, le juge doit les appliquer ; si ce sont des règles substantielles, il doit recher-
cher la loi applicable.” Riteniamo che l’operazione attraverso la quale la norma giuridica è sus-
sunta nella dicotomia sostanza/procedura, non riguarda propriamente l’interpretazione di un testo,
la qualificazione della norma come processuale o sostanziale, ma piuttosto l’attribuzione a un fe-
nomeno di un criterio di collegamento. Piuttosto che chiedersi se il rapporto è processuale o so-
stanziale, il giudice si chiede quale dovrebbe essere il criterio di collegamento per quel rapporto :
lex fori o lex causae.
30
P. MAYER, La distinction entre règles et décisions, 1973, p. 61 ss.
31
B. ANCEL, Les conflits de qualifications, 1977, p. 222 s.; p. 244, p. 249, e p. 256: ove af-
ferma “De cette étude, il ressort que la qualification nécessaire à l’application de la règle de
conflit a pour objet un projet. Cette dénomination recouvre le lien que l’individu établit entre la
situation qui laisse insatisfaits ses intérêts et lui fait éprouver le besoin de les satisfaire et la situa-
tion qui étendrait ce besoin. [...] En effet, la démarche qui s’efforce, pour les soumettre à
l’opération de qualification, de saisir les règles internes dans la signification que leur confèrent
respectivement leurs ordres originaires mène à des conflits – positifs ou négatifs – de règles de
conflit.” e a p. 257: “[D’autre part, à supposer que l’école positiviste italienne] puisse expliquer
comment des « purs faits » se mettent en relation avec un système de catégories, un ensemble de
concepts, sans y laisser leur « pureté », elle succomberait encore devant le conflit intérieur qu’elle
suscite au sein de la norme du rattachement” [p. 258 s.] “Force est, dans ces conditions de conclu-
re à la qualification lege fori du projet dont l’aspect [...] déterminera le choix de la règle de conflit
et, par suite, en combinaison avec le facteur de rattachement, celui de loi applicable”.
32
T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, 1982, pp. 285 ss.; e Diritto internazionale
privato, 1999, pp. 236 ss.
20 CAPITOLO PRIMO

Savigny, esponente in Germania della scuola storica del diritto e convinto


assertore dell’unità della cultura giuridica europea sotto il vessillo del diritto
romano e del diritto comune33. In questo secondo senso, la qualificazione
implica l’analisi della natura giuridica di un istituto del diritto positivo al fine di
ascriverlo a una categoria civilistica generale più vasta. Si tratta di un’analisi
squisitamente civilistica e di grande raffinatezza, il cui esito (e solo quello)
interessa il diritto internazionale privato34.
Il procedimento di qualificazione indicato per primo è finalizzato all’ap-
plicazione di norme di diritto positivo per la soluzione di un problema concreto
e attuale mentre il secondo procedimento è finalizzato alla sistemazione di
concetti e all’individuazione del criterio di collegamento preferibile o più
giustificato da un punto di vista scientifico. Inteso in questo secondo significato,
il procedimento di qualificazione è più utile al legislatore che all’interprete.
Questo secondo significato è quello originario se si pensa che nel sistema di
Savigny solo la seconda operazione aveva senso perché il diritto internazionale
privato, così come il diritto privato, non era diritto scritto. Il ragionamento
giuridico all’epoca del diritto comune (gemeines Recht) non consisteva nel
confrontare la realtà sociale con la legge scritta, con lo ius positum, ma
nell’analizzare la realtà sociale per evincerne i tratti giuridici: l’analogia,
l’argomento a contrario, a fortiori, a maiore ad minus, ecc., prima di essere
procedimenti logici per l’interpretazione e l’applicazione di un testo, servivano
a costruire soluzioni giuridiche su misura per un problema concreto. Nel diritto
internazionale privato, come nel diritto privato, il caso concreto andava studiato
con gli strumenti del diritto e, solo per questo studio, diventava giuridico, cioè
ben prima che gli fosse applicata una norma sostanziale atta a risolverlo35.
Savigny cercava il fattore di collegamento da attribuire a un rapporto
giuridico in questa concezione purista, che presupponeva la scientificità delle

33
Si veda sinteticamente T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, 1982, pp. 26 ss.
Preme sottolineare che la prospettiva di Savigny non è stata abbandonata per quanto attiene alla
necessità di ricercare la natura giuridica di un istituto. Infatti, ciò che è cambiato dopo la scoperta
del problema delle qualificazioni è il luogo ove ricercare la natura degli istituti: in Savigny era il
diritto romano e comune, nella dottrina maggioritaria contemporanea è il diritto positivo interno.
34
Il procedimento di qualificazione, nel primo significato precisato (cfr. nt. 27), è svolto di
seguito, nel testo; nel secondo significato, cioè l’analisi della natura giuridica degli istituti in
esame, è svolto nel capitolo II.
35
Rileva B. ANCEL, Les conflits de qualifications, 1977, p. 125, che l’esistenza di una
comunità di diritto in Europa rendeva “possible de rassembler fait et droit dans l’unité d’un
rapport juridique avant même que ne fût appliquée une disposition substantielle pour en préciser
les traits, avant même que celle-ci ne fût désignée”. L’autore sottolinea come, dopo la
disaggregazione di questa comunità giuridica che si era sviluppata nei secoli del diritto comune
(XIII-XIX): “la considération est devenue illégitime ou du moins problématique, en droit
international privé, d’un rapport de droit existant avant l’application d’une disposition
substantielle de droit positif, et donc a fortiori avant la désignation d’une loi applicable”.
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 21

costruzioni giuridiche di origine romana e l’inutilità di una codificazione


nazionale del diritto privato. Come è stato osservato, fino a quando l’esistenza
di una comunità giuridica riuscì a tenere insieme gli “ordinamenti” in conflitto,
l’unico problema di diritto internazionale privato che poteva porsi era quello del
“conflitto di categorie”: l’appartenenza di un caso alla categoria successoria
piuttosto che a quella matrimoniale, ad esempio36. Infatti non vi era alcuna
divergenza tra gli interessi tutelati e gli obiettivi perseguiti dagli istituti di diritto
civile, sebbene la disciplina potesse divergere da un luogo all’altro, per la
vigenza di consuetudini diverse37. In altre parole, gli ordinamenti non erano
separati da fondamenti ideologici in grado di condizionare anche la giustizia dei
privati, questa essendo invece uniformemente ispirata dai principi di diritto
romano comune.
In questo contesto, Savigny ha elaborato il suo metodo di soluzione dei
conflitti di leggi consistente nell’assegnazione di un criterio di collegamento a
ogni categoria. Secondo la sua concezione era sufficiente scoprire, attraverso la
speculazione scientifica, il collegamento ideale per ogni rapporto giuridico. In
assenza di una comunità giuridica, è però diventato problematico prendere in
considerazione dei rapporti giuridici in modo astratto, cioè prima della loro
apprensione da parte di una norma giuridica. Sebbene il termine “contratto” sia
comprensibile da ogni giurista europeo, per stabilire se un dato rapporto sia
contrattuale bisogna porsi all’interno di un ordinamento giuridico e applicarne
le norme; si potrà poi dire se quello è un rapporto contrattuale in quel dato
ordinamento.
Tramontato il gemeines Recht, l’adattamento più rispettoso della teoria di
Savigny è stato offerto da Ernst Rabel38. L’autore, tedesco di origine ed
emigrato negli Stati Uniti in tempi difficili per il continente europeo, aveva
proposto di risolvere il problema sorto dalla diversificazione del diritto privato,
trovando nel diritto comparato una sorta di surrogato del diritto comune. Rabel

36
B. ANCEL, ivi, p. 551.
37
Ibidem.
38
E. RABEL, The Conflict of Laws: a Comparative Study, 1958; e, dello stesso autore, Das
Problem der Qualifikation, 1931, pp. 241 ss., che può leggersi, in italiano: Il problema della
qualificazione, 1932, p. 97 ss. Diversamente da Bartin, che proprio in esito ai suoi studi sulla qua-
lificazione aveva ritenuto opportuno abbandonare la ricerca di soluzioni uniformi ai conflitti di
leggi, Rabel si mosse nel solco tracciato da Savigny, trovando nel diritto comparato quel
“surrogato” del gemeines Recht, che gli permetteva di inquadrare le istituzioni dei sistemi europei
di diritto civile in modo uniforme. L’autore si fonda sull’osservazione dell’originaria identità
degli istituti del diritto civile, rintracciabile sia nelle opere dei glossatori e degli statutari, sia nel
successivo comune sviluppo delle dottrine generali del diritto europee (anglosassoni e con-
tinentali). Pertanto l’autore (ivi, p. 154) precisa che la norma di conflitto non si relaziona a un fe-
nomeno della lex fori con il quale comparare i fenomeni del diritto straniero ma al contrario diret-
tamente a quello che vi è di comune a tutti questi fenomeni. Per una critica non insensibile al
fascino della teoria di Rabel si veda E. VITTA, Diritto internazionale privato, I, 1972, p. 310.
22 CAPITOLO PRIMO

non ha però tenuto conto dell’ambivalenza appena segnalata del concetto di


“qualificazione”, e dunque della circostanza che la nazionalizzazione del diritto
privato faceva sorgere due problemi distinti per lo sviluppo del metodo savi-
gniano.
La prima conseguenza del positivismo giuridico è stata la nazionalizzazione
dei criteri di collegamento: assumendo il diritto privato caratteristiche ideo-
logiche diverse da ordinamento a ordinamento, gli istituti del diritto civile
rispondevano ormai a obiettivi e interessi diversi e non era più possibile trovare
una sede naturale universalmente valida: ogni “sede”, ogni collegamento,
doveva ormai ispirarsi a obiettivi e interessi nazionali. Questa operazione di
ricerca del collegamento più adatto per ogni categoria attiene all’elaborazione
della norma di conflitto ma viene spesso confusa con il problema della
qualificazione in senso stretto, soprattutto quando si presenta un “conflitto di
categorie”, cioè quando un istituto di diritto interno, ad esempio la donazione
tra coniugi, è ascrivibile a più categorie civilistiche: la categoria matrimoniale,
quella della donazione o quella delle successioni39. Il « conflit des catégories » è
un problema teorico di grande interesse che non è necessariamente generato da
un caso concreto. Ci si è potuto chiedere anche in astratto quale fosse il criterio
di collegamento da utilizzare per la donazione tra coniugi, nell’ambito dei tre
previsti per ognuna delle categorie menzionate. Per sciogliere il dubbio, è dive-
nuto usuale procedere da un esame della natura dell’istituto al fine di stabilire
“lo statuto prevalente”, ovvero di stabilire il criterio di collegamento più rispon-
dente alle esigenze del diritto privato emerse. In questo senso Leo Raape
sosteneva la necessità di preservare il legame tra categoria e criterio di
collegamento per avere la “certezza di un collegamento giusto, cioè concepibile,
equo, giustificato, perché il collegamento si opera tenendo conto del carattere
speciale e particolare della norma giuridica interna”40.
La seconda conseguenza della nazionalizzazione del diritto internazionale
privato va identificata nella questione del c.d. “conflitto di qualificazioni”. Il
problema delle “qualificazioni in conflitto” descrive l’esitazione dell’interprete
di fronte a un caso concreto qualificato diversamente dagli ordinamenti giuridici
in presenza. Esso si pone ad esempio quando un rapporto è ritenuto contrattuale
dalla lex fori ed extracontrattuale dalla lex causae.
Si tratta di un problema pratico che si pone nel momento della applicazione
delle norme di conflitto positive, quando un fenomeno riceve una diversa inter-
pretazione e valutazione dalle leggi rilevanti per la sua disciplina41. Di fronte a
un rapporto qualificato diversamente dagli ordinamenti in presenza, la cui

39
Si veda B. ANCEL, Les conflits de qualifications, pp. 179 ss., 1977, pp. 265 ss. per il “con-
flit de catégories” della donazione tra coniugi e, più in generale, la voce Qualification, dello stes-
so autore, 1998, p. 2; nella dottrina italiana S. TONOLO, Il rinvio di qualificazione, 2003, passim.
40
L. RAAPE, Les rapports entre parents et enfants, 1934, pp. 405 ss. spec. p. 519.
41
B. ANCEL, Les conflits de qualifications, pp. 258 s.
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 23

appartenza all’una o alle altre categorie è dubbia anche nel diritto interno (come
nell’esempio della donazione tra coniugi), ci si pone il problema dell’influenza
che bisogna riconoscere al diritto straniero nell’applicazione delle norme di
diritto internazionale privato del foro42. In altre parole, nel momento del-
l’operazione di sussunzione del rapporto nella norma di diritto interanzionale
privato ci si chiede se la qualificazione “materia successoria” del diritto stra-
niero possa avere l’effetto di designare la norma di conflitto del foro prevista
per la materia successoria. Il rigore del ragionamento giuridico proprio degli
ordinamenti positivi esclude questo risultato: si ricorre alla regola fondamentale
eius est interpretari cuius est condere per escludere la qualificazione lege
causae nell’applicazione delle norme di conflitto43.
La dottrina di Rabel della qualificazione “secondo il diritto comparato” è
frutto della confusione tra le due operazioni richieste al giurista di diritto
internazionale privato post-savigniano. L’uso del diritto comparato per la
soluzione del “conflitto di qualificazioni” condurrebbe a regolamentazioni
fantasiose e approssimative dei fatti sociali: un risultato certamente incom-
patibile con i fondamenti del positivismo giuridico. È invece nella soluzione dei
“conflitti di categorie” che il diritto comparato può rivendicare un proprio
spazio: dovrebbe anzi rappresentare il punto di partenza per l’elaborazione di
norme di diritto internazionale privato da parte di entità sovranazionali, quali la
Conferenza dell’Aja e ora l’Unione Europea.
Sebbene sia facile percepire la distinzione logica tra le due operazioni
descritte, il giurista di diritto internazionale privato scivola facilmente nella loro
contaminazione. Lo testimoniano frasi semplici come la seguente: “l’operazione
di qualificazione … è analoga all’operazione di collegamento, nel senso che
qualificare (decidere, per esempio, che il nome appartiene alla categoria “stato
delle persone”) è, in modo mediato, porre un criterio di collegamento (porre la
regola che il nome è retto dalla legge nazionale44”. L’affermata analogia è frutto
della confusione tra momento applicativo e momento creativo del diritto. Infatti
una cosa è stabilire che la questione giuridica posta all’attenzione del giudice va
qualificata come appartenente allo “stato delle persone” (e da questa qua-

42
B. ANCEL, op. ult. cit., 1977, p. 552.
43
Più correttamente, senza il bisogno di avventurarsi nel terreno della qualificazione lege
causae H. BATIFFOL, Recensione a F. Rigaux, 1957, p. 143 osservava che la lex fori riveste, per la
qualificazione di fattispecie con elementi di estraneità, il ruolo di una mera presunzione; e ancora
Ph. FRANCESCAKIS, La théorie du renvoi, 1958, p. 28, rilevava “l’opération de qualification dé-
bouche ainsi en tout cas, sur un horizon de conceptions matérielles précises, visant la manière
d’être des institutions privées sur le plan international. […] La qualification appara[ît] comme une
spécialisation de la règle de conflit […] elle peut être conçue […] comme une opération relative-
ment concrète, c’est-à-dire comme une opération contemplant directement des institutions mais
ne visant que la sauvegarde de la cohésion de celles-ci. [Ça démontre] qu’il n’est pas possible de
concevoir le jeu de la règle de conflit sans l’existence de principes de caractère matériel”.
44
H. BATIFFOL, P. LAGARDE, Droit international privé, I, 1993, pp. 478 ss.
24 CAPITOLO PRIMO

lificazione far discendere l’applicazione del criterio di collegamento “legge


nazionale” già prestabilito per quella categoria); una cosa diversa è stabilire che
“il nome”, come categoria giuridica astratta, per analogia con le questioni
afferenti alla categoria “stato delle persone” deve essere retto dalla legge
nazionale (si pone allora un criterio di collegamento nuovo, che si riferisce alla
categoria nome).
Per il giurista francese questa distinzione può sembrare una sottigliezza dal
momento che in quell’ordinamento la funzione legislativa e quella interpretativa
sono entrambe svolte dal giudice ordinario in materia di diritto internazionale
privato. Noi riteniamo, tuttavia, che i due processi logico-conoscitivi descritti
vadano tenuti distinti e che il loro disconoscimento abbia generato problemi di
comprensione e di comunicazione in dottrina.
Delle due l’una: o si concepisce la qualificazione in senso tecnico, come
operazione di sussunzione di un fatto nell’ambito di una norma giuridica già
esistente, per utilizzare il criterio di collegamento già posto per quella norma,
oppure la si concepisce in senso atecnico, come operazione di scelta di un
collegamento.
Entrambe le analisi sono necessarie per uno studio dell’azione revocatoria
ordinaria ma è evidente che la prima è, in qualche modo, propedeutica alla se-
conda45. Infatti, l’inesistenza di una disciplina positiva (certa) serve da stimolo
all’elaborazione di una nuova regola di diritto internazionale privato, da propor-
re al legislatore come ipotesi di soluzione del problema dell’azione revocatoria
con elementi di estraneità. Come osservato sopra, inoltre, l’utilità di questa se-
conda indagine travalica i confini dell’ordinamento italiano e la sua validità po-
trebbe essere immediata per ordinamenti come quello francese, ove la Cour de
cassation ha la possibilità di farsi interprete delle esigenze segnalate dalla dot-
trina “in tempo reale”.
Lo studio astratto del criterio di collegamento ideale per l’actio pauliana
vuol essere un contributo alla teoria del diritto internazionale privato comparato,
che vive, come si sa, di ipotesi teoriche. Non è però scontato che la soluzione
così trovata sia utilizzabile dal legislatore italiano. Per la soluzione italiana, una
volta dimostrato che il testo legislativo è ambiguo quanto alla regolamentazione
dell’azione revocatoria ordinaria, bisognerà poi valutare l’opportunità di usare il
metodo dogmatico ora descritto al fine di ricavare la disciplina positiva
dell’azione.

45
Per la prima indagine si vedano le pagine che seguono; per la seconda si veda il cap. II.
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 25

3. Elementi di incertezza nell’applicazione del diritto internazionale privato ita-


liano ai mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale del credito

In nessuno dei due significati che assume, il procedimento della qualifica-


zione può avere l’esito di attribuire una descrizione giuridica definitiva e immu-
tabile a un vicenda reale. La qualificazione di un istituto non potrà mai essere
scolpita nella pietra, anzi, come vedremo, ci pare che essa possa variare in fun-
zione del punto in cui l’interprete dà inizio al proprio percorso esplorativo e ri-
cognitivo46. Con una metafora azzardata ma efficace, si è detto che la qualifica-
zione, come la bellezza, è negli occhi di chi guarda.
Una prova di questo carattere soggettivo della qualificazione si ha quando ci
si accinge, prescindendo dal caso concreto, a una ricognizione delle norme di
diritto internazionale privato astrattamente applicabili alle fattispecie in esame.
L’indagine che si vuole compiere, in altre parole, mira all’indicazione della
norma di diritto internazionale privato che il giudice italiano dovrebbe applicare
per sussumervi i mezzi di conservazione della garanzia generica.
Questa verifica è necessaria tanto per l’individuazione delle norme sulla
legge applicabile quanto per quelle di diritto processuale civile internazionale;
tanto per il diritto interno che per gli strumenti comunitari esistenti47. In tutti i
casi, si tratta di confrontare le tre azioni con le fattispecie delle norme della leg-
ge 218/95, della Convenzione di Bruxelles, del regolamento Bruxelles I, ecc., [o
meglio con le categorie contemplate da tali fattispecie] al fine di individuare la
legge e l’autorità giudiziaria competente in base al criterio di collegamento che
tali norme sanciscono.
È ovvio, però, che le norme di ogni ordinamento giuridico o sistema di
norme vanno qualificate rimanendo nell’ambito del sistema di riferimento. In-
fatti, come si ritiene comunemente, ci dev’essere una corrispondenza tra i con-
cetti conosciuti dall’autore della norma e quelli ricostruiti dall’interprete della
stessa48. Per questo motivo, potrà accadere che i mezzi di conservazione della
garanzia patrimoniale siano qualificati diversamente a seconda che si tratti di
applicare il diritto italiano, il diritto convenzionale o quello comunitario49. In
altre parole, “l’operazione intellettuale, consistente nello stabilire il senso e la
portata delle espressioni impiegate dal legislatore nelle norme di conflitto”50 va

46
Si crede che la consapevolezza espressa nel testo sia all’origine delle riflessioni di B. AN-
CEL, Les conflits de qualifications, 1977, riassunte dall’autore alle pp. 543 ss.
47
Tra gli strumenti comunitari vengono in rilievo i regolamenti Bruxelles I, Roma I e Roma
II.
48
M.-C. NAJM, Principes directeurs du droit international privé et conflit de civilisations,
2005, p. 82 e ss. include la necessità di preservare la coerenza dell’ordinamento interno tra i prin-
cipi direttivi del diritto internazionale privato, definendola “principe de cohésion de l’ordre juridi-
que du for”.
49
E. VITTA, Diritto internazionale privato, I, 1972, pp. 303 s.
50
Ibidem.
26 CAPITOLO PRIMO

compiuta lege fori, se si tratta di applicare la legge 218/95, oppure rispettando le


esigenze di un’interpretazione uniforme del testo convenzionale, se si tratta di
applicare una convenzione come quella di Bruxelles e via dicendo51. È evidente,
poi, che, “a seconda di come le norme di conflitto vengono qualificate, esse
possono assumere una portata più o meno ampia, includendo oppure escluden-
do, la disciplina di determinate fattispecie”52.
Queste operazioni consentiranno di stabilire se le nostre tre fattispecie sono
o meno ricomprese nelle norme di conflitto attualmente in vigore, oppure se c’è
una lacuna legislativa che ha bisogno di essere colmata attraverso gli strumenti
esistenti a questo scopo53.
Da un primo confronto tra i sistemi di diritto internazionale privato presi in
considerazione emergono due dati preliminari. In primo luogo, come già accen-
nato, nessuno degli strumenti che vengono in rilievo contiene una norma ad hoc
per i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale; pertanto la loro disci-
plina internazionalprivatistica è rimessa alla possibilità di sussumerli in norme

51
La qualificazione lege fori non deve avere la conseguenza di disconoscere l’elasticità ne-
cessaria a inquadrare istituzioni giuridiche straniere in norme del foro. La dottrina francese sem-
bra concorde sul punto. Cfr. B. ANCEL, Qualification, 1998, p. 9 e p. 11. Del resto una rigida qua-
lificazione lege fori renderebbe impossibile la qualificazione di istituzioni sconosciute e, portata
alle estreme conseguenze, darebbe vita a un’altra versione del paradosso di Walter Burckhardt (su
cui vedi oltre, cap. II, nt.10). Per l’esigenza di tenere conto della qualificazione della lex causae e
per un suo inquadramento si veda G. BALLADORE PALLIERI, Diritto internazionale privato italia-
no, 1974, p. 69 ss. Cfr. anche Ph. FRANCESCAKIS, La théorie du renvoi, 1958, p. 23, ove dà conto
di un’antica teoria secondo la quale potevano essere riconosciute nel foro istituzioni sconosciute a
patto che rilevassero dal diritto naturale o fossero consacrate dalla maggioranza delle nazioni.
Inoltre, l’autore ricorda la distinzione divenuta tradizionale nella dottrina francese e presentata da
C. AUBRY e C. RAU, Cours de droit civil français, t. 1, 1869, p. 19, che distinguono tra “les fa-
cultés et avantages qui, communément envisagés par les diverses nations policées comme décou-
lant du Droit naturel, ou qui, se trouvant de fait généralement admis dans leurs législations et fai-
sant ainsi partie du Jus gentium, ne sont point à considérer comme particuliers au Droit national
de tel ou de tel peuple, et les facultés et avantages dont l’établissement est plus spécialement
l’œuvre du Droit national qui les consacre”.
52
E. VITTA, Diritto internazionale privato, I, 1972, p. 248.
53
Sulle lacune nel diritto internazionale privato cfr. E. VITTA, ivi, pp. 319 ss., T. BALLARINO,
Diritto internazionale privato, 1982, pp. 238 ss., più approfonditamente R. AGO, Teoria del diritto
internazionale privato, 1934, pp. 173 ss., Règles générales des conflits des lois, 1936, pp. 342 ss.;
E. BETTI, Interpretazione della legge e degli atti giuridici, 1949, pp. 45 ss. La scienza giuridica è
dotata di strumenti per colmare le lacune, una parte importante dei quali è fornita dall’er-
meneutica e, in particolare, dall’interpretazione sistematica. Come segnalato da T. BALLARINO,
Norme vaghe e diritto internazionale privato, 1999, pp. 67 ss., i topoi della teoria del-
l’interpretazione sono tuttavia assenti dalla “sequenza collaudata” dei problemi di diritto interna-
zionale privato presentati dalla manualistica [con l’eccezione del segnalatore: si vedano le pagine
dell’autore appena citate].
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 27

di conflitto che impiegano espressioni comprensive e sintetiche, come “obbliga-


zioni contrattuali” ecc.54.
In secondo luogo, si può osservare che nei diversi sistemi oggetto di studio,
le categorie che, a un primo sguardo ricognitivo, paiono fruibili per qualificare i
mezzi di conservazione della garanzia generica sono tutte create dal diritto ro-
mano, e, nella maggior parte dei casi, hanno conservato l’antico nomen iuris55.
La comune origine può ingenerare la speranza di individuare una categoria di
riferimento, conosciuta dagli ordinamenti presi in considerazione, dal diritto
convenzionale e da quello comunitario, che sia capace di abbracciare i rimedi
predisposti dai diversi sistemi giuridici per la conservazione della garanzia ge-
nerica. In altre parole, si tratta di capire se è possibile scongiurare, dall’inizio,
un conflitto di qualificazioni, ed evitare in radice il rischio che il giudice si trovi
a mettere in atto soluzioni acrobatiche come quella del rinvio di qualificazio-
ne56.
Nel caso dell’actio pauliana, il problema di qualificazione si è concreta-
mente posto in relazione all’applicazione della Convenzione di Bruxelles. Pur-
troppo, le due sentenze interpretative della Corte di giustizia generate dal caso
Reichert non sono servite a chiarirne la natura57. Per quanto attiene alla legge
218/95, muovendo cioè da una prospettiva interna al nostro ordinamento, dun-
que più ricca di indicazioni per la qualificazione lege fori, ci si trova di fronte
alle peculiarità degli istituti funzionali alla conservazione della garanzia del cre-
dito e dell’actio pauliana in particolare.

54
Nel testo, si dà per scontato che oggetto della qualificazione, cioè del confronto tra la real-
tà e l’ipotesi normativa, siano i fatti mediati da una loro interpretazione giuridica lege fori. Per
approfondimenti si veda B. ANCEL, L’objet de la qualification, 1980, pp. 234 ss.
55
Al di là della vexata quaestio sull’oggetto della qualificazione, non si può fare a meno di
constatare l’ampio uso delle categorie civilistiche di matrice romanistica nei sistemi di diritto in-
ternazionale privato: le c.d. nozioni autonome delle norme comunitarie sono possibili anche per-
ché usano nomina iuris già esistenti nei diversi paesi europei ed evocano istituti funzionalmente
simili, a fronte delle diverse discipline positive di diritto interno. Vi è quindi una koiné più atten-
dibile dei concetti comparatistici di Rabel (v. sopra).
56
Sul problema del rinvio di qualificazione si veda ampiamente Y. LEQUETTE, Le renvoi de
qualifications, 1990, pp. 249 ss., e dello stesso autore, Renvoi, 1998. E. JAYME, Identité culturelle,
1995, pp. 111 ss., distingue il “renvoi de qualification” dal “renvoi par qualification divergente”
intendendo riferirsi, con questa seconda nozione, alla figura del rinvio di qualificazione descritta
da Y. Lequette e, con l’altra, al problema della interpretazione degli elementi della fattispecie nel-
la norma di conflitto (per es. la qualificazione di bene mobile o immobile per l’applicazione delle
norme di conflitto sulle successioni, nei casi in cui usano due criteri di collegamento distinti per i
due tipi di beni). Nella dottrina italiana si veda S. TONOLO, Il rinvio di qualificazione nei conflitti
di leggi, 2003, passim.
57
Sentenza Reichert II della Corte di giustizia. In precedenza, in occasione della decisione 1°
marzo 1983, Deka c. CEE, la Corte aveva affermato che l’actio pauliana esprime un principio
generale di diritto comune agli Stati membri.
28 CAPITOLO PRIMO

La dottrina civilistica italiana ha molto discusso sulla natura e sul fonda-


mento delle fattispecie, ma il dibattito, già ricco nella vigenza del vecchio codi-
ce, è scemato gradatamente senza aver condotto a risultati generalmente condi-
visi. Si è già fatto cenno che non vi è accordo sul fondamento della regola di
condotta che impone al debitore la conservazione della garanzia generica del
credito. Nel caso dell’azione revocatoria ordinaria, il comportamento del debito-
re che diminuisce o non si preoccupa di conservare la garanzia patrimoniale del
credito consiste nel compimento di atti di disposizione eccessivi o addirittura
fraudolenti, la cui collocazione nella sistematica civilistica delle obbligazioni ha
dato luogo a dubbi e oscillazioni. Il disvalore che connota la “frode” ha potuto
suggerire l’inquadramento ex delicto, ma l’inquadramento delittuale è ora reci-
samente negato. In effetti, la responsabilità di cui agli art. 2900 e ss. implica
l’inosservanza di una norma di comportamento cui il debitore è vincolato nei
confronti del proprio creditore e non verso l’insieme dei consociati. In mancan-
za di altre chiarificazioni è stato necessario ricondurre questa figura al principio
della responsabilità patrimoniale, affermando che si tratta di obbligazioni ex le-
ge, anche se ciò si risolve in una tautologia.
In effetti, l’attuale discussione sembra avere raggiunto un unico punto ve-
ramente fermo, che serve a superare le antiche esitazioni di glossatori e statuta-
ri: quello di riconoscere alle tre azioni in esame l’appartenenza al genus “obbli-
gazioni”58. Pertanto, nella prospettiva internazionalprivatistica vengono in rilie-
vo tutte le norme di conflitto e di giurisdizione in materia di obbligazioni: per
ognuna di queste deve verificarsi se essa include o esclude le nostre tre fattispe-
cie.
Nella legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, è
lecito chiedersi se dovrebbe trovare applicazione l’art. 61, relativo alle obbliga-
zioni nascenti dalla legge59, oppure l’art. 62 rubricato “responsabilità per fatto

58
Per il fondamento in rem o in personam dell’actio si veda J. A. ANKUM, De geschiedenis
der “actio pauliana”, 1962, che dà conto delle soluzioni e argomentazioni date a questa contro-
versia dalle scuole che si sono succedute nei secoli del diritto comune. Si vedano soprattutto le
pp. 117 e s. per i glossatori e post-accursiani; p. 143 e ss. per gli ultramontani; p. 167 e ss. per i
postglossatori; p. 198 e ss. per gli umanisti; p. 221 e ss. per la scuola elegante olandese; p. 239 e
ss. per la scuola dell’usus modernus pandectarum; ecc. nonché, più speditamente, le pp. 402-404
del résumé français dell’opera. Per una recente rievocazione della qualificazione di “azione per-
sonale in rem” per la revocatoria cfr. Cass. sez. un. 30 giugno 1999, n. 370, Palmeri e Scerra c.
Banco di Sicilia s.p.a., Augurship 33 Ltd., Butterfly Investment Corporation Ltd. Ha invece esclu-
so che l’azione revocatoria di diritto francese appartenga alla materia dei diritti reali la Corte di
giustizia, in occasione della sentenza Reichert II. Il chiarimento della Corte, finalizzato
all’interpretazione della convenzione di Bruxelles, era necessario tenuto conto dello stato del di-
battito nella dottrina francese (e anche spagnola), ove non si è fatta piena luce sulla natura in rem
o in personam dell’actio pauliana. Amplius oltre cap. II e cap V.
59
A quanto consta nessuno dei commenti alla legge 218/95 menziona l’azione revocatoria
ordinaria e l’azione surrogatoria tra gli istituti inquadrabili in una delle norme di conflitto, in
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 29

illecito”, o ancora l’art. 5760che contiene uno dei tanti rinvii “pedagogici” alle
Convenzioni internazionali in vigore per l’Italia61. Va però tenuto presente che
tale disciplina ha assunto carattere residuale dopo l’entrata in vigore dei rego-
lamenti Roma I e Roma II.

4. Segue. Scarsa intensità della vis attractiva della lex contractus alla luce della
Convenzione di Roma e del Regolamento Roma I

La Convenzione di Roma62 e il regolamento Roma I che la sostituisce a far


data dal 17 dicembre 200963, contengono disposizioni specifiche per alcuni rap-

particolare nell’art. 61.


60
E multis M. BENEDETTELLI, Art. 57, 1996, pp. 1360 ss.; T. TREVES, Art. 57, 1995, pp. 1176
ss. Per il periodo anteriore alla riforma cfr. L. FORLATI PICCHIO, Limiti posti dalla Convenzione di
Roma alla riforma, 1994, pp. 337 ss.
61
Sui rinvii “in ogni caso” alle convenzioni internazionali esiste una copiosa letteratura ma si
vedano soprattutto i rilievi critici di D. DAMASCELLI, Il rinvio “in ogni caso” a convenzioni, 1997,
pp. 78 ss., che esclude che la formula abbia una reale portata precettiva. Una posizione possibili-
sta è invece assunta da T. TREVES, Art. 57, 1995, p. 1177 e ss., per il quale il rinvio “in ogni caso”
dell’art. 57 consente di applicare la Convenzione di Roma a talune delle materie che sarebbero
escluse dal suo ambito.
62
La versione consolidata della Convenzione di Roma è stata pubblicata in GUUE C 334 del
30 dicembre 2005 ed è stata elaborata in seguito alla Convenzione di Lussemburgo del 14 aprile
2005 [GUUE C 169 dell’8 luglio 2004], in conseguenza dell’allargamento dell’Unione Europea ai
nuovi Stati dell’Europa dell’est, avvenuta nel 2004. Il ritardo con il quale i nuovi Stati procedono
alla ratifica della Convenzione di Lussemburgo ha provocato la decisione del Consiglio dell’8
novembre 2007 [GUUE L 347 del 29 dicembre 2007, p. 2] relativa all’adesione della repubblica
di Bulgaria e della Romania alla convenzione di Roma che fa seguito all’atto di adesione di questi
due Stati nel 2005 [GUUE L 157 del 21 giugno 2005] ed è finalizzato a semplificare la loro ade-
sione alle convenzioni del settore Giustizia e Affari interni. Sulla convenzione di Roma del 1980
esiste una letteratura molto estesa. Qui si richiamano i voll. collettivi del Consiglio Nazionale del
Notariato, La Convenzione di Roma, 1983 e La Convenzione di Roma sulla legge applicabile alle
obbligazioni contrattuali, II, Limiti di applicazione, Lectio notariorum, a cura di T. Ballarino,
1994; Verso una disciplina comunitaria della legge applicabile ai contratti, a cura di T. Treves,
1983; G. SACERDOTI, M. FRIGO, La convenzione di Roma sul diritto applicabile ai contratti inter-
nazionali, 1994; C. M. BIANCA, A. GIARDINA Convenzione sulla legge applicabile alle obbliga-
zioni contrattuali. 1995, pp. 901 ss.; E. JAYME, L. FORLATI PICCHIO, Giurisdizione e legge appli-
cabile ai contratti nella CEE, 1990. Si vedano inoltre A. BONOMI, Il nuovo diritto internazionale
privato dei contratti, 1992, pp. 36 ss. con ampia nota bibliografica alle pp. 104 ss.; L. FORLATI
PICCHIO, Le obbligazioni contrattuali, 1997, pp. 113 ss.; P. LAGARDE, Le nouveau droit interna-
tional privé des contrats, 1991, pp. 287 ss. N. BOSCHIERO, Verso il rinnovamento e la trasforma-
zione della convenzione di Roma, 2004, pp. 319 ss.
63
Regolamento CE n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008,
in G.U.U.E., L 177, 4 luglio 2008, pp. 6 ss. Per un primo commento al regolamento si veda B.
UBERTAZZI, Il regolamento Roma I sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, 2008
alla quale giova rinviare anche per i cospicui riferimenti bibliografici e, per una visione d’insieme
30 CAPITOLO PRIMO

porti trilaterali, quali la cessione del credito64 e la surrogazione65, ma tacciono a


proposito dei mezzi di conservazione della garanzia generica, che pure possono
avere delle conseguenze importanti sui rapporti contrattuali.
L’assenza di una disposizione esplicita non evidenzia automaticamente
un’assenza di regolamentazione. Infatti, l’interprete può sapere se esiste una va-
lutazione giuridica dei mezzi di conservazione della garanzia generica solamen-
te tota lege perspecta. I due strumenti potrebbero contenere una norma implicita
ricavabile attraverso gli strumenti critici forniti dalla teoria dell’interpre-
tazione66; oppure oscura, poco visibile, a causa dell’indeterminatezza analitica
di talune norme uniformi, contenute nelle fonti sovranazionali67.

circa la portata riformatrice del nuovo strumento: T. BALLARINO, Dalla Convenzione di Roma del
1980 al Regolamento “Roma I”, 2009, pp. 40 ss. e il mio, Il Regolamento comunitario sulla legge
applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I), 2009, pp. 1083 ss.
64
Si occupano della cessione del credito l’art. 12 della Convenzione di Roma e l’art. 14 del
regolamento Roma I. La tecnica usata è quella di ripartire tra la lex causae del credito ceduto e
quella della cessione, ognuna delle questioni giuridiche poste dal fenomeno della cessione dei
crediti e risolte diversamente negli ordinamenti nazionali. In tale modo, le leggi applicabili ai due
rapporti sottostanti (quello tra creditore cedente e debitore ceduto, da una parte; quello tra cedente
e cessionario, dall’altra) attraggono tutti gli aspetti della fattispecie della cessione. Dal momento
che la formulazione dell’art. 12 lasciava scoperti importanti aspetti della cessione: in particolare
la questione della opponibilità della cessione a terzi, il “Libro Verde sulla trasformazione in stru-
mento comunitario della convenzione di Roma del 1980 applicabile alle obbligazioni contrattuali
e sul rinnovamento della medesima”, presentato dalla Commissione il 14 gennaio 2003
[COM(2002)654 definitivo], era favorevole all’introduzione di una disciplina apposita, in partico-
lare attraverso l’inserimento di una norma materiale di diritto internazionale privato [cfr. il punto
v) del par. 3.2.13.3]. L’art. 14 del regolamento Roma I, tuttavia, pur regolando l’aspetto relativo
all’opponibilità della cessione, mantiene l’impostazione della disciplina previgente. Su questo
aspetto si veda A. GARDELLA, Prevedibilità contro flessibilità? La legge applicabile all’op-
ponibilità della cessione del credito ai terzi nella proposta di regolamento “Roma I”, pp. 106 ss.,
M.-É. ANCEL, E.-M. KIENINGER, H. C. SIGMAN, La proposition de Règlement Rome I et les effets
de la cession de créances sur le tiers, 2006, pp. 39 ss. Sulla cessione di credito in generale si veda
la monografia di A. MALATESTA, La cessione del credito nel diritto internazionale privato, 1996
e, nella letteratura francese, D. HOLLEAUX, Cession de créances, 1968, pp. 283 ss.; D. PARDÖEL,
Les conflits de lois en matière de cession de créance, 1997.
65
L’art. 13 della Convenzione di Roma fa coincidere la legge applicabile alla surrogazione
con la legge regolatrice dell’obbligo del terzo di adempiere in luogo del debitore. Il Libro Verde
della Commissione [cit. alla nt. prec.] segnala le difficoltà di comprensione di meccanismi trilate-
rali come quello della surroga, peraltro inesistenti in alcuni ordinamenti europei, e suggerisce la
fusione della norma sulla surrogazione con quella della cessione di credito [cfr. par. 3.2.14.3] che
sarà poi attuata dall’art. 14 del regolamento Roma I. Questa norma combina la legge applicabile
al credito ceduto o surrogato – competente per la disciplina della cedibilità, per i rapporti tra il
debitore e il nuovo soggetto (cessionario o surrogato), per le condizioni di opponibilità della ces-
sione o surrogazione al debitore e per stabilire se la prestazione di quest’ultimo abbia o no caratte-
re liberatorio – con la lex contractus competente per la disciplina dei rapporti cedente/cessionario
e surrogante/surrogato. Si veda L. MARI, La disciplina della surrogazione, 2008, pp. 894 ss.
66
Il Libro Verde sulla trasformazione in strumento comunitario della Convenzione di Roma
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 31

Si deve allora procedere alla qualificazione dei fenomeni in esame per veri-
ficare nell’ambito di quale norma della Convenzione di Roma essi possano ri-
cevere una regolamentazione.
Un punto di partenza potrebbe essere quello di valutare l’applicabilità della
Convenzione di Roma e del regolamento Roma I alle nostre fattispecie, ponen-
do l’interrogativo a partire dalla lex contractus. Ci si può chiedere, in altre paro-
le, se la domanda mirante a rendere un contratto inopponibile al creditore, o a
farne dichiarare la simulazione, rientra nel campo di applicazione della legge
regolatrice di esso. Così posta, la questione implica un’indagine della forza di

del 1980, p. 43 sub 3.2.13.2., è chiaramente ostile all’individuazione, da parte dei tribunali nazio-
nali, di norme implicite nei testi comunitari, in considerazione dell’aumento del rischio di inter-
pretazioni soggettive. Come ricordato da E. VITTA, Diritto internazionale privato, I, 1972, p. 303
ss., le interpretazioni divergenti di concetti o istituti nominati da convenzioni internazionali ad
opera dei sistemi nazionali hanno provocato controversie internazionali in più di un’occasione.
Tra queste, la più celebre ha dato luogo all’unica sentenza di diritto internazionale privato della
Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite: si tratta del famoso caso Böll [sentenza del
28 novembre 1958, in Cour international de justice. Recueil des arrêts, avis consultatifs et or-
donnances, Leiden, 1958, p. 55], che opponeva Paesi Bassi e Svezia e riguardava l’inter-
pretazione del termine “tutela” nella Convenzione dell’Aja del 12 giugno 1902 sulla tutela dei
minori. Sul caso si veda T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, 1982, pp. 509 ss., 779 ss.
67
Come evidenziato da T. BALLARINO, Norme vaghe, 1999, p. 78, nel diritto internazionale
privato, l’indeterminatezza semantica dei segni linguistici usati dal legislatore può essere al servi-
zio della politica legislativa. Le osservazioni dell’autore possono spiegare sia l’indeterminatezza
di segni linguistici usati nella fattispecie, sia di quelli usati nella conseguenza della norma. Come
esempio del primo caso si possono citare le c.d. norme di chiusura, il cui campo di applicazione è
indeterminato per definizione, e come esempio del secondo i criteri di collegamento ispirati al c.d.
principio di prossimità. In questo senso i criteri della Convenzione di Roma, tradizionalmente
definiti flessibili, ben potrebbero dirsi vaghi: infatti l’interprete non subisce reali condizionamenti
nella scelta della legge più idonea a disciplinare il rapporto giuridico in questione. È sufficiente
richiamare l’attenzione sulla valutazione cui è chiamato il giudice, la quale ha ad oggetto la pon-
derazione comparata delle particolari relazioni che esistono, in concreto, tra un rapporto giuridico
e alcuni ordinamenti. La relazione più “stretta”, proprio per il suo carattere concreto, non può
sempre essere prevedibile ex ante con assoluta certezza. In una prospettiva simmetrica, osservia-
mo che considerazioni ideologiche e di giustizia sostanziale possono intervenire per provocare
l’ambiguità di norme che di per sé non sarebbero ambigue o vaghe. L’indeterminatezza nasce in
questi casi dall’interpretazione, come sottolinea molto acutamente l’autore, pp. 68 s.: l’interprete,
di fronte a conseguenze palesemente irrazionali, taccia di ambiguità il comando legislativo e si
concentra sulla giustizia del caso concreto. Ciò accade soprattutto quando “l’applicazione concre-
ta del diritto competente al caso porti ad escludere un diritto che entrambi gli ordinamenti in pre-
senza riconoscono” [p. 73]; il riferimento è a casi noti: il caso del debito imprescrittibile di Franz
Kahn; e gli altri casi in materia di successioni: l’affaire Bartholo; il testamento olografo
dell’olandese all’estero; il caso segnalato da Martin Wolff e relativo all’eredità della vedova che,
durante il matrimonio e assieme al marito aveva abbandonato la cittadinanza tedesca a favore del-
la cittadinanza svedese; ecc. Su tutti questi casi, che potrebbero dar vita a una raccolta “aneddoti-
ca” del diritto internazionale privato giurisprudenziale, si veda l’edizione originale del manuale
dell’autore, Diritto internazionale privato, 1982, pp. 290 ss., 301 ss.
32 CAPITOLO PRIMO

attrazione che esercita la lex contractus sulle azioni consentite ai terzi, i quali
intendano mettere in discussione il contratto68.
La questione riporta a quella, più frequentemente prospettata, circa la legge
applicabile alle ipotesi di arricchimento senza causa o di ripetizione dell’inde-
bito in presenza di un contratto colpito da invalidità.
Infatti alcuni ordinamenti, come quello tedesco, praticano il dépeçage sotto-
ponendo le obbligazioni di restituzione a una legge diversa da quella applicabile
(rectius applicata) alla questione della validità del contratto69.
Si può dire tuttavia, pur in assenza di indicazioni testuali, che la vocazione
della Convenzione di Roma era nel senso di includere nello statuto contrattuale
tutte le vicende del rapporto contrattuale, comprese le conseguenze della nullità
del contratto, tanto è vero che l’Italia ha sentito il bisogno di depositare una ri-
serva per escludere questo risultato.
Gli articoli 10-12 del regolamento Roma I (che corrispondono agli artt. 8-10
della Convenzione di Roma) definiscono l’ambito di applicazione della lex con-
tractus, e contemplano espressamente alcune delle vicende patologiche che pos-
sono colpire una relazione contrattuale.
La norma più problematica potrebbe essere proprio l’art. 10 del regolamento
(art. 8 della Convenzione) che estende la competenza della lex contractus alla
determinazione dell’esistenza e della validità dello stesso70.
Una prima difficoltà ricostruttiva deriva dal fatto che non tutti gli ordina-
menti stabiliscono una distinzione tra il concetto di validità e quello di effica-

68
Come osservato sopra, nel testo, le più recenti acquisizioni della dottrina in merito
all’oggetto della qualificazione, sconfessando le due tesi precedenti e contrapposte, ritengono che
esso non consti dei fatti, non percepibili se non attraverso le norme, né delle norme, di per sé in-
consistenti, ma sia la questione giuridica dedotta in giudizio. B. ANCEL, Les conflits de qualifica-
tions, 1977, pp. 258 ss. e L’objet de la qualification, 1980, pp. 216 ss. e 234 ss., ha inizialmente
proposto di qualificare il “projet” dell’attore; in altre parole, l’oggetto della qualificazione sarebbe
l’interpretazione giuridica della realtà proposta al giudice dall’attore, al fine di ottenere la sanzio-
ne del proprio diritto dall’ordinamento. La tesi è stata ispirata dall’analisi di una fattispecie com-
plessa e camaleontica: la donazione tra coniugi, già definita come “question cavalière”
nell’ancien droit [cfr. dello stesso autore, Qualification, 1998, p. 10]. Invero quando uno stesso
fenomeno giuridico confluisce (o è suscettibile di confluire) in più norme di diritto internazionale
privato, si crea una sorta di “conflitto positivo di norme di conflitto” che va risolto tenendo pre-
sente la questione giuridica portata all’attenzione del giudice. Sulla qualificazione sono ancora
interessanti i contributi di G. BALLADORE PALLIERI, Diritto internazionale privato italiano, 1974,
pp. 43 ss.; E. VITTA, Cours général, 1979, pp. 54 ss. Si veda anche P. MAYER, La distinction entre
règles et décisions, 1973, pp. 61 ss.
69
W. LORENZ, Der Bereicherungsausgleich, 1981, p. 205 parla a questo proposito di Verni-
chtungsstatut ossia statuto dell’annullamento.
70
Art. 10, par. 1 del regolamento Roma I: “L’esistenza e la validità del contratto o di una sua
disposizione si stabiliscono in base alla legge che sarebbe applicabile in virtù del presente rego-
lamento se il contratto o la disposizione fossero validi.” Di contenuto identico era l’art. 8, 1°
comma, Convenzione di Roma.
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 33

cia71 e, tra quelli che conoscono tale distinzione, non tutti riconducono le san-
zioni di invalidità e inefficacia alle stesse ipotesi. Così, si può ricordare che
l’ordinamento italiano riconduce la sanzione dell’inopponibilità sia all’azione
revocatoria ordinaria che all’azione revocatoria fallimentare; mentre si ritiene
che il contratto simulato sia nullo72. Al contrario, l’ordinamento francese, ricon-
duce la sanzione di nullità all’azione revocatoria fallimentare mentre quella di
inopponibilità viene riservata sia alla revocatoria che all’azione di simulazione.
È ovvio poi che le stesse nozioni di nullità, inefficacia e inopponibilità si as-
somigliano ma non si equivalgono negli ordinamenti di riferimento. Com’è noto
sono proprio queste differenze di regime a ostacolare l’attribuzione di un signi-
ficato univoco e uniforme ai concetti delle convenzioni internazionali. Essi sono
ancor più gravi dal momento che la Corte di giustizia ha avuto solo di recente
una competenza interpretativa sul testo della Convenzione di Roma, e i giudici
nazionali non dispongono di indicazioni chiare sul significato da attribuire ai
termini di diritto privato impiegati dalla Convenzione.
Ecco dunque che si manifesta un problema interpretativo rilevante riguardo
a tale parte della Convenzione: un problema che non può essere agevolmente
risolto neppure da un giudice particolarmente sensibile alle esigenze di unifor-
mità per l’interpretazione dei termini impiegati dal testo convenzionale. Qualsi-
asi soluzione adottata da un giudice nazionale non può che essere unilaterale, in
assenza di un’istanza superiore dotata della capacità di uniformare l’in-
terpretazione del testo. Il giudice italiano potrebbe essere naturalmente portato a
qualificare l’azione di simulazione come un’azione che mira a stabilire la validi-
tà e l’esistenza di un contratto; e perciò ad applicare il regolamento Roma I e a
sottoporre l’azione alla lex contractus; ma sarebbe naturalmente ostile a traspor-
re lo stesso ragionamento all’azione revocatoria73. Al contrario, l’istinto di un

71
Così il diritto anglosassone, come si può notare comparando le diverse versioni linguisti-
che del regolamento CE n. 1346/2000. Per tradurre in inglese i termini inopponibilità, inopposa-
bilité, inoponibilidad, relativ Unwirksam di cui all’art. 4, par. 2, lett. m) del regolamento, si ricor-
re al termine Unenforceability che ha però un significato giuridico diverso da quello di inopponi-
bilità.
72
Contra, M. BIANCA, Il contratto, 2000, p. 696 ritiene che la simulazione dia luogo
all’inefficacia del contratto.
73
Cfr. T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, 1999, pp. 634 ss. P. M. VECCHI, Art. 10,
1995, p. 1040, sostiene che l’azione di simulazione del contratto, così come quella di rescindibili-
tà, ponga problemi di ordine solo teorico, perché non è chiaro se debba essere inquadrata
nell’ambito dell’art. 8 o dell’art. 10 della Convenzione di Roma. Il loro inquadramento dipende-
rebbe dalla possibilità di ricondurle o meno ad ipotesi di invalidità del contratto (solo in questo
caso sarebbe applicabile l’art. 8; altrimenti verrebbe in rilievo l’art. 10). Inoltre, continua l’autore,
ivi, nt. 18, la “legge regolatrice del contratto sembra poi in genere applicabile anche alle impugna-
tive contrattuali in via revocatoria ed all’azione di simulazione dei terzi”. Quello dell’in-
quadramento nell’art. 8 o nell’art. 10 ci sembra però un falso problema, dal momento che i due
articoli vanno letti congiuntamente per stabilire l’ambito della lex contractus.
34 CAPITOLO PRIMO

giudice francese sarebbe quello di negare la possibilità di sussumere sotto l’art.


10 del Regolamento entrambe le azioni, sempre per la necessità di tenere distin-
te le questioni relative alla inefficacia da quelle relative all’invalidità. Infatti, la
cultura giuridica francese, come la nostra, distingue chiaramente il regime della
nullità da quello della inefficacia74.
Per comprendere quale sia l’interpretazione più corretta del testo conven-
zionale è necessario tenere presente la funzione dei mezzi di conservazione del-
la garanzia patrimoniale75.
Nel diritto italiano, la sanzione dell’opponibilità, come vedremo, si spiega
essenzialmente per la volontà di tutelare i terzi, senza però consentire loro di
travolgere del tutto la regola dell’autonomia privata. Simili esigenze si manife-
stano nel diritto internazionale privato, laddove coesistono identiche esigenze di
tutela dell’autonomia della volontà e dell’affidamento dei terzi. Far rientrare
l’azione revocatoria ordinaria e l’azione di simulazione esercitata dal creditore
nella lex contractus significa concederne la regolamentazione alla volontà dalle
parti più interessate a escluderne l’esperimento: ovvero attribuire l’affidamento
dei terzi alle parti meno interessate a tutelarlo. Pare evidente che l’equilibrio tra
i due bisogni di tutela appena citati ne risulterebbe compromesso.
Nel caso della cessione di credito è stata proprio la delicatezza della posi-
zione dei terzi a sollevare il problema della legge applicabile all’opponibilità
della cessione. La questione è risolta dall’art. 14-2 del regolamento a mente del
quale è la legge regolatrice del credito originario a stabilire “le condizioni di
opponibilità della cessione”76. La volontà di escludere manovre elusive dei con-

74
Per effetto dell’entrata in vigore del regolamento Roma I è finalmente superato il problema
derivante dal fatto che l’Italia e la Gran Bretagna, per effetto della riserva apposta in virtù dell’art.
22 par. 1, lett. b della Convenzione di Roma, avevano escluso l’applicazione dell’art. 10, par. 1,
lett. e) che include nel campo di applicazione della lex contractus le conseguenze della nullità del-
lo stesso. Cfr. R. BARATTA, Conseguenze internazionalprivatistiche delle riserve, 1996, pp. 749
ss.; T. BALLARINO, A. BONOMI, Materie escluse dal campo di applicazione della Convenzione di
Roma, 1994. Paradossalmente, proprio l’apposizione della riserva poteva avere l’effetto di rende-
re omogeneo il regime dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale in Italia e in Fran-
cia. I giudici francesi, infatti, potevano escludere l’applicazione della lex contractus per le que-
stioni relative alla inefficacia di atti di disposizione fraudolenti o simulati, perché l’inefficacia è
sanzione diversa da quella della nullità, invalidità o inesistenza e l’art. 8 e l’art. 10, par. 1, lett. e)
riguardano solo questi tre fenomeni. I giudici italiani, che potevano istintivamente pensare di ap-
plicare l’art. 8 e l’art. 10 lett. e) ad un’azione di simulazione, non avrebbero comunque potuto far-
lo per via della riserva.
75
Alcuni autori, tra i quali B. AUDIT, Le caractère fonctionnel, 1984, p. 314, suggeriscono
sostanzialmente di “tagliare la testa al toro” ispirarandosi alla giustizia del caso concreto, cioè
scegliendo la legge applicabile in funzione del risultato che assicura, ogni volta che: “le choix
d’une qualification donnée ne s’impose pas avec évidence”.
76
Si può ricordare che il Libro verde sulla trasformazione in strumento comunitario della
Convenzione di Roma, a p. 43 e 44, sub 3.2.13.3., proponeva cinque “soluzioni ipotizzabili”: 1. la
legge applicabile al contratto di cessione (questa soluzione, adottata dai tribunali olandesi, presen-
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 35

traenti e soddisfare il criterio di prevedibilità da parte di terzi è anche all’origine


della soluzione elaborata per la convenzione delle Nazioni Unite sulla cessione
dei crediti nel commercio internazionale, la quale adotta il diverso criterio di
collegamento della lex domicilii del cedente 77.
Queste soluzioni hanno però un valore relativo e non possono essere utiliz-
zate per inquadrare il diverso problema dell’opponibilità a terzi di un atto di di-
sposizione fraudolento.
Nel caso dell’azione revocatoria ordinaria, la peculiarità della posizione dei
terzi rispetto al contratto impone di tenere distinta, dal punto di vista della legge
applicabile, la questione della nullità da quella della opponibilità ai creditori.
Bisogna poi tenere presente che l’inefficacia che colpisce l’atto a seguito della
pronuncia di revoca attiene a una circostanza esterna ad esso. In definitiva, la
particolare funzione dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale e il
loro modo di incidere su rapporti contrattuali alieni all’attore in giudizio, con-
ducono a privilegiare, tra le due interpretazioni prospettabili nella formae mentis
francese e italiana, quella che nega l’ingresso dell’azione revocatoria ordinaria
nell’art. 10 del regolamento Roma I.

5. Segue. Considerazioni critiche circa l’attrazione dei mezzi di conservazione


della garanzia patrimoniale nello statuto del credito protetto alla luce della
legge di riforma e dei regolamenti Roma I e Roma II

L’indagine appena svolta è partita dall’interrogativo circa la competenza


della lex contractus a regolare vicende patologiche quali la nullità nel caso
dell’azione di simulazione, o l’inefficacia nel caso dell’azione revocatoria ordi-
naria. Si può però formulare l’interrogativo anche ex parte creditoris, chieden-

ta l’inconveniente di lasciare il destino dei terzi in mano ai contraenti, ma ha il vantaggio di unifi-


care il regime della validità con quello dell’efficacia); 2. la legge applicabile al credito originario
(adottata dai tribunali tedeschi, la soluzione ha il vantaggio di unificare il regime dell’opponibilità
al debitore con quello dell’opponibilità ai terzi); 3. la legge del domicilio del debitore ceduto (è
una soluzione più favorevole al bisogno di tutela dei terzi, rispetto alle precedenti, ma comporta lo
spezzettamento del contratto di cessione in caso di cessioni multiple); 4. la legge del domicilio del
cedente (è la soluzione più sensibile alle esigenze di prevedibilità dei terzi ed è stata adottata dal
progetto delle Nazioni Unite, cit. alla nota seguente); 5. l’abbandono di soluzioni internazional-
privatistiche a favore di una norma sostanziale sull’opponibilità. Per una critica si veda M.-É.
ANCEL, E. M. KIENINGER, H. C. SIGMAN, La proposition de Règlement Rome I , 2006, pp. 39 ss.
77
Cfr. l’art. 22 della convenzione sulla cessione dei crediti nel commercio internazionale,
adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 31 gennaio 2002 (A/RES/56/81) che però
non è stata ratificata e neppure firmata dalla stragrande maggioranza degli Stati membri. Si noti
che, al contrario della maggior parte delle norme di diritto internazionale privato contenute nella
convenzione, per l’art. 22, dedicato all’opponibilità della cessione a terzi, non era stata prevista
alcuna clausola di “opt out”.
36 CAPITOLO PRIMO

doci se la legge regolatrice del contratto sia competente a disciplinare tutti gli
strumenti per il soddisfacimento delle obbligazioni generate dal contratto, anche
contro la volontà di adempiere del debitore.
È verosimile, peraltro, che i rimedi in esame siano nati per assistere obbli-
gazioni pecuniarie nascenti da contratto, mentre solo successivamente abbiano
iniziato a tutelare ogni tipo di creditore chirografario78. Anziché formulare una
domanda sull’opponibilità del contratto x al creditore y, ci si interroga ora su
quale debba essere l’ordinamento competente a stabilire i diritti del creditore y,
e se tra essi vi sia il diritto di mettere in discussione il contratto x. Così posta, la
questione sembra relativa all’estensione dei poteri connessi alla qualità di credi-
tore, e, pertanto, si lascia naturalmente attrarre nello statuto del credito protetto.
L’identica capacità descrittiva delle due qualificazioni – questione attinente
all’opponibilità del contratto x; questione attinente all’estensione dei poteri del
creditore y – dimostra la complessità della realtà e la sua irriducibilità a
un’unica e definitiva interpretazione. Come si è già osservato, essa dipende
dall’angolo visuale che l’interprete decide, di volta in volta, di adottare79.
Infatti, l’interpretazione della realtà avviene già allo stadio della formula-
zione della domanda di interpretazione, sicché la qualificazione è allo stesso
tempo il punto di partenza e quello di arrivo del “quid iuris”80.
In questo senso, l’attrazione dei mezzi di conservazione della garanzia gene-
rica nello statuto del credito protetto è la risposta alla formulazione di una do-
manda sull’estensione dei poteri che il creditore può vantare sul patrimonio del
debitore e sui rapporti giuridici che lo legano ad altri soggetti (terzi). Questa ri-
sposta è al tempo stesso una nuova domanda sull’ambito di applicazione della
legge che regola il rapporto obbligatorio generatore della garanzia patrimoniale.

78
Sulle origini delle azioni revocatoria ordinaria e surrogatoria cfr. il capitolo II.
79
Alla conclusione espressa nel testo perviene, come già ricordato, B. ANCEL, Les conflits de
qualifications, 1977, pp. 256 ss. (si veda anche Qualification, 1998, p. 10), in esito all’esame delle
diverse categorie civilistiche capaci di descrivere la donazione tra coniugi: capacità, contratto,
rapporti personali tra coniugi, rapporti patrimoniali tra coniugi, successioni. L’illustre autore sot-
tolinea come la qualificazione muti in funzione del modo in cui sorge la questione della validità
della donazione. Proprio questa constatazione spiega il revirement della Cassazione francese, che
abbandonando la qualificazione consolidata dal celebre arrêt Zammaretti del 1894 e che riteneva
la donazione una questione in materia successoria, opta negli anni ’60 per la categoria dei rapporti
personali tra coniugi. La qualificazione accolta dalla Cour de cassation non pare capace di spiega-
re meglio la natura dell’istituto, piuttosto il revirement si spiega alla luce della maggiore praticità
del criterio di collegamento offerto dalla norma di conflitto sui rapporti personali tra coniugi.
80
Più che un circolo vizioso, il ragionamento ora fatto costituisce un valido esempio del pro-
cesso infinito del dialogo, come strumento di ricerca. L’essenza del sapere è infatti nell’arte del
domandare, mentre ogni risposta si configura come una nuova domanda. Questa intuizione, già
propria di Platone e Socrate è spiegata da H.-G. GADAMER, Verità e metodo, 1972, p. 425. Si veda
la voce Dialogo in N. ABBAGNANO, Dizionario di filosofia, 1998 pp. 284 s.
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 37

Per questa via, si potrebbe sostenere che i mezzi di conservazione della ga-
ranzia patrimoniale contribuiscano a definire l’esatto significato giuridico attri-
buito da ogni ordinamento al termine “creditore”. Le tre azioni ricadrebbero al-
lora nell’ambito di applicazione della lex obligationis, ossia rientrerebbero nello
statuto dell’obbligazione assistita. La conseguenza di questa impostazione è la
seguente: quando il credito sorge da un contratto, la legge per esso competente,
disciplinando i confini della responsabilità del debitore contrattuale, regola il
potere del creditore di agire contro terzi, legati da un rapporto obbligatorio con
il proprio debitore. Viceversa, dovrebbe essere la legge competente per l’ob-
bligazione ex delicto a stabilire i confini della tutela del creditore, vittima
dell’illecito, e, in particolare, a sancire il suo potere di agire contro tali terzi.
Si potrebbe sostenere, cioè, l’applicabilità della legge regolatrice della re-
sponsabilità del debitore, per ogni questione sorta in conseguenza di tale re-
sponsabilità. In questo modo, l’ordinamento competente a dettare le norme rela-
tive alla esigibilità della prestazione, all’inadempimento, alla mora ecc. sarebbe
ugualmente competente a stabilire se la responsabilità del debitore “si estenda ai
terzi”, legati a lui da rapporti obbligatori. In altri termini, il creditore che agisce
in revocatoria o in surrogatoria, dovrebbe poter contare sull’applicazione della
legge regolatrice del diritto che vanta verso il suo debitore. Così, se la revocato-
ria assiste un’obbligazione da contratto, i mezzi di tutela della garanzia patri-
moniale sarebbero integralmente assorbiti dalla legge regolatrice del credito na-
scente dal contratto. Analogamente, si potrebbe pensare che la legge regolatrice
della responsabilità extracontrattuale regoli anche le azioni poste a tutela dei di-
ritti di credito nascenti da fatto illecito.
In altre parole, si vuole vagliare la possibilità di fare riferimento alle leggi
competenti per le fonti del credito protetto.
L’ipotesi deve essere valutata con riferimento al regolamento Roma I,
all’art. 62 della legge 218/95 e al regolamento Roma II81.
Quanto al regolamento Roma I, vengono in rilievo le lettere b) e c) dell’art.
12 che attribuiscono alla lex contractus la regolamentazione della “esecuzione
delle obbligazioni” che discendono dal contratto e le “conseguenze dell’ina-
dempimento” di quelle obbligazioni. È evidente che la norma intende sussumere

81
Regolamento CE n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 luglio 2007
sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (“Roma II”), in G.U.U.E., L 199, 31 lu-
glio 2007, adottato con la procedura di “codecisione”. Per un commento mi permetto di rinviare al
mio lavoro Il regime internazionalprivatistico della responsabilità non contrattuale nel regola-
mento CE “Roma II”, 2008, pp. 770 ss., a R. WAGNER, Die Neue Rom II-Verordnung, pp. 1 ss.,
L. DE LIMA PINHEIRO, Choice of Law on Non-Contractual Obligations between Communitariza-
tion and Globalization. A first Assessment of EC Regulation Rome II, 2008, pp. 5 ss., S. SYMEO-
NIDÈS, Rome II: A Centrist Critique, 2007, pp. 149 ss., A. FUCHS, Zum Kommissionsvorschlag
einer “Rom II”- Verordnung, 2003-2004, pp. 100 ss.; Th. KADNER GRAZIANO, La responsabilité
délictuelle, 2004; K. KREUZER, La comunitarizzazione del diritto internazionale privato in mate-
ria di obbligazioni extracontrattuali (Roma II), 2004, pp. 421 ss.
38 CAPITOLO PRIMO

i casi di responsabilità contrattuale. Tuttavia, riflettendo sulla circostanza che i


rimedi in esame assistono l’obbligazione contrattuale, garantendo il soddisfaci-
mento del creditore attraverso la preparazione di una futura esecuzione forzata,
essi potrebbero essere qualificati come “rimedi disponibili al creditore contro
(rectius per prevenire) l’inadempimento”. Questa descrizione dei mezzi di con-
servazione della garanzia generica, non pare artificiosa, sebbene implichi una
certa manipolazione della norma.
L’articolo 12 regolamento Roma I si specchia nell’art. 15 del regolamento
Roma II. La norma in esso contenuta consentirebbe alla legge competente per
l’obbligazione extracontrattuale di disciplinare “la base e la portata della re-
sponsabilità, compresa la determinazione dei soggetti che possono essere ritenu-
ti responsabili per i propri atti”82. Le considerazioni appena svolte per quanto
riguarda la lex contractus, potrebbero valere anche in questo ambito: si potreb-
bero cioè ritenere i mezzi di conservazione della garanzia generica istituti che
hanno l’effetto di estendere al terzo avente causa o al debitore del debitore, la
responsabilità originaria del debitore nei confronti del creditore.
Qualificando i rimedi in esame come “accessori” del credito, se ne potrebbe
far discendere l’applicazione della legge regolatrice del rapporto obbligatorio di
credito per il cui soddisfacimento sono preordinati. Questa soluzione, ricavabile
attraverso un’interpretazione estensiva delle norme dei regolamenti Roma I e
Roma II, porta ad attribuire il compito di valutare l’ammissibilità dei tre rimedi
in esame e di fornire la disciplina alla legge regolatrice della relazione tra credi-
tore e debitore83.
L’esame del problema va compiuto tenendo conto della circostanza, rilevata
sopra, che le soluzioni offerte dalle norme di conflitto in materia contrattuale e
delittuale vigenti in Italia non sono state pensate per i mezzi dei conservazione
della garanzia patrimoniale. Si tratta perciò di vagliare la comprensività delle
categorie sintetiche presenti nella fattispecie delle due norme e di capire se i
mezzi in esame vi possono rientrare senza forzare la lettera della oltre i limiti
consentiti da una corretta operazione ermeneutica.
L’attrazione della disciplina dell’azione revocatoria nello statuto del credito,
sebbene non radicalmente incompatibile con il testo dei regolamenti Roma I e
Roma II appare pur sempre creativa, dal momento che non era stata sicuramente
prevista dagli autori del testo e, soprattutto, considerando la c.d. giustizia inter-
nazionalprivatistica, la soluzione comporta il rischio di aggravare la situazione

82
La formulazione attuale è dovuta all’emendamento presentato dall’On. Diana Wallis, rap-
porteur del Parlamento europeo, il 5 aprile 2004, che ha cambiato l’inciso originario “conditions
and extent of liability” con “basis and extent of liability”.
83
La qualificazione di “mezzi accessori del credito” proposta nel testo non intende dire nulla
di definitivo sulla natura dei rimedi in esame, rispondendo esclusivamente al bisogno di disciplina
che ci pare di avvertire.
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 39

giuridica di un soggetto (il terzo acquirente o debitor debitoris) per opera di una
legge per lui difficilmente prevedibile.
Si può infine rilevare che, qualificando la posizione del terzo acquirente o
debitor debitoris nei confronti del creditore come di « responsabilità » si po-
trebbe cercare la legge regolatrice di tale responsabilità, individuando così un
criterio di collegamento speciale per l’actio pauliana. Sebbene si tratti di una
soluzione non condivisibile dal punto di vista teorico, bisogna comunque verifi-
care la sua efficacia dal punto di vista pratico84.
L’art. 62 ha accolto la versione più moderna del c.d. Günstigkeitsprinzip e
consente al danneggiato di evitare l’applicazione della legge del luogo in cui si
è verificato l’evento, normalmente applicabile, scegliendo la legge dello Stato
nell’ambito del quale si è perfezionata la condotta85. Pertanto solo questo sog-
getto, godendo del favor del legislatore, ha facoltà di scelta tra due leggi alterna-
tive, purché il fatto generatore e l’evento si siano verificati in due paesi diver-
si86.
Entrambi i criteri di collegamento fanno riferimento a un fatto, pensato co-
me fonte dell’obbligazione non contrattuale con elementi di estraneità, e
all’evento di danno. Tuttavia, nelle fattispecie in esame non sempre è possibile
isolare un fatto generatore dell’obbligo giuridico soggiacente ai mezzi di con-
servazione della garanzia generica e neppure è sempre possibile individuare un
vero e proprio danno, stante la natura preventiva e anticipatoria della tutela che
le tre fattispecie forniscono al creditore. A ben guardare è arduo trovare sia il
fatto da cui deriva l’obbligazione, sia l’evento, e persino la stessa obbligazione,
proprio perché, come abbiamo detto, non appare corretto dire che il terzo acqui-
rente (o il subdebitore) è responsabile per il danno causato al creditore.
In prima approssimazione, si potrebbe pensare che l’evento di danno da
prendere in considerazione sia il rischio di insolvenza cui si è volontariamente

84
Si veda, nell’ambito della dottrina di diritto internazionale privato, J. J . FORNER DELAY-
GUA, The Actio Pauliana under the ECJ: A Critical Look on Reichert II, 2003, p. 296: “the ques-
tion to be answered is above all whether the actio pauliana is a claim for liability or not”.
85
Il c.d. Günstigkeitsprinzip nella sua formulazione originaria a cura della giurisprudenza te-
desca (BGH, 1964, NJZ 2012) prescriveva l’applicazione della legge più favorevole al danneggia-
to ed aveva creato numerose difficoltà pratiche ai giudici in quanto non era sempre agevole indi-
viduare la legge più favorevole in assoluto al danneggiato. In occasione della riforma del 1999 il
principio è stato codificato all’art. 40(1) EGBGB con i temperamenti con i quali era stato accolto
dalle codificazioni più recenti di diritto internazionale privato: l’accoglimento, in via di principio,
della teoria dell’evento, e l’introduzione di un’optio legis a favore del danneggiato che può invo-
care la c.d. teoria dell’azione. Si veda P. HAY, From Rule-Orientation to “Approach” in German
Conflicts Law, 1999, pp. 633 ss.
86
Art. 62 legge 218/95: “1. La responsabilità per fatto illecito è regolata dalla legge dello
Stato in cui si è verificato l’evento. Tuttavia il danneggiato può chiedere l’applicazione della leg-
ge in cui si è verificato il fatto che ha causato il danno. 2. Qualora il fatto illecito coinvolga sol-
tanto cittadini di un medesimo Stato in esso residenti, si applica la legge di tale Stato”.
40 CAPITOLO PRIMO

esposto il debitore, con o senza la complicità del terzo. Tuttavia, localizzare


l’insorgere del rischio di insolvenza a seguito del comportamento inerte o frau-
dolento del debitore sembra difficile se non completamente arbitrario.
Il regolamento Roma II, in ossequio al quale l’art. 62 va disapplicato, lascia
all’interprete un più ampio margine di scelta specialmente in virtù della c.d.
clausola d’eccezione contenuta all’art 4, par. 3, che consentirebbe l’appli-
cazione della legge regolatrice di un’eventuale «relazione preesistente tra le par-
ti, quale un contratto». Nel nostro caso, dunque, si può senz’altro ritenere stret-
tamente collegato al fatto illecito il contratto in fraudem o simulato (oppure
l’obbligazione secondaria) sebbene le parti della relazione contrattuale non
coincidano con il responsabile e il danneggiato e dunque la clausola di eccezio-
ne dovrebbe operare qui in modo difforme dalla norma.
In conclusione, l’applicazione dei regolamenti Roma I e Roma II potrebbe
condurre a due soluzioni: l’attribuzione delle azioni revocatoria e di simulazio-
ne alla legge regolatrice dell’atto simulato o revocando; oppure, la loro attrazio-
ne nell’ordinamento competente per il rapporto tra creditore e debitore principa-
le87. La soluzione varia in funzione della qualificazione della fattispecie: formu-
lando l’interrogativo circa l’opponibilità del contratto al creditore, si cercherà la
risposta nell’ordinamento competente per il contratto revocando o simulato;
formulando l’interrogativo circa i poteri del creditore ex contractu, si cercherà
la risposta nell’ordinamento competente per il credito.
Tralasciando i profili di “ingiustizia” internazionalprivatistica già segnala-
ti88, ci sembra importante rilevare che sarebbe possibile sostenere la positività di
entrambe le soluzioni ora delineate (peraltro incompatibili tra di loro) solo a
prezzo di una certa manipolazione della norma e di un uso alquanto disinvolto
dell’analogia legis.

87
La stessa esitazione sarebbe consentita nel caso di azione surrogatoria esercitata da un cre-
ditore ex contractu quando chieda l’adempimento, in luogo del debitore, di un’obbligazione con-
trattuale di un terzo soggetto. Si ponga il caso che Tizio, fornitore di merci, surrogandosi a Caio,
suo distributore, chieda a Sempronio, commerciante al dettaglio, il pagamento delle merci acqui-
state dal secondo; e che i due rapporti contrattuali siano regolati da leggi diverse. Si potrebbe con-
sultare l’ordinamento competente per l’obbligazione contrattuale inadempiuta da Sempronio, con
il placet di Caio, al fine di verificare quali siano i soggetti legittimati a chiedere l’adempimento di
quell’obbligazione. Oppure si potrebbe consultare l’ordinamento competente per il credito con-
trattuale di Tizio nei confronti di Caio per sapere quali poteri d’ingerenza esso ricolleghi allo sta-
tuto di creditore ex contractu.
88
La seconda soluzione cit. nel testo presenta l’inconveniente di rendere estremamente incer-
ta per il terzo contraente del debitore la definitività del proprio acquisto. Al contrario, la prima
delle soluzioni cit. nel testo costringe i creditori a subire inesorabilmente la scelta della legge ap-
plicabile a loro meno favorevole, da parte del debitore e del terzo acquirente; è ovvio che sarebbe
invece opportuno eliminare in radice il rischio che le parti si accordino sul diritto che meglio con-
sente loro di pregiudicare il creditore di una di loro.
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 41

Per uscire dai gorghi della qualificazione in abstracto è stato proposto di


porre ad oggetto della qualificazione il progetto o la questione giuridica dedotta
in giudizio, caso per caso89. Se si porta alle estreme conseguenze questa tesi si
finirà per ammettere che il modo stesso in cui si pone la questione processuale,
condizionando la scelta della norma di diritto internazionale privato, consente di
scegliere il diritto applicabile. Ad esempio, configurando la domanda di revoca
di un contratto (o di accertamento della simulazione dello stesso), come que-
stione di efficacia e validità dello stesso, si dovrebbero qualificare le due azioni
come azioni in materia contrattuale, e ritenerle sottoposte alla lex contractus90;
al contrario, se si guarda la questione della legittimazione e dell’interesse ad a-
gire del creditore nelle domande di revoca (o simulazione) di atti conclusi dal
debitore con un terzo, si può essere indotti a verificare l’esistenza di tali poteri
nell’ordinamento competente per il credito.
La soluzione ci sembra in contrasto con il principio della separazione tra di-
ritto processuale e norme di conflitto. Ritorneremo comunque su di essa dopo
aver preso in esame le soluzioni proposte dalla dottrina.

6. Segue. Problematica dei collegamenti territoriali nella disciplina delle ob-


bligazioni ex lege

Restando nell’ambito del titolo III della legge 218/95, rimane da chiedersi
se l’azione revocatoria e surrogatoria non possano essere ricondotte ad altre
norme tra quelle comprese dal capo XI “Obbligazioni non contrattuali”. Ictu
oculi, si possono escludere, l’applicabilità degli artt. 58, in tema di Promessa
unilaterale; 59 sui Titoli di credito; 60 Rappresentanza volontaria) e 63 (Re-
sponsabilità extracontrattuale per danno da prodotto). Viene in soccorso
dell’interprete, oltre l’art. 62, appena visto, l’art. 61 che disciplina le “Obbliga-
zioni nascenti dalla legge”. Si tratta della norma di chiusura del sistema
nell’ambito della disciplina di diritto internazionale privato della responsabilità
non contrattuale91. Proprio per questa sua caratteristica, l’art. 61 legge 218/95
può conservare un suo margine di applicazione anche in seguito all’entrata in
vigore del regolamento Roma II e, in particolare, potrebbe accogliere l’azione

89
B. ANCEL, Les conflits de qualifications, 1977, pp. 258 ss. e L’objet de la qualification,
1980, pp. 216 ss. e 234 ss., P. MAYER, La distinction entre règles et décisions et le droit interna-
tional privé, 1973, pp. 61 ss.
90
Per la pronuncia delle sezioni unite che ha ritenuto le due azioni appartenenti alla materia
contrattuale al fine di riconoscere la competenza giurisdizionale dell’art. 5-1 della Convenzione di
Bruxelles, cfr. Cass. sez. un. 7 maggio 2003 n. 6899, Corkran c. Casa Napoleone Ltd e Cashin,
sulla quale v. sotto, pp. 257 ss.
91
Per un commento al capo III della legge 218/95 si veda A. DAVÌ, La responsabilità non
contrattuale, 1998, pp. 302 ss.
42 CAPITOLO PRIMO

revocatoria ordinaria a patto che l’azione possa essere qualificata “obbligazione


nascente dalla legge”. La Corte di cassazione italiana ha però esplicitamente e-
scluso questa conclusione dal momento che non siamo in presenza di
“un’azione volta ad accertare l’esistenza ed a far valere gli effetti di un’ob-
bligazione derivante dalla legge”92. In occasione dell’esercizio di un’azione re-
vocatoria fallimentare destinata ad acquisire alla massa fallimentare un certifi-
cato di deposito e una rimessa in conto corrente bancario, la Corte ha precisato:
“con l’azione revocatoria ordinaria si mira unicamente a rendere inopponibile al
creditore un atto di disposizione con cui il debitore abbia messo a repentaglio la
garanzia generica del credito, in vista di eventuali successive azioni esecutive
sui beni oggetto di quell’atto di disposizione … non sussiste alcuna obbligazio-
ne legale pregressa alla cui attuazione il giudizio sia preordinato, ed è solo per
effetto della pronuncia emessa dal giudice dell’azione revocatoria … che sorge,
a carico del convenuto, l’obbligo di restituire quanto in precedenza legittima-
mente egli aveva acquisito in conseguenza dell’atto poi revocato. È perciò sicu-
ramente da escludere che l’azione in esame possa esser ricondotta alla previsio-
ne del citato art. 61 della legge di riforma del diritto internazionale privato”.
La chiarezza di questa condivisibile pronuncia fuga ogni dubbio sulla quali-
ficazione di “obbligazione ex lege” prima spesso prospettata dalla dottrina sulla
scorta dell’osservazione che la tutela della garanzia patrimoniale del credito non
si fonda né sull’autonomia privata, né su un comportamento illecito. Così, in
mancanza di ulteriori chiarificazioni, si è riportato alla legge il fondamento dei
rimedi diretti a prevenire un futuro inadempimento per incapienza del patrimo-
nio soggetto a responsabilità (e anche di altre fattispecie a carattere obbligato-
rio)93. Con l’entrata in vigore del regolamento Roma II questa tesi, che pure ha
incontrato una netta opposizione da parte della Cassazione italiana, potrebbe
tornare di attualità per effetto della complementarietà tra i regolamenti c.d. Bru-
xelles I, Roma I e Roma II in quanto si ritiene che l’azione revocatoria ordinaria
non possa essere ricondotta alla materia contrattuale. La questione è stata af-
frontata con riferimento all’applicabilità dell’art. 5-1 della Convenzione di Bru-
xelles e del regolamento Bruxelles I94 all’azione revocatoria ordinaria e
all’azione dichiarativa della simulazione. Se la qualificazione in termini non

92
Cass. sez. un. 7 febbraio 2007, n. 2692, Guido Mirone c. Banca Agricola Commerciale
della Repubblica di San Marino. Cfr. sotto, p. 293 nt. 112.
93
La qualificazione di “obbligazione ex lege” è sembrata a taluno l’unica qualificazione so-
stanziale possibile per l’actio pauliana in conseguenza della giurisprudenza Reichert della Corte
di giustizia delle Comunità europea. La dottrina che ha commentato le decisioni [per le quali si
rinvia al capitolo V del presente lavoro] ha infatti dedotto dalla non fruibilità di fori alternativi al
forum rei per l’esercizio dell’actio pauliana, l’esistenza di una categoria di obbligazioni non ri-
conducibili né alla materia contrattuale, né alla materia dell’illecito e per le quali l’unico foro di-
sponibile nell’ambito della Convenzione di Bruxelles sarebbe il foro generale.
94
Cfr. B. ANCEL, nota alla sentenza Reichert I, 1990, p. 725, e, più di recente, P. FRANZINA,
La giurisdizione in materia contrattuale, 2006, p. 260.
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 43

contrattuali ai fini del regolamento Bruxelles I – nonostante le autorevoli opi-


nioni contrarie95 che hanno incontrato il favore della Corte di cassazione italia-
na96 – dovesse trovare l’avallo della Corte di giustizia, bisognerebbe dedurre
l’esistenza di rapporti obbligatori che non appartengono né alla materia contrat-
tuale né alla materia dell’illecito. Questa categoria di rapporti non potrebbe allo-
ra neppure trovare ingresso negli strumenti complementari al regolamento Bru-
xelles I: i regolamenti Roma I e Roma II.
L’applicazione del regolamento Roma I è esclusa perché riguarda le obbli-
gazioni contrattuali, mentre il regolamento Roma II, nella sua versione finale,
privata della norma residuale prima contenuta nell’art. 997, imporrebbe di quali-
ficare l’azione nell’ambito delle figure diverse dall’illecito all’uopo previste. Si
tratta dell’arricchimento senza causa, che comprende anche la ripetizione
dell’indebito, della gestione di affari altrui e della culpa in contraendo, ossia di
istituti specifici che mal si prestano a comprendere anche l’azione revocatoria
ordinaria98. Bisognerebbe allora concludere che nell’ambito della materia civile

95
L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, p. 277.
96
Cass. sez. un. 7 maggio 2003, Corkran c. Casa Napoleone Ltd e la mia nota adesiva, 2003,
pp. 612 ss. Critico rispetto a tale decisione è invece P. BIAVATI, Azione revocatoria e criteri ita-
liani di competenza giurisdizionale, 2004, p. 88. Amplius infra pp. 257 ss.
97
Si veda la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla legge ap-
plicabile alle obbligazioni extracontrattuali (“Roma II”) presentata dalla Commissione il
22.7.2003 (COM(2003) 427 definitivo) che prevedeva, alla sezione 2: “Norme applicabili alle
obbligazioni extracontrattuali derivanti da un fatto diverso da un illecito”, il cui Articolo 9 – De-
terminazione del diritto applicabile stabiliva: “1. Ove un’obbligazione extracontrattuale derivante
da un fatto diverso da un illecito si ricolleghi ad una relazione preesistente tra le parti, quale un
contratto che presenti uno stretto collegamento con l’obbligazione extracontrattuale, la legge ap-
plicabile è quella che disciplina questa relazione”. Si veda G. CARELLA, La disciplina internazio-
nalprivatistica delle obbligazioni da fatto lecito, 2005, pp. 25 ss.
98
È tuttavia possibile che, in analogia con la concezione tedesca dell’actio pauliana, i profili
sostanziali dell’azione siano ricondotti alla qualificazione di “arricchimento senza causa” deter-
minando l’applicazione dell’art. 10 del regolamento Roma II: “1. Ove un’obbligazione extracon-
trattuale derivante da un arricchimento senza causa, compresa la ripetizione dell’indebito, si ricol-
leghi ad una relazione preesistente tra le parti, come quella derivante da un contratto o da un fatto
illecito, che presenti uno stretto collegamento con tale arricchimento senza causa, la legge appli-
cabile è quella che disciplina tale relazione. 2. Quando la legge applicabile non può essere deter-
minata in base al paragrafo 1 e le parti hanno la loro residenza abituale nel medesimo paese nel
momento in cui si verifica il fatto che determina l’arricchimento senza causa, si applica la legge di
tale paese. 3. Quando la legge applicabile non può essere determinata in base ai paragrafi 1 o 2 si
applica la legge del paese in cui l’arricchimento senza causa si è prodotto. 4. Se dal complesso
delle circostanze del caso risulta che l’obbligazione extracontrattuale che deriva da un arricchi-
mento senza causa presenta collegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso da quel-
lo di cui ai paragrafi 1, 2 e 3, si applica la legge di quest’altro paese”. Se così sarà sorgeranno
problemi applicativi di non poco conto, che non è però opportuno trattare, pro futuro, nell’ambito
del presente lavoro. Per un commento critico alla disciplina delle obbligazioni c.d. ex lege nel re-
golamento Roma II sia consentito rinviare al mio lavoro: Il regime internazionalprivatistico della
44 CAPITOLO PRIMO

e commerciale non vi sono norme di fonte comunitaria atte ad inquadrare


l’azione revocatoria ordinaria al fine di attribuire al giudice una competenza
speciale in questa materia e individuare una legge applicabile. Questo vuoto le-
gislativo potrebbe lasciare spazio all’applicazione del diritto nazionale facendo
riemergere la tesi dell’applicabilità dell’art. 61.
Essa merita dunque qualche riflessione.
Si deve subito osservare che la qualificazione di “obbligazioni ex lege” è
tautologica, si tratta cioè di una locuzione non informativa. Essa è ontologica-
mente corretta per ogni tipo di responsabilità e quindi anche per descrivere il
fenomeno della soggezione di un terzo ai rimedi esperibili da un creditore,
quando il terzo è legato da un rapporto obbligatorio con il debitore.
Infatti, nell’ambito della tradizionale visione positivista e kelseniana del di-
ritto è agevole opporre l’obiezione secondo la quale anche l’autonomia privata e
la responsabilità conseguente a un illecito trovano riconoscimento e fondamento
in norme giuridiche. L’ordinamento italiano stabilisce, con i mezzi in discorso, i
confini della responsabilità del debitore e, simmetricamente, i poteri di controllo
gestorio del creditore, non diversamente dal modo in cui stabilisce i limiti della
responsabilità contrattuale e della responsabilità da fatto illecito. In altre parole
ci sembra di poter mettere in dubbio la capacità identificativa della categoria
delle obbligazioni ex lege, che si risolve piuttosto in un truismo. Non si tratta,
insomma, di una mera critica terminologica; quel che si vuole mettere in discus-
sione è la stessa ragion d’essere della categoria, sulla scorta di quanto affermato
dalla dottrina con riferimento all’interpretazione dell’art. 5-1 e 5-3 della Con-
venzione di Bruxelles99.
Poiché sono sempre norme dell’ordinamento a stabilire i confini della re-
sponsabilità debitoria, parrebbe necessario individuare un altro criterio per di-
stinguere i mezzi in discorso dalle altre due grandi categorie della responsabili-
tà. Non ci sembra però che un tale criterio esista, come dimostra l’art. 1173 c.c.,
privo di luce chiarificatrice. La norma indica, quali obbligazioni legali, “ogni
altro atto o fatto [non meglio specificato] idoneo a produr[re obbligazioni] in
conformità dell’ordinamento giuridico”. La categoria delle obbligazioni ex lege
si trova così definita in negativo: come testimonia l’impiego dell’aggettivo “al-

responsabilità non contrattuale nel Regolamento CE “Roma II”, 2008, pp. 770 ss.
99
Osserva sempre L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, spec. pp. 257, 262 ss.: “La
prospettata tripartizione delle controversie soddisfa solo un antiquato gusto classificatorio; a-
vremmo un equivalente delle variae causarum figurae del Digesto in cui dovrebbero confluire,
senza plausibili ragioni sistematiche, le obbligazioni restitutorie, la gestione d’affari, le promesse
unilaterali, i titoli di credito, la culpa in contrahendo, ecc. È appena il caso di osservare che simile
soluzione non sarebbe affatto in linea con la revisione critica della dottrina delle fonti operata dal-
la civilistica moderna, revisione che guarda più alla funzione delle obbligazioni che all’origine
delle medesime.” L’autore rimanda in particolare a A. DI MAJO, Delle obbligazioni in generale,
1988, pp. 234 ss., di cui si veda inoltre il saggio La tutela civile dei diritti, 2003, pp. 197 ss., spec.
pp. 204 ss.
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 45

tro”. Esso serve a escludere contratti e fatti illeciti e a comprendere tutto ciò che
non può essere fatto rientrare nell’una o nell’altra categoria.
L’escamotage della definizione in negativo risolve due problemi simmetrici:
riduce ad unità le ipotesi eterogenee disseminate nel codice civile e nelle leggi
speciali; chiude il sistema delle fattispecie a carattere obbligatorio, consentendo
di ricomprendervi qualsiasi ipotesi non altrimenti identificabile. Tra queste, si
potrebbero annoverare i rimedi in esame, con la conseguenza di rendere appli-
cabile l’art. 61 della legge 218/95, un articolo che è frutto della stessa tecnica
del codice civile italiano e intende risolvere i due problemi simmetrici appena
visti100.
La dottrina italiana che ha commentato la disciplina internazionalprivatistica
delle obbligazioni ex lege non ha mancato di evidenziare il carattere residuale
della norma, che continua una tradizione già consolidata nel vigore dell’art. 25,
secondo comma, disp. prel. c.c.101 . Da tale carattere la dottrina fa discendere la
necessità di applicare solo in via sussidiaria il criterio di collegamento territoria-
le previsto per le obbligazioni ex lege, cioè per i rari casi di obbligazioni ex lege
che non accedono né conseguono a un rapporto sottostante, ovvero per le que-
stioni non regolate dalla lex causae applicabile a un rapporto sottostante esisten-
te102.
In altre parole, l’applicazione del criterio di collegamento territoriale
dell’art. 61 consegue a un processo di qualificazione che filtra la fattispecie at-
traverso tre norme di conflitto: un primo filtro trattiene le fattispecie di obbliga-
zioni chiaramente qualificabili come contrattuali o da fatto illecito, provviste dei
criteri di collegamento loro propri, mentre lascia residuare le obbligazioni lega-
li; un secondo filtro trattiene le sole obbligazioni ex lege riconducibili a un c.d.
rapporto sottostante, per sottoporle alla lex causae di tale rapporto103; quindi, se

100
Art. 61 legge 218/95: “La gestione d’affari altrui, l’arricchimento senza causa, il paga-
mento dell’indebito, e le altre obbligazioni legali, non diversamente regolate dalla presente legge,
sono sottoposti alla legge dello Stato in cui si è verificato il fatto da cui deriva l’obbligazione”.
101
Ricorda B. BAREL, Art. 61, 1996, pp. 1433 ss., a p. 1434: “parte della dottrina era giunta a
ravvisare nell’art. 25, comma 2°, delle preleggi, relativamente alle obbligazioni legali, una norma
di chiusura, suscettibile di applicazione soltanto quando la lex causae già non fornisse la discipli-
na.”; v. anche, dello stesso autore, “Obbligazione, XII) Diritto internazionale privato: obbligazio-
ne ex lege” 1997, pp. 1 ss.; A. MALATESTA, Art. 61, 1996, p. 1204 ss. Amplius in T. BALLARINO,
L’arricchimento senza causa, 1963, p. 380 e ss.; L. RADICATI DI BROZOLO, Questioni di giurisdi-
zione e di legge applicabile in tema di indebito, 1985, pp. 188 ss.
102
La dottrina sembra unanime sul punto, anche perché la Relazione, cit., p. 441, riconosce
che “Frequentemente, le obbligazioni ex lege, in quanto accessorie ad un rapporto giuridico prin-
cipale, cadono per attrazione sotto la legge regolatrice di quest’ultimo”. Si veda ad esempio B.
BAREL, Art. 61, 1996, p. 1434, che riprende la tesi espressa a suo tempo da T. BALLARINO,
L’arricchimento senza causa, 1963, pp. 380 ss.
103
A. MALATESTA, Art. 61, 1996, p. 1204, “È noto infatti che le obbligazioni nascenti dalla
legge si pongono il più delle volte come mera conseguenza o elemento accessorio di un altro rap-
porto giuridico, nella cui disciplina esse vengono attratte, pena un’inaccettabile frantumazione di
46 CAPITOLO PRIMO

neppure questo filtro trattiene la fattispecie, le obbligazioni ex lege prive di rap-


porto sottostante sono regolate dalla legge individuata con il criterio territoriale
dell’art. 61104. Inoltre, tra le ipotesi espressamente contemplate dall’articolo,
l’arricchimento senza causa si presenta come ipotesi ulteriormente residuale ri-
spetto alla negotiorum gestio e alla condicio indebiti (un terzo filtro ma senza
conseguenze: alle tre diverse qualificazioni corrisponde lo stesso criterio di col-
legamento)105.
L’art. 61, così inteso, garantisce la corrispondenza tra diritto interno e diritto
internazionale privato106. In entrambi i sistemi le obbligazioni ex lege sono uti-
lizzate come categorie funzionali alla chiusura del sistema107.

una fattispecie unica”. Sottolinea il favore del legislatore per “l’applicazione globale della legge
richiamata da norme di conflitto a fattispecie ampia, definita in base alla materia anziché a criteri
classificatori di tipo formale” B. BAREL, Art. 61, 1996, p. 1434, a conferma del carattere sussidia-
rio del criterio di collegamento territoriale, che consegue al carattere residuale della norma sulle
obbligazioni ex lege.
104
Così la dottrina maggioritaria sulla scorta di T. BALLARINO, L’arricchimento senza causa,
1963, p. 380 ss. Analoga è l’impostazione del regolamento Roma II per la quale rinvio al mio stu-
dio La legge applicabile alle obbligazioni non contrattuali nel regolamento “Roma II”, 2009, pp.
409 ss.
105
Ciò corrisponde alla concezione dell’arricchimento ingiustificato propria dei paesi latini,
mentre la Common law restringe i rimedi restitutori alle ipotesi in cui l’arricchimento sia ingiusto
e non semplicemente ingiustificato. Per la comparazione tra le due concezioni si può fare riferi-
mento a J. P. DAWSON, Unjust Enrichment: a Comparative Analysis, 1951 e, nella dottrina più
recente, a P. GALLO, I rimedi restitutori in diritto comparato, 1997, di cui si vedano spec. le pp.
52 ss. e B. NICHOLAS, Unjust Enrichment and Subsidiarity, 1994, pp. 2037 ss.
106
Come vedremo sotto, il più convinto assertore dell’impostazione internazionalprivatistica
di cui si dà conto nel testo, è stato senz’altro il francese Bartin, in tempi caratterizzati da un certo
ripiegamento su sé stessi degli ordinamenti giuridici. L’autore è per questo considerato portatore
di una concezione “nazionalista” del diritto internazionale privato. Su questa etichetta si veda N.
E. HATZIMIHAIL, On mapping the conceptual battlefield of private international law, 2000, pp. 57
ss. Tali critiche non sono state però sopravvalutate dalla dottrina successiva, che dimostra di ap-
prezzare tuttora l’armonia sistematica tra il diritto civile e il diritto internazionale privato
all’interno di un ordinamento, nonostante la scarsa coerenza con le premesse universalistiche del-
la disciplina internazionalprivatistica. Queste risiedono proprio nella disponibilità a rinunciare al
proprio punto di vista e ad adottare quello di un altro ordinamento. Come rilevato da Y. LEQUET-
TE, Renvoi, 1998, pp. 1 ss., e nell’ambito della prefazione a M.-C. NAJM, Principes directeurs,
2005, p. XVII: “Apparemment antinomiques, ces principes ne font que traduire la dialectique
permanente qui anime le droit international dans son ensemble, celle de « la confiance et de la
défiance », celle de « l’universel et du spécifique » […] le droit international privé, qui vise à or-
ganiser la coordination de systèmes juridiques ne reposant pas sur les mêmes valeurs, requiert
pour prospérer un sens certain de la relativité ”. Si potrebbe osservare che il diritto internazionale
privato vive di questa contraddizione tra i condizionamenti culturali e l’aspirazione all’uni-
versalità; essa è la proiezione di un istinto naturale dell’uomo: il desiderio di rendere universale il
proprio punto di vista.
107
Si veda già T. BALLARINO, L’arricchimento senza causa, 1963, p. 380.
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 47

Un secondo vantaggio, comunemente riconosciuto all’art. 61, risiede nel fa-


vorire, ove possibile, la competenza di un’unica legge per la disciplina di rap-
porti obbligatori complessi a cui accedono obbligazioni ex lege108. Purtroppo
non è questo il caso delle fattispecie che ci riguardano. Infatti, in casi come
quelli in esame, l’obbligazione ex lege accede, anzi presuppone, almeno due al-
tri rapporti obbligatori, cosicché essa si trova a subire la forza di attrazione di
entrambi. In questi casi si possono immaginare tre soluzioni: il concorso cumu-
lativo109 , il rinvio dell’intera fattispecie a un ordinamento o il suo spezzettamen-
to tra le leggi richiamate. Considerato il disfavore per il cumulo, da una parte, e
il pregiudizio per le aspettative dei terzi conseguente al rinvio a un unico ordi-
namento, dall’altra, si potrebbe pensare che il problema applicativo più urgente
sia quello di disarticolare la fattispecie per decidere quali segmenti sottoporre a
quale delle due lex causae che vengono in rilievo; verificando poi se residua
uno spazio di applicazione per la lex loci actus designata dall’art. 61 della legge
218/95.
Un secondo ordine di problemi, ancora più facilmente percepibile, riguarda
le conseguenze dell’applicazione dell’art. 61.
Essa sottopone le obbligazioni legali alla legge del luogo “ove si è verificato
il fatto da cui deriva l’obbligazione”. Dando per presupposta l’esistenza di un
“fatto” cui ricondurre la genesi dell’obbligazione, resta il problema di individu-
are la legge applicabile all’obbligazione ex lege ogni volta in cui non esiste un
fatto suscettibile di localizzazione. La stessa Relazione al disegno di legge della
riforma riconosce le difficoltà applicative del criterio di collegamento adotta-

108
A. MALATESTA, Art. 61, 1996, p. 1204 e ss., B. BAREL, Art. 61, 1996, pp. 1234 s., il quale
afferma che è del resto una “generale finalità della riforma [quella di] attuare il principio
dell’applicazione globale della legge straniera richiamata”.
109
Il fenomeno designato come concorso cumulativo o cumulo si produce, come illustra E.
VITTA, Diritto internazionale privato, I, 1972, p. 287, quando “la norma di conflitto [è] impernia-
ta formalmente su un dato collegamento, ma questo oper[a] in due direzioni, richiamando al con-
tempo due leggi materiali”. L’autore ricorda inoltre che: “Nelle ipotesi in cui si produce il feno-
meno suddetto, è come se vi fossero due distinti collegamenti per la stessa fattispecie. E poiché
tali collegamenti richiamano contemporaneamente due leggi [..] diverse è d’uopo, per far funzio-
nare la norma, tener conto di entrambe, contemperandole tra loro. Lo schema della norma di con-
flitto è in questo caso il seguente: la fattispecie è regolata mediante un unico collegamento il qua-
le, operando in più direzioni, dà luogo in pratica a più collegamenti e richiede l’applicazione cu-
mulativa di più leggi.” I casi più frequenti di concorso cumulativo conseguono all’applicazione
del criterio della nazionalità nei casi di doppia cittadinanza. Accade anche, tuttavia, che il cumulo
non sia una conseguenza involontaria ma che derivi dalla volontà del legislatore che impiega cri-
teri di collegamento doppi o bidirezionali. In questi casi il cumulo è solitamente impiegato per
raggiungere un determinato risultato sostanziale, quando non ispirato dalla tendenza a favorire i
propri connazionali, come ricorda T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, 1982, pp. 380 ss.
spec. p. 382, per il quale “il cumulo delle leggi non è, in sé, da approvare per la ragione che osta-
cola il riconoscimento dei rapporti giuridici e crea all’interprete delle difficoltà spesso insuperabi-
li”.
48 CAPITOLO PRIMO

to110; esse sono state evidenziate dalla dottrina, successivamente all’entrata in


vigore della legge, soprattutto con riferimento ad alcune ipotesi di arricchimento
ingiustificato111.
Nel nostro caso il problema è altrettanto visibile e si presenta inalterato nelle
tre fattispecie: qual è il fatto che dà diritto al creditore di agire in surrogatoria,
in revocatoria o per la declaratoria della simulazione?
Si può subito notare che nelle fattispecie in esame è arduo trovare un “fatto”
che abbia innescato l’obbligo giuridico del terzo di rispondere del suo compor-
tamento di fronte al creditore di un soggetto legato a lui da un rapporto obbliga-
torio. Come già osservato, è difficile rintracciare, nelle fattispecie in esame, sia
il fatto da cui deriva l’obbligazione, sia l’obbligazione112. È appena il caso di
notare che la dottrina civilistica non è unanime nell’interpretare surrogatoria e
revocatoria quali azioni a tutela di obbligazioni sorte in conseguenza di un fatto.
Si potrebbe sostenere che il momento genetico dell’obbligazione di rispondere
della diminuzione patrimoniale coincida con l’inadempimento del debitore113.
Tuttavia, né gli artt. 1415 e 1416, né l’art. 2900 c.c. autorizzano una simile in-
terpretazione, mentre l’art. 2901 c.c. è esplicito nello stabilire la possibilità di
agire in revocatoria quando il credito non è neppure esigibile (“il creditore, an-
che se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare ... ecc.”).
Inoltre, se si qualificasse l’inadempimento come momento genetico dell’obbli-
gazione, il criterio di collegamento dell’art. 61 diverrebbe di difficile u-
tilizzazione: come individuare, infatti, il luogo ove si verifica l’inadempimento?

110
Come si evince dalla Relazione al disegno di legge [vedine il testo in G. GAJA (a cura di),
La riforma del diritto internazionale privato, 1994, pp. 401 ss., e in particolare la p. 441] il legi-
slatore della riforma sapeva che: “La determinazione del luogo «in cui si è verificato il fatto da
cui deriva l’obbligazione» può in alcuni casi far sorgere difficoltà”; pertanto la relazione si preoc-
cupa di chiarire quale sia tale luogo per le tre ipotesi tipiche di obbligazioni ex lege che hanno
ispirato la norma dell’art. 61 legge 218/95.
111
Ad esempio B. BAREL, Obbligazione, 1997, p. 6 esemplifica il caso dell’adempimento di
un’obbligazione contrattuale in assenza di un impegno giuridicamente valido per difetto di capa-
cità contrattuale o altro. In questi casi, l’autore suggerisce di seguire le tesi già espresse in epoca
precedente da R. DE NOVA, Obbligazioni, 1979, p. 498 e K. ZWEIGERT, D. MÜLLER-GINDULLIS,
Quasi-contracts, 1973, pp. 1 ss., spec. pp. 14 ss., che propongono di utilizzare il criterio del luogo
di situazione del patrimonio dell’arricchito: cioè la lex domicilii dell’arricchito; in quanto “si può
ritenere che, ove non sia individuabile propriamente un fatto suscettibile di localizzazione o esso
sia casuale e insignificante, venga meno la ratio insita nel collegamento così come tradizional-
mente inteso, e pertanto la localizzazione sia piuttosto da ricercare attraverso un riferimento sog-
gettivo, alla residenza o sede dell’arricchito.” La tesi può convincere da un punto di vista teorico,
ma non ci pare in aderenza con il dato positivo ove non si rintraccia alcuna indicazione in questo
senso.
112
La natura giuridica dei rimedi in esame è trattata al capitolo seguente.
113
Nel sistema tedesco potrebbe invero sostenersi che il momento genetico del potere di re-
voca coincida con l’inadempimento del debitore perché l’azione può essere esercitata solo dal
creditore munito di titolo esecutivo.
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 49

Un’altra possibilità da esplorare consiste nel ritenere che il diritto ad esperi-


re i mezzi di tutela della garanzia patrimoniale sorga contemporaneamente al
credito, e ne rappresenti una sorta di accessorio114 ; se il credito è “il fatto da cui
deriva l’obbligazione” allora la legge designata dall’art. 61 sarebbe quella dello
Stato in cui è sorto il credito: la lex loci actus o la lex loci commissi delicti a se-
conda del tipo di responsabilità del debitore. A ben guardare, tuttavia, se si in-
tende aderire alla qualificazione ora detta, sembra più corretto evitare in radice
il ricorso all’art. 61. Infatti, la qualificazione di “accessorio del credito” può
servire proprio a impedire alla fattispecie di filtrare nell’art. 61, trattenendola
nella lex causae del rapporto di credito. In questo caso, insomma, ci sembra più
coerente con le premesse far subire ai rimedi in esame la vis attractiva dello sta-
tuto del credito, piuttosto che stabilire l’autonomia dei rimedi rispetto alla lex
causae dei rapporti sottostanti per poi richiamare la lex causae del rapporto di
credito con il criterio del “luogo in cui si è verificato il fatto da cui deriva
l’obbligazione”.
L’unico fatto giuridico che potrebbe essere preso in considerazione come
fonte dell’obbligazione, è il rischio di insolvenza cui si è volontariamente espo-
sto il debitore, con o senza la complicità del terzo. Per localizzare il rischio di
insolvenza si potrebbe agevolmente ricorrere al luogo in cui è stato stipulato il
contratto che diminuisce la garanzia generica dovuta dal debitore al creditore.
Tuttavia, il criterio della lex loci actus, non sempre conduce all’individuazione
di un luogo significativo, e ancora meno nell’attuale realtà delle transazioni
commerciali115. Inoltre, il criterio si presta a essere manipolato dalle parti
dell’accordo in fraudem, che potrebbero scegliere un determinato luogo al solo
fine di proteggere il contratto dai poteri d’ingerenza del creditore116 . Questa
considerazione suggerisce di non ricorrere al criterio della lex loci actus per
l’azione revocatoria ordinaria, tenuto conto della circostanza che la legge, la
giurisprudenza e la dottrina italiane appaiono poco propense a riconoscere dirit-
to di cittadinanza all’istituto internazionalprivatistico della frode alla legge117 .

114
La tesi espressa nel testo, elaborata dalla civilistica francese, è accolta da C. FRAGISTAS,
Das Anfechtungsrecht, 1938-1939, p. 457, proprio per giustificare una soluzione di diritto inter-
nazionale privato al problema della revocatoria.
115
Per il criterio locus regit actum si vedano le considerazioni di T. BALLARINO, Forma degli
atti, 1970, pp. 90 ss., pp. 280 ss. e i riferimenti bibliografici ivi citati.
116
Per rilievi sull’affinità esistente tra la lex loci actus e la legge dell’autonomia della volontà
si veda T. BALLARINO, Forma degli atti, 1970, p. 317, nt. 76 e i rimandi alla tesi di Batiffol ivi
contenuti.
117
Ci si riferisce alla tesi, in voga nel XVIII sec., secondo la quale la regola locus regit actum
non deve applicarsi quando è usata per eludere le prescrizioni vigenti in un dato paese (quello che
sarebbe competente in assenza di frode). Contra, la giurisprudenza e la dottrina italiane riteneva-
no, a metà del secolo scorso, che l’eccezione della frode alla legge si ponesse in contraddizione
con la facoltatività del criterio locus regit actum. Si veda ancora T. BALLARINO, Forma degli atti,
1970, p. 378 ss., nt. 53 e 54. Per l’istituto della frode alla legge, che è un principio di diritto inter-
50 CAPITOLO PRIMO

Individuare il luogo in cui si è realizzato l’insorgere del rischio di insolven-


za a seguito del comportamento inerte o fraudolento del debitore condurrebbe a
fantasie incompatibili con la rigidità che richiedono i criteri di collegamento ter-
ritoriali. Il funzionamento dei criteri territoriali è direttamente proporzionale alla
stabilità dell’ancoramento al suolo che propongono. Si è potuto evincere dal fe-
nomeno dei conflits mobiles che, laddove non c’è la localizzazione geografica o
non è sicura (perché mobile ovvero indeterminata), il criterio di collegamento
non funziona o funziona male118 .
Alla luce di queste difficoltà applicative ci si deve chiedere se l’art. 61 della
legge 218/95 sia una buona regola di diritto internazionale privato.
A nostro avviso, essa presta il fianco a una grave critica sotto il profilo della
tecnica normativa. Le ragioni di tali problemi applicativi possono ricollegarsi a
un problema strutturale della norma che, da una parte, vuol essere una norma di
chiusura, dunque generica, e abbracciare diverse ipotesi e fenomeni, ma dal-
l’altra prevede un collegamento assai specifico con il riferimento al luogo del
fatto ecc. Ci pare invece che una norma di chiusura, con fattispecie aperta e as-
solutamente generica, debba necessariamente legarsi a un criterio di collega-
mento altrettanto aperto: non già a un criterio rigidamente territoriale e specifico
come il criterio dell’art. 61. Intendendo accogliere qualsiasi rapporto obbligato-
rio non compreso dalle altre norme di conflitto in materia di obbligazioni, sa-
rebbe stato preferibile agganciare alla fattispecie un criterio di collegamento
flessibile e più facilmente adattabile, in luogo di rinviare alla legge del luogo di
accadimento di un fatto, che potrebbe risultare introvabile nella fattispecie, co-
me accade per i rimedi in esame.
Si ritiene, peraltro, che la norma sia stata pensata come una norma specifica
per le tre ipotesi nominate cui fa riferimento, oggi diversamente disciplinate dal
regolamento Roma II. Del resto, per ognuna di tali ipotesi la Relazione si pre-
mura di esplicitare in quale luogo la norma intende condurre l’interprete indi-
candogli la via del “fatto da cui deriva l’obbligazione”. Allo stato attuale, inve-
ce, accanto alle ipotesi pensate uti singulae e corredate di un criterio di colle-
gamento che si specifica nei luoghi indicati dalla Relazione, sono comprese le
residue obbligazioni ex lege, pensate uti universae, per le quali il criterio di col-

nazionale privato positivo negli ordinamenti francese e tedesco, si veda E. VITTA, Diritto interna-
zionale privato, I, 1972, pp. 436 ss., spec. pp. 441 ss. per il suo riconoscimento nei due sistemi ora
detti, e la bibliografia cit. a pp. 487 s. Amplius sotto, pp. 222 ss.
118
L’espressione, tanto insolita quanto fortunata, di “conflitto mobile” è di É. BARTIN, Prin-
cipes de droit international privé, 1930, p. 193. Cfr. E. VITTA, Diritto internazionale privato, I,
1972, p. 276; T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, 1982, p. 328 che sottolinea il caratte-
re fantasioso del termine indicato da Bartin per indicare il problema scoperto da E. ZITELMANN,
IPR, vol. I, 1914 (1897), p. 151. L’autore tedesco lo aveva indicato con il termine Statutenwe-
chsel, cioè “cambiamento nello statuto”. Sulla concezione di diritto internazionale privato dello
Zitelmann si veda E. BETTI, Ernst Zitelmann e il problema del diritto internazionale privato,
1925, pp. 3 ss.
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 51

legamento dovrà essere in molti casi manipolato dall’interprete secondo le pro-


prie esigenze.
Come norma di chiusura la norma dell’art. 61 ci pare abbia poco senso. Sot-
to il profilo della tecnica normativa, infatti, essa si presenta gravemente disarti-
colata proprio nel nesso tra fattispecie e conseguenza; quel nesso in cui si risol-
ve ed esaurisce l’essenza del comando giuridico. In tal modo le due parti della
norma ci appaiono gravemente squilibrate mentre dovrebbero specchiarsi l’una
nell’altra119 .

7. Assenza del carattere “di applicazione necessaria” nelle norme che assisto-
no il principio di responsabilità patrimoniale

L’ultima tappa dell’esplorazione del diritto vigente in Italia impone di riflet-


tere sulla possibilità di concedere alle fattispecie in esame la particolare tutela
prevista dall’art. 17 della legge 218/95, rubricato “Norme di applicazione ne-
cessaria”.
La tesi può essere sostenuta solo con riferimento all’esercizio dell’azione
revocatoria ordinaria nell’ambito di un fallimento: ossia quando essa è esercita-
ta dal curatore fallimentare, in quanto nessun invito ad una applicazione neces-
saria degli artt. 2900 ss. c.c. può essere rintracciato nella lettera delle norme ivi
contenute (tantomeno si potrebbe sostenere la necessaria applicazione delle
norme sulla simulazione dei contratti).
In tale ipotesi soccorre il dato testuale dell’art. 66 legge fall., ai sensi del
quale: “Il curatore può domandare che siano dichiarati inefficaci gli atti compiu-
ti dal debitore in pregiudizio dei creditori secondo le norme del codice civile”.
L’azione si propone dinanzi al Tribunale fallimentare, sia in confronto del con-
traente immediato, sia in confronto dei suoi aventi causa nei casi in cui sia pro-
ponibile contro costoro”.
In presenza di elementi di estraneità, il giudice italiano deve oggi applicare
il regolamento comunitario sulle procedure d’insolvenza che fornisce un’arti-
colata regolamentazione internazionalprivatistica dell’actio pauliana120. In essa,
la valutazione sulla localizzazione della fattispecie si trova frammista a valuta-

119
Si veda B. ANCEL, L’objet de la qualification, 1980, p. 235.
120
Per un primo commento alla disciplina comunitaria nel suo complesso si vedano L. DA-
NIELE, Il Regolamento n. 1346/2000 relativo alle procedure d’insolvenza: spunti critici, 2004, pp.
593 ss., e IDEM, Legge applicabile e diritto uniforme nel regolamento comunitario, 2002, pp. 33
ss.; L. FUMAGALLI, Il regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza, 2001, pp. 677 ss.
(per la revocatoria, cfr. p. 701); infine, per i soli aspetti di diritto processuale, P. DE CESARI, Giu-
risdizione, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni, 2003, pp. 55 ss. In una prospettiva più
ampia, comprensiva di uno studio comparatistico della disciplina comunitaria, anglosassone e
belga si veda P. L. C. TORREMANS, Cross Border Insolvencies, 2002 (per la revocatoria, p. 94 e
ss., 182 e ss.).
52 CAPITOLO PRIMO

zioni a carattere sostanziale, legate essenzialmente alla tutela dell’affidamento


dei terzi121. In linea di principio, è competente la lex concursus, salvi i diritti dei
terzi acquirenti dal fallito allorché essi riescano a fornire la prova che l’atto di
disposizione in pregiudizio della massa è soggetto a una legge che non consente
di impugnarlo con alcun mezzo122. Ai sensi dell’art. 4 del regolamento, “[1.] la
legge dello Stato membro nel cui territorio è aperta la procedura [2.] determina
[…m)] le disposizioni relative … all’inopponibilità degli atti pregiudizievoli per
la massa dei creditori.” Ma questa disposizione non si applica – ex art. art. 13 –
“quando chi ha beneficiato di un atto pregiudizievole per la massa dei creditori
prova che: tale atto è soggetto alla legge di uno Stato contraente diverso dallo
Stato di apertura,e che tale legge non consente, nella fattispecie, di impugnare
tale atto con alcun mezzo.”
In definitiva l’azione revocatoria fallimentare è in ogni caso disciplinata dal-
la legge dello Stato di apertura del fallimento, mentre la legge applicabile
all’atto revocando si limita a dire se esso può essere messo in discussione oppu-
re no123 . Questa seconda legge è interpellata al solo fine di rispondere a una sec-
ca yes/no question o, più incisivamente, l’ordinamento competente per l’atto
conserva solo un diritto di veto sulla possibilità di esercizio dell’azione revoca-
toria, senza poter esprimere nessun altra valutazione124 .

121
Cfr. il considerando n. 24 che precede il testo normativo del regolamento e insiste sulla
protezione delle aspettative delle parti e della certezza del diritto.
122
Il regolamento rappresenta, in questo senso, un passo indietro rispetto allo status ricono-
sciuto alle leggi straniere dal sistema italiano di diritto internazionale privato. Viene alla mente
l’art. 14 legge 218/95, che, superando gli eccessi dogmatici del positivismo, riconosce finalmente
alla legge straniera la propria natura di legge, con tutte le conseguenze del caso in merito al prin-
cipio iura novit curia. La disposizione dell’art. 4 del regolamento, inoltre, mal si concilia con la
“mutua fiducia”, richiamata sempre con enfasi dal Consiglio (cfr. il ventiduesimo considerando
del regolamento). Per ampi riferimenti bibliografici e per una sintesi del dibattito sul valore da
attribuire alla legge straniera, si veda T. BALLARINO, Diritto internazionale privato 1982, pp. 354
ss. e, sul trattamento processuale del diritto straniero, pp. 363 ss. Per un commento alla tesi accol-
ta dal legislatore italiano all’art. 14, cfr. sempre T. BALLARINO, Diritto internazionale privato
1999, pp. 280 ss. e le considerazioni ante riforma di E. VITTA, Cours général, 1979, pp. 53 ss.
123
Si vedano i molti interrogativi sollevati da L. DANIELE, Legge applicabile e diritto uni-
forme nel regolamento comunitario, 2002, pp. 41 s., che dubita che l’articolo rappresenti
“un’ordinaria norma sui conflitti di leggi”. M. BOGDAN, Art. 13, Detrimental Acts, 2002, p. 191
osserva che la norma consente alle parti di evitare l’azione revocatoria fallimentare attraverso la
scelta di una legge che non consente questo tipo di impugnazione. Con riferimento alla norma
della convenzione europea sulle procedure d’insolvenza – mai entrata in vigore – che ha ispirato
l’art. 13 del regolamento, I. FLETCHER, The European Union Convention on Insolvency Procee-
dings, 1998, p. 127 ss., aveva formulato delle riserve circa l’opportunità di applicare la lex con-
cursus alla disciplina dei mezzi processuali a disposizione del curatore o dei terzi per contestare la
validità di un contratto e, di converso, circa la possibilità di evincere la legge applicabile al con-
tratto.
124
Si veda sotto, pp. 233 ss., pp. 306 ss. e pp. 345 ss.
PROBLEMATICA DELLA LEGGE APPLICABILE ALL’AZIONE 53

Appare dunque errato qualificare, “norme di applicazione necessaria” le


norme sull’azione revocatoria, ordinaria e fallimentare.

8. Conclusioni: l’insufficienza dei dati normativi e l’emergere di una lacuna nel


diritto internazionale privato italiano

Emerge dalla precedente rassegna l’ambiguità della disciplina internazio-


nalprivatistica positiva dei mezzi di conservazione della garanzia generica.
L’assenza di disposizioni esplicite e specifiche rende necessario ricorrere al-
le categorie sintetiche presenti nelle norme più classiche e tradizionali di diritto
internazionale privato. Queste spesso hanno un carattere di norme di chiusura,
come dimostra l’art. 61 legge 218/95 che intende abbracciare i più vari rapporti
obbligatori125. Tuttavia, la dipendenza della qualificazione dall’angolo visuale
adottato dall’interprete si traduce in un “conflitto di qualificazioni”, il quale, a
sua volta, comporta un conflitto tra gli statuti dei due rapporti obbligatori pre-
supposti dalle fattispecie in esame. Proprio l’esitazione tra la qualificazione di
“questione circa l’opponibilità del contratto (o del rapporto tra debitore e suo
debitore per la surrogatoria)” e quella di “questione circa i poteri d’ingerenza
del creditore” conduce a una sovrapposizione tra lo statuto del contratto (o
dell’obbligazione del debitor debitoris) e lo statuto del credito cui accede la ga-
ranzia generica.
Non sembra che una delle due possibili letture del fenomeno sia più giustifi-
cata dell’altra e pertanto la scelta del diritto internazionale privato applicabile va
compiuta ricorrendo ad altri criteri126.
Si è potuto, inoltre, registrare un altro dato: tra le norme che, opportunamen-
te qualificate, potrebbero sussumere i mezzi di conservazione della garanzia ge-
nerica, nessuna pare condurre a una regolamentazione adeguata. Così, anche se

125
La dottrina è unanime nel ritenere che l’operazione di qualificazione lege fori si faccia
con una certa elasticità e non richieda una perfetta corrispondenza tra le nozioni giuridiche impie-
gate dalle norme di diritto interno e quelle impiegate dalle norme dettate per la soluzione di pro-
blemi di diritto internazionale privato (proprio per non cadere nel c.d. paradosso di Burckhardt, su
cui vedi sotto, cap. II, nt. 10).
126
La dottrina e la giurisprudenza americane hanno portato vigorose critiche al metodo del
diritto internazionale privato continentale anche sul terreno della qualificazione, osservando fe-
nomeni come quello di cui si dà conto nel testo e traendone la conclusione che la “qualificazione”
è in realtà un escape o cover-up device, o ancora un gimmick utile al giudice per applicare la legge
che gli consente di conseguire il risultato materiale che preferisce, come riferisce B. AUDIT, Le
caractère fonctionnel, 1984, pp. 306 ss., spec. p. 314 s. L’autore ritiene che vi siano dei conflitti
veri e dei conflitti falsi di qualificazione. I secondi si hanno quando tra le qualificazioni in conflit-
to ce n’è una preponderante; mentre i primi si verificano quando più qualificazioni sono possibili.
Quando più categorie possono definire un fenomeno, la scelta di una piuttosto che un’altra non
può che avvenire in funzione del risultato.
54 CAPITOLO PRIMO

l’interprete riuscisse a superare lo scoglio della qualificazione, si troverà di


fronte a un non meno inquietante problema di adattamento: dal momento che i
criteri di collegamento non sono stati pensati per i rimedi giurisdizionali tipizza-
ti in esame e fanno riferimento a elementi non sempre riscontrabili nella loro
fattispecie.
Alla luce di queste considerazioni, ci si deve arrendere di fronte all’evidente
assenza di una norma di diritto internazionale privato idonea a sussumere il po-
tere di ingerenza del creditore nel patrimonio del debitore attraverso le tre azioni
in esame e, al tempo stesso, che consenta la scelta di una legge attraverso un cri-
terio di collegamento efficace, soddisfacente e univoco.
Non resta che registrare l’emergere di una lacuna, la quale dovrà essere
colmata con gli strumenti a disposizione dell’ordinamento italiano127. Prima di
esplorare il terreno dell’analogia iuris e legis al fine di colmare la lacuna del si-
stema disegnato dalla legge 218/95, l’occasione pare propizia per tentare un e-
same completo dell’actio pauliana e degli altri rimedi giurisdizionali tipizzati
ad uso di quei creditori che investono e operano in ordinamenti diversi.

127
Non si può affermare, invece, l’esistenza di una lacuna nell’ordinamento comunitario, dal
momento che si tratta di un ordinamento sui generis, privo del carattere della completezza.
CAPITOLO SECONDO

RILEVANZA DELL’ANALISI STORICO-COMPARATISTICA


NELLA RICERCA DI UNA SOLUZIONE CONFLITTUALE.
LA «VIA PAULIANA»

SOMMARIO: 1. Il metodo di studio delle questioni di diritto internazionale privato fonda-


to sull’analisi delle “istituzioni” del diritto civile, in prospettiva storico-comparatistica.
SEZIONE I: Dimensione sostanziale e dimensione processuale dell’azione revocatoria
ordinaria – 2. L’azione revocatoria ordinaria nel sistema di diritto privato. – 3. Le teorie
processualistiche e il parallelismo tra gli effetti dell’azione revocatoria ordinaria e gli
effetti del pignoramento. – 4. Inquadramento della posizione sostanziale del creditore
come diritto potestativo. – 5. Segue. Sua irrilevanza per il diritto internazionale privato.
– 6. Insussistenza di un diritto autonomo alla conservazione della garanzia patrimoniale
dotato di un proprio statuto (lex patrimonii). – 7. Inquadramento della posizione sostan-
ziale del debitore e del terzo negli schemi della responsabilità civile. Alcune precisazio-
ni. – 8. L’azione revocatoria ordinaria come vicenda del rapporto obbligatorio. SEZIONE
II: La disciplina delle azioni revocatoria e surrogatoria tra valori universali (buona
fede) e politiche legislative nazionali. – 9. L’azione revocatoria e l’azione surrogatoria
tra diritto romano e diritto comune. – 10. L’ingresso nel Code Napoléon e la diffusione
delle due azioni. – 11. I rimedi a favore dei finanziatori del commercio contro le c.d.
“fraudulent conveyances” in Gran Bretagna. – 12. Il Constructive trust come rimedio
costitutivo in Equity contro alienazioni in frode al beneficiario di un trust e la sua gene-
ralizzazione a tutte le vittime di frodi. – 13. I due archetipi di azione revocatoria e le
scelte politico-economiche che influenzano la disciplina delle azioni codificate dagli
ordinamenti positivi. – 14. L’ampiezza della tutela del credito. – 15. L’ampiezza della
nozione di pregiudizio. – 16. Le condizioni soggettive: l’animus del debitore e quello
del suo avente causa. – 17. Gli atti revocabili. – 18. Gli effetti della sentenza di revoca
riguardo all’atto revocato, riguardo al bene oggetto dell’atto revocato e riguardo al su-
bacquirente. – 19. Prescrizione dell’azione. – 20. I due modelli di azione revocatoria
conosciuti dal diritto positivo.

1. Il metodo di studio delle questioni di diritto internazionale privato fondato


sull’analisi delle “istituzioni” del diritto civile, in prospettiva storico-com-
paratistica

I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale sono direttamente col-


legati al processo esecutivo, che rappresenta l’akmé della tutela accordata
dall’ordinamento al titolare di un diritto soggettivo.
L’esecuzione forzata, attraverso l’aggressione del patrimonio del debitore,
non è sempre proficua per i creditori e, in molti casi, l’insufficienza dei beni da
sottoporre ad esecuzione deriva da un depauperamento colposo o anche doloso.
56 CAPITOLO SECONDO

Una regola di comune esperienza impone, da una parte, di verificare se l'insol-


venza non sia dettata da un depauperamento volontario e, in questo caso, se si
possa ripristinare lo status quo ante (actio pauliana, azione dichiarativa della
simulazione), dall’altra, di accertare se beni o diritti del debitore si trovino al-
trove, presso terzi (azione surrogatoria)1.
Questa intuizione è presente in ogni ordinamento giuridico, perché è chiaro
che senza un regime adeguato per la protezione degli investimenti e del credito
nessuna economia si può sviluppare.
Gli istituti che regolano questi fenomeni si sono evoluti attraverso tecniche
simili, come rende evidente una perlustrazione storica e geografica, tanto che si
può parlare di un archetipo di azione revocatoria ordinaria. Esistono valori uni-
versali, come la buona fede, utilizzati da tutti gli ordinamenti per la disciplina di
azioni concepite per la revoca di atti fraudolenti, o comunque allo scopo di al-
largare il patrimonio soggetto a esecuzione. La conoscenza di questi valori può
rappresentare un punto di partenza per costruire una disciplina internazionalpri-
vatistica dell’azione, alla doppia condizione che si ritenga inimmaginabile una
soluzione puramente localizzatrice per i conflitti di leggi in materia di azione
revocatoria ordinaria, ossia una soluzione neutrale, avalutativa, priva di un so-
strato materiale; e che si sia disposti a sacrificare, fin dove è necessario, le scel-
te di politica legislativa del proprio ordinamento positivo alle esigenze di armo-
nia internazionale delle soluzioni2.
Uno dei riflessi condizionati del giurista di diritto internazionale privato,
proveniente direttamente dalla riflessione di Savigny, a metà del XIX secolo,
consiste nel far precedere lo studio delle istituzioni di diritto romano e di diritto
straniero all’elaborazione di una soluzione per i conflitti di leggi che quelle isti-
tuzioni possono generare, in presenza di elementi di estraneità3.

1
J. CARBONNIER, Droit civil, t. IV, l. II, 1994, p. 574 osserva “Les deux actions reposent sur
une observation psychologique élémentaire, le débiteur sur le point de sombrer a tendance soit à
tout laisser aller par découragement (action oblique) soit, (dans une phase légèrement postérieure)
à se constituer des réserves (action paulienne)”.
2
Sarà bene precisare che la prospettiva descritta nel testo non evoca un nostalgico ritorno al
diritto naturale della Respublica Christiana, cioè alla individuazione di un modello unico
dell’istituzione oggetto di studio, verso il quale dovrebbe orientarsi il progresso giuridico
dell’umanità, ma si fonda solo sull’osservazione e non sulla speculazione giuridica. Lo studio del
diritto comparato (prolungamento nel presente di quello che costituisce la storia nel passato, per
citare Bufnoir) rivela l’esistenza di caratteristiche comuni a quelle istituzioni che intendono
risolvere lo stesso problema giuridico nei diversi ordinamenti accanto ai profili peculiari e
caratteristici di ogni ordinamento. Una norma di diritto internazionale privato può dirsi valida e
universalizzabile quando essa si fonda su queste caratteristiche comuni ai vari ordinamenti e
questi ultimi sono disposti a rinunciare alle politiche legislative che perseguono attraverso
l’istituzione nazionale.
3
H. BATIFFOL, Droit comparé, droit international privé et théorie générale du droit, 1970, p.
667.
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 57

L’utilità di questo metodo d’analisi potrebbe risultare dubbia alla luce delle
osservazioni esposte sopra sulla scomparsa del diritto comune, che era il terreno
di elezione dell’approccio descritto4. Tuttavia, le posizioni di chiusura verso lo
studio del diritto storico e del diritto straniero sono rimaste isolate se non aned-
dotiche: esse sono proprie degli esponenti più radicali del particolarismo o me-
todo nazionale del diritto internazionale privato, nato in reazione al-
l’universalismo di Pasquale Stanislao Mancini5; anzi lo sviluppo della compara-
zione come metodo di studio del diritto ha permesso il sorgere della c.d. dritte

4
Le ragioni del successo del “metodo savigniano” e della sua sopravvivenza nei secoli
successivi nonostante il cambiamento del modello sociale borghese in cui era nato sono spiegate
da P. PICONE, La méthode de la référence à l’ordre juridique compétent, 1986, pp. 245 ss.
Abbiamo già sottolineato che il diritto comune era usato da Savigny e dai suoi predecessori come
base per la soluzione dei problemi giuridici tra privati in via sussidiaria rispetto alle norme
positive nazionali e che queste presentavano lacune e non aspiravano a creare un sistema coerente
e completo. L’idea di creare un “sistema” risale, com’è noto, alle grandi codificazioni del-
l’ottocento, che hanno nazionalizzato il diritto privato e il diritto internazionale privato. Questo
fenomeno, insieme all’allargamento delle prospettive del commercio internazionale, ha acuito il
problema dei conflitti di leggi, proprio per il venir meno di un fondamento comune del diritto
privato radicato nel diritto romano, ritenuto depositario della scienza giuridica. Il cambiamento
avrebbe richiesto un approccio diverso allo studio del problema dei conflitti di leggi e,
probabilmente, l’abbandono della formulazione savigniana della quaestio: «quale legge si applica
a un rapporto giuridico denominato “x”?», a favore dell’approccio statutario: «“qual è l’ambito di
applicazione della legge “y” (che regola nel mio ordinamento il rapporto “x”) nello spazio e
ratione personarum?»; con buona pace del diritto civile comparato.
5
L’inutilità dello studio del diritto comparato è stata affermata in più luoghi da Bartin, che
riteneva sufficiente lo studio del diritto interno, con un attento esame della giurisprudenza
creativa della Cour de cassation, per la soluzione dei problemi di internazionale privato. Le sue
posizioni radicali sono state raccolte da Du Pontavice nel saggio L’œuvre d’Etienne Bartin,
ricordato da H. BATIFFOL, Les apports du droit comparé, 1969, p. 132, nt. 1. L’eminente autore
precisa che gli altri esponenti della scuola c.d. « particolarista » del diritto internazionale privato,
alla quale ascrive Kahn e Jitta erano invece familiari e favorevoli allo studio del diritto
comparato. Franz Kahn era peraltro intervenuto al primo grande Congresso di diritto comparato
organizzato a Parigi da Édouard Lambert e Raymond Saleilles, sul tema Bedeutung der
Rechtsvergleichung mit Bezug auf das internationale Privatrecht [trad. fr. Rôle, fonction et
méthode du droit comparé dans le domaine du droit international privé, 1900, pp. 406 ss.] per
anticipare profeticamente l’avvento di quella che fu poi chiamata “terza scuola” del diritto
internazionale privato: “Il y a aujourd’hui, dans la doctrine du droit international privé, deux
méthodes qui se combattent: la méthode nationale et la méthode internationale. [...] De ces deux
doctrines extrêmes, ... l’avenir n’appartient ni à l’une ni à l’autre. Une troisième le vaincra en les
rapprochant ... ce sera la méthode de droit comparé. [...] Elle prendra de la méthode nationale
l’exactitude de recherches, le « positivisme » qui la caractérise ... de la méthode internationale
nous apprendrons qu’il est illusoire de fonder le droit international privé sur une seule législation
civile considérée isolément ; qu’une discipline juridique qui tire son origine du commerce
international, et qui a, en premier lieu, pour but de pourvoir à des nécessités internationales, ne
peut subsister sans collaboration internationale, bien que sa force obligatoire ne repose que sur
l’autorité nationale”.
58 CAPITOLO SECONDO

Schule del diritto internazionale privato, fondata proprio sullo studio di istitu-
zioni gemelle, o con identità di funzione, nei diversi ordinamenti6. Secondo
un’opinione attuale e condivisa, pertanto, la conoscenza delle istituzioni giuridi-
che e la loro evoluzione nel tempo e nello spazio è ampiamente giustificata in
un’indagine di diritto internazionale privato7.
La sopravvivenza del pensiero bilateralista8 rappresenta perciò un dato di
fatto, che è solo possibile constatare e che, a torto o a ragione, fa parte del modo
attuale di ragionare sui problemi del diritto internazionale privato. In que-
st’ambito le giustificazioni di un excursus storico e di diritto comparato sono
due: la necessità di avere chiari sia i valori che ispirano, universalmente, una
data istituzione, intesa come disciplina coerente e completa di un fenomeno giu-
ridico, sia le politiche legislative particolari che ne determinano le differenze di
regolamentazione, quelle differenze che possono generare conflitti di leggi, in-
certezza del diritto, disarmonia delle soluzioni.
La prima ragione trae origine dalla concezione più tradizionale del diritto
internazionale privato, quella che mira all’elaborazione di metodi neutri di sele-
zione degli ordinamenti giuridici, per assegnare loro, sulla base di criteri ogget-
tivi, la regolamentazione di fattispecie concrete con elementi di estraneità e così
raggiungere l’armonia internazionale delle soluzioni. In una prospettiva dogma-
tica, la comparazione rappresenta lo strumento per la comprensione della natura
giuridica, la funzione e la struttura degli istituti per i quali si cerca una regola-
mentazione internazionalprivatistica. In una prospettiva più concreta si può dire
che questo tipo di analisi mira a individuare la koiné, il nucleo, i valori univer-
sali comuni all’istituzione oggetto di studio, di cui si vogliono verificare i pro-
blemi di diritto internazionale privato per elaborare delle soluzioni.
Senza giungere agli estremi della tesi di Rabel sulla qualificazione lege cau-

6
La formula è stata coniata da K. ZWEIGERT, Die dritte Schule im internationalen
Privatrecht, 1948, p. 35 ss. Il movimento è legato al pensiero di E. Rabel, e ha subìto il discredito
in cui è caduta la nota dottrina dell’autore sulla qualificazione “secondo il diritto comparato”. Si
veda la recensione all’articolo di H. LEWALD, 1949, pp. 644 ss. Sarebbe però riduttivo condannare
tutto il pensiero dell’autore per lo scarso rigore positivista di una sua tesi. Del resto lo stesso H.
BATIFFOL, Les apports du droit comparé au droit international privé, 1969, p. 133, nt. 4, afferma
“il paraît cependant légitime ... de parler d’une troisième école”.
7
Cfr. A. T. VON MEHREN, Choice-of-law theories and the comparative-law problem, 1975,
pp. 751 ss. e, dello stesso autore, Special Substantive Rules for Multistate Problems, 1974, pp.
347 ss.; Ph. FRANCESCAKIS, Droit international privé comparé, 1968, pp. 675 ss. Adde B.
FAUVARQUE-COSSON, Droit comparé et droit international privé, 2000, pp. 797 ss.
8
Per “pensiero bilateralista” si intende quel modo di ragionare dei problemi di diritto
internazionale privato che parte dall’istituzione in abstracto, la colloca in un sistema di diritto
civile e individua, nell’ambito della fattispecie, il segmento più caratteristico (o più adatto),
facendolo assurgere a momento di collegamento, ossia a criterio di selezione dell’ordinamento
rilevante, in un quadro generalmente di parità tra lex fori e ordinamento straniero.
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 59

sae9, la dottrina riconosce al diritto straniero la possibilità di esercitare una sua


influenza, quanto meno nel procedimento di qualificazione. Il diritto comparato
serve a dare alle norme di conflitto del foro l’apertura necessaria a sussumere
rapporti giuridici con elementi di estraneità, in modo da non cadere nel c.d. pa-
radosso di Burckhardt: se le norme straniere sono identiche a quelle della lex
fori si può bensì procedere alla qualificazione e all’applicazione delle norme di
conflitto ma senza conseguenze pratiche; se invece le norme straniere hanno un
contenuto diverso, nonostante l’identità del nomen iuris dell’istituto regolato
non sarà possibile qualificare e applicare le norme di conflitto perché si tradi-
rebbe la legge straniera richiamata10.
Si deve piuttosto osservare come il diritto comparato sia utile per l’ela-
borazione (più che per l’applicazione) delle norme di conflitto, in particolare
per chi, restando nell’ambito del proprio ordinamento, intenda ricavare la disci-
plina internazionalprivatistica migliore attraverso lo studio della ratio, della
struttura o della finalità di ogni istituto, al fine di ricavarne il criterio di colle-
gamento più adatto11. Qui la comparazione consente una riflessione civilistica di
ampio respiro, non limitata all’esame delle discussioni di diritto interno, ma at-
tenta al diritto straniero e alle origini degli istituti oggetto di studio: tesa perciò
a verificare la filosofia ultima dell’istituto in esame, i suoi concreti meccanismi

9
Come osservato sopra, nel testo, di fronte ai problemi generati dall’applicazione del metodo
di Savigny negli ordinamenti positivi, Ernst Rabel aveva pensato di usare il diritto comparato
come una sorta di surrogato del gemeines Recht. Merito dell’autore è di aver messo in luce le
possibilità derivanti dalla conoscenza del diritto comparato nell’applicazione del diritto
internazionale privato ma la sua tesi sulla qualificazione lege causae è rimasta isolata. Si veda
però la recente riesumazione di J.-L. ELHOUEISS, Retour sur la qualification lege causae en droit
international privé, 2005, pp. 281 ss.
10
Il paradosso di W. BURCKHARDT, Über die Allgemeingültigkeit des internationalen
Privatrechts, 1919, p. 279 e ss., è più complesso di quanto non si lasci intendere, per comodità,
nel testo. Bisogna intanto dire che le premesse dell’autore sono unilateraliste, nel senso che
partono dal presupposto della non dissociabilità tra le norme materiali e quelle “di delimitazione”.
Come sottolinea D. BODEN, L’ordre public: limite et condition de la tolérance, 2002, pp. 622 ss.,
il vero paradosso è che l’autore tenga ferme le premesse unilateraliste per criticare la regola di
conflitto bilaterale (che parte da premesse opposte: la dissociazione tra la norma sostanziale e la
norma che ne delimita il campo di applicazione, definita norma di concretizzazione, che può
inglobare qualsiasi norma sostanziale).
11
A. T. VON MEHREN, Choice-of-law theories, 1975, p. 751, ritiene che l’errore metodologico
originario sia stato proprio quello di sminuire l’importanza delle divergenze tra le leggi in
conflitto: “Beale and Savigny did not make the comparative investigation required to answer [the]
question [… whether] for any given matter a serious divergence of views existed among the
concerned jurisdiction [… thus their theories fail] to deal comprehensively and openly with the
general problem of divergence. Suppressing the problem generates a tension in certain situations
between the system’s formal structure and of rule and principle and the adjudicator’s sense of
appropriate result. The admonition that divergence is not to influence the choice of law is
frequently resisted, the adjudicator having recourse to covert techniques, especially
characterization and the substance-procedure dichotomy”.
60 CAPITOLO SECONDO

e i bisogni sociali a cui risponde: ad aspetti cioè che non sempre restano pecu-
liari e confinati all’ambito di un singolo ordinamento.
Si può anche giungere a sostenere, ignorando ogni querelle de chapelle, che
l’ausilio della comparazione nella riflessione civilistica è funzionale al diritto
internazionale privato: sia che ci si voglia cimentare nella ricerca della sede di
un rapporto giuridico astratto, prescindendo dalle varie sue declinazioni cono-
sciute nei diritti nazionali (Savigny); sia per la ricerca del collegamento più
stretto tra quel rapporto giuridico astratto e gli ordinamenti che gli elementi co-
muni della fattispecie potrebbero richiamare, cioè per individuare talune pre-
sunzioni di prossimità (Lagarde); sia nella ricerca degli interessi delle parti e
del loro bisogno di tutela giuridica in astratto o in concreto, al fine di trovare la
norma di conflitto che ne attui il corretto bilanciamento (Fragistas e la Interes-
senjurisprudenz); sia, infine, che si proceda alla individuazione della volontà di
applicazione delle leggi che regolano lo stesso fenomeno (d’ora in poi “istitu-
zione”, brevitatis causa e in omaggio alla tradizione) per vedere come queste
volontà interagiscano tra di loro e se siano suscettibili di prodursi conflitti posi-
tivi o negativi di leggi (dottrine unilateraliste).
Indipendentemente dalle premesse metodologiche che s’intendano adottare
per il discorso di diritto internazionale privato, la conoscenza del diritto storico
e di quello straniero è il primo passo per l’analisi dei problemi posti da un istitu-
to (o dalle leggi che disciplinano un fenomeno giuridico identico in vari ordi-
namenti) in vista di verificarne la regolamentazione migliore dal punto di vista
del diritto internazionale privato.
Venendo alla seconda giustificazione dell’analisi che segue, essa è stata
messa in evidenza, in massimo grado, dalle teorie americane, c.d. funzionaliste
o strumentali, e si può ritenere propria della tradizione unilateralista12. Secondo
queste teorie il diritto internazionale privato dovrebbe intervenire solo in pre-
senza di “veri conflitti” ossia quando la questione giuridica che si pone in con-
creto è risolta diversamente dalle leggi in presenza. La dottrina americana ha
sottolineato che non vi è una reale necessità di stabilire qual è la legge applica-
bile quando la questione giuridica che si pone è risolta in modo identico dagli
ordinamenti in presenza13.

12
Ci si riferisce alle teorie di B. CURRIE, Selected Essays on Conflicts of Laws, 1963, spec.
pp. 182 ss., 272 ss.; D. F. CAVERS, The Choice of Law Process, 1965, rist. 1983, spec. pp. 114 ss.
e Contemporary Conflicts Law, 1970, pp. 75 ss. Continua A. T. VON MEHREN, loc. cit.: “[The]
functional or instrumental theories [approach] the choice-of-law problem investigating how the
several concerned legal orders wish to regulate the given or multistate problem or situation. These
latter theories face the issue of whose views are to prevail only after disagreement respecting the
proper solution on the part of the concerned legal orders has been established” [corsivo mio]”. Per
un commento della dottrina francese alle scuole “funzionali” cfr. B. AUDIT, Le caractère
fonctionnel, 1984, pp. 244 ss.
13
Osserva P. PICONE, La méthode de la référence, 1986, p. 240, che le teorie americane, pur
contemplando metodi di soluzione dei conflitti di leggi profondamente diversi l’uno rispetto
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 61

Questi rilievi sono utili al giurista continentale perché solo un esame delle
divergenze concrete di regolamentazione consente di acquisire piena consape-
volezza dei problemi che possono manifestarsi nella realtà. In questa seconda
chiave, l’analisi che segue può rivelare i bisogni sociali veri, e non teorici, che
la nostra disciplina deve soddisfare14.
Ciò è dimostrato, del resto, dal metodo “standard” con il quale la dottrina
continentale affronta le problematiche relative a rapporti giuridici, in special
modo multilaterali (cessione di credito, subfornitura ecc.), nell’ambito del me-
todo tradizionale di selezione neutrale, ex ante, dell’ordinamento competente.
Esso consiste nell’isolare le questioni giuridiche suscettibili di porsi nella realtà
(le quali possono essere individuate solo una volta chiarite le divergenze tra le
soluzioni offerte dagli ordinamenti) e nell’assegnare tali questioni, una dopo
l’altra, all’uno o all’altro ordinamento rilevante (cioè spezzettando la disciplina
di un istituto e assegnandone i “pezzi” così ottenuti ai vari ordinamenti in pre-
senza) 15.
Lo studio dei problemi di diritto internazionale privato generati da un’isti-
tuzione del diritto civile, nota a molti ordinamenti anche se in varianti e decli-
nazioni diverse, impone di partire dal diritto civile comparato, pur senza dimen-
ticare la filosofia positivista degli attuali sistemi giuridici nazionali. L’esplo-
razione del diritto civile è finalizzata a cercare il fondamento ultimo comune
dell’istituzione, ossia il bisogno sociale cui essa risponde; la tecnica giuridica
escogitata dall’ordinamento per soddisfare quel bisogno sociale; le ideologie
positive all’origine delle scelte nazionali di regolamentazione16.

all’altro, muovono tutte dall’esigenza di sostituire il meccanismo «cieco» di selezione della legge
competente con un meccanismo più attento al contenuto delle leggi in presenza.
14
Cfr. H. BATIFFOL, Les apports du droit comparé, 1969, p. 134.
15
Lo stesso H. BATIFFOL, Aspects philosophiques, 2002, p. 47, ha spesso insistito sulle con-
seguenze inopportune dello spezzettamento di un’istituzione che può risolversi nella disarti-
colazione di una disciplina coerente e nella sua sostituzione con una disciplina inesistente e
scoordinata; ma anche dell’isolamento di un’istituzione dal sistema di diritto privato da cui viene
estrapolata. Lo stesso autore, Droit comparé, droit international privé et théorie générale du
droit, 1970, p. 665, porta l’esempio della relazione esistente, in ogni sistema di diritto privato, tra
il regime patrimoniale tra coniugi e la disciplina delle successioni nello stabilire i diritti del
vedovo o della vedova sul patrimonio del defunto.
16
Cfr. H. BATIFFOL, Aspects philosophiques, 2002, pp. 110 ss. , nell’ambito delle rego-
lamentazioni nazionali, distingue un elemento razionale da un elemento volontario, imperativo. Il
primo ha una vocazione universalistica mentre il secondo è legato alla sovranità territoriale e
opera solo entro i suoi limiti. Nel testo si è preferito scindere l’elemento razionale in due
componenti: una tecnica, l’altra filosofica. Nel primo senso l’elemento razionale riguarda la
costruzione giuridica dell’istituzione da esaminare (per esempio la questione dell’appartenenza di
una materia alla responsabilità contrattuale o a quella da illecito); nel secondo senso, l’elemento
razionale riguarda i valori comuni ispiratori della disciplina. Ad es. è possibile discutere dei valori
comuni a tutte le azioni revocatorie, che rievocano i tre precetti latini: suum cuique tribuere,
alterum non laedere, honeste vivere; essi si traducono in disposizioni precise che sono simili nei
62 CAPITOLO SECONDO

L’indagine che segue è limitata all’azione revocatoria ordinaria, non solo in


ragione della maggiore rilevanza dello strumento ma anche per l’importanza
dell’obiettivo metodologico che consente di raggiungere. Alcuni cenni sono
riservati all’azione surrogatoria che si è evoluta in parallelo all’azione revocato-
ria ordinaria.
L’azione dichiarativa della simulazione ex art. 1416, comma 2°, non è inve-
ce oggetto d’indagine in quanto, da una parte, è di più recente creazione e,
dall’altra, riassume in sé le problematiche delle altre due azioni: condivide lo
schema dell’azione revocatoria ordinaria dalla quale si distanzia solo per gli
effetti – che si producono interamente nella sfera del debitore, come nel caso
dell’azione surrogatoria – e come quest’ultima pone essenzialmente una que-
stione di legittimazione ed interesse ad agire (di terzi) per fare valere in giudizio
un rapporto sostanziale di altri soggetti.

Sezione I
Dimensione sostanziale e dimensione processuale
dell’azione revocatoria ordinaria

2. L’azione revocatoria ordinaria nel sistema di diritto privato

Per parlare dell’azione revocatoria ordinaria del sistema giuridico italiano


occorre avere una chiara visione dell’intero sistema del diritto privato c.d. pa-
trimoniale17 nella sua dimensione sostanziale e processuale. Come abbiamo vi-
sto, bisogna in primo luogo tracciare una precisa linea di demarcazione tra dirit-
to sostanziale e diritto processuale. Dalla posizione di questa linea, infatti, di-
pende la configurazione dell’azione revocatoria come istituto sostanziale oppure
come mezzo meramente processuale. La dimensione sostanziale dell’azione
revocatoria è stata autorevolmente negata nella civilistica italiana18. È evidente
che l’inquadramento dell’azione revocatoria ordinaria nell’ambito del diritto
processuale rileva sul piano del diritto internazionale privato perché da esso si
potrebbe far discendere l’applicabilità dell’art. 12 della legge 218/95 che rende

diversi ordinamenti, come quelle che sanciscono l’irrevocabilità dei pagamenti di debiti scaduti e
degli atti di disposizione di beni a titolo oneroso quando l’acquirente è in buona fede. L’elemento
razionale che si traduce in una tecnica giuridica non è di per sé universale ma può diventarlo: se il
bisogno sociale è lo stesso ovunque, la tecnica per soddisfarlo creata in un ordinamento può
essere esportata negli altri.
17
Per diritto privato patrimoniale s’intende, con A. CICU, L’obbligazione nel patrimonio del
debitore, 1948, p. 1 ss. “il campo dell’autonomia, della libertà individuale” distinto dal diritto di
famiglia e dal diritto del lavoro.
18
F. CARNELUTTI, Diritto e processo, 1927, p. 319.
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 63

competente la lex fori per “il processo civile che si svolge in Italia”. Inoltre,
quand’anche si ritenga superata la tesi della natura esclusivamente processuale
della revocatoria, la distinzione tra aspetti processuali e aspetti sostanziali si
ripropone nel diritto internazionale privato come conflitto tra statuto della lex
fori e statuto della lex causae.
In secondo luogo, e per comprendere gli aspetti sostanziali dell’azione revo-
catoria, bisogna ancora conoscere la linea di confine e la giustapposizione tra
diritti di credito e diritti reali. L’azione revocatoria ordinaria è sempre stata an-
che sul filo di quest’altra distinzione e la dottrina, dai glossatori agli autori con-
temporanei, ha sempre trovato argomenti idonei a tirarla da una parte o
dall’altra della frontiera19. Infatti, sebbene sia stata posta a servizio del creditore
chirografario20, l’azione vuole imprimere un vincolo sul bene individuato dal
creditore come essenziale per il suo soddisfacimento. All’esito del positivo e-
sperimento dell’azione si instaura un rapporto immediato tra il bene e la persona
del creditore, tanto che questi può aggredirlo direttamente iniziando un proce-
dimento esecutivo contro il suo proprietario, proprio come se vantasse una ga-
ranzia di natura reale.
In Italia il creditore vittorioso in revocatoria, una volta munito di titolo ese-
cutivo, può domandare l’esecuzione forzata pignorando direttamente il bene
oggetto dell’atto revocato, nelle forme dell’espropriazione contro il terzo pro-
prietario (artt. 602-604 c.p.c.); similmente l’ordinamento francese predispone a
favore del creditore vittorioso il mezzo denominato “saisie contre le tiers déten-
teur”, una particolare ipotesi di esecuzione forzata diretta contro un terzo, così
denominato in quanto estraneo al rapporto sostanziale che fonda l’esecuzione e
soggetto a questa misura “propter rem”21.

19
In Francia e in Spagna, il dibattito sulla natura in rem o in personam dell’azione
revocatoria non sembra ancora sopito. La dottrina maggioritaria di entrambi gli Stati sembra
comunque orientata a riconoscere la forte colorazione personale dell’azione, malgrado i punti di
contatto che presenta con le azioni reali. L’assunto di M. PLANIOL, G. RIPERT, Traité pratique de
droit civil français, t. VII, Obligations, 1954, p. 301 è impresso nella cultura giuridica francese:
«Sans doute on voit l’action paulienne dirigée, à la façon d’une révendication, contre des tiers qui
détiennent des valeurs sorties du patrimoine du débiteur. Mais [...] L’action paulienne est une
action personnelle, car elle constitue une prérogative attachée à la qualité de créancier et fondée
sur un droit personnel»; J-P. CHAZAL, L’action paulienne en droit français, 2000, p. 179, e, per la
Spagna, F. RIVERO, España: la acción pauliana en Derecho español, 2000, spec. p. 47 s.
20
In Francia l’azione pauliana inizia a essere impiegata anche per la salvaguardia dei diritti
reali con l’avallo di Cassation 6 ottobre 2004, Mme Rakoto-Ratsimamanga e le osservazioni di G.
KESSLER, Action paulienne et droits réels, 2004, p. 3098 e di R. LIBCHABER, L’expansion de
l’action paulienne et ses menaces, 2005, pp. 612 ss.
21
G. COUCHEZ, Voies d’exécution, 2005, p. 214.
64 CAPITOLO SECONDO

Dalla soluzione di questo secondo conflitto di categorie 22 tra diritti reali e di


credito si potrebbe far dipendere l’attrazione dell’azione revocatoria nello statu-
to del bene (e ritenere competente la lex rei sitae) ovvero nello statuto di uno
dei due rapporti obbligatori messi in relazione dalla fattispecie (e ritenere com-
petente la legge regolatrice del credito protetto o la legge competente per l’atto
revocando)23. La delimitazione dello statuto del bene, preso di mira dal credito-
re, rispetto allo statuto del credito che fonda l’azione revocatoria e/o allo statuto
dell’atto di disposizione, dipende dalla configurazione reale o obbligatoria del-
l’istituto della revoca per frode.
In prima approssimazione e con il conforto della dottrina maggioritaria, da
un lato si può dare per scontato che l’azione revocatoria ordinaria italiana non
possa essere ridotta a un fenomeno squisitamente processuale, dall’altro che
vada ascritta all’area del diritto delle obbligazioni. Questa ricostruzione invita
quantomeno alla ricerca di una lex causae che fornisca un proprio statuto
all’azione revocatoria o agli elementi di essa che esorbitano da un quadro pura-
mente processuale. La ricerca della lex causae impone di intendersi sul signifi-
cato del principio di responsabilità patrimoniale per la cui salvaguardia l’azione
revocatoria ordinaria è stata posta. Sembra necessaria, in altre parole, una veri-
fica circa l’esistenza di uno statuto del patrimonio o della responsabilità patri-
moniale o ancora della garanzia generica.
L’azione risente proprio dell’equilibrio instabile in cui si trova la responsa-
bilità patrimoniale, compressa tra diritto delle obbligazioni ed esecuzione forza-
ta24, ma della cui autonomia concettuale la dottrina prevalente non dubita25. La
stessa definizione dell’azione revocatoria ordinaria come “mezzo di conserva-
zione della garanzia patrimoniale del credito” sposta il problema definitorio e
classificatorio sul principio di responsabilità patrimoniale e sulla garanzia gene-
rica rappresentata dal patrimonio del debitore: cioè su tre nozioni, quelle di re-
sponsabilità, di garanzia e di patrimonio, la cui ambiguità non è stata ancora
vinta dall’impegno chiarificatore della dottrina26.
In diritto internazionale privato il problema si circoscrive alla questione di
sapere se la responsabilità patrimoniale/garanzia generica abbia, o piuttosto me-

22
L’espressione è ripresa da B. ANCEL, Les conflits de qualifications, 1977, pp. 263 ss. ove
sono esaminati i legami che la donazione tra coniugi intrattiene con quattro categorie in conflitto:
capacità, status personali, rapporti tra coniugi e successioni.
23
Cfr. P. MAYER, V. HEUZÉ, Droit international privé, 2007, p. 496 nt. 6.
24
E. ROPPO, La responsabilità, 1985, p. 370 e la voce Responsabilità patrimoniale, 1988, p.
1041.
25
R. NICOLÒ, Art. 2740, 1955, p. 3. Per una rassegna delle opinioni in dottrina E. ROPPO, La
responsabilità patrimoniale, 1985, pp. 370 ss.
26
Sempre E. ROPPO, La responsabilità, 1985, p. 376 rinuncia esplicitamente a dare un
inquadramento sistematico alla responsabilità patrimoniale preferendo descriverne il concreto
operare e manifestarsi.
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 65

riti di avere, un proprio statuto27. Il problema che qui si evoca è connaturato ai


conflitti di leggi in presenza di un patrimonio, inteso come insieme di beni dota-
to di una propria individualità che trascende i beni stessi. In altre parole,
l’azione revocatoria ordinaria ripropone la questione classica in tema di falli-
mento e successioni: l’idoneità di un criterio di collegamento unitario per il pa-
trimonio, suscettibile di avocare a un unico ordinamento la regolamentazione di
tutti gli elementi che lo formano, e resistere ai collegamenti più stretti o più forti
che i beni che lo formano eventualmente abbiano con ordinamenti diversi. Se si
individua un criterio di collegamento specifico per la responsabilità patrimonia-
le, le azioni che ne tutelano l’efficacia sanzionatoria ne subirebbero la forza di
attrazione. La legge regolatrice della responsabilità patrimoniale potrebbe essere
allora individuata in una lex patrimonii.
La posizione sostanziale dei convenuti, il debitore e il suo avente causa, po-
trebbe però essere inquadrata anche in una delle due forma classiche di respon-
sabilità, ossia quella contrattuale e quella non contrattuale. In questo caso verrà
meno l’esigenza di individuare una lex patrimonii perché verranno in rilievo i
criteri di collegamento previsti per quelle forme di responsabilità: il criterio del-
la lex contractus se si afferma che il debitore e il terzo sono responsabili ex con-
tractu nei confronti del creditore e il criterio della lex delicti se si afferma che i
primi sono responsabili per aver commesso un illecito nei confronti del secon-
do.
La risposta a questo ulteriore problema, circa la natura della responsabilità
patrimoniale anche rispetto alle figure classiche della responsabilità civile, di-
viene agevole solo se si comprende appieno il concetto di obbligazione nella
sua complessità, ossia come struttura complessa intercorrente tra due soggetti e
caratterizzata da un insieme di poteri e soggezioni, e come struttura dinamica,
ossia come un rapporto in continua evoluzione fino all’esaurimento con l’adem-
pimento o con la nascita di una responsabilità di tipo vicario.

3. Le teorie processualistiche e il parallelismo tra gli effetti dell’azione


revocatoria ordinaria e gli effetti del pignoramento

Sulla scia della dottrina tedesca della dissociazione tra debito e responsabi-
lità28, la dottrina italiana era giunta a concepire la responsabilità patrimoniale

27
E. ROPPO, Responsabilità patrimoniale, 1988, p. 1043 ricorda come una dottrina mi-
noritaria (Laserra) configuri la responsabilità patrimoniale come un modo di essere del patrimonio
dell’obbligato.
28
Indugiare sul tema sarebbe fuori luogo ma bisogna comunque osservare che le riflessioni
della dottrina tedesca hanno avuto principalmente due meriti nello sviluppo del diritto italiano: il
primo è stato quello di porre l’accento sul lato attivo del rapporto obbligatorio, facendo riflettere
sul fatto che l’interesse del creditore non è nella prestazione del debitore per se, ma in quanto
66 CAPITOLO SECONDO

come una posizione di diritto processuale, avente come contenuto la soggezione


di una persona alla sanzione giuridica29. Abbandonata in Italia, la tesi è ancora
in voga in Germania, sotto il nome di haftungsrechtliche Theorie30.
Nell’attuale formulazione della teoria processuale tedesca, la disciplina
dell’azione revocatoria introdurrebbe nell’ordinamento una specifica forma di
invalidità di tipo processuale. In altre parole, l’atto di disposizione compiuto dal
debitore, ritenuto perfettamente valido da un punto di vista sostanziale, cioè i-
doneo a far passare il bene alienato in proprietà dell’acquirente, rimarrebbe pur
sempre soggetto all’esecuzione per i debiti dell’alienante in virtù del principio
processuale di responsabilità patrimoniale. La tesi ricorda talune espressioni di
Carnelutti: “La revoca per frode è … riconoscimento della soggezione del bene
che ne costituisce l’oggetto, quantunque appartenga a un terzo, all’azione del
creditore o meglio della soggezione di un terzo (quantunque non sia il debitore,
ma perché è complice di lui nella frode) all’azione esecutiva”31.
Nell’ordinamento italiano, la sanzione dell’inefficacia relativa accomuna
molte e diverse ipotesi di violazione di vincoli di indisponibilità32.

strumentale al conseguimento di un bene della vita; il secondo è stato quello di aver fornito la
distinzione concettuale tra dovere di prestazione e responsabilità. Già all’epoca della codi-
ficazione italiana del 1939-1942, la dottrina riteneva che il legislatore, pur consapevole della
discussione dogmatica in corso, non avesse aderito alle dottrine germaniche, pur avendone tratto
beneficio sicché “la responsabilità del debitore e il correlativo potere del creditore di agire sui
beni del primo per la realizzazione del suo diritto configurano una situazione giuridica autonoma,
se pure strumentale rispetto al rapporto obbligatorio”. Cfr. R. NICOLÒ, Art. 2740, 1955, p. 3 e E.
ROPPO, La responsabilità, 1985, p. 371.
29
F. CARNELUTTI, Diritto e processo nella teoria delle obbligazioni, 1927, p. 319.
30
Cfr. N. HOFFMANN, Die Actio Pauliana im deutschen Recht, 2000, p. 163. In questo modo
la dottrina tedesca finisce per trasformare la funzione di garanzia generica in un vincolo reale, che
attribuisce un diritto di seguito sui beni passati nella sfera patrimoniale del terzo.
31
F. CARNELUTTI, Diritto e processo nella teoria delle obbligazioni, 1927, p. 301. Più
incisivamente G. AULETTA, Revocatoria civile e fallimentare, 1939, p. 111: “L’azione revocatoria
è … da considerare come un’azione di accertamento della qualità di diritto tutelato condizio-
natamente del bene acquistato dall’acquirente, qualità che rende il bene passibile di esecuzione
per i debiti del dante causa e può essere ravvicinata, da questo punto di vista, all’azione di
simulazione con cui i creditori accertano che il bene simulatamente alienato appartiene ancora al
patrimonio del debitore e risponde quindi sempre per i suoi debiti”.
32
In Francia il nomen iuris della garanzia generica accentua il vincolo che essa imprime al
patrimonio del debitore. Come rileva A. CANDIAN, Discussioni napoleoniche, 1994, p. 1816, il
droit de gage général presenta delle analogie con il privilegio ipotecario esistente nell’Ancien
régime: un vincolo, di carattere reale, sul patrimonio del debitore che conferiva al creditore il
potere di sequestrare e di vendere tutti i beni, mobili ed immobili, del suo patrimonio in caso di
mancato adempimento delle obbligazioni assunte. In un’epoca precedente alla nostra N.
GOWLAND, Indisponibilità giuridica e azione revocatoria, 1960, pp. 128 ss. e G. GIORGI,
Fattispecie anomale di indisponibilità giuridica, 1961, pp. 250 ss. avevano configurato l’azione
revocatoria ordinaria come ipotesi “anomala” di indisponibilità giuridica, rifacendosi alla teoria
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 67

Il Nicolò segnala, come esempio, l’ipotesi di vendita di cosa altrui33. Ai sen-


si dell’art. 1478 c.c. tale tipo di contratto è perfettamente valido ed efficace,
l’unico effetto che non produce è quell’effetto reale tipico della compravendita
di diritto italiano. Il principio consensualistico non è qui in grado di operare,
perché non può vincere il vincolo di indisponibilità (salvo l’art. 1153 c.c.). È
chiaro poi che, in quanto res inter alios acta, il contratto non può produrre nep-
pure l’effetto di vincolare il proprietario del bene successivamente alienato.
Questa esposizione pecca forse di artificiosità laddove individua un vincolo
di indisponibilità nella limitazione al potere di disporre dei beni usciti dalla pro-
prietà del soggetto. Infatti, per compiere atti di disposizione è necessario avere
un titolo e, nella vendita di cosa altrui, è precisamente il titolo, ovvero la legit-
timazione sostanziale, che manca: ci sembra che solo a prezzo di un’inutile a-
strazione si possa vedere, in questo caso, un vincolo di indisponibilità.
Per queste ragioni, la disciplina della vendita di cosa altrui, più che un e-
sempio di inefficacia relativa conseguente alla violazione di un vincolo di indi-
sponibilità, sembra invero obbedire alle regole generali; e, in particolare, ai due
principi-cardine del diritto dei contratti: il principio per cui il vincolo contrattua-
le si perfeziona con il consenso ed ha forza di legge tra le parti (artt. 1321 e
1372, 1° comma c.c.) e il principio della relatività degli effetti del contratto (art.
1372, 2° comma).
Più pregnante ci pare l’accostamento con la fattispecie dell’art. 2913 c.c.
L’articolo sancisce che gli atti di disposizione di beni pignorati “non hanno ef-
fetto in pregiudizio del creditore pignorante” e dei creditori intervenuti
nell’esecuzione forzata. In questo caso non è un’astrazione configurare il pigno-
ramento come un vincolo di indisponibilità, un limite al potere di disporre del
debitore. Il debitore conserva la titolarità della proprietà, ma tale diritto è com-
presso dalla legge per il soddisfacimento di altri interessi. È in questo esempio,
come nel caso della revocatoria, che emerge con chiarezza la limitazione del
potere di disposizione, ad opera di una norma giuridica derogatoria dei principi
generali: il diritto di proprietà, che comprende, secondo il testo dell’art. 832
c.c., il diritto di disporre in modo pieno ed esclusivo, subisce una limitazione in
conseguenza dell’atto di pignoramento.
La norma (art. 2913 c.c.) sancisce l’inefficacia relativa di qualsiasi atto di
disposizione del bene pignorato quale conseguenza di un difetto del potere di
disposizione in capo al proprietario34. Sulla scorta di questi esempi, la dottrina

dell’indisponibilità elaborata dal F. NEGRO, Lineamenti di un trattato sull’indisponibilità


giuridica, 1957. Si veda ora anche F. REALMONTE, A. MAGRÌ, Indisponibilità, 1999, p. 695.
33
R. NICOLÒ, Azione surrogatoria e azione revocatoria, 1980, p. 869.
34
Contra F. REALMONTE, A. MAGRÌ, Indisponibilità, 1999, p. 687: “L’inefficacia relativa
costituisce dunque lo strumento tecnico di cui il legislatore si avvale onde porre rimedio al
concorso di posizioni giuridiche incompatibili, incidendo sugli atti potenzialmente idonei a
pregiudicare situazioni soggettive ritenute prevalenti e neutralizzandone gli effetti nella misura in
68 CAPITOLO SECONDO

maggioritaria ritiene che l’inefficacia dell’atto sia originaria. Si argomenta,


sembra, per analogia: negli esempi citati l’inefficacia dell’atto deve ritenersi
originaria, dunque anche l’art. 2901 c.c. è una norma che sancisce un caso di
“inidoneità originaria dell’atto a sottrarre i beni del [debitore] all’azione esecu-
tiva o conservativa del [creditore]; in altri termini, l’originaria incapacità di tale
atto di diminuire, nonostante tutto (nonostante cioè, la sua intrinseca validità ed
efficacia), l’oggetto della garanzia patrimoniale”35.
Discende da questa interpretazione che l’azione revocatoria sarebbe
un’azione di mero accertamento di tale inidoneità originaria, contrariamente a
quanto affermato a suo tempo da Emilio Betti36. Oggetto dell’accertamento sa-
rebbe dunque l’originario vincolo di indisponibilità gravante su un bene, in
quanto parte della garanzia generica.
Per le ragioni già esposte, ci sembra tuttavia, più aderente alla realtà la rico-
struzione che considera la dichiarazione di revoca come una pronuncia costitu-
tiva del giudice37. Né sembra pertinente la critica a tale tesi che fa perno
sull’impossibilità di attribuire una funzione recuperatoria all’azione38. Non si
vede alcuna contraddizione nell’affermare che la pronuncia del giudice rende
l’atto inefficace nei confronti di un creditore, ma non ha funzione restitutoria; il

cui questi si pongano in conflitto con la posizione giuridica cui la legge assegna prevalenza. […]
Le norme che dispongono l’improduttività di effetti nei confronti di certi soggetti (terzi), a questi
fanno riferimento unicamente in quanto titolari di determinate situazioni soggettive, stando a
significare che l’atto relativamente inefficace non può in alcun modo pregiudicare la posizione
giuridica protetta. Quest’ultima costituisce l’oggetto e al tempo stesso il limite della tutela offerta
dall’inefficacia relativa, che incide dunque sugli effetti dell’atto esclusivamente nella misura
necessaria a rimuovere l’incompatibilità paventata. L’alienazione del bene pignorato, ad esempio,
è inefficace nei confronti del creditore procedente nel senso che non è in grado di pregiudicare il
suo interesse al buon esito della procedura esecutiva, impedendo che l’atto di disposizione possa
in alcun modo condizionarne la prosecuzione. In ciò soltanto consiste la cosiddetta inefficacia
relativa dell’alienazione dei beni pignorati, il cui effetto traslativo sarà sotto ogni altro profilo
opponibile anche ai creditori pignoranti, nei cui confronti, ferma la tutela del loro diritto in sede
esecutiva, titolare del bene dovrà considerarsi il terzo acquirente, al quale essi dovranno ad
esempio risarcire il danno nell’ipotesi in cui si rendano volontariamente responsabili del
danneggiamento o della distruzione del bene pignorato. L’atto di disposizione compiuto in
violazione del vincolo d’indisponibilità produce dunque i suoi effetti anche riguardo ai soggetti a
tutela dei quali l’indisponibilità è prevista dalla legge. Nei loro confronti non può allora ritenersi
operante il difetto di legittimazione da taluno chiamato a giustificare l’inefficacia relativa” (cors.
agg.).
35
L. BIGLIAZZI GERI, Revocatoria, 1998, p. 1027. Si veda ancora R. NICOLÒ, loc. cit. Nello
stesso senso C. COSSU, Revocatoria ordinaria, 1998, p. 456; DE MARTINI, Azione revocatoria,
1958, p. 156, U. NATOLI, Azione revocatoria ordinaria, 1959, p. 891.
36
E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, IV, 1955, pp. 192 e ss.
37
Ibidem. Cfr. anche A. MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla l. fall., 2000, p. 246 e M.
BIANCA, La responsabilità, 1994, p. 457.
38
L. BIGLIAZZI GERI, Revocatoria, 1998, pp. 1027 s.
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 69

creditore dovrà dare impulso ad un procedimento ulteriore per recuperare il be-


ne oggetto dell’atto di disposizione al fine di sottoporlo a esecuzione forzata.
Sembra allora più corretto affermare che l’inefficacia dell’atto discende da
una fattispecie complessa, che non può prescindere da una pronuncia del giudi-
ce39.
Sgombrato il campo dalla questione della natura, costitutiva o dichiarativa,
della sentenza di revoca, è opportuno esaminare con attenzione il rapporto tra
l’art. 2913 c.c. e l’art. 2901 c.c.
Entrambe le norme consentono di trasformare il generico vincolo di indi-
sponibilità sancito dall’art. 2740 c.c. in un vincolo ben definito. Determinati
beni del debitore sono vincolati al soddisfacimento, per equivalente, di un de-
terminato credito. Il vincolo è specifico, da un lato, perché il credito garantito è
ormai cristallizzato nel suo ammontare; dall’altro poiché il vincolo non insiste
sul patrimonio fluttuante del debitore ma su beni specificamente e fisicamente
individuati40.
Nel caso del pignoramento il vincolo di indisponibilità viene costituito at-
traverso una fattispecie complessa che prevede l’osservanza di forme ad sub-
stantiam, rispondenti al principio della congruità allo scopo.
L’osservanza delle forme di pubblicità da parte dell’ufficiale giudiziario
rende normalmente noto non soltanto ai terzi, ma anche (e forse soprattutto) al
debitore, che esiste un vincolo di indisponibilità sui beni pignorati. Ciò avviene
attraverso l’ingiunzione fatta al debitore di “astenersi da qualunque atto diretto a
sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano
alla espropriazione” (art. 492, 1° comma c.p.c.).
Le forme del pignoramento realizzano le tecniche attraverso le quali il legi-
slatore ha ritenuto di poter efficacemente impedire al debitore escusso atti di
disposizione sui beni pignorati. Nel caso di pignoramento mobiliare ciò avviene
normalmente attraverso lo spossessamento (affidamento dei beni alla cancelle-
ria del tribunale o ad un custode ex art. 520 c.p.c.) mentre nel caso di pignora-
mento immobiliare o di beni mobili registrati attraverso la trascrizione del pi-
gnoramento effettuata dall’ufficiale giudiziario a norma dell’art. 555 c.p.c.

39
A conferma dell’assunto enunciato nel testo si può citare anche la disposizione dell’art.
1186 c.c. che consente al creditore di esigere immediatamente la prestazione quando il debitore
abbia diminuito, per fatto proprio, la garanzia patrimoniale. In questo caso, si può forse sostenere
che la decadenza dal beneficio del termine operi automaticamente, indipendentemente da una
richiesta del creditore?
40
La terminologia usata nel testo rievoca volutamente una forma di garanzia presente nel
diritto commerciale anglosassone e consistente nel vincolare il patrimonio delle società alla
garanzia del credito. L’aggettivo fluttuante è assai incisivo nell’illustrare come i beni oggetto
della garanzia mutino continuamente in conseguenza dell’esercizio dell’attività di impresa. In
argomento si veda E. GABRIELLI, A. DANESE, Le garanzie sui beni dell’impresa 1995, ora in E.
GABRIELLI, Studi sui contratti, 2000, pp. 350 ss. Cfr. inoltre R. GOODE, Legal Problems of Credit
and Security, 1988, passim.
70 CAPITOLO SECONDO

Anche l’inefficacia relativa di un atto, realizzata dalla revocatoria, deriva da


una fattispecie complessa che contempla, tra i suoi elementi costitutivi, partico-
lari tecniche di tutela del terzo. A ben guardare dunque, la situazione non è di-
versa perché il rapporto che l’art. 2740 c.c. ha con gli artt. 2901 ss. è lo stesso
che la norma ha con l’art. 2913 c.c.: dall’enunciazione di un principio di diritto
sostanziale si passa alle norme di attuazione dello stesso. Da un vincolo generi-
co sopra un patrimonio fluttuante si costituisce un vincolo specifico, assistito da
peculiari sanzioni, sopra un bene determinato. La “dichiarazione di revoca” non
realizza forse un vincolo sopra un determinato bene rispetto a un determinato
credito? Non ha forse la funzione di individuare il bene da assoggettare ad ese-
cuzione forzata?
Si potrebbe obiettare che l’esecuzione forzata potrà avvenire solo eventual-
mente, in un momento futuro e su impulso del creditore; a ben vedere, però,
anche la prosecuzione del procedimento esecutivo avviene su impulso del credi-
tore pignorante in un momento futuro (non prima del decimo e non oltre il no-
vantesimo giorno dall’avvenuto pignoramento); e potrebbe anche non aver luo-
go, ipotesi questa espressamente contemplata dagli artt. 494 ss. c.p.c.
La differenza risiede, semmai, nell’anticipazione della tutela esecutiva rea-
lizzata mediante l’azione revocatoria. Essa, infatti, non dà inizio, come il pigno-
ramento, al processo esecutivo (cfr. art. 491 c.p.c.); coerentemente, dunque, la
disposizione dell’art. 2901 c.c., concede al creditore l’esercizio dell’azione an-
che quando il suo diritto è sottoposto a termine o a condizione41.

4. Inquadramento della posizione sostanziale del creditore come diritto potesta-


tivo

L’aporia originaria dell’azione revocatoria ordinaria può essere sintetizzata

41
Una giurisprudenza sempre più copiosa riconosce lo stesso effetto che consegue al
pignoramento (e, nei termini che abbiamo visto, all’azione revocatoria), alla discussa fattispecie
del pegno rotativo o, più in generale, delle garanzie rotative. Si sostiene che nella fattispecie
contrattuale del pegno l’elemento dello spossessamento rappresenti in realtà soltanto una delle
possibili tecniche della funzione di garanzia. Tale tecnica sarebbe divenuta ormai anacronistica,
considerato che la rilevanza pratica dei diritti reali di garanzia si coglie soprattutto nell’ambito dei
finanziamenti per l’impresa. Una interpretazione evolutiva dell’art. 2786 c.c. e, in particolare, del
suo secondo comma, consentirebbe di costituire il pegno anche con modalità diverse dallo
spossessamento, purché “il costituente sia [in ogni caso] nell’impossibilità di dispor[re della cosa
costituita in pegno] senza la cooperazione del creditore”. Sulle garanzie rotative si veda, oltre alle
indicazioni della nota precedente, E. GABRIELLI, Rotatività della garanzia, 1999 e, dello stesso
autore Le garanzie rotative, 1995; I negozi costitutivi di garanzie reali, 1995; Autonomia privata
e diritto comune europeo delle garanzie mobiliari, 1995; saggi ora tutti raccolti in Studi sui
contratti, 2000 da cui citiamo. Si veda inoltre F. REALMONTE, L’oggetto del pegno: vecchi e nuovi
problemi, 1994, pp. 10 ss.
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 71

in due semplici domande: perché un atto, stipulato nell’esercizio di una delle


prime libertà riconosciute dagli ordinamenti moderni, la libertà d’iniziativa eco-
nomica dell’art. 41 Cost., può essere posto nel nulla dal creditore di uno degli
stipulanti? Perché l’acquirente di un bene deve soggiacere all’azione esecutiva
di un estraneo, con il quale non ha alcuna relazione diretta e immediata?
Per rispondere bisogna muovere da un’indagine circa il fondamento sostan-
ziale del potere riconosciuto al creditore, della posizione del debitore e infine
del terzo, avente causa del creditore. La relazione tra il primo e l’ultimo sogget-
to è problematica per l’assenza di un diretto contatto tra i due, prima del-
l’esercizio dell’azione.
Gli ordinamenti presi in considerazione riconoscono al creditore, in presen-
za di una sorta di “fumus fraudis” un potere d’azione che è stato descritto come
“potere giuridico” o (aggettivando il sostantivo e sostantivando l’aggettivo)
come “diritto potestativo” (Rechte des rechtlichen Könnens, come subito
diremo) per sottolineare il carattere autonomo della prerogativa del creditore
rispetto al diritto alla prestazione42.
Similmente, per l’azione surrogatoria si suole ricorrere alla figura della le-
gittimazione43 o alla locuzione di diritto potestativo sostitutivo44, che descrivono

42
A. LENER, Potere (diritto privato), 1985, pp. 627 e 629 definisce potere giuridico qualsiasi
facoltà di incidere nella vita giuridica di relazione accordata dall’ordinamento a un soggetto
privato. Il potere, così inteso, può comportare sia una modificazione della realtà giuridica, sia, più
semplicemente, la sua conservazione o attuazione. L’autore distingue, sul piano descrittivo: poteri
di ordinamento, poteri di autonomia e poteri di disposizione. L’ampia categoria dei poteri
giuridici comprende i diritti potestativi, tradizionalmente compresi dal concetto di diritti
conformativi, e la legittimazione. Con la locuzione “diritti conformativi” o “formativi”
(Gestaltungsrechte) si indica una particolare categoria di poteri, essenzialmente quelli “che
abilitano il soggetto a provocare modificazioni […] che interessano la sfera di altri soggetti, senza
il concorso di costoro e senza che a costoro sia consentito opporsi [I diritti conformativi] hanno
un carattere specifico e un contenuto determinati e vengono comunemente denominati “diritti
potestativi” [...] Questa iscrizione all’area del diritto soggettivo sta a significare, nell’opinione
corrente, che essi vengono intesi come particolari posizioni di “prerogative” del soggetto (come
specifiche “situazioni soggettive”) e non come manifestazioni di una generica potenzialità
dell’agire giuridico, anche se la categoria dei diritti potestativi e lo stesso nome furono proposti
nel tentativo di dare costruzione sistematica al potere di azione giudiziaria” (cors. agg).
43
G. GIAMPICCOLO, Azione surrogatoria, 1959, pp. 951 ss.; S. PATTI, L’azione surrogatoria,
1985, p. 109. Diversamente A. LENER, Potere, 1985, p. 615, dubita dell’autonomia concettuale
della “discussa figura della legittimazione sostanziale che indica manifestazioni della potenzialità
giuridica dell’agire di un soggetto riconducibili tutte al paradigma del potere”.
44
M. BIANCA, La responsabilità,1994, p. 422, aderisce alla tesi che qualifica il creditore
surrogante che instaura il giudizio un sostituto processuale, e, precisamente, un sostituto legale in
rem propriam. Cfr. R. NICOLÒ, Azione surrogatoria e azione revocatoria, 1980, p. 655 ss. Sul
fenomeno della sostituzione si veda anche R. SACCO, M. GRAZIADEI, Sostituzione e rap-
presentanza, 1998, p. 625, che attuano una comparazione con la diversa figura della rap-
presentanza. Con riferimento all’azione surrogatoria, si rileva che il creditore procedente assume
le vesti di rappresentante, stante il carattere accessorio della sua posizione rispetto al debitore
72 CAPITOLO SECONDO

puramente e semplicemente il fenomeno in cui si sostanzia l’azione tipizza-


ta.
Queste tesi traggono origine dalla dottrina tedesca che costruisce tutto il di-
ritto privato come un sistema di diritti soggettivi e, per l’esigenza di includervi i
poteri giuridici, ha creato la categoria dei diritti potestativi nell’ambito dei dirit-
ti soggettivi45. Con qualche decennio di ritardo le tesi tedesche sono state ripro-
poste in Italia dove si è indicato il fondamento dell’azione revocatoria in uno
specifico potere giuridico del creditore, altre volte definito un diritto potestati-
vo, o ancora conformativo (Gestaltungsrechte)46. Più precisamente, per dare

surrogato. Questa tesi incontra l’opposizione di S. PATTI, L’azione surrogatoria, 1985, p. 112 e G.
A. MONTELEONE, Profili processuali e sostanziali dell'azione surrogatoria, 1975, pp. 215 ss., il
quale osserva “qualificare la stessa (azione surrogatoria) come un caso di sostituzione processuale
serve a ben poco, non derivandone alcuna apprezzabile conseguenza pratica sul piano giuridico in
genere, e sul piano del processo in particolare. Avviene anzi il contrario, in quanto si parte proprio
dai caratteri tipici e particolari di tale azione per risalire con una curiosa inversione logica alla
nozione astratta di sostituzione processuale; il che dimostra, tra l’altro che è quest’ultima che
mutua da quella la propria rilevanza pratica e concettuale e non viceversa, come teoricamente
dovrebbe essere”.
45
Si veda la concezione di E. ZITELMANN, IPR, vol. I, 1914 (1897), p. 140 e vol. II, t. I, 1914
(1898), p. 32, intitolato appunto “Rechte des rechtlichen Könnens”: il Können è il potere giuridico
di produrre determinati effetti giuridici su singoli diritti altrui; la concezione ha avuto successo
nella dottrina tedesca ed è stata importata in Italia da G. CHIOVENDA, L’azione nel sistema dei
diritti, 1903 ris. 1930, p. 21, subendo però un’inopportuna decontestualizzazione. La necessità di
distinguere la categoria dei diritti potestativi, nell’ambito dei diritti soggettivi, va compresa alla
luce del sistema dello Zitelmann che analizzava l’intero diritto privato alla stregua della categoria
dei diritti soggettivi, rendendo perciò necessario individuare per ogni istituto il diritto soggettivo
corrispondente. Come rilevato da E. BETTI, Ernst Zitelmann e il problema del diritto
internazionale privato, 1925, p. 15, nt. 1, secondo lo Zitelmann la legge non mira a imporre agli
uomini un certo comportamento ma a dare loro la possibilità di esplicare la propria libertà; quindi
la funzione dello Stato nel diritto privato può essere ridotta a quella di conferire o togliere diritti
soggettivi in presenza di determinate circostanze. In un’epoca successiva G. A. MONTELEONE,
Profili processuali e sostanziali, 1975, p. 122 ss., sulla scorta della teoria di S. ROMANO, Poteri e
potestà, 1947, pp. 172 ss., ha potuto criticare la ibrida formula del «diritto potestativo», inadatta a
descrivere, ad esempio, la posizione soggettiva del creditore che agisce in revocatoria,
riconducibile a un più generico “potere giuridico”. Similmente, A. LENER, Potere, 1985, p. 623,
suggerisce di utilizzare la locuzione potere speciale d’azione. Il titolo della monografia di R.
SACCO, Il potere di procedere in via surrogatoria, 1955, è eloquente in merito alla qualificazione
della posizione soggettiva di chi agisce in surrogatoria. Per i riferimenti bibliografici sulle dottrine
tedesche che configurano l’azione revocatoria come appartenente ai diritti potestativi, si rinvia a
E. JAEGER, KO (a cura di F. LENT e F. WEBER), 1958, pp. 399 ss. La concezione delle azioni
surrogatoria e revocatoria quali manifestazioni di poteri giuridici riconosciuti al creditore è
presente anche nella dottrina francese e in quella spagnola. Cfr. e multis, J. CARBONNIER, Droit
civil, t. IV, Les obligations, 1994, pp. 637 ss. e F. RIVERO, España: la acción pauliana en
Derecho español, 2000, p. 46.
46
Così M. BIANCA, La responsabilità, 1994, p. 437 e 422 (per l’azione surrogatoria) e già E.
BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, 1955, p. 209, che fanno riferimento alla nozione
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 73

conto del carattere giurisdizionale dell’azione revocatoria ordinaria, essa è stata


definita un diritto potestativo ad esercizio processuale47. Si descrive così il po-
tere del creditore di produrre effetti giuridici sulla sfera del debitore e di un ter-
zo, in conseguenza di un proprio atto di volontà. L’azione revocatoria ordinaria
rappresenterebbe uno di quei casi in cui l’esercizio dei diritti potestativi (con-
formativi) presuppone l’esperimento di un’azione. Infatti la modificazione giu-
ridica cercata dal creditore non può che essere attuata dal giudice, attraverso una
sentenza costitutiva, considerata la gravità del potere di incidere su situazioni e
rapporti di terzi.
L’inquadramento dell’azione revocatoria come diritto potestativo risale
all’inizio del secolo scorso ed era essenzialmente motivato dalla volontà di af-
fermare il carattere sostanziale dell’azione revocatoria rispetto alle teorie pro-
cessualistiche che lo negavano48.
Oggi, poiché la dimensione sostanziale dei mezzi di conservazione della ga-
ranzia patrimoniale non è più disconosciuta, questo inquadramento dell’azione
revocatoria ha perso la sua originalità e si risolve in un’enunciazione meramente
descrittiva, con la quale si indica tautologicamente il fondamento del potere di
revoca nell’esistenza di un diritto potestativo del creditore, riconosciuto dal no-
stro ordinamento. L’utilità della categoria dei diritti potestativi soffre della de-
contestualizzazione che ha subìto quando è stata privata del sostrato sistematico
in cui è nata49.
Infatti, una volta qualificato il diritto alla revoca come diritto potestativo
del creditore, restano da chiarire il contenuto e l’autonomia di questo diritto alla

proposta da E. Seckel. Con particolare riferimento all’azione revocatoria fallimentare, G. RAGUSA


MAGGIORE, L’azione revocatoria appartiene ai diritti potestativi, 1998, pp. 511 ss. propone
l’inquadramento nella categoria dei diritti conformativi. Per l’azione surrogatoria diversi autori
fanno riferimento alla categoria (più generica) dei poteri giuridici: R. SACCO, Il potere di
procedere in via surrogatoria, 1955, pp. 81 ss., G. A. MONTELEONE, Profili processuali e
sostanziali dell'azione surrogatoria, 1975, pp. 120 ss., R. NICOLÒ, Azione surrogatoria e azione
revocatoria, 1980, pp. 659 e 664 ss., e B. GARDELLA TEDESCHI, Surrogatoria, 1998, p. 229.
47
M. BIANCA, La responsabilità, 1994, p. 437. G. RAGUSA MAGGIORE, L’azione revocatoria,
1998, p. 514 ascrive l’azione revocatoria ai diritti formativi perché la categoria è stata creata per
inquadrare diritti (o poteri) a esercizio esclusivamente giudiziale.
48
E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, 1955, pp. 209 ss. Per l’affermazione della
natura potestativa del diritto del curatore fallimentare che ha esperito vittoriosamente l’azione
revocatoria fallimentare si veda Cass. sez. un. 15 giugno 2000, n. 437, Soc. Sogim c. Società
Romana Zucchero, con nota di G. Tarzia. Nel caso di specie la qualificazione del diritto del
curatore fallimentare di ottenere la restituzione del pagamento da parte dell’accipiens come diritto
potestativo serve alla Corte per affermare, da una parte, la natura di debito di valuta anziché di
valore dell’obbligazione sorta per effetto dell’accoglimento della domanda di revoca (con la
conseguenza che gli interessi decorrono dalla data della domanda di revoca e non già dalla data
dell'atto revocato) e, dall’altra, la natura costitutiva anziché di condanna dell’azione.
49
Si veda sopra, la nota 45.
74 CAPITOLO SECONDO

conservazione della garanzia patrimoniale, sia rispetto al diritto di credito sia


rispetto all’azione in giudizio.

5. Segue. Sua irrilevanza per il diritto internazionale privato

Il potere del creditore di ingerirsi nella gestione del patrimonio del debitore
è stato anche definito un diritto di controllo gestorio sul patrimonio del debito-
re50, un diritto di critica sugli atti compiuti dal debitore, o ancora, più pittore-
scamente, un droit de regard. Ai nostri fini bisogna chiedersi ora se questo dirit-
to di critica meriti di avere un proprio collegamento specifico. In altre parole, il
riconoscimento di una relazione tra creditore e debitore avente ad oggetto non
tanto (e non solo) la prestazione ma la (sua) garanzia patrimoniale potrebbe giu-
stificare quel collegamento autonomo di cui si è già fatto cenno e quindi sotto-
porre i rimedi giurisdizionali in esame a una ipotetica lex patrimonii.
La tesi del collegamento autonomo potrebbe fondarsi su una concezione
dell’azione, elaborata in una stagione precedente alla nostra, che ravvisava in
capo al creditore un autonomo diritto alla conservazione della garanzia patri-
moniale e, correlativamente, un obbligo di mantenerla intatta a carico del debi-
tore51.
Questo collegamento diretto tra creditore e patrimonio del debitore, enfatiz-
zato dalla dottrina civilistica, potrebbe tradursi, nel diritto internazionale priva-
to, in un criterio di collegamento specifico e condurre all’applicazione di una
legge regolatrice dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale del
credito diversa da quella competente per il diritto di credito tutelato.
È opinione pacifica che la ratio dei mezzi di conservazione della garanzia
patrimoniale del credito sia da rintracciare nel principio di responsabilità patri-
moniale, codificato nell’ordinamento italiano all’art. 2740 c.c., dopo un’intensa
stagione di studi sul concetto di obbligazione52. Per intendersi sul significato di

50
M. BIANCA, La responsabilità, 1994, pp. 436 ss. pur non qualificando la capienza pa-
trimoniale come un bene giuridico autonomamente protetto, configura il potere di revoca come un
diritto potestativo del creditore. Rimane allora misterioso il contenuto di questo diritto potestativo
del creditore. Si veda sopra p. 72, nt. 45.
51
Cfr. ad esempio, A. CICU, L’obbligazione nel patrimonio del debitore, 1948, pp. 232 s.
52
La responsabilità patrimoniale è giudicata, da molti, la nostra essenziale sanzione nel
campo del diritto civile. Si veda anche il primo commentario al codice del 1942 di M. D’AMELIO,
Della responsabilità patrimoniale, 1943, p. 430: “senza la responsabilità patrimoniale le obbli-
gazioni risulterebbero un nome vano senza contenuto pratico”. Si veda L. MENGONI, L’oggetto
dell’obbligazione, 1952, pp. 158 ss. Sulle origini della codificazione della responsabilità
patrimoniale nel codice di Napoleone, dal quale deriva l’art. 2740 c.c., si veda A. CANDIAN,
Discussioni napoleoniche, 1994, pp. 1805 ss. F. CARNELUTTI, Diritto e processo nella teoria delle
obbligazioni, 1927, p. 319.
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 75

garanzia patrimoniale è opportuno chiarire la portata dell’art. 2740 c.c. e i con-


cetti, polivalenti, di garanzia, responsabilità e patrimonio.
Con il termine responsabilità si indica sia la soggezione di una persona a
una sanzione, sia il vincolo inerente al patrimonio del debitore, e ancora
l’obbligazione di risarcire un danno53. Con riferimento al secondo dei tre signi-
ficati la sua distinzione dalla garanzia generica/patrimoniale è problematica. La
concezione prevalente pone l’accento sull’aspetto sanzionatorio evocato dalla
prima espressione, identificando invece la seconda nel vincolo funzionale che
l’art. 2740 c.c. imprime al patrimonio del debitore54. Tale vincolo si traduce
nell’attribuzione di una destinazione economica precisa, anche se condizionale,
ai beni che formano il patrimonio di ogni debitore: il soddisfacimento del credi-
tore qualora il debitore non adempia. Secondo altri però già il concetto di patri-
monio esprime la relazione tra un insieme di beni e un insieme di debiti55.
Sembra allora che, con riferimento all’art. 2740 c.c., i tre concetti di respon-
sabilità, garanzia e patrimonio debbano stare insieme per non perdere di signifi-
cato.
Più promettente può apparire la ricerca di una definizione funzionale della
responsabilità patrimoniale, secondo la quale questa presidia il rapporto ob-
bligatorio dall’esterno, assicurandone il buon funzionamento o comunque il
risultato utile a prescindere dal comportamento del debitore56. Da questo punto

53
Si vedano le osservazioni di L. MENGONI, La responsabilità contrattuale, 1988 (1986), pp.
1072 ss. e di G. RAGUSA MAGGIORE, Contributo alla teoria unitaria della revocatoria fal-
limentare, 1960, pp. 27 ss.; il quale però, a p. 80, ritiene che non si possa parlare di una
responsabilità patrimoniale a prescindere da una responsabilità personale in quanto sarebbe la
persona a tenere coerente il patrimonio. E. ROPPO, Responsabilità patrimoniale, 1988, p. 1048
precisa che di responsabilità personale si può parlare con riferimento alle sanzioni penali
accessorie a forme qualificate di inadempimento (bancarotta fraudolenta) e ai c.d. effetti personali
del fallimento.
54
U. NATOLI e L. BIGLIAZZI GERI, I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale,
1974, pp. 1 ss. Si vedano, nella dottrina meno recente, L. COSATTINI, La revoca degli atti
fraudolenti, 1939, p. 209 e M. GIORGIANNI, L’obbligazione, 1968, pp. 173 ss. Critico nei confronti
della nozione di garanzia, per indicare la garanzia generica, è M. FRAGALI, Garanzia e diritti di
garanzia, pp. 446 ss.
55
Si può succintamente ricordare che due visioni del patrimonio si contendono il campo, la
prima più risalente e ora del tutto minoritaria, prendendo come riferimento la disciplina delle
successioni, definisce il patrimonio come l’insieme dei beni appartenenti a una persona come
universitas iuris. Cfr., per es., C. S. ZACHARIAE, Corso di diritto civile francese, trad. it. L. LO
GATTO, 1851, p. 279. La seconda, partendo dalla universalità dei diritti ma ragionando proprio
sulla responsabilità patrimoniale, configura il patrimonio come il legame tra un insieme di beni e
un insieme di debiti: quella relazione finalistica esaurisce il concetto di patrimonio. Cfr. per es. in
Francia, F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, Droit civil, Les obligations, 1999, p. 1022: “Tous les
droits d’une personne forment une universalité, un bloc ; entre l’actif et le passif existe un lien,
l’ensemble de biens actifs répond du passif ”. Si veda ora lo studio di P. IAMICELI, Unità e
separazione dei patrimoni, 2003, pp. 1 ss. sulle definizioni possibili del concetto.
56
E. ROPPO, Responsabilità patrimoniale, 1988, p. 1042.
76 CAPITOLO SECONDO

di vista, l’essenza del fenomeno risiede nella soggezione dei beni del debitore
all’azione esecutiva del creditore57. Si comprende allora l’affermazione secondo
la quale il terreno della responsabilità patrimoniale è difficile da delimitare tro-
vandosi conteso e invaso dalla disciplina dell’obbligazione58, da una parte, e da
quella dell’esecuzione forzata, dall’altra59. Dal primo punto di vista la responsa-

57
All’universalità della responsabilità patrimoniale, per la quale tutti i beni del debitore sono
destinati a rispondere delle obbligazioni gravanti sul loro titolare, fa riscontro la commisurazione
della stessa responsabilità al valore dei debiti, come indicato da U. NATOLI, L. BIGLIAZZI GERI, I
mezzi di conservazione, 1974, p. 2. L’art. 496 c.p.c., rubricato “Riduzione del pignoramento”, e la
sez. IX, capo IV, Tit. III, Libro VI c.c. sulla “Riduzione delle ipoteche” (art. 2872 c.c. e ss.)
testimoniano che il legislatore ha sentito l’esigenza di mantenere sempre ferma la relazione tra
responsabilità e debito.
58
G. LASERRA, La responsabilità patrimoniale, 1966, pp. 3 ss. osserva che, da un primo
punto di vista, l’obbligazione ha tentato di appropriarsi della responsabilità patrimoniale,
ritenendola un elemento interno alla propria struttura. L’autore si riferisce alla concezione, nata in
Italia sotto l’influenza della dottrina tedesca, che intende l’obbligazione come unione degli
elementi detti Schuld (debito) e Haftung (responsabilità), e divenne maggioritaria all’epoca della
codificazione del 1942, tanto che la prima stesura del codice civile inseriva la disciplina della
responsabilità patrimoniale nel libro delle obbligazioni, mentre la collocazione attuale, nel libro
sulla tutela dei diritti, risale a un momento successivo. Si tratta di una concezione che ha trovato
espressione in diverse teorie, che sono designate con il nome di “teorie patrimoniali del-
l’obbligazione” in quanto, nell’ambito del rapporto obbligatorio, danno principale rilievo al
risultato patrimoniale atteso dal creditore. Tale risultato può derivare o dall’adempimento del
debitore (Schuld) oppure può avvenire, per equivalente, attraverso l’esecuzione forzata cui
soggiace il patrimonio del debitore (Haftung). In questo senso, si afferma che la pretesa creditoria
non si limiterebbe alla prestazione del debitore, ma avrebbe ad oggetto sia l’adempimento
spontaneo, sia la sanzione per l’inadempimento, ossia la responsabilità patrimoniale. Tra gli
esponenti della teoria patrimoniale dell’obbligazione si può ricordare C. GANGI, Debito e
responsabilita nel vigente diritto tedesco, 1916. Pur avendo contribuito all’acquisizione della
distinzione concettuale tra obbligo di prestazione e responsabilità patrimoniale, le teorie in
questione non trovano riscontro nella concezione di obbligazione propria dell’ordinamento
italiano come evidenzia E. ROPPO, La responsabilità patrimoniale del debitore, 1985, p. 363: “La
critica fondamentale si appunta su uno dei capisaldi della teoria che distingue, all’interno
dell’obbligazione “debito” e “responsabilità”: il caposaldo consistente nella esibizione di figure di
“debito senza responsabilità” e di “responsabilità senza debito” […] Sulla scarsa consistenza delle
[due] pretese fattispecie … conviene oggi la dottrina più accreditata”. Le prime si ridurrebbero
alla fattispecie di obbligazione naturale e le seconde a casi di ipoteca o di pegno dati per debito
condizionale, oppure di fideiussione, o ancora di terzo datore di pegno o di ipoteca, o di
acquirente dell’immobile ipotecato, o infine di azione revocatoria a tutela di credito condizionale.
A. DI MAJO, Delle obbligazioni, 1988, pp. 101 ss., ha però recentemente rivalutato la classica
distinzione tra Schuld e Haftung, evidenziando, da un lato, la necessità di tenere distinta
l’obbligazione rispetto alle sue forme di tutela, ma, dall’altro concependo la responsabilità come
dovere secondario che interviene quando il dovere primario, ossia l’adempimento, è stato violato.
In questo senso la responsabilità riveste la funzione di sanzione.
59
Per una critica della confusione tra responsabilità patrimoniale e esecuzione forzata, e
un’analisi delle sue conseguenze per l’azione revocatoria ordinaria cfr. E. ROPPO, Responsabilità
patrimoniale, 1988, p. 1049. In una stagione precedente si vedano le riflessioni di G. A.
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 77

bilità patrimoniale è la sanzione dell’inadempimento, e dal secondo è il fonda-


mento sostanziale dell’esecuzione forzata.
Questi brevissimi cenni sono sufficienti a illustrare la dimensione del
problema, tutto teorico, del concetto di responsabilità/garanzia patrimoniale e
spiegano le posizioni eclettiche di chi si trova a negare al concetto di respon-
sabilità patrimoniale uno spessore assiologico effettivo60.
Per non scivolare nella logomachia bisogna chiarire la nozione di respon-
sabilità/garanzia patrimoniale alla luce del suo concreto atteggiarsi nella
disciplina dell’azione revocatoria piuttosto che procedere dalla prima per
trovare un fondamento alla seconda.
Da questo punto di vista è rilevante la diversa questione circa la consistenza
della garanzia patrimoniale e la possibilità di considerarla un bene giuridico
autonomo. Una questione collegata riguarda il momento in cui sorge il diritto
alla revoca o il c.d. “dovere di mantenimento della garanzia patrimoniale”. Bi-
sogna capire quando i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale en-
trano nella disponibilità del creditore. Ci si è chiesti, in altre parole, se e quando
sorga il dovere di non scalfire la garanzia patrimoniale in capo al debitore e,
dall’angolazione opposta, quando sorga il diritto del creditore a non vederla
scalfita e ad esercitare i rimedi appropriati. Si tratta di diritti/doveri che sorgono
contestualmente al diritto di credito o sono vicende dell’obbligazione conse-
guenti a una violazione di esso?
La prima tesi, secondo la quale il diritto di credito nasce già provvisto di un
potere di revoca a beneficio del suo titolare, ha trovato autorevole riconosci-
mento in una dottrina italiana, rimasta minoritaria61. L’inefficacia dell’atto di
disposizione del debitore si configura allora come una sua originaria inidoneità
a ledere l’interesse del creditore. La conseguenza principale che si trae dalla
cennata impostazione è la natura dichiarativa della sentenza di revoca. La dot-
trina tedesca è giunta ad affermare, coerentemente con le premesse citate, che
dall’atto di disposizione nasce un obbligo di restituzione in capo al terzo avente
causa dal debitore, già per effetto del verificarsi dei presupposti sostanziali

MONTELEONE, Profili processuali e sostanziali, 1975, pp. 72 ss. sulla necessità di tenere separati i
due concetti. Cfr. anche G. LASERRA, La responsabilità patrimoniale, 1966, pp. 334 ss.; L.
MONTESANO, Esecuzione specifica, p. 527; S. SATTA, L’esecuzione forzata, 1950, pp. 1 ss.
60
R. SACCO, Il potere di procedere in via surrogatoria, 1955, pp. 86 ss., osserva reci-
samente: “Mi pare anzi di poter dire che non esiste un principio di responsabilità patrimoniale
come sintesi delle varie norme sull’esproprio, sul sequestro, sull’azione revocatoria e così via :
esiste semplicemente un termine generico, una categoria generica, a cui si dà il nome di
responsabilità patrimoniale, o di garanzia generica, per indicare con termine compendioso i
multiformi poteri, e (per chi creda di denominarli così) gli svariati, eterogenei diritti attribuiti al
creditore per il soddisfacimento delle sue ragioni”.
61
L. BIGLIAZZI GERI, Revocatoria (azione), 1998, pp. 1026 ss.
78 CAPITOLO SECONDO

dell’azione lege positi, cioè indipendentemente da qualsiasi domanda o dichia-


razione del creditore62.
La questione ha diviso i sostenitori della natura dichiarativa della sentenza
di revoca da coloro che ne difendono la natura costitutiva, ed è assai rilevante,
sul piano del diritto internazionale privato.
Se si ammette che il diritto di credito contempla, nel suo sorgere, anche tutte
le sanzioni che lo assistono e gli garantiscono il raggiungimento dello scopo, il
problema di diritto internazionale privato sarà configurato come un problema di
riconoscimento della situazione giuridica (diritto di credito e sue sanzioni) già
creata da un ordinamento straniero.
Così inteso il diritto/potere di revoca del creditore si atteggia, nel diritto in-
ternazionale privato, come un privilegio, un’ipoteca o un altro tipo di garanzia
reale creata da un ordinamento straniero sul patrimonio del debitore, una sorta
di floating charge che deve subire un procedimento di riconoscimento per vale-
re in ordinamenti diversi da quello che l’ha creata63.

62
Per questa tesi giova rinviare a N. HOFFMAN, Die Actio Pauliana im deutschen Recht,
2000, p. 166.
63
Si può anticipare qui la questione decisa dal Tribunale federale svizzero, il 19 novembre
2001, che sarà trattata ampiamente sotto, cap. III, pp. 137 ss. e sulla quale v. di Z. CRESPI
REGHIZZI, Constructive trust, responsabilità patrimoniale e diritto internazionale privato alla luce
di una recente sentenza svizzera, 2004, pp. 465 ss. Il giudice svizzero ha infatti “riconosciuto
l’avvenuta costituzione ex lege di un constructive trust” a favore degli Stati Uniti d’America su
talune somme depositate in undici conti correnti accesi presso una banca svizzera e un’altra
società e sequestrate dall’avvocato svizzero che aveva prestato la propria assistenza ai mandatari
della CIA per il sostegno ai Contras del Nicaragua e per la vendita di armi all’Iran (1984-1986).
Gli Stati Uniti rivendicavano le somme sequestrate dall’avvocato svizzero che aveva assistito i
suoi mandatari, sostenendo che: si era costituito ex lege un rapporto di agency tra gli Stati Uniti e
i clienti della controparte; i mandatari avevano violato l’obbligo ex lege di restituire le somme
ricevute per l’espletamento del mandato e residuate dopo il suo completamento; la sanzione
prevista per la violazione consisteva nella creazione ex lege di un constructive trust su quelle
somme, a favore dei mandanti; infine, il diritto in rem degli Stati Uniti, beneficiari del trust, sulle
somme sequestrate, prevaleva sui diritti degli altri creditori. Dal canto suo, l’avvocato che aveva
proceduto al sequestro sosteneva la non applicabilità del diritto americano, dal momento che i
crediti dei titolari dei conti sequestrati dovevano reputarsi regolati dal diritto svizzero che non
conosce il constructive trust e che imporrebbe una diversa qualificazione della pretesa titolarità
delle somme da parte degli USA: non potendosi qualificare constructive trustees essi dovrebbero
piuttosto essere chiamati cessionari ex lege dei crediti sequestrati; egli sosteneva inoltre che alla
cessione ex lege era applicabile il diritto svizzero; tuttavia, poiché la qualità degli USA di
mandatari ex lege era contestabile se non altro sotto il profilo dell’illiceità dell’oggetto del
mandato secondo il diritto americano vigente all’epoca, non si poteva ritenere realizzata la
cessione ex lege; concludeva che, in definitiva, nessun diritto poteva essere invocato dagli USA
sulle somme de quibus. Il giudice concorda sul punto della qualificazione del problema della
titolarità delle somme, ritenendo gli Stati Uniti cessionari ex lege delle somme (ma in virtù del
meccanismo del constructive trust?) e applica il diritto americano perché secondo l’art. 145,
comma 1°, la cessione legale dei crediti è regolata dal diritto che regola il rapporto originario tra il
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 79

Non ci sarebbe bisogno di cercare una legge applicabile ma piuttosto quella


legge già applicata, cioè quella che ha creato quella sorta di privilegio a benefi-
cio del creditore. Così inteso il potere di revoca è una “creazione della legge”,
una prerogativa concessa dalla legge competente per il diritto di credito a coloro
che la usano per regolare il proprio rapporto obbligatorio con il debitore64. Si
dovrebbe presupporre che la prerogativa del creditore sia stata creata da un or-
dinamento, ed eventualmente iscritta in registri appositamente previsti da quel-
l’ordinamento, ecc.
Se invece si ritiene che il diritto di esperire l’azione revocatoria sorga in se-
guito a una violazione del rapporto obbligatorio, il problema riguarderà l’in-
dividuazione di una legge competente a regolare il rapporto trilaterale cui si
vuole dare vita attraverso l’esercizio dell’azione, ossia la legge applicabile
all’azione revocatoria.

6. Insussistenza di un diritto autonomo alla conservazione della garanzia pa-


trimoniale dotato di un proprio statuto (lex patrimonii)

Prima che la dottrina italiana chiarisse la struttura del rapporto obbligatorio,


come compagine multiforme di diritti, doveri, poteri e obblighi, la costruzione
del dovere di non scalfire la responsabilità patrimoniale testimonia che era stata
avvertita l’esigenza di valutare il comportamento del debitore non soltanto con
riferimento alla “prestazione dovuta” ma nel suo complesso.
Queste sono le ragioni, si crede, che hanno portato a ravvisare l’esistenza di
obblighi distinti rispetto a quello della prestazione, e con esso coesistenti o, per
meglio dire, simbiotici, ancora a ridosso dell’approvazione del codice civile. Al
momento attuale non è più necessario enfatizzare “che dovere di prestazione e

vecchio e il nuovo creditore, ossia tra i titolari dei conti sequestrati (le società create dai
mandatari) e gli USA: il rapporto di agency; ma “riconosce la costituzione” del trust a favore
degli USA. La questione illustra bene il problema della non sempre agevole distinzione tra
pronunce dichiarative e pronunce costitutive, soprattutto nell’applicazione del diritto straniero.
64
L’espressione “creazione della legge” serve a distinguere i fenomeni di pura speculazione
legislativa, come le persone giuridiche, i PACS, alcuni diritti reali di garanzia, da altri fenomeni
che possono essere immaginati anche al di fuori di un loro inquadramento normativo, come le
persone fisiche, la famiglia, lo scambio di una cosa contro un prezzo. Il diritto positivo fornisce
una disciplina a questi fenomeni mentre per gli altri rappresenta l’unica origine, l’unica
manifestazione possibile, l’unica forma che possono assumere nella realtà, di modo che si può
dire che al di fuori di una cornice giuridica specifica non esistono. Ci si rende conto che si tratta
di una distinzione difficile da fondare da un punto di vista dogmatico e sistematico. I numerosi
tentativi compiuti in questo senso (il più profondo sicuramente rappresentato dagli studi di
Grozio), sebbene falliti, possono considerarsi la spia di un’esigenza avvertita e invitano a una
riflessione ulteriore (che però non rientra nel contesto del presente lavoro). Per la distinzione tra i
due metodi si veda G.P. ROMANO, La bilatéralité éclipsée par l’autorité, 2006, pp. 457 ss.
80 CAPITOLO SECONDO

dovere di conservare la garanzia patrimoniale sono ambedue elementi del-


l’obbligazione, e correlativamente diritto alla prestazione e diritto alla conser-
vazione della garanzia, elementi del credito”65.
Questa innocente distinzione ha condotto parte della dottrina su una falsa
pista: le riflessioni intorno al dovere, complementare a quello dell’adem-
pimento, di mantenere il proprio patrimonio capiente al fine di non frustrare
eventuali e future azioni esecutive del creditore, hanno travalicato i confini in
cui era stato originariamente posto, cioè il rapporto obbligatorio. La garanzia
generica per il creditore chirografario, già configurata come oggetto di una po-
sizione giuridica autonoma accanto al dovere di prestazione, è stata (ri)portata
fuori dalla struttura dell’obbligazione da una dottrina minoritaria per assurgere a
modo d’essere del patrimonio di ogni obbligato66. Altri hanno potuto osservare
il sorgere di un vincolo di indisponibilità sul patrimonio del debitore impresso
dall’obbligazione attraverso l’art. 2740 c.c.67.
Si è trattato, si ritiene, di una conseguenza logica errata tratta dall’im-
portanza, che pure va riconosciuta, di sottolineare la diversità ontologica della
responsabilità di cui all’art. 2740 c.c. rispetto alla responsabilità come fonte di
un diritto al risarcimento del danno, sebbene le due forme di responsabilità sor-
gano congiuntamente in conseguenza dell’inadempimento68.

65
A. CICU, L’obbligazione nel patrimonio del debitore, 1948, pp. 232 s. Si veda già E. EULA,
art. 2900 e art. 2901, 1943, rispettivamente pp. 830 ss., e 838 e ss. La concezione rappresenta un
superamento dell’antica idea (di origine francese) del pegno generale del creditore sui beni del
debitore sostenuta in Italia, prima del c.c. del 1942, da A. ROCCO, Il fallimento, 1917, pp. 82 ss.:
“nell’azione revocatoria si manifesta il diritto di pegno generale del creditore. […] è chiaro che la
revocatoria presuppone l’esistenza di un diritto del creditore sul patrimonio, il quale viene violato
quando il debitore ne diminuisca il valore in modo da rendere impossibile al creditore di ottenere
su di esso la realizzazione del suo credito”. Su questi temi si sono espressi anche A. MAFFEI
ALBERTI, Il danno nella revocatoria, 1970, pp. 18 ss.; G. A. MONTELEONE, Profili sostanziali e
processuali, 1975, p. 86; R. NICOLÒ, Art. 2901-2904, 1955, p. 194 e nt. 2.
66
Si veda il commento di E. ROPPO, La responsabilità patrimoniale del debitore, 1985, p.
369, sull’antica tesi di Laserra.
67
Si vedano R. NICOLÒ, Art. 2901-2904, 1955, p. 194 e ss., A. DE MARTINI, Azione
revocatoria, 1958, p. 154; M. MONTANARI, Profili della revocatoria fallimentare dei pagamenti,
1984, pp. 47 ss. Sul concetto di indisponibilità si vedano le voci di L. FRANCARIO, Indisponibilità
(vincoli di), 1989, pp. 1 ss. e di F. REALMONTE, A. MAGRÌ, Indisponibilità, 1999, pp. 685 ss. i
quali osservano tuttavia che si può parlare di “indisponibilità” non come generale difetto di
legittimazione ma solo con riferimento a quegli specifici atti di disposizione del patrimonio tali da
compromettere la posizione soggettiva dei creditori: “l’indisponibilità soggettiva si manifesta nel
sistema in veste di limitazione o neutralizzazione degli effetti dell’atto (o del negozio) operanti in
pregiudizio di posizioni giuridiche prevalenti facenti capo a terzi, ad essa sembra altresì potersi
ricondurre l’atto di disposizione colpito da revocatoria ordinaria […] in tal caso si ha tuttavia una
forma di indisponibilità successiva, poiché l’inefficacia dell’atto opera esclusivamente a seguito
del vittorioso esperimento dell’azione volta ad ottenere la pronuncia di una sentenza avente
carattere costitutivo”.
68
L. MENGONI, La responsabilità contrattuale, 1988, p. 1072 ss.
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 81

Riconducendo lo specifico dovere di mantenere l’affidabilità del patrimonio


al dovere di buona fede riconosciuto dal nostro ordinamento, la concezione ora
detta può essere intesa come un’anticipazione della visione contemporanea del
rapporto obbligatorio: quale “rapporto fondamentale, … struttura complessa,
formata da diritti, obblighi, poteri e soggezioni, il cui contenuto può modificarsi
senza che il rapporto perda la sua identità giuridica”69.
La questione di diritto internazionale privato va allora posta nel senso di ve-
rificare se la violazione dei c.d. obblighi di protezione rientri nello statuto del
credito, ossia se debba essere attribuita alla competenza della legge regolatrice
del credito ovvero se i rimedi in esame non debbano essere portati al di fuori del
rapporto obbligatorio, cioè in una categoria esterna a quella dell’obbligazione
tutelata.
Se questo è vero, l’individuazione di un criterio di collegamento autonomo
per l’azione revocatoria non può discendere dalla costruzione, che sarebbe arti-
ficiosa, di un diritto del creditore e di un corrispondente dovere del debitore alla
capienza del patrimonio.
Piuttosto si è osservato che la garanzia patrimoniale assieme agli strumenti
posti a sua tutela contribuiscono a rivelare il senso che ogni ordinamento attri-
buisce al nomen iuris di creditore (e, simmetricamente, di debitore). Vale a dire
che l’incisività dei poteri concessi al creditore per la conservazione delle proprie
ragioni di credito chiarisce il significato giuridico che ogni ordinamento intende
attribuire alle parole creditore e debitore. Di modo che, se l’ordinamento italia-
no cancellasse gli artt. 2901 e ss. del c.c., la disciplina dell’obbligazione sarebbe
completamente stravolta e lo status di creditore chirografario non avrebbe più lo
stesso significato.
Rievocando la concezione sattiana dell’azione, si può dire che i mezzi di
conservazione della garanzia patrimoniale a favore del creditore sono la proie-
zione esterna del diritto di credito70. I rimedi concessi al creditore informano di
sé il diritto di credito. Simmetricamente, come ha osservato un giudice tedesco,
il diritto alla revoca è plasmato, quanto alla sua consistenza e ampiezza, dal di-
ritto sostanziale di credito alla cui realizzazione è preordinato71.

69
Ibidem.
70
Cfr. S. SATTA, Sintesi della teoria dell’azione, pp. 8 ss.
71
Landgericht Berlin, 22 giugno 1994, 28 O 588/93, p. 324: “das Anfechtungsrecht wird in
seinem Bestand und Umfang entscheidend durch den Anspruch geprägt”. E. BARTIN, Principes de
droit international privé, 1930, p. 445, a proposito dell’azione surrogatoria: “la qualité nécessaire
pour agir n’est au fond que la condition à laquelle est subordonnée la sanction du droit pour la
personne qui veut agir, et la sanction d’un droit n’est autre chose que ce droit lui-même, envisagé
dans son expression judiciaire. [...] On peut aller jusqu’à dire [que les personnes pour lesquelles
cette sanction est faite] épuisent le droit qu’elles ont seules qualité pour invoquer, au point que ce
droit n’est plus rien en dehors d’elles [...] la qualité à l’effet d’agir, c’est la caractéristique même
du droit quant au fond. Formule interchangeable, dans ma pensée, de droit civil interne et de droit
international privé”.
82 CAPITOLO SECONDO

Pertanto il c.d. diritto alla conservazione della garanzia patrimoniale è piut-


tosto uno degli aspetti in cui si manifesta la posizione di vantaggio di chi è cre-
ditore in un dato paese. La pauliana non ha mai compiuto il processo di tra-
sformazione delle actiones in rem e in personam in diritti assoluti e relativi: es-
sa è rimasta un “mezzo” tipizzato il cui sostrato sostanziale non ha completato il
processo di separazione dalle forme di tutela tipiche. Non per questo se ne deb-
bono disconoscere i profili sostanziali: l’azione revocatoria e i mezzi di conser-
vazione della garanzia patrimoniale del credito in generale tracciano il segno di
confine della tutela creditoria assicurata da ogni ordinamento con la propria for-
za di coercizione.
L’esistenza di una posizione soggettiva autonoma del creditore configurabi-
le come diritto soggettivo (potestativo) alla conservazione della garanzia patri-
moniale che sorgerebbe per effetto della legge contestualmente al credito va
perciò negata.
Di conseguenza, non si può fondare l’esigenza di rintracciare un collega-
mento autonomo per l’azione revocatoria ordinaria su un presunto diritto del
creditore sul patrimonio del debitore. Questo sconsiglia la ricerca di un colle-
gamento autonomo di assoluta preminenza, orientando piuttosto la ricerca verso
la delimitazione delle leggi coinvolte.

7. Inquadramento della posizione sostanziale del debitore e del terzo negli


schemi della responsabilità civile. Alcune precisazioni

Si può dare per acquisito, sulla scorta della teoria germanica degli obblighi
di protezione72, che il rapporto obbligatorio vada concepito non come unità on-
tologica che si identifica ed esaurisce nell’obbligo di compiere la prestazione
dovuta al creditore, ma come unità funzionale, che contempla nell’ambito del
rapporto fondamentale tutta quella serie di obbligazioni-corollario che assicura-
no al creditore il conseguimento di un risultato utile e che sono in generale ispi-
rate dal principio di buona fede73.
La qualificazione del potere di revoca deve dunque partire dalle clausole
generali degli artt. 1175 e 1375 c.c.74.

72
Su cui si veda C. CASTRONOVO, Obblighi di protezione e tutela del terzo, 1976, pp. 123
ss., e, dello stesso autore, Obblighi di protezione, 1990, pp. 1 ss., L. MENGONI, La parte generale
delle obbligazioni, 1984, pp. 509 ss.
73
L. MENGONI, La responsabilità contrattuale, 1988, p. 1073, nt. 5, spiega la concezione del
rapporto obbligatorio come Gefüge, introdotta da N. HARTMANN, Der Aufbau der realen Welt,
1940.
74
L. BIGLIAZZI GERI, Revocatoria (“azione”), 1998, p. 1031: “è opportuno precisare, a
scanso di equivoci, che [il potere di revoca di un atto successivo al sorgere del credito] non
potrebbe fondarsi [...] sull’inadempimento di un presunto obbligo di conservare facente capo al
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 83

L’intento o la consapevolezza del debitore di svuotare il proprio patrimonio


a danno del creditore, oltre a presupporre logicamente un intento di non adem-
piere all’obbligazione contratta, è sicuramente incompatibile con la buona fede
e gli obblighi di protezione costruiti a partire dalle clausole generali ora dette75.
Più precisamente si può affermare che la frode orchestrata ai danni del debi-
tore, con o senza la complicità del terzo, rappresenta una macroscopica viola-
zione degli obblighi di buona fede codificati agli artt. 1175 e 1375 c.c.
La tesi trova conferma nell’esame dell’azione revocatoria di atto anteriore al
sorgere del credito. Anche in questo particolare caso, ci pare che la conclusione
di un atto dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento,
sia radicalmente incompatibile con la buona fede prescritta dal codice civile
nella conduzione delle trattative dirette alla conclusione del contratto. Il fonda-
mento del potere del creditore e della posizione di soggezione del debitore, sa-
rebbe allora da rintracciare in un’altra clausola generale, quella dell’art. 1337
c.c. In questi casi pare evidente infatti che l’obbligazione tutelata dalla revoca-
toria è stata assunta dal debitore in fraudem creditoris. Ad essa sarà perciò ap-
plicabile l’art. 1337 c.c. che impone al debitore, al momento della libera assun-
zione dell’obbligazione, una buona fede radicalmente incompatibile con la pre-
cedente conclusione di un atto dolosamente preordinato a recare pregiudizio alle
ragioni dell’altra parte76.

debitore, sembrando piuttosto dipendere da un comportamento di costui incompatibile con quello


che, sotto il profilo degli artt. 1175 e 1375 c.c., dovrebbe essere assunto da chi è debitore”.
75
Come osservato da L. MENGONI, Responsabilità contrattuale, 1988, p. 1091, nt. 133, gli
obblighi di protezione sono “deputati alla tutela di un interesse del creditore … distinto
dall’interesse … alla prestazione […] sono obblighi secondari autonomi … mentre il dovere di
comportarsi in modo idoneo a conservare la possibilità della prestazione [se pure anch’esso trovi
la sua fonte costitutiva in una valutazione circa la buona fede] non è autonomo, ma è un obbligo
strumentale integrativo dell’obbligo di prestazione”. Questo obbligo di agire derivante dal
rapporto obbligatorio concerne il solo debitore e trova il suo criterio di determinazione nell’art.
1176 c.c. Questo articolo sancisce una regola di diligenza che può venire in rilievo per
determinare la misura dell’adempimento di un obbligo di protezione qualificato (come precisa
l’autore, ivi, p. 1098, nt. 168).
76
S. SATTA, L’esecuzione forzata, 1950, p. 35 e L. BIGLIAZZI GERI, Revocatoria, 1998, p.
1025 cui si rinvia anche per i riferimenti bibliografici alla dottrina civilistica contraria. Si fa
riferimento alla tesi che tende a fondare la responsabilità del debitore sull’art. 2043 c.c. in caso di
dolosa preordinazione, così riportando l’origine del potere di agire in via revocatoria al momento
di conclusione dell’atto preordinato a pregiudicare il soddisfacimento del creditore futuro. La
conclusione è errata perché, al momento della conclusione dell’atto anteriore, il creditore non è
tale e non può quindi vantare alcun potere di revoca, né lamentare alcun danno ingiusto. Tale
potere (come il pregiudizio) sorgerà assieme al diritto di credito, come suo accessorio e baluardo.
La tesi dell’accessorietà al credito del potere di revoca raccoglie consensi Oltralpe, si veda ad es.
M. PLANIOL, G. RIPERT, Traité pratique de droit civil français, t. VII, 1954, p. 301: “L’action
paulienne … constitue une prérogative attachée à la qualité de créancier et fondée sur un droit
personnel”.
84 CAPITOLO SECONDO

Anche per gli atti in fraudem stipulati prima di contrarre l’obbligazione la


questione di diritto internazionale privato impone di verificare se lo statuto del
credito abbia vocazione a regolare la violazione del dovere di buona fede nelle
trattative77. La violazione del dovere di buona fede riguarda infatti un rapporto
obbligatorio preesistente e non può ritenersi all’origine di un nuovo rapporto
obbligatorio scaturente da un fatto illecito, come ritenuto dalla dottrina più risa-
lente.
Muovendo dalla necessità di superare in qualche modo le difficoltà di in-
quadramento della posizione del debitore e del terzo, la dottrina ha cercato di
ascrivere la posizione soggettiva di costoro a una delle categorie usate tradizio-
nalmente per lo studio del fenomeno obbligatorio: quelle che fanno riferimento
alle fonti delle obbligazioni, il contratto, il fatto illecito, o la legge78.
Il problema concettualmente più fastidioso dell’azione revocatoria ordinaria,
riguarda proprio l’inesistenza di un argomento logico stringente che giustifichi
la soggezione del terzo di buona fede all’azione del creditore.
La tesi della natura restitutoria dell’azione revocatoria ordinaria, che ha tro-
vato sostenitori sia in Italia79 che in Germania80, fonda la soggezione del terzo
all’azione esecutiva su un obbligo ex lege. Essa considera l’acquisto del terzo
perfettamente valido, salvo l’obbligo di restituire il bene al titolare della garan-
zia generica. Il rapporto tra creditore e terzo acquirente è ritenuto un rapporto
obbligatorio, che sorge in assenza di un negozio giuridico, sulla base dei pre-
supposti di legge. È evidente che, posto in questi termini, l’obbligo del benefi-
ciario di restituire un bene validamente acquistato, si può spiegare solo qualifi-
candolo come obbligazione derivante dalla legge81.
Partendo da premesse diverse, altri autori hanno finito per indicare, faute de
mieux, la responsabilità ex delicto del terzo, nel caso di collusione con il debito-

77
La questione si riallaccia a quella, assai tormentata, della responsabilità precontrattuale, ma
qui si pone in modo diverso: la violazione dei doveri di buona fede si verifica prima e in vista di
contrarre il debito, ma presuppone che il debito sia contratto (che quindi esista un creditore, e che
questi scopra di essere stato vittima di un complotto ordito prima dell’assunzione della qualità di
creditore).
78
Per una critica alla tripartizione della responsabilità si veda A. DI MAJO, Responsabilità
contrattuale, 1998, pp. 25 ss.
79
Per riferimenti alla dottrina della natura restitutoria del rimedio v. U. NATOLI, Azione
revocatoria ordinaria, 1959, p. 891.
80
Per la tesi detta schuldrechtliche Theorie, v. già E. JAEGER, KO, 1931, tesi mantenuta
anche nella più recente edizione a cura di F. LENT e F. WEBER, 1958, p. 400. La tesi è stata
oggetto di un ampio dibattito anche nella dottrina italiana, sotto il vigore del codice 1865, per il
quale si rinvia a G. AULETTA, Revocatoria civile e fallimentare, 1939, pp. 60 ss.
81
Sembra che la dottrina tedesca più recente abbia addirittura affermato la possibilità di un
esercizio extragiudiziale dell’azione revocatoria sia ordinaria che fallimentare. Per questo aspetto
si rinvia a N. HOFFMAN, Die Actio Pauliana im deutschen Recht, 2000, p. 166.
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 85

re, e la sua responsabilità ex quasi delicto o meglio il suo arricchimento ingiu-


stificato, in caso di buona fede negli acquisti a titolo gratuito.
La revocatoria è così presentata con caratteristiche camaleontiche: la sua na-
tura giuridica cambierebbe a seconda dell’atto sul quale si appunta: l’inefficacia
relativa cui dà luogo la revocatoria è interpretata come una sanzione specifica
della illiceità che accompagna il compimento del negozio, quando questo è a
titolo oneroso; invece, per spiegare la soggezione del terzo di buona fede
all’azione revocatoria di atti di liberalità, la stessa corrente di pensiero attinge
alla categoria dell’obbligo ex lege oppure ricorre allo schema dell’arricchimento
ingiusto82. Anche per dare una colorazione illecita al fondamento della surroga-
toria, si è definita colposa l’inerzia del debitore83, la cui responsabilità sarebbe
in re ipsa, cioè nella lesione indiretta del credito84.
Si tratta di spiegazioni tralatizie, che provengono dal diritto comune.
La scissione dell’istituto in due nature giuridiche, pur spiegando la sogge-
zione del terzo in buona fede all’azione del creditore, era evidentemente troppo
poco elegante per essere accolta unanimemente dalla dottrina85. Sono state pro-
poste, di conseguenza, soluzioni che potrebbero definirsi fantasiose per ascrive-
re anche questa ipotesi all’area dell’illecito. Una dottrina francese ha così rite-
nuto di poter imputare al terzo in buona fede una responsabilità per rischio86.
Nel diritto italiano la configurazione della frode come un illecito è certa-
mente da escludere. Ci sembra anzi che la configurazione della frode come un
illecito introdurrebbe un’antinomia nel nostro sistema. Infatti, così concepita, la
frode integrerebbe quel motivo illecito comune a entrambe le parti che, secondo
l’art. 1345 c.c., produce la nullità del contratto. Il nostro ordinamento, pertanto,
già dispone di una sanzione per l’illecito commesso ai danni del creditore, che è

82
In Olanda si veda H. L. E. VERHAGEN, P. M. VEDER, De “Pauliana” in het Nederlandse
internationaal privaatrecht, 2000, pp. 3 ss. In Francia la connotazione delittuale sembra derivare
dall’identificazione della revocatoria con il fenomeno della frode. Si veda J-P. CHAZAL, L’action
paulienne en droit français, 2000, p. 179. In Inghilterra la materia delle fraudulent conveyances è
disciplinata nell’ambito dei torts, e anche nell’ambito dei moral torts, come segnalato da P.
BIRKS, Introduction to the Law of Restitution, 1985, pp. 308 ss. In Spagna F. J. ORDUÑA MORENO,
La acción rescisoria por fraude de acreedores, 1992, p. 167, sostiene che l’atto di disposizione
trasgredisce l’ordinamento giuridico perché lede il diritto di credito.
83
Ne dà conto R. SACCO, Il potere di procedere in via surrogatoria, 1955, p. 129.
84
R. NICOLÒ, Azione surrogatoria e azione revocatoria, 1980, pp. 857 ss.
85
In Italia il fondamento dell’azione revocatoria in un illecito compiuto dal debitore con la
complicità del terzo era stato indicato da E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, 1955, pp.
197 ss. (cui si rinvia anche per la critica alla concezione dualistica della natura giuridica
dell’azione revocatoria) e U. NATOLI, Azione revocatoria ordinaria, 1959, p. 890.
86
H. SINAY, Action paulienne et responsabilité délictuelle, 1948, pp. 183 ss., sostiene che
l’actio pauliana sia un’azione che sanziona la responsabilità da fatto illecito del terzo,
distinguendo una responsabilità per colpa, in caso di atto a titolo oneroso e partecipazione del
terzo alla frode, e una responsabilità per rischio in caso di acquisto a titolo gratuito e buona fede
del terzo.
86 CAPITOLO SECONDO

peraltro assai più penetrante di quella dell’azione revocatoria, perché travolge il


contratto e non si limita a renderlo inefficace nei confronti del creditore poten-
zialmente insoddisfatto.
Tra l’altro, questa ricostruzione non consente di evidenziare la particolare
posizione del creditore rispetto al debitore e al suo avente causa. Infatti, sebbene
il creditore sia certamente terzo rispetto all’atto di disposizione, egli non è il
nemo della nota formula latina che sintetizza la regola della responsabilità aqui-
liana.
Per superare le incongruità della qualificazione ex delicto in assenza di un
illecito sono state evidenziate “le istanze solidaristiche che pervadono lo stru-
mento revocatorio”, che mirerebbe a redistribuire le perdite derivanti dall’in-
solvenza del debitore, tanto con riferimento alla revocatoria ordinaria che (a
nostro avviso più opportunamente) a quella fallimentare87. In altre parole, lo
scopo della revocatoria ordinaria sarebbe quello di redistribuire le perdite deri-
vanti dall’insufficienza del patrimonio del debitore secondo criteri solidaristici.
Questa chiave di lettura consente di attribuire alla revocatoria l’ulteriore
funzione di creare un clima di solidarietà e correttezza tra gli operatori econo-
mici88, ovvero di assicurare, nella vita giuridica, la probità, la rettitudine e
l’esattezza infine, che sono i pilastri necessari della vita sociale89. La tesi ha il
pregio di disancorare la ricerca del fondamento della revocatoria dalla frode e
dal danno90, ma l’insistenza sulle istanze solidaristiche dello strumento revoca-
torio, finisce per riproporre lo schema dell’illecito, sebbene in una forma più
moderna.
Ricordiamo infatti che la ricostruzione della natura ex delicto o ex quasi de-
licto della revocatoria di diritto francese è stata autorevolmente disconosciuta
dalla Corte di giustizia comunitaria nella seconda sentenza Reichert, sia pure al
solo fine di escludere l’applicazione della competenza speciale in materia di
illecito ex art. 5-3 della Convenzione di Bruxelles91.

87
M. E. GALLESIO-PIUMA, Art. 66 l. fall., 2003, p. 217. G. TERRANOVA, Effetti del fallimento,
p. 28.
88
Ibidem.
89
J.-P. NIBOYET, Traité, t. IV, 1947, p. 70.
90
Nell’ambito della dottrina che ritiene che il fenomeno revocatorio si esaurisca nella
sanzione di una frode si vedano le argomentazioni di A. HARMAND-LUQUE, Recherches sur
l’action paulienne, 1995, pp. 20 ss. che ritiene che quelle che vengono chiamate condizioni
dell’azione non siano altro che criteri di apprezzamento della frode, i quali assurgono poi a
presunzioni di frode il cui effetto è perciò quello di invertire l’onere della prova. Nella dottrina
italiana v. E. LUCCHINI GUASTALLA, Danno e frode nella revocatoria ordinaria, 1995, spec. pp.
37 ss., 262 ss., 374 ss.
91
Sentenza Reichert II, p.to 19, p. 2181: “Siffatta azione non mira a far condannare il
debitore al risarcimento dei danni causati al creditore con l’atto fraudolento, ma ad eliminare, nei
confronti del creditore stesso, gli effetti dell’atto dispositivo compiuto dal debitore. Essa si
dispiega non solamente contro il debitore, ma anche contro il beneficiario dell’atto, terzo rispetto
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 87

8. L’azione revocatoria ordinaria come vicenda del rapporto obbligatorio

Da un altro punto di vista, si può indicare come obiettivo dell’istituto non


già quello, a carattere programmatico, di attuare una repressione delle frodi per
assicurare la probità nelle transazioni commerciali, quanto quello di procedere a
un bilanciamento tra interessi egualmente meritevoli di tutela. In questa conce-
zione, la mala fede assurge a mero strumento di giudizio nella valutazione su
cosa debba prevalere tra l’affidamento del creditore sulla garanzia generica
(spesso determinante nella concessione del credito) e l’affidamento dell’ac-
quirente sul proprio acquisto.
Si può allora negare che la posizione del terzo si configuri in termini di vera
e propria responsabilità da illecito, come dimostra, tra l’altro, il fatto che non
può configurarsi alcun obbligo risarcitorio a suo carico nei confronti del credito-
re procedente; essendo egli solo soggetto ad una futura ed eventuale azione ese-
cutiva92.
In effetti alcuni indici normativi, quali l’oggettivazione progressiva dei pre-
supposti soggettivi per la concessione del rimedio revocatorio dimostrano piut-
tosto come la condotta dei contraenti assurge a strumento di valutazione su cosa
debba prevalere tra l’interesse del creditore alla revoca e l’interesse del terzo a
mantenere intangibile il proprio acquisto. La valutazione della buona o mala
fede serve, in questo senso, solo a mostrare in quali circostanze debba prevalere
il primo dei due soggetti e in quali altre circostanze debba prevalere il terzo. In
altre parole, si ritiene che l’azione revocatoria ordinaria risolva, secondo una
scala di valori propria dell’ordinamento che la disciplina, il conflitto di interessi
tra il creditore e il terzo acquirente ossia tra due interessi egualmente meritevoli
di tutela: l’affidamento del creditore sulla garanzia generica, che è spesso de-

al rapporto obbligatorio intercorrente tra il creditore e il debitore, ivi compreso il caso in cui, se
l’atto è stipulato a titolo gratuito, costui sia in buona fede. [p.to 20] Stando così le cose, un’azione
quale la “action paulienne” di diritto francese, non può considerarsi alla stregua di una domanda
intesa a far sorgere la responsabilità di un convenuto nel senso voluto dall’art. 5, punto 3), della
Convenzione, e non rientra pertanto nell’ambito dell’articolo suddetto. Amplius infra pp. 249 ss.
92
Si veda il tentativo di E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, 1955, pp. 197 ss., di
superare le incongruenze della tesi dell’illecito; M. BIANCA, La responsabilità, 1994, p. 455,
chiarisce “I presupposti della revoca non sono infatti i presupposti dell’illecito civile”. La tutela
extracontrattuale del credito è ritenuta residuale rispetto a quella offerta dai mezzi di
conservazione della garanzia patrimoniale da B. INZITARI, Le mobili frontiere della lesione del
credito ad opera di terzi, 1998, pp. 243 ss., che, sulla scorta di una sentenza di legittimità (Cass.
13 gennaio 1996, n. 251) afferma: “le esigenze della tutela del credito si intrecciano con quelle
della lesione dei beni, completando con lo strumento della responsabilità extracontrattuale per
lesione della garanzia patrimoniale ad opera di terzi, la tutela del credito […] le mobili frontiere
del danno risarcibile attraverso lo strumento della responsabilità civile si vanno estendendo a
ricomprendere la tutela della garanzia patrimoniale, quale diretta e tangibile espressione della
tutela extracontrattuale del credito”.
88 CAPITOLO SECONDO

terminante e decisiva per la concessione del credito, e l’affidamento dell’ac-


quirente sul proprio acquisto.
Così, quando l’atto di trasferimento è anteriore al diritto di credito,
l’esigenza di tutelare l’affidamento del creditore sulla garanzia generica anterio-
re è talmente labile che egli prevale solo in caso di dolo specifico dei due autori
dell’atto. Viceversa, quando l’atto è a titolo gratuito ed è successivo al diritto di
credito, è l’esigenza di tutelare il terzo acquirente ad apparire debole rispetto
all’esigenza di non deludere l’affidamento del creditore.
Il problema della revocatoria è stato anche descritto, con formula latina,
come contesa tra chi certat de lucro captando e chi certat de damno vitando: il
sacrificio dell’interesse del primo per privilegiare il secondo dei due “lottatori”
era agevolmente spiegato da ragioni di equità e non più ricorrendo alla spiega-
zione dogmatica della responsabilità ex lege93. Un diverso brocardo latino, dota-
to di miglior forza esplicativa è: nemo liberalis nisi liberatus, anch’esso ricor-
rente, ma in misura meno frequente, nel discorso sulla revocatoria.
In sintesi, l’avente causa del debitore subisce l’azione e lo spossessamento o
perché lo si riconosce responsabile di aver contribuito alla violazione di un ob-
bligo di protezione che il suo dante causa aveva nei confronti del creditore, o
perché il suo acquisto a titolo gratuito da un debitore liberalis non è riconosciu-
to meritevole di tutela in quanto la libertà di disporre dei propri beni a titolo gra-
tuito è condizionata all’adempimento dei propri debiti94.
Il brocardo nemo liberalis nisi liberatus esplicita una regola non scritta, un
criptotipo presente nel nostro ordinamento e afferente alla materia delle dona-
zioni. La disciplina dell’azione revocatoria ordinaria manifesta un’applicazione
di questa regola.
In quale sistema ciò produrrà i suoi effetti?

93
Questa interpretazione è andata incontro all’obiezione di G. AULETTA, Revocatoria civile e
fallimentare, 1939, p. 43, che ha evidenziato come la qualità di creditore dell’attore in revo-
catoria, potrebbe essere stata acquisita a titolo gratuito, sicché anche il creditore potrebbe trovarsi
a lottare de lucro captando.
94
La regola fa parte del patrimonio culturale, se così si può dire, dell’actio pauliana: una
dottrina risalente ai secoli scorsi giungeva a ritenere acquirente a non domino l’avente causa a
titolo oneroso dal donatario soggetto a revoca, quand’anche fossero in buona fede entrambi, il
donatario-venditore e l’acquirente. Cfr. E. METRAUX, De l’action paulienne, 1878, p. 63, critico
verso una decisione della giurisprudenza cantonale di Vaud che applica il principio ora detto.
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 89

Sezione II
La disciplina delle azioni revocatoria e surrogatoria tra valori universali
(buona fede) e politiche legislative nazionali 95

9. L’azione revocatoria e l’azione surrogatoria tra diritto romano e diritto co-


mune

La buona fede è dunque il fondamento di quei poteri del creditore che si tra-
ducono nelle possibilità di agire offerte dagli artt. 1416, comma 2°, 2900 e 2901
ss. c.c. Questa spiegazione è confortata anche dall’indagine storica e comparati-
stica che segue. Una disamina storica si rivela essenziale per una corretta com-
prensione del diritto comparato e per la verifica dell’esistenza di valori comuni
ai vari ordinamenti, i quali potrebbero assurgere a criteri ispiratori della solu-
zione dei conflitti di leggi.
La dottrina è concorde sull’influenza che il diritto interno di ogni paese e-
sercita sulle rispettive norme di diritto internazionale privato e, nella prospettiva
sopranazionale, sull’importanza della comparazione per l’elaborazione di norme
uniformi giuste96 .
Il diritto romano classico, a seguito dell’introduzione del procedimento ese-
cutivo patrimoniale accanto a quello personale, aveva predisposto vari mezzi
processuali diretti ad assicurare ai creditori il soddisfacimento delle loro ragioni,
in caso di incapienza del patrimonio del debitore97. Si tratta, in particolare, della

95
L’esposizione che segue contiene copiosi riferimenti all’evoluzione e espansione del-
l’azione surrogatoria, ma non tocca l’azione di simulazione instaurata dal terzo creditore.
Quest’ultima è tradizionalmente considerata un’ipotesi molto particolare del più ampio fenomeno
simulatorio, anche se, a nostro avviso, appare molto più affine all’azione revocatoria ordinaria di
quanto non appaia affine all’azione di simulazione instaurata dal contraente che ha partecipato
all’accordo simulatorio. Per quanto attiene agli ordinamenti oggetto di indagine, sono presi in
considerazione quelli più rilevanti per l’Italia da un punto di vista tanto giuridico quanto eco-
nomico: gli ordinamenti francese, spagnolo, tedesco e inglese, fornendo qualche riferimento alla
disciplina degli Stati Uniti. L’analisi comparatistica è preceduta da un cenno storico che vuole
fornire qualche indicazione su come si sia arrivati, nel diritto continentale e nel diritto anglo-
sassone, a regolare il bisogno sociale di protezione del credito attraverso le azioni in esame.
96
Si veda la recente riflessione di Ph. SINGER, J.-C. ENGEL, L’importance de la recherche
comparative pour la justice communautaire, 2007, pp. 497 ss.
97
È evidente che attribuire ai creditori il potere di far revocare atti di disposizione di beni del
debitore presuppone il riconoscimento, almeno implicito, del principio secondo cui l’oggetto del
procedimento esecutivo sono i beni, piuttosto che la persona, dell’obbligato. Il principio della
responsabilità patrimoniale al posto di quella personale fu introdotto dalla lex Poetelia Papiria e,
solo negli ultimi tempi della repubblica, il Pretore Rutilio concesse ai creditori il ricorso alla
missio in bona. Bisogna poi tenere presente che nel diritto romano classico l’esecuzione sui beni
del debitore avveniva attraverso una procedura complessa, che ha iniziato a prendere forma solo
nel III secolo a. C., ai tempi di Augusto. Le numerose e diverse regole procedimentali si
90 CAPITOLO SECONDO

figura della conventio debitoris debitorem, dell’azione di simulazione, e di una


serie di mezzi revocatori98, di cui è difficile tentare una ricostruzione unitaria99,
anche se sono tutti ispirati allo stesso principio di diritto: “Quae in fraudem cre-
ditorum facta sunt ut restituantur”100 .
Le prime glosse che riguardano la conventio si fondano sul Corpus iuris ci-
vilis e in particolare sul titolo quindicesimo del capitolo quarto del Codex, dedi-
cato alla questione di sapere “Quando fiscus vel privatus debitoris sui debitores
exigere potest”. In margine al frammento C. 4. 15. 2, Baldo spiega che il curato-
re dei beni del debitore poteva convenire in nome proprio tutti i suoi debitori:
“Ad instantiam creditoris dabitur curator bonis debitoris, qui proprio nomine
convenit debitores debitoris; et poterit ipsemet creditor esse curator”101.
La conventio appare come una parentesi di cognizione che poteva inserirsi,
su impulso di parte, nel corso del procedimento esecutivo102. Spesso era il cura-
tor bonorum del debitore, ormai decotto, che agiva, al fine di ripristinare
l’integrità del patrimonio soggetto all’esecuzione. Accertata l'insolvenza del
debitore e l'insufficienza del suo patrimonio per soddisfare i creditori, il giudice,

consolidarono, nel diritto postclassico in due sistemi di esecuzione patrimoniale: il pignus in


causa iudicati captum e la distractio bonorum. Si veda G. ROTONDI, Bonorum venditio
(Lineamenti), 1911, pp. 1265 ss.
98
Nel Digesto, i riferimenti ad azioni di diritto romano con elementi della surrogatoria e
della revocatoria sono copiosi. Si vedano specialmente, nel De Regulis Iuris: D.42.8 e D.50.17, su
cui si fondano la maggior parte delle riflessioni dei glossatori. Sull’origine romanistica della
surrogatoria non vi è accordo. C. ZUCCONI, L’origine storica dell’azione surrogatoria, 1910, pp.
774 s., ritiene che il precedente della surrogatoria sia da rintracciare nel pignus nomini in causa
iudicati captum. R. SACCO, Il potere di procedere in via surrogatoria, 1955, p. 7 ss. afferma
invece che le origini dell'azione non sono più antiche del XIX secolo, periodo in cui sarebbe stata
elaborata dalla giurisprudenza francese.
99
Fondamentali gli studi sulla revocatoria di G. IMPALLOMENI, Azione revocatoria (diritto
romano), p. 147 e, dello stesso autore, Studi sui mezzi di revoca degli atti fraudolenti, 1958; O.
LENEL, Die Anfechtung von Rechtshandlungen des Schuldners, 1903, pp. 1 ss.; S. SOLAZZI, La
revoca degli atti fraudolenti 1945 e, dello stesso autore, P. Ryl. II, 75 e la revoca degli atti
fraudolenti, 1956, pp. 333 ss.; nonché il contributo di J. A. ANKUM, Die geschiedenis der “Actio
pauliana”, 1962, spec. pp. 26 ss., 38 ss. per il diritto classico e pp. 34 ss., 62 ss. per il diritto
giustinianeo.
100
Ulpiano, Liber 66 ad edictum, D.42.8.
101
C. 4, 15, 2: Imp. Antoninus A. Marco. Si in causa iudicati Valentis, quem tibi
condemnatum esse proponis, nihil est, quod sine quaestione pignoris loco capi et distrahi possit,
debitores eius conventi ad solutionem auctoritae praesidis provinciae compelluntur. DVI non.
April. Geta cons. [a 205].
102
Nella ricostruzione di C. ZUCCONI, L’origine storica dell’azione surrogatoria, 1910, p.
783, il diritto del creditore pignorante ad agire contro il subdebitore non confessus, già
riconosciuto nel diritto romano, sarebbe stato poi esteso a tutti i creditori, come effetto della c.d.
obligatio bonorum. Nel diritto comune, sostiene lo Zucconi, coesistevano due tipi di azione
surrogatoria, l’una, a carattere satisfattivo, riservata ai creditori muniti di titolo esecutivo, l’altra a
carattere conservativo, per coloro che ne fossero privi.
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 91

su richiesta di questi ultimi, nominava un curator bonis debitoris, che poteva


proprio nomine citare i debitores debitoris. Quando il procedimento esecutivo
sul bene ascrivibile al patrimonio del debitore, ma che si trovava nella disponi-
bilità di un terzo, era ostacolato dall’atteggiamento di quest’ultimo, perché, ad
esempio, contestava l'esistenza o la validità del titolo della pretesa, si rendeva
necessario esperire un processo di cognizione sulla questione controversa, spes-
so promosso dal curatore, che agiva surrogandosi al debitore.
L’esecuzione sui diritti non controversi vantati dal debitore nei confronti di
terzi ha portato allo sviluppo di istituti quali, tipicamente, il pignoramento pres-
so terzi e il sequestro presso terzi, mentre l'insorgere di una contestazione sulla
piena validità ed efficacia di tali diritti, ha portato allo sviluppo dell'azione sur-
rogatoria e revocatoria, che, in un primo tempo, si inserivano, incidentalmente,
nel processo esecutivo.
Si tratta di incidenti del processo esecutivo volti ad ampliare il plafond del
patrimonio soggetto ad esecuzione. I più celebri strumenti processuali a disposi-
zione del creditore per la revoca di atti in frode ai suoi diritti erano la restitutio
in integrum ob fraudem103 e l’interdictum fraudatorium104. Questi mezzi sono
sottoposti al termine di un annus utilis, che decorre dalla missio in bona, per la
restitutio, e dalla venditio bonorum, per l’interdictum. Infatti, nel caso in cui la
bonorum venditio si fosse rivelata insufficiente a soddisfare le ragioni credito-
rie, il creditore che non aveva esperito la restitutio entro il termine di un anno
dalla missio in bona, poteva ancora aggredire i beni alienati a un terzo con
l’interdetto fraudatorio (entro un anno dalla venditio)105. Contro l’acquirente
post annum, e contro i suoi eredi, era poi possibile esercitare una actio in factum
di arricchimento106. È attestata, infine una denegatio actionis ob fraudem107.

103
La restituito in integrum è ricordata anche da Cicerone, Ad Atticum, I, 1, 3, che attesta la
sua esperibilità da parte dei creditori, del curator e del magister bonorum, per un annus utilis dal
momento della missio in bona e fino alla bonorum venditio, come segnalato da J. A. ANKUM, Die
geschiedenis der “Actio pauliana”, 1962, pp. 391 s.
104
Con l’interdetto fraudatorio il pretore ordinava al terzo, contraente del fraudator, di
restituire quanto conseguito, “si non plus quam annus est”. Sembra, inoltre, che la buona fede non
giovasse al terzo, costretto a subire l’actio pretorile. Il mezzo ha un tipico effetto restitutorio,
come risulta dal testo del Digesto, e ha la funzione di recuperare il bene uscito dal patrimonio del
debitore. Si veda il commento a D.42.8.10 di V. PIANO MORTARI, L’azione revocatoria, 1962, pp.
7 ss.
105
Ibidem.
106
Si veda sinteticamente J. A. ANKUM, Die geschiedenis der “Actio pauliana”, 1962, pp.
392 ss. Il fondamento giuridico di tali strumenti era la missio in bona. Attraverso una fictio iuris,
si riteneva che gli strumenti processuali per ottenere la restituzione dei beni alienati giacessero nel
patrimonio del debitore assieme agli altri beni, dei quali il creditore otteneva la disponibilità con
la missio in bona. In altre parole, i creditori entravano in possesso del patrimonio del debitore, e lì
trovavano anche le azioni spettanti al debitore contro i suoi obbligati o aventi causa.
107
Per riferimenti bibliografici e documentali giova rinviare a J. A. ANKUM, Die geschiedenis
der “Actio pauliana”, 1962, p. 60. Più di recente si veda l’agile ricostruzione di A. VAQUER,
92 CAPITOLO SECONDO

Solo in epoca giustinianea l’actio pauliana108 appare dotata di una propria


fisionomia e rappresenta l’evoluzione dell’interdictum; infatti, l’azione era e-
speribile soltanto una volta verificata l’inconsistenza del patrimonio del debito-
re, a seguito della pignus in causa iudicati captum o della bonorum distractio,
cioè solo dopo l’accertamento del pregiudizio derivante dall’alienazione fraudo-
lenta e consistente nell’incapienza del patrimonio del debitore.
Nel diritto comune, a questa funzione recuperatoria dell’actio pauliana si
affiancano però gli originali aspetti punitivi e sanzionatori, caratteristici degli
strumenti processuali romani109.
Questa ambivalenza si riflette nella concezione della fraus, che è l’elemento
caratterizzante della revocatoria: essa giustifica l’eccezione alla certezza dei
trasferimenti ma, al tempo stesso, rappresenta il fondamento della “punizione”
del debitore110.
L’actio è costruita come un’azione personale di risarcimento che appartiene

From Revocation to non-opposability : modern developments of the Paulian action, 2003, pp. 199
ss.
108
Il nome Actio Pauliana ha origini bizantine e non ha nulla a che vedere, come spesso si è
ritenuto, con un giureconsulto chiamato Paulus: cfr. P. COLLINET, L’origine byzantine du nom de
la Paulienne, 1919, pp. 187 ss.
109
Afferma V. PIANO MORTARI, L’azione revocatoria, 1962, p. 11, che Triboniano, pur
avendo mantenuto come presupposto dell’actio la fraus, aveva cercato di eliminare il carattere
penale dell’azione attribuendo al mezzo una funzione di recupero del bene fraudolentemente
alienato.
110
La Glossa Magna precisa che essa implica un’intenzione dolosa (D.50.17.79:“Fraudem
non esse sine dolo”), da accertarsi in base a un’indagine psicologica, senza poter essere desunta
da elementi oggettivi: Papiniano, nel XXXII Libro delle Quaestiones spiega “Fraudis in-
terpretatio semper in iure civili non ex evento dumtaxat, sed ex consilio quoque desideratur”. V.
PIANO MORTARI, L’azione revocatoria, 1962, p. 7 ss. spiega che non si poteva pretendere dal
creditore la dimostrazione del dolo intenzionale, ossia del consilium fraudis tra debitore e terzo,
perché l’azione sarebbe stata scarsamente utilizzabile e, per questo, era ritenuta sufficiente la
mera consapevolezza delle intenzioni del debitore, sul fondamento di D.42.8.1: [Ulpianus 66 ad
ed.] Ait Praetor: “quae fraudationis causa gesta erunt cum eo, qui fraudem non ignoraverit, de his
curatori bonorum vel ei, cui de ea re actionem dare oportebit, intra annum, quo experiundi
potestas fuerit, actionem dabo. idque etiam adversus ipsum, qui fraudem fecit, servabo”. Inoltre si
erano già rilevate le molte affinità tra la frode e la finzione: Baldo nel commento a C.5.96
osserva: “Tot modis committitur simulatio, tot modis committitur fraus” (con riferimento però alla
distinzione tra simulazione e frode alla legge). Egli ricorda l’aggiramento delle norme in materia
di usura attraverso il ricorso allo schema del pegno fruttifero in epoca medioevale. Il fenomeno
doveva aver assunto dimensioni preoccupanti tenuto conto della reazione di Papa Alessandro III,
il quale, durante il Concilio di Tours del 1163, ordinò al clero di imputare sempre i frutti del
pegno al capitale, tenuto conto delle spese. Il divieto del pegno fruttifero fu esteso qualche anno
dopo ai laici in un’epistola all’Arcivescovo di Canterbury dello stesso Papa. Si veda J. VIDAL,
Essai d’une théorie générale de la fraude, 1957, pp. 59 ss. e, più approfonditamente, H. COING,
Simulation und Fraus in der Lehre des Bartolus und Baldus, 1939, pp. 402 ss.
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 93

ai creditori pregiudicati o, eventualmente al curator bonis distrahendis111. Talu-


ne indicazioni testuali contrarie, tuttavia, diedero luogo alla questione, tanto
tormentata, della natura, personale o reale, dell’actio pauliana112 .
Un altro problema riguardava il fondamento giuridico dell’azione, e i tenta-
tivi di classificare la soggezione del terzo all’azione esecutiva del creditore nel
quadro delle fonti delle obbligazioni113 . Inizialmente si affermò che la pauliana
aveva due nature giuridiche e che la sua natura variava in funzione dell’animus
del terzo acquirente. Nella glossa di Accursio quest’ultimo è ritenuto responsa-
bile, se in mala fede, ex quasi maleficio, e se di buona fede, ex quasi contractu;
mentre Dino, ritiene che nel primo caso la responsabilità sia ex maleficio e nel
secondo ex variis figuris causarum114.

111
ANKUM, Die geschiedenis der “Actio pauliana”, 1962, p. 392 ss.
112
L’esitazione tra le due nature sembra ancora oggi permessa: le Sezioni Unite nella
sentenza del 30 giugno 1999, n. 370, Palmeri e Scerra c. Banco di Sicilia s.p.a., Augurship 33
Ltd., Butterfly Investment Corporation Ltd., 2000, spec. p. 748, hanno affermato: “sia [...]l’azione
di simulazione [...] sia [...] l’azione revocatoria o pauliana [... sono] qualificabili entrambe come
azioni personali in rem, e, comunque, non reali [...] per la loro inerenza al diritto di nuda proprietà
su beni immobili trasferito con il contratto impugnato”. La confusione nacque dal fatto che nelle
Institutiones la revocatoria è collocata accanto ad azioni di carattere reale, ma è descritta con le
caratteristiche dell’actio in personam. Molti autori adottarono posizioni intermedie come
l’ultramontano Petrus de Grossis Petris, professore a Orléans nel XIII secolo, che sosteneva che
l’azione non era né mere personalis né mere realis; o il suo contemporaneo Jean Faure, che la
definisce una actio personalis in rem scripta, perché, pur essendo personale, una volta riempite le
condizioni di esercizio contro l’avente causa del debitore, poteva essere esperita anche contro i
suoi aventi causa: si otteneva cioè una sorta di diritto di seguito. Questa opinione ebbe successo
presso Raphael Cumanus e altri postglossatori (XIV e XV secolo), e fu anche radicalizzata: nel
XVI secolo, l’umanista Jacobus Cuiacius (Cujas) si pronuncia per la natura reale dell’azione,
perché i creditori “vindicant rem quasi rem debitoris”. Si riteneva che i creditori vantassero un
vero e proprio diritto reale di garanzia sul patrimonio del debitore, alla tutela del quale era
concessa la Pauliana: la tesi del “pegno generico” spettante ai creditori sul patrimonio del
debitore ha continuato ad avere sostenitori anche nella dottrina contemporanea, avvalorata,
peraltro, dalla lettera dell’art. 2093 Code civil (“Les biens du débiteur sont le gage commun de ses
créanciers”). Questa tesi è stata sostenuta in Italia da W. D’AVANZO, La surrogatoria, 1939, p.
38. La natura rigorosamente personale era difesa dalla scuola elegante olandese, mentre, presso
gli autori dell’Usus modernus si trovano entrambe le opinioni, così come quelle più antiche di
actio in rem scripta (Ulrich Huber) e ni mere personalis, ni mere realis: mixti generi (Bachovius).
113
J. A. ANKUM, De Geschiedenis der “Actio pauliana”, 1962, p. 404: “Depuis la glose,
beaucoup d’auteurs ont essayé de trouver un fondement juridique à l’action Paulienne, autrement
dit, de placer l’obligation de l’acquéreur qui doit restituer le bien acquis par lui au créancier
fraudé dans le cadre des sources des obligations ”.
114
Presso gli ultramontani si ritrovano le opinioni, ancor oggi accreditate, secondo le quali si
tratterebbe nel secondo caso di una actio dativa, cioè un’azione fondata direttamente sull’autorità
della legge, e nel primo di un’actio ex delicto. I sostenitori della natura reale dell’azione furono
invece costretti a spiegazioni molto più fantasiose quanto al fondamento giuridico, salvo il caso di
Samuele Cocceji, a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo, secondo il quale l’azione dava luogo a
un “pegno pretorio fittizio”: la tesi spiega perché i beni oggetto del contratto revocato erano
94 CAPITOLO SECONDO

Gli elementi costitutivi dell’azione erano l’intenzione fraudolenta e il pre-


giudizio ai creditori, come indicato da Cujas: “Fraudasse non videtur, qui frau-
davit reipsa, nisi qui fraudandi animum habuerit. Duo exigimus : eventum et
consilium […] Fraus significat eventum et consilium”115.
Il Corpus Iuris riconosce la possibilità di agire in revocatoria in una serie
molto eterogenea di casi, talvolta in contraddizione: ad esempio, la revocabilità
dei pagamenti di debiti scaduti e della costituzione di garanzie reali è affermata
in alcuni luoghi e negata in altri116. Proprio per chiarire questi aspetti, sin dal
Trecento, molti statuti di città italiane contemplavano una disciplina positiva
dell’azione revocatoria, e contenevano diverse presunzioni per accertare il con-
silium fraudis. Contemporaneamente, gli istituti in esame si sviluppavano nella
giurisprudenza dei Parlements francesi per poi fluire nel codice napoleonico ed
espandersi nei paesi del Mediterraneo occidentale.
Il Dictionnaire des arrêts, ou jurisprudence universelle des Parlemens de
France pubblicato a Parigi nel 1727 da Pierre Jacques Brillon, alla voce Créan-
cier riporta numerose pronunce del Parlement de Paris e di altri Parlements,
che, fondandosi sulle opinioni di alcuni celebri giureconsulti francesi come
Mainard e Carondas, avevano sancito la possibilità per il creditore di esercitare i
diritti del proprio debitore e di revocare atti di disposizione da lui posti in esse-
re.
In un primo tempo, esisteva una certa confusione tra l’azione revocatoria e
l’azione di rescissione per lesione117. Così nel 1558, un Arrêt del Parlement de
Toulouse, attribuisce ai creditori la facoltà di invocare l’istituto della rescissione
per lesione, in luogo del debitore, per recuperare un bene trasferito a un terzo:
“Les creanciers, du vivant de leur debiteur, n’ayant autre moyen de se faire
payer, peuvent dans le temps de l’ordonnance, user de la restitution pour lezion
d’outre moitié, contre l’acheteur de leur debiteur, de jure creditorum. Arrêt du
P. de Toulouse, conforme à un autre de Paris, du 5 mars 1558. Mainard, liv. 3,
chap 70. Carondas, liv. 9 de ∫es Rép. Ch. 25” 118 .

soggetti al vincolo reale creato dal pretore con la missio in bona, sebbene fossero stati alienati
prima della missio.
115
J. VIDAL, Essai d’une théorie générale de la fraude, 1957, pp. 59 ss.
116
Come riferito da J. A. ANKUM, De Geschiedenis der “Actio pauliana”, 1962, pp. 99 ss. e
p. 397.
117
Si tratta di una confusione tuttora presente nella dottrina spagnola per via della
formulazione dell’art. 1111 del Código civil.
118
P.-J. BRILLON, Créancier, lettres de rescision, 1727, p. 474. L’arrêt avvalora la tesi
secondo la quale la surrogatoria nasce nelle coutumes francesi, come un tipo di azione revocatoria
applicata a comportamenti omissivi. B. GARDELLA TEDESCHI, Surrogatoria, 1998, p. 228; R.
SACCO, Il potere, 1955, p. 7. Curiosamente, il testo dell’arrêt presenta fortissime assonanze con
l’attuale testo dell’art. 1.111 Código civil. Un secolo più tardi la giurisprudenza non sente più il
bisogno di ricorrere all’istituto della rescissione per lesione ultra dimidium per giustificare la
revoca per frode: P.-J. BRILLON, Fraude, 1727, p. 422: “Il a été jugé le 23 juin 1640 qu’une
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 95

In sintesi, l’actio pauliana giunge all’epoca delle grandi codificazioni con


molte delle caratteristiche che presenta anche oggi: nata nel procedimento
esecutivo per allargare il plafond soggetto all’esecuzione per debiti, quando il
patrimonio del debitore risultava insufficiente, l’azione era ritenuta “fungibile”
con l’azione di simulazione e l’azione di arricchimento ingiustificato (anche
queste due azioni consentivano la condanna di un terzo, avente causa del
debitore, ma non la creazione di un vincolo sopra il bene, oggetto dell’atto di
disposizione); i giuristi erano divisi quanto alla natura personale o reale
dell’azione; inoltre si può riscontrare una funzione recuperatoria accanto a una
funzione punitiva, caratteristiche che la avvicinano alle procedure fallimentari.

10. L’ingresso nel Code Napoléon e la diffusione delle due azioni

Nella tassonomia del Code civil questi rimedi, sebbene espressione del prin-
cipio di responsabilità patrimoniale codificato all’art. 2093 Code civ.119 , furono
sistemati nell’ambito degli “effetti delle obbligazioni”. Ancora oggi, gli artt.
1166 e 1167 del codice francese seguono immediatamente l’art. 1165 che sanci-
sce il principio della relatività degli effetti del contratto120. L’action oblique e
l’action paulienne vengono concepite, all’inizio del secolo scorso, come “ecce-
zioni” all’inefficacia del contratto nei confronti dei terzi: [art. 1166 Code Napo-
léon] “Néanmoins les créanciers peuvent exercer tous les droits et actions de
leur débiteur, à l’exception de ceux qui sont exclusivement attachés à la person-
ne. [art. 1167 Code Napoléon] Ils peuvent aussi, en leur nom personnel, atta-
quer les actes faits par leur débiteur en fraude de leurs droits”.
In questa formulazione, le azioni revocatoria e surrogatoria sono penetrate

quittance donnée par un frère à son frère, au préjudice de son créancier, étoit frauduleuse.
Henrys, Tome 2 liv. 4 quest. 42”. Anche l’azione surrogatoria era utile ai creditori, cui venne
riconosciuto il diritto di esercitarla, ad esempio da un Arrêt del Parlement de Paris del 9 luglio
1698, pubblicato sul Journal des Audiences, si veda nello stesso dizionario la voce Créancier,
droits du debiteur, p. 474: “Un créancier peut exercer les droits de son debiteur. Arrêt du P. de
Paris du 9 juillet 1698. Journ. des Aud. Tom.5 liv. 14 ch. 8”.
119
L’Ancien droit contemplava l’istituto dell’ipoteca legale su tutti i beni del debitore. Nella
prassi dell’epoca, l’ipoteca legale veniva inserita automaticamente, come clausola d’uso, in ogni
atto notarile avente ad oggetto un rapporto obbligatorio. L’ipoteca era titolo sufficiente
all’esercizio del c.d. droit de suite, cioè la possibilità del creditore di intervenire in qualsiasi
transazione del debitore, che avesse ad oggetto i propri beni. Un retaggio linguistico di questo
modo di concepire il rapporto obbligatorio si ha nell’art. 2093 Code civil, che sancisce il c.d. droit
de gage général. Sul passaggio dall’ipoteca legale sui beni alla responsabilità patrimoniale si veda
A. CANDIAN, Discussioni napoleoniche, 1994, pp. 1805 ss.
120
Soltanto all’inizio del XX secolo la dottrina francese giunge a distinguere il concetto di
efficacia inter partes del contratto da quello della sua opponibilità erga omnes. V. J.-P. CHAZAL,
L’action paulienne en droit français, 2000, p. 177.
96 CAPITOLO SECONDO

in tutti gli ordinamenti italiani121. La quasi totalità dei codici italiani recepisce
integralmente le norme francesi sull’azione surrogatoria. È il caso dell’art. 1119
del Codice delle Due Sicilie, ai sensi del quale: “Nondimeno i creditori possono
esercitare tutti i diritti e tutte le azioni del loro debitore eccettuate quelle che
sono esclusivamente personali”. Identico contenuto hanno l’art. 1234 del codice
del Regno d’Italia (1865), l’art. 1257 dello Statuto Albertino, l’art. 1128 del
Codice Parmense e pure l’art. 1207 del Codice Estense. Quest’ultimo, tuttavia, a
differenza del Code civil, colloca le azioni al Titolo XXIII rubricato “Sulla ces-
sione dei crediti e delle azioni”.
L’azione revocatoria, invece, riceve una disciplina alquanto più dettagliata
rispetto a quella francese già nell’art. 1235 del codice del Regno d’Italia122 . Es-
so stabilisce analiticamente quali siano gli atti impugnabili e gli effetti della re-
vocatoria: “Possono pure i creditori impugnare in proprio nome gli atti che il
debitore abbia fatti in frode alle loro ragioni. Trattandosi di atti a titolo oneroso,
la frode deve risultare dal canto di ambidue i contraenti. Per gli atti a titolo gra-
tuito basta che la frode sia intervenuta per parte del debitore. In ogni caso però
la rivocazione dell’atto non produce effetto a danno dei terzi non partecipi della
frode, i quali hanno acquistato diritti sugli immobili anteriormente alla trascri-
zione della domanda di rivocazione”123.

11. I rimedi a favore dei finanziatori del commercio contro le c.d. “fraudulent
conveyances” in Gran Bretagna

Al contrario di quanto è avvenuto nei paesi di Civil law,


nell’ordinamento britannico i rimedi contro le operazioni in frode ai credito-
ri sono più antichi della Bankruptcy, introdotta soltanto nel XVI secolo124.
Inoltre essi risalgono a un’epoca antecedente all’abolizione della responsabi-
lità personale (e non già solo patrimoniale)125 per i debiti, avvenuta oltre

121
Per i testi dei codici si può fare riferimento alla Collezione completa dei moderni codici
civili degli Stati d’Italia, Torino, 1845; e al Codice civile del Regno d’Italia (a cura di Galdi),
Napoli, 1865.
122
A. MAFFEI ALBERTI, Il danno nella revocatoria, 1970, pp. 7 ss., rileva come proprio la
scarna formulazione dell’art. 1167 abbia consentito la trasformazione dell’istituto, avvenuta in
funzione di una tutela del credito sempre più pregnante e che potesse soddisfare le nuove esigenze
connesse alla trasformazione e agli sviluppi dell’economia.
123
Solo l’art. 1120 del Codice delle Due Sicilie traduce pedissequamente l’art. 1167 francese.
Si vedano anche gli art. 1258 Cod. Alb.; 1129 Cod. Parm. e art. 1208, 1209 Cod. Est.
124
Il primo testo in materia pare riferibile ad Edoardo III (1377). Cfr. R. STEVENS, L. SMITH,
Actio pauliana in English Law, 2000, p. 195, nt. 2.
125
Il principio di responsabilità patrimoniale assume, nella mentalità inglese, un significato
peculiare se si pensa che, secondo A. CANDIAN, Discussioni napoleoniche, 1994, p. 1807,
l’introduzione di istituti anglosassoni, come il trust, recepito in Italia con legge 364/89, pur se
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 97

Manica solo nel XIX secolo126 . Entrambe le materie sono regolate esclusiva-
mente dalla Statute Law ed erano destinate, al momento della loro emanazione,
ad una particolare categoria di creditori, i commercianti127.
Il più importante rimedio contro le fraudulent conveyances è stato elaborato,
nel 1571, nell’ambito di uno Statute promulgato da Elisabetta I Tudor128 .
Lo Statute of 13th Elizabeth intende reagire alla prassi, già diffusa in epoca
elisabettiana, consistente nel destinare tutti i propri beni a un trust prima di in-
traprendere un'iniziativa imprenditoriale, al fine di ripararli dai rischi connessi a
qualsiasi attività economica.
Soltanto con la promulgazione del provvedimento legislativo della gloriosa
Regina diveniva possibile, per i creditori, aggredire i beni affidati al trustee129 . Il
provvedimento sanciva espressamente la possibilità di revocare atti di disposi-
zione (to set aside voluntary settlements), compiuti dal settlor of the trust [on]
the end, purpose and intent to delay, hinder or defraud creditors130.
Per spiegare il fenomeno giova citare la massima del giudice Jessel M.R. nel
caso Re Butterworth (1882) e in applicazione del precedente Mackay v. Douglas
(1872) [LR 14 Eq 106]: “a man is not entitled to go into a hazardous business,
and immediately before doing so settle all his property voluntarily, the object

“logicamente compatibili con il testo dell’art. 2740 tuttavia lo possono svuotare di significato
politico”. A monte vi è il problema relativo alla concenzione di patrimonio – su cui si veda sopra,
p. 75 alla nt. 55 – e la circostanza che oltre Manica, la destinazione economica riesce a dare unità
(dunque identità) a una pluralità di beni eterogenei (trust, persone giuridiche, ecc.) meglio rispetto
alla comune appartenenza ad un soggetto. Focalizzando l’attenzione sulla destinazione
economica, il concetto di patrimonio può essere espresso dalla semplice relazione finalistica tra
un insieme di beni e un insieme di debiti, o ancora tra un insieme di beni e un’attività economica
suscettibile di produrre passività. Del resto, occorre muoversi con cautela anche sul concetto di
proprietà se è vero che nella cultura giuridica anglosassone nella relazione tra un bene e un
soggetto l’accento è posto sul bene: la persona è colei che si occupa di un bene determinato
(tenant, holder, ecc.); al contrario, nel continente l’enfasi è posta sul proprietario/possessore come
categoria assiologica assoluta e indipendente dall’oggetto su cui esercita le proprie facoltà. Sul
concetto di proprietà nel Common Law si veda A. GAMBARO, Property nei sistemi di common law,
1992; M. D. PANFORTI, Le forme di trasmissione della ricchezza familiare, 1999.
126
Com’è noto, Oltre Manica, fino al XIX secolo i poteri dei creditori si estendevano alla
persona stessa del debitore. In un primo tempo, in caso di insolvenza il creditore poteva procedere
o contro la persona del debitore (capias ad satisfaciendum), facendolo imprigionare con il solo
onere di fornirgli pane e acqua (Statute of Acton Burnell) oppure contro i suoi beni esercitando
due tipi diversi di writ: il fieri facias, mediante il quale lo sheriff realizzava la somma dovuta
attraverso i beni del debitore; e il levari facias, che consentiva allo sheriff di appropriarsi di
rendite, raccolti, affitti etc. mediante i quali soddisfare il creditore. Cfr. Th. F. T. PLUCKNETT, A
Concise History of the Common Law, 1956, pp. 389 ss.
127
Il testo fondamentale di riferimento, in materia, è la nota opera di W. ROBERTS (1769-
1849), A Treatise on the Construction of the Statutes, 13 Eliz. c.5 & 27 Eliz, c.4, (1800) 1979.
128
R. STEVENS, L. SMITH, Actio pauliana in English Law, 2000, p. 195, nt. 2.
129
Ibidem.
130
A. VICARI, Il trust di protezione patrimoniale, 2003, p. 12.
98 CAPITOLO SECONDO

being this “If I succeed in business, I make a fortune for myself. If I fail, I leave
my creditors unpaid. They will bear the loss”. That is the very thing which the
Statute of Elizabeth was meant to prevent. The object of the settlor was to put
his property out of the reach of his future creditors. He contemplated engaging
in this new trade and he wanted to preserve his property from his future credi-
tors. That cannot be done by a voluntary settlement. That is to my mind a clear
and satisfactory principle”131.
Con l’affermarsi di procedure di insolvenza a carattere universale tutta la
materia trovò sistemazione nei vari Bankruptcy Act promulgati in Gran Breta-
gna. I rimedi contro l’insolvenza del debitore furono quindi estesi ad ogni cate-
goria di creditori, non più quindi soltanto agli uomini d’affari, pur restando
sempre saldamente ancorati al presupposto dell’insolvenza132.
Oggi la materia continua a essere regolata dalla legge. Al di fuori di una
procedura di insolvenza, il mezzo concesso dall’ordinamento per sanzionare le
transazioni in frode ai creditori è quello disciplinato dalle sezioni 423-425
dell’Insolvency Act 1986, intitolato “Transactions defrauding creditors” che è
stato definito: “the modern incarnation of the Statute of fraudulent Conveyances
1571, and perhaps the closest thing in modern English law to the actio
pauliana”133 .
Si tratta di un vero e proprio rimedio giurisdizionale e per rendersene conto
è sufficiente ricordare la massima “remedies precede rights” che stigmatizza la
mentalità inglese per la quale è la cornice processuale a determinare l’esten-
sione e il contenuto dei diritti sostanziali. Questi sono una mera astrazione con-
cettuale che resterebbe una pura illusione se non fossero eseguibili (enforcea-
ble) con il concorso dell’autorità134. Al di fuori di una concreta possibilità di

131
Re Butterworth, ex p Russell (1882) 19 Ch D 588, p. 598.
132
R. STEVENS, L. SMITH, Actio pauliana, 2000, p. 195, nt. 3.
133
Ivi, p. 199. Si veda anche M. LUPOI, Trusts, 2001, pp. 197 ss. Per una comparazione tra
l’actio pauliana di cui all’art. 2036 del codice civile della Louisiana (USA) – codice di
derivazione napoleonica – ed il rimedio alle “fraudulent conveyances” previsto dallo UFCA –
legge che deriva dallo Statute of 13th Elisabeth – si vedano le ampie argomentazioni della United
States Backrupty Court for Middle District of Louisiana, In re R. Lawrence, D. Goldberg c. Mac
M. Stacy Trust 277 B.R. 251 (2002).
134
P. BIRKS, Proprietary Rights as Remedies, 1994, vol. II, p. 215, ricorda l’affermazione del
giudice Goulding in Chase Manhattan Bank v. British Israel Bank [1981] Ch. 105. Chiedendosi
“whether the equitable right of a person who pays money by mistake to trace and claim such
money under the law of New York is conferred by substantive law or is of a merely procedural
character” il giudice rispose che “save in very special circumstances, it is as idle to ask whether
the court vindicates the suitor’s substantive right or gives the suitor a procedural remedy, as to ask
whether thought is a mental or cerebral process”.
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 99

tutela giurisdizionale i diritti non hanno alcuna conformazione. Forse non è az-
zardato dire che non esistono135.
Si comprende allora come non abbia senso per il giurista anglosassone in-
dugiare sulla opponibilità dell’accordo contrattuale al creditore di uno dei con-
traenti; mentre l’attenzione va posta sui mezzi che l’ordinamento mette a sua
disposizione per paralizzarne gli effetti nocivi del contratto per l’esecuzione
forzata del suo diritto di credito.

12. Il constructive trust come rimedio costitutivo in Equity contro alienazioni in


frode al beneficiario di un trust e la sua generalizzazione a tutte le vittime di
frodi

Alcune affinità con l’actio pauliana le troviamo in alcuni provvedimenti in


Equity: il constructive trust e il resulting trust136. Si tratta di provvedimenti

135
La «priorità logica dell’azione sul diritto soggettivo, che esisterebbe solo mediante e come
riflesso della tutela» è stata proposta anche nel diritto continentale e in particolare da Binder in
Germania e da Pekelis in Italia, all’inizio del secolo XX, ma è stata abbandonata in Italia, dove si
contendono il campo la tesi dell’indissociabilità tra diritto e azione, ossia la tesi sattiana secondo
cui l’azione è «il momento soggettivo del concretarsi dell’ordinamento attraverso il giudizio» e la
tesi maggioritaria, risalente a Chiovenda, per cui l’azione è il momento sanzionatorio di un diritto
sostanziale, che esisterebbe a prescindere dalle sue forme di tutela. Si vedano, rispettivamente, S.
SATTA, Sintesi della teoria dell’azione, 1972, pp. 8 ss.; E. T. LIEBMAN, L’azione nella teoria del
processo civile, 1950, pp. 47 ss. Nonché, sotto, p. 164, nt. 37.
136
Sin dal quindicesimo o sedicesimo secolo, il resulting trust era un rimedio concesso per
contrastare atti di disposizione di beni privi di causa: «resulting trusts arose where property was
conveyed without consideration» osserva L. SMITH, Constructive trust and constructive trustees,
1999, p. 297, ricordando come l’aggettivo «constructive», che nel diritto inglese indica una fictio
iuris, sia stato impiegato nel ’600 quando non si poteva immaginare un trust che non fosse
volontario. Il principio per cui la proprietà acquisita da un trustee in violazione di un trust
continua a essere «held on trust» per il sorgere ex lege di un nuovo trust compare nel secolo
XVII, come risulta dallo Statute of Frauds del 1677: al fine di impedire un passaggio di proprietà
fraudolento si costituisce un nuovo trust «by operation of law». Il constructive trust condivide con
la pauliana anche il carattere «ibrido» essendo possibile inquadrarlo in varie figure: l’istituto si
trova infatti a cavallo tra la disciplina della proprietà e quella dell’arricchimento ingiustificato, ed
è ancora discussa la sua natura sostanziale (di diritto) o processuale (di rimedio). Su questi aspetti
si veda D. W. M. WATERS, The Nature of the Remedial Constructive Trust, 1994, pp. 165 ss.; P.
BIRKS, Proprietary Rights as Remedies, 1994, pp. 214 ss., dello stesso autore si veda anche
Mixing and Tracing, Property and Restitution, 1992, p. 69 e ss. Vedi inoltre D. WRIGHT, The
Remedial Constructive Trust, 1998; E. GBOLAHAN, Explaining Constructive Trusts, 1990; L.
SMITH, Constructive Trust and Constructive Trustees, 1999, pp. 294 ss. e dello stesso autore,
Unjust enrichment, Property and the Structure of Trusts, 2000, pp. 412 ss.
100 CAPITOLO SECONDO

giurisdizionali e in questo si caratterizzano rispetto al trust tradizionale: perché


non sono volontari, ma sono costituiti giudizialmente137 .
Lo schema più classico del constructive trust è il seguente: quando l’ac-
quisto di un bene è avvenuto per effetto di una condotta antigiuridica, l’Equity
consente di trasformare l’acquirente del bene in un mero fiduciario, di modo che
la proprietà si costituisca in capo al beneficiario fittizio, che altrimenti sarebbe
stato defraudato138.

137
«A trust comes into existence either by virtue of having been established expressly by a
person (the settlor) who was the absolute owner of property before the creation of the trust (an
express trust); or by virtue of some action of the settlor which the court interprets to have been
sufficient to create a trust but which the settlor himself did not know was a trust (an implied
trust); or by operation of law either to resolve some dispute as to ownership of property where the
creation of an express trust has failed (an automatic resulting trust) or to recognise the proprietary
rights of one who has contributed to the purchase price of property (a purchase price resulting
trust); or by operation of law to prevent the legal owner of property from seeking unconscionably
to deny the rights of those who have equitable interests in that property (a constructive trust)». G.
THOMAS, A. HUDSON, The Law of Trusts, 2004, pp. 385. Si veda anche Ch. VON BAR, U.
DROBNIG, G. ALPA The interaction of contract law and tort and property law in Europe, 2004,
pp. 374 ss.
138
Le disposizioni sul constructive trust hanno avuto una notevole evoluzione e cambiano da
ordinamento a ordinamento. In particolare, negli Stati Uniti, in Canada e, anche se in misura
minore, in Australia il constructive trust inizia a essere usato come rimedio a carattere generale,
utile ad attribuire un maggiore margine di manovra al giudice di fronte a casi di comportamenti
leciti ma ritenuti disonesti mentre la dottrina e la giurisprudenza britanniche appaiono restie a fare
di esso un rimedio generale. Negli Stati Uniti il campo di applicazione del constructive trust
coincide ormai con quello dell’arricchimento ingiustificato: secondo il Restatement of the Law
dell’American Law Institute: “quando un soggetto ha la proprietà di un bene e l’obbligo, in equity,
di trasferirlo a un altro soggetto, perché trattenendolo si arricchirebbe illecitamente, si crea un
constructive trust”. In taluni casi è addirittura divenuto problematico distinguere le fattispecie che
danno luogo all’uno o all’altro rimedio, come ricorda D. W. M. WATERS, The Nature of the
remedial Constructive Trust, 1994, pp. 165 ss. al quale si rinvia anche per un’analisi com-
paratistica della disciplina del constructive trust nei paesi del Commonwealth . L’autore, a p. 168,
cita la decisione Sorochan v. Sorochan (1986) 2 S.C.R. 38, 29 D.L.R. (4th) per affermare: “The
constructive trust constitutes one important judicial means of remedying unjust enrichment. Other
remedies, such as monetary damages, may also be available to rectify situations of unjust
enrichment. We must, therefore, ask when and under what circumstances it is appropriate for a
court to impose a constructive trust”. Anche in Canada il constructive trust ha assunto il ruolo di
rimedio generale ma è ritenuto pur sempre residuale. Esso è concepito da una parte della dottrina
e della giurisprudenza come un mezzo di conciliazione di interessi contrastanti tra le parti. P.
BIRKS, Proprietary Rights as Remedies, 1992, pp. 218 s., commentando il caso Rawluk v. Rawluk
(1990) 65 D.L.R. (4th) 161, 185 (MacLachlin, J.) spiega: “The significance of the remedial nature
of the constructive trust is not that it cannot confer a property interest but that conferring of such
an interest is discretionary and dependent on the inadequacy of other remedies for the unjust
enrichment in question”. L’autore, ivi, p. 233, critica l’“abuso” dell’istituto e si spinge a
suggerirne la cancellazione per eliminare la minaccia che rappresenta per il concetto di proprietà:
“The sanctity of property and its immunity to discretionary ‘adjustement’ are deeply rooted in
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 101

Il constructive trust è insomma una fictio iuris attraverso la quale un pas-


saggio di proprietà, nonostante il rispetto delle forme di legge, non si produce o
meglio è revocato ad opera del giudice139.
Come negli altri tipi di trust, il meccanismo si basa sulla distinzione tra le-
gal e equitable ownership140. In alcune sentenze americane si riconosce che il
creditore può avere un equitable lien sui beni del debitore, che gli attribuisce un
diritto di seguito141. Questa concezione provoca nella mente del giurista conti-
nentale un’associazione con la garanzia patrimoniale del credito se non con il
c.d. pegno pretorio fittizio, nella concezione reale dell’azione revocatoria, già
illustrata da Samuele Cocceio.
Gli schemi del rimedio reale e di quello personale sono entrambi idonei a
spiegare il funzionamento della pauliana: con il primo si crea un vincolo sul
bene a favore del creditore defraudato, con il secondo si consente di chiamare in
giudizio un terzo chiedendogli di dare conto dei suoi rapporti con il debitore.
L’equivalenza funzionale del rimedio reale e di quello personale è attestata
dalla fungibilità delle due ricostruzioni teoriche: se, da un parte la Corte di cas-
sazione francese ha iniziato ad utilizzare lo schema dell’action paulienne per
tutelare diritti reali di garanzia, dall’altra la Corte di giustizia della comunità
europea ha sancito che: «l’azione volta a far constatare che una persona detiene
un bene immobile in qualità di trustee e ad ottenere che le sia ingiunto di com-
piere gli atti necessari affinché l’attore diventi titolare della legal ownership [i.e.

legal thought. This is dictated by respect for the individual and individual preferences and by the
fear of prejudicing third parties […] The notion of remedial constructive trust ought therefore to
be expelled from the law”.
139
P. BIRKS, Proprietary Rights as Remedies, 1992, p. 299 evidenzia, criticamente, che la
giurisprudenza ha assimilato al rimedio reale della costituzione giudiziale di un constructive trust
anche rimedi a carattere personale in cui il convenuto è definito, fittiziamente, constructive
trustee. Questi rimedi, in occasione dei quali non si produce nessuna costituzione di trust, servono
per superare la regola che vuole che il beneficiario di un trust non possa chiamare in causa
nessun’altro che il proprio trustee. In tal modo, quando la violazione delle regole del trust è stata
compiuta dal trustee con la complicità di un terzo, il beneficiario può chiedere un risarcimento del
danno direttamente al terzo, che risponde as a constructive trustee: nel senso che può essere
convenuto sebbene non sia il trustee, quando la sua complicità o la semplice conoscenza della
frode sono provate.
140
La distinzione tra proprietà per legge e proprietà per effetto dell’Equity è quasi
incomprensibile per il giurista continentale e anche la dottrina inglese riconosce che la nozione di
Equitable Property è suscettibile di manipolazioni, come attesta G. VIRGO, recensione a D.
WRIGHT, The Remedial Constructive Trust, 1999, p. 646. In tema si veda F. W. MAITLAND,
L’equità, (1909) 1979; J. STORY, Commentaries on Equity Jurisprudence, 2006 (1884), pp. 234
ss.
141
Jackson v. Tallmadge, 246 N. Y. 133, 158 N.E. 48 (1927): “The question is between the
trustee and a creditor, a stranger to the trust, who insists that the title to the fund is subject to his
lien”.
102 CAPITOLO SECONDO

l’azione volta a costituire un resulting trust] non è un’azione reale ai sensi


dell’art. 16, punto 1, della Convenzione»142.

13. I due archetipi di azione revocatoria e le scelte politico-economiche che


influenzano la disciplina delle azioni codificate dagli ordinamenti positivi

Le norme che disciplinano, negli ordinamenti nazionali, l’actio pauliana, i


rimedi contro le fraudulent conveyances e il constructive trust, consentono due
diverse ricostruzioni dello stesso fenomeno giuridico: la prima, incentrata sulla
frode, evidenzia gli aspetti punitivi e sanzionatori dell’azione e per questo ne ha
consentito l’inquadramento nell’ambito dell’illecito civile, come fosse un’ipo-
tesi particolare di responsabilità ex delicto cui attribuire specifiche conseguenze;
la seconda, incentrata sull’insolvenza del debitore, dà rilievo agli aspetti recupe-
ratori e restitutori, e consente di fondare questi rimedi su una prevalenza, sanci-
ta dalla legge, della protezione dei creditori rispetto alla libertà di disporre dei
propri beni da parte del debitore e rispetto alla certezza dei trasferimenti di ric-
chezza. Queste due concezioni non corrispondono, tuttavia, a due tipi di azione
revocatoria e non ne influenzano la disciplina positiva (se non per quanto attie-
ne ai presupposti soggettivi e ai tentativi di adattamento della teoria del-
l’illecito)143. Per essere più chiari, ai due fondamenti giuridici proposti per
l’azione revocatoria ordinaria non corrispondono due diverse regolamentazioni
sostanziali. Essi possono essere visti come due spiegazioni teoriche soddisfa-
centi per il medesimo fenomeno giuridico: due spiegazioni che, peraltro, non si
contraddicono a vicenda ma sono perfettamente compatibili, solo che l’una
guarda il fenomeno in una prospettiva etica, assiologica; l’altra lo analizza at-
traverso la lente dell’economia144. Questa diversa prospettiva d’analisi, si dice-

142
Si vedano, rispettivamente: Cassation 6 ottobre 2004, Mme Rakoto-Ratsimamanga e le
note di G. KESSLER, Action paulienne et droits réels, 2004, p. 3098; R. LIBCHABER, L’expansion
de l’action paulienne, 2005, pp. 612 ss. e Corte di giustizia CE, 17 maggio 1994, Webb c. Webb,
su cui v. G. CONTALDI, La Convenzione di Bruxelles e il trust, 1996, pp. 1531 ss.
143
Sotto, p. 106.
144
Sulla compatibilità tra analisi economica e “analisi etica” del diritto si veda quanto
affermato da uno dei capostipiti del metodo americano definito “Law and Economics”, G.
CALABRESI, An exchange about Law and Economics: 1980, pp. 553 ss.: “le critiche all’analisi
economica del diritto colgono nel segno quando affermano che, senza una base in valori
distributivi, la massimizzazione del benessere è un concetto privo di significato” ossia “evitare lo
spreco è parte di una comune nozione di giustizia, anche se lo “spreco” in ogni società data, può
essere definito soltanto sulla base di quei più profondi valori che sanciscono l’attribuzione di
diritti”. Dello stesso autore si veda, a questo proposito, First Party, Third Party, and Product
Liability Systems, 1984, pp. 833 ss. In Italia, l’opera antesignana dell’analisi economica del diritto
è il testo di P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, 1961, pp. 9 ss., che rilevava: “la
responsabilità oggettiva ha anche e soprattutto la funzione di attribuire all’impresa la
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 103

va, non spiega le divergenze di regolamentazione delle azioni revocatorie tipiz-


zate dagli ordinamenti positivi: le regole che consentono al creditore di soddi-
sfarsi su elementi fuoriusciti dal patrimonio del debitore variano, da ordinamen-
to a ordinamento, in funzione di altre circostanze.
Essenzialmente queste circostanze riguardano l’ampiezza della tutela che
ogni ordinamento decide di accordare agli investimenti (cioè ai creditori), ri-
spetto ai valori antagonisti della libertà di iniziativa economica e della certezza
dei trasferimenti di ricchezza. Ogni norma giuridica diretta a regolare i presup-
posti e gli effetti dell’azione revocatoria (o i presupposti e gli effetti delle regole
sulle fraudulent conveyances) è influenzata da una scelta di politica legislativa
che va nel senso di privilegiare il primo di questi valori a scapito degli altri o
viceversa.

14. L’ampiezza della tutela del credito

Alcuni paesi, come l’Italia e gli Stati Uniti concedono l’azione a creditori,
anche se “soggetti a termine o a condizione” (art. 2901 c.c.) ovvero a chiunque
vanti: “il diritto a un pagamento, sia esso accertato giudizialmente, liquido, illi-
quido, determinato, indeterminato, esigibile, inesigibile, contestato o non conte-
stato, derivante dalla legge, dall’Equity, garantito o non garantito (art. 1.3 dello
Uniform Fraudulent Transfers Act, d’ora in poi UFTA)145. Anche nell’or-
dinamento francese si riconosce la legittimazione ad agire al creditore in pre-
senza di un credito certo “come principio di credito”, sebbene non ancora liqui-
do o esigibile e si ammette la revocabilità di atti anteriori all’esistenza del credi-
to in presenza di “dolosa preordinazione146”. È stato anzi osservato che la giuri-
sprudenza francese ha deliberatamente manipolato l’art. 1167 Code civil per

sopportazione del rischio ad essa pertinente, quale parte dei suoi costi, in modo da determinare la
sopravvivenza delle sole imprese e dei soli metodi di produzione socialmente attivi […] In ogni
caso l’entità del rischio va confrontata con l’utilità sociale della condotta alla quale esso inerisce,
tenuto conto del costo di rimozione di esso: quanto più grandi sono l’utilità sociale e il costo di
rimozione, tanto più grande è il rischio giustificato”. In tema di analisi economica del diritto si
veda la voce di A. ARCURI, R. PARDOLESI, Analisi economica del diritto, 2002, pp. 7 ss.
145
UFTA 1.3: «right to payment, whether or not the right is reduced to judgment, liquidated,
unliquidated, fixed, contingent, matured, unmatured, disputed, undisputed, legal, equitable,
secured, or unsecured».
146
L’antica regola che sanciva l’irrevocabilità degli atti di disposizione perfezionatisi prima
del sorgere del credito contempla ora diverse eccezioni e, segnatamente, quella della dolosa
preordinazione come ricorda J. GHESTIN, nota a Cassation, 17 ottobre 1979: “Si, en principe,
l’acte critiqué doit être postérieur à la naissance de la créance, il n’en est plus ainsi lorsqu’il est
démontré que la fraude a été organisée à l’avance en vue de porter préjudice à un créancier
futur”.
104 CAPITOLO SECONDO

rafforzare la tutela del credito147, così venendo incontro alle esigenze economi-
che della borghesia commerciale (ossia dopo il declino della borghesia fondia-
ria, alla quale era originariamente dedicato il codice napoleonico).
Rispetto ai loro antenati romani le azioni pauliane di questi paesi si sono
progressivamente emancipate dal processo esecutivo, dov’erano nate come
mezzi per allargare il patrimonio soggetto all’esecuzione, per anticipare la tutela
del credito fino al punto di consentire al creditore un controllo sulla gestione
dell’investimento da parte del debitore.
Diversamente dall’Italia, dalla Francia e dagli Stati Uniti, vi sono paesi in
cui l’actio pauliana non ha avuto questa evoluzione e resta tendenzialmente
ancorata al processo esecutivo. In questa chiave deve leggersi il presupposto
dell’azione che richiede al creditore la dimostrazione non solo della certezza,
liquidità ed esigibilità del suo credito ma anche dell’incapienza del patrimonio
del debitore negli ordinamenti tedesco e spagnolo (art. 1.111 Codigo civil, art.
12 AnfG). L’ordinamento spagnolo sancisce espressamente la “sussidiarietà”
del rimedio revocatorio, cui si deve ricorrere solo se non è dato trovare, nel pa-
trimonio del debitore, altri beni da sottoporre a esecuzione forzata148. Anche la
legge tedesca che ha riformato l’azione revocatoria, entrata in vigore nel 1999,
stabilisce che, per essere legittimato ad esperire la Gläubigeranfechtung, il cre-
ditore deve dimostrare l’impossibilità di soddisfare altrimenti il proprio credi-
to149. Gli si chiede di produrre un titolo esecutivo, o un titolo equivalente (ad

147
A. MAFFEI ALBERTI, Il danno nella revocatoria, 1970, pp. 7 ss.
148
[art. 1.111, Código civil] Los acreedores después de haber perseguido los bienes de que
esté en posesiòn el deudor para realizar cuanto se les debe, pueden ejercitar todos los derechos y
acciones de éste con el mismo fin, exceptuando los que sean inherentes a su persona; pueden
tambien impugnar los actos que el deudor haya realizado en fraude de su derecho. [art. 1.291,
Código civil] Son rescindibles … los [contratos] celebrados en fraude de acreedores, cuando éstos
no puedan de otro modo cobrar lo que se les deba. F. RIVERO, España: La acción paulian, 2000,
p. 50, evidenzia come la dottrina spagnola contemporanea denunci da tempo le difficoltà insite
nel concetto di sussidiarietà, così come inteso dalla giurisprudenza più recente. Si veda anche
l’analisi storica e di diritto comparato ispano-tedesco di R. MÖHLENBROCK, Die
Gläubigeranfechtung im deutschen und spanischen Recht, 1996.
149
Gesetz über die Anfechtung von Rechtshandlungen eines Schuldners außerhalb des
Insolvenzfahrens del 5.10.1994, Bundesgesetzblatt, I, S.2911. Per un commento si veda W.
MAROTZKE, Insolvenzrecht und Anfechtungsrecht, 1989, pp. 139 ss. La legge è stata promulgata
insieme alla Insolvenzordnung, che disciplina l’azione dei creditori dopo la dichiarazione di
fallimento [Bundesgesetzblatt, I, S.2866]. A differenza del sistema italiano, l’apertura o meno di
una procedura concorsuale determina l’esperibilità dell’azione ordinaria oppure di quella
fallimentare. Inoltre, la riforma distingue l’azione revocatoria di atti a titolo oneroso
(Vorsatzanfecthung, § 3 AnfG) dall’impugnazione di atti a titolo gratuito (Anfechtung
unentgeltlicher Leistungen, § 4 AnfG), ma la disciplina è diversa solo per quanto attiene ai
presupposti soggettivi. La disciplina tedesca ante riforma era stata dettata, dopo l’unificazione
dell’impero germanico, con due leggi successive: il Gesetzgebung zur Konkursordnung (KO) del
10.2.1877, Reichsgesetzblatt, S.351 e l’Anfechtungsgesetz (AnfG) del 21.7.1879,
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 105

esempio un protesto cambiario), che lasci pochi dubbi sulla possibilità concreta
di un soddisfacimento del suo credito con la collaborazione del debitore150 . La
concezione dell’azione revocatoria come extrema ratio è indice della riluttanza
di questi ordinamenti a mettere in pericolo il valore della libertà di iniziativa
economica (quella del debitore) e il valore della definitività degli atti di disposi-
zione validi ed efficaci (certezza dei trasferimenti di ricchezza, o, se si vuole,
certezza del diritto).

15. L’ampiezza della nozione di pregiudizio

Le scelte di politica legislativa antagoniste, appena illustrate, si riscontrano


anche nell’analisi delle norme positive che regolano l’altro presupposto della
revoca degli atti in fraudem: il pregiudizio.
È paradigmatica, ancora una volta, la contrapposizione tra disciplina del-
l’azione revocatoria di diritto italiano o francese e la disciplina sancita della
legge tedesca.
La giurisprudenza italiana ravvisa l’esistenza del pregiudizio di cui all’art.
2901 c.c. in qualsiasi diminuzione del patrimonio, e qualifica pregiudizievoli le
forme anormali di pagamento (datio in solutum), la novazione di precedenti ob-
bligazioni e persino i pagamenti normali se eseguiti prima del termine di adem-
pimento. Del pari, la giurisprudenza francese ha accolto una nozione ampia di
pregiudizio, ritenendo potenzialmente pregiudizievoli anche la delegazione di
pagamento, la cessione di credito e tutti gli atti attraverso i quali il debitore au-
menta le proprie passività, quali la rimessione di un debito e i conferimenti in
società.
La maggiore difficoltà di espropriazione è considerata un pregiudizio e de-
termina la revocabilità degli atti di disposizione di beni: si argomenta che la

Reichsgesetzblatt, S.277, su cui si veda K. COSACK, Das Anfechtungsrecht der Gläubiger, 1884.
Sull’evoluzione storica dell’azione si veda, oltre a quanto sinteticamente indicato da N.
HOFFMAN, Die Actio Pauliana, 2000, pp. 153 ss., W. GERHARDT, Die systematische Einordnung
der Gläubigeranfechtung, 1969 e, in italiano, un’ampia esposizione della Gläubigeranfechtung
precedente alla riforma è offerta da E. LUCCHINI GUASTALLA, Danno e frode, 1995, pp. 343 ss.,
cui si rinvia anche per i copiosi riferimenti giurisprudenziali e bibliografici.
150
Per soddisfare il requisito dell’insolvenza non è necessaria la dimostrazione di
un’impossibilità materiale di adempimento del debitore. Si ritiene sufficiente una comunicazione
relativa all’impossibilità di procedere ad esecuzione forzata, notificata al creditore da parte
dell’organo competente. La prova può essere data anche per presunzioni quali l’inutile
esperimento di procedure esecutive da parte di altri creditori, dichiarazioni rese dal debitore o da
altri ecc. Cfr. N. HOFFMAN, Die Actio Pauliana, 2000, p. 159.
106 CAPITOLO SECONDO

conversione di un bene immobile in denaro liquido comporta una maggiore fa-


cilità di occultamento delle proprie ricchezze151.
La giurisprudenza tedesca valuta però con maggior rigore la sussistenza del
pregiudizio, ed esige la dimostrazione di un danno consistente nell’aver real-
mente compromesso le possibilità satisfattive del creditore o reso obiettivamen-
te più difficile l’esecuzione forzata, attraverso il compimento dell’atto in frau-
dem. Il pregiudizio è valutato mediante il ricorso ad un giudizio di prognosi po-
stuma, com’è usuale nella disciplina tedesca dell’illecito152. Si esclude la ricor-
renza di un objektive Benachteiligung quando il debitore abbia ricevuto una
controprestazione pienamente equivalente e, com’è ovvio, in ogni ipotesi in cui
il bene alienato non era comunque assoggettabile ad esecuzione forzata.

16. Le condizioni soggettive: l’animus del debitore e quello del suo avente cau-
sa

L’inquadramento dell’actio pauliana nell’illecito rendeva indispensabile


un’indagine psicologica accurata del debitore e del suo avente causa, per la veri-
fica del consilium fraudis. Seguendo una tendenza generale, derivante dal pro-
gressivo abbandono delle idee giusnaturalistiche cristiane, questa prospettiva
etica di ricerca della colpa per dare corso alla punizione, è stata progressiva-
mente abbandonata a favore di un’analisi economica del fondamento della re-
voca degli atti fraudolenti153. Questa diversa prospettiva spiega l’oggettivazione

151
M. BIANCA, La responsabilità, 1994, pp. 439 ss., rileva come il pregiudizio sussista per il
solo fatto che “un bene autonomamente identificabile come oggetto di esecuzione sia convertito
in denaro o in altri beni non attualmente identificabili nel patrimonio del debitore”. Nell’ordi-
namento francese la giurisprudenza ha notevolmente mitigato l’onere della prova dell’insolvenza,
ritenendola raggiunta, ad esempio, nel caso in cui il debitore abbia compromesso l’efficacia di
una particolare garanzia vantata dal creditore procedente. Questa ratio decidendi favorisce
nell’esercizio dell’action paulienne i creditori privilegiati rispetto ai creditori chirografari. Si veda
sempre J-P. CHAZAL, L’action paulienne, 2000, p. 188.
152
Attraverso un procedimento di eliminazione mentale dell’atto fraudolento, si verificano le
probabilità di esistenza della situazione pregiudizievole. Cfr. N. HOFFMAN, Die Actio Pauliana,
2000, p. 160.
153
E. LUCCHINI GUASTALLA, Danno e frode, 1995, pp. 37 ss., 262 ss., 374 ss. ritiene che il
disvalore connesso alla frode e la valutazione della buona o mala fede del debitore (e del terzo
negli atti di disposizione a titolo oneroso) sia a tutt’oggi la regola fondamentale in tema di
revocatoria. A sostegno di questa tesi, che si scontra con i dati relativi all’oggettivazione
dell’elemento psicologico (su cui si veda la nt. seguente), l’autore indica la presenza di un c.d.
crittotipo, cioè di una regola applicata dalla giurisprudenza in modo occulto (in quanto non
presente nelle argomentazioni in cui si estrinseca la ratio decidendi) che subordina la revocabilità
di un atto all’esistenza di una vera e propria frode. Ciò, oltre a porsi nel solco della tradizione, ri-
specchierebbe il carattere del tutto eccezionale dell’ingerenza che l’ordinamento può consentire al
creditore, nella gestione del patrimonio del debitore. La tesi dei criptotipi ha avuto notevole
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 107

delle condizioni soggettive attraverso il ricorso a presunzioni per la loro valuta-


zione.
I presupposti soggettivi dell’azione revocatoria, nel diritto continentale,
consistono nella scientia damni e nel consilium fraudis: la consapevolezza del
debitore di recare pregiudizio alle ragioni del creditore è sufficiente per la revo-
ca degli atti di liberalità; mentre, per gli atti a titolo oneroso, il creditore dovrà
dimostrare che il terzo, l’avente causa del debitore, era a conoscenza del caratte-
re pregiudizievole dell’atto per le proprie ragioni. Ancora più qualificate sono le
condizioni soggettive per i casi di anteriorità al credito dell’atto revocando: chi
agisce in revocatoria dovrà dimostrare la preordinazione dolosa dell’atto da par-
te del debitore, se si tratta di un atto a titolo gratuito; o da parte di entrambi i
partecipanti all’atto, se si tratta di un atto a titolo oneroso. La giurisprudenza
italiana contemporanea tende ad equiparare, per l’accertamento dei requisiti
soggettivi, mala fede e colpa grave, introducendo così, di fatto, delle presunzio-
ni di conoscenza in presenza di circostanze oggettivamente valutabili154. La
Cassazione ritiene infatti che “l’elemento soggettivo [sia] integrato dalla sem-
plice conoscenza, cui va equiparata la agevole conoscibilità” 155. Del pari,
nell’ordinamento francese, il requisito della fraus ha perso l’originaria connota-
zione dolosa attraverso l’opera interpretativa della giurisprudenza, che lo ritiene
integrato dalla semplice consapevolezza di arrecare danno al creditore. Sul pia-
no probatorio, poi, la giurisprudenza francese ricorre a presunzioni, quali, ad
esempio, la data dell’atto e l’equilibrio del sinallagma contrattuale, prescinden-
do da qualsivoglia indagine psicologica156.

diffusione grazie agli scritti di Rodolfo Sacco, ed è ora riconosciuta internazionalmente. I


“criptotipi” sono regole di origine legislativa, dottrinaria o giurisprudenziale rimaste inespresse,
che esistono a prescindere da una loro verbalizzazione come chiarisce M. DOTTI, Il von Hayek di
Sacco, 1997. Si veda G. R. CARDONA, Crittotipo o categoria latente, 1988, p. 93.
154
Sul processo di oggettivizzazione nella revocatoria v. G. RAGUSA MAGGIORE, Contributo
alla teoria unitaria, 1960; A. MAFFEI ALBERTI, Il danno nella revocatoria, 1970, spec. p. 111 e, in
una prospettiva comparatistica, A. VAQUER, Traces of Paulian Action in Community Law, 2007,
spec. p. 433. Sul processo di oggettivizzazione dell’azione revocatoria prevista dall’art. 2036 del
codice civile della Louisiana (USA) si è soffermato il giudice americano nel caso In re Lawrence
D. Goldberg, debtor; Dwayne M. Murray, Trustee c. Mac M. Stacy Trust, 1 maggio 2002, 277
BR. 251.
155
Cass. 1 giugno 2000 n. 7262, Billi c. Soc. Golden Sea.
156
J-P. CHAZAL, L’action paulienne, 2000, pp. 188 ss. A. HARMAND-LUQUE, Recherches sur
l’action paulienne, 1995, p. 510, denuncia la “dilution de la condition de fraude, noyée par le
nombre de conditions périphériques qui n’en sont pourtant que le symptôme”. Come ricordato
sopra, nt. 152, secondo E. LUCCHINI GUASTALLA, Danno e frode, 1995, pp. 337 ss., nonostante il
disorientamento per l’interprete creato dalle decisioni francesi che hanno ritenuto sufficiente ad
integrare il presupposto soggettivo la “simple connaissance du préjudice causé aux créanciers
[…], la frode continua ad essere un presupposto essenziale dell’istituto (almeno per quanto attiene
alla revoca degli atti conclusi a condizioni non pregiudizievoli per il debitore”, anche nell’ordi-
namento francese.
108 CAPITOLO SECONDO

Una evoluzione simile si è avuta nell’ordinamento tedesco: gli atti revocabi-


li sono quelli compiuti dal debitore con l’intenzione, nota alla controparte, di
pregiudicare le ragioni creditorie. L’intenzione ha perso la sua originaria conno-
tazione dolosa, risolvendosi nella consapevolezza di compromettere le ragioni
creditorie. Pertanto, la piena convinzione di poter disporre di mezzi sufficienti
per far fronte alle obbligazioni assunte esclude la ricorrenza del presupposto
soggettivo. Ciò rende opponibili ai creditori gli atti di disposizione attuati per
dar corso a speculazioni economiche o finanziarie. La riforma, però, rende più
agevole la prova del consilium fraudis, introducendo diverse presunzioni iuris
tantum. Ad esempio, nel caso di atti conclusi tra congiunti nei due anni antece-
denti all’instaurazione del giudizio, si prevede un’inversione dell’onere della
prova. Si può agire anche contro i successori a titolo universale del terzo, senza
necessità di provare una loro conoscenza della fraus. In simili ipotesi si richiede
al terzo una probatio diabolica avente ad oggetto l’insussistenza, nella mente
del debitore, dell’intenzione di nuocere alle ragioni creditorie o la propria igno-
ranza di tale animus nocendi (art. 15 AnfG). Presunzioni simili erano presenti
anche nella precedente disciplina. Nel caso di impugnazione di atti a titolo gra-
tuito, invece, la presunzione di conoscenza è iuris et de iure, pertanto si pre-
scinde da ogni requisito soggettivo157.
Anche negli ordinamenti inglese e americano l’indagine psicologica è resa
superflua dalla previsione legislativa di una serie di presunzioni (badges of
fraud) ma sono revocabili le sole transazioni sospette come le transactions at an
undervalue.
Solamente nell’ordinamento spagnolo l’azione revocatoria appare ancora
fortemente connotata dalla fraus. La rigidità con cui la giurisprudenza spagnola
interpreta i requisiti soggettivi dell’azione revocatoria, ha portato la dottrina a
denunciare la crisi dell’istituto, divenuto ormai di rara applicazione pratica158.
Bisogna però precisare che una giurisprudenza, ancora minoritaria, ritiene suffi-
ciente prova dell’intento malizioso delle parti la semplice conoscenza del pre-
giudizio ai creditori159 .

157
La soluzione è coerente con i principi generali di diritto tedesco, espressi, tra l’altro nella
disciplina dell’arricchimento senza causa, per cui, nel conflitto tra l’acquirente a titolo gratuito e il
creditore insoddisfatto, si dà preferenza al secondo: nemo liberalis nisi liberatus. Cfr. N.
HOFFMAN, Die Actio Pauliana, 2000, p. 160. La disciplina dell’arricchimento senza causa riveste
un ruolo essenziale in un sistema, come quello tedesco, in cui il trasferimento della proprietà non
è travolto dalla eventuale invalidità del contratto di compravendita. Pertanto, l’alienante non ha a
disposizione rimedi di carattere reale contro l’acquirente, ma soltanto un’azione di arricchimento
ingiustificato. Cfr. A. DI MAJO La tutela civile dei diritti, 2003, p. 254. In generale, si veda P.
GALLO, I rimedi restitutori in diritto comparato, 1997.
158
D. MARTINELLI, Il ruolo dell’elemento soggettivo, 2000, p. 209.
159
Cfr. A. C. MONTES, La vía pauliana 1997, p. 153; F. RIVERO, España: la acción pauliana,
2000, p. 69: “La crítica doctrinal y la propia autocrítica del Tribunal Supremo, más una
consideración de las exigencias prácticas y del tráfico jurídico y económico, ha llevado en los
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 109

17. Gli atti revocabili

Nell’ordinamento italiano tutti gli atti in grado di incidere sulla solvibilità


del debitore o di rendere più complessa l’esecuzione forzata sono revocabili. Si
escludono, in analogia con la disciplina dell’azione surrogatoria, gli atti pregiu-
dizievoli a carattere personale: come nell’ordinamento francese la protezione
della sfera morale e familiare, di cui è espressione il divieto di esercitare in via
surrogatoria diritti o azioni “exclusivement attachés à la personne”, rappresenta
un limite generale valido per ogni azione del creditore. Tuttavia, al di là
dell’esempio di scuola della irrevocabilità del riconoscimento di figlio naturale,
ad iniziativa del creditore, non sembra che il limite della “natura personale”
dell’atto revocando abbia una grande applicazione: la giurisprudenza italiana
riconosce pacificamente la revocabilità della costituzione di un fondo patrimo-
niale per i bisogni della famiglia160 , mentre quella francese ha stabilito la revo-
cabilità della divisione dell’eredità e della comunione tra coniugi, attraverso una
disciplina speciale introdotta dalla legge n. 65-570 del 13 aprile 1965, che ha
aggiunto un secondo comma all’art. 1167 Code civ. La tutela revocatoria in
Francia sta assumendo un’importanza sempre maggiore per il suo utilizzo, con
l’avallo della giurisprudenza, non solo per la protezione del credito chirografa-
rio ma anche a vantaggio dei creditori assistiti da garanzie reali161.
In Germania sono revocabili anche gli atti omissivi del debitore, ma solo se
comportano una diminuzione del patrimonio, come la mancata messa in mora di
un debitore. Si escludono però espressamente i mancati guadagni, come quelli
derivanti dalla mancata accettazione di un’offerta contrattuale. La revoca di
comportamenti omissivi conduce allo stesso risultato pratico dell’azione surro-
gatoria, un istituto ignoto al BGB ma la cui funzione sociale è assicurata
dall’azione revocatoria.
La giurisprudenza francese e italiana ammettono la possibilità di agire nei
confronti di subacquirenti, purché se ne dimostri la complicità nella frode. In
questo caso, in Italia valgono le regole previste dalla trascrizione (artt. 2652 n. 5
e 2690) per i beni immobili e per i beni mobili registrati; pertanto il creditore
dovrà provare la mala fede del subacquirente a titolo oneroso che abbia trascrit-
to il proprio acquisto prima della trascrizione della domanda di revoca. La mala

últimos años a una progresiva objetivación de nuestra institución, a partir de la idea que la
ineficacia del acto impugnado frente a los acreedores no resulta tanto del designio fraudulento del
deudor como del carácter perjudicial de la enajenación. El centro de gravedad se ha trasladado,
así, del fraude al perjuicio” .
160
In materia di revocatoria del fondo patrimoniale esiste una copiosa giurisprudenza che ha
spinto la dottrina a dubitare dell’opportunità di mantenere in vita l’istituto di cui all’art. 167 c.c.
Si veda ad esempio Tribunale di Nocera Inferiore, 14 marzo 1996, Banca Nazionale del Lavoro c.
Ibello e Gaudino, e la nota di L. SOLAINI, L’azione revocatoria ordinaria, 1997, pp. 294 ss.
161
Si veda R. LIBCHABER, L’extension de l‘action paulienne, 2005, pp. 612 ss.
110 CAPITOLO SECONDO

fede è in re ipsa quando il subacquirente è a titolo gratuito oppure ha trascritto il


proprio acquisto (a titolo oneroso) dopo la domanda di revoca.

18. Gli effetti della sentenza di revoca riguardo all’atto revocato, riguardo al
bene oggetto dell’atto revocato e riguardo al subacquirente

In diritto italiano, gli effetti dell’accoglimento della domanda sono specifi-


cati dall’art. 2902 c.c. Si tratta di effetti di ordine sostanziale e processuale. Da
un punto di vista sostanziale viene definita la condizione giuridica del bene, la
cui destinazione economica è mutata con l’accogliemento della domanda162. Da
un punto di vista processuale, crea il presupposto per l’azione esecutiva contro
il terzo: è un elemento della complessa struttura dell’azione esecutiva contro il
terzo proprietario disegnata dal capo VI del titolo II, libro III c.p.c. (artt. 602 e
ss. c.p.c.)163.
Con qualche eccezione, nell’analisi degli effetti della pronuncia la dottrina
si limita all’esame del regime giuridico dell’atto revocato. L’atto revocato è per-
fettamente valido ed efficace rispetto alle parti e ai loro creditori, soltanto non è
opponibile, (inefficace), rispetto al creditore revocante. Quest’ultimo soltanto,
tra i creditori del debitore, potrà procedere ad esecuzione forzata sul cespite
“conservato” nel patrimonio del debitore. Per questo motivo si è soliti attribuire
alla sentenza di revoca un’efficacia doppiamente relativa: infatti essa colpisce
l’atto a esclusivo beneficio del creditore procedente (è inefficace relativamente
al creditore) e paralizza solo alcuni degli effetti dell’atto (è inefficace relativa-
mente alla sottrazione del bene al procedimento esecutivo futuro ed eventuale).
Anche la dottrina e la giurisprudenza francesi, come quelle italiane, mostra-
no un interesse prevalente quanto al problema degli effetti della sentenza
sull’atto revocato, perciò disattendono la concezione umanista della revocatoria,
inaugurata da Jacques Cujas, che vedeva nella pronuncia di revoca un vincolo a
carattere reale ed era naturalmente portata a misurarne gli effetti sul bene ogget-
to dell’atto revocato. Quanto all’atto, la dottrina francese non è unanime nel-
l’interpretazione degli effetti della sentenza di revoca, oscillando tra la tesi della
nullità dell’atto revocato e quella dell’inefficacia, mentre la giurisprudenza
sembra propendere per quest’ultima tesi. Essa è del resto la sola in grado di

162
D. MALTESE, Azione revocatoria fallimentare e sequestro giudiziario, 2003, I, col. 973.
163
L’azione di cui agli artt. 602 ss. c.p.c. sorge dalla sentenza di revoca e si svolge in tre fasi:
una prima fase in cui il precetto e il titolo esecutivo sono notificati al debitore e al terzo; la fase
del pignoramento attraverso l’ingiunzione al terzo dell’ufficiale giudiziario; la materiale
apprensione del bene di proprietà del terzo. Come rileva D. MALTESE, loc. cit., gli effetti del-
l’azione revocatoria ordinaria sono identici a quelli dell’azione revocatoria fallimentare nel
processo esecutivo. Per questi aspetti cfr. A. MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla l. fall.,
2000, p. 246; M. FABIANI, Revocatoria fallimentare, 1996, pp. 105 ss.
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 111

spiegare la perfetta validità inter partes e erga omnes dell’atto revocato, assie-
me alla possibilità del creditore di soddisfarsi sul bene, oggetto dell’atto stes-
so164. La Corte di giustizia dell’Unione europea, quando si è confrontata con la
pauliana di diritto francese e, in particolare, con l’effetto della sentenza di revo-
ca, ne ha affermato la natura doppiamente relativa: “Da un lato, l’alienazione
del bene a vantaggio del terzo acquirente persiste in ordine a tutto quanto non
sia necessario al soddisfacimento del creditore. Dall’altro, l’azione pauliana si
configura come un’azione personale ad unico vantaggio del creditore che l’ha
esperita, in quanto egli è il solo a poter pignorare il bene ritornato nella sfera
patrimoniale del debitore”165.
L’inopponibilità al creditore revocante è l’effetto tipico della revocatoria
anche in Spagna e per questo la dottrina qualifica l’azione come “rescissoria”
per differenziarla dall’azione di simulazione, che ha come effetto la nullità di
pieno diritto dell’atto. Non è sempre facile cogliere la differenza tra atto revo-
cabile e atto simulato e spesso il creditore può scegliere di utilizzare indifferen-
temente il rimedio revocatorio e quello offerto dalla simulazione166.
La questione si pone in termini diversi in Germania dove non sono in que-
stione gli effetti dell’atto e la pronuncia del giudice non è costitutiva di effetti
sostanziali ma è una sentenza di condanna del terzo a fare o tollerare qualcosa a
vantaggio del creditore (art. 11 AnfG). In particolare, ai sensi dell’art. 10 e ss.
AnfG, l’azione revocatoria comporta la sottoposizione del bene acquistato dal
terzo ad esecuzione forzata, entro i limiti del valore corrispondente al debito
non adempiuto dal debitore. L’effetto tipico dell’azione è quello di provocare la
soddisfazione del creditore, attraverso un’esecuzione forzata. Nel caso, in cui,
invece, risulti impossibile aggredire il bene fraudolentemente trasferito, il credi-
tore potrà esperire, nei confronti del terzo, i rimedi tipici dell’arricchimento
senza causa. Infatti, in Germania, stante l’irrevocabilità degli atti per il cui per-
fezionamento interviene un’autorità pubblica, come la trascrizione nei registri
fondiari, la revoca dell’atto successivamente trascritto non rappresenterebbe un
rimedio efficace perché non consentirebbe la sottoposizione a esecuzione forza-
ta del bene, oggetto dell’atto trascritto. L’azione ha però l’effetto di legittimare
passivamente l’avente causa del debitore all’azione di ingiustificato arric-
chimento (il terzo potrà poi agire a sua volta nei confronti del suo avente causa,
divenuto suo debitore in conseguenza dell’azione di arricchimento). Anche in
questo caso, dunque, il debitore non parteciperà al giudizio. Contro di lui potrà
agire il terzo beneficiario, ossia il suo avente causa, per espressa disposizione
dell’art. 12 AnfG.
Un problema non solo teorico riguarda proprio la formazione del giudicato

164
Ampli riferimenti bibliografici e alla giurisprudenza in A. HARMAND-LUQUE, Recherches
sur l’action paulienne, 1995, pp. 263 ss., spec. p. 268 nt. 612 ss.
165
Corte di giustizia CE, 26 marzo 1992, sentenza Reichert II, p. 2157.
166
F. RIVERO, España: la acción pauliana, 2000, p. 48.
112 CAPITOLO SECONDO

in tutti quegli ordinamenti (come la Francia e la Germania) che, a differenza


dell’Italia, non prevedono il litisconsorzio necessario del debitore per l’azione
pauliana. Il problema è stato ridimensionato, nella prassi francese, dal ricorso
sistematico al litisconsorzio facoltativo per coinvolgere il debitore nel giudizio
di revoca.

19. Prescrizione dell’azione

I termini di prescrizione divergono notevolmente da ordinamento a ordina-


mento. Negli Stati Uniti il disvalore connesso alla frode ai creditori rileva al
punto da rendere imprescrittibile l’azione; similmente, nell’ordinamento france-
se, si prevede una quasi-imprescrittibilità poiché il termine è trentennale (fatta
salva la prescrizione del diritto di credito). In Italia, Germania e Spagna i termi-
ni sono molto più brevi: rispettivamente di cinque, due e quattro anni. Il dies a
quo decorre generalmente dalla data dell’atto (Italia) o alternativamente dalla
data della sua conoscenza da parte del creditore (Spagna), ma in Germania, do-
ve il termine di prescrizione è molto breve, la giurisprudenza si riserva di valu-
tare discrezionalmente il dies a quo. Questa flessibilità si spiega anche per
un’altra ragione: nell’ordinamento tedesco, come anche in Spagna e nel Regno
Unito, l’azione si può esercitare solo quando è già stata riscontrata l’insolvenza
del debitore, dunque può risultare abbastanza agevole per lui dare corso a vendi-
te e liberalità in pendenza del termine per l’adempimento.

20. I due modelli di azione revocatoria conosciuti dal diritto positivo

Riepilogando, si possono ora descrivere i valori universali e le politiche le-


gislative particolari che presiedono alla disciplina dell’actio pauliana negli or-
dinamenti presi in considerazione.
Come segnalato sopra, il quadro comparatistico dell’actio pauliana mostra
due modelli di azione. Secondo il modello più antico, che corrisponde anche a
una concezione ugualmente antica del diritto privato, è possibile dare all’azione
pauliana una connotazione etica: l’azione serve a punire una frode e per questo
può essere assimilata a una sanzione contro un illecito167.

167
Per una recente affermazione del carattere moralizzatore dell’azione revocatoria di diritto
francese si veda G. KESSLER, nota a Cassation 6 ottobre 2004, Mme Rakoto-Ratsimamanga, p.
3100. La Corte di giustizia CE, in occasione della decisione 1° marzo 1983, Deka Gmbh c. CEE,
ha qualificato le norme nazionali che disciplinano l’actio pauliana, espressione di un principio
generale di diritto: «le norme nazionali secondo cui, negli Stati membri, determinati atti del
debitore che recano pregiudizio ai creditori, e in particolare quelli aventi carattere fraudolento,
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 113

L’abbandono della ricostruzione medioevale della revocatoria nello schema


della responsabilità ex delicto, e, parallelamente, la progressiva adozione di un
approccio c.d. valutativo, rivela meglio la reale consistenza dell’istituto sia con
riferimento al nostro ordinamento, sia con riferimento agli altri sistemi di diritto
di derivazione latina e al sistema anglosassone. Si è infatti osservato che in tutti
gli ordinamenti esiste una tutela del creditore attraverso il blocco di atti di di-
sposizione di beni da parte del debitore. Questo meccanismo realizza un bilan-
ciamento tra contrapposti interessi ritenuti meritevoli di tutela giuridica da o-
gnuno degli ordinamenti presi in considerazione, ma non da tutti nella stessa
misura.
In questa concezione più moderna, che esalta la funzione economica
dell’istituto, l’azione permette al legislatore di scegliere tra valori e bisogni di tu-
tela talvolta antagonisti, corrispondenti ai tre soggetti messi in relazione dal-
l’azione pauliana: la libertà d’iniziativa economica del debitore, la protezione de-
gli scambi sistema creditizio – sistema finanziario o più in generale la concessio-
ne di credito; e la sicurezza dei trasferimenti, ossia l’interesse dell’acquirente di
un bene alla sicurezza mediante l’opponibilità erga omnes del suo acquisto. In
questa concezione non si tratta più di punire una frode, ossia di cercare anche at-
traverso un’indagine psicologica, il perfezionamento di un illecito ai danni del
creditore ma piuttosto di verificare in quali circostanze il legislatore privilegia la
tutela dell’uno o dell’altro bene meritevole di protezione giuridica.
Preme osservare che gli interessi inconciliabili del creditore e del terzo ac-
quirente non hanno una dimensione squisitamente privatistica. Questi due sog-
getti non debbono essere presi in considerazione soltanto uti singuli ma in quan-
to rappresentanti di tre tipi di interessi: la sicurezza delle relazioni finanziarie, la
libertà di iniziativa economica e la sicurezza dei trasferimenti di beni. In un
momento successivo alla codificazione napoleonica l’azione revocatoria è stata
persino celebrata come istituto paradigmatico della vittoria della borghesia, de-
tentrice della c.d. ricchezza mobile, sul ceto aristocratico, titolare della ricchez-
za fondiaria168. Sebbene l’evoluzione economica e sociale di ben due secoli non
consentano di fare proprie queste osservazioni di Demogue, carismatico civili-
sta francese del XIX secolo, si può comunque rilevare che l’osservazione della
disciplina dei rimedi revocatori nei vari ordinamenti, rivela quanto ogni ordi-
namento sia disposto a tutelare, tra l’altro, l’intermediazione finanziaria (il si-
stema bancario) rispetto all’iniziativa economica privata (l’impresa del debito-
re), per tacere della sicurezza dei trasferimenti di ricchezza. La scelta di ogni
ordinamento tra questi due interessi è resa visibile proprio dalla disciplina dei

sono inopponibili ai creditori ovvero annulabili mediante procedure all’uopo specificamente


previste […] sono l’espressione di un principio generale comune ai diritti degli Stati membri».
168
Già R. DEMOGUE, Les notions fondamentales de droit privé, 2001 (1911), pp. 403 ss.,
evidenziava gli interessi pubblici sottesi alle azioni revocatoria e surrogatoria.
114 CAPITOLO SECONDO

mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale e dalle condizioni in base


alle quali il creditore può avvantaggiarsi o meno di tale tipo di rimedi.
Gli effetti prodotti dall’impiego dei mezzi in esame sono, in taluni ordina-
menti, assai penetranti e si risolvono esattamente nell’attribuzione al creditore
del sindacato sulla gestione del patrimonio del debitore. Storicamente il credito
è stato tutelato fino a comprimere la stessa libertà personale del debitore169. Og-
gi, alcuni ordinamenti, come il nostro, limitano la gestione patrimoniale del de-
bitore, nonostante la rilevanza costituzionale che assume la libertà di iniziativa
economica; mentre ordinamenti come quello inglese, tedesco, e, sotto certi a-
spetti anche quello spagnolo, non consentono questa ingerenza anticipata al cre-
ditore, limitandosi ad offrire un rimedio che si presenta come ultima ratio con-
tro i tentativi illegittimi del debitore di sottrarsi agli impegni assunti. In altre
parole, non tutti gli ordinamenti trovano lo stesso punto di equilibrio tra gli inte-
ressi degli operatori finanziari e gli interessi degli imprenditori o comunque de-
gli utilizzatori del credito. In Italia, in Francia e negli USA, i primi sono trattati
con un occhio di riguardo: si dà loro la possibilità di una tutela anticipata del
credito, un regime probatorio agevolato e la possibilità di mettere in discussione
trasferimenti a titolo oneroso, quand’anche sia stato rispettato il sinallagma con-
trattuale, solo sulla base della considerazione pratica che il denaro è più facile
da occultare e consente di sfuggire più agevolmente all’esecuzione forzata.
Il punto di equilibrio tra i beni della vita antagonisti nella fattispecie paulia-
na si trova spostato negli ordinamenti tedesco, inglese e spagnolo. La politica
legislativa di questi paesi è molto meno favorevole ai creditori, pur garantendo
loro comunque una tutela revocatoria. Questa è, tuttavia, meramente sussidiaria
e finalizzata ad allargare il plafond patrimoniale soggetto a esecuzione forzata
solo quando esso risulta insufficiente per via di un depaupeparemento oggetti-
vamente irresponsabile da parte del debitore (liberalità o vendite sottocosto, a
familiari, ecc.).
Quali conseguenze trarre da questi dati per la disciplina dell’actio pauliana
nel diritto internazionale privato?
L’esistenza di due politiche legislative antitetiche che presiedono alla disci-
plina dell’azione revocatoria rileva sotto due profili.
Sotto un primo profilo si può osservare che la tutela anticipata del credito
rende maggiormente evidenti i profili sostanziali dell’azione revocatoria, anzi
ne favorisce sicuramente un inquadramento sostanziale. Al contrario, la seconda
concezione incentrata sull’allargamento dei beni soggetti all’esecuzione forzata
ne evidenzia i profili processuali, favorendo un suo inquadramento come paren-
tesi di cognizione nell’ambito di un procedimento esecutivo.

169
Per una recente affermazione del divieto di prigionia per debiti si veda l’art. 18 della Carta
araba dei diritti dell’uomo, adottata dalla Lega Araba il 22 maggio 2004 ed entrata in vigore il 15
marzo 2008 tra Algeria, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Libia, Siria, Arabia Saudita,
territori occupati della Palestina, Qatar, Yemen.
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA NEL DIRITTO CIVILE COMPARATO 115

Si potrebbe profilare, così, un conflitto di qualificazioni simile a quello che


si è prospettato in tema di prescrizione e decadenza, istituti considerati di diritto
processuale in taluni ordinamenti e di diritto sostanziale in altri170.
Da un altro punto di vista ci si deve chiedere quale influenza debbano eser-
citare, sulle norme di conflitto di un ordinamento, le politiche legislative riscon-
trate nelle sue norme materiali. Bisogna chiedersi se assumano rilevanza, per il
diritto internazionale privato, l’illustrata differenza di politica legislativa e la
prevalenza per l’uno o l’altro bene tutelabile attraverso la regolamentazione del-
la pauliana.
Alla politica legislativa danno la massima importanza le dottrine unilaterali-
ste. Tuttavia, anche nell’analisi delle norme di diritto internazionale privato bi-
laterali, la dottrina rende sempre più evidenti le implicazioni di politica legisla-
tiva che possono esprimersi sia attraverso la scelta del criterio di collegamento,
sia attraverso strumenti complementari per il funzionamento delle norme di
conflitto: rinvio, qualificazione, ordine pubblico, norme di applicazione neces-
saria, ecc. Si è perciò giunti ad affermare che la legge straniera è applicata dal
giudice del foro, in virtù del richiamo di una norma di conflitto, solo in presenza
di una equivalenza sostanziale tra la lex fori e la lex causae171.
Si potrebbe allora essere indotti a ritenere che gli ordinamenti che anticipa-
no la tutela del creditore allo stadio sostanziale, al fine di renderla più efficace,
vogliano concedere la tutela revocatoria anche quando l’atto revocando è sog-
getto a una legge straniera o riguarda un bene collocato al di fuori del proprio
territorio. Nella prospettiva bilateralista si dovrà osservare che il collegamento
rilevante dell’azione revocatoria è quello con il diritto di credito. Si può anche
argomentare, per trarne conseguenze più ampie, che in presenza di un diritto di
credito regolato dal diritto italiano, l’ordinamento competente per l’azione re-
vocatoria dovrebbe essere quello italiano.
Viceversa, inquadrando l’azione revocatoria ordinaria come una sorta di in-
cidente dell’esecuzione forzata, si sarà portati a ritenere rilevante il collegamen-
to con l’atto revocando o il bene oggetto della imminente azione esecutiva, o

170
Secondo H. BATIFFOL, Droit comparé, droit international privé et théorie générale, 1970,
p. 664, è propria della tradizione di Common Law la tendenza ad ampliare la categoria
« procedura » e si tratta di una tendenza che si comprende alla luce della diversa concezione del
ruolo del giudice in quella cultura giuridica: un ruolo fondamentale nella creazione del diritto.
Sulla questione della prescrizione si veda B. FAUVARQUE-COSSON, La prescription, 2002-2004,
pp. 235 ss., F. HAGE-CHAIHINE, La prescription extinctive, 1996; S. TONOLO SACCO, La disciplina
della prescrizione nelle convenzioni internazionali, 1999, pp. 437 ss.
171
Sul principio di equivalenza sostanziale cfr. B. ANCEL, nota a C. Cost. 26 febbraio 1987 n.
71, 1987, p. 563; B. ANCEL, H. MUIR WATT, nota a Cassation 13 aprile 1999, Compagnie Royale
belge c. Société Lilloise d’assurances, 1999, p. 698. Si vedano anche le osservazioni critiche di S.
BILLARANT, Le caractère substantiel de la réglementation française des successions
internationales, 2004, p. 452; e la ricerca di sintesi di H. GAUDEMET-TALLON, De nouvelles
fonctions pour l’équivalence, 2005, pp. 303 ss.
116 CAPITOLO SECONDO

ancora la legge del luogo in cui avviene l’esecuzione forzata, in omaggio al


principio di effettività.
Il rispetto della politica legislativa degli ordinamenti presi in considerazione
determinerebbe così l’attrazione dell’azione revocatoria nello statuto del credito
protetto in ordinamenti, come quello francese e italiano, che mostrano un inte-
resse a potenziare la tutela creditoria attraverso la disciplina predisposta per la
revocatoria, e per contro l’attrazione dell’azione revocatoria nello statuto
dell’esecuzione forzata in ordinamenti, come quello tedesco e quello spagnolo,
che la concepiscono e la costruiscono come un rimedio sussidiario, destinato ad
ampliare il patrimonio soggetto a esecuzione solo quando il debitore risulta
insolvente.
CAPITOLO TERZO

LE SOLUZIONI GIURISPRUDENZIALI

SOMMARIO: 1. La giustificazione dell’applicazione della lex fori attraverso la qualifica-


zione di ordinatoria litis dell’art. 1166 Code Napoléon. – 2. L’applicazione ante litte-
ram del principio di effettività in alcune sentenze tedesche coeve. – 3. I precedenti an-
glo-americani: lex contractus o lex rei sitae? – 4. L’uso del diritto positivo per conse-
guire un risultato materiale: il recupero dei crediti sociali francesi all’indomani delle
nazionalizzazioni dell’URSS. – 5. L’indicazione della competenza della lex loci com-
missi delicti in Francia. – 6. La ponderazione degli interessi nella giurisprudenza tede-
sca: la c.d. “Interessenabwägungsregel”. – 7. Il Constructive trust nel diritto internazio-
nale privato. Cenni. – 8. Una valutazione conclusiva alla luce della giurisprudenza re-
cente. – 9. Segue. Sintesi.

1. La giustificazione dell’applicazione della lex fori attraverso la qualificazione


di ordinatoria litis dell’art. 1166 Code Napoléon

In materia di azione revocatoria e surrogatoria con elementi di estraneità,


sono frequentemente citate alcune antiche decisioni, divenute celebri in seguito
alla loro pubblicazione sul Journal du droit international di Clunet1.
Per lo più, si tratta di casi che attestano il tentativo di cittadini francesi di
valersi delle tutele offerte dal proprio ordinamento anche nei territori coloniali
dell’Africa araba, in cui si poteva verificare un conflitto tra la legge francese e
la legge musulmana.
In un primo caso2 la qualificazione dell’azione surrogatoria come regola ad
litem ordinandam è servita ad applicare la legge francese, garantendo il soddi-
sfacimento dell’attore francese in surrogatoria. Si trattava di determinare la leg-
ge applicabile all’azione surrogatoria promossa da un cittadino francese, credi-
tore di un cittadino tunisino. Il diritto esercitato in via surrogatoria era quello di

1
Per l’action paulienne cfr. Oberlandesgericht Stuttgart, 28 luglio 1888, Reiner c. Banque de
Bade, con nota di J. TRIGANT-GENESTE, 1893, p. 422, e il commento nel Rép. La Pradelle-
Niboyet, voce Action Paulienne, t. I, 1929, p. 238. Per l’action oblique cfr. Tribunal de Sousse, 10
ottobre 1889, Ahmed Salem c. Zuili; Corte di cassazione di Palermo, 30 dicembre 1886. La
dottrina che si è occupata delle misure di protezione del droit de gage général [v. ad es. Y.
FLOUR, L’effet des contrats à l’égard des tiers, 1977, p. 304, nt. 2 e R. BIRK, Die Einklagung
fremder Rechte, 1969, pp. 70 ss., a p. 78] cita, oltre a queste decisioni, anche Cour d’appel
d’Alger, 25 marzo 1891, Brossette c. Consorts Ez Zenichri, e Tribunal du commerce de la Seine,
14 giugno 1897, Delaunay c. Cie d’assurance “The London and Provincial Marine”, ove però
l’art. 1166 c.c. è solo incidentalmente evocato e non è applicato.
2
Tribunal de Sousse, 10 octobre 1889, Ahmed Salem c. Zuili.
118 CAPITOLO TERZO

chiedere la divisione di una comunione di beni immobili situati in Tunisia.


L’azione rappresentava la premessa all’esecuzione forzata sulla parte dell’im-
mobile indiviso che sarebbe stata assegnata al debitore, a seguito della divisio-
ne.
Dal laconico testo della massima si ricava che, da una parte, la legge france-
se non era applicabile al caso, che infatti doveva essere regolato dalla legge mu-
sulmana; e dall’altra, che la legge musulmana non conosceva l’azione surroga-
toria. I giudici si trovano così a rilevare che il principio di diritto civile consa-
crato dall’articolo 1166 del codice napoleonico non era opponibile ai tunisini.
Inoltre, vertendosi in materia di diritti reali immobiliari, campeggia la lex rei
sitae, che in quel caso era la legge musulmana3. Queste considerazioni avrebbe-
ro però comportato una decisione sfavorevole all’attore. Invece, i giudici della
colonia riescono a soddisfare la domanda del creditore francese spostando
l’argomentazione dal piano sostanziale a quello processuale. Così, essi sanci-
scono che l’art. 1166 Cod. civ. consacra, accanto ad un principio di diritto civile
non opponibile ai tunisini, anche una regola di procedura civile, che, in quanto
tale ben può essere loro “opposta”. L’espressione è rivelatrice della forma
mentis dell’epoca, in cui le questioni internazionalprivatistiche erano percepite
come conflitti di sovranità e l’applicazione della legge personale era percepita
come un privilegio, alla stregua del “privilegio di giurisdizione” consacrato agli
art. 14 e 15 del Code civil. Come regola di procedura, ad litem ordinandam,
l’art. 1166 diventava applicabile nei confronti dei tunisini.
Il tribunale di Sousse poté così riconoscere il diritto di agire del creditore
francese in base all’art. 1166 Code civ. divenuto applicabile come norma pro-
cessuale. Quindi, ribadendo l’applicabilità della sola lex rei sitae nel merito,
esso stabilisce che la divisione dell’immobile deve aver luogo nel rispetto della
legge musulmana, senza riguardo agli artt. 815 ss. Code civ.
Siccome l’organizzazione del processo nei tribunali coloniali avveniva se-

3
La decisione è annotata assieme ad altre alle quali è accomunata ratione materiae: si tratta
di questioni attinenti a diritti reali immobiliari su beni situati in Tunisia. Pertanto, la materia è
ritenuta integralmente regolata dalle regole del Corano e dalla legislazione beylicale. L’appli-
cazione del principio della lex rei sitae era garantita dai trattati internazionali che regolavano i
possedimenti coloniali, ove si precisava che gli europei erano ammessi a possedere immobili nei
territori delle colonie, dovendosi però conformare agli usi locali, al fine di garantire agli
“indigeni” il mantenimento delle loro consuetidini locali e religiose (il termine legge compare
raramente con riferimento alle norme locali). In diversi casi, tra i quali quello in esame, la legge
francese finiva però per essere applicata attraverso il ricorso ad argomentazioni eclettiche. In un
caso relativo ad una servitù prediale, ad esempio, la si trova applicata sulla base di due criteri: in
quanto legge nazionale comune dei proprietari dei fondi finitimi; e in una bizzarra versione della
lex rei sitae: essendo il luogo di situazione degli immobili (in Algeria) destinato “da tempo
immemorabile” alla residenza di europei, la lex rei sitae non poteva che essere, in tal caso, la
legge francese. Questa decisione non sarà però confermata da Cour d’Alger, 8 gennaio 1890,
Dame Taverne c. Memmi.
LE SOLUZIONI GIURISPRUDENZIALI 119

condo le regole francesi, nell’assenza di una disciplina omogenea a quella euro-


pea per il processo musulmano, la categoria delle norme ad litem ordinandam
diventa lo strumento per l’applicazione della legge francese. La decisione del
tribunale di Sousse ci dà un buon un esempio della distinzione tra norme pro-
cessuali, disciplinate dalla lex fori, e norme sostanziali, disciplinate dalla lex
substantiae come c.d. covert technique.
Dalla caratterizzazione dell’azione surrogatoria come rimedio giurisdiziona-
le si fa discendere l’applicazione della norma francese dell’art. 1166 Code civil:
l’applicazione della legge francese non è, infatti, il risultato di un dépeçage del-
la fattispecie, ove alla competenza della legge francese è assegnato il potere (so-
stanziale) di procedere in via surrogatoria e a quella della legge musulmana il
compito di regolare la divisione4. I giudici non hanno, infatti, preso in conside-
razione la possibilità che all’azione surrogatoria dovesse essere applicata una
legge propria, cioè diversa sia dalla legge processuale sia dalla legge regolatri-
ce del rapporto dedotto in giudizio (divisione di una comunione di beni).
Evidentemente si riteneva che la legge musulmana, regolatrice del diritto
dedotto in giudizio, doveva essere anche competente per tutti gli aspetti sostan-
ziali della fattispecie concreta. La legge francese è stata interpellata con il prete-
sto di regolare un aspetto ritenuto attinente alla procedura. L’uso combinato
della qualificazione e della distinzione tra merito e procedura consente al tribu-
nale di accogliere la domanda del creditore francese.
Risulta comunque chiara la preferenza per la legge francese al cui servizio
viene posta la qualificazione5.

4
Pur essendo stato teorizzato solo nell’ultimo secolo, il metodo del dépeçage o
Zersplitterung, può essere considerato un metodo universale del diritto internazionale privato, se
si pensa che i glossatori ne fecero uso. Così BALLARINO, Diritto internazionale privato, 1999, pp.
22 e 602 ss.; P. LAGARDE, Le “dépeçage”, 1975, pp. 649 ss.; W. L. M. REESE, Dépeçage: a
Common Phenomenon, 1973, pp. 58 ss. Si vedano ora le osservazioni della Corte di giustizia CE,
6 ottobre 2009, ICF c. Blakenende, p.ti 38-49, sulle modalità di attuare lo spezzettamento di un
contratto ex art. 4 n. 1 della Convenzione di Roma del 1980.
5
Conviene ricordare in questa sede quanto scrive H. BATIFFOL (Recensione a F. RIGAUX, La
théorie des qualifications, 1957, pp. 140 ss.) sul rapporto tra la visione sistematica e la visione
teleologica del diritto: “Le problème du domaine des règles de rattachement ne saurait être résolu
par une opération de qualification” in quanto intervengono, rileva l’eminente autore, anche le
considerazioni di opportunità e utilità richiamate dal Rigaux per un’interpretazione del dato
normativo orientata alle conseguenze della sua applicazione. Queste ultime, peraltro, necessitano
comunque di una successiva sistemazione e razionalizzazione. In definitiva “la spéculation sur les
fins est souvent plus difficile que la constatation d’une nature commune avec un problème déjà
résolu”, pertanto la qualificazione resta necessaria anche se deve rivestire il ruolo di una
“presunzione semplice”, superabile se il caso di specie lo richiede.
120 CAPITOLO TERZO

2. L’applicazione ante litteram del principio di effettività in alcune sentenze te-


desche coeve

Nello stesso periodo storico, l’Oberlandesgericht di Stoccarda dà identica


soluzione ad un problema internazionalprivatistico posto dall’azione pauliana6.
La sentenza è di pochi anni successiva alla legge che aveva introdotto nel diritto
scritto tedesco l’azione revocatoria ordinaria, il 21 luglio 1879. Nel caso di spe-
cie, l’attore chiedeva la revoca del trasferimento a titolo gratuito di un bene so-
stenendo che era stato operato in frode ai suoi diritti ed era il frutto della collu-
sione tra il proprio debitore e il terzo beneficiato.
Come i giudici francesi nella decisione appena esaminata, l’Oberland-
esgericht fa discendere la soluzione del caso da una precisa qualificazione della
fattispecie. L’azione pauliana è ritenuta un corollario del diritto all’esecuzione
forzata: “L’action qui découle de [la loi allemande du 21 juillet 1879] est un
corollaire du droit de saisie-exécution et s’exerce dans les mêmes limites. En
cas de conflit de lois surgissant à propos de l’application de la première, il im-
porte de se référer aux règles qui régissent, dans les cas analogues, la mise en
pratique du second. En quel lieu se trouvait l’objet gratuitement cédé en vertu
d’une entente frauduleuse entre le débiteur et une tierce personne ou, quand
l’obligation n’a pas d’objet matériel précis, en quel lieu devait être effectué le
payement? Telle est l’unique question que devra se poser le juge pour détermi-
ner la loi applicable en la matière”. La qualificazione di corollario al diritto
all’esecuzione forzata non fa però perdere alla revocatoria la qualificazione di
istituto di diritto sostanziale: essa non è considerata un rimedio giurisdizionale e
non dà luogo all’applicazione della lex fori per questo motivo. I giudici tedeschi
indicano piuttosto l’applicazione della legge del luogo di adempimento del-
l’obbligazione contratta in fraudem. Così la Corte tedesca sembra confondere
l’esecuzione forzata del diritto alla revoca con l’esecuzione forzata del-
l’obbligazione contratta in frode al creditore. Ciò si spiega tenendo a mente, da
una parte, che il diritto alla revoca non aveva assunto una propria autonomia con-
cettuale e, dall’altra, che i luoghi delle due esecuzioni spesso coincidono. Ad e-
sempio, quando è chiesta la revoca dell’atto di disposizione di un bene immobile
la vendita forzata susseguente alla revoca e l’esecuzione in forma specifica
dell’obbligo di consegna avvengono nello stesso luogo. Vediamo infatti che la
Corte tedesca si riferisce esplicitamente alla legge del luogo di adempimento
dell’obbligazione di consegna (l’immobile si trovava in Germania), e, inoltre, in-
dica due soluzioni diverse a seconda che l’obbligazione in fraudem abbia o meno
un oggetto materiale preciso. Le leggi che vengono in rilievo sono, nel primo ca-
so, quella del luogo in cui si trovava il bene trasferito; nel secondo caso, la legge
del luogo in cui sarebbe dovuto avvenire il pagamento.

6
Oberlandesgericht Stuttgard, 28 luglio 1888, Reiner c. Banque de Bade.
LE SOLUZIONI GIURISPRUDENZIALI 121

Il ragionamento dei giudici tedeschi rispecchia lo stadio di evoluzione del


diritto internazionale privato dell’epoca. La legge competente a regolare
l’esecuzione dell’obbligazione in fraudem è ritenuta competente a regolare tutti
gli aspetti di essa, compresa l’azione con la quale viene posta in discussione.
Savigny aveva indicato come corpo o essenza dell’obbligazione il luogo di a-
dempimento7. Tale luogo, da individuare compiendo un’indagine sulla volontà
delle parti, si identificava con il luogo di situazione di un immobile, con il caso
di obbligazioni aventi ad oggetto immobili; negli altri casi, nel luogo determina-
to applicando una serie di criteri presuntivi della volontà delle parti8. Ragionan-
do sull’applicazione di questo principio territoriale a beni non radicati nel terri-
torio, e perciò non localizzabili una volta per tutte, la dottrina e la giurispruden-
za tedesche pervengono a sancire il c.d. principio di effettività, in base al quale
la legge competente è quella dell’ordinamento in grado di assicurare effettività
alle proprie valutazioni: l’ordinamento dell’esecuzione forzata9.
La stessa soluzione è indicata dall’Oberlandesgericht di Colonia, in una de-
cisione del 25 novembre 1895, che applica la lex fori ad un caso di azione revo-
catoria con elementi di estraneità. Anche in questo caso la lex fori viene in rilie-
vo come legge del luogo in cui si vuol far valere l’esecuzione. Sempre il princi-
pio di effettività serve a suffragare decisioni tedesche dello stesso periodo, che
però applicano la lex domicilii del debitore, ritenendo di poter trovare il patri-
monio del debitore nel suo domicilio10. Oltre che per analogia, con la disciplina

7
F.-C. SAVIGNY, Traité de droit romain, 2002 (1860), pp.198-290, spec. pp. 204 ss.
8
F.-C. SAVIGNY, ivi, p. 223 e s.
9
Il principio era stato teorizzato già da F. KAHN, Gesetzeskollisionen., 1928 (1891), pp. 31-
46 che usa l’espressione Näherberechtigung, la competenza più prossima. Questo principio sarà
ripreso da M. Wolff che parla a questo proposito della ricerca della più grande prossimità (der
größeren Nahe) e anche da W. Wengler. Si veda T. BALLARINO, Diritto internazionale privato,
1982, p. 249. In tutto simile era la soluzione seguita dal diritto internazionale privato inglese per
le c.d. choses in action, come indicato da DICEY & MORRIS, Conflict of laws, 2000, II vol., cap.
22-025. In un primo momento era prevalsa l’idea che fosse impossibile localizzare nello spazio
ciò che non ha esistenza fisica. In seguito si affermò la tendenza ad applicare alle choses in action
le regole inizialmente pensate con riferimento a tutto ciò che è tangible property, per una sorta di
analogia. Sembra che i giudici inglesi abbiano ragionato in questo modo: come la lex rei sitae
rende certo il controllo sulla cosa, così la legge del luogo in cui può essere richiesta l’esecuzione
di un’obbligazione rende certo il controllo che il creditore (o i suoi aventi causa) esercita sul
debitore. Nell’esecuzione, infatti, si manifesta il potere del creditore sulla cosa e sulla chose in
action. Tale luogo, inoltre, si riteneva facilmente conoscibile dai terzi e sembrava garantire
efficacemente il debitore. Una manifestazione di questo filone si può considerare il principio di
prossimità sostenuto energicamente da Paul Lagarde al quale è intitolato il volume in onore di
questo autore, Esprit et méthodes, 2005.
10
Per l’indicazione della lex fori in quanto lex loci executionis Ch. FRAGISTAS, Das
Anfechtungsrecht der Gläubiger, 1938-1939, p. 453, ricorda la decisione dell’Oberlandesgericht
Stuttgart del 28 giugno 1888, successivamente confermata da un’altra decisione, dell’Ober-
122 CAPITOLO TERZO

concorsuale, la legge del domicilio del debitore viene in rilievo, quale luogo in
cui il creditore cerca il soddisfacimento per equivalente attraverso l’esecuzione
forzata. Ciò testimonia della non univocità delle soluzioni ricavate dal principio
di effettività.

3. I precedenti anglo-americani: lex contractus o lex rei sitae?

Alcune decisioni inglesi e americane sono frequentemente ricordate dalla


dottrina francese, anche perché autorevolmente indicate come esempio da se-
guire per l’applicazione della legge regolatrice dell’atto revocando. Nel manua-
le di Batiffol e Lagarde si legge: “Il semble cependant utile de considérer en
matière d’action paulienne, comme l’ont fait les tribunaux anglais et améri-
cains, la loi de l’acte attaqué”11. Nell’assenza di riferimenti alle decisioni ingle-
si e americane evocate, si ritiene che Batiffol e Lagarde abbiano inteso ricordare
i casi già citati dal Batiffol ne Les conflits des lois en matière des contrats: “Il a
été jugé plusieurs fois que le droit des créanciers d’attaquer un contrat comme
passé en fraude de leurs droits était régi par la loi du lieu du contrat incriminé.
Cette loi est-elle envisagée comme loi du contrat ou comme loi du lieu où a été
commis le délit de fraude ? Il est difficile de le dire, car, dans les trois premières
espèces que nous avons citées, le lieu d’exécution du contrat paraît indéterminé
et, dans la quatrième, il coïncide avec le lieu de conclusion. Néanmoins, les mo-
tifs de la dernière décision font plutôt pencher vers l’idée que la loi envisagée
aurait été celle du contrat.”12.
Si tratta, in particolare, di una decisione inglese e di tre decisioni americane,
le quali risolvono incidentalmente problemi di diritto internazionale privato
complessi, due dei quali si avvicinano al problema posto dall’azione revocatoria
ordinaria, mentre gli altri riguardano piuttosto cessioni di contratto. In essi, il
problema non è propriamente quello dell’azione revocatoria ordinaria ma con-
templa comunque la deduzione in giudizio di un rapporto obbligatorio al quale
l’attore è estraneo.
Vi è da pensare che Batiffol abbia preso i riferimenti alle decisioni citate da
Beale, la cui classica opera, The conflict of laws, pubblicata tre anni prima che
Batiffol desse alle stampe Les conflits de lois en matière de contrats, recita: “In
many cases, the courts, without even mentioning where the original contract
was made or to be performed, have held that the law of the place of assignment

landesgericht Köln del 25 novembre 1895; mentre, per l’applicazione della lex domicilii debitoris,
l’autore cita una decisione dell’Oberlandesgericht Luzern del 24 gennaio 1930.
11
H. BATIFFOL e P. LAGARDE, Droit international privé, t. II, 1983, p. 217.
12
H. BATIFFOL, Les conflits des lois en matière de contrats, 1938, p. 388, cita i seguenti casi:
Lee v. Abdy (1886); Engelhard v. Schroeder (1921); Jackson v. Tallmadge (1927); Royal Backing
Powder C° v. Hessay (1935).
LE SOLUZIONI GIURISPRUDENZIALI 123

governs. It has been so held in determining what law governs [...] the validity of
an assignment of specific chattels or choses in action (as distinguished from an
assignment of an entire estate) alleged to be voidable by creditors as a fraudu-
lent conveyance”13.
Per capire il senso dell’indicazione di Beale, bisogna ricordare che non vi
era unanimità in dottrina circa la legge applicabile ai contratti, e, soprattutto,
che la distinzione concettuale tra opponibilità e validità di un contratto non era
chiara. La giurisprudenza citata è interpretata da Beale per sancire che la validi-
tà della cessione di beni non statici (perciò non localizzabili) cioè le cose mobili
o le cose immateriali come un contratto, deve essere governata dalla legge del
luogo in cui è intervenuta la cessione. Sostiene inoltre Beale, che questa stessa
legge governa anche la validità di una cessione impugnata dai creditori del ce-
dente perchè fraudolenta. Batiffol ne ricava che la legge applicabile a un atto
disciplina anche la sua revocabilità per frode.
Il precedente della regola ricordata da Beale è la decisione Lee v. Abdy del
1886, diventata celebre per la massima a chose in action has no location14. La
decisione riguarda la validità della cessione di diritti derivanti da una polizza
d’assicurazione.
Il contratto di assicurazione dedotto in giudizio era sicuramente governato
dalla legge inglese, in quanto l’unico elemento di estraneità della fattispecie, il
domicilio dell’assicurato in Sudafrica, non avrebbe potuto determinare la com-
petenza di una diversa legge. La legge inglese dell’epoca ammetteva la cessione
di tale tipo di contratti, anche senza che fosse intervenuto il consenso del con-
traente ceduto.
Il contratto di cessione doveva invece ritenersi invalido secondo il diritto
della Colonia del Capo, lex loci actus. La legge sudafricana interveniva in quan-
to legge regolatrice dei rapporti patrimoniali tra coniugi, per sancire l’invalidità
del contratto per difetto di capacità. Essa, infatti, non riconosceva alla moglie la
capacità di concludere validamente un contratto con il marito. Alla morte
dell’assicurato, i creditori del defunto intendevano soddisfarsi sulle somme de-
rivanti dall’assicurazione (probabilmente stipulata in forma di Life insurance
trust) e qualificarono la cessione una fraudulent conveyance, sostenendone
l’invalidità su questo fondamento. Le motivazioni della decisione fanno invece

13
J. BEALE, The conflict of laws, 1935, p. 1253 e s. cita tutte le decisioni poi indicate da
Batiffol – Lee v. Abdy (1886); Engelhard v. Schroeder (1921); Jackson v. Tallmadge (1927) –
tranne quella del 1935: Royal Backing Powder C° v. Hessay, (1935), probabilmente intervenuta a
ridosso della pubblicazione della terza edizione del suo manuale.
14
Lee v. Abdy (1886) 17 Q.B.D. 309. Per un commento v. già P. LALIVE, The transfer of
chattels, 1955, p. 77, nt. 3 e p. 132. Tutti i manuali inglesi di diritto internazionale privato citano
il caso. Cfr. ad esempio, P. M. NORTH, J. J. FAWCETT, J. M. CARRUTHERS, CHESHIRE, NORTH &
FAWCETT Private International Law, 2008, pp. 1227 ss.
124 CAPITOLO TERZO

riferimento all’incapacità della moglie di rivestire la qualità di assignee secondo


la legge sudafricana.
Si tratta di una decisione certamente innovativa dal momento che riesce ad
operare una distinzione, niente affatto scontata all’epoca, tra il problema della
cedibilità del contratto (intrinsic assignability of a contract), regolata dalla leg-
ge applicabile al contratto oggetto della cessione, e quello della validità del con-
tratto di cessione (intrinsic validity of an assignment) regolata dalla legge appli-
cabile a tale distinto atto15. Ma non è molto di aiuto alla soluzione del nostro
problema, dal momento che il carattere fraudolento della transazione è usato
solo come argomento ad abundantiam, senza entrare nelle motivazioni dei giu-
dici, i quali decidono quale legge applicare alla validità di una cessione di con-
tratto e non alla revoca di una cessione del contratto.
Il caso deciso dalla Court of Appeals di New York il 20 giugno 1927 ri-
guarda ancora la cessione dei diritti derivanti da una polizza-vita e le possibilità
di una sua aggressione da parte dei creditori del beneficiario. Qui però i giudici
sono più espliciti nell’affermare che la legge del luogo di perfezionamento
dell’operazione di cessione governa la revocabilità del trasferimento.
L’azione revocatoria era stata instaurata da un creditore il cui diritto era sta-
to accertato giudizialmente (The action is by a judgment creditor to set aside a
transfer in fraud of creditors). Come in Lee v. Abdy si tratta di stabilire l’op-
ponibilità ai creditori della cessione di una polizza di assicurazione sulla vita
stipulata dal marito a favore della moglie. La questione non riguarda però, come
nel caso inglese, la cedibilità dei diritti derivanti dalla polizza. In questo caso,
tre giorni prima che il marito morisse, la Signora Ruby H. Tallmadge aveva ce-
duto al proprio fratello tutti i diritti derivanti dalla polizza. Egli era poi stato
costituito come trustee di un trust che aveva come beneficiari lei e, presumibil-
mente, anche suo figlio. L’operazione aveva lo scopo di sottrarre ai creditori
della moglie le somme derivanti dalla polizza assicurativa ed era stata iniziata
nel North Dakota, luogo di invio via posta della proposta di cessione, ma si era
conclusa a New York, durante il funerale di Carl E. Tallmadge, luogo in cui la
Signora Tallmadge aveva spiegato al proprio fratello le ragioni del trust. Tra le
varie questioni poste ai giudici di terzo grado, vi è anche quella della legge ap-
plicabile alla revocatoria. La questione appare ininfluente, dal momento che
entrambe le leggi rilevanti sembravano risolvere la questione in modo identico:
“The question has been much debated in this case whether the assignment be-
came effective in North Dakota or in New York. There is no evidence in the
record that North Dakota has a statute similar to our own. The Special Term
applied the law of New York, but even on that basis held the transfer to be
fraudulent. The Appellate Division came to the same result, but applied the law
of North Dakota, holding that the assignment was delivered and deposited in the

15
Si veda ancora P. LALIVE, The transfer of chattels, 1955 pp. 130 ss. e DICEY & MORRIS on
the Conflict of laws, 2000, vol. II, commento alla Rule 118.
LE SOLUZIONI GIURISPRUDENZIALI 125

mails and that there was a presumption of acceptance as in cases of gifts”. In


ogni caso, i giudici applicano alla revocatoria la legge del luogo in cui è av-
venuta l’operazione di cessione, che in questo caso è New York: “We think the
transfer of the policy was effected in New York and that the title did not pass
until the declaration of the trust”.
Più interessante è la più recente tra le decisioni americane citate da Batiffol,
quella decisa dalla Circuit Court of Appeals, il 2 aprile 1935 (Royal Baking
Powder Company v. Hessey e altri)16. Questa decisione sconfessa in modo e-
splicito le precedenti in quanto sottopone alla lex rei sitae la questione
dell’opponibilità del trasferimento di un bene.
Ci sembra che in questa decisione si tracci una distinzione netta tra ambito
della lex contractus e la legge regolatrice delle questioni relative ai requisiti per
la validità del contratto, tra le quali rientrano la questione della capacità di con-
trarre e l’opponibilità a terzi. Infatti, il giudice Soper afferma chiaramente la
competenza della legge del luogo in cui si trovano i beni oggetto del trasferi-
mento in fraudem quale unica legge competente a stabilire la revocabilità di un
trasferimento, indipendentemente da quanto affermato dalla legge applicabile al
relativo contratto: “If the rule were otherwise, purchasers at the place where the
merchandise is situated would be charged with knowledge of the laws of a for-
eign jurisdiction”17.

16
Royal Backing Powder C° v. Hessay, 76 F. (2d) 645 (4th Cir. 1935). Si può evitare di
prendere in considerazione la decisione Engelhard v. Schroeder, decisa dalla Court of Errors and
Appeals del New Jersey nel 1921 perché relativa alla validità di una cessione di credito effettuata
dal socio di una società insolvente a favore di sua moglie. La decisione ribadisce che la validità di
una cessione di credito è regolata dalla legge dello Stato in cui è intervenuta la cessione, con
argomentazioni che saranno poi riprese dai giudici del caso Jackson v. Tallmadge (1927)
illustrato sopra, nel testo.
17
Royal Backing Powder C° v. Hessay, 76 F. (2d) 645 (4th Cir. 1935) (Soper C. J.): “The
District Judge held that [the New York Bulk Sales Act, section 44 of the New York Personal
Property Law (Consol. Laws N.Y. c. 41)] was inapplicable to the transfer and that the passage of
title was governed by the law or situs of the assets in Buenos Aires where the assets were situated.
We agree with this finding. It is contended that it is in conflict with the general rule that the law of
the place of contracting determines the validity and effect of a contract. The holding of the
District Court, however, does not violate this rule. The question is really one of conflict of laws,
whether, when a contract of sale is made in one place, and the articles transferred are in another
jurisdiction, the law of the former or the latter should be applied with reference to the claims of
creditors. The Final Draft of the Restatement of Conflict of Laws, §§ 255 and 256 [...] provide in
substance that the formalities necessary for the validity of a conveyance of a chattel, and whether
it is made by a party who has the capacity to convey, is determined by the law of the state where
the chattel is at the time of the conveyance; and it is pointed out [...] that the validity of a
conveyance as to third parties, as, for instance, when it is alleged to be in fraud of creditors, is to
be determined by the law of the state where the chattel is situated”. Per una più recente
affermazione dell’applicabilità della lex rei sitae a un trasferimento in frode ai creditori ad opera
della United States Bankruptcy Court for the District of Massachusetts: In re Morse Tool, Inc. 108
B.R. 384, 385, 386, 388 (1989) secondo la quale non ha senso applicare la legge scelta dalle parti
126 CAPITOLO TERZO

In conclusione, non ci pare che questi precedenti inglesi e americani siano


un buon argomento per sostenere l’applicabilità della lex contractus all’azione
revocatoria ordinaria. Come evidenziato dall’ultima sentenza, la necessità di
proteggere i creditori, che è la finalità dell’azione revocatoria ordinaria, finisce
per essere disconosciuta se si sottopone l’azione alla lex contractus.
Piuttosto il precedente serve di sostegno alla tesi secondo la quale la tutela
dei creditori, attraverso la disciplina dell’opponibilità del contratto in fraudem, è
meglio realizzata attraverso il collegamento territoriale con il luogo in cui il be-
ne ricercato dal creditore è situato18.
In questo senso si può peraltro citare una decisione canadese, ancora più an-
tica, che ha declinato la giurisdizione canadese in un caso in cui l’azione revo-
catoria era stata esercitata per impugnare l’ipoteca volontaria costituita da un
debitore su talune sue proprietà situate nello stato dell’Oregon. Il domicilio ca-
nadese delle parti dell’atto non è rilevante, secondo la Corte suprema canadese,
per la scelta di legge, in quanto la validità della costituzione di ipoteca su un
immobile dipende dalla lex rei sitae e la giurisdizione spetta unicamente al tri-
bunale del luogo di situazione dell’immobile19.

4. L’uso del diritto positivo per conseguire un risultato materiale: il recupero


dei crediti sociali francesi all’indomani delle nazionalizzazioni dell’URSS

Un secondo gruppo di precedenti in materia è dato dalle decisioni cui ha da-


to vita il c.d. imbroglio delle società russe20.
Negli anni venti, all’indomani della rivoluzione russa e delle conseguenti
nazionalizzazioni di imprese da parte dell’URSS, l’azione surrogatoria assurge

ad una «suit in fraudulent conveyance»; in precedenza la United States Bankruptcy Court for the
District of Colorado, In re Kaiser Steel Corp. 87 B.R. 154, 158, 159 (1988), pronunciandosi sulla
natura fraudolenta di un leveraged buy-out con il quale una società californiana aveva
acconsentito alla fusione tra una sua filiale avente sede nel Delaware e una società avente sede
nello stato del Nevada, ha applicato la legge californiana sulla base del metodo c.d. “grouping of
contacts” in quanto questa legge era sia la lex rei sitae, sia la legge del luogo in cui la società
convenuta aveva la sede principale, sia la lex loci actus.
18
Amplius sotto, par. 8 e cap. VI, par. 14.
19
Supreme Court of Canada, Purdom v. Pavey & Company, (1896), 26 S.C.R. 412: “So far
as the lands are concerned, the validity or invalidity of this transaction must depend on the lex rei
sitae – the law of the state of Oregon – and there is no allegation that according to that law a
constructive trust by operation of law would arise by reason of the intent to hinder and delay
creditors or that even an express trust must necessarily ensure to the benefit of or be available for
the satisfaction of creditors. It may be that a mortgagee’s interest according to the law of Oregon
is not exigible.”
20
Si veda B. TRACHTENBERG, Sociétés Russes, 1931, pp. 487 ss. A. SOLLOGOUB, La
Nationalisation des banques en Russie et ses effets à l'étranger, 1938. Il termine « imbroglio » è
di J.-P. Niboyet.
LE SOLUZIONI GIURISPRUDENZIALI 127

a strumento strategico fondamentale per il recupero dei crediti concessi a tali


imprese da banche e società estere. Com’è noto, il fenomeno delle nazionalizza-
zioni aveva assunto proporzioni allarmanti, ed era aggravato dal fatto che
l’Unione Sovietica procedeva alla espropriazione delle società operanti sul pro-
prio territorio, senza prevedere alcun indennizzo in loro favore21.
Una volta nazionalizzate, tali società erano sciolte e cessavano di avere esi-
stenza giuridica, mentre i loro beni passavano allo Stato sovietico e il capitale
sociale finiva spesso nelle mani di scaltri ex amministratori fuggiti all’estero
con importanti somme, detenute ormai a titolo personale. L’assenza di un lien
de droit tra i creditori sociali e le persone degli ex amministratori aveva spinto
alcuni tribunali a dichiarare non ricevibile l’action directe nei loro confronti22.
L’escamotage per riuscire a condannare gli amministratori venne dall’art. 1166
code civil: facendo esercitare, par voie oblique, un’azione di responsabilità nei
confronti degli amministratori della società nazionalizzata ai creditori sociali (in
luogo della società stessa).
Il leading case è una decisione del Tribunal de commerce de la Seine del 12
luglio 192923: “Attendu qu’en principe un créancier ne peut pour cette seule
qualité passer par dessus la personnalité de la société pour atteindre ses admi-
nistrateurs, que ceux-ci sont responsables seulement vis-à-vis de la société et
des actionnaires; - Mais attendu qu’en la circonstance aucune assemblée n’a été
tenue, que la société se trouve privée d’actionnaires et que le défendeurs au pro-

21
Sulla vasta tematica della protezione degli investimenti stranieri e sul dibattito circa le
norme di diritto internazionale che disciplinano le misure ablative del diritto di proprietà si veda
la monografia di M. FRIGO, Le limitazioni dei diritti patrimoniali dei privati nel diritto
internazionale, Milano, 2000.
22
L’assignation degli amministratori en leur nom personnel era fondamentale per
incardinare la competenza dei tribunali francesi, in quanto il loro domicilio in Francia spesso
rappresentava l’unico collegamento della controversia con il suolo francese. Gli attori, pertanto,
citavano gli amministratori en leur nom personnel assieme alle società russe nazionalizzate (e in
liquidazione), chiedendo l’applicazione dell’art. 59 par. 2 del code de procédure civile francese
dell’epoca (ora art. 42 par. 2) che, in caso di pluralità di convenuti, consente di attrarli nel foro del
domicilio di uno di essi, a condizione che l’azione sia seria e non appaia come un artificio di
procedura impiegato per sottrarre il convenuto al giudice naturale. La corte d’appello di Parigi
giudicò corretta questa impostazione, rigettando l’eccezione di incompetenza sollevata dai
convenuti: Cour d’appel de Paris, 7 gennaio 1928, Khorosh c. Société Rossia. Nel merito, tuttavia,
la domanda nei confronti degli amministratori fu rigettata per le ragioni già spiegate nel testo: da
una parte, “les défendeurs n’ont point été personellement parties au contrat passé entre Khorosh et
la Société Rossia” e, dall’altra “il n’est point démontré à leur encontre l’existence d’un délit ou
d’un quasi délit entraînant une responsabilité quelconque” di modo che “l’action directe intentée
contre eux personnellement par Khorosh apparaît comme mal fondée et doit en conséquence être
réjetée”. Si veda anche la decisione del giudice a quo Tribunal civil de la Seine, 26 giugno 1929,
Khorosh c. Société Rossia.
23
Tribunal du commerce de la Seine, 12 luglio 1929, National City Bank of New York c.
Société Renault Russe et autres, con nota di P. GIDE e R. RABINERSON, 1929, p. 526 e ss.
128 CAPITOLO TERZO

cès, administrateurs ou directeurs, se bornent à l’administrer et à gérer ce que la


tourmente révolutionnaire n’a pu atteindre à l’étranger du patrimoine de la So-
ciété Renault russe, [...] Attendu que l’on est en présence d’une société qui né-
glige de demander des comptes à ceux auxquels elle avait confié la gestion de
son patrimoine [...] que les créanciers qui ont un droit de gage général sur tous
les biens de leurs débiteurs ont intérêt à exercer à la place de la Société défail-
lante les droits et actions qu’elle possède par la voie de l’action oblique; Atten-
du que les administrateurs doivent être retenus dans les liens de l’instance, la
National City Bank exerçant les droits et actions de son débiteur, la Société Re-
nault Russe en vertu de l’article 1166 du Code civil; - que les administrateurs
sont les mandataires de cette dernière et que rien ne s’oppose à ce que les créan-
ciers fassent valoir contre les administrateurs les droits que la dite société man-
dante peut avoir contre eux; Attendu que, dans ces conditions, la National City
Bank a valablement attrait les défendeurs pris en leur nom personnel devant ce
tribunal et que son action est recevable [...] Par ces motifs [...] dit que ceux-ci
ont été valablement assignés devant ce Tribunal [...] ordonne de rechercher et
d’établir par qui et au nom de qui [l]es biens [de la Société Renault Russe] sont
actuellement détenus, d’en dresser l’inventaire ...”.
A questa decisione fecero seguito altre decisioni generate da casi simili: tut-
te applicano la legge francese all’azione surrogatoria senza tuttavia spiegarne le
ragioni24. Poiché l’esercizio dell’action oblique si collegava ad operazioni di
liquidazione della società russa, si può pensare che l’applicazione della lex fori
avvenga per analogia con la legge applicabile a tali operazioni di liquidazione.
Bisogna però rilevare che nel giudizio esercitato in via surrogatoria non emerge
lo stato di insolvenza del debitore e neppure si trattava di un giudizio di falli-
mento o di liquidazione ai sensi della legge del 1889 allora in vigore25.

5. L’indicazione della competenza della lex loci commissi delicti in Francia

In una decisione del 1979, il giudice francese ha statuito l’applicabilità della


lex loci commissi delicti all’azione surrogatoria. Essa può essere accostata alle
decisioni che applicavano la lex loci actus all’actio pauliana, sul presupposto
del fondamento delittuale dell’azione26. Inoltre, tale decisione sembra essere la

24
Tribunal du commerce de la Seine, 23 gennaio 1934, Crédit français c. Koulmann, con
nota di J.-P. NIBOYET 1934, p. 784; Tribunal du commerce de la Seine, 21 gennaio 1935, Danske
Landmandsberkvekeselb et Centralbanke for Norge c. Kamenka, Epstein, Société A.D.E.B. et
Lwoff. - Dames Rosenthal et Teitel c. Kamenka, Epstein et Lwoff. - Théodoroff c. Kamenka,
Epstein et Lwoff con nota di J-P. NIBOYET, 1935, p. 491.
25
In questo senso J.-P. NIBOYET, in commento alla seconda decisione cit. alla nt. prec., 1935
p. 500.
26
Oberlandesgericht Stuttgart, 3 gennaio 1871.
LE SOLUZIONI GIURISPRUDENZIALI 129

prima a negare l’applicabilità della lex fori ai casi di action oblique con elemen-
ti di estraneità27.
La questione è stata posta innanzi ad una corte di merito francese ed è deci-
samente troppo complessa per tentarne una sintesi, in quanto coinvolge un ele-
vato numero di parti e solleva diversi problemi giuridici28. Sarà sufficiente, ai
nostri fini, indicare che all’origine del caso vi è l’adempimento non diligente di
un contratto di trasporto internazionale (dal Golfo Persico a Marsiglia) di so-
stanze deperibili (datteri), giunte a destinazione avariate e quindi non commer-
ciabili.
Dopo aver indennizzato l’acquirente, le compagnie di assicurazione della
società destinataria dei datteri agirono contro il responsabile del danno e il suo
assicuratore in Francia, scegliendo questo paese non tanto perché il luogo di
destinazione delle merci era la città di Marsiglia, quanto perché in tale città si

27
Nessun lume si ricava dalla decisione del Tribunal de 1re Instance de Bruxelles, 12
novembre 1999, nº 98/1601/A, inedita, che ha dichiarato irricevibile l’azione surrogatoria
esercitata dal creditore di un giocatore di carte nei confronti di un suo collega, baro, al quale
chiedeva la restituzione delle somme vinte al proprio debitore sulla base di una norma del diritto
svizzero.
28
Vedi Appel Aix-en-Provence, 30 marzo 1979, Cie Ancienne Mutuelle Transports S.A. c. Cie
La Foncière, 1980, pp. 717 ss. con nota di G. Légier. La questione riguarda la spedizione di un
ingente carico di datteri iracheni (circa centoventimila casse) trasportato via terra da Basra (Golfo
Persico) a Beyrouth (Libano) e di qui, via mare, fino a Marsiglia, per conto della società Micasar
(mittente). Tale ultima società aveva assicurato il carico con cinque compagnie diverse: The
Insurance Corporation of Ireland, la Compagnie ancienne mutuelle des Transports, la
Compagnie parisienne de Garantie, la Compagnie Le Continent e la Compagnie La Foncière, le
quali si trovarono poi a sborsare, in suo favore, oltre duecentodiecimila franchi in conseguenza
degli ammanchi e delle avarie riscontrate a Marsiglia nei datteri. Le cinque compagnie d’as-
sicurazione, surrogandosi ai diritti della Micasar ex art. L. 121-12 Code des assurances, citavano
in giudizio innanzi al Tribunal du commerce di Marsiglia, la società Socotrans, vettore-contraente
diretto della Micasar (commissionaire de transport), il suo assicuratore ed i vettori terrestri e
marittimi che avevano effettuato il trasporto per conto della prima (subtrasportatori). Parados-
salmente la compagnia di assicurazione del vettore era proprio una filiale libanese (senza
personalità giuridica autonoma) della compagnia La Foncière, già attrice in giudizio (!). Il
giudizio di primo grado si concludeva con la condanna della società Socotrans, che aveva emesso
il titolo di trasporto (consignment-note), in solido con la società Trading Transports, vettore
terrestre, in quanto era emerso nell’istruttoria che l’insorgere del danno doveva ricondursi al
trasporto via terra; il giudice, invece, dichiarava d’ufficio irricevibile l’azione che le prime quattro
compagnie assicuratrici citate avevano proposto contro la società La Foncière, sulla base del
discutibile argomento per cui l’accoglimento della domanda avrebbe loro consentito di ottenere
due volte la riparazione della totalità del pregiudizio subìto: una prima volta dalle società
Socotrans e Trading Transports ed una seconda volta dalla compagnia La Foncière (sic). Le
quattro compagnie assicuratrici appellavano la sentenza di primo grado nei confronti della
compagnia La Foncière, su quest’ultimo punto. Com’era previdibile, la Cour d’appel riformava la
sentenza di primo grado dichiarando bensì ricevibile la domanda nei confronti de La Foncière, ma
la respingeva nel merito.
130 CAPITOLO TERZO

trovava la sede di una delle numerose compagnie alle quali era stato affidato il
trasporto29. La sentenza di primo grado, accertata la responsabilità nel deperi-
mento dei datteri delle società che avevano curato il trasporto via terra, le con-
dannava, in solido tra loro, al risarcimento del danno, ma dichiarava irricevibile
la domanda attorea nei confronti dell’assicuratore di queste ultime. Tale punto
della sentenza formava oggetto di gravame presso la Cour d’appel di Aix-en-
Provence, alla quale le compagnie di assicurazione chiedevano che l’assicu-
ratore del vettore fosse condannato a risarcire il danno da loro patito. Le appel-
lanti chiedevano l’applicazione delle norme francesi relative al diritto del dan-
neggiato di esperire l’azione diretta contro l’assicuratore, e, sussidiariamente,
dell’art. 1166 Code civ.30. La convenuta eccepiva che il conflitto di leggi dove-
va essere risolto a favore dell’applicazione della legge libanese, lex contractus,
scelta dalle parti ed oggetto di una clausola del contratto di assicurazione. Nel
silenzio della motivazione della sentenza di primo grado, è lecito presumere che
la legge francese sia stata applicata in quanto lex fori, quindi competente a ri-
solvere le questioni di “procedura”31.
In un obiter dictum, la Corte d’appello argomenta per la qualificazione so-
stanziale dell’azione surrogatoria di diritto francese escludendo perciò che la
legge francese potesse essere applicata a titolo di lex fori. Inoltre la Corte indica
che sarebbe applicabile la legge libanese, non in quanto legge applicabile al
contratto di assicurazione (rapporto secondario) o al contratto di trasporto (rap-

29
Come nell’affaire delle società russe, anche qui entra in gioco l’art. 42 par. 2 del Code de
procédure civile francese che consente di attrarre tutti i convenuti nel foro del domicilio di uno di
essi. Si segnala, sin d’ora, tuttavia, che nella prassi applicativa dell’art. 1166 c.c. la nazionalità
francese del demandeur è stata spesso ritenuta sufficiente per incardinare la competenza innanzi
alle corti francesi. Per un recente esempio si veda Cassation 16 febbraio 1995, Société Guy
Couach Plascoa c. Martabano, con nota critica di P. COURBE. La Corte ha cassato per violazione
dell’art. 14 del code de procédure civile la sentenza con la quale la Cour d’appel di Bordeaux
aveva declinato la giurisdizione in una controversia instaurata da una Società francese
(subfornitore) nei confronti di un cittadino americano che aveva commissionato ad una società
americana la costruzione di un natante.
30
L’invocazione dell’art. 1166 del Code civil è giustamente censurata dalla Cour d’appel, (si
veda la decisione cit., a p. 722), poiché l’articolo “permet seulement au créancier d’exercer
l’action de son débiteur, dans le patrimoine duquel rentre le bien ou les sommes ainsi récupérées;
que tel n’est pas l’objet de l’action des compagnies d’assurances appelantes qui, tendant à une
condamnation de la Compagnie La Foncière à leur profit, en tant que subrogée aux droits de la
victime, la Société Micasar, est une action directe et non une action oblique [...]”.
31
Nonostante la polizza d’assicurazione stipulata dalla Socotrans con La Foncière
contenesse una clausola di electio iuris a favore “degli articoli da 950 a 1023 del Codice libanese
delle obbligazioni e dei contratti”, secondo le appellanti era competente la legge francese in tema
di action directe a titolo di lex fori, trattandosi di questioni di procedura e non di merito. Per la
stessa ragione indicavano l’applicabilità dell’art. 1166 del code civil francese in tema di action
oblique, dal momento che la Socotrans non aveva, inizialmente, chiamato in garanzia la
compagnia La Foncière, il proprio assicuratore, trascurando così di esercitare un proprio diritto.
LE SOLUZIONI GIURISPRUDENZIALI 131

porto principale), ma a titolo di lex loci delicti: “Attendu que la question de sa-
voir si les compagnies d’assurances appelantes peuvent se prévaloir d’une ac-
tion directe contre l’assureur de la Société Socotrans relève de la compétence
législative, c’est-à-dire du conflit de lois, et non de la compétence judiciaire;
qu’il s’agit en effet de savoir non pas si les compagnies d’assurances appelantes
pouvaient, comme elles l’ont fait, assigner la Compagnie La Foncière devant le
Tribunal de commerce de Marseille, question de procédure relevant de la loi
française en tant que lex fori, mais bien si la Société Micasar aux droits de la-
quelle elles sont subrogées, avait le droit de demander indemnisation de son
préjudice directement à l’assureur de son commissionnaire de transport, ques-
tion touchant au fond [...] Attendu que vainement les compagnies d’assurances
appelantes invoquent subsidiairement les dispositions de l’article 1166 du Code
civil français; qu’il s’agit là encore non d’une loi de procédure mais d’une loi de
fond; que pas davantage les appelantes ne démontrent que le droit libanais, ap-
plicable comme lex loci delicti, leur permettait de se substituer à la Société So-
cotrans pour demander paiement à l’assureur de celle-ci de l’indemnité
d’assurance”32.
Se l’applicazione della lex loci delicti all’azione diretta, si può spiegare con
il riferimento ad una giurisprudenza costante, in materia di danni derivanti dalla
circolazione dei veicoli, recepita in modo acritico dal giudice di merito, assolu-
tamente inspiegabile appare l’obiter dictum sulla possibilità di ricorrere a tale
criterio di collegamento per l’action oblique. Con l’autore della nota alla deci-
sione appena citata, osserviamo che non si comprende come, in una fattispecie
in cui la natura della responsabilità era sicuramente contrattuale, potesse venire
in rilievo la lex loci delicti33.

6. La ponderazione degli interessi nella giurisprudenza tedesca: la c.d. “Inte-


ressenabwägungsregel”

Un articolo scritto da Fragistas nel 1939 ha dato un nuovo impulso alla giu-
risprudenza tedesca, dopo le esitazioni di cui si è dato conto sopra. Esso è anco-
ra percepibile dopo oltre sessanta anni. Infatti, due decisioni, intervenute rispet-
tivamente nel 1980 e nel 199434, danno al problema di diritto internazionale pri-
vato posto dalla Gläubigeranfechtung una soluzione che influenzerà poi anche
la scelta del legislatore tedesco della riforma. Essa discende dall’adozione di
una specifica metodologia; più precisamente, dall’applicazione di una norma di

32
Appel Aix-en-Provence, 30 marzo 1979, Cie Ancienne Mutuelle Transports S.A. et autres
ie
c. C La Foncière.
33
G. LÉGIER, nota, 1980, p. 726: “[...] en l’absence de délit, la lex loci delicti n’avait pas à
intervenir pour l’action oblique”.
34
Si vedano, rispettivamente, le nt. 36 e 39 qui di seguito.
132 CAPITOLO TERZO

concretizzazione occulta che prescrive una valutazione comparativa degli inte-


ressi di tutte le parti coinvolte in un giudizio per la revoca di un atto. Questa
norma è designata come Interessenabwägungsregel, cioè, letteralmente, norma
di pesatura degli interessi e ha una natura profondamente diversa dalla Anknüp-
fungsregel, cioè dalle norme tradizionali che individuano un momento di colle-
gamento con uno specifico ordinamento, all’interno di una fattispecie35.
Il primo caso, risolto dalla Corte federale tedesca, nasce dalla pretesa di una
società di ottenere da un proprio dipendente, che aveva commesso numerosi atti
d’infedeltà patrimoniale, la somma che questi aveva utilizzato per acquistare un
terreno sotto la copertura di una Anstalt del Liechtenstein, della quale un suo
complice era unico proprietario e fondatore36. L’ex procuratore e contabile della
società attrice, E., era stato già condannato dal Tribunale penale di Francoforte a
lunghe pene detentive per infedeltà patrimoniale, assieme al suo complice T.,
sui conti del quale erano transitate le somme sottratte. Lo stesso T. aveva
partecipato al giudizio ed era stato condannato a pagare 2.000.000 di marchi
alla società attrice dal Landgericht di Francoforte sul Meno. Il giudizio di
revoca nasce probabilmente per l’infruttuosità dei procedimenti esecutivi
conseguenti a tali condanne. Grazie ad esso la società attrice cerca di mettere le
mani su di un terreno del valore di 700.000 marchi in proprietà della Anstalt
costituita da T., su consiglio della propria banca, conformemente al diritto del
Liechtenstein. La costituzione era intervenuta poco dopo che T. aveva ricevuto
da E. il denaro di provenienza illecita che questi non voleva più tenere nei conti
a proprio nome. Bisogna anche precisare che l’Anstalt era già stata posta in
liquidazione al momento del giudizio di revoca. L’attrice aveva escogitato
diverse argomentazioni giuridiche per ottenere di soddisfarsi sul bene immobile
appartenente alla Anstalt. In primo grado aveva fondato la propria richiesta sulla
responsabilità per fatto illecito o, in subordine, per arricchimento ingiustificato;
inoltre, la responsabilità dell’Anstalt per i debiti dell’unico socio era stata
costruita come responsabilità in via di regresso invertita [cioè invertita rispetto
all’ordinaria responsabilità in via di regresso, quella del socio per i debiti
sociali]. Vedendo respinte in primo grado tutte le proprie domande, l’attrice
impugna la decisione di rigetto, riproponendo le domande formulate in primo
grado e aggiungendo, con una nuova domanda, l’azione revocatoria. La deci-
sione in grado di appello accoglie la domanda di revoca dell’appellante, ma
limita a 500.000 marchi il valore recuperabile dall’attrice appellante. Pertanto,
entrambe le parti, per motivi opposti, chiedono alla Corte federale la revisione
della decisione in grado di appello.
Delle questioni giuridiche sollevate dalle parti alla controversia, interessa

35
Cfr. per es. G. HOCHLOCH, Gläubigeranfechtung international, 1995, p. 308:
“Anknüpfungsregel statt Abwägungsregel”.
36
Bundesgerichtshof, 5 novembre 1980, VIII ZR 230/79 con nota di B. GROßFELD,
Gläubigeranfechtung und Durchgriff, 1981, pp. 116 s.
LE SOLUZIONI GIURISPRUDENZIALI 133

qui prendere in considerazione quella posta dell’esercizio dell’azione revo-


catoria37. È evidente che, per decidere della revocabilità del conferimento del
terreno in società, si rendeva preliminarmente necessario stabilire se fosse
competente a fornire la disciplina della revoca la legge tedesca ovvero quella
del Liechtenstein, luogo di costituzione della società. L’alta giurisdizione
tedesca, esprimendosi sulla base delle norme dell’EGBGB anteriore alla
riforma, offre un’analisi molto dettagliata ma in definitiva abbastanza in-
concludente del problema. Il Bundesgerichtshof ammette che l’impugnazione in
revocatoria si fonda su di un rapporto obbligatorio ex lege ma respinge l’idea
che possa avere in proposito un valore decisivo il luogo di adempimento
dell’obbligazione. Passando a esaminare la situazione degli interessi, eviden-
temente sulla scorta delle osservazioni di Fragistas arricchite dalle ben note
argomentazioni di Kegel, il Bundesgerichtshof nega ogni legittimità alla tutela
dell’affidamento dal momento che il convenuto era in mala fede e il dipendente
infedele aveva utilizzato l’Anstalt come copertura.
La Corte tedesca dichiara apertamente che un criterio di collegamento che
conduca all’applicazione del diritto straniero al fine di garantire la tutela
dell’affidamento dei terzi e della sicurezza dei traffici non merita alcuna
attenzione se gli interessi meritevoli di tutela nel caso di specie non esistono a
causa di un comportamento fraudolento. Posti così da parte gli elementi
internazionali della fattispecie, la questione diventa di puro e semplice diritto
tedesco. In conclusione, la revisione richiesta dall’Anstalt convenuta è rigettata
e viene confermata la decisione della Corte d’Appello sul punto della revoca.
Sulla questione del diritto applicabile alla revoca il Bundesgerichtshof sotto-
linea che non è possibile trovare il “punto di gravità” dell’azione revocatoria.
Bisogna allora abbandonare il metodo tradizionale e, di conseguenza, lasciare
aperta la questione di sapere se alla revoca si applichi la legge competente per la
pretesa materiale (alla soddisfazione della quale serve la revocatoria) oppure la
legge del luogo di domicilio del debitore, in quanto sede del suo patrimonio
(principio di effettività). Infatti, il Bundesgerichtshof preferisce far discendere
la soluzione “soppesando gli interessi”. Pertanto, esso indica che, dal punto di
vista del creditore, il diritto di revoca deve essere valutato in base all’ordi-
namento competente per i rapporti tra creditore e debitore. Tuttavia in taluni

37
Si può trascurare la questione, oggetto della richiesta di revisione dell’attrice, che consiste
nel sapere se la responsabilità prevista dalla legge tedesca poteva essere fatta valere nei confronti
di una società avente uno statuto personale retto da un’altra legge. Giustamente il BGH ritiene che
la materia appartenga allo statuto personale della società. Si ha così una nuova manifestazione
della regola secondo la quale tutto quello che attiene alla società, ivi compresi i conferimenti, è
regolato dallo statuto personale della società. Come osservato da T. BALLARINO in diverse
occasioni (si vedano, tra i lavori recenti, From Centros to Ubersëering, 2002, pp. 203 ss.; Les
règles de conflit sur les sociétés commerciales, 2003, pp. 374 ss.; Sulla mobilità delle società
nella Comunità Europea, 2003, pp. 669 ss.) si ha, in questi casi, una sorta di subsistema
unilaterale: si applica la legge che vuole essere applicata.
134 CAPITOLO TERZO

casi si rende necessario scongiurare l’“effetto sorpresa” (Überraschungseffekt)


che potrebbe avere il diritto applicabile a questo rapporto nei confronti del terzo
acquirente. Il Bundesgerichtshof precisa che l’effetto sorpresa può essere accet-
tato se si tratta di un’azione ex art. 3 par. 1 n. 1 AnfG (ante riforma), ossia
quando l’atto è frutto della collusione tra il debitore e il terzo; mentre non può
essere accettato per le altre revocatorie, quando la buona fede del terzo lo rende
meritevole di protezione. Pertanto la soluzione data dalla Corte consiste
nell’indicare in via generale che nel conflitto tra il creditore e il terzo che si op-
pone alla revoca vince il secondo. Questi pertanto potrà pretendere l’ap-
plicazione della “propria” legge, salvo il caso in cui, a causa della sua malafede
egli non meriti tale protezione38.
Come si vede, per risolvere il problema internazionalprivatistico, il Bundes-
gerichtshof si trova a valutare immediatamente questioni sostanziali, dalla cui
soluzione dipende la scelta della norma di diritto internazionale privato applica-
bile.
Inoltre, la regolamentazione di diritto internazionale privato consta di due
regole diverse: una per la revocatoria degli atti conclusi in buona fede
dall’avente causa del debitore, l’altra per la revocatoria degli atti conclusi in
mala fede. La prima norma fa prevalere l’interesse del terzo all’applicazione
della “propria” legge; la seconda fa prevalere l’interesse del creditore all’ap-
plicazione della legge per lui conoscibile.
L’applicazione della legge regolatrice del rapporto tra creditore e debitore
all’azione revocatoria diventa una sorta di sanzione contro il terzo acquirente in
mala fede. Sul piano del diritto internazionale privato la collusione del debitore
e del terzo contro il creditore viene così punita privando i primi due delle prero-
gative loro garantite dalla legge applicabile ai loro rapporti.
La soluzione è stata recepita anche da una successiva decisione del Landge-
richt di Berlino.
Il caso si rivela interessante anche perché la revocatoria è esercitata in via di
eccezione nell’ambito di un giudizio di opposizione di terzo all’esecuzione for-
zata. Pertanto, le posizioni sono invertite: attore è il terzo acquirente che si op-
pone alla revoca; convenuta è la creditrice del dante causa dell’attore, che la
chiede. Nella fattispecie la creditrice tedesca, produttrice di macchine per la tra-
sformazione di alimenti, aveva ottenuto un ordine di sequestro e pignoramento
di una Mercedes Benz 500 SL acquistata nel 1992 dal titolare di un’impresa
polacca di produzione e confezionamento di alimenti, sua debitrice inadempien-

38
Secondo Ch. VON BAR, IPR, I, 1987, pp. 496 ss., il ragionamento della Corte ha il merito di
precisare il ruolo che deve essere rivestito dalla c.d. “fraus legis”: la Corte ha infatti proceduto a
un’analisi dei contatti tra la fattispecie concreta e gli ordinamenti giuridici ai quali essi rinviano
(c.d. “grouping of contacts) al fine di individuare il contatto più forte (“aufgrund einer Summe
von Indizien das Recht zu suchen ist, zu dem die stärkste oder die engste Verbindung besteht”).
Piuttosto che di fraus legis sembra più corretto parlare di principio di effettività.
LE SOLUZIONI GIURISPRUDENZIALI 135

te. L’impresa aveva portato l’automobile presso la sede della Mercedes Benz a
Berlino per una riparazione, e in tale luogo l’automobile era stata colpita dal
citato provvedimento giudiziario. Al sequestro e pignoramento si era opposto il
padre del debitore sostenendo di essere l’attuale proprietario dell’auto. Tra le
varie eccezioni formulate nel giudizio di opposizione di terzo, l’attrice aveva
esercitato la revocatoria dell’atto di compravendita stipulato tra padre e figlio,
in quanto attuato per frodare le proprie ragioni di credito.
Riferendosi al caso deciso dal Bundesgerichtshof nel 1980, il Landgericht di
Berlino osserva che, per scegliere la legge da applicare alla revoca, bisogna ri-
farsi ai momenti di collegamento considerando gli interessi delle parti ai rappor-
ti obbligatori dedotti in giudizio: “Der BGH verweist für die Frage des anzu-
wendenden Rechts in einem derartigen Fall auf eine Einzelfallprüfung: Anzu-
knüpfen sei “unter Berücksichtigung der Interessenlage an die Besonderheiten
des jeweiligen Schuldverhältnisses”. Als Anknüpfungspunkte erörtert der BGH
in der gennannten Entscheidung insbesondere das Recht, dem der materielle
Anspruch unterliegt, zu dessen Befriedigung die Anfechtung dienen soll, den
Erfüllungsort sowie das Recht, das über den anfechtbaren Erwerbsakt be-
stimmt” 39.
Il Landgericht individua due momenti di collegamento: il diritto del luogo
di adempimento della pretesa materiale alla cui soddisfazione serve la revocato-
ria (mentre il diritto scelto dalle parti per regolare il diritto di credito non è
competente per la revocatoria, in quanto essa si basa sulla legge, non sul con-
tratto); il diritto che disciplina il contratto impugnato con la revocatoria.
Tra questi punti di vista, l’unico che deporrebbe a favore dell’applicazione
del diritto polacco alla pretesa promana dalla necessità di proteggere l’affi-
damento dell’acquirente del bene, il padre dell’attore e debitore, nonché la sicu-
rezza dei trasferimenti. A ben guardare, tuttavia, nei casi come quello di specie,
in cui l’assenza di buona fede del terzo acquirente appare manifesta, il rischio di
deluderne l’affidamento e quello di compromettere la sicurezza dei traffici è
molto basso, se non inesistente. Così il Landgericht afferma che, nella mappa
degli interessi [Interessenlage], questo interesse del terzo perde importanza de-
cisiva.
Inoltre, ha rilevanza la circostanza che anche il codice polacco conosce
l’azione revocatoria ordinaria: il padre del debitore, acquistando la Mercedes
dal figlio, del quale conosceva lo stato di insolvenza, sapeva o era comunque in
grado di sapere che il suo acquisto avrebbe potuto essere soggetto a revoca. Il
Landgericht, rilevando che anche in Polonia esiste un “diritto di revoca” (Anfe-
chtungsrecht) i cui presupposti sono simili a quelli del diritto tedesco, ritiene
che non esiste nella fattispecie nessun affidamento che meriti protezione: il pa-

39
Landgericht Berlin, 22 giugno 1994, 28 O 588/93 e la nota di G. HOCHLOCH,
Gläubigeranfechtung international, 1995, pp. 306 ss.
136 CAPITOLO TERZO

dre “avrebbe dovuto immaginare che tutte le vendite importanti fatte da suo fi-
glio erano potenzialmente revocabili (potentiell „anfechtungsgefährdet“)”40.
Pertanto, l’applicazione del diritto tedesco è fatta discendere da un insieme
di circostanze diverse. Tra queste alcune, ma non tutte, possono essere intese
come momenti di collegamento territoriali. I momenti di collegamento rilevanti,
indicati dal Landgericht, sono gli stessi presi in considerazione dalle decisioni
americane citate sopra: si fa riferimento al luogo in cui avrebbe dovuto trovare
esecuzione il diritto di credito discendente dal contratto di fornitura di merci e
rimasto inadempiuto: “Il luogo di adempimento del contratto che fonda la revo-
ca … depone, anche questo, a favore della legge tedesca”41.
La seconda circostanza alla quale il Landgericht attribuisce rilievo riguarda
l’esistenza, nel contratto di fornitura del quale si pretende il pagamento, di una
clausola sul diritto applicabile, che rinvia alla legge tedesca.
Nel caso di specie, poiché le preoccupazioni di tutela dell’affidamento e del-
la sicurezza dei traffici possono essere trascurate, è a questo punto di vista che
bisogna dare il maggiore peso: “il diritto tedesco applicabile al contratto plasma
anche in definitiva il diritto alla revoca e poiché, come esposto, non ci sono
punti di vista degni di tutela che depongono a favore del diritto patrio [sic!], il
Collegio applica qui le disposizioni dell’AnfG” 42.
Nella giurisprudenza tedesca ante riforma l’azione revocatoria è analizzata
come un conflitto tra statuti: quello del credito e quello dell’acquisto; un conflit-
to la cui soluzione impone un esame nel merito della buona fede del terzo ac-
quirente. In esito alla valutazione discrezionale circa la sussistenza di tale ele-
mento, il giudice applica la legge che il terzo “merita” di vedere applicata. Se
costui è in buona fede deve prevalere la legge regolatrice del contratto di trasfe-
rimento del bene: legge che tutela, allo stesso tempo, l’affidamento e la sicurez-
za delle transazioni. Il disconoscimento della legge applicabile al rapporto ob-
bligatorio tra il debitore e il terzo assume una connotazione sanzionatoria, quasi
che la mala fede del terzo fosse punita con l’applicazione di un regime sfavore-
vole. In definitiva, la buona fede del terzo assurge a parametro di valutazione
della sua meritevolezza di tutela giuridica; una tutela che si esprime attraverso
l’applicazione della propria legge: l’heimisches Recht!
Affiora una concezione che non pare troppo lontana da quella soggiacente
all’antico privilegio di giurisdizione dei cittadini: infatti, dietro l’heimisches

40
Landgericht Berlin, 22 giugno 1994, 28 O 588/93, p. 324.
41
Ibidem: “Der Erfüllungsort des zugrundeliegenden Liefervertrages [...] spricht zwar eher
für Deutschland”.
42
Ibidem: “Damit prägt das deutsche Recht des Vertrages, auch entscheidend das
Anfechtungsrecht mit, und weil [...] keine besonderen Schutzwürdigkeitsgesichtspunkte
zugunsten des heimischen Rechtes des Kl. sprechen, wendet die Kammer hier die Bestimmungen
des AnfG an”.
LE SOLUZIONI GIURISPRUDENZIALI 137

Recht si può leggere una sorta di privilegio di legge, o un’eco del qua lege vi-
vis?
Vedremo in proposito che ogni ordinamento deve provvedere a risolvere
questi problemi dal proprio punto di vista e che, per l’ordinamento italiano, i
criteri rilevanti sono differenti a seconda del rimedio protettivo del credito che
viene in considerazione: emergono in altre parole da un’analisi strutturale
dell’istituto delineato dalla legislazione.

7. Il Constructive trust nel diritto internazionale privato. Cenni

È opportuno ricordare, per completezza, la decisione del Tribunale federale


svizzero43 sulla legge applicabile al constructive trust costituitosi, secondo gli
Stati Uniti d’America, su fondi che la CIA aveva messo a disposizione della
Enterprise, organismo-fantoccio creato per attuare operazioni strategiche della
Presidenza di Ronald Reagan in America Latina (contras nicaraguensi) e in Iran
(da cui risultò poi lo scandalo Irangate), tra il 1981 e il 198644. Entrambe le o-
perazioni furono smascherate tra l’ottobre e il novembre del 1986: il 5 ottobre,
dopo l’abbattimento di un aereo dei contras in Nicaragua, si poté costatare che il
pilota era un cittadino degli USA; il 3 novembre la stampa libanese rivelò la
notizia che l’Iran, allora sotto embargo, riceveva segretamente armi americane
dalla CIA (attraverso l’Enterprise) per la liberazione degli ostaggi americani
detenuti dagli studenti khomeinisti nell’Ambasciata USA di Teheran. Alla resa
dei conti, la CIA scopre che gli USA sono stati frodati e che due membri
dell’Enterprise si sono appropriati di almeno 6.340.000 USD falsificando le
voci del bilancio relative, da una parte, al finanziamento dei Contras del Nica-
ragua, dall’altra, ai proventi della vendita di armi all’Iran. Nel corso dell’inchie-
sta della CIA e dei processi contro i due “agenti” degli Stati Uniti, il signor S. e
il signor H., i conti svizzeri utilizzati per compiere le operazioni in questione
vengono sequestrati dall’avvocato del secondo, che reclamava il proprio com-
penso per l’attività difensiva svolta a favore del suo cliente dal momento della
sua implicazione nello scandalo Irangate (1986) fino al 1994.
Le somme sequestrate erano rivendicate dagli USA che se ne attribuivano la
proprietà sostenendo che l’avvocato svizzero di H. avrebbe dovuto sequestrare
esclusivamente i beni del suo cliente mentre le somme in questione non dove-
vano ritenersi parte del patrimonio di quest’ultimo. L’appartenenza delle som-
me agli USA era contestata dall’avvocato svizzero sulla base del dato formale
relativo alla titolarità dei conti, i quali appartenevano a H. e a numerose società
offshore, sin dalla loro apertura e negoziazione con la banca.

43
Tribunal féderal suisse, IIe Cour Civile, 19 novembre 2001, X c. Stati Uniti d’America.
44
Si veda il commento di Z. CRESPI REGHIZZI, Constructive Trust, 2004, p. 465 alla sentenza
di cui alla nota precedente.
138 CAPITOLO TERZO

Secondo l’avvocato svizzero, partendo da questa considerazione si doveva


anzitutto ritenere applicabile il diritto svizzero alla questione dell’appartenenza
delle somme, in ossequio alla clausola di elezione del foro presente nei contratti
di apertura dei conti presso la banca svizzera (e presso la società chiamata W. su
cui non ci dilunghiamo).
Secondo la ricostruzione giuridica dei fatti operata da parte americana, il da-
to formale della titolarità dei conti non poteva essere fatto valere per evitare
l’applicazione del diritto americano competente a regolare i rapporti tra gli USA
e i suoi “agenti” dell’Enterprise. Partendo dalla qualificazione di questo rappor-
to come un rapporto di “agency”, gli USA chiedono l’applicazione delle norme
americane che consentono al giudice di costituire un constructive trust sulle
somme che gli USA stessi avevano messo a disposizione dell’Enterprise per
attuare determinate operazioni. In altre parole, queste norme consentono al giu-
dice di costituire un trust fittizio sulle somme non restituite dall’agente in viola-
zione della fiducia inerente al rapporto di agency. Il diritto continentale e,
nell’ambito di questo, il diritto svizzero, interpreta queste norme come istitutive
di una cessione ex lege della titolarità dei beni e dei crediti conseguiti dal man-
datario in violazione del mandato e in frode al mandante, a vantaggio di questi.
Secondo il tribunale svizzero l’attivo realizzato in violazione della fiducia ine-
rente al rapporto di agenzia diventa oggetto di un pegno legale e il mandante
ottiene un diritto di séguito su tali beni, quand’anche siano passati in mano a
terzi, caso nel quale il mandante si surroga ai diritti dell’agente-mandatario45.
Poiché la cessione ex lege è regolata dal diritto applicabile al rapporto origi-
nario tra il cedente e il cessionario, ossia tra gli USA e H., la fattispecie deve
essere decisa secondo il diritto americano.
Senza entrare nel merito della traduzione svizzera della qualificazione del
constructive trust, si può notare che questo ragionamento è inficiato dall’esi-
stenza di un circolo vizioso: il tribunale federale muove dalla considerazione del
diritto americano, applicabile al rapporto di agency, traduce le conseguenze
dell’applicazione del diritto americano nel linguaggio giuridico svizzero crean-
do così la necessità di domandarsi quale sia secondo il diritto svizzero la legge
applicabile alla cessione ex lege di beni e crediti. Bisogna però evidenziare che
questa necessità discende dalla primitiva applicazione del diritto americano:
infatti la qualificazione lege fori della fattispecie concreta non avrebbe affatto
condotto alla questione della legge applicabile alla cessione di crediti ex lege,
ma sarebbe rimasta confinata alla questione della legge applicabile alla titolarità
dei fondi sequestrati.
Più precisamente, la questione controversa riguardava la legge applicabile al
diritto del terzo (gli USA) che si oppone all’esecuzione sui beni oggetto di que-
sto suo preteso diritto e sottoposti a esecuzione forzata (i beni sequestrati

45
Si veda il punto 3 della motivazione della decisione.
LE SOLUZIONI GIURISPRUDENZIALI 139

dall’avvocato di H. e di cui sono titolari H. e alcune società offshore). Se il terzo


vanta un diritto reale di garanzia nato in un ordinamento straniero o secondo un
diritto straniero dal quale è disciplinato, il giudice si trova di fronte al dilemma
di dare o negare riconoscimento, nel proprio ordinamento, a questo diritto del
terzo. La questione si risolve con un sì o con un no.
Nel caso del constructive trust, tuttavia, il diritto reale di garanzia sui beni
contesi sorge in conseguenza di una decisione del giudice e non esiste prima di
tale pronuncia. Il caso può essere allora accostato a quello di un’azione revoca-
toria ordinaria con elementi di estraneità e, in particolare al caso in cui la rela-
zione di credito è soggetta a un diritto straniero.
Anche in questo caso, il giudice non si trova di fronte a un diritto reale di
garanzia perfezionato in un ordinamento straniero e dunque non ha il dilemma
prefigurato sopra circa la riconoscibilità o la non riconoscibilità del diritto reale
straniero. Il giudice sa che il suo collega americano ha il potere di costituire un
diritto reale sopra il bene conteso o, più precisamente, di costruire un trust fitti-
zio, un constructive trust, di modo che, indipendentemente dalla titolarità for-
male dei conti sequestrati, l’equitable owner di tali somme sia la Presidenza
degli Stati Uniti d’America.
Una volta stabilito che la relazione di H. con gli USA è soggetta al diritto
americano e che il diritto americano applicabile a quella relazione prevede la
costituzione di un constructive trust a vantaggio del mandante quando l’agent
viola la fiducia, bisognava allora stabilire se questa sanzione americana potesse
essere irrogata all’avvocato di H., un terzo rispetto alla relazione di agency, che
aveva fatto affidamento sulle somme in proprietà di H. o di società a lui collega-
te.
Questo è il problema di diritto internazionale privato che il giudice svizzero
avrebbe dovuto risolvere, mentre a torto si è interrogato sul diritto applicabile al
constructive trust, cercando, sulla scorta delle osservazioni di parte, una tradu-
zione plausibile dell’istituto nel diritto svizzero e una norma di diritto interna-
zionale privato applicabile all’istituto omologo.
La soluzione data dalla Corte va comunque nel senso di ammettere il pro-
dursi di quell’effetto inopportuno, che la dottrina tedesca chiama c.d. effetto
sorpresa, e che consiste nel privare un terzo di una garanzia o di un diritto da lui
acquisito, per effetto dell’applicazione di una legge straniera da lui non preve-
dibile.
È inevitabile comunque rilevare che la decisione favorisce un governo stra-
niero contro pretese, chiaramente eccessive, di un professionista che si era “pre-
stato al gioco”.

8. Una valutazione conclusiva alla luce della giurisprudenza recente

Le decisioni rese tra il 1870 e il 1930 sono citate volentieri dalla dottrina
140 CAPITOLO TERZO

francese, sia quella più risalente, sia quella contemporanea46. È stato tuttavia
rilevato che l’interpretazione di queste decisioni rivela solo la tendenza assez
naturelle all’applicazione della propria legge da parte dei giudici, e non contie-
ne alcun insegnamento reale47. Al di là di questa spiegazione socio-antro-
pologica tale giurisprudenza è censurabile perché pare fondata più sul-
l’ignoranza della legge straniera che sull’applicazione della legge del foro in
virtù di norme e principi di diritto internazionale privato.
È evidente che il diritto internazionale privato, nella concezione sottesa a
queste decisioni, ha una funzione protettiva nei confronti del diritto interno.
D’altra parte, le istanze nazionalistiche caratteristiche dell’epoca, facevano per-
cepire l’interesse nazionale come obiettivo primario del diritto internazionale
privato rispetto al raggiungimento di obiettivi comuni a una società internazio-
nale affermatisi soltanto in una fase successiva48.
Si rendeva perciò necessaria l’elaborazione di un sistema scientificamente
fondato che potesse servire da supporto teorico e razionale alle citate tendenze
introverse degli ordinamenti nazionali. Questa esigenza è stata fatta propria, tra
gli altri, da Bartin, fautore della concezione di diritto internazionale privato pro-
babilmente più adatta a quel periodo storico.
Nell’interpretazione di Bartin si sono avute anche delle vere e proprie derive
dell’impostazione ora detta, come l’uso delle tecniche e degli utensili del diritto
internazionale privato per evitare l’applicazione di una legge straniera o per il
conseguimento di un certo risultato materiale49. Una tendenza degenerativa an-

46
P. ARMINJON, Précis, t. III, 1952, p. 259. É. BARTIN, Principes, 1930, pp. 444 ss. Si veda
dello stesso autore la nota a Cassation 17 gennaio 1899, Epoux de Bourbon de Bari c. Bourbon de
Caserte. Y. FLOUR, L’effet des contrats à l’égard des tiers, 1977, pp. 301 ss.
47
Y. FLOUR, loc. cit. e già H. BATIFFOL, Les conflits de lois en matière des contrats, 1938, p.
392, sempre a proposito dell’action oblique parla della «tendance naturelle des juges à appliquer
leur propre loi». Su cui v. sotto, pp. 163 nt. 35.
48
Come spiega B. AUDIT, Le caractère fonctionnel, 1984, p. 233, “Procéder par
détermination du champ d’application des lois conduit – surtout à partir du moment où les conflits
ne sont plus seulement interprovinciaux mais internationaux – à voir un conflit de souverainetés
là où il y avait un conflit d’intérêts privés”. L’acquisita consapevolezza della coincidenza tra
ordinamento giuridico e Stato ha agevolato l’affermazione di una concezione pubblicistica del
diritto internazionale privato. In questa prospettiva, il diritto internazionale privato è volto in
primo luogo a dirimere i conflitti positivi di competenza legislativa tra Stati e non a risolvere i
problemi degli individui. Cfr. e pluribus A. BONNICHON, La notion de conflit de souverainetés,
1949, pp. 615 ss. e 1950, pp. 11 ss.
49
B. AUDIT, Le caractère fonctionnel, 1984, pp. 243 ss. ricorda come in Germania, poi in
tutta Europa, il movimento noto come Interessenjurisprudenz si era fatto portatore di critiche
simili a quelle della successiva “conflicts revolution” americana, attaccando sia il dogmatismo
proprio delle Pandette, sia le sue derive, giungendo fino al sospetto di disonestà intellettuale. Si
veda quanto rilevato sopra, p. 119, nt. 5, a proposito della necessità – segnalata da Henri Batiffol
– di combinare una visione sistematica e teleologica del diritto. Per una recente affermazione
della necessità di recuperare le acquisizioni pandettistiche per dotare il diritto comunitario di
LE SOLUZIONI GIURISPRUDENZIALI 141

cor meno edificante e più difficile da accettare è stata quella di adoperare pura-
mente e semplicemente le norme di conflitto per raggiungere il risultato più ri-
spettoso degli interessi dello Stato del foro o dei suoi cittadini. Non è necessario
essere scettici di fronte alle coincidenze per assumere un atteggiamento di so-
spetto di fronte a decisioni come quelle sopra esaminate, le quali proteggono gli
investimenti dei propri cittadini ovvero rigettano la domanda di tutela degli in-
vestitori stranieri per tutelare l’acquisto di beni da parte dei propri cittadini.
Le decisioni in tema di azione revocatoria con elementi di estraneità con-
fermano perciò l’impressione di chi ha rilevato che la qualificazione, la dicoto-
mia merito/procedura, l’applicazione o il rifiuto del rinvio, il rinvio di qualifica-
zione, il ricorso all’ordine pubblico, ecc. rappresentino, per il giudice, altrettante
opzioni per presentare una soluzione ispirata alla giustizia del caso concreto,
come una conseguenza ineluttabile dell’applicazione del diritto50.
Ciò è molto evidente nelle decisioni francesi, che fanno discendere la solu-
zione internazionalprivatistica dalla qualificazione della fattispecie (in particola-
re dalla qualificazione ordinatoria vel decisoria) ma è riscontrabile anche
nell’ambito del metodo detto della “pesatura degli interessi”51, posto a fonda-
mento delle ben più recenti decisioni tedesche, sopra riportate.
In una decisione ancora più recente il Bundesgerichtshof ha dato rilievo alla
localizzazione della garanzia patrimoniale sia per fondare la giurisdizione tede-
sca, sia per giustificare l’applicazione della legge tedesca52. Il caso riguardava
l’impugnazione, da parte di una società tedesca, del trasferimento di debiti fon-
diari sopra una proprietà immobiliare situata in Germania del valore di 1,2 mi-
lioni di marchi tedeschi. I beni ricercati dalla società creditrice erano stati ceduti
dal debitore tedesco a una società di capitali da lui interamente controllata e co-
stituita secondo il diritto dello Stato americano delle Hawai. Era anche emerso
che tale trasferimento era avvenuto senza un’adeguata controprestazione. L’au-
tore dell’operazione aveva subito sia una condanna civile al risarcimento dei
danni nei confronti della società attrice in revocatoria, sia una condanna penale
in esito alla quale si trovava in carcere. La società attrice aveva convenuto in
giudizio la società hawaiana di fronte al giudice tedesco e, fondandosi sul diritto

nozioni uniformi più moderne rispetto a quelle della comune matrice romanistica degli Stati
membri v. G. GRETTON, L. GEORGE, Ownership and its Objects, 2007, pp. 802 ss.
50
Si veda Y. FLOUR, L’effet des contrats à l’égard des tiers, 1977, p. 310 che sembra dare
per scontata la verità della critica di cui nel testo.
51
Il principio della pesatura degli interessi, nella sua versione americana elaborata da Currie
(con riferimento unicamente agli interessi degli ordinamenti giuridici coinvolti) è stato codificato
dall’art. 3515, comma 1°, cod. Louisiana: “Except as otherwise provided in this Book, an issue in
a case having contacts with other States is governed by the law of the State whose policies would
be most seriously impaired if its laws were not applied at that issue” e, con riferimento alle
obbligazioni contrattuali, dall’art. 3537. Sulle teorie di Currie si veda sopra, p. 60 e nt. 12, e sotto,
p. 144, nt. 59.
52
Bundesgerichtshof, 17 dicembre 1998, IX ZR 196/97.
142 CAPITOLO TERZO

tedesco e in particolare sull’art. 3 par. 1 AnfG (previgente), chiedeva che il ri-


cavato della vendita dei diritti fondiari trasferiti dal debitore alla società conve-
nuta fosse destinato al pagamento del suo credito.
Né le corti di merito, né il Bundesgerichtshof pongono in dubbio la sussi-
stenza della giurisdizione tedesca e l’applicabilità del diritto tedesco sebbene il
fondamento e la ratio decidendi non siano indicati in modo univoco: sono infat-
ti molteplici i “punti di contatto” con l’ordinamento tedesco evocati dal
giudicante.
Per giustificare l’attrazione del convenuto hawaiano in Germania in assenza
di un foro generale viene citato l’art. 23 ZPO – che sancisce il criterio di giuri-
sdizione del luogo di situazione dell’immobile gravato da debito fondiario – ma
si fa anche riferimento alla c.d. Inlandsbeziehung53 in quanto i diritti fondiari
sarebbero stati trasferiti alla convenuta “senza alcun dubbio” in base al diritto
tedesco; il credito – presupposto dell’azione revocatoria – è stato accertato con
una sentenza definitiva tedesca; lo statuto personale del debitore e del creditore
sono regolati dal diritto tedesco; entrambi questi soggetti sono residenti in Ger-
mania. Il Bundesgerichtshof qualifica inoltre il comportamento del debitore
come un illecito civile commesso im Inland che ha dunque dato luogo a un de-
bito “tedesco”. Non è neppure chiaro dunque se la fattispecie sia da qualificare
come caso di responsabilità extracontrattuale o azione revocatoria ordinaria.
Infine, la coincidenza tra forum e ius è giustificata dalla presenza dei beni
ricercati dal creditore in Germania. Si ha dunque un’applicazione particolare del
“foro del patrimonio”, che è di per sé criticabile. Come rileva la dottrina tede-
sca, in luogo del criterio piuttosto vago del foro del patrimonio e del-
l’Inlandsbeziehung sarebbe stato più opportuno fondarsi sul criterio del foro
dell’esecuzione forzata54, vale a dire fare riferimento al principio di effettività.
Più interessante è il ragionamento seguito, in un altro caso recente di actio
pauliana, dall’Oberlandesgericht di Düsseldorf che, nell’ambito delle numerose
teorie sulla soluzione di diritto internazionale privato per l’azione revocatoria
internazionale, sceglie quella codificata dall’art. 19 AnfG, facendo una sorta di
applicazione analogica di questa norma in un caso in cui la stessa non era anco-
ra divenuta applicabile, ratione temporis55.
La società attrice in revocatoria era una banca tedesca che vantava crediti

53
Come ricorda S. KUBIS, Internationale Gläubigeranfechtung, 2000, pp. 501-506, in
commento alla decisione del Bundesgerichtshof, 17 dicembre 1998, IX ZR 196/97, l’XI senato
del BGH esige, per fondare la giurisdizione dei giudici tedeschi, che vi sia un collegamento
sufficiente con l’ordinamento interno e non dà rilievo alle critiche con le quali la dottrina tedesca
ha accolto questo vago criterio di giurisdizione.
54
S. KUBIS, Internationale Gläubigeranfechtung, 2000, p. 502.
55
Oberlandesgericht Düsseldorf, 25 agosto 1999, 12 U 186/94, ivi, pp. 534-540. L’art. 19
AnFG recita: «Bei Sachverhalten mit Auslandsbeivhrung ist für die Anfechtbaikeit einer
Rechtshandlung das Recht maßgeblich, dem die Wirkungen der Rechtshandlung unterliegen».
LE SOLUZIONI GIURISPRUDENZIALI 143

accertati giudizialmente contro il convenuto per oltre un milione di marchi tede-


schi. L’azione revocatoria è esercitata contro il debitore tedesco, residente in
Germania, e il figlio di costui, anch’egli cittadino tedesco residente in Germa-
nia, al quale il padre aveva trasferito un terreno del valore di 2,5 milioni di mar-
chi tedeschi per il prezzo irrisorio di 270.000 marchi. Il terreno in questione era
situato a Ibiza, in Spagna. Accogliendo l’appello dei convenuti l’Oberlan-
desgericht di Düsseldorf applica il diritto spagnolo all’actio pauliana esercitata
dalla banca attrice, rovesciando la decisione del Landgericht che aveva ritenuto
applicabile il diritto tedesco.
L’applicazione del diritto spagnolo comporta il rigetto dell’acción pauliana
perché la disciplina materiale spagnola prevede il litisconsorzio necessario dal
lato passivo mentre la società creditrice non aveva esercitato l’azione revocato-
ria contro entrambe le parti all’accordo fraudolento. La società attrice non a-
vrebbe nemmeno potuto integrare il contraddittorio essendosi l’azione ormai
prescritta nei confronti del debitore, per il decorso del termine di un anno dal
trasferimento fraudolento.
Questa decisione dell’Oberlandesgericht di Düsseldorf è una delle rare deci-
sioni, in materia di azione revocatoria ordinaria, in cui il giudice scinde forum e
ius nonché una prima applicazione del c.d. Wirkungsstatut: lo statuto degli ef-
fetti dell’atto.
Nel caso in cui l’oggetto dell’azione revocatoria è un bene immobile, lo sta-
tuto degli effetti dell’atto comporta l’applicazione della lex rei sitae. Vale la
pena di notare che era spagnola anche la lex loci executionis in quanto è in Spa-
gna che la banca attrice avrebbe dovuto sottoporre ad esecuzione forzata il bene
immobile con il quale avrebbe voluto soddisfare il proprio credito: era dunque
possibile fondare la soluzione sul principio di effettività.
Il valore del principio di effettività ed il significato della lex rei sitae trova-
no conferma in una decisione dell’Oberlandesgericht di Stoccarda relativa alla
donazione di un immobile situato in Austria a vantaggio dei figli del debitore (i
quali poi avevano iscritto ipoteca a favore di un altro creditore in virtù di un
contratto di mutuo). L’Oberlandesgericht argomenta in favore dell’applicazione
della legge austriaca – a mente della quale l’azione del creditore si era prescritta
– identificando il Wirkungsstatut con lo statuto dell’atto traslativo austriaco (Ü-
bereignung), soggetto al diritto austriaco ex art. 43 I EGBGB. Ad abundantiam
rileva però che anche il negozio causale (la donazione) doveva ritenersi di com-
petenza della legge austriaca ex artt. 27 e 28 EGBGB56. La localizzazione
dell’oggetto dell’azione revocatoria, ossia del bene ricercato dal creditore per il
soddisfacimento del suo credito, è ritenuta determinante ai fini della scelta di
legge anche dall’Oberster Gerichtshof austriaco in una decisione del 200657.

56
Oberlandesgericht Stuttgart, 11 giugno 2007, 5 U 18/07.
57
Oberster Gerichtshof, 27 aprile 2006, 2 Ob 196/04v con nota di H. KOCH, 2007, pp. 466 ss.
V. anche M. GELTER, Kollisionsrechtliche Behandlung der Einzelanfechtung, 2007, pp. 60 ss.
144 CAPITOLO TERZO

Una banca tedesca vanta un credito accertato giudizialmente per 250.000


marchi tedeschi e conviene in giudizio il coniuge del proprio debitore recla-
mando i proventi della vendita di un bene immobile appartenente a entrambi i
coniugi situato in Gran Bretagna. L’oggetto dell’azione revocatoria non è il be-
ne immobile e, infatti, la banca non conviene in giudizio l’acquirente di tale be-
ne che rimane al di fuori della vicenda. Convenuto è appunto il coniuge del de-
bitore in quanto tutto il ricavato della vendita è stato trasferito su un conto cor-
rente bancario tedesco a lui esclusivamente intestato. Il patrimonio del debitore
subisce quindi un evidente depauperamento in quanto lo stesso non riceve alcun
corrispettivo dall’alienazione della sua quota di proprietà dell’immobile situato
in Inghilterra. Il ricavato della vendita, dapprima trasferito sul conto corrente
del coniuge in Germania, è da questi impiegato per pagare alcuni debiti e per
acquistare un immobile situato in Austria.
La banca tedesca attrice, fondandosi sia sulla responsabilità da illecito che
sulle disposizioni in materia di azione revocatoria austriache (artt. 1295 e 1409
dell’ABGB), impugna “il trasferimento sul conto tedesco della somma ricavata
dalla vendita”.
L’Oberster Gerichtshof indica l’applicazione dell’art. 1 della legge di diritto
internazionale privato austriaca che dà rilievo al principio del collegamento più
stretto (die stärkste Beziehung)58 senza peraltro chiarire il rapporto tra norme
ordinarie e clausola di eccezione. Gli argomenti con i quali individuare il colle-
gamento più “forte” non sono chiaramente indicati dal giudicante, che propende
per l’applicazione del diritto tedesco in virtù dell’esistenza di una serie di ele-
menti della fattispecie che rinviavano all’ordinamento tedesco59. In particolare,
la Corte suprema rileva che il creditore-attore era una banca tedesca e che
l’accertamento del credito era contenuto in una sentenza tedesca. L’Oberster
Gerichtshof, nel rinviare la decisione al giudice di merito, stabilisce i criteri che

58
Si veda il par. 1 della legge austriaca di diritto internazionale privato del 1978: “Le
situazioni che presentano elementi di estraneità sono regolate, in materia di diritto privato,
dall’ordinamento giuridico con il quale esiste il collegamento più forte”. Si vedano le
osservazioni del padre della codificazione austriaca I. SCHWIND, Internationales Privatrecht,
1990, pp. 60 ss.
59
Un approccio analogo a quello ricavabile dall’esame della giurisprudenza austriaca di cui
si dà conto nel testo (nonché di quella tedesca precedentemente esaminata) – che si fonda sulla
“somma” dei contatti rilevanti tra la fattispecie concreta e gli ordinamenti da essa coinvolti – è
criticato, con riferimento alla giurisprudenza americana in materia di legge applicabile ai torts, da
B. CURRIE, Conflicts, crisis and confusion in New York, 1963, p. 43. Cfr. anche The Qualitative
Governmental Interest Analysis: New York’s Conflict of Laws Rules in Transition: George v.
Douglas Aircraft Co., 1965, pp. 1097 ss. dove l’autore rileva che la norma contenuta al par. 379
del Restatement (second) on the Conflict of Laws del 1963 – che prevede l’applicazione della
legge che presenta la “most significant relationship” con la fattispecie di responsabilità da fatto
illecito – è applicata dalla giurisprudenza adottando generalmente un approccio quantitativo
piuttosto che qualitativo.
LE SOLUZIONI GIURISPRUDENZIALI 145

il giudicante deve seguire per la decisione circa la legge applicabile, indicando-


gli di dare rilevanza anche all’eventuale residenza tedesca dei coniugi al mo-
mento dell’atto impugnato sempre ai fini della ricerca del collegamento più for-
te.
L’Oberster Gerichtshof fa inoltre riferimento, in una curiosa applicazione
extraterritoriale del principio di analogia, alla norma tedesca contenuta nell’art.
19 AnfG: sul piano del diritto sostanziale, per stabilire se sussiste il diritto del
creditore di ottenere la revoca è decisivo il fatto che sia stato operato un trasfe-
rimento patrimoniale a suo danno; a questa valutazione materiale corrisponde,
dal punto di vista del diritto internazionale privato, il collegamento con gli effet-
ti dell’atto giuridico per il creditore. In questo caso la giurisprudenza austriaca
ha tuttavia evitato l’applicazione della lex contractus indicando tutta una serie
di elementi di contatto con l’ordinamento tedesco e prescrivendo anche
l’operatività del rinvio indietro e del rinvio oltre eventualmente disposte da
quell’ordinamento.
L’opacità della formulazione dell’art. 19 AnfG è sottolineata dall’Ober-
landesgericht Schleswig che ha negato che tale norma prescriva necessariamen-
te l’applicazione della legge che disciplina l’atto dispositivo (Verfügungsstatut),
quello pregiudizievole per il creditore (nell’ambito del sistema dualistico tede-
sco il negozio obbligatorio è ritenuto irrilevante per il creditore fintantoché non
si traduca in un atto traslativo della proprietà)60. La vicenda che ha dato origine
al caso riguarda una serie di obbligazioni alimentari fondate su di una conven-
zione matrimoniale – stipulata (anche questa) in Austria – con la quale il marito
si obbligava a corrispondere alla moglie ingenti somme di denaro che le erano
state poi effettivamente accreditate, tra l’altro, su di un conto bancario tedesco.
Il giudice dell’azione revocatoria instaurata dal creditore del marito rileva che,
interpretando il Wirkungsstatut come Verfügungsstatut, si finirebbe per costrin-
gere il creditore ad impugnare ogni singola rimessa bancaria, decidendo ogni
volta la legge ad essa applicabile, mentre l’attuale formulazione dell’art. 19
AnfG consente anche l’applicazione della legge regolatrice del negozio su cui
gli atti dispositivi si fondano: la convenzione matrimoniale. Nel caso di specie
quest’ultima era sottoposta al diritto tedesco del domicilio delle parti coinvolte.

9. Segue. Sintesi

In definitiva, le decisioni più recenti confermano la flessibilità delle solu-


zioni di diritto internazionale privato di volta in volta adottate. Dopo aver indi-
viduato il criterio di collegamento da seguire, infatti, i giudici lo concretizzano
in funzione della soluzione migliore in casu: così il metodo della pesatura degli

60
Oberlandesgericht Schleswig, 12 marzo 2004, 1 U 67/02.
146 CAPITOLO TERZO

interessi, la nozione dell’Inlandsbeziehung, lo statuto degli effetti dell’atto, il


metodo del raggruppamento dei contatti generano molteplici opzioni concrete
nel momento in cui sono applicati.
La ricerca della soluzione più giusta da un punto di vista sostanziale avviene
oggi non tanto attraverso una manipolazione degli utensili tradizionali del dirit-
to internazionale privato, ma attraverso l’uso normale delle clausole di eccezio-
ne, del controverso istituto della frode alla legge, del metodo della pesatura de-
gli interessi, delle concretizzazioni dello statuto degli effetti, ecc.
Il metodo della pesatura degli interessi delle parti in causa nasce dal ricono-
scimento dell’esigenza di superare l’arbitrarietà connessa a qualsiasi scelta di un
luogo di gravitazione della pauliana e la stessa funzione può essere affidata alla
clausola d’eccezione (o al metodo della valutazione concreta) la quale consente
di dare maggiore spazio alle valutazioni discrezionali dei giudici61.
Questa “doppia” flessibilità, che non opera solamente sul piano della scelta
del collegamento – in assenza di norme positive specifiche per l’azione revoca-
toria ordinaria – ma anche sul piano della sua interpretazione e applicazione,
conferma l’importanza di recuperare gli altri importanti aspetti in cui la giustizia
si incarna, oltre a quello, pur importante, della certezza del diritto62. La posizio-
ne di privilegio di quest’ultimo obiettivo va infatti collegata all’epoca in cui è
sorta, caratterizzata da una profonda sfiducia nella funzione giurisdizionale, de-
rivante dall’esperienza del suo asservimento ai centri di potere delle monarchie
assolute.
Si ha un’altra dimostrazione della tendenza a dare maggiore attenzione al ri-
sultato sostanziale più che alla giustizia di diritto internazionale privato e
all’armonia internazionale delle soluzioni63.

61
Cfr. anche F. RIGAUX, M. FALLON, Droit international privé, 2005, p. 93.
62
A. BUCHER, Vers l’adoption de la méthode des intérêts?, 1996, pp. 215 ss., aveva già
rilevato che la giurisprudenza, in Europa, si è sempre mostrata sensibile alle conseguenze
dell’applicazione della legge straniera. Del resto, anche il legislatore quando codifica le clausole
generali di ordine pubblico, o le norme di applicazione necessaria, il favor validitatis, filiationis
etc. mostra un’identica attenzione alla giustizia materiale: “L’on observe en effet que des
réflexions liées à la teneur des lois matérielles pénètrent tant les règles de conflit que le principe
du lien le plus étroit.” [Corsivo dell’autore]. Le istituzioni comunitarie nell’attuale elaborazione
di un sistema di diritto internazionale privato uniforme per gli Stati membri cercano un
compromesso tra “prevedibilità” e “flessibilità” come risulta dai considerando che precedono i
regolamenti Roma I e Roma II. Si veda in argomento, con riferimento alla questione
dell’opponibilità della cessione di credito: A. GARDELLA, Prevedibilità contro flessibilità? La
legge applicabile all’opponibilità della cessione del credito ai terzi nella proposta di regolamento
“Roma I”, 2006, pp. 106 ss.
63
Secondo A. BUCHER, op. ult. cit., p. 218 sarebbero stati soprattutto Kegel e Batiffol a
promuovere una concezione completamente autonoma del diritto internazionale privato rispetto al
diritto materiale. L’autore insiste, invece, sulla necessità di ritrovare l’iniziale unità del diritto
internazionale privato e del diritto sostanziale nonché della giustizia internazionalprivatistica con
LE SOLUZIONI GIURISPRUDENZIALI 147

È possibile trarre indicazioni per risolvere il problema della legge regolatri-


ce della garanzia generica del credito nel diritto italiano? Prima di rispondere
dobbiamo completare il quadro esaminando anche la letteratura ad essa dedica-
ta.

quella sostanziale: “A l’instar de la démarche de Savigny, la méthode du droit international privé


doit trouver ses fondements dans la conception générale du Droit”.
CAPITOLO QUARTO

IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE


DELLA LEGGE APPLICABILE AI MEZZI DI CONSERVAZIONE
DELLA GARANZIA PATRIMONIALE

SOMMARIO: 1. Posizione del problema di diritto internazionale privato posto dall’azione


revocatoria ordinaria. SEZIONE I: Argomenti topici per la difesa dei collegamenti tradi-
zionali. – 2. Le prime analisi del problema dei rimedi giurisdizionali tipizzati tra territo-
rialità del potere di coercizione e immaterialità del credito. – 3. L’attribuzione ante litte-
ram del carattere di applicazione necessaria alle norme in esame nella dottrina di Bartin.
– 4. L’invocazione della lex fori a titolo di legge regolatrice del processo. – 5.
L’invocazione della lex fori a titolo di loi de police. – 6. L’indicazione di un criterio di
collegamento bilaterale autonomo per i rimedi che comportano la contestazione di un
atto. – 7. La qualificazione di azione “tra terzi” e l’indicazione delle lex loci actus come
lex loci commissi delicti. – 8. La localizzazione del credito e delle azioni che ne tutelano
il soddisfacimento nel patrimonio dei due soggetti dell’obbligazione: le due leges domi-
cilii e la prevalenza della lex domicilii debitoris. – 9. Il principio di effettività e la lex rei
sitae. SEZIONE II: Il rinvio alla lex causae di uno dei due rapporti sottostanti. – 10. Ras-
segna dei topoi utilizzati per giustificare ovvero criticare l’applicabilità della legge rego-
latrice del diritto di credito tutelato dalle due azioni: a) L’azione surrogatoria nello sta-
tuto del credito protetto. b) Lex obligationis e azione revocatoria ordinaria. – 11. Argo-
menti che giustificano il rinvio alla lex contractus. – 12. Insufficienza delle classifica-
zioni tralatizie delle metodologie di scelta di legge. SEZIONE III: Le soluzioni ispirate
dalla «Giurisprudenza dei valori». – 13. L’esigenza di stabilire una mappa degli inte-
ressi coinvolti dai mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale del credito. – 14.
L’identità strutturale tra l’azione revocatoria ordinaria e quella di simulazione esperibili
dal creditore. Conseguenze nella mappatura degli interessi. – 15. Statuto del credito. –
16. Statuto dell’atto revocando (e/o simulato). – 17. Segue. Statuto dell’obbligazione
secondaria, dedotta in giudizio in via surrogatoria. – 18. Mappatura degli interessi meri-
tevoli di tutela internazionalprivatistica. SEZIONE IV: Le ipotesi di coordinamento tra lo
statuto del credito e lo statuto dell’atto revocando. – 19. Il coordinamento delle leggi
applicabili ai due rapporti obbligatori attraverso gli strumenti tradizionali del diritto
internazionale privato: il cumulo. – 20. Segue. Problemi strutturali per la realizzazione
del dépeçage. – 21. Segue. La frode alla legge come viatico per una soluzione fondata
su due criteri di collegamento alternativi. – 22. Le soluzioni ricavabili da metodologie
alternative e la permanenza del conflitto tra l’ordinamento competente per il credito
tutelato e quello competente per l’atto revocando. – 23. Il coordinamento operato dal
regolamento comumitario sulle procedure d’insolvenza per l’azione revocatoria falli-
mentare. SEZIONE V: Considerazioni sull’apporto della dottrina. – 24. I parametri di
valutazione della meritevolezza di tutela internazionalprivatistica e la molteplicità delle
soluzioni che possono ispirare.
150 CAPITOLO QUARTO

1. Posizione del problema di diritto internazionale privato posto dall’azione


revocatoria ordinaria

Chiarite le problematiche metodologiche e le politiche legislative soggia-


centi alla disciplina della revocatoria e delle altre azioni a tutela del credito, di-
venta possibile ragionare sul trattamento internazionalprivatistico degli istituti.
In questo capitolo ci concentreremo essenzialmente ma non esclusivamente
sull’azione revocatoria ordinaria.
Formulata in termini classici, la questione consisterebbe nel valutare, in una
prospettiva anche de iure condendo, quale tra le leggi per ipotesi richiamabili
dagli elementi di una fattispecie concreta, dovrebbe essere osservata dal giudice
italiano per decidere della revoca di un atto di disposizione sospetto. Fino ad
oggi il problema dell’azione revocatoria ordinaria è stato discusso proprio in
questa prospettiva tradizionale, che consiste nel chiedersi a quale elemento della
fattispecie assegnare il compito di richiamare una legge straniera, rendendola
competente a fornire la disciplina della revoca; ossia quale debba essere
l’elemento rilevante cui affidare l’attribuzione della controversia alla competen-
za legislativa di uno degli ordinamenti in presenza.
Bisogna osservare che la posizione del problema in questi termini presup-
pone, da un lato, che il conflitto di leggi sia affrontato e risolto attraverso una
norma di diritto internazionale privato c.d. bilaterale; d’altro lato, che il giudice
italiano abbia giurisdizione sulla controversia1.
Si sarebbe allora chiamati a giustificare, attraverso i principi fondamentali
del diritto internazionale privato (la prossimità, l’effettività, l’autonomia della
volontà ecc.), la scelta di due tipi di collegamento rilevanti per l’azione revoca-
toria ordinaria: l’uno idoneo ad attribuire la competenza legislativa all’or-
dinamento italiano (da inserire comunque in una norma bilaterale), l’altro depu-
tato a designare la competenza giurisdizionale (da aggiungere, eventualmente,
agli altri criteri di competenza giurisdizionale previsti dal nostro ordinamento
per ogni categoria di controversia)2.
La rassegna delle decisioni giudiziarie rese in materia di azione surrogatoria
e revocatoria con elementi di estraneità ha fornito una panoramica poco conso-
lante sulle possibilità di individuare, con rigore metodologico, una soluzione del

1
Al tema della competenza giurisdizionale è dedicato il successivo capitolo V.
2
È poi evidente che i criteri di collegamento e i criteri di giurisdizione non possono essere
valutati autonomamente, come se fossero avulsi l’uno rispetto all’altro. La dottrina, in particolare
quella tedesca, ha ampiamente messo in luce la necessità di valutare il significato dei criteri del
primo tipo alla luce di quelli del secondo: infatti, l’efficacia del sistema italiano di diritto interna-
zionale privato è subordinata alla sussistenza di un fattore di connessione tale da attribuire la
competenza giurisdizionale al nostro ordinamento. Si veda TH. PFEIFFER, Internationale Zustän-
digkeit und prozessuale Gerechtigkeit, 1995, pp. 82 ss. la recensione di P. PICONE, 1995, pp. 1138
ss., nonché, di quest’ultimo autore, Misure provvisorie in materia familiare e diritto internaziona-
le privato, 1995, pp. 7 ss.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 151

problema attraverso l’elezione di un criterio di collegamento capace di imporsi


per la sua intrinseca razionalità. Per supplire all’inesistenza di una “sede natura-
le” dell’azione – e alla conseguente impossibilità di elaborare una norma di con-
flitto localizzatrice – la dottrina e la giurisprudenza hanno fatto frequentemente
ricorso ad argomentazioni topiche, non disdegnando la fictio iuris. Si deve anzi
osservare, a questo proposito, che la localizzazione fittizia dei rapporti giuridici
complessi ha finito per assumere, nella dottrina tradizionalista di diritto interna-
zionale privato, lo stesso ruolo del deus ex machina nella tragedia greca classi-
ca. A ben guardare si tratta di diverse figure di fictio iuris utilizzate al fine di
mascherare soluzioni che mirano ad assicurare, nell’applicazione della norma di
conflitto, lo stesso risultato sostanziale che ispira la disciplina materiale del rap-
porto giuridico in questione nel diritto interno (lex fori)3.
Quali conseguenze si possono trarre da queste osservazioni? In primo luogo
esse rendono evidente che non esiste una norma di conflitto neutrale per
l’azione revocatoria ordinaria. Sarebbe anzi presuntuoso e fuorviante proporre
una disciplina internazionalprivatistica ispirandosi a obiettivi tradizionali del
diritto internazionale privato: l’armonia internazionale delle soluzioni e l’uni-
formità di regolamentazione, indipendentemente dal paese nel quale viene chie-
sta giustizia. Questi valori, come si vedrà nelle pagine che seguono, non sono in
grado di guidare verso soluzioni razionali e logiche. Pertanto questa strada va
evitata con cura nell’elaborazione di norme nazionali di diritto internazionale
privato e si palesa la necessità di affrontare il problema dell’azione revocatoria
ordinaria con elementi di estraneità in una prospettiva diversa da quella tradi-
zionale.
Se non è possibile individuare un’unica soluzione capace di imporsi razio-
nalmente ai legislatori nazionali, si può però pensare a una soluzione capace di
imporsi uniformemente per la sua positività, quantomeno a livello europeo. Il
legislatore comunitario è infatti l’unico in grado di assicurare una uniformità di
regolamentazione internazionalprivatistica per gli Stati europei attraverso
un’imposizione dall’alto di norme di conflitto e in questa direzione si è mosso
forte delle nuove competenze che ha tratto dalle modifiche al titolo IV del Trat-
tato CE negoziate ad Amsterdam. Non bisogna dimenticare che la Comunità
europea è riuscita ad adottare norme centralizzate sul fallimento, un’area del
diritto internazionale privato che aveva visto “fallire” ogni cooperazione inter-
governativa in vista di una convenzione internazionale sul tema.
La disparità delle soluzioni sostanziali date dagli Stati europei al problema
della tutela pauliana rende particolarmente delicata la questione di diritto inter-
nazionale privato. Non potendosi ispirare a un diritto materiale uniforme, il le-

3
Ad esempio la dottrina tedesca giustifica la soluzione codificata all’art. 19 AnfG sostenen-
do che è preferibile assicurare la certezza del diritto e la tutela dell’affidamento dell’acquirente
piuttosto che garantire il creditore: il che corrisponde alla soluzione materiale adottata nella disci-
plina della Gläubigeranfechtung (su cui si veda sotto, pp. 337 ss.).
152 CAPITOLO QUARTO

gislatore comunitario soffre ancora di più della mancanza di valori internaziona-


li capaci di condurre a una soluzione “neutrale”, come sarebbe una soluzione
puramente localizzatrice. Ne consegue la necessità di ricercare un sostrato valu-
tativo comune, un minimo comune denominatore sostanziale, al quale ispirarsi
per una soluzione se non proprio neutrale, quanto meno non discriminatrice.
Niente di tutto questo si può trovare nella discussione sul problema di diritto
internazionale privato posto dall’actio pauliana. Anzi, un’indagine approfondita
rivela che identiche soluzioni sono giustificate da autori che appartengono a
scuole in forte opposizione sul metodo del diritto internazionale privato e vice-
versa. Lo stato dell’arte fa pensare che si sia data un’importanza eccessiva alle
distinzioni usuali tra i metodi di soluzione dei conflitti di leggi e che queste non
abbiano una reale portata chiarificatrice e discretiva4. È stato già evidenziato,
del resto, che le classificazioni tralatizie tra le varie scuole di diritto internazio-
nale privato non danno sempre conto delle diverse impostazioni di fondo e dei
diversi approcci alla disciplina5.
Ad esempio, nella dottrina francese, prima della seconda guerra mondiale
sembrava dominante la tesi che qualificava le azioni protettive della garanzia
generica come lois de police o lois d’ordre public. Con tale locuzione si deno-
minavano però varie tipologie di norme6, tra le quali le c.d. leggi territoriali (lois
locales) e, in tale ambito, le leggi che sanzionano l’illecito civile. Però da tale
qualificazione si faceva discendere oltre alla competenza della lex rei sitae an-
che l’applicabilità di un classico criterio di collegamento bilaterale quale la lex
loci commissi delicti.
La lex fori è spesso affermata competente per effetto della dicotomia tra me-
rito e procedura, distinzione ritenuta uno dei tanti congegni per giungere
all’applicazione della lex fori, secondo gli autori della conflicts revolution ame-
ricana7.
In effetti, com’è stato evidenziato dagli studiosi americani, il giudice può

4
Cfr. N. HATZIMIHAIL, On mapping the conceptual battlefield, 2000, pp. 57 ss., che rileva
come le mappe concettuali usate nel discorso di diritto internazionale privato abbiano avuto un
impatto nella consapevolezza della disciplina: “by helping us to conceptualize the choices we are
faced with, as well as by providing us with a version of the history of private international law
which is supposed to validate that conceptualization, these [conceptual] maps have had a – mostly
unacknowledged – normative effect on the very identity and operation they purport to describe”.
5
Cfr. ancora N. E. HATZIMIHAIL, loc. cit., critica alcune celebri coppie concettuali, solita-
mente date per scontato nel discorso di diritto internazionale privato: ad esempio quella che di-
stingue particolaristi e universalisti; nazionalisti e internazionalisti; quella che concepisce il pro-
blema dei conflitti di leggi come un’opposizione tra Stati sovrani anziché come conflitto tra inte-
ressi privati o ancora la distinzione tra un diritto internazionale privato teoretico e uno positivo.
6
Sul significato di lois de police, lois de sûreté e lois d’ordre public si veda A. BONOMI, Le
norme imperative nel diritto internazionale privato, 1998, pp. 76 ss.
7
Si veda, a tale proposito, A. T. VON MEHREN, Choice-of-law theories and the comparative-
law problem, 1975, pp. 752 ss.; B. AUDIT, Le caractère fonctionnel, 1984, pp. 243 ss.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 153

giungere all’applicazione della legge che meglio consente il raggiungimento del


risultato materiale che ritiene più giusto anche, obliquamente, attraverso un uso
sapiente dei vari utensili di diritto internazionale privato (qualificazione, dico-
tomia tra merito e procedura, rinvio, ecc.). Ciò avviene a tutto discapito della
certezza del diritto e dell’armonia internazionale delle soluzioni; cosicché le
tecniche per il raggiungimento di questi obiettivi, tanto celebrati nel discorso
del diritto internazionale privato continentale, servirebbero obiettivi radicalmen-
te diversi, e accuratamente celati. In altre parole, molti argomenti, presentati
come logici e scientifici, sarebbero invece usati in funzione puramente demago-
gica nel discorso del diritto internazionale privato continentale8.
In queste circostanze tanto varrebbe arrendersi all’evidenza e dare maggiore
rilievo alla c.d. policy of aptness invece di celarla sotto la maschera dell’ar-
monia internazionale delle soluzioni9.
La ricognizione della dottrina che si è occupata dell’azione revocatoria or-
dinaria e degli altri rimedi in esame conferma l’idea secondo la quale la profon-
dità analitica degli studi di diritto internazionale privato finisce per oscurare la
reale consistenza del problema studiato. A questo proposito, si deve constatare
che le soluzioni proposte al problema internazionalprivatistico dei rimedi a fa-
vore del creditore non variano in funzione della concezione di diritto interna-
zionale privato adottata, e neppure dagli obiettivi che vengono assegnati alla
disciplina. Sembra piuttosto che essi dipendano dal risultato sostanziale che si
vuole, più o meno consapevolmente, raggiungere.
Per esempio la polemica tra Lerebours-Pigeonniere e Loussouarn, da una
parte, e Batiffol e Lagarde, dall’altra si presenta come una discussione intorno
al criterio di collegamento più adeguato, da un punto di vista del diritto interna-
zionale privato, per la pauliana. I primi autori propongono l’applicazione della
lex fori perché pongono la questione giuridica partendo dalla legge che deve
determinare l’ampiezza della tutela del credito; i secondi suggeriscono l’ap-
plicazione della lex causae dell’atto revocando, perché pongono la questione
giuridica partendo dalla legge applicabile all’estensione dell’efficacia di un atto.
Nel criticare queste opinioni si corre il rischio di avvilupparsi in un discorso

8
Si veda quanto osservato da R. A. LEFLAR, The Law of Conflict of Laws, 1959, p. 13: “The
better law turns out to be the familiar law. Predictability of result is postponed until the forum is
selected, then choice of law rules may be juggled to make it seem inevitable that a desired result
must ensue. This is the partisan attorney’s standard technique in arguing his client’s case; it is not
surprising that judges too should use it when the state of the law leaves them freedom to do so.
That the present state of the law does leave them this freedom can hardly be denied”.
9
A. T. VON MEHREN, Special Substantive Rules for Multistate Problems, 1974, p. 354: “pub-
lic policy, ordre public, the characterization process, and the substance-procedure dichotomy all
permitted attention to the policy of aptness at the expense of decisional harmony. These methods
have the disadvantage that they typically conceal and usually obfuscate the underlying problem,
for, although they often permit an apt solution for a given multistate situation, they do not provide
a coherent system of analysis.”
154 CAPITOLO QUARTO

sterile, che potrebbe solo evidenziare il carattere prismatico dell’azione revoca-


toria ordinaria. L’analisi svolta in precedenza mostra che entrambi gli inqua-
dramenti dogmatici antagonisti contengono elementi di verità: essi evidenziano
due aspetti distinti del fenomeno revocatorio e lo descrivono fedelmente. Per-
tanto, anche se è poi prevalso il punto di vista di Batiffol, ciò non è conseguito
ad una dimostrazione della giustezza dell’inquadramento dogmatico della revo-
catoria proposto da questo autore10.
Ciò che è prevalso è piuttosto la scelta ideologica che soggiace e regge il
pensiero scientifico del Batiffol: cioè l’idea di tutelare in massimo grado la li-
bertà del debitore a fronte delle ingerenze consentite al creditore dagli strumenti
per la conservazione della garanzia patrimoniale del credito. Non a caso,
l’autore insiste sul carattere esorbitante dell’azione revocatoria ordinaria.
Il metodo di soluzione dei conflitti di leggi adottato dai due autori è lo stes-
so: si fa discendere la soluzione di diritto internazionale privato dalla particolare
configurazione di un istituto nel diritto interno. Come appena visto però, questo
metodo conduce a soluzioni radicalmente diverse, pertanto non si può fare
affidamento su di esso da un punto di vista scientifico.
Un’altra dimostrazione dell’inadeguatezza del metodo deduttivo di soluzio-
ne dei conflitti di leggi deriva dalla qualificazione del rapporto tra terzo e credi-
tore quale obbligazione ex lege. Si tratta dell’ipotesi ricostruttiva che raccoglie
più adesioni perché sembra quella meglio in grado di spiegare la soggezione del
terzo in buona fede all’azione revocatoria. Tuttavia, anche la dottrina più risa-
lente si era resa conto che difficilmente si poteva ricavare un criterio di colle-
gamento da tale qualificazione11.
Il metodo deduttivo può essere paragonato a un fiume con la foce a delta:
un’unica corrente di pensiero sfocia in più soluzioni, che si presentano tutte co-
me sbocco naturale dello stesso percorso.
Anche il fenomeno contrario può essere osservato: vi sono casi in cui
l’impiego di due metodi diversi di soluzione dei conflitti di leggi conduce alla
stessa soluzione di diritto internazionale privato.
Come si vedrà, la soluzione della lex causae dell’atto revocando è giustifi-

10
Y. LOUSSOUARN, P. BOUREL, Droit international privé, 2001, p. 475: “Lerebours-
Pigeonnière estimait que ces actions ne sont pas un effet du contrat; elles ont pour but d’assurer
une mise en œuvre correcte des droits des créanciers. C’est pourquoi il les rattachait à la lex fori.
[...] Dans le cas de l’action paulienne, il admettait cependant que la loi du lieu d’accomplissement
de la fraude pouvait intervenir si elle ne coïncidait pas avec la loi du for. A l’encontre de cette
analyse et de ces déductions, Henri Batiffol et Paul Lagarde ont objecté que les trois actions met-
tent en jeu le sort de l’acte juridique et qu’à ce titre elles doivent relever de la loi du contrat qui en
est l’objet (loi du contrat attaqué dans le cas de l’action paulienne si cette action est également
accordée par la loi de la créance protégée, loi de l’acte attaqué dans le cas de l’action en déclara-
tion de simulation, loi de la créance protégée dans le cas de l’action oblique). La solution ainsi
défendue doit être approuvée”.
11
Si veda ad esempio E. JAEGER, Konkursordnung, 1958, n. 29, Anm. 67-71.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 155

cata da Batiffol con il metodo deduttivo, cioè attraverso quella tecnica che si
pone sulla scia di quella savigniana poiché procede da un’analisi della natura
giuridica di un istituto, dalla quale ricava la sede o il centro di gravità, per farli
assurgere a momenti di collegamento12.
L’eminente autore francese aveva avanzato una spiegazione dogmatica per
giustificare l’applicazione della legge del contratto revocando fondandola sulla
incorporazione della frode nel contratto13.
All’incirca nello stesso periodo, Fragistas, sulla scorta delle idee portate in
voga dal movimento della Interessenjurisprudenz, proponeva la medesima solu-
zione di Batiffol, usando anche argomentazioni simili, facendola però derivare
dalla tecnica della comparazione degli interessi delle parti coinvolte nella fatti-
specie con elementi di estraneità. L’eminente giurista greco evidenziava la ne-
cessità di evitare che un atto non impugnabile con alcun mezzo secondo la pro-
pria legge regolatrice, divenisse impugnabile per effetto dell’applicazione di
un’altra legge14.
Un altro esempio di questo fenomeno è dato dalla lex domicilii debitoris.
Gli argomenti per giustificare l’applicazione della legge del luogo in cui è do-
miciliato il debitore principale sono diversi per genere e per età, alcuni di essi
risalgono persino al diritto comune. Alcuni rappresentanti della dottrina france-
se hanno sostenuto l’applicabilità di tale legge attraverso giustificazioni dogma-
tiche, cioè localizzando i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale del
credito nel domicilio del debitore: per esempio sostenendo che il centro di gra-
vità dell’azione surrogatoria era dato dal debitore che “è colui che gioca il ruolo
essenziale”15.
La dottrina e la giurisprudenza tedesche, invece, sono pervenute a designare
la legge dello Stato di domicilio del debitore senza tentare di sostenere che si
tratta dell’elemento della fattispecie che, più di tutti gli altri, può assurgere a
centro di gravità dell’azione. Invece di indicare il domicilio del debitore quale
criterio di localizzazione dei mezzi di conservazione della garanzia generica, la
scelta di quel momento di collegamento avviene in esito all’applicazione del
principio di effettività. In questo senso, il domicilio del debitore è il luogo in cui
il creditore va a cercare la propria soddisfazione. La legge del luogo di domici-

12
Molti autori ripetono che la frode e/o il danno si trovano incorporati nel contratto, ma da
questo topos fanno discendere due conseguenze opposte: taluni sostengono che l’actio pauliana è
di competenza della legge che governa l’illecito; altri, rilevando che l’illecito si manifesta nel
contratto, attribuiscono alla lex contractus la disciplina dell’azione. Cfr. Y. FLOUR, L’effet des
contrats, 1977, p. 307; R. VANDER ELST, Les lois de police et de sûreté, 1963, p. 389.
13
H. BATIFFOL, Les conflits des lois en matière des contrats, 1938, p. 390.
14
Ch. FRAGISTAS, Das Anfechtungsrecht der Gläubiger, 1938-1939, p. 458: “Das Statut der
anfechtbaren Handlung kommt zur Anwendung, um zu verhindern, daß eine nach diesem Statut
unanfechtbare Rechtshandlung durch die Anwendung eines fremden Rechtes anfechtbar wird”.
15
J.-P. NIBOYET, Traité, t. IV, 1947, p. 71: “l’action oblique] découle de l’état d’insolvabilité
du débiteur et [...], par la suite, celui-ci joue le rôle essentiel [...]”.
156 CAPITOLO QUARTO

lio interviene perciò come lex patrimonii: cioè la legge competente per il patri-
monio sul quale il creditore va cercare la soddisfazione della propria pretesa.
A fronte di queste constatazioni, ci si rende conto che criteri di collegamen-
to diversi possono essere presentati come coerenti con le premesse di una certa
metodologia di studio e di elaborazione del diritto internazionale privato.
D’altro canto, poiché gli elementi che possono fungere da criteri di designazio-
ne di un ordinamento sono in numero limitato, può accadere che Weltan-
schauungen antagoniste, giungano alla designazione dello stesso criterio di col-
legamento. L’impressione già percepita guardando il quadro della giurispruden-
za, si trova rafforzata dopo l’esame del dottrina, come illustrano le pagine che
seguono. Fino ad oggi ci sembra che la dottrina che si è occupata del problema
dei mezzi di conservazione della garanzia generica nel conflitto di leggi abbia
cercato di promuovere valori sostanziali, in modo più o meno consapevole.
In altre parole, la topica offre spiegazioni più convincenti circa il modo di
ragionare della dottrina e della giurisprudenza di fronte al problema della legge
applicabile all’actio pauliana16. Dottrina e giurisprudenza, infatti, non solo pro-
cedono per luoghi comuni (topoi) ma rimangono sempre molto aderenti al pro-
blema concreto che sono chiamate, di volta in volta, a risolvere: così tendendo a
sviluppare soluzioni “giuste” nel caso concreto sulla base di argomentazioni che
possono dirsi fungibili in quanto prescindono da rigide premesse teoriche.
Sembra perciò proficuo illustrare le posizioni della dottrina procedendo da
un’analisi delle soluzioni possibili e dando conto degli argomenti eterogenei e
delle giustificazioni teoriche ad esse date. In un primo tempo si darà conto
dell’iniziale esitazione della dottrina, orientata a dare priorità alle valutazioni
del foro in una materia i cui risvolti economici non sono di poco momento. Se-
guirà una rassegna degli orientamenti più recenti in materia, che spaziano
dall’indicazione di criteri di collegamento territoriali allo spezzettamento della
disciplina tra l’ordinamento competente per il credito e quello competente per
l’obbligazione dedotta in giudizio dal creditore.
In definitiva, anche se il travaglio dottrinale non approda a risultati che pos-
sano dirsi soddisfacenti, ripercorrerlo può tuttavia essere utile per orientare
l’analisi verso la soluzione da suggerire per il nostro ordinamento. Può essere
utile altresì per un futuro legislatore sopranazionale della materia, come potreb-
be essere quello dell’Unione europea.

16
È merito di Th. VIEHWEG, Topica e giurisprudenza, 1963, l’aver messo in luce la validità
per le scienze giuridiche del ragionamento pratico che ha carattere dialettico e si contrappone al
ragionamento teorico che sarebbe proprio delle scienze esatte e si avvale di paradigmi
assiomatici. Richiamandosi ad Aristotele, l’autore ritiene che la scienza giuridica si avvalga di
una logica argomentativa fondata sulle c.d. éndoxa, ossia proposizioni opinabili, non vere ma
accettabili da tutti ovvero dalla maggioranza o dai più illustri. Sulla nozione di topos usata da
Viehweg si veda quanto osservato da K. LARENZ, Storia del metodo, 1966, pp. 194 ss.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 157

Sezione I
Argomenti topici per la difesa dei collegamenti tradizionali

2. Le prime analisi del problema dei rimedi giurisdizionali tipizzati tra territo-
rialità del potere di coercizione e immaterialità del credito

La dottrina che si è occupata dei mezzi di conservazione della garanzia ge-


nerica ha sempre offerto un ventaglio di opinioni, argomenti, tesi e critiche che
potrebbe essere definito rococo per la sua ricchezza ornamentale.
Nella maggior parte dei casi la dottrina insiste sull’applicazione della lex fo-
ri ai rimedi in esame senza però far emergere il titolo della sua applicazione.
Questa soluzione trova giustificazioni diverse ed è fatta discendere vuoi dalla
natura processuale delle norme sulla pauliana, vuoi dalla loro configurazione
come lois de police. L’analisi delle prime posizioni della dottrina a cavallo tra
XIX e XX secolo, che pure si era posta il problema della legge applicabile
all’actio pauliana, risulta poco utile perché mancavano gli strumenti scientifici
per capire la complessità del problema, stante lo stadio ancora primitivo
dell’evoluzione della scienza internazionalprivatistica. Non si può che dare con-
to delle soluzioni proposte le quali lasciano trasparire lo scarso approfondimen-
to di alcuni fenomeni della scienza internazionalprivatistica e, in primis, di quel-
lo delle lois de police.
Le posizioni dei primi autori che hanno cercato di risolvere il problema in-
ternazionalprivatistico dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale
del credito lasciano trasparire l’influenza delle idee manciniane e, in particolare,
la concezione territoriale delle leggi di ordine pubblico. Con questo background
essi insistono sul significato coercitivo dei mezzi di conservazione della garan-
zia patrimoniale del credito, per farne discendere il collegamento con il foro.
Ma quale foro? Per Laurent è il foro della situazione del bene di cui si contesta
l’atto dispositivo: lo statuto reale si confonde qui con l’ordinamento competente
per l’esecuzione forzata e con l’ordinamento nel quale i beni soggetti a iscrizio-
ne in pubblici registri sono iscritti17; diversamente, Pillet rivendica l’appli-
cazione della lex loci actus, cioè la legge del luogo in cui l’atto fraudolento è
stato compiuto18. Non si deve però pensare che questi abbia inteso proporre un

17
F. LAURENT, Droit civil international, t. VII, 1881, p. 445 ss.: “L’exécution forcée tient
encore à l’exercice de la puissance souveraine, en ce qui concerne les conditions et les formes [...]
toutes ces dispositions sont d’ordre public et dépendent par conséquent du statut réel. […] Quelle
est la nature du statut qui régit le droit des créanciers ? Il est réel, comme celui de la transcription
dont il est une conséquence, partant il n’appartient aux créanciers que si la loi de la situation des
biens le lui accorde”.
18
A. PILLET, Essai d’un système général, 1896, pp. 5 ss., spec. p. 8. È interessante notare che
l’action paulienne appare refrattaria alla dicotomia su cui si fonda il sistema di Pillet, che
158 CAPITOLO QUARTO

criterio di collegamento bilaterale: infatti, dietro la sua concezione vi è


l’assimilazione della frode organizzata dal debitore attraverso l’atto di disposi-
zione a un délit e la necessità di “punire” l’atto di disposizione fraudolento nel
luogo del suo compimento. Come si vede le “considerazioni di ordine pubblico”
servono a giustificare collegamenti diversi, sebbene tutti siano stati pensati co-
me criteri unilaterali e introversi. Senza enfatizzare il carattere “territoriale” del-
le norme sulla pauliana anche Rolin aveva preconizzato l’applicazione della lex
fori19.
A dare rilievo alla concezione di Laurent, ossia agli aspetti processuali
dell’actio pauliana e alla sua connessione con l’esecuzione forzata, erano inter-
venute sentenze greche e canadesi, citate nel Répertoire de droit international.
Molto pragmaticamente, questa giurisprudenza si era prima preoccupata di ri-
solvere il problema della competenza giurisdizionale e aveva stabilito due crite-
ri: il domicilio del convenuto, come foro generalmente competente, oppure la
situazione dell’immobile, nel caso che l’azione riguardasse beni immobili situa-
ti in uno Stato diverso da quello del domicilio del convenuto. In questi casi la
lex fori, dichiarata applicabile, coincide o con la lex domicilii del terzo o con la
lex rei sitae.
L’applicazione della lex rei sitae unita al criterio di giurisdizione del luogo
di situazione del bene oggetto dell’atto fraudolento era stata difesa anche dalla
giurisprudenza tedesca che si era espressamente fondata sul legame tra i mezzi
di conservazione della garanzia patrimoniale e l’esecuzione forzata, un legame
particolarmente forte nel diritto tedesco, come spiegato sopra20. Gli autori del
Répertoire si mostrano critici nei confronti di queste posizioni enfatizzando la
natura sostanziale del problema21. Esso consiste nello stabilire quale legge deve

distingue le leggi “generali” dalle leggi “permanenti” [cfr. Traité pratique, t. 1, 1923, pp. 101 ss.
dove spiega che le prime sono le leggi aventi efficacia territoriale, le seconde sono leggi ad
efficacia extraterritoriale e che il discrimine tra le due è dato dal “but social”: le leggi generali e
territoriali si caratterizzano per assicurare la protezione di interessi sociali (lois de garantie
sociale o, più esplicitamente, lois d’ordre public) mentre le leggi permanenti sono quelle poste a
tutela di interessi della persona e, per questo, seguono la persona nei suoi spostamenti (lois de
protection individuelle)]. Mentre la regola generale sottopone le norme che mirano alla protezione
dei contraenti allo statuto personale, nel caso della pauliana, l’autore antepone la lex loci actus
alla legge personale. Infatti la pauliana tutela sì la persona (rectius le persone: il creditore e il
contraente del debitore) ma soprattutto, secondo Pillet, protegge il corpo sociale nel suo insieme.
La sua regolamentazione è perciò affidata alla lex loci actus. La stessa soluzione è proposta per
disciplinare gli atti compiuti dal fallito nel periodo sospetto.
19
A. ROLIN, Principes de droit international privé, t. II, 1897, p. 521.
20
Sopra, pp. 109 ss.
21
Rép. La Pradelle-Niboyet, Action Paulienne, t. I, 1929, p. 237: “Dans un premier système,
la loi compétente est en principe la lex fori, la loi du tribunal saisi. Il résulte des explications pré-
cédentes que c’est tantôt la loi du domicilie du défendeur, tantôt la loi de situation des biens (lex
rei sitae), s’il s’agit de droits réels constitués par le débiteur sur l’un de ses biens en fraude des
droits de ses créanciers”.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 159

determinare i poteri del creditore, gli atti che possono essere contestati, chi può
essere convenuto in giudizio (il debitore o il suo contraente?) gli effetti della
mala fede, la durata della prescrizione, tutte questioni di natura sostanziale per
le quali si dovrebbe cercare una risposta nella lex obligationis. In definitiva,
poiché la legge competente per un’obbligazione era allora localizzata nel luogo
della sua stipulazione, gli autori ritengono competente per la disciplina
dell’actio pauliana la lex loci actus22. Nonostante queste premesse, gli autori
lasciano un margine di applicazione alla lex fori, la quale, nella loro analisi, ri-
mane competente a stabilire gli effetti – anche sostanziali – della sentenza di
revoca: in particolare stabilisce se l’accoglimento della domanda del creditore
determini la nullità o la semplice inopponibilità al creditore dell’atto revocato.
Alcuni di questi argomenti, in particolare le considerazioni di ordine pubbli-
co sono stati ripresi in un’altra era del diritto internazionale privato da Lere-
bours-Pigeonnière e Loussouarn, e da Raymond Vander Elst. Anche l’ipotesi di
uno spezzettamento della disciplina dell’azione tra lex fori e lex causae sarà
ripresa nella dottrina più recente. Già queste prime opinioni rappresentano un
buon esempio di come certi topoi resistano all’incalzare dei tempi e all’evo-
luzione della disciplina.

3. L’attribuzione ante litteram del carattere di applicazione necessaria alle


norme in esame nella dottrina di Bartin

Occorre comunque ricordare che Bartin, in uno scritto del 1899, poi ripudia-
to, aveva avuto una felice intuizione in merito al problema sollevato dall’azione
surrogatoria23. Commentando una decisione della Cour de cassation, l’eminente

22
Rép. La Pradelle-Niboyet, Action Paulienne, 1929, p. 238, n. 18 e s.: “Le législateur fran-
çais n’ayant pas établi le même lien entre la procédure d’exécution et l’action paulienne, nous
appliquerons de préférence la loi qui régit l’obligation dans ses conditions et dans ses effets, c’est-
à-dire la loi où elle a pris naissance. On la consultera pour déterminer quels sont les actes qui,
accomplis frauduleusement par le débiteur, donneront lieu à l’exercice de l’action paulienne. Elle
dira contre quelles personnes cette action peut être intentée (Est-ce contre le débiteur ? Est-ce
contre le tiers ?) et à quelles conditions (Quels seront les effets de la mauvaise foi ?). Elle déter-
minera enfin la durée de la préscription. [...] Comme d’autre part, les effets de l’action paulienne
dépendent du mode d’exercice de cette action, c’est [...] la lex fori qu’il conviendra de consulter
sur le point de savoir si l’acte frauduleux est réputé nul aux yeux de tous, ou au regard seulement
du créancier demandeur”.
23
É. BARTIN, nota a Cassation 17 gennaio 1899, Epoux de Bourbon de Bari c. Bourbon de
Caserte, 1899, pp. 329 ss. Come accennato nel testo, riteniamo che Bartin abbia, per così dire,
ripudiato questa nota, perchè nelle edizioni del suo manuale [ad es. Principes, 1930, p. 444, nt. 4]
nel dare riferimenti alla decisione annotata rinvia il lettore a leggere il testo della decisione sul
Journal du droit international (Clunet), 1899, pp. 546 s., in luogo del Dalloz, dove aveva
pubblicato la propria nota di commento alla decisione.
160 CAPITOLO QUARTO

giurista francese si era reso conto che si trovava di fronte a un problema nuovo:
non è sempre possibile scindere in modo netto, in una fattispecie, le questioni
attinenti al merito da quelle attinenti alla procedura24.
Bartin non giunge a osservare che, negando la possibilità di una scissione
tra i profili sostanziali e processuali di queste azioni, si mette in crisi il meccani-
smo su cui si basa il funzionamento del diritto internazionale privato. Infatti, il
ragionamento tradizionale non può essere immaginato prescindendo dall’in-
tuizione di Iacopo Balduini sulla separazione concettuale tra de his quae perti-
nent ad litis ordinationem, da una parte e de his quae pertinent ad ipsius litis
decisionem, dall’altra25. L’eminente autore intravede la questione seguente:
quando un diritto soggettivo non può esprimersi se non in determinate forme
processuali e, viceversa, quando una determinata azione non serve che a realiz-

24
La scoperta avviene in occasione del commento a un arrêt della Cour de cassation su
un’azione di disconoscimento di paternità, instaurata dalla famiglia reale borbonica di Napoli;
l’azione è messa in relazione, da Bartin, con altre pronunce su casi di action oblique e action pau-
lienne. É. BARTIN, 1899, pp. 331 s. circoscrive così il problema: “[La] question … est celle de
savoir dans quelle mesure et suivant quelles règles la loi normalement applicable à un rapport de
droit, mais qui ne peut atteindre ce rapport de droit sur un autre territoire qu’avec l’aide et
l’assistance de la loi qui régit ce territoire, va perdre en général à ce contact certains de ses carac-
tères pour revêtir ceux de cette loi. C’est là un problème si considérable, et à beaucoup d’égards si
neuf que nous ne pouvons songer à l’aborder ici. Mais son énoncé nous servira tout au moins à
poser d’une façon plus large le problème plus restreint qui soulève, dans les litiges d’un caractère
international, la combinaison des dispositions de fond et des dispositions de procédure”. In
linguaggio moderno, diremmo che il caso investiva il problema della legge applicabile alla
legittimazione ad agire per ottenere la declaratoria di nullità di un atto di riconoscimento di
paternità compiuto da un collaterale. La legge francese, lex fori, affermava la legittimazione ad
agire dei collaterali, mentre la legge italiana, lex causae (legge regolatrice del rapporto di
filiazione), la negava in casi come quello di specie. La questione è assimilata da Bartin a quella
della legge applicabile alle condizioni per l’esercizio dell’azione surrogatoria e revocatoria,
passate al vaglio della giurisprudenza francese all’incirca nello stesso periodo e studiate da Bartin
[Sousse 10 ottobre 1889, Alger, 25 marzo 1891 e Oberlandesgericht Stuttgart, 28 luglio 1888, per
le quali si veda sopra, cap. III, pp. 117 ss.]. Il ragionamento di Bartin anticipa i termini di un pro-
blema che sarà molto sentito in seguito: quello dell’autonomia dell’azione dal diritto tutelato giu-
dizialmente, e più in generale, del rapporto tra diritto sostanziale e azione processuale; nella dot-
trina francese di diritto internazionale privato si veda H. MOTULSKI, Le droit subjectif et l’action
en justice, 1964, pp. 215 ss. La verifica ultima dell’ipotesi dogmatica dell’autonomia, sostenuta
con vigore dai processualisti, si ha proprio nel diritto internazionale privato: come indicato già da
P. HÉBRAUD, Chronique, 1953, pp. 568 ss. “L’un des problèmes le plus fondamentaux du droit du
contentieux consiste … à savoir dans quelle mesure des théories telles que celle de l’action se
rattachent au fond du droit, ou sont purement procédurales. Le droit international privé est, com-
me en toute matière, le test classique de ces qualifications”. In Francia si può vedere la comunica-
zione di F. TERRÉ, Les conflits de lois en matière d’action en justice, 1967, pp. 111 ss. e, dello
stesso autore, Action en justice, 1968, pp. 49 ss. Adde M.-L. NIBOYET-HOEGY, L’action en justice,
1986.
25
Bartolo a C.1.1.1., n. 15. Tratto dalle edizioni originali di Venezia (1602) e Lione (1533) e
cit. da N. E. HATZIMIHAIL, Bartolus and the conflict of laws, 2009, pp. 11 ss.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 161

zare un determinato diritto sostanziale, è possibile valutare separatamente il di-


ritto e le forme processuali in cui si esprime?
La risposta sembra essere negativa e, nel pensiero di Bartin, questa conclu-
sione comporta un restringimento delle possibilità di applicazione delle leggi
straniere nel foro26. Inoltre, il fenomeno di applicazione della lex fori a una ca-
tegoria particolare di norme che non rientra né nella disciplina del pouvoir judi-
ciaire dello Stato, né nell’ordine pubblico, evidenzierebbe la necessità dogmati-
ca di una terza categoria di norme alla quale applicare invariabilmente la lex
fori27: una categoria che si colloca a metà tra il diritto processuale e il diritto
sostanziale. Bartin chiama questa categoria giuridica “questions de saisine”. Nel
suo pensiero, le questioni di saisine comprendono tutte le vicende legate al-
l’esecuzione giudiziaria dei diritti, e, in particolare, i presupposti processuali e
le condizioni dell’azione: “[Les] questions de saisine [sont] très différents de
questions de procédure proprement dites […] [L]a lex fori s’applique [aux
questions de saisine] dans une certaine mesure pour les mêmes raisons pour les-
quelles elle s’applique [aux questions de procédure]. Il s’agit, en effet, dans un

26
La dottrina di Bartin è stata tacciata di nazionalismo proprio perchè la sua visione del
mondo è incentrata sulla sovranità: ogni Stato è sovrano e applica il diritto straniero perché vuole
farlo. Ciò non avviene per benevolenza (comitas) ma per razionalità giuridica, come spiega nel
suo De l’impossibilité d’arriver à la solution définitive des conflits de lois, 1897, p. 236. Senza
soffermarsi sull’inseparabilità tra fond e formes de procédure, l’autore si limita a rivedere la pro-
pria concezione dell’epoca sulle circostanze che consentivano l’applicazione esclusiva della lex
fori ai giudici nazionali. Partendo dall’idea che la lex fori si applica solo per disciplinare il proces-
so oppure quando è in gioco l’ordine pubblico l’autore riscontra, nel caso specifico, la non appar-
tenenza delle norme da applicare a nessuna delle due categorie ma non riesce a vedere come si
potrebbe applicare alla questione una legge straniera. Il suo ragionamento è perciò un esempio
classico di deduzione e di sussunzione. L’autore evoca spiegazioni anche fantasiose di questo
particolare fenomeno di applicazione della lex fori al di là delle ordinatoria litis e dell’ordine
pubblico e, partito dall’azione di disconoscimento di paternità, estende per analogia tutto questo
ragionamento alle azioni paulienne e oblique.
27
È importante sottolineare che Bartin è pienamente consapevole della estraneità dell’azione
revocatoria ordinaria e dell’azione surrogatoria, sia all’ambito dell’ordine pubblico, sia alla mate-
ria dell’ordinamento del processo. La lex fori, secondo la concezione originaria, interviene inva-
riabilmente nella disciplina del processo e anche quando è portatrice di valori essenziali per
l’ordine pubblico internazionale. Cfr. É. BARTIN, op. cit., pp. 330 ss.: “Les dispositions de procé-
dure se distinguent en droit international privé, de toutes les autres dispositions légales au point de
vue de la loi qui lui est applicable : ce sont rigoureusement les seules qui dépendent normalement
de la loi du juge saisi envisagée comme telle. À première vue, cela paraît inexact : d’autres dispo-
sitions légales, en effet, très différentes, par leur objet, … dépendent aussi de la loi du juge saisi
envisagée comme telle : ce sont les dispositions d’ordre public international … Mais il n’y a là
qu’une ressemblance de surface, au point de vue de la loi applicable, entre ces deux groupes des
dispositions légales ; car s’ils dépendent l’un et l’autre de la loi du juge saisi envisagée comme
telle, ils n’en dépendent pas de la même manière et au même titre”.
162 CAPITOLO QUARTO

cas comme dans l’autre, de fixer les conditions sous lesquelles le pouvoir judi-
ciaire peut remplir sa mission dans l’État qui le crée […]”28.
Questa terza categoria di norme, da attingere nella lex fori anche se non può
essere sussunta sotto la categoria “questioni di procedura” deve esservi assimi-
lata perché coinvolge il potere giudiziario dello Stato: Bartin ricorre all’im-
magine incisiva dello stampo che fa assumere diverse forme a una stessa sos-
tanza: “lorsqu’un litige s’élève dans un État donné, toutes les règles qui ne
constituent que la mise en œuvre ou la sanction d’un droit régi par la loi étran-
gère, et dont l’intervention n’est pas de nature à modifier l’assiette ou le carac-
tère de ce droit, dépendent de l’autorité publique du pays auquel les plaideurs
s’adressent : ce pays ne peut mettre à leur disposition que les institutions qu’il a
lui-même établies dans ce but, et les autorités auxquelles il délègue les pouvoirs
nécessaires à cet effet, ne peuvent elles-mêmes appliquer au rapport de droit
litigieux la loi étrangère qui le régit, qu’en la faisant, pour ainsi dire, passer par
le moule de procédure dont elles disposent, et qui est le leur, et il est inévitable
que ce moule de procédure déforme un peu, sur certains points, la loi étrangère
qu’on y engage”29.
Considerate le premesse da cui muove, l’autore avrebbe potuto spingersi a
sostenere che la linea di demarcazione tra lex fori e lex causae non corrisponde,
come si sostiene abitualmente, a quella tra ordinatoria e decisoria litis, ma
all’altra che separa il diritto soggettivo dalle sue forme di tutela30.
È interessante notare che, dietro queste affermazioni, si delinea una conce-
zione delle norme che prevedono “rimedi giurisdizionali tipizzati”, come
l’action paulienne, l’action oblique e l’azione di disconoscimento di paternità

28
Ibidem.
29
La scelta tra lex fori e lex causae non può essere drastica, come si rende conto agevolmen-
te un grande conoscitore della case law come É. BARTIN, ivi, p. 332: “Si l’on part de cette idée, il
n’est plus possible de limiter l’intervention de la lex fori aux questions de procédure proprement
dites : la question de la possibilité et de la régularité de la saisine du juge se trouve également
soumise à la lex fori et cette question comprend nécessairement celle de la nature de l’action,
celle de la détermination des personnes qui peuvent agir, et des conditions dans lesquelles elles
peuvent agir. Sans doute, à ces deux derniers points de vue, la loi qui régit le fond du droit ne
saurait être mise complètement de coté”.
30
Ibidem : “Le droit du demandeur ne saurait prendre sa source que dans la loi qui régit le
fond : mais sa mise en œuvre dépend nécessairement de la loi du juge saisi, parce que le juge saisi
ne peut l’être que d’une action que sa propre législation consacre, et dans les termes dans lesquels
elle la consacre, mais peut aussi toujours l’être dans cette mesure. […]. C’est ainsi encore qu’en
admettant que les droits d’un créancier sur son débiteur, à l’effet d’obtenir de lui l’exécution de
l’obligation, dépendent de la loi qui régit le fond, leur mise en œuvre dépend de la loi du juge
saisi, de telle sorte que le créancier puisse agir par la voie de l’action oblique, si la législation du
pays du juge consacre cette action, alors même que la législation qui régit le fond des rapports
entre le créancier et le débiteur ne l’admettrait pas […] de telle sorte également que l’action pau-
lienne soit exercée par le créancier conformément à la loi du juge saisi”.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 163

vicina alla concezione di “lois d’application immédiate” proposta da France-


scakis nel 195831.
Infatti Bartin giustifica l’applicazione della lex fori per il particolare oggetto
e scopo delle norme sulla saisine, cioè per la necessità di preservare il controllo
dello Stato sulle forme di tutela garantite congiuntamente dal potere legislativo
e giudiziario. In secondo luogo, il richiamo della lex fori è compiuto con criterio
unilaterale, che procede vom Gesetze her, in quanto le norme francesi sulle a-
zioni oblique e paulienne si ritengono applicabili anche quando il rapporto di
credito è disciplinato da una legge straniera. Infine, è interessante notare che il
richiamo della lex fori non esclude del tutto l’applicazione della legge straniera
eventualmente competente per il diritto da tutelare, ma può combinarsi con es-
sa32.

4. L’invocazione della lex fori a titolo di legge regolatrice del processo

L’appartenenza dell’azione surrogatoria alle c.d. ordinatoria litis è stata so-


stenuta in Francia e in Belgio, da Pierre Arminjon e, in tempi più recenti, da
Raymond Vander Elst33.
Secondo il punto di vista dei due autori, l’azione surrogatoria non sarebbe
che una manifestazione del fenomeno della legittimazione processuale, o legi-
timatio ad causam e pertanto essa ricadrebbe nella competenza della lex fori34.
Pur non approvando l’applicazione della lex fori, Henri Batiffol, riteneva
possibile che la giurisprudenza vi ricorresse35.

31
Ph. FRANCESCAKIS, La théorie du renvoi et les conflits de systèmes, 1958.
32
A. BONOMI, Le norme imperative, 1998, p. 66: “la figura delle norme di applicazione
necessaria non viene creata ora, ma affonda le sue radici nel pensiero dello stesso Savigny ed ha
continuato a esistere nella dottrina e nella giurisprudenza successive, anche se spesso
«mascherata», dietro l’istituto affine dell’ordine pubblico”.
33
R. VANDER ELST, Les lois de police et de sûreté, 1963, p. 390; P. ARMINJON, Précis, t. III,
1931, p. 276 [e, conformemente, nell’edizione successiva del 1952, a pp. 259 s. e nel t. II, 1958,
pp. 380 ss.] concorda per la definizione di ordinatoria ma non ne deduce la loro sottoposizione
alla lex fori perché non la ritiene soddisfacente dal punto di vista del diritto internazionale priva-
to. In passato tale soluzione era stata sostenuta da A. ROLIN, Principes, t. II, 1897, p. 521:
“L’admissibilité de l’action paulienne dépend de la loi du for”; cfr. anche P. LÉREBOURS-
PIGEONNIERE, Y. LOUSSOUARN, Droit international privé, 1962, p. 595). La tesi della natura “pro-
cessuale” della surrogatoria è stata abbandonata dalla dottrina civilistica francese soprattutto a
seguito dei rilievi critici di Marcel Planiol, pertanto il dibattito tra gli internazionalisti si è anche
dovuto confrontare con la questione relativa alla opportunità di adottare qualificazioni non armo-
niche con quelle di diritto interno, com’era quella di ordinatoria negli anni ’60. Per la necessità di
mantenere coerente l’ordinamento interno, in tema di azione pauliana, si veda É. BARTIN, Princi-
pes, 1930, p. 444.
34
R. VANDER ELST, Les lois de police et de sûreté, 1963.
35
H. BATIFFOL, Les conflits de lois en matière des contrats, 1938, p. 392: “Il est possible que
164 CAPITOLO QUARTO

Il disconoscimento dei profili sostanziali dell’azione revocatoria e surroga-


toria nell’ordinamento francese deriva probabilmente dalla circostanza che né
l’una né l’altra azione possono essere esercitate al di fuori di un giudizio civile.
Nell’ordinamento italiano, la possibilità di esercizio stragiudiziale dell’azione
surrogatoria rende meglio percepibile il sostrato materiale dell’istituto, consi-
stente nel potere del creditore di procedere in via surrogatoria (il creditore ha il
potere di compiere atti che interrompono la prescrizione di un diritto del debito-
re; il potere di trascrivere l’ipoteca giudiziale ottenuta dal debitore)36. Soltanto
con l’acquisizione della piena autonomia del diritto di azione dal diritto sostan-
ziale, attraverso l’opera di processualisti37, si potuto meglio comprendere che le
azioni, per quanto rivolte a garantire la fruttuosità dell’esecuzione sono, per il
loro fondamento, istituti operanti nel diritto materiale e non nel diritto processu-
ale38.
La tesi non è più condivisa dalla dottrina39. Inoltre, soprattutto nella dottrina
meno recente, non è sempre chiaro se la lex fori sia invocata come conseguenza
ineluttabile della qualificazione di ordinatoria litis oppure a titolo di loi de poli-
ce.
Un esempio di commistione di argomenti a favore della lex fori è la posi-
zione di Pierre Arminjon. L’autore ritiene che l’appartenenza delle disposizioni
in materia di action oblique alla categoria della procedura potrebbe fornire un
titolo di applicazione alla legge del giudice adito, ma poi rifiuta la soluzione in
nome di esigenze proprie alla disciplina. Contro l’applicazione della lex fori

la tendance naturelle des juges à appliquer leur propre loi les conduise, le jour où notre problème
se poserait (nous ne connaissons pas de décisions sur la question), à l’envisager comme se ratta-
chant à la procédure (détermination de la qualité requise pour agir) et à lui appliquer la loi du for.
Cependant [...] nous [nous permettons] d’en douter”.
36
Il potere di procedere in via surrogatoria è il significativo titolo della monografia di R.
SACCO, il quale pone l’accento sul carattere sostanziale dell’azione surrogatoria in diritto italiano.
37
Sulla problematica distinzione tra diritto e azione esiste una letteratura sterminata. Si veda
specialmente, nell’ambito della dottrina italiana, oltre a quanto indicato sopra, p. 99, nt. 135, G.
CHIOVENDA, L’azione nel sistema dei diritti, 1930 (1904), pp. 5 ss.; E. BETTI, Diritto processuale
civile italiano, 1936; S. SATTA, L’azione nel diritto positivo, 1959, pp. 822 ss. In Francia vedi H.
MOTULSKI, Le droit subjectif et l’action en justice, 1964, p. 224.
38
Per le prime affermazioni della tesi indicata nel testo, con riferimento all’azione revocato-
ria, cfr. A. DE MARTINI, Azione revocatoria, 1958, p. 156; A. CICU, L’obbligazione nel patrimo-
nio del debitore, 1948, pp. 25 ss. In questi scritti il dibattito sulla natura processuale o sostanziale
dell’istituto si inserisce nel più ampio dibattito, che ha coinvolto la dottrina italiana, sulla natura
costitutiva o meramente dichiarativa della sentenza di revoca.
39
Y. FLOUR, L’effet des contrats à l’égard des tiers, 1977, p. 304 : “La compétence de la loi
du for peut se fonder sur l’idée couramment reçue que le créancier exerçant l’action oblique agit
par représentation de son débiteur. L’action oblique est ainsi comprise comme une dérogation à la
règle que «nul ne plaide par procureur». Mais la formule pèche par inexactitude : le créancier, en
même temps qu’il exerce le droit substantiel de son débiteur, agit, non par représentation, mais en
vue de son intérêt propre”.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 165

Arminjon avanza argomenti che diventeranno topici dopo la teorizzazione dei


criteri della c.d. giustizia internazionalprivatistica. L’autore, infatti, non mette in
discussione la qualificazione processuale delle azioni ma, contro l’applicazione
della lex fori, fa valere la necessità di rispettare le aspettative dei privati40.
Il ricorso alla lex fori appare irragionevole in quanto costringerebbe il debi-
tore a vegliare sui propri diritti conformemente alle leggi di tutti i paesi in cui
un’azione può essere instaurata contro di lui: “il serait déraisonnable d’obliger
le débiteur à veiller sur ses droits conformément aux lois de tous les pays où une
action peut être intentée contre lui”41.
Inoltre, aggiunge Arminjon, tali disposizioni sono state sancite nell’in-
teresse del credito pubblico, secondo le esigenze che gli sono proprie nei paesi
in cui è instaurata l’azione e per obiettivi validi in ogni circostanza42.
Un diverso punto di vista giustificava invece l’applicazione della lex fori e-
videnziando il carattere propedeutico all’esecuzione forzata dei mezzi di con-
servazione della garanzia patrimoniale del credito43. Sebbene antiquata, questa
seconda tesi è stata sostenuta fino agli anni ’60 da Paul Lerebours-Pigeonnière e
Yvon Loussouarn. Gli autori indicano l’applicazione della lex fori senza speci-
ficare se essa intervenga quale legge regolatrice del processo oppure ad altro
titolo44. La qualificazione delle azioni “des tiers créanciers” (surrogatoria, re-
vocatoria e dichiarativa della simulazione) quali mesures préalables à l’exé-
cution forcée lascia propendere per la prima ipotesi. La loro concezione dei
mezzi di conservazione della garanzia generica come misure esecutive o come
misure omologhe a misure esecutive “in quanto dirette ad assicurare una corret-
ta realizzazione dei diritti dei creditori” può invece far ritenere che gli autori si
siano lasciati influenzare dal nomen iuris francese della garanzia patrimoniale:

40
I vantaggi del ricorso alla lex fori non devono essere sottovalutati, non ultimo quello deri-
vante dal fatto che il giudice applica una legge di cui ha una conoscenza approfondita e completa.
In argomento si veda E. VASSILAKAKIS, Orientations méthodologiques, 1987, pp. 25 ss. L’in-
conveniente dell’assoluta imprevedibilità della legge regolatrice, prima dell’instaurazione di un
giudizio è ridimensionato da questo autore il quale dimostra come l’applicazione della lex fori
serva invece a dissipare ogni incertezza sulla legge applicabile in presenza di criteri di giurisdi-
zione certi. Infatti, in questi casi la legge si determina contestualemente, come immediata conse-
guenza dell’individuazione del tribunale internazionalmente competente. Ciò postula, come appe-
na osservato, un sistema con criteri di competenza stabiliti e definiti, come potrebbe essere quello
cui ha dato luogo la Convenzione di Bruxelles del 1968, ora trasfusa nel Regolamento Bruxelles I.
41
P. ARMINJON, Précis, t. III, Paris, 1931, p. 276. Egualmente le edizioni successive: 1952, p.
259; e t. II, 1958, pp. 380 ss.
42
L’autore afferma esplicitamente, t. II, 1958, p. 381 che le norme di cui all’art. 1166 Code
civ. “ont été édictées dans l’intérêt du crédit public, suivant ses exigences dans le pays où l’action
s’engage, pour des raisons objectives qui valent en toutes circonstances”.
43
Gli autori che indicano l’applicazione della lex fori, salvo rare eccezioni, giustificano la
scelta descrivendo l’action oblique come mesure préalable à l’exécution forcée, cfr. P.
LEREBOURS-PIGEONNIÈRE, Y. LOUSSOUARN, Droit international privé, 1962, p. 595.
44
Ibidem.
166 CAPITOLO QUARTO

il droit de gage général45. L’associazione mentale con il diritto di pegno, il droit


de gage, è immediata e fuorviante, come segnalato dalla dottrina francese di
diritto civile46. Si può anche pensare, che essi intendessero attribuire un caratte-
re di applicazione necessaria alle norme in esame: infatti essi ricordano che i
mezzi in esame sono funzionali al potere coercitivo dello Stato, usando parole
simili a quelle della tesi più antica sull’appartenenza delle azioni all’ordine
pubblico, e svolgendo un ragionamento simile a quello di Bartin47. Questa può
essere anche la chiave di lettura della tesi di P. Lerebours-Pigeonnière e Y.
Loussouarn i quali sostengono che le azioni si riallacciano all’organizzazione
del sistema di responsabilità patrimoniale e servono ad assicurarne la corretta
esecuzione48.
Al di là degli argomenti forniti a sostegno della lex fori, l’intervento della
legge del giudice adito appare talmente necessario, che in casi limite se ne pro-
pone il cumulo con la lex loci actus49. Ciò è detto forse per analogia con le tesi
che confondevano le problematiche sull’ordine pubblico con quelle sull’illecito,
indicando, di conseguenza, la legge del luogo della frode come competente per
esigenze di ordine pubblico.
Secondo un altro argomento le azioni revocatoria e surrogatoria devono es-
sere regolate dalla lex fori, in quanto “circoscrivono la vera portata del droit de
gage général” dell’art. 2093 Code civil50.
Lerebours-Pigeonnière e Loussouarn colgono soprattutto l’importanza prati-
ca dei rimedi sia nel rendere efficace una futura esecuzione sui beni, sia
nell’ampliare l’attivo fallimentare. Infatti gli autori formulano una critica, di
sapore aspro, alla tesi di Batiffol sull’applicabilità della legge regolatrice
dell’atto revocando. Rilevando gli effetti deleteri che la tesi di Batiffol avrebbe
nella procedura fallimentare, si dice che la soluzione proposta: “conduirait à
soustraire à l’empire de la loi de la faillite la nullité des contrats conclus pen-
dant la période suspecte, et nous ne saurions l’admettre”51.

45
Ibidem. Si veda analogamente A. ROLIN, Principes, t. II, 1897, p. 521.
46
Si veda ad es. Ph. MALAURIE, L. AYNÈS, Droit civil, Les obligations, t. III, 2001-2002, p.
63; F. TERRÉ, Ph. SIMLER, Y. LEQUETTE, Droit civil, Les obligations, 1999, p. 920; H., L. e J. MA-
ZEAUD, F. CHABAS, Obligations, Vol. I, t. II, Théorie générale, 1998, p. 8.
47
Cfr. sopra, par. 3.
48
P. LEREBOURS-PIGEONNIERE, Y. LOUSSOUARN, Droit international privé, 1962, p. 595:
“Ces actions [...] se relient à l’organisation du droit de gage général des créanciers dont elles assu-
rent une mise en œuvre correcte”.
49
Ibidem: “Nous admettons dans le cas de l’action paulienne qui sanctionne une fraude que
la loi du lieu d’accomplissement de la fraude, si elle ne coïncidait pas avec la loi du for, pourrait
intervenir à défaut d’une institution spéciale par cette dernière loi”. Gli autori esprimono così
l’esigenza di una disciplina internazionalprivatistica a carattere materiale che esprima un favor
per il creditore.
50
Ibidem.
51
Come chiarito dallo stesso Batiffol e da Paul Lagarde nelle edizioni del manuale successi-
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 167

Come già accennato, la chiave per comprendere questa piccola polemica


con Batiffol risiede, a nostro avviso, non già in una diversa convinzione sulla
migliore soluzione internazionalprivatistica, ma su un giudizio di valore che sta
alla base di quella scelta. Infatti, mentre gli autori esprimono un chiaro favor
creditoris, soprattutto quando propongono di ricorrere alla lex loci actus per
sanzionare una frode “à défaut d’une institution spéciale par [la] loi [du for]”;
Batiffol, insistendo sul favor validitatis, fonda la sua soluzione su un giudizio di
valore opposto a quello dei primi due. I motivi ispiratori della disciplina inter-
nazionalprivatistica sono perciò entrambi egualmente sostanziali e di segno op-
posto e alla base del contrasto tra i due autori vi è soltanto una diversa scala di
valori: sentendo più forte l’esigenza di tutela del credito e degli investimenti,
nel conflitto tra creditore e terzo acquirente, i primi privilegiano il creditore an-
che nella disciplina internazionalprivatistica; sentendo, viceversa, più forte
l’esigenza di certezza dei trasferimenti, il secondo promuove una soluzione in-
ternazionalprivatistica ispirata a privilegiare la posizione del terzo acquirente
sul creditore. Se i primi, pertanto, propongono il cumulo della lex fori con la lex
loci actus in funzione espansiva, il secondo propone il cumulo della lex contrac-
tus con la lex obligationis in funzione restrittiva.

5. L’invocazione della lex fori a titolo di loi de police

La dimensione pubblicistica delle azioni protettrici della garanzia generica è


stata enfatizzata soprattutto all’inizio del secolo XX come riflesso della perce-
zione della loro importanza economica. In un momento di forte attenzione da
parte di ogni Stato ai propri interessi vitali, e tra questi soprattutto agli interessi
economici, dopo la crisi del 1929 e l’inizio dell’esperienza comunista, la dottri-
na di diritto internazionale privato inizia ad affermare l’appartenenza delle tre
azioni in esame alle seguenti categorie affini: lois de police, lois d’ordre public,
lois d’application immédiate. Ricostruire il pensiero di questi autori è partico-
larmente arduo dal momento che usano le categorie appena citate in modo fun-
gibile: ciò è dovuto, come segnalato sopra, alla circostanza che non esistevano
ancora gli strumenti per una loro distinzione chiara.
Del resto, gli argomenti portati dalla dottrina precedente o, comunque, indi-
pendente dalle analisi di Batiffol a sostegno dell’applicazione della lex fori rive-
lano che il fondamento della soluzione, piuttosto che la qualificazione di ordi-
natoria, concreta l’esigenza di riservare ad ogni ordinamento una valutazione
autonoma circa l’estensione della tutela del credito. Traspare l’idea che i confini
della tutela del credito debbano essere stabiliti da ogni ordinamento in base ad

ve alla critica di LEREBOURS-PIGEONNIERE e LOUSSOUARN, di cui si è dato conto nel testo, la tesi
di Batiffol non ha vocazione a risolvere i conflitti di legge delle azioni protectrices du droit de
gage in materia di fallimento.
168 CAPITOLO QUARTO

autonome valutazioni. Anche se non era ancora possibile concettualizzare que-


sta idea, oggi potremmo dire che si attribuiva il carattere di norme di applica-
zione necessaria alle norme che tracciano i confini della tutela del credito chiro-
grafario, in quanto poste a tutela di un interesse di tipo pubblicistico.
Originariamente, la repressione delle frodi doveva apparire come una san-
zione di carattere penale. Per questo gli statutari avevano posto il principio della
realità, quindi della territorialità, degli statuti che avevano ad oggetto la preven-
zione e la sanzione delle frodi52. Bisognava perciò interrogare la legge locale
per stabilire se il contratto in frode ai creditori producesse effetti. La concezio-
ne, già ricordata, che vede nell’action paulienne uno strumento sanzionatorio
nei confronti del responsabile di una frode ha avuto molto successo anche in
epoche successive. Essa è stata riproposta, come sopra accennato da Lerebours-
Pigeonnière e Loussouarn, e, più esplicitamente da Niboyet 53.
Questo autore sostenne che l’action paulienne aveva un carattere quasi pu-
nitivo nei confronti del debitore, e, pertanto, doveva essere disciplinata dalla
legge dello Stato nel quale la frode era stata perpetrata, con due eccezioni. La
prima, relativa agli effetti della revoca dell’atto, da apprezzare secondo la lex
rei sitae. La seconda a favore dell’applicazione della lex fori nell’ipotesi in cui
la legge straniera fosse contraria a principi di ordine pubblico. L’accostamento
tra la responsabilità civile e la responsabilità penale pare evidente negli scritti di
questi autori.
Niboyet, peraltro, era inizialmente contrario ad un’interpretazione del-
l’action oblique quale disciplina d’applicazione necessaria (1934)54, ma, in un
secondo momento (1947), egli afferma che le norme che accordano l’action
paulienne e l’action oblique sono lois de police poiché rivestono scopi sociali
fondamentali nella vita giuridica del paese: “Les lois qui accordent cette protec-
tion aux créanciers sont des lois de police parce qu’elles ont pour but d’assurer,
dans la vie juridique, la probité, la droiture, l’exactitude enfin, qui sont les pi-
liers nécessaires de la vie sociale”55.

52
Cfr. Y. FLOUR, L’effet des contrats, 1977, p. 6, nt. 2, che riporta le osservazioni di BOU-
HIER (Observations sur la coutume de Bourgogne, chap. XXXI). Si vedano anche le considerazio-
ni (già critiche) nella voce Action Paulienne del Rép. La Pradelle-Niboyet. I, 1929, p. 237.
53
P. LEREBOURS-PIGEONNIERE, Y. LOUSSOUARN, Droit international privé, 1962, p. 595. NI-
BOYET, Traité, t. IV, 1947, p. 71.
54
J-P. NIBOYET, nota a Tribunal de commerce de la Seine, 23 gennaio 1934, Crédit français
c. Koulmann, p. 784 : “Il semble, en effet, que l’action oblique ne puisse être considérée comme
d’ordre public en France”.
55
J-P. NIBOYET, Traité, t. IV, 1947, p. 70. La definizione usata da Niboyet richiama alla
mente il concetto di lois d’application immédiate che sarà elaborato da Ph. Francescakis [si veda
ad es. Conflits de lois, 1968, pp. 470 ss.] qualche anno più tardi. Le definizioni dell’autore
debbono essere comprese nell’ambito del suo sistema, dichiaratamente territorialista. Il Niboyet
parte da due premesse: la prima che attribuisce competenza al paese territorialmente interessato al
caso concreto, la seconda che rievoca decisamente la dottrina dei diritti quesiti. Per questa ragione
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 169

I continui riferimenti al crédit public e all’esigenza di una sua salvaguardia


per l’organizzazione sociale del paese evocano la definizione di lois de police
che sarà data da Phocion Francescakis, trent’anni più tardi: “les lois dont
l’observation est nécessaire pour la sauvegarde de l’organisation politique, so-
ciale, ou économique du pays”56.
Essa riecheggia nella concezione di norme di applicazione necessaria difesa
dallo Sperduti, per il quale esse “non hanno prevalente riguardo agli interessi
dei singoli, contemperandoli secondo il criterio de “suum cuique tribuere”, ma
più spiccatamente tendono a salvaguardare le esigenze della collettività, garanti-
re la sicurezza e la stabilità sociale, conservare certi valori che debbono, secon-
do la concezione del legislatore, presiedere allo svolgimento della vita di rela-
zione giuridica nella società governata dallo Stato”57.
In definitiva, l’interrogativo circa la norma applicabile è posto vom Gesetze
her, e non vom Sachverhalt her58. Inoltre, vi è una tendenza ad espandere la
competenza legislativa del proprio ordinamento la cui legge, quando non viene
in rilievo come lex loci actus o lex loci commissi delicti, o ancora come lex rei
sitae, è ritenuta competente come lex fori59. Tutti questi criteri di collegamento

è stato ritenuto un epigono dei pandettisti tedeschi, pur essendo già da tempo scaduta l’ora di
quelle concezioni dogmatiche. Egli propone una concezione del diritto come mero « accessorio »
ai fatti sociali, come qualcosa che l’ordinamento appiccica sopra un fatto rendendolo così
giuridico: v. J-P. NIBOYET, L’universalité des règles de solutions des conflits, 1950, pp. 513 ss.:
“dans chaque pays la loi le plus normalement compétente pour les faits qui s’y produisent est la
loi territoriale, c’est-à-dire la loi de ce pays”; “tout ce qui se produit sur un territoire déterminé,
relève de la loi en vigueur sur ce territoire. Elle seule peut fixer les conditions voulues pour qu’un
fait se transforme en fait juidique, ou au contraire pour qu’il demeure un fait pur et simple, sans
suite juridique”; p. 518: “nous reconnaissons qu’il n’est pas possible d’appliquer aveuglément le
principe de territorialité pour la solution des tous les conflits, c’est-à-dire d’affirmer de façon
absolue la compétence du pays où un fait s’est produit. Il convient de faire certaines exceptions
[...] celle qui s’impose et qui est tradiotionnelle concerne le droit ds personnes”; p. 526: “dès lors
qu’un droit [...] s’est constitué selon une loi territoriale étrangère [il] peut-être reconnu partout
ailleurs [...] à la question posée par les présentes lignes de savoir si l’universalisme des règles de
solution des conflits est réaisable sur la base de la territorialité, nous n’hésitons donc pas à répon-
dre par l’affirmative”.
56
Ph. FRANCESCAKIS, Conflits de lois, 1968, pp. 470 ss.
57
G. SPERDUTI, Norme di applicazione necessaria, 1976, p. 474.
58
Per la dimostrazione delle analogie tra il metodo vom Gesetze her delle norme di applica-
zione necessaria e quello degli statutari si veda A. BONOMI, Le norme imperative nel diritto
internazionale privato, 1998, p. 77.
59
Come accennato nel testo, la concezione pubblicistica delle azioni non conduce l’autore
all’affermazione della necessaria applicazione della lex fori. Infatti, P. ARMINJON, Précis, t. II,
1958, pp. 381 s., ritiene comunque prevalenti, rispetto alle evocate esigenze del crédit public (so-
pra p. 165, nt. 42) le esigenze proprie al diritto internazionale privato. Più in particolare, l’autore
contrappone all’interesse dello Stato del foro l’interesse dei privati: una contrapposizione molto
interessante che non è stata ripresa dalla dottrina su questo tema specifico. In altre parole, Armin-
jon, in un primo tempo, indica che lo Stato del foro mira a realizzare obiettivi economici o politici
170 CAPITOLO QUARTO

sono bilaterali solo in apparenza, essendo sempre stati pensati come criteri uni-
laterali ossia finalizzati a giustificare l’applicazione della lex fori. È probabil-
mente per questo motivo che nessuno dei criteri menzionati è stato capace di
imporsi in via definitiva, quale criterio bilaterale valido a disciplinare interna-
zionalmente i mezzi di conservazione della garanzia generica conosciuti dal
diritto civile comparato.

6. L’indicazione di un criterio di collegamento bilaterale autonomo per i rimedi


che comportano la contestazione di un atto

Al momento attuale, in Europa, alcune voci della dottrina invitano alla ri-
cerca di un collegamento autonomo per l’azione revocatoria ordinaria60.
In alcuni casi si tratta di un movimento di reazione all’abitudine di certa
giurisprudenza tedesca e di area tedesca al metodo della “pesatura degli interes-
si”, in cui la ricerca della soluzione più giusta in concreto prevale sulla certezza
del diritto applicabile. La discrezionalità che questo metodo di soluzione dei
conflitti di leggi offre ai giudici è accusata di rendere incerta la determinazione
della legge applicabile ante causam. Ribadendo l’importanza della certezza del
diritto nell’ambito degli obiettivi del diritto internazionale privato, è stata auspi-
cata la scelta di un criterio di collegamento forte e sicuro, in analogia con le
nuove tendenze di diritto internazionale privato in materia contrattuale e di fatto
illecito61.
Sempre con l’obiettivo di rendere meno incerta la disciplina internazional-
privatistica della pauliana, la dottrina olandese ha avanzato una proposta di qua-
lificazione autonoma per la pauliana, alla quale corrisponda un criterio di colle-
gamento valido in ogni caso e perciò sicuro. I due autori ai quali si fa riferimen-
to, Verhagen e Veder, hanno avanzato la proposta di attribuire alla pauliana una
qualificazione nuova, autonoma e indipendente dal diritto civile, alla quale ap-

con le norme citate (facendoci pensare alle c.d. Eingriffsnormen) poi, ricorrendo ad argomenti
legati alla privatorum utilitas (“mais comment le débiteur serait-il tenu d’observer les lois de tous
les pays où une action peut être intentée contre lui?”) indica due criteri di collegamento bilaterali
diversi per le azioni surrogatoria (“on évite ces difficultés en suivant la loi du domicile du débi-
teur, car c’est là que se trouvent centralisés ses droits et ses intérêts.”) e revocatoria (“attribuer
compétence à la lex loci [actus] serait permettre au débiteur de pratiquer efficacement la fraude
qu’il s’agit de réprimer, en choisissant le pays où il passerait les convention et autres actes dirigés
contre le droit des tiers […] Nous appliquerons en toute hypothèse la loi du pays où sont centrali-
sés les droits que le débiteur a voulu frauder, celle du domicile du créancier”).
60
Si veda G. HOCHLOCH, Gläubigeranfechtung international, 1995, p. 308; H. L. E. VERHA-
GEN, P. M. VEDER, De “Pauliana”, 2000, p. 10.
61
G. HOHLOCH, loc. cit.: “Richtiger ist aber die Bildung einer festen, ins Anknüpfungssystem
des IPR eingepaßten Kollisionsregel, die die Praxis davon enthebt, in jedem Einzelfalle die in
Betracht kommenden Anknüpfungsmomente zu summieren und zu wägen”.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 171

partengano tutte le pretese che hanno lo scopo di paralizzare un atto che dan-
neggia i creditori. Indipendentemente dal modo in cui ogni ordinamento orga-
nizza la protezione dei creditori e indipendentemente dalla sanzione predisposta
(nullità, inefficacia) il diritto internazionale privato dovrebbe essere dotato di
una regola unitaria per un fenomeno sociale, noto a ogni ordinamento, di cui la
pauliana rappresenta la manifestazione più tipica62.
L’idea pare assai interessante e non è, del resto, del tutto nuova. In un diver-
so ambito culturale, la necessità di attribuire una soluzione di diritto internazio-
nale privato identica per l’azione revocatoria ordinaria e l’azione dichiarativa
della simulazione era già stata sostenuta63. In effetti, se si mettono da parte per
un momento le costruzioni teoriche, ci si rende conto della corrispondenza tra la
struttura trilaterale e la funzione della revocatoria, alla quale corrisponde
un’identica struttura e funzione dell’azione di simulazione instaurata dal terzo
creditore. Inoltre, partendo da questa constatazione si può giungere a ravvisare
una certa identità strutturale e funzionale del fenomeno revocatorio nelle diver-
se versioni in cui è conosciuto dagli ordinamenti nazionali (e che ne riflettono la
scelta di tutela).
Anche in un’analisi di diritto internazionale privato, per le ragioni già indi-
cate, sembra proficuo dimenticarsi per un istante delle molte e diverse ricostru-
zioni teoriche date al problema della pauliana nel diritto internazionale privato,
per verificare una per una le singole soluzioni astrattamente possibili. Infatti,
come si è già osservato, il numero delle soluzioni possibili è limitato rispetto al
numero delle ricostruzioni teoriche che possono essere concepite per giustifica-
re tali soluzioni64. In altre parole è parso più semplice e utile prendere le mosse
da un’analisi dei criteri di collegamento proposti, indipendentemente dalle ra-
gioni per cui essi sono stati proposti, piuttosto che esaminare le diverse conce-
zioni di diritto internazionale privato al fine di verificarne le tesi sulla soluzione
del nostro problema.
Una ricognizione della dottrina, che muova dall’analisi dei criteri di colle-
gamento, invita a distinguere, da una parte, la posizione di chi cerca un elemen-

62
H. L. E. VERHAGEN, P. M. VEDER, De “Pauliana”, 2000, p. 10.
63
Per es. H. BATIFFOL, Les conflits des lois en matière de contrats, 1938, p. 391; R. VANDER
ELST, Les lois de police et de sûreté, 1963, p. 390.
64
Cfr. A. PILLET, Essai d’un système général, 1896, pp. 5 ss.; P. ARMINJON, Précis, t. II,
1958, pp. 380 ss.; J-P. NIBOYET, Traité, 1947, p. 71; P. LEREBOURS-PIGEONNIERE, Y. LOUS-
SOUARN, Droit international privé, 1962, n. 358; J.-D. BREDIN, Obligations; H. BATIFFOL, P. LA-
GARDE, Droit international privé, II, 1983, n. 540-41; Y. FLOUR, L’effet des contrats à l’égard des
tiers, 1977, pp. 301 ss.; M.-L. NIBOYET-HOEGY, L’action en justice, 1986, pp. 124 ss.; J. HÉRON,
Le morcellement des successions internationales, 1986, n. 322; A. SINAY-CYTERMANN, Obliga-
tions, 1998, pp. 15-16; Y. LOUSSOUARN, P. BOUREL, Droit international privé, 2001, p. 475; B.
AUDIT, Droit international privé, p. 626; P. MAYER, V. HEUZÉ, Droit international privé, 2007, p.
496; nella dottrina tedesca: Ch. FRAGISTAS, Das Anfechtungsrecht, 1938-1939, p. 458, R. BIRK,
Die Einklagung fremder Rechte, 1969, pp. 70 ss.
172 CAPITOLO QUARTO

to della fattispecie della pauliana “localizzabile” in un ordinamento, ossia ido-


neo a fungere da momento di collegamento perché capace di individuare un or-
dinamento competente; dall’altra, la posizione di chi preferisce verificare la for-
za di attrazione delle leggi che, quando sorge il problema della regolamentazio-
ne dell’azione revocatoria, sono state già richiamate: si tratta delle leggi che
governano i due rapporti obbligatori messi in relazione tra loro dalla fattispecie.
Anche gli autori olandesi appena citati, che pure difendono l’autonomia del col-
legamento della pauliana, preferiscono non dotare la revocatoria di un momento
di collegamento proprio, a carattere territoriale, ma estendono la competenza
della lex causae dell’atto revocando per la disciplina dell’azione revocatoria
ordinaria65.
La prospettiva d’indagine che segue, perciò, prende come parametro i singo-
li criteri di collegamento possibili, indipendentemente dalle ragioni per le quali
essi vengono in rilievo. Inoltre, per le ragioni appena dette, si è deciso di distin-
guere tre criteri territoriali, proposti dai fautori di un collegamento autonomo,
dai due criteri che rinviano alle lex causae dei due rapporti giuridici obbligatori
che sono presupposti dalla fattispecie.

7. La qualificazione di azione “tra terzi” e l’indicazione delle lex loci actus


come lex loci commissi delicti

Abbandonata la qualificazione di ordinatoria litis, a sostegno dell’ap-


plicabilità della lex fori, la qualificazione ex delicto dell’azione revocatoria, già
in voga nel diritto comune, serve sia a configurare le norme sulla revoca come
lois de police sia a prospettare l’applicazione di una lex loci commissi delicti.
La prima soluzione è proposta da Raymond Vander Elst, il quale però ha
una concezione affatto particolare di lois de police et de sûreté, che non ha nulla
a che vedere con le categorie delle norme imperative e dell’approccio vom Ge-
setze her. L’autore usa il termine di lois de police per indicare una non meglio
precisata “legge locale”, che può essere designata anche da un criterio di colle-
gamento bilaterale come la lex loci actus66. Riprendendo alcuni argomenti già
portati dagli statutari, l’autore porta alle estreme conseguenze la concezione
dell’azione revocatoria come sanzione di una frode: se il mezzo serve a repri-

65
H. L. E. VERHAGEN, P. M. VEDER, De “Pauliana”, 2000, p. 15: “De gewone Pauliana
wordt beheerst door de lex causae van de paulianeuze rechtshandeling”.
66
R. VANDER ELST, Les lois de police et de sûreté, 1963, t. III, pp. 389 ss. G. LÉGIER, nota a
Cour d’appel d’Aix-en-Provence, 30 marzo 1979, Cie Ancienne Mutuelle Transports S.A. et
autres, 1979, pp. 724 s., osserva che la particolare nozione di loi de police usata da Vander Elst è
impropria e non fa che aumentare le incertezze terminologiche che affliggono la categoria. Cfr.
anche Y. FLOUR, L’effect des contrats à l’égand des tiers, 1977 p. 6, scrive che la nozione di leg-
ge locale di Vander Elst “rivela la sua indeterminatezza”.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 173

mere le frodi, sostiene Vander Elst, ne discende che l’oggetto dell’azione non è
l’atto revocando, come sostenuto da Batiffol, ma un fatto giuridicamente rile-
vante, la frode67.
Nel sistema dell’autore e per analogia con la disciplina dell’illecito, la frode,
in quanto fatto, cade sotto la competenza della legge locale, ossia della legge del
luogo in cui la frode è stata realizzata. In altre parole, l’autore attribuisce la
competenza alla lex loci actus, in via generalizzata, salvando la competenza del-
la lex rei sitae, territorialmente più qualificata, per gli atti di disposizione di be-
ni immobili.
Un’altra idea che potrebbe avere influenzato la tesi della necessaria applica-
zione della legge locale alle due azioni in esame, deriva dall’inquadramento
dogmatico, allora diffuso, di tutte le norme a protezione dei terzi nell’insieme
eterogeneo delle disposizioni di ordine pubblico. Come nel diritto interno la
legge limita l’autonomia privata per tutelare i terzi, così nel diritto internaziona-
le privato erano ritenute prevalenti, rispetto alla legge scelta dalle parti e alle
esigenze di armonia internazionale delle soluzioni, le eventuali disposizioni im-
perative applicabili ad ogni contratto in grado di produrre effetti sulla sfera giu-
ridica di terzi68. L’autore belga enfatizza il fatto che l’azione revocatoria si

67
La tesi di Vander Elst non è però molto lontana da quella di Batiffol nelle argomentazioni,
sebbene sia diversa la scelta del collegamento. Cfr. H. BATIFFOL, Les conflits des lois en matière
de contrats, 1938, pp. 390 ss.: “En effet, nous n’appliquons pas la loi du contrat en tant que telle,
c’est-à-dire en tant que loi de l’acte juridique, parce que l’action paulienne n’est pas un des effets
de l’acte juridique, ceux-ci étant, par définition, les effets de la volonté des parties sanctionnés par
la loi ; l’action paulienne intervient à propos de l’acte juridique, qui est l’objet auquel elle
s’applique, et c’est à ce titre que nous lui appliquons la loi du contrat, pris ainsi comme un fait
juridique auquel le créancier a été étranger et non comme un acte. Cette analyse importe parce
qu’elle permet d’étendre la solution aux cas où l’action paulienne attaque un acte unilatéral : la loi
de cet acte la régira pour la même raison, alors qu’il ne peut s’agir en ce cas d’effet relatif des
contrats. [...] c’est la loi du contrat parce que nous avons opté pour la loi de l’objet de l’action. Or
si le créancier poursuit la fraude, celle-ci s’est réalisée dans un contrat [...] L’incorporation de la
fraude prétendue dans le contrat conduit à appliquer la loi du contrat parce que celle-ci repose sur
une interprétation plus subtile mais plus vraie de l’acte juridique refusant de la localiser au lieu de
l’échange des consentements. En appliquant donc la loi du contrat on poursuit mieux la fraude
véritable. [...] Les raisons qui précèdent valent pour l’action en déclaration de simulation qui, si
elle diffère par des points remarquables de l’action paulienne en droit interne, lui est assimilable
sur certains autres : elle en est même généralement regardée comme une variété ; or les points
communs ou la nature commune de ces deux actions suffisent à justifier une solution commune
pour le conflit des lois”.
68
La tesi era in voga specialmente nei secoli scorsi: in tema di cessione di credito, F. SUR-
VILLE, La cession et la mise en gage, 1897, p. 688 affermava che l’obbligo di notifica della ces-
sione al debitore ceduto è: “exigée [...] dans un intérêt de crédit public [car il s’agit d’] une des
ces règles territoriales qui s’imposent en France sans distinctions”. Analoghe considerazioni si
trovano in F. LAURENT, Droit civil international, t. II, 1880, p. 252; J.-P. NIBOYET, Traité, t. IV,
1947, pp. 70 ss. Nel diverso contesto relativo alla legge regolatrice della capacità d’agire L. DE
VOS, Le problème de conflits de lois, t. II, 1947, p. 688 riporta alla nt. 3 la distinzione tra diritto
174 CAPITOLO QUARTO

svolge su di un piano tipicamente extracontrattuale, in quanto essa si esercita tra


terzi: il creditore, che è terzo rispetto all’atto revocando e l’acquirente, che è
terzo rispetto all’obbligazione che fonda il diritto alla conservazione della ga-
ranzia generica. Proprio la sua qualificazione extracontrattuale imporrebbe di
dare competenza alle lois de police locali.
La concezione dei mezzi di conservazione della garanzia generica come lois
de police è stata criticata sottolineando come l’interesse dei terzi rimanga un
interesse essenzialmente privato e non possa pertanto, essere, confuso con
l’interesse pubblico che era ritenuto dalla dottrina francese elemento caratteriz-
zante delle lois d’application immédiate. È stato evidenziato che, sebbene una
norma giuridica possa far coincidere i due tipi di interesse, una scelta in tale
senso del legislatore deve essere espressa e ad hoc. Non essendo posta a tutela
di interessi pubblici, l’azione pauliana non potrebbe rientrare tra le norme c.d.
“di ordine pubblico”69. Questa critica risente però di un’altra confusione diffusa:
quella tra le norme a tutela di interessi pubblici, che i tedeschi designano con il
nome di Eingriffsnormen, e le norme di ordine pubblico alle quali Vander Elst
fa riferimento70. Come già rilevato, questo autore desume un criterio di colle-
gamento territoriale dalla qualificazione delittuale della revocatoria.
La sua tesi richiama l’antica tesi del Pillet, secondo la quale il ricorso alla
legge del luogo in cui l’atto fraudolento è stato stipulato sembrava giustificato
da generiche considerazioni di ordine pubblico, che si rifanno sostanzialmente
alla concezione dell’action paulienne come strumento sanzionatorio nei con-
fronti del debitore, responsabile di una frode71.

civile e diritto commerciale elaborata in seno ai Trav. com. fr. del 1935 per spiegare il fondamen-
to della prevalenza dello statuto territoriale sullo statuto personale nei casi di contratti commercia-
li conclusi dolosamente dall’incapace: “le droit civil se préoccupe essentiellement de la protection
de l’individu, plus ou moins apte, par hypothèse, aux affaires, alors que le droit commercial, cher-
chant avant tout à favoriser les transactions, cherche plutôt, pour augmenter le crédit de l’homme
d’affaires, à éviter toute cause de surprise pour le tiers qui traitent avec lui, sauf à diminuer, évi-
demment, par là la protection individuelle.” Il diverso scopo del diritto commerciale rispetto al
diritto civile e la sua consacrazione alle esigenze economiche giustificava, nella dottrina del-
l’epoca protezionista, un più ampio ricorso alle c.d. lois de police. In epoca più recente, sfumata la
distinzione tra diritto dei commercianti e diritto dei cittadini, la tesi è stata ripresa e argomentata
da K. NEUMAYER, Autonomie de la volonté, 1958, p. 69 : “dès qu’il est porté atteinte aux intérêts
des tiers et de la collectivité, l’autonomie des parties fait place à la soumission à la loi tant sur le
plan interne que sur le plan international” come rilevato da Cassation 23 febbraio 1864 (ivi, nt. 2):
“les rapports avec les tiers sont exclusivement réglés par la loi, les rapports entre les contractants
sont régis par tout ce qu’il y a de licite et de moral dans leur convention”.
69
Y. FLOUR, L’effet des contrats à l’égard des tiers, 1977, p. 7 e ss.
70
Sulla distinzione tra norme dirette a tutelare interessi privati e norme dirette a tutelare inte-
ressi pubblici, elaborata soprattutto dalla dottrina tedesca, si veda A. BONOMI, Le norme imperati-
ve, 1998, pp. 176 ss. e 168 s.
71
Come spiegato sopra, nt. 18, p. 157, secondo A. PILLET, Essai d’un système général, 1896,
p. 8, l’action paulienne rappresenta un’eccezione alla regola generale che sottoporrebbe allo
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 175

Senza il bisogno di ricorrere alle lois de police, l’applicazione della legge


locale è stata difesa, sempre in nome della tutela dei terzi, in quanto lex loci ac-
tus. Questa tesi ha trovato un sostegno logico nell’interpretazione civilistica che
inquadrava la collusione del debitore e del terzo nello schema della responsabi-
lità aquiliana72. Qualificando l’azione come sanzionatoria di una responsabilità
da fatto illecito è giocoforza optare per l’applicazione della lex loci actus in
quanto questa legge rappresenta la lex loci commissi delicti73.
Arminjon aveva potuto criticare l’applicazione della lex loci actus usando
argomenti ispirati a una concezione di giustizia internazionalprivatistica ante
litteram: secondo l’autore, attribuire competenza alla lex loci facti [sic] avrebbe
significato consentire al debitore di perpetrare efficacemente la frode nel paese
la cui disciplina è meno favorevole al creditore74. L’autore riteneva corretta, per
la pauliana, la qualificazione quasi ex delicto, ma rilevava che sottoporre
l’azione alla lex loci delicti significava, in primo luogo, non tenere conto degli
interessi delle parti, ossia del sistema giuridico tenuto presente dalle “personnes
qui exercent leur activité” e, in secondo luogo, dare la possibilità al debitore di
frodare i diritti del creditore attraverso la scelta di perpetrare l’atto traslativo nel
paese con la legislazione più idonea allo scopo75.
Lerebours-Pigeonnière ammette la competenza della lex loci commissi de-
licti solo in via residuale, purché si verifichino due condizioni: che la “loi de la
fraude” sia diversa dalla lex fori e che questa non contempli istituti speciali per
sanzionare tale frode76. Siccome la qualificazione ex delicto non può servire a
spiegare la soggezione del terzo in buona fede all’azione revocatoria, la dottrina
è ricorsa ad altri titoli di responsabilità. Così la fattispecie è stata sussunta sotto

statuto personale le regole che mirano alla protezione dei contraenti o di uno di essi (il est donc
nécessaire de les soumettre, au point de vue international, à l’empire du statut personnel des
interessés). L’autore giustifica tale eccezione (estendendola anche agli atti fatti dal fallito nel
periodo sospetto) che determina il ricorso alla lex loci actus allegando “esigenze di ordine
pubblico”. Anche nel discorso dell’autore c’è una commistione tra lex loci commissi delicti e
norme di ordine pubblico.
72
Per la tesi della natura delittuale dell’azione revocatoria di diritto francese vedi soprattutto
H. SINAY, Action paulienne et responsabilité delictuelle, 1948, pp. 183 ss.; cfr. inoltre nel Rép. La
Pradelle - Niboyet, Action Paulienne, 1929, p. 238, i riferimenti alla sentenza del Québec che
avrebbe accolto la soluzione della lex loci actus e ad una sentenza greca che sembrerebbe favore-
vole al criterio della lex loci executionis.
73
C.-L. VON BAR, Theorie und Praxis des IPR, II, 1966 (1889), p. 581; J.-P. NIBOYET, Traité,
t. IV, 1947, p. 73. Contra P. ARMINJON, Précis, t. III, 1952, p. 260.
74
P. ARMINJON, loc. cit. : “Attribuer compétence à la lex loci facti serait permettre au débi-
teur de pratiquer efficacement la fraude qu’il s’agit de reprimer en choisissant le pays où il passe-
rait les actes dirigés contre les droits de ses créanciers”.
75
P. ARMINJON, Précis, t. II, 1934, pp. 388 ss. e, nell’edizione successiva del 1958, pp. 380
ss.
76
P. LEREBOURS-PIGEONNIERE, Y. LOUSSOUARN, Droit international privé, 1962, p. 595.
176 CAPITOLO QUARTO

quella dell’arricchimento senza causa, conducendo all’applicazione della lex


domicilii del convenuto che si è arricchito a spese del creditore77.
In definitiva, la lex loci actus è stata proposta:
a) come criterio unilaterale introverso: l’evocazione della lex loci delicti,
che si specifica nella lex loci actus, serve ad evidenziare il carattere sanzionato-
rio dei rimedi in esame ed esprime la necessità di applicare la lex fori per punire
comportamenti illeciti che si sono realizzati nel foro, in evidente analogia con la
territorialità propria del diritto penale. In questa luce deve leggersi la tesi che
qualifica le norme sulla pauliana e sulla simulazione come lois de police e le
concepisce come leggi a tutela del principio del neminem laedere78. Un discorso
analogo vale per la lex rei sitae, che è spesso proposta come legge applicabile
alla pauliana in via di eccezione rispetto alla lex loci, per i casi in cui l’atto
fraudolento riguarda un bene immobile. Anche questo criterio è unilaterale e
introverso, e risponde alla necessità di preservare il controllo dell’ordinamento
sul destino dei beni che insistono sul suo territorio. In questa concezione en-
trambi i “criteri di collegamento” sono bilaterali solo in apparenza, perché per
risolvere il potenziale conflitto di leggi si propone che: I) il giudice competente,
indipendentemente dall’esistenza di elementi di estraneità, applichi la propria
legge per decidere della revocabilità di un atto stipulato nell’ambito del pro-
prio ordinamento a meno che l’atto non riguardi un bene immobile situato al di
fuori del proprio ordinamento; e II) il giudice competente, indipendentemente
dall’esistenza di elementi di estraneità, applichi la propria legge per decidere
della revocabilità di un atto che riguarda un bene presente stabilmente nel ter-
ritorio del proprio ordinamento giuridico. La tesi in esame tace sulla possibilità
di applicare la lex loci actus o la lex rei sitae straniere per decidere della revo-
cabilità di un atto richiesta nel foro. Entrambi i criteri sono pensati per condurre
all’applicazione della lex fori.
b) come criterio unilaterale estroverso al quale ricorrere in via sussidiaria
rispetto all’applicazione della lex fori. È stato infatti proposto di applicare la lex
loci actus straniera, in via residuale, quando la lex fori non consente la contesta-
zione di un atto fraudolento, al fine di ampliare la tutela creditoria nel proprio
ordinamento79. Ciò significa che, ogniqualvolta è competente a decidere
un’azione revocatoria, il giudice del foro può attingere anche alle norme stra-
niere della lex loci actus, se queste norme consentono la revoca dell’atto in con-
testazione. La regola prescrive un’applicazione cumulativa delle due leggi in
funzione espansiva, ossia per ottenere un risultato materiale: la revoca dell’atto
valido per consentire al creditore l’esecuzione sul bene trasferito dal debitore al
terzo.
c) come criterio bilaterale in materia di responsabilità da fatto illecito o di

77
E. ZITELMANN, IPR, vol. II, t. I, pp. 32 ss., spec. p. 42.
78
R. VANDER ELST, Les lois de police et de sûreté, t. III, 1963, pp. 389 ss.
79
P. LEREBOURS-PIGEONNIERE, Y. LOUSSOUARN, loc. cit.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 177

arricchimento ingiustificato. La lex loci actus è proposta come legge del luogo
in cui è sorta la responsabilità dell’avente causa del debitore nei confronti del
creditore. Questa tesi presuppone l’adesione all’antica concezione della paulia-
na come azione sanzionatoria di un illecito e la conseguente qualificazione della
corresponsabilità del terzo nella formazione dell’atto in frode al creditore come
“responsabilità da fatto illecito”. In base a questa tesi il giudice adito dovrebbe
applicare la legge del luogo in cui l’illecito si è consumato, attraverso il confe-
zionamento dell’atto. Questo luogo è stato anche descritto come luogo del-
l’arricchimento ingiustificato del convenuto (il terzo avente causa del debitore),
per giustificare l’adozione del medesimo criterio di collegamento nei casi in cui
il terzo è in buona fede e si presenta il problema della tutela dell’affidamento. Si
è così inteso supplire alla mancanza di giustificazioni valide a sorreggere la
qualificazione ex delicto della pauliana nei casi in cui l’azione si dirige contro
terzi ignari della manovra fraudolenta ordita dal debitore, loro avente causa.
Al di là delle argomentazioni fornite per estendere all’actio pauliana i col-
legamenti pensati in materia di illecito civile, si deve rilevare che, così inteso, il
criterio della lex loci actus comporta che ogni ordinamento giuridico avochi a sé
la disciplina della revocabilità degli atti compiuti nel proprio territorio. Secondo
questa concezione (ora superata con l’affermazione del principio dell’au-
tonomia della volontà) poiché sarebbe tendenzialmente la legge del luogo del
compimento dell’atto a stabilirne l’efficacia e la validità, allo stesso andrebbe
riconosciuta la competenza a stabilirne le condizioni e i casi di revocabilità per
frode80. Il giudice competente potrebbe trovarsi ad applicare la lex fori ma an-
che una legge straniera e persino la legge straniera scelta dalle parti (o dal solo
debitore) per proteggere l’atto di trasferimento dall’actio pauliana.

8. La localizzazione del credito e delle azioni che ne tutelano il soddisfacimento


nel patrimonio dei due soggetti dell’obbligazione: le due leges domicilii e la
prevalenza della lex domicilii debitoris

Una diversa ipotesi individua nel domicilio del debitore un criterio di colle-
gamento soddisfacente, considerato che l’action “découle de l’état d’insol-
vabilité du débiteur et que, par la suite, celui-ci joue le rôle essentiel, d’autant
plus que son exercice est destiné à profiter à l’ensemble des ses créanciers”81.

80
L’argomento è usato da G. DE LA PRADELLE, Les conflits de loi en matière de nullités,
1967, pp. 217 ss. per giustificare il ricorso alla lex contractus. Si veda sotto, pp. 192 ss.
81
J-P. N IBOYET, Traité, 1947, p. 71, il quale propende però per l’applicazione della legge
di situazione dei beni del debitore, già ritenuta competente a stabilire la massa dei beni pigno-
rabili, ed anche la natura dei diritti dei creditori. In precedenza, l’autore, Nota, 1934, p. 784,
aveva suggerito l’applicazione cumulativa della legge “qui régit la créance de celui qui agit” e di
quella competente per i rapporti tra il debitore e i suoi debitori. Esitazioni si riscontrano anche nel
178 CAPITOLO QUARTO

Tale teoria fa perno sulla centralità del ruolo del debitore ritenuto il centro di
gravità dei mezzi di tutela della garanzia patrimoniale.
La tesi proviene dall’antica concezione che localizzava fittiziamente il debi-
to nell’ambito del patrimonio “mobile” del debitore; e ricorreva all’altra fictio
iuris della localizzazione del patrimonio mobile nel domicilio del debitore82. Si
tratta di soluzioni estremamente empiriche, tracciate con una metodologia e una
concezione del diritto internazionale privato euristiche e lontane dalla coerenza
sistematica. Il sostrato teorico di soluzioni di siffatto genere è perciò spesso as-
sai povero, quando non si risolva in un gioco di parole, come accade
nell’argomento che affida la disciplina della pauliana alla legge del domicilio
del creditore perché in quel paese sono situati i diritti che il debitore ha voluto
defraudare83.

pensiero di P. ARMINJON, che nel t. II del Précis, 1934, pp. 388 ss., era favorevole all’ap-
plicazione della “lex patrimonii debitoris” ma successivamente nel t. III, 1952, p. 259, muta la
propria opinione, indicando come applicabile la legge regolatrice del diritto di credito appartenen-
te al debitore principale e fatto valere in giudizio: “C’est cette loi qu’il faut consulter pour savoir
tout d’abord si l’action que le créancier prétend exercer appartient au débiteur dont le créancier
est l’ayant cause, puis si le droit en cause est un de ceux dont le seul débiteur peut disposer”.
82
Questa soluzione risale al periodo in cui non era stata ancora chiarita la localizzazione
dell’obbligazione. La localizzazione del credito nel luogo del domicilio del debitore si faceva
discendere dalla natura personale dell’obbligo. I glossatori avevano ricavato, in un primo tempo,
due regole, racchiuse nelle formule locus commissi delicti e locus regit actum, applicabili, rispet-
tivamente, alle obbligazioni non contrattuali e a quelle contrattuali. Volendo localizzare nello
spazio le questioni circa il contenuto dei diritti di obbligazione, distinte dalla forma, si è ricorsi
alla fictio iuris di equipararli ai beni mobili sulla base di alcune analogie: i crediti sono elementi
attivi del patrimonio e non si trovano fisicamente ancorati ad un terreno sottoposto ad una deter-
minata giurisdizione. Questa qualificazione dei crediti come beni mobili incorporali ha finito per
condizionarne la disciplina sia sul piano del diritto internazionale privato, sia sul piano del diritto
interno. Ritenuto che il diritto di credito fosse un bene mobile incorporale, è sembrato logico pen-
sare di situarlo nel luogo del domicilio dell’uno o dell’altro soggetto dell’obbligazione: il diritto
di credito rappresenta infatti un elemento del patrimonio di entrambi: afferente all’attivo del pa-
trimonio del creditore, da un lato, e al passivo di quello del debitore, dall’altro (così A. LAINÉ,
Introduction au droit international privé, t. II, 1970 (1892), pp. 262 ss.). L’influenza esercitata
dalle norme di conflitto sulle successioni, e soprattutto dall’esigenza dell’unità di disciplina per la
successione del creditore, faceva propendere per la lex del domicilio di quest’ultimo; una soluzio-
ne espressa e avvalorata dalle regole di diritto comune mobilia sequuntur personam e mobilia
ossibus inhaerent. D’altra parte, il debito figura, allo stesso tempo, nel patrimonio del debitore,
giustificando l’applicabilità della legge del suo domicilio; a favore di questa soluzione stavano le
considerazioni di ordine pratico, legate soprattutto all’esecuzione forzata, evidenziate da F. SUR-
VILLE, La cession et la mise en gage de créances, 1897, p. 675. In ogni caso, entrambe le soluzio-
ni proposte promanano dallo stesso metodo: per trovare la sede naturale del diritto del creditore,
si fa riferimento all’oggetto dello stesso. La prima enfatizza la circostanza che il credito è un ele-
mento del patrimonio del creditore che ne può persino disporre, a suo piacimento; l’altra accentua
il carattere vincolante dell’obbligo del debitore. Cfr. Y. FLOUR, L’effet des contrats à l’égard des
tiers, 1977, pp. 301 ss.
83
P. ARMINJON, Précis, t. III, 1952, p. 260.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 179

Ciononostante, anche in epoche più vicine a noi si è tentato di localizzare il


credito nello spazio, proprio come fosse un oggetto tangibile, situabile in una
posizione geografica determinata84. Queste considerazioni hanno condotto a
proporre due criteri di collegamento alternativi o indipendenti per la pauliana: la
lex domicilii debitoris e la lex rei sitae.
L’applicazione della legge del domicilio del debitore discende solo “fitti-
ziamente” dal metodo di qualificazione e localizzazione e si giustifica con ar-
gomenti legati a considerazioni di effettività. Ad esempio, Arminjon propone
l’applicazione della lex domicilii sia perchè: “c’est là que se trouvent centralisés
[l]es droits et [l]es intérêts [du débiteur]”; sia perché: “Cette loi coïncide
d’ailleurs presque toujours avec la lex fori”85.
Anche la dottrina tedesca, inquadrando le azioni come misure funzionali
all’esecuzione forzata, ha suggerito l’applicazione della legge del domicilio del
convenuto, talvolta in combinazione con la lex rei sitae, perché esprimono i
luoghi in cui il creditore va a cercare la soddisfazione della propria pretesa86.

84
Per una rassegna cfr. W. WENGLER, La situations des droits, 1957, p. 189, il quale osserva:
“quand il s’agit de déterminer la « situation » d’un droit portant sur une chose (propriété, droit de
gage etc), on se contente très souvent de localiser le droit au même lieu où la chose elle-même est
située [...] mais comment faut-il envisager une semblable « situation » des droits subjectifs et
comment peut-on la déterminer ?” Una delle prime soluzioni che si trovano nella prassi consiste
nel localizzare il credito nel luogo in cui il debitore deve dare esecuzione alla propria obbligazio-
ne (domicilio del debitore), oppure nel luogo in cui il creditore si trova (domicilio del creditore).
L’illustre autore, a p. 191, ricorda come la giurisprudenza svizzera abbia stabilito che “en matière
de saisie-arrêt d’une créance, la question de la «situation» de cette créance pourrait être appréciée
diversement, selon que le titulaire serait domicilié en Suisse ou à l’étranger” in quanto il Tribuna-
le federale svizzero ha “situato” il credito presso il domicilio del creditore, se questo è in Svizze-
ra, altrimenti presso il domicilio svizzero del terzo pignorato. Spiega Wengler: “Une pareille «si-
tuation» - il vaudrait mieux dire «localisation» - du droit subjectif n’est plus qu’une façon de par-
ler afin de dire que, pour la saisie d’une créance, sont compétentes les autorités du domicile suisse
du créancier quand un tel domicile existe, et que sont également compétentes les autorités du
domicile suisse du tiers-saisi quand il n’existe pas de domicile du créancier en Suisse”. Per questa
via si è anche potuto affermare che il diritto di credito (e, in generale, ogni diritto soggettivo) può
essere situato laddove riceve protezione da parte dell’autorità pubblica. In questo senso si erano
pronunciate la giurisprudenza americana (ad es. Standard Oil Co. v. New Jersey, 341 U.S. 428),
inglese (New York Life Insurance Co. v. Public Trustee [1924] 2 Ch 101) e tedesca (Bundes-
gerichtshof, 1o febbraio 1952). Questa “situazione” ha il difetto di non essere univoca e di condur-
re a una molteplicità di luoghi. Neppure il principio di effettività è risolutivo in quanto è ben pos-
sibile ipotizzare l’esistenza di più paesi nell’ambito dei quali il creditore può iniziare una proficua
azione esecutiva: il domicilio del debitore, il luogo in cui si trova il pegno a garanzia del credito o
un altro luogo in cui si trovano beni facilmente apprensibili del debitore (per questa critica, WEN-
GLER, ivi, p. 212).
85
P. ARMINJON, Précis, t. III, 1952, p. 259.
86
La dottrina che ha avanzato la tesi espressa nel testo sembra ignorare che la pauliana serve
proprio a dare luogo a un’esecuzione forzata contro il terzo proprietario, dunque il domicilio rile-
vante per il principio di effettività non dovrebbe essere quello del debitore ma quello del terzo,
180 CAPITOLO QUARTO

Così si pone in evidenza il vincolo di destinazione dei beni appartenenti al pa-


trimonio del debitore, senza il bisogno di ricorrere alla qualificazione reale dei
mezzi di conservazione della garanzia generica. Dal momento che il patrimonio
del debitore risponde del debito, la legge regolatrice dell’azione revocatoria e
degli altri rimedi deve essere individuata nella legge applicabile a tale insieme
di beni. Tale legge può essere chiamata lex patrimonii ed è quella del luogo
dell’esecuzione forzata, cioè il domicilio del debitore87.
La dottrina tedesca e quella olandese hanno indicato il domicilio del debito-
re in quanto sede del patrimonio, luogo dell’esecuzione forzata oppure come
Publizitätsstatut88. Lo “statuto della pubblicità” evidenzia l’idoneità di entrambi
i criteri a tutelare le aspettative dei terzi.
Il metodo della comparazione degli interessi fornisce ulteriori argomenti per
giustificare la competenza della lex domicilii debitoris. Infatti, la soluzione sod-
disfa l’aspettativa del creditore, il quale, da subito, può sapere se il suo credito è
assistito dai rimedi in esame; come anche le aspettative dei terzi che possono
sempre conoscere il regime dei beni che gli vengono trasferiti. Un altro enorme
vantaggio del criterio proposto è rappresentato dalla sua stabilità. La lex domici-
lii scongiura, nella maggior parte dei casi, fenomeni quali il conflit mobile e la
frode alla legge89. È meno semplice per il debitore spostare il proprio domicilio
per frodare i diritti del creditore piuttosto che inserire una clausola di scelta di
legge nell’atto in fraudem.
Da ultimo, va osservato che il criterio del domicilio del debitore si combina

suo contraente. L’argomento dell’esecuzione forzata ci sembra di pregio solo per sostenere
l’applicabilità della lex rei sitae (in realtà lex fori) per i beni immobili.
87
Già G. WALKER, IPR, 1926, p. 499, sulla scorta delle tesi di West e Cosack, sosteneva che
l’actio pauliana di diritto tedesco e austriaco dovesse essere giudicata secondo la legge del luogo
in cui il debitore aveva il proprio domicilio al tempo dell’atto revocando (o della omissione revo-
canda) e, in mancanza di domicilio del debitore secondo la legge del luogo in cui il debitore aveva
la propria dimora (seinen Aufenthalt). Tuttavia, prefigurando la dottrina della c.d. double actiona-
bility – che si affermò successivamente per la disciplina dei torts nei paesi di Common Law –
Walker ritiene consentito l’esercizio dell’azione solo se prevista anche dalla legge competente per
la registrazione dell’atto di acquisto del terzo (wenn sie zugleich auch nach dem für den Erwer-
bsvorgang maßgebenden Recht zulässig ist).
88
Si vedano i riferimenti alla dottrina tedesca più risalente, sostanzialmente unanime nel ri-
tenere che il patrimonio del debitore avesse la propria sede nel luogo del suo domicilio, in Ch.
FRAGISTAS, Das Anfechtungsrecht der Gläubiger, 1938-1939, p. 456. Opinioni conformi si trova-
no anche nella dottrina seguente come attesta H. BEEMELMANS, Das Statut der Cessio Legis,
1965, p. 521. In epoca contemporanea la dottrina olandese che sostiene l’applicabilità della lex
domicilii debitoris fa riferimento solo ad abundantiam alla sede del patrimonio: si veda H. L. E.
VERHAGEN, P. M. VEDER, De “Pauliana”, 2000, p. 8, nt. 48.
89
Per le considerazioni della Commissione europea sulla lex domicilii debitoris quale criterio
protettivo degli interessi dei terzi, sia pure con riferimento alla cessione di credito nell’ambito del
Libro Verde sulla trasformazione in strumento comunitario della Convenzione di Roma del 1980,
si veda sopra, p. 34, nt. 76.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 181

armonicamente con il criterio di giurisdizione generalmente accolto, il forum


rei, e permette quindi di far coincidere forum e ius.
Nonostante queste premesse, il domicilio del debitore non esprime affatto
un collegamento significativo con la fattispecie della pauliana. Per darne conto
è stato avanzato un argomento ad absurdum pensando al caso in cui il domicilio
del debitore è l’unico elemento di estraneità della fattispecie: se la fattispecie
concerne un credito sottoposto al diritto italiano e ha ad oggetto la vendita di un
bene situato in Italia, trasferito con un contratto sottoposto al diritto italiano e
interamente eseguito in Italia, la eventuale residenza in Svizzera del debitore
non dovrebbe portare all’applicazione della legge svizzera (l’esempio è ispirato
dal Fragistas).
In definitiva la lex domicilii debitoris esprime:
a) un collegamento unilaterale fondato sul principio di effettività come di-
mostra la circostanza che viene proposto in alternativa al criterio della lex rei
sitae, valido quando l’atto riguarda beni immobili del debitore. Poiché nella
maggior parte dei casi l’esecuzione forzata sul bene oggetto del contratto conte-
stato avverrà presso il domicilio del debitore, la lex domicilii debitoris è anche
la legge del giudice adito. Quando l’esecuzione forzata ha ad oggetto un bene
immobile è invece la lex rei sitae a condurre, con assoluta certezza, all’appli-
cazione della lex fori e, per questo motivo, il criterio della situazione del bene si
aggiunge a quello del domicilio del debitore. I due criteri sono stati pensati e
sono ritenuti rilevanti unicamente perché conducono all’applicazione della lex
fori e consentono la coincidenza tra forum e ius. Il creditore chiede la revoca al
giudice del luogo in cui è domiciliato il debitore o in cui si trova il bene fraudo-
lentemente trasferito e questi soccorre le sue richieste con gli strumenti cono-
sciuti dal proprio ordinamento. Il criterio della lex domicilii, in questa accezio-
ne, non è stato pensato per i casi in cui il giudice adito dal creditore deve deci-
dere contro un debitore domiciliato in un paese straniero e/o in merito a un bene
immobile situato all’estero.
b) un collegamento bilaterale fondato sull’antica qualificazione del debito
insoluto come bene mobile localizzato fittiziamente nel domicilio del debitore
assieme agli altri beni patrimoniali. Questa concezione individua il baricentro
della pauliana nel rapporto tra creditore e debitore, mettendo in secondo piano
il rapporto tra terzo e debitore. In epoca più recente, il collegamento con il do-
micilio del debitore è stato giustificato ricorrendo al metodo della valutazione
comparativa degli interessi meritevoli di tutela internazionalprivatistica delle tre
parti coinvolte dalla pauliana. Il domicilio del debitore è noto sia al creditore
che all’acquirente dei beni del debitore ab initio: entrambi sono così messi in
condizione di conoscere le valutazioni dell’ordinamento competente per la pau-
liana. Sarebbero allora considerazioni sulla tutela delle aspettative a giustificare
l’applicazione della legge del luogo in cui è domiciliato il debitore.
182 CAPITOLO QUARTO

9. Il principio di effettività e la lex rei sitae

La competenza della lex rei sitae, ossia della legge del luogo ove è situato il
bene ricercato dal creditore, è stata invocata ricorrendo ad argomentazioni ete-
rogenee (di alcune si è già dato conto). Vander Elst ne fa una manifestazione
della lex loci delicti laddove afferma che l’azione pauliana: “tombe donc sous le
coup des lois de police du lieu de [l]a réalisation [de la fraude], qui se confond
généralement avec la loi du lieu de l’acte attaqué et s’il s’agit d’immeubles,
avec la «lex rei sitae»”90.
La lex rei sitae è stata anche indicata in modo apodittico, perché esprime-
rebbe la “sede” della pauliana quando ha ad oggetto beni immobili91. Conside-
razioni come queste, che attengono alla “localizzazione dell’azione”, si ritrova-
no, frammiste a considerazioni di effettività, anche nella dottrina contempora-
nea92. In questo senso si esprime la dottrina tedesca anche perchè, in questo
paese, l’esecuzione forzata sul bene revocato non è una conseguenza meramente
eventuale e successiva ma rappresenta l’effetto tipico dell’azione93.
È evidente che tali criteri di competenza solo in apparenza si pongono in
opposizione alla lex fori e alla concezione degli strumenti di tutela della garan-
zia patrimoniale come rimedi a carattere esecutivo e come istituti del diritto
processuale. La contrapposizione è più di forma che di sostanza, se è vero che
attribuire competenza alla lex rei sitae significa estendere la sfera di efficacia
delle norme materiali sulla pauliana a tutti i casi in cui l’esecuzione forzata sul
bene dovrà avvenire nel foro.
La difficoltà maggiore che incontra la dottrina nel difendere la soluzione
della lex rei sitae riguarda la localizzazione del bene ricercato dal creditore
quando non si tratta di un bene immobile. In quest’ultimo caso vi è un generale

90
R. VANDER ELST, Les lois de police et de sûreté, 1963, p. 389.
91
Tribunal de commerce de la Seine, 23 gennaio 1934, Crédit français c. Koulmann, e la no-
ta di J.-P. Niboyet il quale, nel Traité, 1947, pp. 70 ss. indica l’applicazione della legge di
situazione dei beni del debitore, ritenendola competente a stabilire la massa dei beni pignorabili
ed anche la natura dei diritti dei creditori. Contra J.-D. BREDIN, Obligations, 1960, pp. 10 ss.
92
Rileva P. MAYER Droit international privé, 1998, pp. 443 s.: “S’agissant des voies
d’exécution, c’est la loi du lieu où l’exécution est recherchée qui s’applique; elle coïncide, pour
les biens corporels, avec la loi du lieu de leur situation. [...] Ceci est vrai [...] pour [...] les privilè-
ges généraux [dont] la mise en œuvre [...] passe par leur concrétisation sur un ou plusieurs biens,
dont le prix sera affecté par priorité aux créanciers privilégiés : dès lors les raisons pour lesquelles
on retient la compétence de la loi du lieu de la saisie, et spécialement la considération du crédit
public, jouent pleinement. Une action visant à voir déclarer inopposable au demandeur un acte
d’aliénation consenti par son débiteur, afin de pouvoir saisir le bien aliéné (action paulienne en
droit français) devrait pour les mêmes raisons être soumise à la lex rei sitae.”
93
Cfr. N. HOFFMANN, Die Actio Pauliana im deutschen Recht, 2000, pp. 153 ss. S. KUBIS, In-
ternationale Gläubigeranfechtung, 2000, pp. 501 ss. Nella dottrina francese B. AUDIT, Droit
international privé, 2006, p. 626, fa salva l’applicazione della “loi de la faillite” nei casi in cui i
rimedi sono esperiti nell’ambito di una procedura d’insolvenza.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 183

accordo nel sottoporre l’actio pauliana alla legge del luogo in cui l’immobile è
situato, anche per i notevoli vantaggi che questa soluzione presenta sul piano
processuale. Diversamente, per le cose mobili e per le obbligazioni la dottrina
tedesca identifica la lex rei sitae con la lex domicilii di colui che si oppone alla
revoca94, anche sulla base di un’interpretazione particolare del c.d. Wirkungssta-
tut95, lo statuto degli effetti dell’atto, oggi codificato dall’art. 19 AnfG. Il riferi-
mento allo “statuto degli effetti dell’atto” non dovrebbe intendersi come rinvio
alla lex causae dell’atto impugnato, anche per scongiurare le possibilità di ma-
nipolazione che questo collegamento offre alle parti. Poiché la conseguenza
immediata dell’atto giuridico impugnato è l’atto di acquisto del terzo – e solo
indirettamente il depauperamento patrimoniale del debitore – si dovrebbe fare
riferimento al domicilio di quest’ultimo al momento dell’acquisto96. In definiti-
va la dottrina tedesca difende con questi argomenti un’applicazione particolare
della lex patrimonii, adattandola alla struttura dell’actio pauliana.
In questo caso, tuttavia, la coincidenza tra ius e forum è solo eventuale in
quanto un mutamento di domicilio posteriore all’atto fraudolento comporterà un
mutamento del luogo del processo e dell’esecuzione forzata.
Pur non ponendo in discussione il criterio della lex rei sitae quale manife-
stazione del c.d. Wirkungsstatut, altra dottrina ne propone un’interpretazione
più rigorosa, escludendo la fictio iuris della localizzazione delle cose mobili e
delle obbligazioni nel domicilio del terzo acquirente97. Secondo questa tesi non
ha senso distinguere, nell’ambito dei beni materiali, le cose immobili dalle cose
mobili, pertanto l’azione revocatoria che li ha ad oggetto dovrebbe sempre esse-
re disciplinata dalla legge del luogo in cui tali beni si trovano al momento
dell’acquisto: è sempre competente il diritto che regola “il mutamento della tito-
larità del diritto reale sul bene”98. Per quanto riguarda i beni immateriali bisogna
pur sempre individuare il diritto che ne disciplina il trasferimento, così
nell’azione revocatoria contro una cessione di credito fraudolenta dovrebbe es-
sere riconosciuta la competenza della legge regolatrice del credito ceduto99.
Questa soluzione presenta il vantaggio di scongiurare la possibilità che l’ac-
cordo fraudolento tra cedente e cessionario contempli anche una frode alla legge
regolatrice a discapito del creditore.

94
H. HANISCH, Internationalprivatrecht der Gläubigeranfechtung, 1981, p. 572.
95
E. ZITELMANN, Internationales Privatrecht, vol. 1, 1914 (1897), p. 125.
96
Si veda sempre H. HANISCH, Internationalprivatrecht der Gläubigeranfechtung, 1981, p.
572 ss.
97
S. KUBIS, Internationale Gläubigeranfechtung, 2000, p. 506.
98
Ibidem.
99
Ibidem. Si veda, sopra, pp. 145 ss. il commento alla decisione dell’Oberlandesgericht
Schleswig, 12 marzo 2004, 1 U 67/02 che ha giudicato l’azione revocatoria diretta contro
un’obbligazione alimentare in base alla legge regolatrice di tale obbligazione, in applicazione
dell’art. 19 AnfG.
184 CAPITOLO QUARTO

Sezione II
Il rinvio alla lex causae di uno dei due rapporti sottostanti

10. Rassegna dei topoi utilizzati per giustificare ovvero criticare l’applicabilità
della legge regolatrice del diritto di credito tutelato dalle azioni

In esito all’analisi appena condotta, ci pare che l’unico terreno sicuro su cui
attestare la revocatoria è il luogo di situazione del bene che è insieme l’oggetto
dell’atto revocando e la parte più facilmente apprensibile e fruttuosa del patri-
monio soggetto a responsabilità.
Infatti, a parte il criterio della lex loci actus ormai superato, il terzo criterio
disponibile, la lex domicilii debitoris non esprime un collegamento significati-
vo, pur essendo invocato in nome del principio di effettività. Il pericolo del con-
flit mobile non è del tutto scongiurato perché c’è la possibilità che il debitore
sposti il proprio domicilio, magari proprio in vista della conclusione dell’atto
revocando, e, inoltre, non si può affermare con sicurezza che il domicilio del
debitore coincida sempre con il luogo dell’esecuzione forzata.
Queste considerazioni rendono ancora più opportuno volgere lo sguardo al
secondo approccio che si è osservato nelle analisi della dottrina europea. Esso
procede dalla verifica dell’ambito di applicazione delle leggi applicabili ai due
rapporti obbligatori contemplati dalle fattispecie: la legge applicabile al credito
protetto e la legge applicabile al rapporto dedotto in giudizio.
I fenomeni ai quali si è fatto cenno sopra possono essere meglio osservati
mettendo a fuoco gli argomenti portati dalla dottrina contemporanea. La dottri-
na che attribuisce la regolamentazione dei mezzi in esame alle leggi già appli-
cabili ai rapporti giuridici presupposti dalla fattispecie deduce il collegamento
attraverso l’analisi della natura giuridica della fattispecie o valutando la prossi-
mità di essi con uno degli ordinamenti rilevanti, ma anche usando il metodo di
comparazione degli interessi meritevoli di tutela internazionalprivatistica. A
fronte della profonda diversità delle premesse di tali scuole di pensiero, le solu-
zioni internazionalprivatistiche proposte e gli argomenti usati per sostenerle so-
no spesso identiche. Come si vedrà, il fenomeno appena osservato è riscontrabi-
le in molti altri luoghi del discorso di diritto internazionale privato: le argomen-
tazioni assumono la forma di topoi e trasmigrano da un secolo all’altro e da un
sistema di analisi all’altro, indipendentemente dalle premesse teoriche su cui
ogni autore fonda il proprio sistema.
Di questo fenomeno si darà conto passando in rassegna i topoi fruibili per
giustificare la competenza delle due leggi già richiamate dalla fattispecie, quelle
competenti a regolare i due rapporti che formano la fattispecie: l’obbligazione
principale, alla cui soddisfazione sono preordinati i mezzi di conservazione del-
la garanzia generica, e quella secondaria, dedotta in giudizio dal creditore atto-
re, vuoi per chiederne l’adempimento (surrogatoria) vuoi per chiederne la di-
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 185

chiarazione di nullità o per renderla inefficace nei suoi confronti (simulazione e


revocatoria ordinaria)100 .
Come già rilevato, il fenomeno può essere spiegato tenendo a mente che le
soluzioni possibili (ma anche gli argomenti utili per sostenerle) sono in numero
assai limitato rispetto alle infinite possibilità di una loro giustificazione teorica.

a) L’azione surrogatoria nello statuto del credito protetto

Batiffol riteneva che il potere di esperire l’azione surrogatoria dovesse esse-


re valutato in base alla legge applicabile al credito tutelato dalla stessa101.
Yvonne Flour precisa che la scelta di applicare la legge competente per il credi-
to tutelato avviene per esclusione, dopo aver preso atto dell’assenza di una loca-
lizzazione oggettiva per il droit de gage général e le azioni poste a sua tutela102.
L’autrice ricorre ad argomentazioni consone alla vulgata savigniana per
giustificare l’attrazione della surrogatoria nello statuto del diritto di credito tute-
lato. Osserva, ad esempio, che: “Le ressort essentiel de l’action oblique [est si-
tué] dans les relations du créancier qui l’exerce avec son débiteur, du chef de
qui il agit. [...] Donc cette institution [se trouve intégrée] dans le champ de la loi
applicable à la créance dont elle constitue la défense”103.
Similmente, Audit fa discendere l’applicazione della legge del credito tute-
lato dalla circostanza che l’essenza dell’azione è nel rapporto tra creditore e de-
bitore e non già nel rapporto che coinvolge il debitore e il suo debitore104.
Queste asserzioni sembrano però apodittiche essendo possibile sostenere
anche l’opposta opinione secondo la quale nell’economia della surrogatoria pe-
sa di più il rapporto dedotto in giudizio. In questo senso si esprime altra autore-

100
Si veda, sotto, il par. 15, p. 208, sull’ampiezza da riconoscere allo statuto del credito pro-
tetto e i successivi par. 16, p. 211 e 17, p. 214 sullo statuto dell’obbligazione dedotta in giudizio
dal creditore per ottenere la condanna del terzo. Sulla utilità della topica per il ragionamento giu-
ridico si veda sopra, p. 156, nt. 16.
101
H. BATIFFOL, Les conflits des lois en matière de contrats, 1938, p. 391; Y. FLOUR, L’effet
des contrats à l’égard des tiers, 1977, p. 305; Y. LOUSSOUARN, P. BOUREL, Droit international
privé, 2001, p. 475.
102
I tentativi di individuare un criterio di collegamento proprio al c.d. droit de gage sono as-
sai risalenti. Cfr. R. SAVATIER, Cours de Droit international privé, 1953, p. 188; J. P. NIBOYET, t.
IV, 1947, p. 72; P. ARMINJON, t. II, 1934, pp. 388 ss. Negli ultimi anni la tesi è stata riproposta da
J. HÉRON, Le morcellement des successions, 1986, p. 253: “le droit de poursuite [...] relève de la
loi de la créance” e alla nota 46 : “Cette solution peut encore servir à résoudre la contradiction
suivante. Alors que, pour les auteurs, le droit de gage se confond avec l’utilisation des voies
d’exécution et donc dépend de la loi du for de l’exécution, les actions protectrices du droit de
gage général [...] relèvent en principe de la loi de la créance, sauf à se combiner avec des autres
lois. Le rattachement à la loi de la créance du droit d’obtenir l’exécution sur l’ensemble des biens
du débiteur explique la soumission à cette même loi des actions destinées à le rendre efficace”.
103
Y. FLOUR, L’effet des contrats à l’égard des tiers, 1977, p. 305.
104
B. AUDIT, Droit international privé, 2006, p. 626.
186 CAPITOLO QUARTO

vole dottrina francese, che suggerisce di collocare il centro di gravità dell’action


oblique nelle relazioni tra il debitore negligente ei il terzo: il debitore “ricerca-
to”105.
Gli argomenti per sostenere la localizzazione di strumenti che non hanno
un’esistenza fisica restano anch’essi sospesi nel vuoto. Piuttosto che le asser-
zioni di parte della dottrina sull’esistenza di un situs o di un centro di gravita-
zione dei mezzi di conservazione della garanzia generica, conviene perciò esa-
minare gli altri argomenti a sostegno dell’applicabilità della lex causae del rap-
porto principale.
La lex causae del credito protetto era già stata indicata dalla dottrina più ri-
salente come degna avversaria della lex fori nella regolamentazione della surro-
gatoria. L’intervento della legge del credito si riteneva giustificato dal carattere
di accessori del credito dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale,
e dalla conseguente attrazione nello statuto del credito protetto che essi subiva-
no. Bartin aveva qualificato tutti i mezzi di conservazione della garanzia patri-
moniale come sanzioni del diritto di credito e riteneva applicabile, in tale pro-
spettiva, la legge competente per tale diritto106. L’autore affermava che il campo
di applicazione della legge regolatrice del credito doveva coprire tutti gli aspetti
di tale diritto nel suo concreto realizzarsi, cioè in una prospettiva dinamica;
comprensiva dell’elemento sanzionatorio, della responsabilità patrimoniale, e
della legittimazione ad agire in giudizio, attraverso l’azione surrogatoria e revo-
catoria107.

b) Lex obligationis e azione revocatoria ordinaria

Anche Fragistas sostiene che la risposta alla questione della legittimazione


ad agire in revocatoria vada cercata nell’ordinamento competente per il credito
tutelato, e giustifica questa soluzione attraverso un argomento identico a quello

105
M.-N. JOBARD-BACHELLIER, Obligations, 1998, p. 10: “une autre solution consisterait à
placer le centre de gravité de l’action oblique dans les relations entre le débiteur négligent et le
tiers débiteur recherché”.
106
É. BARTIN, Principes, 1930, pp. 443 ss. Nello stesso senso P. ARMINJON, t. III, 1952, p.
259 nt. 4. Si veda anche J. HÉRON, Le morcellement des successions, 1986, p. 253 e nt. 46
nell’ambito della sua analisi circa “l’amplitude de la force contraignante [de la loi de la créan-
ce]”.
107
É. BARTIN, Principes, 1930, pp. 445 ss.: “Faire dépendre [l]e droit [de créance] d’une loi
déterminée c’est en faire dépendre la sanction qui le traduit, et, par la même, la détermination des
personnes pour lesquelles cette sanction est faite. Si on conçoit que le fond du droit puisse se
détacher des formes de procédure que la loi qui les a crée a organisées pour lui chez elle, on ne
saurait en dire autant des personnes à qui elle a confié le soin d’en assurer l’observation. On peut
aller jusqu’à dire qu’elles épuisent le droit qu’elles ont seules qualité pour invoquer, au point que
ce droit n’est plus rien en dehors d’elles”. Si veda, tuttavia, la diversa opinione espressa in prece-
denza e riportata sopra, p. 159 ss.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 187

di Bartin, laddove afferma che il creditore non può beneficiare di maggiori ga-
ranzie e strumenti di tutela di quelli che gli riconosce il proprio diritto materia-
le108. La circostanza è degna di nota dal momento che l’autore greco si colloca
in una prospettiva di indagine asseritamente diversa da quella tradizionale,
senz’altro propria di Bartin, fondandosi espressamente sul metodo della valuta-
zione comparativa degli interessi ai quali il diritto internazionale privato deve
dare rilevanza.
In altre parole, Fragistas supera il metodo deduttivo di soluzione dei conflit-
ti di leggi, già messo in crisi dalla codificazione e dalla presa di coscienza, pro-
prio di Bartin, delle peculiarità nazionali di ogni istituzione di diritto civile109 e,
per le proprie analisi, adotta il metodo teleologico. Nonostante la profonda di-
versità delle premesse, i due autori ricorrono ad argomenti identici per giustifi-
care la stessa soluzione di principio, offrendo così un altro esempio della fungi-
bilità ab antiquo degli argomenti che si riscontrano nel discorso del diritto in-
ternazionale privato.
Seguendo Fragistas, la dottrina ama ripetere il topos che afferma che
l’azione revocatoria deve essere decisa secondo il diritto che regola la pretesa
materiale alla cui realizzazione concreta serve la revoca110 . Per la verità Fragi-
stas attribuiva alla legge regolatrice del diritto di credito la competenza a ri-
spondere alla domanda sul solo potere di revoca in capo al creditore, riservando

108
Ch. FRAGISTAS, Das Anfechtungsrecht der Gläubiger, 1938-1939, pp. 452 ss. Di converso,
lo statuto dell’atto revocando interviene per evitare che acquisti considerati definitivi dal-
l’ordinamento competente, siano rimessi in discussione attraverso l’applicazione della legge di un
altro paese.
109
Sulla crisi portata dalla codificazione alla vulgata savigniana si veda quanto affermato da
A. BUCHER, Vers l’adoption de la méthode des intérêts? 1996, p. 212: “Très peu d’attention a été
portée, enfin, à l’œuvre du premier élève de Savigny ayant rédigé une codification des règles de
conflit de lois, Johann Caspar Bluntschli, auteur du Code civil du Canton de Zurich de 1853.
Bluntschli s’est certes référé au principe du rattachement selon la nature du rapport juridique ; au
sujet de la capacité, des rapports de famille et des successions des étrangers, il a cependant subor-
donné l’application de la loi nationale étrangère (respectivement de l’origine) à la condition que
celle-ci prévoit de s’appliquer, la loi applicable à défaut étant la loi zurichoise du domicile. Très
peu de temps après la parution du tome VIII du Traité de Savigny, il a ainsi été reconnu que des
règles telles que les auraient souhaitées cet auteur ne pouvaient être transposées dans un contexte
national de solutions des conflits de lois”.
110
Si veda B. GROßFELD, Gläubigeranfechtung und Durchgriff, 1981, p. 116; J. SCHMIDT-
RÄNTSCH, Die Anknüpfung der Gläubigeranfechtung, 1984; W. VON HENCKEL, Gläubigeranfech-
tung außerhalb des Insolvenzverfahrens, 1992, pp. 106 ss. e nell’ambito della dottrina svizzera:
K. AMMON, Zur Frage des Gerichtsstandes, 1994, pp. 427 ss.; J.-L. CHENAUX, Un survol de
l’action révocatoire, 1996, pp. 232 ss.; C. DOKA, Das internationalrechtliche Problem, 1945, pp.
331 ss.; H. HANISCH, Deux problèmes de faillite internationale, 1976, pp. 107 ss. e, dello stesso
autore, Internationalprivatrecht der Gläubigeranfechtung, 1981, pp. 569 ss.
188 CAPITOLO QUARTO

la regolamentazione degli altri aspetti della revocatoria all’altra legge già ri-
chiamata dalla fattispecie111.
È appena il caso di notare come le argomentazioni deduttive, cioè quelle che
ricavano il collegamento dalla natura giuridica accessoria del potere di revoca,
si trovino frammiste a quelle teleologiche, nonostante la ferma presa di posizio-
ne dell’autore a favore di queste ultime112. Fragistas dà pur sempre, anche se
solo ad abundantiam, una giustificazione dogmatica all’attrazione della revoca-
toria nello statuto del credito protetto, sostenendo la natura di accessorio del
credito della stessa. Si può riscontrare qui il fenomeno già ricordato, per il quale
argomenti eterogenei si trovano frammisti nelle diverse concezioni del diritto
internazionale privato, come se avessero una vita autonoma e indipendente ri-
spetto al sistema in cui sono stati concepiti.
Un altro argomento del genere, esso pure tradizionale, enfatizza l’in-
differenza del debitor debitoris rispetto all’azione del creditore del creditore. La
dottrina successiva a Batiffol ripete spesso che non vi è il pericolo di una modi-
ficazione dei diritti del terzo per effetto dell’applicazione di un’altra legge.
L’eminente autore francese aveva infatti suggerito che l’azione surrogatoria era

111
Ch. FRAGISTAS, Das Anfechtungsrecht der Gläubiger, 1938-1939, pp. 458 e 462, e p. 457:
“D a s R e c h t z u r A n f e c h t u n g i s t a k z e s s o r i s c h e N a t u r . Daraus folgt, daß die Anfech-
tung im IPR an den materiellen Anspruch angeknüpft werden muß, zu dessen Befriedigung sie
verhelfen soll. Es ist eine Nebenwirkung dieses Anspruchs und muß auch im Grenzrecht nach ihm
beurteilt werden. Der Gläubiger kann nicht weitere Rechte gegen dritte Personen haben, als dieje-
nigen, die ihm von der lex causae seiner Forderung zuerkannt werden. [...] P r i n z i p i e l l a l s o
richtet sich das Anfechtungsrecht des Gläubigers nach der lex causae des
m a t e r i e l l e n A n s p r u c h s , z u d e s s e n B e f r i e d i g u n g d i e A n f e c h t u n g d i e n e n s o l l ”.
112
Si veda come G. HOCHLOCH, Gläubigeranfechtung international, 1995, p. 307, riprende
l’argomentazione sulla natura di accessorio al credito della revocatoria. Ch. FRAGISTAS, Das An-
fechtungs recht des Gläubiger, 1938-1939, p. 455, insiste sulla funzione della dottrina internazio-
nalprivatistica che non può essere ridotta a un mero incasellamento di fatti nell’ambito di norme
giuridiche: “1. [Die Rechtsprechung und Literatur] versuchen eine Kollisionsnorm deduktiv aus
reinen Konstruktionen des materiellen Rechtes zu gewinnen, ohne die Interessenlage zu erfor-
schen. Daß diese Methode im Gebiete des IPR nicht die richtige ist, muß man besonders hervor-
heben. Man hat leider nicht selten bei der international-privatrechtlichen Literatur den Eindruck,
es handle sich um die Ordnung von abstrakten Begriffen und nicht um die Regelung von Lebens-
verhältnissen. 2. Sie versuchen die Rechtsnorm zu gewinnen aus einer höchst bestrittenen, nicht
einmal für alle Anfechtungsfälle einheitlich gelösten Konstruktion. Aus einer so umstrittenen
Frage des inneren Rechtes die Lösung eines Problems des IPR abhängig zu machen, bedeutet, sie
in endlose Meinungsstreitigkeiten zu werfen. 3. Die Beantwortung der Frage wird noch schwieri-
ger, wenn man die Ansicht vertritt, es sei die Qualifikationsfrage nach dem Wirkungsstatut zu
beurteilen. Eine so verwickelte Frage nach fremden Rechten zu beantworten ist keine einfache
Aufgabe. Aus diesen Gründen müssen wir eine solche Methode für die Beantwortung unserer
Frage ablehnen und versuchen, aus der Interessenlage eine Kollisionsnorm aufzustellen, die dem
Problem der Gläubigeranfechtung im IPR sein richtige Lösung gibt.”
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 189

di per sè innocua, nel senso che non poteva modificare i diritti del terzo debitore
del debitore113.
Sulla scorta di queste affermazioni la dottrina ripete spesso acriticamente
che il terzo non ha nessun interesse meritevole di tutela all’applicazione della
propria legge alla surrogatoria114. Su questo topos si fonda anche l’esigenza di
differenziare il regime della revocatoria rispetto a quello della surrogatoria, e la
simmetrica esigenza di riservare un trattamento identico ad azione revocatoria
ordinaria e azione dichiarativa della simulazione115. Il rischio che il terzo sia

113
H. BATIFFOL, Les conflits des lois en matière de contrats, 1938, p. 391: “L’action oblique
ne modifie en rien les droits du débiteur, elle en assure au contraire la réalisation normale, et a
priori, il n’importe pas au tiers de s’exécuter sur l’action de son propre créancier ou sur celle du
créancier de celui-ci, parce que, de par la définition même de l’action oblique, ces deux actions ne
sont pas différentes, c’est l’action même de son débiteur que le créancier exerce, et le défendeur
peut lui opposer tous les moyens qu’il aurait opposé à son propre créancier”.
114
Y. FLOUR, L’effet des contrats à l’égard des tiers, 1977, pp. 305 ss.; H. BATIFFOL, loc.
cit.; H. BATIFFOL, P. LAGARDE, Droit international privé, t. II, p. 217. G. LÉGIER, nota a Cour
d’appel d’Aix-en-Provence, 30 marzo 1979, Cie Ancienne Mutuelle Transports c. Cie La Fonciè-
re, p. 731 sostiene : “la loi de l’obligation s’impose pour l’action oblique où l’intérêt du tiers
n’embarasse pas la discussion”, argomentando a sostegno di tale soluzione l’analogia con la dis-
ciplina dell’action directe: “l’inspiration commune des actions protectrices des créanciers impli-
que, dans la mesure du possible, une unité de rattachement”. Ci sembra però che egli finisca per
cadere nel tranello suadente di un gioco di parole quando sostiene: “il serait assez illogique
d’adopter des solutions différentes pour l’action directe et cette action «indirecte» qu’est l’action
oblique, parce que toutes deux sont bien des mesures protectrices de la créance et ne nuisent pas
au tiers débiteur”. L’affermazione sembra piuttosto assertiva che dimostrativa. Del resto, il Lé-
gier, ivi, p. 730, sostiene l’applicabilità della legge regolatrice dell’obbligazione secondaria per la
disciplina di alcuni aspetti dell’azione, al fine di non pregiudicare gli interessi meritevoli di tutela
del terzo debitore del debitore. Nella dottrina italiana, con riferimento alla diversa fattispecie della
surroga assicuratoria, A. DAVÌ, Responsabilità non contrattuale, 1998, p. 341, ha rilevato che la
questione della trasferibilità del debito dovrebbe essere sottoposta non già, cumulativamente, alla
legge regolatrice del fatto illecito e alla legge regolatrice del contratto di assicurazione, bensì “a
quella sola tra esse con la quale detta questione si presenta sul piano funzionale significativamen-
te collegata”. Analogamente, la Convenzione di Roma sancisce che la surrogazione convenziona-
le ha luogo se prevista dalla legge che regola il rapporto tra solvens e creditore, mentre i rapporti
tra terzo surrogato e debitore restano soggetti alla lex contractus (art. 13). In altre parole la surro-
gazione può avere luogo anche se non è prevista dalla legge regolatrice del rapporto in cui avvie-
ne la surrogazione (lex contractus). L’adozione di questa soluzione significa aderire alla tesi qui
criticata secondo la quale il mutamento della persona del creditore non è suscettibile di pregiudi-
care, apprezzabilmente, la posizione del terzo debitore. Per rilievi critici si veda L. MARI, Sulla
legge regolatrice della surroga, 1975, p. 501.
115
Cfr. per es. M.-N. JOBARD-BACHELLIER, Obligations, 1998, p. 11: “à la différence des ac-
tions obliques ou directes, l’action paulienne est susceptible de contrarier les intérêts des tiers
dont les actes vont être déclarés inopposables aux créanciers qui auront agi par cette voie”. Nello
stesso senso, A. SINAY-CYTERMANN, Obligations, 1998, pp. 15 s., ritiene che il principio generale
per le actions protectrices du droit de gage sia quello che le sottopone alla legge del credito pro-
tetto, ma tale principio è ritenuto valido solo per l’action oblique, in quanto le esigenze particolari
190 CAPITOLO QUARTO

ingiustamente leso dal c.d. effetto sorpresa è infatti solitamente riconosciuto


quando l’azione può avere l’esito di vanificare quanto disposto da un atto giuri-
dico.
Proprio considerazioni circa i pericoli per la sicurezza degli acquisti hanno
spinto la dottrina francese a proporre l’applicazione della lex domicilii debitoris
e della lex rei sitae116. L’applicazione della lex domicilii debitoris, in quanto lex
patrimonii è invocata per garantire al terzo la conoscibilità del regime dei beni
acquistati, spesso con la variante dell’applicazione della lex rei sitae per i beni
immobili. Tuttavia, questa soluzione non pare in grado di raccogliere l’adesione
della dottrina maggioritaria né in Francia, né in Germania117.
Un’altra dottrina sensibile alle argomentazioni sull’effetto sorpresa, è quella
che propone l’applicazione all’actio pauliana della legge dell’atto revocando.
Come si è già rilevato, sulla scorta degli studi di Fragistas la giurisprudenza te-
desca ante riforma ha attinto al metodo della valutazione comparativa degli inte-
ressi e sembra scegliere la legge applicabile dopo un esame dell’economia della
fattispecie concreta. Talune decisioni hanno applicato la lex fori dopo aver sti-
mato che il comportamento del terzo, partner del debitore, non lo rendeva degno
dell’applicazione della legge straniera, competente per l’atto stipulato con il
debitore e contestato dal creditore-attore in giudizio. La soluzione ha peraltro
incontrato il favore dei commentatori osservandosi che, nell’assenza di un inte-
resse meritevole di tutela in capo a chi si oppone alla revoca, devono venire in
rilievo criteri di collegamento diversi rispetto a quelli fondati sul rapporto de-

di tutela dell’affidamento che pongono l’action paulienne, l’action en déclaration de simulation e


l’action directe giustificano una disciplina d’eccezione.
116
Rép. Niboyet-La Pradelle Action Paulienne, 1929, p. 237: “ La lex fori, que ce soit la loi
du domicile [du débiteur] ou la lex rei sitae, est celle dont l’application est le moins de nature à
[...] surprendre [les tiers]”.
117
Criticano la lex domicilii debitoris come legge a tutela degli interessi dei terzi aventi causa
dal debitore e convenuti in revocatoria e, più in generale, la ricerca di una legge applicabile al
patrimonio di un soggetto (ritenendo che una lex patrimonii sia opportuna e realizzabile solo nel
caso del fallimento, in quanto, in tale ipotesi, si rende necessario organizzare una ripartizione
dell’attivo tra i creditori) P. MAYER e V. HEUZÉ, Droit international privé, 2007, p. 496. Gli
autori sono però favorevoli all’applicazione della lex rei sitae in quanto coincidente con la lex loci
executionis. Si vedano, per l’ordinamento tedesco le considerazioni della giurisprudenza espresse
in occasione della sentenza del BGH, 5.11.1980 – VIII ZR 230/79, con il conforto della dottrina
tedesca e spec. A. NUßBAUM, Deutsches Internationales Privatrecht, 1932, pp. 459 s. La dottrina
olandese contemporanea evidenzia i pregi della soluzione prospettata nel testo; si vedano i
riferimenti bibliografici di H.L.E. VERHAGEN, P. M. VEDER, De “Pauliana”, 2000, pp. 8 s. e nt.
48, i quali, peraltro, pur ritenendo che “il collegamento della pauliana alla legge del luogo in cui il
debitore ha la propria sede rappresenti una soluzione buona da difendere”, criticano l’applicazione
della lex domicilii debitoris sotto il profilo della “scarsa prossimità” del criterio. Gli autori riten-
gono che la lex domicilii condurrebbe all’applicazione di una legge che, nella maggior parte dei
casi, è poco rilevante rispetto al rapporto giuridico dedotto in giudizio.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 191

dotto in giudizio118 . Si è proposto allora di distinguere tante soluzioni al pro-


blema di diritto internazionale privato della revocatoria ordinaria quanti sono i
tipi di azione conosciuti dal diritto interno. In particolare, si distingue l’azione
revocatoria di atti a titolo oneroso stipulati da soggetti in mala fede, rispetto agli
atti a titolo gratuito stipulati da terzi in buona fede. In altre parole, la meritevo-
lezza di tutela internazionalprivatistica del terzo cambia in funzione della sua
buona o mala fede e, soprattutto, in funzione della gratuità o onerosità dell’atto
che lo ha reso proprietario di un cespite del patrimonio del debitore119 .
In sintesi si deve rilevare l’esistenza di un’opinione favorevole al ricono-
scimento della competenza della legge applicabile al credito tutelato con i mezzi
di conservazione della garanzia patrimoniale, quanto meno per rispondere alle
questioni giuridiche che coinvolgono il creditore: ossia la spettanza del potere di
paralizzare l’atto di disposizione del debitore o di chiedere l’adempimento di
un’obbligazione in suo luogo.
Tale soluzione è giustificata sia attraverso argomentazioni che deducono il
collegamento al credito protetto dalla natura accessoria dei mezzi di conserva-
zione in esame, sia attraverso argomentazioni finalistiche che scelgono quel cri-
terio di collegamento dando rilievo all’interesse del creditore a non vedere mo-
dificata la propria posizione soggettiva per effetto dell’applicazione di una leg-
ge che è estranea al diritto di credito da lui vantato. La dottrina riconosce però
che la legge regolatrice del credito protetto non ha sufficiente vis attractiva per
avocare a sé la regolamentazione di tutti gli aspetti delle tre azioni. Sia Batiffol
che Fragistas, i due autori che più degli altri hanno influenzato le opinioni
successive, avevano perciò indicato la necessità che la legge regolatrice
dell’atto revocando intervenisse per regolare gli aspetti che non avrebbero
dovuto trovare ingresso nello statuto del credito protetto120.

118
B. GROßFELD, Gläubigeranfechtung und Durchgriff, 1981, p. 116: “Nur wenn im Einzel-
fall kein schutzwürdiges Interesse des Anfechtungsgegners besteht, kommen die anderen vom
BGH erwähnten Anknüpfungsmöglichkeiten zum Zuge”.
119
Ibidem: “[der Anfechtungsgegner] ist an der Beziehung Gläubiger-Schuldner im allge-
meinen nicht beteiligt; oft weißt er nicht und kann es mitunter auch nicht wissen [...] welches
Recht im Verhältnis Gläubiger-Schuldner gilt. Er könnte also von einem ihm fremden Recht über-
rascht werden. Diesen „Überraschungseffekt“ könnte man hinnehmen, wenn es um die Gläubi-
geranfechtung i.S.d. § 3 Abs. 1 Nr. 1 AnfG geht [n. d. r. fattispecie che richiedeva il consilium
fraudis nella legge ante riforma]; denn ein fraudolös mitwirkender Empfänger verdient keinen
Schutz. Eine Gläubigeranfechtung gibt es aber auch in anderen Fällen (vgl. § 3 Abs. 1 Nr. 2-4
AnfG) [fattispecie che consentivano la revoca anche in assenza di consilium fraudis, sempre
nella legge ante riforma]; in diesen Fällen ist der Anfechtungsgegner oft schutzwürdig”.
120
H. BATIFFOL, Les conflits des lois en matière des contrats, 1938, pp. 388 ss., spec. p. 390
e, dello stesso autore, Obligations, 1968, pp. 495 ss. e Traité élémentaire, 1955, p. 591; H. BATIF-
FOL, P. LAGARDE, Droit international privé, t. II, 1983, p. 217, pp. 328 ss. La stessa soluzione è
stata accolta da Y. LOUSSOUARN, P. BOUREL, Droit international privé, 2001, p. 475; M.-N. JO-
BARD-BACHELLIER, Obligations, 1998, p. 11 che fa salva la competenza della lex rei sitae quando
l’atto soggetto a revoca riguarda un immobile. Nella dottrina tedesca, B. GROßFELD, Gläubiger-
192 CAPITOLO QUARTO

11. Argomenti che giustificano il rinvio alla lex contractus

La dottrina francese giustificava solitamente il ricorso alla legge dell’atto


revocando inquadrando i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale
come un’eccezione al principio della relatività degli effetti del contratto.
L’errore era indotto dalla sequenza delle disposizioni codicisitiche, le quali con-
tenevano la disciplina dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale
subito dopo l’art. 1165 del Code Napoléon che sanciva appunto che le conven-
zioni avevano effetto inter partes e mai erga omnes. La qualificazione come
questione attinente al problema degli effetti del contratto comportava
l’indicazione della lex contractus: “Seule la loi qui a façonné les effets de l’acte,
peut se mêler de les réformer”121.
Una volta presa questa direzione, la dottrina aveva affermato l’omogeneità
qualitativa della sanzione dell’inefficacia rispetto alla sanzione della nullità:
mentre la prima rende un atto non opponibile nei confronti di un soggetto o di
una determinata categoria di soggetti, la seconda lo paralizza erga omnes122.
Questa semplice differenza di gradazione non poteva giustificare due criteri di
collegamento distinti; imponeva, al contrario, l’individuazione di un unico ordi-
namento chiamato a disciplinare le questioni di nullità come quelle d’inef-
ficacia. La pauliana è così concepita come una speciale forma di annullamento.
Questo argomento, fondato sull’analogia, è stato proposto anche dalla dottrina
olandese. Si è così potuto sostenere che, poiché l’annullamento di un atto cade
sempre sotto la competenza della legge che gli è applicabile, anche lo speciale
annullamento che si ottiene con la pauliana dovrebbe rientrarvi123.
A questa tesi è stato obiettato che l’inopponibilità va qualificata come una
sanzione specifica prevista direttamente dalla legge a vantaggio di un soggetto
terzo; essa trova la propria ratio nei rapporti che il terzo ha con l’autore
dell’atto. È stato anche osservato che l’inefficacia non è una qualità dell’atto,
ma deriva dal rapporto che lega il terzo all’autore di esso124.

anfechtung und Durchgriff, 1981, p. 116 sostiene l’applicabilità della lex causae in base al meto-
do della «pesatura degli interessi». Nella dottrina olandese aveva già sostenuto l’applicabilità
della lex causae dell’atto revocando J. KOSTERS, Het internationaal burgerlijk recht, 1917, p. 774.
121
G. DE LA PRADELLE, Les conflits de loi en matière de nullités, 1967, pp. 217 ss.
122
Y. FLOUR, L’effet des contrats à l’égard des tiers, 1977, pp. 308 s.
123
H. L. E. VERHAGEN, P. M. VEDER, De “Pauliana”, 2000, p. 11 dove si sottolinea la “gran-
de parentela” tra la pauliana e tutte le altre norme che consentono l’annullamento di atti per la
lesione dell’interesse dei terzi, e particolarmente dei creditori.
124
Y. FLOUR, loc. cit. Si veda già nel Rép. La Pradelle - Niboyet, Action Paulienne, 1929, p.
238: “Nous ne voyons qu’une objection à la solution précédente [lex loci] mais elle est grave,
Quand la question prévue par l’art. 1167, C. civ. fr., se pose, l’acte n’est pas envisagé sous le
rapport de sa validité intrinsèque. Nous nous plaçons, par hypothèse, en face d’une opération qui,
soit quant à la capacité des parties, soit quant à ses éléments essentiels (licéité, taux des intérêts),
soit quant à ses formes, répond aux exigences de la loi compétente, loi nationale ou lex loci. Nous
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 193

Del resto, Batiffol si era già reso conto dell’erroneità della qualificazione
proposta, rimanendo però favorevole alla sottoposizione della revocatoria alla
lex causae dell’atto revocando.
Inizialmente, le argomentazioni di Batiffol a favore della legge dell’atto re-
vocando erano condizionate dal procedimento di ricerca della legge applicabile
attraverso l’individuazione dell’elemento caratterizzante la fattispecie al quale
ancorare la localizzazione della stessa (metodo che abbiamo definito vulgata
savigniana). Individuato l’elemento caratterizzante nella frode al creditore, e
rilevato che la frode si realizza attraverso la stipula dell’atto, l’autore attribuisce
competenza alla legge che regola questo atto, « preso non tanto come atto ma
come fatto giuridico al quale il creditore è rimasto estraneo ». Infatti, secondo
l’eminente autore « l’incorporazione della lamentata frode nell’atto conduce ad
applicare la lex contractus poichè questa riposa su un’interpretazione più sottile
ma più vera dell’atto giuridico, ed evita la localizzazione nel luogo dello scam-
bio dei consensi. La lex contractus consente di perseguire meglio la frode ».
Inoltre la soluzione va estesa, per analogia, alla “action en déclaration de simu-
lation”125 . In tempi più recenti, il Batiffol giustifica la sua tesi originaria ricor-
rendo ad argomenti di opportunità: “Il semble cependant utile de faire interve-
nir en matière d’action paulienne, comme l’ont fait les tribunaux anglais et amé-
ricains, la loi de l’acte attaqué, étant donnée la gravité de l’action pour le tiers
cocontractant du débiteur ; mais selon l’opportune suggestion de M. Fragistas
[...] il serait équitable de n’accueillir l’action qu’autant qu’elle serait accordée à
la fois par la loi de la créance protégée et celle de l’acte attaqué. Là encore
l’application de la loi la plus restrictive est justifiée par le caractère exorbitant
de l’institution. On en dira autant de l’action en déclaration de simulation”126 .
Sebbene abbia dato adito a critiche, la tesi è stata ripresa dalla dottrina suc-
cessiva fino ad affermarsi definitivamente127 .
Questa tesi non nega uno spazio di applicazione alla legge regolatrice del
credito protetto, ricorrendo all’argomento secondo il quale sarebbe illogico ac-

nous demandons si cet acte, valable en lui-même, ne constitue pas un manquement frauduleux
aux obligations qui existent entre l’un des contractants et un tiers, le créancier primitif. La loi qui,
en vertu des principes de droit international privé, régit ces obligations, nous paraît compétente
pour répondre à cette question”.
125
H. BATIFFOL, Les conflits des lois en matière de contrats, 1977, pp. 390 s. corsivo aggiun-
to.
126
H. BATIFFOL, Traité, 1959, pp. 591 s.
127
Per la critica al carattere esorbitante dell’azione si veda, per es. Y. FLOUR, op. ult. cit., p.
310; R. VANDER ELST, Les lois de police et de sûreté, 1963, pp. 389 s. La dottrina francese mag-
gioritaria (A. SINAY-CYTERMANN, Obligations, 1998, pp. 15 s.; Y. LOUSSOUARN, P. BOUREL,
Droit international privé, 2001, p. 475; M.-N. JOBARD-BACHELLIER, Obligations, 1998, p. 10.)
segue in linea di principio la soluzione data da Batiffol, ma altra dottrina se ne è discostata: P.
MAYER, V. HEUZÉ, Droit international privé, 2007, p. 496 e B. AUDIT, Droit international privé,
2006, p. 626.
194 CAPITOLO QUARTO

cordare al creditore il potere di revoca anche quando gli è negato dalla legge
che regola i suoi rapporti con il debitore. Mancando un collegamento tra il suo
credito e il diritto validamente acquisito dal terzo ciò significherebbe attribuirgli
un regime di favore del tutto ingiustificato. Batiffol, facendo propria la tesi e-
spressa da Fragistas, che aveva indicato la competenza della legge regolatrice di
un atto sulla questione della sua possibile inefficacia, non escludeva la compe-
tenza della legge regolatrice del credito sulla questione del potere di agire del
creditore128.
Per coordinare le due leggi in presenza Batiffol proponeva di ricorrere al
cumulo in funzione restrittiva; riconoscendo al creditore il potere di revoca sol-
tanto se entrambi gli ordinamenti richiamati glielo consentivano. L’adozione di
questa soluzione è giustificata dall’eminente giurista sul fondamento del caratte-
re “esorbitante” dell’azione revocatoria ordinaria129 . Considerata la gravità degli
effetti dell’accoglimento della domanda e la minaccia per la sicurezza dei traffi-
ci giuridici che ne deriva, occorrerebbe molta cautela nell’ammettere un eserci-
zio transnazionale dell’azione revocatoria ordinaria.
Come si è osservato sopra, la stessa cautela non sarebbe necessaria nel caso
di esercizio transnazionale dell’azione surrogatoria. Infatti, l’opinione di gran
lunga maggioritaria non riconosce alcun interesse meritevole di tutela al terzo
debitore del debitore, negando così l’intervento della legge dell’obbligazione
secondaria per la regolamentazione dell’azione surrogatoria. È ricorrente, in
particolare, l’affermazione secondo la quale l’azione surrogatoria non sarebbe
capace di mutare la posizione del terzo debitore, al quale non è chiesto “nulla
più di quanto dovuto”130.
Per questo motivo, non vi sarebbe ragione alcuna per lasciare uno spazio
applicativo alla legge competente per il rapporto giuridico dedotto in giudi-
zio131. L’argomento, che è pregnante, è sostenuto soprattutto da chi ritiene che
l’azione surrogatoria, almeno ai fini internazionalprivatistici, si esaurisca in un
fenomeno di legittimazione processuale straordinaria tout court132. In questo
senso, l’identità dell’attore sarebbe del tutto indifferente per il debitor debitoris
convenuto in giudizio.

128
H. BATIFFOL, P. LAGARDE, Droit international privé, t. II, 1983, p. 217 e i riferimenti a
Fragistas.
129
Contra Y. FLOUR, L’effet des contrats à l’égard des tiers, 1977, p. 310.
130
Si veda Y. FLOUR, op. ult. cit., pp. 305 ss.; H. BATIFFOL, Les conflits de loi en matière de
contrats, 1938, p. 391; H. BATIFFOL, P. LAGARDE, Droit international privé, t. II, 1983, p. 217; R.
VANDER ELST, Les lois de police et de sûreté, 1963, p. 390. Contra G. LÉGIER, nota a Cour
d’appel d’Aix-en-Provence, 30 marzo 1979, p. 727.
131
Così R. VANDER ELST, loc. cit.
132
Ibidem.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 195

Si è anche sostenuto che la competenza della legge che regola il credito pro-
tetto si giustifica in quanto è in gioco la relazione tra le parti principali e non il
rapporto con il debitore della sous-créance133 .
L’ipotesi dell’equivalenza tra la pretesa del creditore diretto e quella del
creditore indiretto (creditore del creditore) è però tutta da verificare134. Al di là
delle affermazioni di principio, la situazione della surrogatoria, come presentata
dalla dottrina e tenendo conto del sostrato economico delle tre figure, non sem-
bra infatti diversa da quella della revocatoria e della simulazione.
Emblematica è la posizione di Légier, il quale sostiene, con la dottrina mag-
gioritaria, che l’azione surrogatoria, così come l’azione diretta, non nuocciono
al terzo debitore e che, proprio tale caratteristica le differenzia dall’azione revo-
catoria ordinaria i cui effetti possono essere gravi per il terzo135.
Poche righe sopra, nello stesso passaggio, l’autore aveva indicato, corretta-
mente, che la legge del credito dedotto in giudizio (sous-créance) poteva impe-
dire l’esercizio dell’azione surrogatoria, dichiarando il credito dedotto in giudi-
zio di natura strettamente personale; così riconoscendo la necessità di far inter-
venire la legge del credito secondario per tutelare la posizione del terzo debitore
del debitore136 . L’argomentazione ci sembra contradditoria: o non si riconosce
al debitor debitoris alcun interesse meritevole di tutela, ovvero glielo si ricono-
sce e si ammette anche l’intervento della legge del credito secondario. In questo
caso però si deve ammettere che l’azione surrogatoria è in grado di nuocere al
terzo debitor debitoris.
Del resto, insieme a Légier, la dottrina francese maggioritaria è concorde
nello stabilire che la legge dell’obbligazione secondaria è comunque competen-
te per stabilire se il rapporto dedotto in giudizio ha natura strettamente persona-
le o meno137.

133
B. AUDIT, Droit international privé, 2006, p. 626, sottolinea che nell’ipotesi di esercizio
dell’azione nell’ambito di procedure fallimentari la competenza legislativa va riconosciuta alla
legge regolatrice del fallimento.
134
Per un’illustrazione delle esigenze di tutela del terzo debitore nella diversa fattispecie del-
la surroga assicuratoria cfr. L. MARI, Sulla legge regolatrice della surroga assicuratoria, 1975,
spec. p. 501 e, con riferimento alla disciplina della surrogazione nel regolamento Roma II, IDEM,
La disciplina della surrogazione, 2008, pp. 893 ss.
135
G. LÉGIER, op. ult. cit., pp. 730 s.
136
Ibidem.
137
Cfr. M.-N. JOBARD-BACHELLIER, Obligations, 1998, p. 10. La tesi prende le mosse
dall’analisi dell’action oblique nel primo Répertoire de droit international [Rép. La Pradelle-
Niboyet, 1931, p. 91] ove si afferma che il mancato rispetto delle regole del foro e l’eventuale
esercizio di un’azione strettamente personale par voie oblique è sanzionato dallo sbarramento
dell’ordine pubblico. Dunque, pur essendo in astratto possibile esperire l’azione surrogatoria per
far valere un diritto del proprio debitore, disciplinato da una legge che non conosce l’azione sur-
rogatoria, sarebbe inammissibile non rispettare le disposizioni di quell’ordinamento che dichiaras-
sero l’azione esperita rigorosamente personale. Il Niboyet si oppone vigorosamente all’ipotesi che
un diritto di credito dichiarato non cedibile e non pignorabile in un ordinamento, possa essere
196 CAPITOLO QUARTO

Così, proprio come Légier, la dottrina riconosce la necessità di escludere


che un rapporto di natura strettamente personale, non suscettibile di essere eser-
citato da altri che il creditore, perda queste caratteristiche per effetto dell’ap-
plicazione di un’altra legge. Ci sembra che l’argomentazione non sia diversa da
quella in uso per l’azione revocatoria ordinaria e che consiste nell’ammettere,
da una parte che la legge applicabile a un atto deve avere uno spazio applicativo
nella regolamentazione di un’azione revocatoria e dall’altra che si debba proce-
dere ad un’applicazione distributiva delle leggi regolatrici dei due rapporti pre-
supposti dalla fattispecie.
Dall’analisi della posizione articolata del Légier si evince che l’autore rico-
nosce uno spazio applicativo alla legge regolatrice del rapporto tra il debitore e
il terzo: non soltanto, per la disciplina della revocatoria, dove sussistono esigen-
ze di tutela del terzo in buona fede, ma anche per la disciplina della surrogato-
ria, al fine di tutelare il debitore inadempiente del debitore. L’ipotesi formulata
da Légier, e ripresa da Niboyet-Hoegy138, implica una sovrapposizione delle due
leggi in presenza, di modo che l’una viene ad essere interpellata per interpretare
l’altra. L’autore propone questa divisione: la legge del credito protetto stabilisce
se il creditore possa agire in luogo del debitore, quali siano le condizioni
dell’azione (negligenza, danno, necessità di produrre un titolo esecutivo, esigi-
bilità del credito ecc.), quali diritti del debitore possa esercitare. La legge rego-
latrice del rapporto tra il debitore e il suo debitore sarebbe competente per san-
cire quali siano le eccezioni opponibili dal subdebitore al proprio creditore; ma
anche le eccezioni opponibili dal subdebitore al creditore agente139. Se, per ipo-
tesi, la legge francese è competente per il credito protetto, le condizioni
dell’azione devono essere vagliate alla luce di questa disciplina, la quale con-
templa la natura “non strettamente personale” dell’obbligo del subdebitore. La
verifica della natura dell’azione andrebbe però fatta nell’ambito dell’ordina-
mento competente per tale rapporto140 . Questo metodo potrebbe dare luogo a
quelle difficoltà interpretative che si sono già poste nell’ambito dell’ordina-
mento interno, proprio con riferimento all’interpretazione dell’inciso “non stret-

aggredito attraverso l’azione surrogatoria disciplinata da una legge straniera. Nel sistema territo-
rialista dell’autore, in cui prevale la considerazione degli interessi dell’ordinamento rispetto alle
aperture internazionaliste delle scuole precedenti, una soluzione come quella indicata appariva
intollerabile. La tesi di Niboyet è poi radicalizzata tanto da arrivare a considerare lois de police le
norme che disciplinano le azioni surrogatoria e revocatoria. Cfr. J.-P. NIBOYET, Traité, t. IV,
1947, p. 70.
138
M.-L. NIBOYET-HOEGY, L’action en justice, 1986, pp. 124 ss.
139
M-L. NIBOYET-HOEGY, loc. cit.; G. LÉGIER, op. ult. cit., pp. 730 s.; A. SINAY-CYTERMANN,
Obligations, 1998, p. 17.
140
G. LÉGIER, loc. cit., ritiene, inspiegabilmente, che questo procedimento rappresenti
un’ipotesi di qualification en sous-ordre e così anche A. SINAY-CYTERMANN, loc. cit. Sembra però
che gli autori facciano riferimento al fenomeno del contemperamento delle leggi in presenza e
non già a quello della qualifica (o seconda qualificazione).
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 197

tamente personale”141. Per evitare di giungere a risultati paradossali, come quel-


lo esemplificato, la dottrina in esame ricorre al correttivo dell’ordine pubbli-
co142 . Per esempio, poniamo che il secondo rapporto giuridico non sia ritenuto
strettamente personale dal diritto tedesco, al contrario di quanto stabilito dal
diritto francese. Si dovrebbe, forse, ammettere l’esercizio di un’azione che non
sarebbe esperibile par voie oblique in Francia, per il suo carattere strettamente
personale in quel sistema, e neppure in Germania, stante l’assenza
dell’istituto?143.
Si indica inoltre la necessità di lasciare uno spazio applicativo alla lex fo-
ri144; poiché la questione riguardante l’eventuale estensione del giudicato forma-
tosi in esito ad un giudizio al quale il debitore principale non ha partecipato ri-
leva del diritto processuale145, sarebbe necessario ritenere competente la lex fori
è competente relativamente alla questione della necessarietà o meno del litis-
consorzio.
Dalle considerazioni che precedono emerge l’esistenza di un’opinione diffu-
sa favorevole alla consultazione di entrambe le leggi in presenza per la regola-
mentazione delle tre azioni in esame.
Riservandoci di esaminare più avanti le concrete possibilità di coordinamen-
to tra le due leggi, è d’obbligo per contro rilevare che esiste un’opinione sfavo-
revole a tale coordinamento.
Ad esempio, Flour afferma perentoriamente che non è possibile dissociare
le condizioni di esercizio dell’azione dalle conseguenze della stessa 146. La criti-
ca è senz’altro condivisibile ove si pensi che tali rimedi hanno una propria logi-

141
Proprio le difficoltà di interpretare, alla luce dell’ordinamento italiano, l’inciso “non stret-
tamente personali” presente nel codice del Regno d’Italia, hanno spinto il legislatore italiano, nel
1942, a costruire una fattispecie più dettagliata dell’azione surrogatoria. In Francia, solo l’opera
della Cour de cassation ha permesso di attribuire un contenuto prescrittivo certo alla condizione
richiesta.
142
Una tesi simile si trova già nel Rép. La Pradelle-Niboyet che, alla voce Oblique (action),
1931, p. 91, indica la competenza della lex fori per la determinazione della natura “strettamente
personale” dell’azione, ritenendolo un problema attinente alla qualificazione. Similmente M.-L.
NIBOYET-HOEGY, L’action en justice, 1986, p. 125, suggerisce che un’azione considerata stretta-
mente personale dall’ordinamento francese, ma non dall’ordinamento competente, dovrebbe poter
essere esperita, bisognerebbe dunque riconoscere al creditore qualité pour agir, salva la possibili-
tà di far operare l’eccezione di ordine pubblico nei casi più delicati.
143
G. LÉGIER, loc. cit., evidenzia che la soluzione proposta è identica a quella della cessione
di credito. Anche in quel caso, sebbene il trasferimento sia sottoposto a una legge propria, è la
legge regolatrice del credito a decidere della sua cedibilità. Egli sostiene, inoltre, che per evitare
di giungere a conseguenze paradossali, come quelle esemplificate nel testo, potrebbe operare
l’ordine pubblico almeno quando la legge regolatrice del credito è la lex fori.
144
Si veda ancora G. LÉGIER, op. ult. cit., pp. 730 s.
145
Al contrario di quanto stabilito dagli art. 2900 ss. c.c. le azioni surrogatoria e revocatoria
di diritto francese non danno luogo a ipotesi di litisconsorzio necessario.
146
Cfr. per es. Y. FLOUR, L’effet des contrats à l’égard des tiers, 1977, pp. 309 ss.
198 CAPITOLO QUARTO

ca intrinseca che si manifesta in tutta la disciplina. Il loro spezzettamento fareb-


be venire meno la coerenza interna degli istituti. Così, nel diritto tedesco
l’inclusione, tra le condizioni dell’azione, del possesso di un titolo esecutivo è
giustificata dalla conseguenza tipica dell’accoglimento della domanda, consi-
stente nell’esecuzione sul bene oggetto dell’atto di trasferimento. L’autrice cri-
tica, tuttavia, anche il coordinamento operato attraverso il cumulo, almeno nei
termini in cui lo propone Batiffol147.
La necessità di evitare la sovrapposizione di due discipline diverse comporta
evidentemente la necessità di rifarsi a una sola delle due lex causae: quella del
credito protetto oppure quella dell’atto revocando148 , oppure, come vuole la dot-
trina tedesca esaminata, scegliere una delle due leggi a seconda della meritevo-
lezza di tutela del terzo. In quest’ultimo caso è la buona o mala fede del terzo,
accertata in concreto, a determinare l’applicazione dell’una o dell’altra legge149 .

12. Insufficienza delle classificazioni tralatizie relative alle metodologie di scel-


ta di legge

Batiffol fonda la soluzione del problema internazionalprivatistico del-


l’azione revocatoria sulla necessità di limitare i casi di esercizio dell’azione, per
il suo carattere “esorbitante”. È noto che il termine era usato dai postglossatori
per marcare la distanza di certe soluzioni previste dalle consuetudini locali ri-
spetto a quelle offerte dal diritto comune. Attualmente sono definiti esorbitanti
taluni criteri di giurisdizione ai quali gli ordinamenti nazionali stanno rinun-
ciando sotto l’influenza della Convenzione di Bruxelles per agevolare la circo-
lazione delle decisioni giudiziarie. L’uso di questo aggettivo per un istituto del
diritto civile conosciuto da tutti gli ordinamenti positivi è sembrato inopportuno,
sebbene la dottrina contemporanea sia sensibile al pericolo per la certezza delle
transazioni posto dall’actio pauliana. Le critiche rivolte dalla dottrina alla con-
cezione di Batiffol esprimono esigenze di segno opposto ritenendo scorretto
qualificare esorbitante “la sanzione di una frode”150 .
Inoltre, come rileva ancora Flour, “la legge più restrittiva quanto alle condi-
zioni di esercizio dell’azione è anche la più lassista quanto alla dose di malafede

147
Ibidem. Cfr. anche H. L. E. VERHAGEN, P. M. VEDER, De “Pauliana”, 2000, p. 8 criticano
i risultati approssimativi che si ottengono quando diventa necessario ispezionare due sistemi giu-
ridici.
148
Sembra che Y. FLOUR, op. ult. cit., pp. 310 s. sia propensa a riconoscere la sola competen-
za della legge del credito protetto. Per l’affermazione della competenza della lex causae dell’atto
revocando, si veda H. L. E. VERHAGEN, P. M. VEDER, De “Pauliana”, 2000, pp. 11-15.
149
Cfr. B. GROßFELD, Gläubigeranfechtung und Durchgriff, 1981, p. 116; J. KROPHOLLER,
IPR, 2006, p. 156, par. 23.
150
R . VANDER ELST, Les lois de police et de sûreté, 1963, p. 389: “la sanction d’une fraude
n’a, en elle-même, rien «d’exorbitant»”.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 199

che tollera dal debitore e dal suo contraente”151 . Queste considerazioni spingono
a ritenere non necessario nè opportuno limitare i casi di esercizio dell’azione
revocatoria. L’autrice propone invece di riconoscere una competenza di princi-
pio della legge del credito garantito per le tre azioni protettrici del c.d. droit de
gage général: surrogatoria, revocatoria e di simulazione152. A favore della legge
che offre la maggiore tutela internazionalprivatistica al creditore, rispetto al ter-
zo acquirente, si era già espressa la dottrina del primo novecento, che si chiede-
va quale fosse la ragione di privilegiare l’interesse del terzo entrato in conflitto
con quello del creditore. La necessità di privilegiare l’interesse del secondo sa-
rebbe invece giustificata dall’esigenza di mantenere coerente l’ordinamento in-
terno: “pourquoi l’intérêt des tiers, qui vient en conflit avec celui du créancier,
déterminerait-il de préférence la compétence législative ? En matière d’action
paulienne, l’intérêt des tiers apparaît comme secondaire, puisque le législateur
s’est préoccupé avant tout de sauvegarder celui du créancier. On ne saurait né-
gliger ce point de vue, lorsqu’on cherche à déterminer la loi applicable”153.
Come si vede, entrambe le posizioni si fondano sulla scelta dello stesso pa-
rametro sostanziale per la soluzione del conflitto di leggi: le caratteristiche
dell’azione nel diritto interno, ma la lettura dell’istituto giuridico, pur nell’am-
bito del diritto interno, è diversa. Le due interpretazioni dei fenomeni oggetto di
studio conducono a soluzioni opposte, polarizzando l’azione nell’uno o nel-
l’altro dei rapporti giuridici che coinvolge. Dietro l’affermazione del carattere
esorbitante dell’azione revocatoria vi è la percezione del rischio per la sicurezza
dei trasferimenti e, al tempo stesso, per la libertà d’iniziativa economica del de-
bitore; mentre le critiche a tale carattere celano un diverso a priori: quello che
pone in secondo piano i valori ora detti per privilegiare la tutela del credito e
delle relazioni finanziarie154 .
In prima approssimazione, la scelta di quale dei valori antagonisti promuo-
vere dipende da una scelta di politica legislativa che compete al legislatore di
diritto internazionale privato, sia esso un ordinamento statale o un’entità sovra-

151
Y. FLOUR, L’effet des contrats à l’égard des tiers, 1977, p. 310: “la loi la plus restrictive
quant aux conditions d’exercice de l’action est aussi la plus laxiste quant à la dose de mauvaise
foi qu’elle tolère du débiteur et de son cocontractant. On peut se demander quelle serait la réac-
tion d’un juge : bien loin d’enfermer systématiquement l’action paulienne dans des limites aussi
étroites que possible, ne serait-il pas au contraire porté à rechercher tous les moyens de sanction-
ner un comportement par hypothèse frauduleux? ”.
152
Ivi, p. 313 : “le créancier qui oppose son droit à un tiers pour justifier de sa qualité à exer-
cer les droits et actions de son débiteur au moyen de l’action oblique, ou encore qui prétend atta-
quer, comme simulés ou frauduleux, les actes conclus par son débiteur avec un tiers, agit sur le
fondement de la loi qui régit son propre contrat. En l’absence d’un rattachement objectivement
défini du droit de gage général, la protection du créancier chirographaire est assurée principale-
ment au moyen de la loi de la créance garantie elle-même.”.
153
Rép. La Pradelle-Niboyet, Action paulienne, 1929, p. 237.
154
Si veda sopra, par. 20 a p. 112.
200 CAPITOLO QUARTO

nazionale. Intuitivamente, si può pensare che la scelta di comprimere la libertà


economica individuale e di rinunciare a una tutela forte dell’affidamento di chi
abbia acquistato un bene in base a un negozio valido, risponda all’obiettivo ma-
croeconomico di tutelare gli interessi finanziari e, soprattutto, gli operatori eco-
nomici che li garantiscono, segnatamente le banche. Questo ci sembra sia il ri-
sultato che si devono attendere gli ordinamenti che contemplano rimedi agevoli
da esperire per la conservazione della garanzia patrimoniale del credito. Vice-
versa, un ordinamento che riponga fiducia nella libertà di iniziativa individuale
e nell’onestà di gestione delle crisi finanziarie dovrebbe contemplare tale tipo di
rimedi solo come extrema ratio.
Ci pare che le posizioni della dottrina, sopra riportate, potrebbero essere e-
saminate anche sotto questa luce.
Come già evidenziato, le soluzioni di diritto internazionale privato proposte
riflettono la gerarchia nella quale vengono posti, più o meno consapevolmente, i
due valori antagonisti – la sicurezza del trasferimento di valori economici a
fronte di quella dello sviluppo dei mercati e degli interessi finanziari – la cui
composizione è affidata all’azione revocatoria ordinaria e agli altri mezzi di
conservazione della garanzia patrimoniale.
Le osservazioni appena riportate invitano a riflettere sulle possibilità con-
crete che ha la scienza del diritto internazionale privato di risolvere quello che
appare come un conflitto di valori antagonisti155.
Vi è quindi ragione di credere che la soluzione del conflitto tra creditore e
terzi in buona fede, risolto da ogni ordinamento attraverso le tre azioni in esa-
me, possa essere individuata dal legislatore di diritto internazionale privato solo
esprimendo un proprio giudizio di valore, e non già escogitando una soluzione
esclusivamente ispirata dall’esigenza di garantire una (chimerica) armonia in-
ternazionale delle soluzioni.
Infatti, nel caso in cui gli ordinamenti competenti esprimano, nel diritto in-
terno, due giudizi di valore opposti, il giudice si troverà di fronte a un dilemma.
La circostanza potrebbe verificarsi, ad esempio, in una controversia che oppone
un creditore francese a un acquirente di buona fede tedesco: dal momento che il
primo ordinamento privilegia la tutela del credito e il secondo la tutela dell’af-
fidamento.
La dottrina americana ricorda a questo proposito una decisione che illustra
un problema e un dilemma simili. Si tratta della controversia Forgan v. Brain-
bridge che opponeva il finanziatore ipotecario dell’acquisto di un’automobile al

155
Si vedano le riflessioni di A. T. VON MEHREN, Special Substantive Rules, 1974, pp. 349 ss.
spec. a p. 352, nt. 10, ove rinvia al celebre saggio di E. REHBINDER, Zur politisierung des Interna-
tionalen Privatrechts, 1973, p. 155, per il quale solo se si adotta la prospettiva per cui il diritto
serve a regolare rapporti tra privati e a regolare interessi e obiettivi privati si può raggiungere
l’armonia internazionale delle soluzioni, che però è una prospettiva fallace. Il diritto internaziona-
le privato post-savigniano si regge dunque su fondamenta precarie.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 201

secondo acquirente di buona fede della stessa automobile: l’ordinamento com-


petente per la prima vendita e per la registrazione proteggeva il finanziatore,
mentre l’ordinamento competente per la seconda vendita proteggeva l’acqui-
rente in buona fede.
Un autore americano proponeva di risolvere il dilemma attraverso una rego-
lamentazione ad hoc degli interessi delle parti coinvolte156 . Seppure diversa,
questa soluzione ricorda la tecnica usata dalla giurisprudenza tedesca ante ri-
forma, consistente nel risolvere il problema di diritto internazionale privato ve-
rificando, sempre caso per caso, la meritevolezza di tutela internazionalprivati-
stica dei soggetti coinvolti.
Un’altra soluzione possibile del dilemma consiste nel dare prevalenza al
giudizio di valore già espresso dal legislatore nella disciplina interna dei mezzi
di conservazione della garanzia patrimoniale. In questo senso, ci pare che la
soluzione tedesca di ancorare l’azione revocatoria ordinaria alla legge regolatri-
ce dell’atto revocando sia coerente con la scarsa importanza che rivestono i
mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale del credito in quel-
l’ordinamento, che non contempla l’azione surrogatoria né consente una tutela
fortemente anticipata del credito.
In questa concezione il diritto internazionale privato di ogni ordinamento si
risolve in una proiezione del diritto interno verso l’esterno. Si tratta di un uso un
po’ imperialista, se così si può dire, del diritto internazionale privato ma la sua
permanenza, anche nell’epoca attuale, non sembra che possa essere del tutto
ignorata in modo ipocrita e in nome di una supposta neutralità assiologica della
scienza.

156
M. TRAYNOR, Conflict of Laws: Professor Currie’s, 1961, p. 866: “The court could con-
ceivably reject these solutions and, by splitting the losses, do what few courts have ever done.
Suppose the court finds the interests to be of equal weight. Should it divide the losses and treat
each interest equally? Perhaps then it would be giving justice without law and ignoring gov-
ernmental interests to focus on individual interests. But such a solution might also secure “all
interests so far as possible with the least sacrifice ... as a whole.” The great obstacle to its adop-
tion is the common law tradition of all or nothing rules”. Il passo è ricordato da A. T. VON MEH-
REN, Special Substantive Rules, 1974, p. 348, nt. 1, assieme al commento di B. CURRIE, The Disin-
terested Third State, 1973, pp. 754 ss., che ha definito la soluzione ipotizzata da Traynor immagi-
nativa e semiseria.
202 CAPITOLO QUARTO

Sezione III
Le soluzioni ispirate dalla “Giurisprudenza dei valori”

13. L’esigenza di una mappatura degli interessi coinvolti dai mezzi di conserva-
zione della garanzia patrimoniale del credito

Le premesse scientifiche delle diverse scuole di diritto internazionale priva-


to non paiono né necessarie né sufficienti a spiegare i risultati ottenuti dalla dot-
trina nella ricerca di una soluzione al nostro problema. Non pare perciò azzarda-
to ritenere, alla luce dell’analisi svolta, che non vi sia un momento di collega-
mento tra un ordinamento e i mezzi in esame che possa vantare un fondamento
propriamente scientifico, compendiabile nella neutralità ideologica e nella coe-
renza con le premesse157 . Queste considerazioni raggiungono la prospettiva epi-
stemologica del realismo giuridico158 e del c.d. “post-positivismo”159 . La scienza
giuridica contemporanea rifiuta l’idea dell’oggettività della conoscenza giuridi-
ca e la versione metodologica del positivismo giuridico per sostenere che
l’interpretazione degli enunciati posti dal legislatore debba necessariamente
contemplare il riferimento a valori160 .

157
Il diritto internazionale privato sembra recepire con grave ritardo i mutamenti nelle con-
cezioni filosofiche del diritto. Una delle tendenze che si registrano negli studi più recenti di diritto
internazionale privato riscontra infatti l’esistenza di un sostrato necessariamente materiale in ogni
sua regola cosicché si abbandona finalmente l’idea che la scienza internazionalprivatistica sia del
tutto avalutativa, a quasi un secolo di distanza dall’affermarsi delle concezioni realiste e positivi-
ste del diritto nella scienza giuridica.
158
Com’è noto, il realismo giuridico si è sviluppato negli Stati Uniti d’America e raffigura il
diritto come l’insieme delle decisioni effettivamente prese e applicate, confinando il ruolo
dell’interprete a quello di consulente per i giudici, prodigo di raccomandazioni. Questa corrente,
che ha avuto un potente influsso anche nel diritto internazionale privato (c.d. Conflicts Revo-
lution), intende demistificare la pretesa dei giuspositivisti consistente nel distinguere il vero e il
falso della scienza giuridica e giudica le argomentazioni tradizionali una pura copertura ideologi-
ca. Si veda A. ROSS, On Law and Justice, 1958, pp. 172 s. “The word “right [diritto soggettivo]”
has no semantic reference whatever. Sentences in which it occurs can be rewritten without mak-
ing use of the term, yet indicating the connection in the directives of the law between conditioning
facts and conditioned consequences”.
159
Il c.d. “post-positivismo” abbandona la tradizionale neutralità del positivismo per ricono-
scere che la scienza giuridica non può limitarsi a una pura descrizione degli atti e dei fatti che
rappresentano le fonti positive del diritto, perché questa descrizione presuppone e implica sempre
il confronto con valori metagiuridici. La maggiore preoccupazione di H. KELSEN, Was ist die
Reine Rechtslehre, 1953, p. 152 era stata proprio quella di affermare la necessaria separazione tra
la “verità” scientifica del diritto puro dalla “politica giuridica che è rivolta, quale instaurazione
volontaria dell’ordine sociale, alla realizzazione di altri valori, in particolare della giustizia” [trad.
it. in K. LARENZ, Storia del metodo nella scienza giuridica, 1966, p. 113” al quale si rinvia per
una sintesi delle obiezioni che hanno segnato il superamento della c.d. dottrina pura del diritto].
160
La teoria dei valori è stata inizialmente affermata dal c.d. “neo-kantismo sudoccidentale
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 203

La constatazione si pone come punto di partenza di una nuova indagine, che


muove dalla considerazione del carattere non anassiologico del diritto in gene-
rale e del diritto internazionale privato, in particolare. Si deve allora cercare il
sostrato materiale che può guidare l’interprete verso la soluzione: ossia i para-
metri di una giustizia internazionalprivatistica che non essendosi dimostrata
neutra neppure aspira ad apparire tale161 . Come condurre questa ricerca di valo-
ri-guida? Viene in aiuto, a questo proposito, il metodo di indagine sviluppato
dalla scuola tedesca della Interessenjurisprudenz, che si oppone alla ricerca
dogmatica delle soluzioni ai problemi giuridici per analizzare gli interessi reali
dei privati in conflitto, guidando l’interprete verso una soluzione tesa a compor-
li in modo concreto e non astrattamente162 . Bisogna dunque fare una contropro-
va e vedere se il problema può essere risolto alla luce degli interessi in conflitto.
Cosicché, dopo l’esplorazione del terreno più tradizionale, attraverso
l’analisi critica delle origini e della natura giuridica degli strumenti in esame,
una volta dato conto dell’uso che è stato fatto di questi dati da parte del legisla-
tore, della giurisprudenza e della dottrina si vuole ora cercare una soluzione at-
traverso la verifica della struttura degli interessi dei soggetti e degli ordinamenti
coinvolti dalle azioni in esame, nonché dei valori che devono servire da guida
nella ricerca delle soluzioni del diritto internazionale privato e, in primo luogo,
l’armonia internazionale delle soluzioni.

tedesco”, dottrina inaugurata da Rickert che, sulla scorta dei lavori di Stammler, ha avuto il meri-
to di superare l’assimilazione della scienza giuridica alle c.d. scienze naturali esatte, dimostrando
come queste ultime non potessero abbracciare la totalità della realtà sperimentabile. Questo pas-
saggio fondamentale ha dato modo alla scienza giuridica di prendere coscienza della peculiarità
dei propri metodi scientifici – che si distinguono inevitabilmente da quelli delle scienze naturali –
e di sviluppare il metodo valutativo e teleologico della giurisprudenza nel periodo successivo.
Sono stati Engisch e Coing a negare definitivamente l’assimilazione del diritto a una “unità logi-
co-formale sul modello della matematica, nella quale sono dedotte da pochi assiomi tutte le mas-
sime singole”. H. COING, Grundzüge der Rechtsphilosophie, 1950, p. 276. Si veda ancora K. LA-
RENZ, Storia del metodo nella scienza giuridica, 1966, p. 132 ss.
161
Nel testo si muove da un’accettazione dello status cognitivo dell’assiologia, dell’ogget-
tività e della pluralità dei valori; in altre parole, si ritiene, con Dewey, che i valori siano senz’altro
razionali, tenendo conto delle situazioni, sia naturali sia storiche, in cui si trovano coloro che li
emettono. Si veda G. MARCHETTI, Verità e valori tra pragmatismo e filosofia analitica, 2008, pp.
72 ss.
162
La giurisprudenza degli interessi si è sviluppata in Germania a partire dalle riflessioni di
Jhering sulla funzione sociale di ogni massima giuridica e ha visto come principali teorici Stoll e
Heck. L’espressione “giurisprudenza degli interessi” (così come quella di “giurisprudenza dei
concetti”) è stata coniata da quest’ultimo autore per discostarsi dalla metodologia precedente di
Puchta e Windscheid. La concentrazione esclusiva sugli interessi, intesi peraltro in significati
diversi tra loro, e la negazione della validità scientifica dei concetti hanno decretato l’abbandono
della giurisprudenza degli interessi nella sua versione originaria e l’elaborazione della c.d. giuri-
sprudenza valutativa, grazie soprattutto agli studi di N. Hartmann. V. anche p. 140 nt. 49 e 243 nt.
266.
204 CAPITOLO QUARTO

La mappatura degli interessi che la norma di diritto internazionale privato


deve comporre nella maniera più armoniosa possibile comporta un’analisi dive-
nuta usuale nelle monografie che sviscerano le problematiche di fattispecie
complesse. Essa è tradizionalmente finalizzata a capire quali aspetti delle azioni
vadano regolati dall’una o dall’altra legge in presenza e come possa avvenire il
coordinamento tra le eventuali leggi delle quali la fattispecie subisce l’at-
trazione. Come appena detto, questo tipo di indagine si pone nel solco di una
tradizione che appare consolidata in special modo per i rapporti trilaterali. Infat-
ti, le trattazioni dei problemi di diritto internazionale privato generati da rappor-
ti di questo tipo procedono da un’analisi di diritto comparato tesa a evidenziare
le divergenze di disciplina tra alcuni sistemi giuridici di riferimento; proseguo-
no estrapolando una serie di questioni giuridiche suscettibili di dare vita a reali
controversie internazionali (quando gli ordinamenti presi in considerazione con-
tengono discipline incompatibili tra loro); infine verificano quale sia la legge
più indicata a risolvere ognuna delle questioni giuridiche così individuate, in
base agli interessi in gioco e ponendo in massimo rilievo le esigenze di certezza
del diritto e di tutela dei terzi in buona fede.
In altre parole, la scelta è fatta secondo un criterio di giustizia (la certezza
del diritto che comprende anche la tutela dell’affidamento) a torto definita in-
ternazionalprivatistica in quanto intrisa di considerazioni di giustizia materia-
le163. Per le ragioni che precedono si può infatti porre in discussione la scelta di
distinguere una giustizia materiale da una giustizia di diritto internazionale pri-
vato, che a differenza dell’altra, si presenti come materialmente neutra o co-
munque rispondente a una logica-formale sua propria.
Nel nostro caso, dunque, la mappatura degli interessi non è finalizzata me-
ramente e semplicemente a separare la fattispecie in singole questioni giuridiche
da allocare ora nell’uno ora nell’altro degli ordinamenti richiamati sulla base di
considerazioni di giustizia “spaziale”. Essa serve piuttosto a chiarire i termini
del nostro problema evidenziando anche i principi a cui ispirarsi nell’opera di
delimitazione del rispettivo campo di applicazione delle due leggi individuate:
la legge competente per il credito tutelato e la legge applicabile alla relazione
tra debitore e terzo (il subdebitore o l’avente causa del debitore a seconda
dell’azione di cui si tratta).
Viene in rilievo dapprima un problema sostanziale che consiste nel determi-
nare la giusta soglia di protezione delle tre parti: il creditore-attore in giudizio, il
debitore principale e il terzo; quindi una questione più tecnica, che mira a indi-
viduare l’utensile più adatto ad attuare il coordinamento delle leggi in presenza,

163
Si vedano P. M. PATOCCHI, Règles de rattachement localisatrices, 1985, pp. 1 ss.; A. BU-
CHER, Vers l’adoption de la méthode des intérêts, 1996, pp. 210 ss. Secondo A. LUPONE, Diritto
internazionale privato, 2001, p. 386, “nei moderni sistemi di diritto internazionale privato [le]
norme di conflitto […] hanno definitivamente perso gran parte della connotazione neutrale del
passato”.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 205

tenendo conto della struttura della fattispecie e del fatto che si è in presenza di
rimedi giurisdizionali tipizzati.
Per quanto attiene al primo criterio ci si trova di fronte a due opzioni. La
prima conduce a cercare i principi immanenti che devono guidare all’indi-
viduazione della giusta soglia di protezione delle tre parti nell’ambito di un or-
dinamento e, segnatamente, nell’ordinamento italiano164. La seconda, di assai
più complessa attuazione consiste nella trattazione del problema nello stile del
“pensiero topico” che mira a capire “che cosa, in questo luogo ed a quest’epoca,
è di volta in volta giusto” e non presuppone l’unità di un ordinamento giuridico
ma, più semplicemente, una trattazione permanente del problema e una sua so-
luzione in base al “consensum omnium” ossia al punto di vista prevalente in una
data epoca165 (che poi è il modo in cui sono affrontati quotidianamente i pro-
blemi di diritto internazionale privato in vista della codificazione comunitaria).
Per quanto riguarda il secondo criterio, esso dà per acquisita l’impossibilità
di pervenire ad un’unica norma di conflitto capace di individuare un’unica legge
regolatrice per tutti gli elementi della fattispecie. In considerazione dell’esi-
stenza di due o più rapporti giuridici, ognuno sottoposto ad una propria legge
regolatrice, è opportuna una considerazione simultanea delle leggi coinvolte
valutando i diversi modi di attuare un loro coordinamento.
Si deve verificare l’ipotesi che taluni aspetti dell’azione revocatoria ordina-
ria siano disciplinati dalla legge del credito e altri dalla legge del negozio di tra-
sferimento delle poste attive e più facilmente apprensibili del patrimonio del
debitore (dépeçage). Si può anticipare sin d’ora che proprio la particolare strut-
tura di tali fattispecie renda poco opportuna una loro frammentazione, al fine di
sottoporre singoli elementi a norme provenienti da ordinamenti diversi.
L’inadeguatezza del c.d. dépeçage a disciplinare azioni in giudizio come
quelle oggetto del presente studio induce a esaminare anche altri metodi di co-
ordinamento, quali il cumulo e la frode alla legge. Sebbene si tratti di utensili
tradizionalmente non riconosciuti dall’ordinamento italiano contemporaneo la
loro evoluzione presente, soprattutto nell’ordinamento tedesco, giustifica un
loro esame. Si vedrà che questi ultimi, opportunamente rivalutati e letti con gli
strumenti culturali contemporanei, possono rivelarsi preziosi per la regolamen-
tazione dei rimedi giurisdizionali tipizzati in esame.

14. L’identità strutturale tra l’azione revocatoria ordinaria e quella di simula-


zione esperibili dal creditore. Conseguenze nella mappatura degli interessi

L’azione revocatoria ordinaria e l’azione di simulazione sono spesso esperi-


te congiuntamente dal creditore perché rappresentano due tecniche diverse per

164
Si veda il capitolo VI.
165
Cfr. Th. VIEHWEG, Topica e giurisprudenza, 1962 e sopra, p. 156 e nt. 16.
206 CAPITOLO QUARTO

raggiungere un risultato pratico equivalente. Come abbiamo visto, nell’or-


dinamento italiano la prima è più vantaggiosa per il creditore sul piano degli
effetti dell’accoglimento della domanda; ma la seconda, oltre al vantaggio della
imprescrittibilità, gli consente di evitare la prova, spesso diabolica, della consa-
pevolezza del pregiudizio alle ragioni del creditore nella mente del terzo, così
come di altri delicati elementi della fattispecie. L’esperimento congiunto delle
due azioni può anche rivelare un dubbio di fondo: è possibile che il creditore
non sappia con certezza se il debitore, nel tentativo di salvare un bene patrimo-
niale da una futura esecuzione, lo abbia realmente alienato per ricavarne beni
più facilmente occultabili (denaro), oppure se l’alienazione sia simulata ed egli
continui a godere di tutti i diritti del proprietario su quel bene.
Le due azioni sono tradizionalmente tenute distinte dagli ordinamenti di di-
ritto continentale, anche se le analogie sono evidenti: si pensi alla frode e alla
simulazione che sono due violazioni del principio di buona fede particolarmente
accentuate e, per questo, assistite da peculiari sanzioni. Anche la concreta fun-
zione dei rimedi è analoga per il creditore: rendere possibile il soddisfacimento
per equivalente su beni del debitore fraudolentemente o fittiziamente trasferiti
in mani più sicure. A questo proposito, non si può negare che le conseguenze
dell’accoglimento della domanda siano, per entrambe le azioni, quelle di para-
lizzare il funzionamento del programma contrattuale degli stipulanti. L’azione
revocatoria ordinaria e l’azione di simulazione assoluta, ove accolte, incidono
sul destino economico del bene che era stato programmato in contratto. Pren-
dendo come parametro la vicenda Corkran, sulla quale si tornerà in seguito166, la
quale, a quanto consta, è l’unico caso con elementi di estraneità che si sia pre-
sentato al giudice italiano: si può osservare che il bene immobile acquistato dal
convenuto era destinato, ex contractu, a soddisfare tutti i diritti garantiti al nuo-
vo proprietario dall’art. 832 c.c.; invece, accolta la domanda di revoca o simula-
zione, esso viene destinato, in primo luogo, all’eventuale soddisfacimento per
equivalente dei crediti alimentari vantati dall’attrice. A fronte di queste evidenti
analogie tra le due azioni, ci si potrebbe persino chiedere quanto sia giustificata
la diversità delle sanzioni corrispondenti ai due rimedi.
Invero, la diversità di tecniche di tutela corrisponde a una concezione etero-
genea del problema posto dall’atto di disposizione nocivo per il creditore.
Nell’ordinamento italiano le norme sulla simulazione si fondano sulla fictio iu-
ris del vizio di volontà: il contratto simulato non produce effetti perché viziato
ab origine, non essendosi verificato alcun incontro di volontà sul programma
contrattuale167 . Più articolata è la spiegazione dell’azione revocatoria ordinaria,

166
Oltre, pp. 257 ss., 280 ss.
167
L’inquadramento dogmatico della simulazione è più complesso di quanto lasci supporre il
testo, come già evidenziato a suo tempo da J. KOHLER, Studien über Mentalreservation und Simu-
lation, 1878, pp. 91 ss., al quale si richiama ancora la dottrina contemporanea. Si vedano, per
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 207

che inserisce una evidente antinomia nel sistema168. Per vederla emergere, è suf-
ficiente confrontare i principi che governano il credito chirografario, il diritto di
proprietà e gli effetti dell’azione: l’azione attribuisce al creditore chirografario il
potere di soddisfarsi in via privilegiata su un bene particolare del debitore; un
bene, peraltro, già fuoriuscito dal patrimonio soggetto a responsabilità ex art.
2740 c.c., perché il titolare lo ha trasferito ad altri nell’esercizio dei suoi poteri
ex art. 832 c.c. Come è stato osservato, è come se l’azione attribuisse un diritto
di pegno o un privilegio al creditore chirografario, che per definizione ne è pri-
vo169. In particolari casi, la tutela del creditore chirografario è talmente pregnan-
te da farlo preferire agli aventi causa in buona fede del debitore, anche se il suo
credito è meramente condizionale oppure il termine per l’adempimento non è
scaduto (cfr. quanto stabilito, a contrario, dall’art. 2901 in particolare al n. 2 e
all’ultimo comma).
Alla diversità di concezione corrisponde la diversità delle tecniche di tutela
del credito: il creditore vittorioso in revocatoria ottiene, attraverso una sentenza
costitutiva, la trasformazione del generico vincolo ex art. 2740 c.c. in uno speci-
fico vincolo a suo favore; mentre nulla di tutto ciò avviene in esito all’ac-
coglimento della domanda di simulazione. Infatti essa dà luogo a un giudizio di
mero accertamento, diretto a stabilire la nullità del contratto simulato170. È suf-
ficiente rilevare che, mentre gli art. 2901 ss. si riferiscono sempre e singolar-

tutti, R. SACCO, La simulazione e i suoi effetti sostanziali, 2002, p. 257; M. BIANCA, Il contratto,
2000, pp. 695 ss. e 697 ss.
168
L’antinomia segnalata nel testo ha creato un notevole disorientamento tra i giuristi, come
illustra il caso Reichert I. In tale occasione, la Commissione riteneva inapplicabile l’art. 16-1 e
applicabile l’art. 5-3, chiedendosi però se l’azione non dovesse piuttosto essere qualificata una
misura provvisoria ai sensi dell’art. 24 della Convenzione di Bruxelles (si veda la relazione
d’udienza in Raccolta 1990, I-32). Delle numerose questioni giuridiche che pone un’azione come
la pauliana, la sentenza Reichert I ha avuto il merito di chiarire quella relativa alla sua natura
personale o reale, una questione assai vexata nei secoli del diritto comune, ma che non avrebbe
dovuto sopravvivere a Savigny. Le incertezze derivano dal fatto che la revocatoria non è proponi-
bile erga omnes, ma comunque mette in discussione il destino economico di uno specifico bene.
Si tratterebbe, insomma, di un’azione personale in rem (per questa qualificazione vedi la decisio-
ne, già segnalata, della nostra Cass. sez. un. 30 giugno 1999, n. 370, Palmeri e Scerra c. Banco di
Sicilia s.p.a., Augurship 33 Ltd., Butterfly Investment Corporation Ltd, p. 748, dove, in una vi-
cenda simile alla Reichert, si afferma: “sia [...]l’azione di simulazione [...] sia [...]l’azione revoca-
toria o pauliana [... sono] qualificabili entrambe come azioni personali in rem, e, comunque, non
reali [...] per la loro inerenza al diritto di nuda proprietà su beni immobili trasferito con il contrat-
to impugnato”). Senza entrare nel merito dell’apporto di una qualificazione giuridica come quella
di “azione personale in rem”, per approfondire le discrasie sulla natura in rem o in personam della
pauliana sia consentito di rinviare a quanto segnalato sopra, pp. 65 ss.
169
V. già F. LAURENT, Principes de droit civil français, t. XVI, 1878, p. 495.
170
M. BIANCA, Il contratto, 2000, pp. 696 ss., ritiene invece che la simulazione non dia luogo
a un’ipotesi di nullità ma di inefficacia. Anche la dottrina francese maggioritaria configura la
sanzione dell’azione gemella della nostra (action en déclaration de simulation) come un’ipotesi
d’inefficacia, così arricchendo le analogie con l’action paulienne.
208 CAPITOLO QUARTO

mente a “il creditore”, cioè chi prende l’iniziativa; gli art. 1415 ss. si riferiscono
sempre genericamente a “i creditori del simulato alienante”, così disinteressan-
dosi a distinguere la posizione dell’attore da quella di altri creditori.
A sua volta, la diversità del rimedio concesso dal giudice si riflette nella di-
versa giustificazione teorica della prevalenza del creditore sul terzo avente cau-
sa del debitore, malgrado l’identità della struttura e dei rapporti giuridici con-
templati dalle due fattispecie. Come è stato osservato, entrambe instaurano un
rapporto tra due terzi: il creditore, terzo rispetto all’atto di disposizione revo-
cando, e l’avente causa del debitore, terzo rispetto al rapporto di credito. La dot-
trina francese suole ricordare che le relative norme attribuiscono al creditore
una sorta di diritto di critica sugli atti di disposizione di segmenti del patrimonio
compiuti dal debitore.
Come già rilevato, nel caso della revocatoria, la qualificazione della partico-
lare relazione tra i due terzi è assai problematica. Il fondamento della vulnerabi-
lità dell’avente causa del debitore è stato ricondotto alle più varie figure: re-
sponsabilità ex delicto; ex quasi delicto; ex lege, o ancora nelle norme sull’arric-
chimento senza causa, a seconda della buona o mala fede del primo. Si è già
detto che il parametro più corretto per comprendere tale relazione, sembra quel-
lo riassunto dal brocardo nemo liberalis nisi liberatus, che introduce un’ar-
gomentazione pragmatica, fondata sul bilanciamento di interessi, nel discorso
sulla revocatoria. Nel caso della simulazione, la prevalenza del creditore
sull’avente causa del debitore è meno complessa in quanto il secondo è conside-
rato un titolare apparente del bene, privo per definizione di diritti incompatibili
con quelli del creditore. Il codice si limita a stabilire i casi in cui l’avente causa
dal titolare apparente può consolidare la sua posizione nonostante l’acquisto a
non domino. Per tali ragioni, la dottrina non si è dovuta preoccupare di teorizza-
re il sostrato sostanziale della relazione tra creditori del simulato alienante e
simulato acquirente o tra il primo e gli aventi causa del secondo.
L’identità strutturale delle due azioni si riflette sull’identità della mappa de-
gli interessi che può essere tracciata al fine di individuare una soluzione inter-
nazionalprivatistica adeguata al rispetto delle aspettative delle parti coinvolte, e,
più in generale, tale da garantire la certezza del diritto.

15. Statuto del credito

È stata già segnalata l’opinione per la quale l’ordinamento competente per il


diritto di credito deve essere preso in considerazione anche per tutti gli aspetti
correlati all’attuazione del diritto in questione, cioè anche per regolare le azioni
funzionali alla sua realizzazione171.

171
Y. FLOUR, L’effet des contrats, 1977, pp. 313 ss., J. HÉRON, Le morcellement des succes-
sions, 1986, p. 253, nt. 46; M.-L. NIBOYET-HOEGY, L’action en justice, 1986, pp. 124 ss. nella
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 209

La soluzione rappresenta una proiezione, sul piano del diritto internazionale


privato, del principio di diritto materiale che tutela i terzi in buona fede, renden-
doli impermeabili alle res inter alios actae. Infatti, poiché il creditore è terzo
rispetto all’atto revocando, non dovrebbe subirne le conseguenze e, pertanto,
dovrebbe avere il potere di tutelarsi contro un atto di disposizione al quale non
ha partecipato172. Garantendo al creditore il potere di tutelarsi contro il terzo si
amplifica la certezza della sua posizione soggettiva e le aspettative create
dall’ordinamento in cui il creditore si presume inserito sono adeguatamente tu-
telate: l’applicazione al creditore della propria legge garantisce una protezione
giuridica uniforme dei suoi diritti e interessi, indipendentemente dagli eventuali
elementi di estraneità della fattispecie.
Come si è già visto, questa soluzione trova altre e diverse giustificazioni
nelle analisi di tipo deduttivo, allorché si sostiene che i mezzi di conservazione
della garanzia generica contribuiscono a fornire il significato giuridico di “dirit-
to di credito” in ogni ordinamento; pertanto lo stesso ordinamento che fornisce
la disciplina sostanziale a un determinato diritto di credito sarebbe competente a
disciplinarne tutte le vicende sia sul piano sanzionatorio e esecutivo, sia sui
mezzi destinati alla tutela di queste ultime. Sempre seguendo un ragionamento
deduttivo si è osservato che il diritto all’impugnazione ha natura accessoria ri-
spetto al credito pertanto ne segue le vicende e anche la regolamentazione173 .
Le analisi teleologiche hanno poi evidenziato che il diritto internazionale
privato non può disconoscere la funzione delle due azioni174. Si dovrà allora
riconoscere la competenza della legge che è applicabile alla pretesa creditoria,
alla cui soddisfazione è preordinata l’azione. È stato anche osservato che il cre-
ditore non può avere strumenti di tutela del credito diversi o ulteriori rispetto a
quelli garantiti dalla lex causae della propria pretesa175 .
In altre parole, sia che si deduca la norma di conflitto dalla natura del-
l’istituto nel diritto interno, sia che la si evinca a partire dalla sua funzione, sia,
ancora, che la si indichi in vista della tutela delle legittime aspettative del credi-
tore, si perviene al risultato di dare principale competenza alla legge regolatrice
del credito protetto. È però ovvio che non si può promuovere l’azione se il foro
non la conosce.

dottrina tedesca precedente l’art. 19 AnfG, v. L. RAAPE, IPR, 1961, pp. 489 ss.; B. GROßFELD,
Gläubigeranfechtung und Durchgriff, 1981, p. 116.
172
H.L.E. VERHAGEN, P. M. VEDER, De “Pauliana”, 2000, p. 8; Y. FLOUR, loc. cit.
173
L. RAAPE, IPR, 1961, p. 30.
174
Sulla contrapposizione tra metodo che deduce il collegamento dalla natura dell’istituto
giuridico da collegare e metodo che induce il collegamento più adatto per fare esplicare agli istitu-
ti la loro funzione si veda H. BATIFFOL, Aspects philosophiques, pp. 144 ss. che illustra anche i
riflessi nel diritto comparato dei due schemi (cap. II, sez. I « L’appel au droit naturel » pp. 195 ss.
e cap. II, sez. III « La recherche d’un but »).
175
Ch. FRAGISTAS, Das Anfechtungsrecht, 1938, p. 464.
210 CAPITOLO QUARTO

Tutti questi argomenti ruotano intorno all’idea di una cristallizzazione della


posizione creditoria nella legge regolatrice del credito176 .
La principale critica alla tesi della soggezione delle azioni alla legge regola-
trice del credito protetto riguarda la posizione dell’avente causa del debitore.
Questo soggetto, il contraente del debitore, è terzo rispetto al diritto di credito e
deve poter sapere in base a quale legge potrà essere messo in discussione il suo
acquisto177. Un intervento della legge competente per l’atto revocando è apparso
perciò necessario almeno per la questione relativa alla possibilità di paralizzare
l’atto178.
Un esame delle principali posizioni della dottrina rivela che il campo di ap-
plicazione della legge regolatrice del rapporto tra debitore principale e terzo,
nella disciplina dell’impugnativa del creditore, varia in funzione della sensibili-
tà alla necessità di tutelare l’affidamento del terzo, avente causa del debitore,
sulla certezza del proprio acquisto.
Le stesse esigenze di tutela dell’affidamento sussistono con riferimento a
entrambi i terzi coinvolti nella fattispecie: il creditore, terzo rispetto all’atto, e
l’avente causa dal debitore, terzo rispetto al credito. Tenendo presente la posi-
zione del creditore, tali esigenze giustificano il richiamo della legge del credito,
l’unica per lui conoscibile; tenendo presente la posizione dell’avente causa dal
debitore, esse giustificano il richiamo della legge dell’atto revocando, la sola
conoscibile per questo secondo soggetto.
A favore della scelta di questa seconda legge, è stato osservato che solo essa
consente di dare una unità di regolamentazione degli effetti dell’atto. Se
l’efficacia di un unico atto di disposizione dovesse essere valutata alla stregua
di tutte le leggi regolatrici delle obbligazioni contratte dal suo autore, la sicurez-
za dei trasferimenti sarebbe gravemente compromessa.

176
Usiamo il termine cristallizzazione in senso più sfumato rispetto a quello utilizzato da P.
MAYER, Les méthodes de la reconnaissance, 2005, pp. 547, per descrivere il consolidamento, se
così si può dire, di uno status personale o di un diritto soggettivo nell’atto di un’autorità che potrà
poi solo essere riconosciuto ovvero disconosciuto in un paese straniero, mentre non potrà essergli
applicata una legge straniera per attribuire diritti o obblighi diversi da quelli che sono connessi a
tale status personale o diritto soggettivo nello Stato d’origine. In questi casi il riconoscimento
dello status o del diritto passa attraverso il riconoscimento del documento che attesta lo status o il
diritto, così come il regolamento degli interessi che deriva da una decisione del giudice è ricono-
sciuto in un paese straniero attraverso il riconoscimento della decisione che l’ha operato. Per una
posizione ancora diversa si veda S. BOLLÉE, L’extension du domaine de la reconnaissance unila-
térale, 2007, pp. 307 ss.
177
Per una definizione di terzi nella dottrina francese si veda J. GHESTIN, La distinction des
parties et des tiers, 1992; J.-L. AUBERT, À propos d’une distinction renouvelée, 1993, p. 623; J.
GHESTIN, Nouvelles propositions, 1994, p. 777; per un tentativo (divertito) di definire i terzi nel
diritto civile francese ricorrendo a quella che si potrebbe definire analisi matematica del diritto
cfr. M.-L. MATHIEU-IZORCHE, Une troisième personne bien singulière, 2003, p. 51; per uno sguar-
do d’insieme cfr. L. VACCA, Gli effetti del contratto, 2001.
178
V. per tutti, H. BATIFFOL, P. LAGARDE, Droit international privé, II, 1983, pp. 217 ss.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 211

Sono stati illustrati, ad esempio, i gravi inconvenienti che si avrebbero in


caso di litisconsorzio tra una pluralità di creditori che impugnassero il medesi-
mo atto di disposizione sulla base di leggi diverse. Si può immaginare il caso in
cui tre creditori, Tizio, Caio e Sempronio, i cui crediti sono localizzati in ordi-
namenti diversi, intendano impugnare un unico atto di disposizione del debitore
comune lesivo di un diritto di ciascuno di essi e il giudice si trovi ad applicare le
diverse leggi competenti per i rispettivi crediti (t, c, s). In casi come questo, è
stato osservato, l’esito dell’azione revocatoria ordinaria sarebbe imprevedibile,
se non del tutto aleatorio, per il terzo avente causa del debitore. Inoltre si por-
rebbero gravi problemi di adattamento179.
A ben guardare, tuttavia, questo argomento, pur suggestivo, non è insupera-
bile. A esso si potrebbe infatti replicare che la pronuncia del giudice ben po-
trebbe avere un contenuto preciso, nonostante la pluralità di leggi applicabili. Il
giudice potrebbe infatti dichiarare che l’atto è opponibile a Tizio (applicando la
legge t) e a Sempronio (per applicazione della legge s) ma non è opponibile al
creditore Caio, perché sussistono le condizioni richieste dalla legge c per
l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria. Ciò significherebbe che il terzo
acquirente assume il rischio dell’inadempimento del proprio dante causa nei
confronti di Caio, ma non nei confronti di Tizio e Sempronio.
Caio potrà quindi, eventualmente, dare avvio a procedimenti esecutivi sul
bene oggetto dell’atto di trasferimento, mentre Tizio e Sempronio dovranno
sperare nella capienza del patrimonio attuale del debitore, quello di cui risulta
titolare al momento dell’inadempimento, ossia senza potersi prenotare sul bene
trasferito al terzo.
Adottando come unica legge, invece, quella dell’atto revocando, si attribui-
rebbe all’azione revocatoria ordinaria esercitata da una pluralità di creditori per
ottenere la revoca di un unico atto di disposizione, il carattere di azione concor-
suale: un carattere che tale azione non possiede.

16. Statuto dell’atto revocando (e/o simulato)

Nei sistemi di Common Law il problema dell’opponibilità erga omnes di


una situazione giuridica si identifica e si esaurisce in quello della validità intrin-
seca dell’atto che ne rappresenta la fonte, mentre le possibilità di tutela del cre-
dito chirografario realizzata ponendo in discussione la gestione del patrimonio
del debitore resta confinata alle ipotesi di bancarotta. In questi sistemi, la possi-
bilità che un rapporto giuridico possa essere modificato ad opera di un soggetto
e di una legge totalmente estranei rappresenta una spada di Damocle.
Il problema della revocatoria fallimentare è stato illustrato in questi termini:

179
H. L. E. VERHAGEN, P. M. VEDER, De “Pauliana”, 2000, p. 8.
212 CAPITOLO QUARTO

“C’est une question forte délicate que celle de savoir si l’on peut jamais consi-
dérer comme un droit acquis le droit à la validité intangible d’un acte, même
dans l’avenir, quelles que soient les mesures d’ordre général qui peuvent annu-
ler cet acte dans l’intérêt social”180.
L’incertezza giuridica che è in grado di provocare l’azione revocatoria per i
suoi particolari effetti, se trova una ratio, peraltro ancora oggetto di discussione,
all’interno degli ordinamenti che la contemplano, difficilmente può trovare una
giustificazione nel diritto internazionale privato. Si è allora osservato che il gio-
co delle norme di conflitto non deve poter condurre alla modifica di situazioni
giuridiche che si sono già cristallizzate nell’ambito dell’ordinamento competen-
te, solo perché una delle parti che gli ha dato causa partecipa a un rapporto ob-
bligatorio localizzato in un ordinamento straniero. Anche inquadrando il pro-
blema della revocatoria in termini di efficacia e opponibilità dell’atto giuridico
revocando, si giunge a ritenere applicabile all’azione la legge regolatrice di que-
sto.
La soluzione è omologa a quella dettata dalla Convenzione di Roma per le
questioni relative all’esistenza e alla validità di una convenzione, già criticata
sopra. Del resto, la lettera dell’art. 8 della Convenzione chiarisce che le questio-
ni circa la validità e l’esistenza di un contratto rientrano nel proprio ambito di
applicazione ratione materiae, ma è lecito sollevare dubbi sulla inclusione di
questioni relative alla efficacia e, quindi, anche alla inefficacia, nello statuto
contrattuale.
In questa direzione si è però mosso il legislatore tedesco. L’art. 19 della
novella tedesca che ha riformato la Gläubigeranfechtung contiene una norma di
conflitto. Ai sensi di questo articolo la legge applicabile alla revoca di un atto è
quella che regge i suoi effetti: “Bei Sachverhalten mit Auslandsberührung ist für
die Anfechtbarkeit einer Rechtshandlung das Recht maßgeblich, dem die Wir-
kungen der Rechtshandlung unterliegen”.
La dottrina tedesca si è interrogata sul significato di questa disposizione in
quanto, nella dottrina dello Zitelmann (il creatore dell’espressione Wirkungssta-
tut) lo statuto degli effetti era inteso come sinonimo di lex causae e serviva a
dare competenza alla legge dell’atto impugnato181 .
In questo caso, il criterio di collegamento scelto dal legislatore tedesco si ri-
solverebbe nel rinvio a un’altra norma di conflitto e la disciplina dell’azione
revocatoria subirebbe l’attrazione nello statuto dell’atto contestato. Seguendo
tale interpretazione, la norma non introduce una specifica disposizione (bilatera-
le) per l’azione revocatoria, ma semplicemente precisa la sfera di applicazione
della lex contractus estendendola alla disciplina dell’azione di revoca. In questo

180
A. ROLIN, Des conflits de lois en matière de faillite, 1926 cit. da Ch. FRAGISTAS, Das An-
fechtungsrecht, 1938-1939, p. 457, nt. 2.
181
Cfr. E. ZITELMANN, Internationales Privatrecht, vol. 1, 1914 (1897), p. 125. Si veda, so-
pra, p. 72 nt. 45.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 213

modo è l’ordinamento competente per l’atto di trasferimento che colora l’azione


revocatoria.
La concezione della sanzione prevista dalla pauliana come una forma di an-
nullamento è stata già criticata. Oltre agli argomenti derivanti dal ragionamento
deduttivo però, militano a favore di questa scelta anche considerazioni di altra
natura. Bisogna verificare se queste possano sorreggere, da sole, la soluzione
proposta.
Ci sembra di dover subito sgombrare il campo dalle considerazioni di pros-
simità, che si risolvono, come visto sopra, in una petitio principii182.
In secondo luogo, la soluzione tedesca si armonizza al diritto interno. Infatti,
la funzione dell’azione revocatoria nel diritto tedesco non consiste nella tutela
anticipata del credito ma bensì nell’ampliamento del patrimonio soggetto ad
esecuzione forzata. In altre parole, qui non è in gioco una diminuzione della
garanzia generica, con conseguente necessità di un suo ripristino ma il buon
esito di un’esecuzione forzata già iniziata. L’azione revocatoria non interviene a
sanzionare la lesione di un diritto sostanziale del creditore sul patrimonio del
debitore, ma interviene nell’ambito di un procedimento a carattere esecutivo.
Pertanto la soluzione tedesca potrebbe ascriversi a quel metodo di soluzione dei
conflitti di leggi à la Bartin, ove la soluzione internazionalprivatistica viene
fatta discendere dalla configurazione degli istituti del diritto interno.
Proprio questa circostanza, del resto, può spiegare perché il legislatore e la
giurisprudenza tedeschi antepongano gli interessi del terzo acquirente a quelli
del creditore, anche nelle analisi di tipo teleologico, ossia nel metodo della pe-
satura degli interessi. Infatti, e in terzo luogo, la preferenza del legislatore tede-
sco per la lex contractus avviene in esito a un’analisi comparativa degli interessi
in gioco, che lo conduce a anteporre gli interessi del terzo acquirente rispetto a
quelli del terzo creditore. Come osservato sopra, la preferenza per il terzo acqui-
rente trova diverse giustificazioni, la più importante delle quali risiede nella ne-
cessità di garantire al terzo una protezione sociale uniforme; ossia nella tutela
della sua legittima aspettativa: il terzo ha acquistato il bene (su cui aveva fatto
affidamento il creditore) sulla base della disciplina applicabile all’atto di acqui-
sto, e dovrebbe fare i conti solo con tale legge. Si è allora osservato che gli inte-
ressi del creditore debbono ritirarsi di fronte al prevalente interesse del terzo183.

182
H. L. E. VERHAGEN, P. M. VEDER, De “Pauliana”, 2000, p. 11, sostengono che la lex
causae dell’atto revocando sia la più strettamente connessa alla pauliana perché essa riguarda
soprattutto le relazioni tra le parti all’atto e le conseguenze giuridiche di esso: «Deze sterke ver-
wevenheid van de Pauliana met de rechtsverhouding tussen de partijen bij de rechtshandeling
enerzijds en de uit de rechtshandeling voortvloeiende rechtsgevolgen anderzijds vinden wij een
doorslaggevend argument voor toepassing van de lex causae [van de rechtshandeling]». Come già
affermato è però possibile sostenere sia lo stretto legame tra la pauliana e la relazione giuridica tra
debitore e terzo acquirente; sia la vicinanza tra la pauliana e la relazione tra creditore e debitore.
183
B. GROßFELD, Gläubigeranfechtung und Durchgriff, 1981, p. 116.
214 CAPITOLO QUARTO

Se l’applicazione della legge del credito protetto procede dalla volontà di


cristallizzare la posizione del creditore nell’ordinamento che la conforma, si
potrebbero spiegare tutti gli argomenti appena citati quali espressioni dell’idea
di una cristallizzazione dell’atto nell’ordinamento che lo governa.
Su un terreno dogmatico, le considerazioni già svolte sopra inducono a criti-
care la soluzione del rinvio alla lex causae dell’atto impugnato in quanto non
tiene conto della peculiarità della relazione, giuridicamente rilevante, tra i due
terzi che sono alle estremità dell’azione revocatoria ordinaria. Anche argomenti
pragmatici ostano a tale soluzione: sembra infatti che accordare al creditore il
potere di revoca anche quando gli è negato dalla legge che regola i suoi rapporti
con il debitore, o comunque da una legge a lui conoscibile, significherebbe at-
tribuirgli un regime di favore del tutto ingiustificato, mancando un collegamen-
to tra il suo credito e il diritto validamente acquisito dal terzo. Viceversa, appare
ingiusto, da un punto di vista internazionalprivatistico negargli un tale potere di
revoca, quando su esso egli aveva fatto affidamento (un affidamento necessa-
riamente complementare all’affidamento generato dalla solvibilità del debitore e
dalla presenza di determinati beni nel patrimonio di quest’ultimo).
Anche nella dottrina tedesca, del resto, questa tesi è stata criticata e si prefe-
risce interpretare l’espressione “Wirkungsstatut” – statuto degli effetti dell’atto
– come un rinvio alla legge del luogo in cui si producono gli effetti dell’atto
impugnato: il che, nel sistema tedesco, in cui negozio causale e atto di trasferi-
mento sono scissi in due atti distinti, si traduce in un rinvio alla lex rei sitae,
ossia alla legge del luogo in cui si trovava il bene preso di mira dal creditore al
momento dell’atto184 .

17. Segue. Statuto dell’obbligazione secondaria, dedotta in giudizio in via sur-


rogatoria

Nell’ambito della dottrina dualistica tedesca che separa il debito dalla re-
sponsabilità, all’azione surrogatoria è stata attribuita la funzione di allargare il
terreno della responsabilità (Haftungsgrundlage) per un determinato debito185 .
La funzione dell’azione surrogatoria non sarebbe meramente conservativa
ma servirebbe addirittura ad aumentare l’estensione della garanzia generica,
dando la possibilità di aggredire patrimoni altrimenti non aggredibili. Il sostrato
sostanziale dell’azione surrogatoria è stato enfatizzato dalla dottrina tedesca che
ne ha posto in evidenza l’importanza pratica quale azione residuale186.

184
S. KUBIS, Internationale Gläubigeranfechtung, 2000, pp. 505 ss. Si veda sotto, pp. 337 ss.
185
R. BIRK, Die Einklagung fremden Rechte, 1969, pp. 70 ss.
186
Ibidem.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 215

È stato allora sollecitato un intervento della legge applicabile all’ob-


bligazione dedotta in giudizio, per regolare taluni aspetti della fattispecie del-
l’azione surrogatoria.
Considerato da questa angolazione, il problema di diritto internazionale pri-
vato posto dall’azione surrogatoria scompare. La questione è interamente assor-
bita dallo statuto dell’obbligazione dedotta in giudizio. Il ragionamento procede
interamente da un angolo visuale così concepito: l’obbligazione dedotta in giu-
dizio è forgiata dalla propria legge regolatrice, quella che la conforma e che di-
sciplina anche la sua azionabilità in via surrogatoria187.
In tal caso, il problema di diritto internazionale privato dell’azione surroga-
toria si risolverebbe interrogando la legge che disciplina il diritto dedotto in
giudizio, e verificando se questa prevede il suo esercizio in via surrogatoria.
Visto da questa prospettiva, è proprio il diritto del debitore principale nei con-
fronti del suo debitore ad impregnare di sé l’azione surrogatoria.
L’atteggiamento della dottrina tedesca che si è occupata dell’azione surro-
gatoria sembra favorevole a questa soluzione. Bisogna ricordare che, per
l’ordinamento tedesco, l’azione surrogatoria è un’istituzione sconosciuta. Per-
tanto, in tale ordinamento, ritenere che le azioni surrogatorie di diritto francese,
italiano e spagnolo, sostanziandosi in fenomeni processuali, dovessero essere
sottoposte alla lex fori, sarebbe equivalso a negarne l’esercizio di fronte al giu-
dice tedesco. Invece, la dottrina più recente ritiene che nei casi in cui fenomeni
di sostituzione processuale traggano fondamento da diritti sostanziali, com’è il
caso della surrogatoria, la legge applicabile non sia quella processuale ma quel-
la materiale, cioè quella competente per il diritto sostanziale su cui la surrogato-
ria si fonda188. Il riconoscimento dell’applicabilità della lex causae nell’or-
dinamento tedesco equivale perciò al riconoscimento della possibilità di cono-
scere un contenzioso che, altrimenti, sarebbe stato portato all’estero.

187
Secondo l’impostazione indicata nel testo, il giudice è portato a formulare così il proble-
ma: il diritto, per ipotesi, a chiedere la divisione, così come concepito dall’ordinamento compe-
tente, ammette di essere esercitato in via surrogatoria? L’ordinamento competente per un atto di
trasferimento a titolo oneroso ne ammette la revocabilità? In questo senso, si potrebbe descrivere
l’azione surrogatoria come un modo di essere di alcuni diritti. A prezzo di una notevole astrazio-
ne, si potrebbe affermare che la possibilità di esercizio in via surrogatoria entra nel contenuto di
determinati diritti, e li conforma. Il diritto di credito di Caio nei confronti di Tizio contempla
l’attribuzione del potere di esigere la relativa prestazione, non solo a Caio, ma anche a tutti i cre-
ditori di Caio.
188
R. BIRK, Die Einklagung fremder Rechte, 1969, p. 92; H. BEEMELMANS, Das Statut der
Cessio Legis, 1965, pp. 542 s.
216 CAPITOLO QUARTO

18. Mappatura degli interessi meritevoli di tutela internazionalprivatistica

Gli interessi di cui tenere conto per l’elaborazione di una soluzione del con-
flitto si possono schematicamente indicare nei seguenti:
a) L’interesse del creditore è quello di non vedere diminuita la garanzia ge-
nerica su cui ha fatto affidamento, sin dalla genesi del rapporto obbligatorio, a
causa dell’applicazione di una legge la cui applicazione non aveva potuto pre-
vedere.
Le azioni servono a tutelare la pretesa materiale del creditore, e precisamen-
te la fruttuosità di una futura esecuzione sui beni del debitore, destinata al sod-
disfacimento di tale pretesa materiale. Per questo motivo, i criteri di collega-
mento rilevanti per l’azione revocatoria ordinaria e l’azione surrogatoria (ma
anche per l’azione di simulazione esercitata dal creditore del simulato alienante)
dovrebbero essere ricercati nella relazione creditore-debitore.
b) La posizione del debitore è peculiare, in quanto egli rappresenta l’anello
di congiunzione tra le altre due parti che sono all’estremità dei mezzi di conser-
vazione della garanzia patrimoniale. Non essendo terzo a nessuno dei due rap-
porti coinvolti, le preoccupazioni di previdibilità e di tutela dell’affidamento
sono per lui meno pressanti. Il debitore principale ha la possibilità di conoscere
gli ordinamenti competenti per entrambi i rapporti che i mezzi di conservazione
della garanzia generica mettono in relazione.
Suo interesse è piuttosto che sia un numero ridotto di leggi a decidere
l’ampiezza del potere di controllo dei suoi creditori sulla gestione del suo pa-
trimonio, specialmente se si tratta di un imprenditore con posizioni di credi-
to/debito aperte e “localizzate” in diversi paesi.
L’applicabilità di tante leggi quanti sono i suoi creditori, ad esempio, rende
estremamente arduo per il debitore comprendere il regime degli atti di disposi-
zione che stipula; oppure comprendere se e quali creditori possano instaurare un
giudizio nei confronti di un suo debitore.
g) Il terzo legato da una relazione giuridica con il debitore ha invece interes-
se ad evitare che una legge per lui imprevedibile rimetta in discussione il suo
acquisto, nel caso dell’azione revocatoria ordinaria; o renda maggiormente one-
rosa la sua situazione debitoria, nel caso dell’azione surrogatoria.
Il terzo deve avere la possibilità di sapere se c’è un rischio di impugnazione
sopra il proprio atto di acquisto, e, in caso affermativo, a quali condizioni il
provvedimento giurisdizionale sarà concesso. Ad esempio, la consapevolezza di
nuocere ai diritti dei creditori è ritenuta sufficiente per la revoca, in alcuni si-
stemi, ma non in altri. La ripartizione dell’onere della prova è un altro dato es-
senziale per comprendere se un atto sia, in concreto, revocabile.
Il diritto applicabile all’azione deve potere essere conosciuto al fine di stabi-
lire se l’atto può essere considerato fraudolento e se il comportamento del terzo
integra la fattispecie della revocatoria. Pertanto i criteri collegamento per la
pauliana dovrebbero essere cercati nella relazione debitore-terzo acquirente.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 217

Considerazioni simili possono essere svolte a proposito dell’azione surroga-


toria. In base a quale legge va valutata l’inerzia del debitore principale? Se, ad
esempio, l’inerzia del debitore principale non è tale da comportare la decadenza
o la prescrizione del diritto nei confronti del terzo-debitore, non vi sarebbe ra-
gione per riconoscere il potere di agire in capo al creditore principale. Le condi-
zioni di esercizio dell’azione surrogatoria dovrebbero allora essere valutate nel-
la relazione debitore-suo debitore.
Tuttavia, l’interesse del terzo acquirente non rappresenta l’unico parametro
di valutazione nella disciplina degli istituti. Proprio l’esistenza di altri fattori,
ugualmente meritevoli di tutela, funge da limite alla salvaguardia degli interessi
del terzo. Nella prassi, può capitare che il terzo sia coinvolto in un’operazione
economica volta precisamente a privare il creditore della garanzia patrimoniale.
La legge applicabile al negozio di trasferimento può anzi rappresentare un ele-
mento della frode organizzata alle spese del creditore nel caso dell’azione revo-
catoria.
d) Da un punto di vista pubblicistico, il conflitto di interessi tra creditore e
terzo acquirente, nella revocatoria, può essere letto come conflitto tra interessi
pubblici. Il primo dei quali è quello teso ad agevolare la concessione del credito
al fine di favorire lo sviluppo dei mercati; il secondo, mira invece a garantire la
sicurezza dei trasferimenti di ricchezza mobile e immobile. Come già osservato,
ogni singolo ordinamento attua un bilanciamento tra tali interessi che sono e-
gualmente rilevanti per il proprio equilibrio socio-economico. Ci si può allora
chiedere se l’ordinamento stesso sia, per così dire, portatore di un interesse me-
ritevole di tutela internazionalprivatistica.
La transnazionalità della controversia può comportare un conflitto tra lo Sta-
to che protegge il credito e lo Stato che garantisce la certezza dei trasferimenti
di ricchezza. Riemerge in una dimensione pubblicistica quel conflitto di valori
già segnalato con riferimento ai tre soggetti coinvolti dall’esercizio di un’azione
revocatoria ordinaria.
I dati che emergono da un’analisi della mappa degli interessi sono i seguen-
ti: la certezza del diritto, e dunque la prevedibilità della legge applicabile, è
l’unico interesse che accomuna tutti i soggetti coinvolti e anche i terzi. Vi è poi
sostanziale accordo nella dottrina sia sulla necessità di salvaguardare l’interesse
del debitore a non veder aggravata la propria posizione per opera della diversa
legge che governerebbe, per ipotesi, l’azione revocatoria o surrogatoria; sia sul-
la necessità di salvaguardare l’interesse del terzo a non subire il potere di agire
in via surrogatoria o revocatoria attribuito al creditore del suo dante causa dalla
legge regolatrice della loro relazione obbligatoria.
Infine vi è un interesse superiore, che meriterebbe di essere analizzato se-
condo le teorie dell’analisi economica del diritto, relativo alla effettività della
tutela che ogni ordinamento deve garantire ai crediti, da una parte, e alla circo-
lazione della ricchezza mobiliare e immobiliare, dall’altra.
Tali analisi assumono ancor più importanza, stante l’evoluzione delle forme
218 CAPITOLO QUARTO

di ricchezza e della loro circolazione rispetto al momento di elaborazione del


concetto di obbligazione (nonostante tutto forse ancor troppo debitore del-
l’elaborazione romanistica) e della vulgata savigniana anche nelle sue versioni
più progredite.

Sezione IV
Le ipotesi di coordinamento tra lo statuto del credito
e lo statuto dell’atto revocando

19. Il coordinamento delle leggi applicabili ai due rapporti obbligatori attra-


verso gli strumenti tradizionali del diritto internazionale privato: il cumulo

Con qualche esitazione, la giurisprudenza tedesca più risalente risolveva il


problema del contemporaneo richiamo di leggi diverse procedendo al cumulo
per la disciplina dell’azione revocatoria con elementi di estraneità. Era la volon-
tà di conciliare le leggi in presenza e l’impossibilità di delimitare il rispettivo
campo di applicazione a condurre a questa soluzione189. Nella dottrina tedesca
già Walker aveva suggerito di cumulare la legge del domicilio del debitore con
lo statuto dell’atto di trasferimento190 .
Come visto sopra, Batiffol aveva invece indicato che, se la revoca di un atto
che lede i diritti del creditore cade sotto la competenza della legge regolatrice di
tale atto, appare comunque imprescindibile interrogare la legge regolatrice del
credito al fine di sapere se l’azione spetti o meno al creditore191. Una conse-
guenza che è stata tratta dall’accoppiamento dei due sistemi giuridici che ven-
gono in rilievo riguarda la riduzione delle possibilità di soddisfazione del credi-
tore192 . In questo modo il cumulo è stato usato da Batiffol in funzione restrittiva;
cioè al fine di limitare le ipotesi di esercizio transnazionale dell’azione revoca-
toria ordinaria ai soli casi in cui entrambi gli ordinamenti richiamati contempla-
no l’istituto. L’adozione di questa soluzione sarebbe giustificata da un preteso
carattere esorbitante dell’azione revocatoria ordinaria193 . Il termine esorbitante
evoca le considerazioni di ordine materiale già ricordate, che Batiffol e Lagarde

189
Y. FLOUR, L’effet des contrats, 1977, p. 309.
190
G. WALKER, IPR, 1926, p. 499.
191
H. BATIFFOL, P. LAGARDE, Droit international privé, II, 1983, p. 217.
192
Il termine accoppiamento traduce letteralmente il corrispondente tedesco Koppelung, usa-
to da Ch. FRAGISTAS, Das Anfechtungsrecht des Gläubiger, 1938-1939, p. 457: “In solchem Falle
spricht man von einer Koppelung zweier Rechtsordnungen” anche se l’autore attribuisce
all’espressione un senso diverso da quello proprio del cumulo perché sembra suggerire, piuttosto
che un’applicazione simultanea delle due leggi in presenza, una loro applicazione distributiva.
193
H. BATIFFOL, P. LAGARDE, Droit international privé, II, 1983, p. 217.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 219

fanno intervenire nella soluzione del conflitto di leggi. Tali considerazioni fan-
no leva sugli effetti dirompenti che possono avere le azioni in situazioni che, da
un certo punto di vista, potrebbero dirsi consumate.
Considerazioni di segno opposto, cioè sui vantaggi derivanti da un raffor-
zamento della tutela del credito, potrebbero invece spingere a usare il cumulo in
funzione espansiva194 . In questo senso, proprio la necessità di favorire la più
ampia tutela del credito, indurrebbe a consentire l’esercizio dell’azione revoca-
toria ordinaria quando solo una delle due leggi applicabili ne consenta
l’esercizio. Del pari, potrebbe ammettersi il potere del creditore di agire in via
surrogatoria quando ciò sia consentito dalla legge applicabile al diritto di cui il
debitore principale trascura l’esercizio.
Il coordinamento attuato mediante il cumulo si rivela uno strumento prezio-
so per garantire una disciplina sostanziale che rifletta il punto di vista adottato a
priori dal legislatore.

20. Segue. Problemi strutturali per la realizzazione del dépeçage

Fragistas si era espresso contro il richiamo cumulativo di più leggi per la va-
lutazione dell’intera fattispecie e a favore del dépeçage della stessa e, conse-
guentemente, della delimitazione del campo di applicazione delle leggi in pre-
senza. L’eminente autore sosteneva che entrambi gli ordinamenti dovessero es-
sere interrogati, ma non in modo cumulativo, dovendosi piuttosto distinguere le
questioni da sottoporre all’uno e all’altro.
L’autore proponeva di valutare il diritto di agire in via revocatoria esclusi-
vamente in base allo statuto del credito195 . Egli faceva leva sull’argomento già
citato, per cui il creditore non può beneficiare di maggiori garanzie e strumenti
di tutela di quelli che gli riconosce il proprio diritto materiale. Di converso, lo
statuto dell’atto revocando interviene per evitare che acquisti considerati defini-
tivi dall’ordinamento competente siano rimessi in discussione attraverso l’appli-
cazione della legge di un altro paese196 .
Fino a poco prima della riforma tedesca, la tendenza prevalente della giuri-
sprudenza era già quella di sottoporre alla legge regolatrice dell’atto anche la

194
H. L. E. VERHAGEN, P. M. VEDER, De “Pauliana”, 2000, p. 8.
195
Ch. FRAGISTAS, Das Anfechtungsrecht des Gläubiger, 1938-1939, p. 458: “Beide Rechts-
ordnungen [...] werden nicht völlig miteinander verkoppelt, vielmehr müssen wir unterscheiden.
[..] Das Anfechtungsrecht muß zunächst vollkommen von der lex causae des Anspruchs erkannt
sein, zu dessen Befriedigung die Anfechtung dient”.
196
Ibidem: “Das Statut der anfechtbaren Handlung kommt zur Anwendung, um zu verhin-
dern, daß eine nach diesem Statut unanfechtbare Rechtshandlung durch die Anwendung eines
fremden Rechtes anfechtbar wird.”
220 CAPITOLO QUARTO

questione relativa alla sua inefficacia, verificando però, secondo la lex rei sitae,
i presupposti sostanziali e processuali dell’azione revocatoria197.
La soluzione prospettata comportava il dépeçage della fattispecie del-
l’azione revocatoria. Le diverse questioni giuridiche originate dal rimedio erano
regolate separatamente; ognuna era sottoposta alla legge ritenuta più adeguata.
Così, la legge applicabile al contratto regolava le obbligazioni tra il debitore e il
suo avente causa; la stessa legge determinava la revocabilità dell’atto di dispo-
sizione (presupposti oggettivi) e gli effetti della revoca; la legge applicabile al
rapporto di credito determinava il diritto del creditore di chiedere la revoca
(presupposti soggettivi).
Per l’azione surrogatoria è stato suggerito uno spezzettamento simile: la
legge del credito protetto stabilisce se il creditore possa agire in luogo del debi-
tore; quali siano le condizioni dell’azione (negligenza, danno, necessità di pro-
durre un titolo esecutivo, esigibilità del credito etc.); quali diritti del debitore
possa esercitare; la legge regolatrice del rapporto tra il debitore e il suo debitore
è invece indicata come competente per sancire quali siano le eccezioni opponi-
bili dal subdebitore al proprio creditore; ma anche le eccezioni opponibili dal
subdebitore al creditore del suo creditore che lo ha convenuto in giudizio198.
Come ricordato sopra, la verifica della natura strettamente personale
dell’azione andrebbe fatta nell’ambito dell’ordinamento competente per tale
secondo rapporto, cioè quello tra debitore e subdebitore199 . Così, nel caso in cui
tale ordinamento non conosca l’azione surrogatoria, come accade nel sistema
tedesco, la legge tedesca sarebbe comunque competente a stabilire se la natura
del rapporto tra debitore e subdebitore debba o meno essere qualificata stretta-
mente personale.
Tuttavia, non si deve dimenticare che la natura strettamente personale di un
rapporto non va valutata in senso assoluto, ma in relazione alla possibilità di
esercizio in via surrogatoria. L’opera interpretativa della Cour de cassation
dell’inciso “non strettamente personali” è sempre stata compiuta per le finalità
di cui all’art. 1166 Code civil ed ha per oggetto un elemento della fattispecie
dell’azione surrogatoria200 .
Come osservato sopra, tuttavia, lo spezzettamento si rivela particolarmente
inadatto alla regolamentazione di rimedi che sono giurisdizionali e tipizzati.

197
Ch. FRAGISTAS, op. ult. cit., pp. 452 ss.; G. HOCHLOCH, Gläubigeranfechtung internatio-
nal, 1995, pp. 306 ss.; H. HANISCH, Internationalprivatrecht der Gläubigeranfechtung, 1981, pp.
569 ss.
198
G. LÉGIER, nota a Appel Aix en Provence, 30 marzo 1979, pp. 730 ss.; cfr. M.-L. NIBOY-
ET-HOEGY, L’action en justice, p. 125; A. SINAY-CYTERMANN, Obligations, 1998.
199
Si veda sopra, p. 214.
200
L’inciso era presente anche nel codice del Regno d’Italia del 1865 e ha sempre dato filo
da torcere all’interprete. I dubbi interpretativi sono stati dissipati solo in seguito all’intervento del
legislatore italiano del 1942 che ha precisato le condizioni di esercizio dell’azione surrogatoria.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 221

In essi, infatti, si manifestano in modo anche più evidente le preoccupazioni


di coerenza della disciplina già manifestate dalla dottrina nei confronti del dé-
peçage201.

21. Segue. La frode alla legge come viatico per una soluzione fondata su due
criteri di collegamento alternativi

Il maggiore inconveniente della soluzione positiva tedesca per la revocatoria


è dato dal fatto che la legge applicabile alla revocatoria finisce per essere scelta
proprio da quelle parti che hanno interesse alla non revocabilità.
Il debitore e il terzo acquirente sono lasciati liberi di perfezionare la frode ai
diritti del creditore attraverso un’astuta electio iuris. Alla frode realizzata me-
diante il trasferimento di poste attive da un patrimonio vincolato a un patrimo-
nio non attaccabile, può venire ad aggiungersi la frode realizzata mediante la
scelta della legge più idonea a quello scopo.
Il fenomeno può essere accostato a un altro già noto al diritto internazionale
privato: quello che consiste nello spostamento artificioso dei normali criteri di
collegamento. In presenza di qualsiasi criterio di collegamento le parti potrebbe-
ro comunque tentare di rendere l’atto di trasferimento più strettamente connesso
all’ordinamento giuridico meno sensibile agli interessi dei creditori.
A questo tipo di inconvenienti la dottrina e la giurisprudenza tedesche ov-
viano mediante il ricorso al limite della fraus legis202.
In tal modo, il bilanciamento tra esigenze di sicurezza dei traffici e esigenze

201
Cfr. H. BATIFFOL, Aspects philosophiques, 1956, pp. 19 ss.; pp. 24 ss., sul carattere siste-
matico del diritto e le difficoltà di articolazione tra i vari sistemi. Cfr., ivi, le pp. 52 ss. sulla coe-
renza delle istituzioni all’interno di ogni sistema. Tali argomentazioni sono state poi sviluppate da
Y. LEQUETTE, Ensembles législatifs, 1983-1984, pp. 163 ss. Si veda inoltre, sinteticamente, P.
MAYER, V. HEUZÉ, Droit international privé, 2007, pp. 182 ss., e la bibliografia cit. a p. 189. La
Corte di giustizia CE ha recentemente confermato il carattere eccezionale dei casi in cui procede-
re a una valutazione separata (attraverso l’applicazione di leggi di paesi diversi) di parti di uno
stesso contratto. Si veda la prima decisione interpretativa della Convenzione di Roma a seguito
dell’entrata in vigore, nell’agosto 2004, dei Protocolli del 19 dicembre 1988: Corte di giustizia
CE, 6 ottobre 2009, Intercontainer Interfrigo c. Balkenende.
202
B. GROßFELD, Gläubigeranfechtung und Durchgriff, 1981, pp. 116 ss.; J. KROPHOLLER,
IPR, 2006, par. 23, p. 151 ss., spec. p. 156. Ch. VON BAR, IPR, I, 1987, pp. 496 s. Sulla frode alla
legge si veda B. ANCEL, Y. LEQUETTE, in commento a Cassation 18 marzo 1878, Princesse de
Bauffremont c. Prince de Bauffremont, Grands arrêts, 2006, pp. 46 ss., J. MAURY, L’éviction de
la loi normalement compétente, 1952 ; G. S. MARIDAKIS, Réflexions sur la question de la fraude à
la loi, 1960, pp. 231 ss.; Ph. FRANCESCAKIS, Fraude à la loi, 1968, pp. 54 ss.; G. DE LA PRADELLE,
La fraude à la loi, 1971-1973, pp. 117 ss.; B. AUDIT, La fraude à la loi, 1974, spec. pp. 221 ss.
Nell’ordinamento italiano la frode alla legge non fa parte del diritto positivo. Cfr. E. VITTA, Dirit-
to internazionale privato, I, 1972, pp. 436 ss. e la bibliografia cit. a p. 487 s. e T. BALLARINO,
Forma degli atti, 1970, pp. 378 ss., nt. 53 e 54.
222 CAPITOLO QUARTO

di tutela del credito è effettuato dando una prevalenza, in astratto e in linea ge-
nerale, alla prima, salvo riconoscere la prevalenza della seconda, in via eccezio-
nale e in casi concreti, invocando la frode alla legge. Si osserva che la legge
dell’atto revocando, rilevante per la tutela della sicurezza dei traffici e la prote-
zione della buona fede, può essere trascurata in casi eccezionali, in cui non esi-
ste nessuna reale esigenza di sicurezza dei trasferimenti di ricchezza e di prote-
zione degli interessi dell’acquirente di buona fede203.
Per questa soluzione, già prima della riforma, si era espressa la giurispru-
denza tedesca in una complessa fattispecie di revoca dell’atto costitutivo di
un’Anstalt del Lichtenstein204.
L’istituto della frode alla legge non è mai stato riconosciuto nel diritto inter-
nazionale privato italiano205. Pur essendo ammesso in altri ordinamenti, e in
primis in quello francese, la frode alla legge è un istituto discusso.
In primo luogo, è stata denunciata l’ipocrisia dell’utilizzo della fraus legis
da parte dei giudici e il circolo vizioso che si crea: infatti la frode alla legge pre-
suppone una determinazione della legge “normalmente” competente ossia
un’analisi tesa a individuare e soppesare gli elementi della fattispecie che rin-
viano all’uno o all’altro degli ordinamenti rilevanti (c.d. “grouping of con-
tacts”)206. Si potrebbe poi verificare il caso in cui anche tali elementi sono stati
manipolati per evincere l’applicazione della legge che sarebbe stata competente,
e così si apre la via per un regressus ad infinitum.
In secondo luogo, l’esistenza di una legge competente “in linea di principio”
finisce poi per compromettere la regola dell’autonomia privata, ponendovi dei
limiti affidati, in ultima analisi, alla discrezionalità del giudice. Da questo punto
di vista l’utilità concreta della fraus legis è stata messa in dubbio, in considera-
zione della possibilità di ricorrere a strumenti più affidabili: in primo luogo,
l’eccezione dell’ordine pubblico207. Le norme imperative del foro non hanno poi
bisogno di essere protette dall’istituto della frode alla legge; inoltre, alla luce
delle disposizioni della Convenzione di Roma, (le quali, com’è noto, consento-
no di dare rilevanza anche alle norme imperative della lex causae), neppure la

203
J. KROPHOLLER, IPR, 2006, par. 23, p. 156.
204
BGH 5.11.80; su cui si veda sopra, pp. 131 ss.
205
Cfr. BALLARINO, Diritto internazionale privato, 1999, p. 279.
206
H. BATIFFOL, P. LAGARDE, Droit international privé, I, 1993, p. 597, nt. 2; J. J. FAWCETT,
Evasion of Law and Mandatory Rules, 1990, pp. 44 ss., spec. p. 51; Ch. VON BAR, IPR, I, 1987,
pp. 493 ss.; G. DE LA PRADELLE, La fraude à la loi, 1971-1973, pp. 117 ss.
207
La dottrina distingue tradizionalmente la frode alla legge dall’ordine pubblico in quanto il
secondo riguarderebbe il contenuto della legge straniera, la prima il procedimento che la rende
applicabile. Si veda H. BATIFFOL, P. LAGARDE, Droit international privé, I, 1993, p. 599; F. RI-
GAUX, Théorie générale, 1987, n. 543; J. J. FAWCETT, Evasion of Law and Mandatory Rules,
1990, p. 57, nt. 2; T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, 1982, p. 347.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 223

necessità di proteggere norme straniere potrebbe fondare il ricorso alla frode


alla legge208.
In terzo luogo, ma meno fondatamente, è stato criticato il “processo alle in-
tenzioni” demandato al giudice accogliendo l’ammissibilità dell’istituto della
frode alla legge209.
In ogni caso, nelle fattispecie in esame, il suo utilizzo da parte della dottrina
tedesca si risolve nel ricorso a un criterio di collegamento sussidiario. Infatti,
mentre la frode alla legge appare concepita come un rimedio eccezionale
all’operatività delle norme di diritto internazionale privato del foro, l’uso che ne
propone la dottrina tedesca trasforma l’istituto in un vero e proprio criterio di
collegamento successivo per l’azione revocatoria ordinaria.
Come ricordato sopra, poiché l’applicabilità della sola legge dell’atto revo-
cando presenta il rischio di premiare la mala fede delle parti e la loro astuzia
nell’attuare una frode particolarmente sofisticata ai diritti dei creditori di una di
esse, il riscontro di tale eventualità da parte del giudice adito darebbe luogo
all’applicazione della legge competente per il credito protetto.
Poiché il primo criterio di collegamento, la legge dell’atto revocando, con-
duce a un risultato materialmente iniquo, si ricorre a un secondo criterio di col-
legamento mascherato dalla frode alla legge210.
Il ricorso alla frode alla legge, così trasformato in criterio di scelta di legge,
si pone però in contraddizione con i principi di autonomia della volontà e del
favor validitatis211.
Com’è noto, il primo principio tutela la libertà delle parti di scegliere la leg-
ge più rispondente ai loro interessi, quand’anche tale legge non abbia alcun cri-
terio di collegamento con il contratto (in questo senso si veda la Convenzione di
Roma). Il secondo è un principio sostanziale, ormai generalmente ammesso nel
diritto internazionale privato, favorevole all’applicazione della legge che garan-
tisce la più ampia possibilità di funzionamento del regolamento programmato
dalle parti nel contratto.
Come si è già osservato, tuttavia, la pauliana, così come l’azione di simula-
zione esperita dal creditore non è semplicemente una forma di annullamento di
un atto: sostenerlo equivarrebbe a misconoscere il significato della relazione tra

208
J. J. FAWCETT, loc. cit., H. BATIFFOL, P. LAGARDE, Droit international privé, I, 1993, p.
597, nt. 5.
209
H. BATIFFOL, P. LAGARDE, Droit international privé, I, 1993, p. 596.
210
Il “secondo criterio” indicato nel testo non ha alcun riscontro nel diritto positivo tedesco,
ma è stato indicato dalla giurisprudenza tedesca anteriore alla riforma in un caso assai complicato
di revocatoria dell’atto costitutivo di un’Anstalt soggetta al diritto del Lichtenstein. B. GROßFELD,
Gläubigeranfechtung und Durchgriff, 1981, pp. 116 ss.
211
Per la contraddizione tra autonomia della volontà e frode alla legge, e dunque per la non
operatività della frode alla legge quando è in questione la validità del contratto cfr. H. BATIFFOL,
P. LAGARDE, Droit international privé, I, 1993, p. 595. Si veda inoltre quanto rilevato da T. BAL-
LARINO, Forma degli atti, 1970, pp. 378 ss., nt. 53 e 54.
224 CAPITOLO QUARTO

atto revocando e creditore. È proprio tale relazione che incide sul regime di un
atto, che di per sé non presenta alcun profilo di invalidità o inefficacia, anzi può
esplicare la sua normale funzione.
Invero, la scelta di una legge che rende l’atto opponibile al creditore, invece
di essere letta come un abuso della libertà delle parti, tale da inficiare un atto, va
intesa, se del caso, come un mero elemento della frode organizzata ai danni del
creditore.
Nella disciplina internazionalprivatistica della pauliana sembra più corretto
valutare la scelta di legge nell’ambito di una considerazione complessiva
dell’operazione che l’atto intende realizzare a discapito di uno o più soggetti
determinati.

22. Le soluzioni ricavabili da metodologie alternative e la permanenza del con-


flitto tra l’ordinamento competente per il credito tutelato e quello competente
per l’atto revocando

Nell’interrogarsi sul valore da attribuire, ai fini della regolamentazione


dell’azione revocatoria ordinaria, al richiamo delle leggi competenti per taluni
segmenti della fattispecie, una prima questione riguarda la possibilità che questi
richiami implichino un “riconoscimento” della situazione giuridica del creditore
e/o del terzo avente causa del debitore, situazioni che si presenterebbero
all’ordinamento del foro già conformate dalla legge per esse competente, già
cristallizzate nell’ordinamento in cui sono destinate a svolgere principalmente i
loro effetti. In luogo di chiedersi quale, tra le leggi per ipotesi richiamate dalla
fattispecie concreta, debba essere applicata ad un’azione revocatoria ordinaria
con elementi di estraneità, la questione può essere posta così: un ordinamento X
deve o non deve riconoscere il diritto di critica sulle scelte del debitore per la
gestione del proprio patrimonio, contemplato dall’ordinamento Y per le obbli-
gazioni soggette al suo diritto? Ovvero, se ci si pone dall’altra angolazione: un
ordinamento Y deve o non deve tener conto della irrevocabilità, sancita
dall’ordinamento X, di un atto soggetto al diritto di X?
Così formulata la questione evoca il metodo del “riconoscimento”212, così
denominato per analogia al metodo del riconoscimento delle decisioni giudizia-

212
Si vedano T. BALLARINO, L. MARI, Uniformità e riconoscimento, 2006, pp. 1 ss.; Ch.
PAMBOUKIS, La renaissance-métamorphose de la méthode de reconnaissance, 2008, pp. 512 ss.,
S. BOLLÉE, L’extension du domaine de la méthode de reconnaissance unilatérale, 2007, pp. 309
ss. ; P. MAYER, Les méthodes de la reconnaissance, 2005, pp. 547 ss.; P. LAGARDE, Développe-
ments futurs du droit international privé, 2004, pp. 225 ss.; E. JAYME, Ch. KHOLER, Europäisches
Kollisionsrecht, 2001, pp. 501 ss. Su questi temi può essere ancora utile uno sguardo alle osserva-
zioni primordiali di G. BALLADORE PALLIERI, I limiti di efficacia dell’ordinamento italiano, 1940,
pp. 61 ss.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 225

rie e, in termini più attuali, al principio comunitario del “mutuo riconoscimen-


to”213. Il metodo non è nuovo alla scienza del diritto internazionale privato e la
dottrina che lo ha descritto non ha mancato di vedere in esso una rinascita della
teoria dei diritti quesiti214 o un’applicazione del metodo del riferimento
all’ordinamento competente215. È peraltro già stato evidenziato che in taluni casi
la norma di conflitto tradizionale può essere interpretata, anziché quale norma
di designazione della legge applicabile, quale via per il riconoscimento di una
situazione giuridica creata all’estero216.
Non è qui il caso di indugiare sulla ricchezza delle varianti metodologiche
ora evocate sembrando più opportuno, brevitatis causa, concentrarsi sul pro-
blema reale posto dall’azione revocatoria ordinaria e sull’apporto che queste
metodologie alternative possono offrire. A ben guardare, infatti, esse presentano
molte caratteristiche comuni che le distinguono dal metodo classico: questo è
basato sulla scelta di una legge, mentre i secondi propongono di rifarsi alle va-
lutazioni già espresse da un ordinamento straniero217 , quello che già consente a
una situazione o a un rapporto giuridico di produrre i suoi effetti.
In taluni casi, in effetti, gli ordinamenti danno rilevanza, nel foro, a situa-
zioni giuridiche create all’estero, anche in base a leggi non richiamate dalle
norme di diritto internazionale privato del foro, e persino in contrasto con il loro
ordine pubblico, purché l’ordinamento che sarebbe stato competente secondo il
foro, abbia dato rilevanza giuridica alla situazione e le abbia consentito una
sua vita giuridica218 .

213
La similitudine tra metodo del riconoscimento delle situazioni giuridiche e metodo del ri-
conoscimento delle decisioni giudiziarie è osteggiata da P. MAYER, il quale, intitolando significa-
tivamente al plurale il suo saggio Les méthodes de la reconnaissance, 2005, pp. 547 ss., esprime
la necessità di tenere distinti i due metodi – conformemente alla sua visione pubblicistica delle
questioni che attengono alla giurisdizione. Per comprendere il sistema dell’autore si veda La di-
stinction entre règles et décisions, 1973.
214
Ibidem. Cfr. anche R. MICHAELS, EU Law as Private International Law ?, 2006, pp. 1 ss.
che legge una rivisitazione della teoria dei diritti quesiti nel principio dello Stato d’origine, dal
quale ha tratto origine il metodo del riconoscimento. L’autore ritiene che questi metodi siano
tornati di moda perchè consoni a un’epoca liberista in economia e, di conseguenza, ostile alla
sovranità statale.
215
P. PICONE, La méthode de la référence à l’ordre juridique compétent, 1986, pp. 229 ss.
216
B. ANCEL, Les règles de droit international privé, 1992, pp. 201 ss., spec. pp. 214 ss.
217
Non c’è bisogno di ricordare che il diritto internazionale privato ha coltivato una serie in-
definibile di metodi di studio e in questa disciplina si può applicare quella distinzione elaborata
dagli accademici dell’ornitologia, che distingue lumpers e splitters: questi ultimi con la mania
della differenziazione delle specie, i primi con la tendenza ad assimilare varianti diverse sotto la
stessa specie.
218
La constatazione dell’esistenza di situazioni giuridiche create all’estero e automaticamen-
te riconosciute nel foro, sebbene in contrasto con il diritto internazionale privato del foro, è uno
degli argomenti usati da G. BALLADORE PALLIERI, I limiti di efficacia dell’ordinamento italiano,
1940 per affermare e individuare i limiti di efficacia dell’ordinamento italiano. Si noti che la giu-
226 CAPITOLO QUARTO

In tal caso, la norma di diritto internazionale privato del foro (l’art. 38 legge
218/95 nell’esempio proposto), invece di designare in astratto la legge compe-
tente (come fa tradizionalmente), funziona come “vettore di efficacia” di una
specifica decisione straniera (nel nostro caso l’avvenuta adozione). Così inteso,
il principio esprime l’idea secondo la quale: “quando lo Stato designato dalla
norma di conflitto [o dalla norma sulla competenza giurisdizionale] ha consa-
crato l’esistenza di una situazione giuridica determinata, quale che ne sia la fon-
te (legislativa, giudiziaria, amministrativa o privata) questa situazione giuridica,
di cui lo Stato competente ha assunto la responsabilità, si impone universalmen-
te”219 .
In questi casi si verifica un mutamento del controllo operato dal foro per
l’ingresso di situazioni giuridiche create all’estero e precisamente una traslazio-
ne: dal controllo del foro sulla competenza legislativa (ossia sul rispetto delle
nostre norme di diritto internazionale privato e dei criteri di collegamento accol-
ti dal giudice italiano per attribuire la competenza legislativa) al controllo sulla
competenza dell’ordinamento straniero nel suo complesso, quello che ha con-
sentito alla situazione giuridica di produrre i suoi effetti. Si valuta cioè la signi-
ficatività del legame tra la situazione e l’ordinamento che le ha dato vita e/o le

risprudenza di numerosi paesi europei, pur di salvaguardare le aspettative delle parti, è incline al
riconoscimento di situazioni giuridiche create all’estero quand’anche siano in violazione dei diritti
fondamentali. L’esempio di scuola riguarda la validità del matrimonio contratto dopo aver acqui-
sito lo status di libero in conseguenza del ripudio islamico. Rileva P. MAYER, La convention eu-
ropéenne des droits de l’homme et l’application des normes étrangères, 1991, pp. 659 ss. “Par-
tout, sous des formes différentes (principe de l’effet atténué en France, exigence d’une Binnenbe-
ziehung en Allemagne ...), on met à l’écart l’exception d’ordre public lorsqu’un droit a été acquis
selon une loi, ou aux termes d’un jugement, étrangers, et que la situation ne présente que de fai-
bles liens avec le for”. L’eminente autore ricorda che il Tribunale costituzionale tedesco ha chiari-
to (cfr. sentenza del 4 maggio 1971 n. 185), che anche l’ambito di applicazione dei diritti fonda-
mentali, costituzionalmente garantiti, non è illimitato ma presuppone un certo legame con l’am-
biente sociale in cui i diritti fondamentali devono essere rispettati: pertanto una norma attributiva
di un diritto fondamentale che pretendesse di applicarsi anche a situazioni totalmente estranee al
foro mancherebbe il suo scopo.
219
B. ANCEL, Les règles de droit international privé, 1992, p. 214: “La démarche est statutis-
te [:] lorsque l’Etat ... consacre à l’intérieur de l’espace qui lui est assigné l’existence d’une situa-
tion juridique déterminée, quelqu’en soit la source (légale, administrative, judiciaire voire privée),
cette situation juridique, parce que prise en charge par l’Etat compétent, s’impose universelle-
ment”. Nel metodo statutario, quest’idea postula l’equivalenza degli istituti del diritto civile (a
prescindere dalle singole norme che li disciplinano – le cui divergenze restano ininfluenti), che
era tutt’uno con l’unità ideale dell’ordinamento medioevale sotto il vessillo del potere imperiale e
religioso. Unità dell’ordinamento ed equivalenza degli istituti di diritto civile, a fronte delle diffe-
renze di regolamentazione specifica, giustificavano il riconoscimento automatico delle situazioni
giuridiche create all’estero. Si veda ancora l’analisi condensata di T. BALLARINO e L. MARI, Uni-
formità e riconoscimento, 2006, pp. 24 ss., e in particolare le osservazioni sul principio “unum
imperium, unum ius” che spiega la regola medievale della validità della sentenza extra territorium
iudicantis.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 227

consente di svolgersi al suo interno (indipendentemente dal legame tra la situa-


zione e la legge che l’ha creata)220. In questo modo, la norma di conflitto italia-
na “rinuncia ad essere lo strumento di una scelta tra diverse norme astratte e
ipotetiche suscettibili di essere applicate a una questione giuridica e serve piut-
tosto a legittimare o censurare ratione originis, la norma concreta e categorica
in cui si concreta la decisione o l’atto che ha determinato all’estero i diritti e gli
obblighi rispettivi dei soggetti di una situazione giuridica”221.
Questi metodi alternativi sono necessariamente complementari a quello tra-
dizionale, e si giustificano per la loro maggiore capacità di soddisfare un’esi-
genza universalmente sentita: quella di garantire continuità alla vita giuridica
degli individui222 . Il c.d. metodo del riconoscimento rappresenta così una delle
tecniche di diritto internazionale privato per dare rilevanza nel foro a situazioni
giuridiche create da altri ordinamenti e che possano considerarsi ormai “cristal-
lizzate” tanto da aver generato aspettative meritevoli di tutela in chi le vive. Il
metodo postula l’esistenza di talune situazioni giuridiche (un matrimonio, un
patto civile di solidarietà, ma anche un’ipoteca ecc.), create all’estero, per le
quali si ritiene preferibile una presa d’atto dell’ordinamento del foro, con buona
pace del suo sistema di diritto internazionale privato, piuttosto che un loro tur-
bamento per effetto di questo223 . Si preferisce cioè sacrificare il proprio sistema
di soluzione dei conflitti di leggi alle esigenze di stabilità di situazioni giuridi-

220
Osserva P. LAGARDE, Développements futurs du droit international privé, 2004, pp. 230
s., che l’interesse di regole di diritto internazionale privato sul riconoscimento deriva dall’in-
differenza di questo metodo per la legge applicata alla situazione da riconoscere: l’importante è
che uno statuto (i.e. uno status giuridico), una volta creato, non sia rimesso in discussione ogni
volta che la persona si trasferisce in un altro paese. Ogni paese dovrebbe riconoscere lo statuto
creato da un ordinamento, purché quell’ordinamento fosse competente a crearlo. Si rinvia al sag-
gio dell’autore per gli esempi di regole sul riconoscimento accolte nelle convenzioni internaziona-
li in vigore e in preparazione. Bisogna però precisare che molte regole sul riconoscimento sono
implicite nei nostri sistemi di diritto internazionale privato per effetto della limitatezza di ciascun
ordinamento giuridico come dimostrò a suo tempo G. BALLADORE PALLIERI, op. ult. cit., pp. 74
ss. e poi Ph. FRANCESCAKIS, La theorie du renvoi, 1958.
221
B. ANCEL, op. ult. cit., p. 215, sintetizza la diversa funzione attribuita dagli ordinamenti
alle norme di conflitto con la formula di “vettore di efficacia di decisioni straniere”.
222
Già W. WENGLER, Premessa alla trad. it. di “Die Vorfrage im Kollisionsrecht”, a cura di
L. Ferrari Bravo, 1963, p. 51, osservava: “mi pare […] che nella bilancia dei […] principi [della
coincidenza internazionale dei giudicati e dell’armonia materiale delle soluzioni] un forte, anche
se non sempre decisivo peso a favore del [primo] principio è costituito dal fatto che uno Stato
straniero abbia già effettivamente realizzato, nel suo territorio, il proprio punto di vista in ordine
al modo di essere di un rapporto giuridico concreto”.
223
P. MAYER, Les méthodes de la reconnaissance, 2005, p. 562 e p. 547, introducendo
l’argomento, l’autore cede alla tentazione « irresistibile » di paragonare il metodo del riconosci-
mento a quello dei diritti quesiti. Per un’affermazione esplicita si veda E. PATAUT, Le renouveau
de la théorie des droits acquis, 2009, passim.
228 CAPITOLO QUARTO

che createsi all’estero e che possono dirsi già “cristallizzate” nell’ordinamento


d’origine224.
Preso atto della positività di questi metodi alternativi, bisogna chiedersi
quando la norma di conflitto funzioni nel modo tradizionale e quando invece
funga da vettore di efficacia di decisioni straniere, per usare l’espressione intro-
dotta da Bertrand Ancel. Il problema riguarda la descrizione del fenomeno desi-
gnato come cristallizzazione di una situazione giuridica225 . La dottrina fonda la
distinzione tra ambito di pertinenza del metodo classico e ambito di quello al-
ternativo sulla differenza esistente tra le situazioni giuridiche consolidate e le
situazioni giuridiche suscettibili di essere rimesse in discussione sulla base dei
valori del foro226 . Il fenomeno della cristallizzazione è stato accostato al feno-
meno della apparenza del diritto227 e anche a quello del possesso228 per illustrare
quei casi in cui la “vita” di una situazione giuridica, indipendentemente dalla
sua legittimità secondo l’ordinamento preso in considerazione, ha generato a-
spettative meritevoli di tutela in chi la vive, proprio in virtù della sua esistenza e
del suo svolgersi indisturbato per un lasso di tempo significativo.
Bisogna riconoscere, con Paul Lagarde, che il trascorrere di un certo lasso di
tempo non offre un criterio dogmaticamente soddisfacente per distinguere situa-
zioni cristallizzate e situazioni suscettibili di essere rimesse in discussione (per
non aver creato aspettative ritenute meritevoli di protezione)229 . Resta perciò
problematico cogliere l’aspetto distintivo del fenomeno della “cristallizzazio-
ne”: quell’aspetto a cui attribuire rilevanza giuridica per definire “cristallizzata”
una situazione rispetto a un’altra e dunque per decidere di utilizzare l’uno o
l’altro metodo di controllo della situazione giuridica creata all’estero. È lo stes-
so scoglio su cui si è arenata la dottrina dei diritti quesiti, che non è riuscita a
fornire una valida definizione giuridica del concetto e delle modalità di acquisi-
zione di un diritto ed è in discredito presso la generalità degli autori contempo-
ranei230.

224
P. LAGARDE, Développements futurs du droit international privé, 2004, pp. 231 s.
225
P. MAYER, loc. cit. suggerisce alcuni criteri per la determinazione della «cristallizzazione»
di una situazione giuridica concreta, in vista del suo riconoscimento.
226
P. MAYER, Les méthodes de la reconnaissance, 2005, p. 571 propone il ricorso al metodo
del riconoscimento delle situazioni giuridiche create all’estero solo in via sussidiaria, in vista
della tutela delle aspettative delle parti che il metodo tradizionale disconoscerebbe, e sempre nel
rispetto delle norme imperative dell’ordinamento che sarebbe competente secondo il metodo tra-
dizionale.
227
P. MAYER, Les méthodes de la reconnaissance, 2005, p. 548.
228
G. BALLADORE PALLIERI, I limiti di efficacia dell’ordinamento italiano, 1940, pp. 61 ss.
229
P. LAGARDE, loc. cit.
230
Sui rapporti tra dottrina dei diritti quesiti e metodo del riconoscimento v. ancora P. LA-
GARDE, op. ult. cit., p. 233; per una sua rivalutazione nell’ambito del metodo unilateralistico del
diritto internazionale privato si veda già P. GOTHOT, Le renouveau de la tendance unilatéraliste,
1971, pp. 415 ss. Per una recente rivalutazione della dottrina dei diritti quesiti che comprendereb-
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 229

Si ripropone infatti un problema annoso per il diritto internazionale privato,


quello di distinguere i rapporti giuridici per i quali non è previsto alcun control-
lo del foro sulla legittimità, dal proprio punto di vista, della loro costituzione, da
quelli suscettibili di essere rimessi in discussione alla stregua del sistema di di-
ritto internazionale privato del foro. Questi problemi riflettono il dilemma origi-
nario del diritto internazionale privato, che ha fornito la ragione ontologica del
suo sviluppo scientifico: la necessità di garantire una continuità alla vita giuridi-
ca degli individui che entrano in contatto con l’ordinamento senza turbare
l’uniformità della vita sociale che si svolge al suo interno. Occorre perciò che il
diritto internazionale privato offra strumenti atti a garantire il rispetto delle si-
tuazioni giuridiche che hanno creato aspettative nelle parti, un’esigenza che si
fa sentire in misura progressivamente maggiore con il consolidarsi di fatto di
queste situazioni, ossia con il loro svolgersi per un periodo di tempo significati-
vo in modo che tali strumenti non giungano a minare la coerenza interna di tale
ordinamento, per effetto dell’ingresso di situazioni giuridiche sconosciute o
contrarie al suo ordine pubblico. È quest’ultima esigenza che giustifica il con-
trollo diretto, anche attraverso le proprie norme di diritto internazionale privato,
delle situazioni giuridiche vissute entro i suoi confini.
Numerosi autori hanno proposto criteri per operare una scelta tra situazioni
soggette all’uno o all’altro grado di controllo.
La differenza tra i due gradi di controllo è stata anzi l’occasione per teoriz-
zare nuovi “metodi” del diritto internazionale privato o per scoprire che la nor-
ma di conflitto bilaterale classica può essere utilizzata per consentire entrambe
le possibilità di controllo (di funzionamento).
Una dottrina è giunta a isolare talune categorie di situazioni giuridiche, crea-
te all’estero attraverso atti amministrativi o giurisdizionali (atti cioè, per i quali
è previsto l’intervento di un autorità pubblica straniera)231, per sottoporle al se-
condo tipo di controllo previsto, quello che non implica l’apprezzamento diretto
della situazione giuridica considerata, ma il suo riconoscimento in ragione della

be anche il metodo del riconoscimento cfr. E. PATAUT, Le renouveau de la théorie des droits ac-
quis, 2009, passim. Come ricorda H. MUIR WATT, Quelques remarques sur la théorie anglo-
américaine, 1986, pp. 430 ss. la dottrina dei diritti quesiti è nata dall’esigenza di aprire
l’ordinamento inglese alle esigenze del commercio internazionale a fronte dell’impossibilità per i
giudici inglesi di applicare leggi straniere: “le recours à la notion de droit acquis permet
d’occulter le conflit de lois dans l’espace, en le considérant comme déjà résolu avant
l’intervention du juge, par l’effet de l’écoulement du temps”.
231
G. MORELLI, Diritto processuale civile internazionale, 1954, pp. 353 ss. P. PICONE, La
méthode de la référence à l’ordre juridique compétent, 1986, pp. 325 ss. ricorda che all’origine di
questa tesi vi sono suggestioni provenienti dalla lex causae-Theorie elaborata dalla dottrina tede-
sca. Per l’affermazione secondo la quale l’esistenza dell’atto di un’autorità può essere indice della
necessità di ricorrere al metodo del riconoscimento piuttosto che al metodo tradizionale basato
sulla scelta (e sull’applicazione) della legge straniera, cfr. P. MAYER, Les méthodes de la recon-
naissance, 2005, p. 562.
230 CAPITOLO QUARTO

provenienza dall’ordinamento cui va riconosciuta voce in capitolo in merito alla


sua esistenza232. Il criterio per distinguere le situazioni alle quali applicare il
metodo conflittuale dalle situazioni alle quali applicare il c.d. metodo del rico-
noscimento sarebbe allora la consacrazione della situazione in un atto confezio-
nato da un’autorità pubblica.
Un diverso approccio è stato teorizzato in Italia da Luzzatto, che ha propo-
sto una distinzione sostanziale distinguendo i “rapporti giuridici” dalle “situa-
zioni giuridiche strumentali”, e riferendosi con quest’ultima espressione agli
status personali e ai diritti reali: situazioni che si limitano a dare delle qualifica-
zioni a persone e cose e sono perciò assimilabili e distinguibili per il loro ogget-
to rispetto alle altre relazioni tra persone233. La conclusione del Luzzatto è che
le norme di conflitto italiane opererebbero diversamente (proprio a seconda del-
la situazione che sono chiamate a sussumere): indicando la legge da applicare al
rapporto, nel primo caso, e l’ordinamento al quale fare riferimento per stabilire
l’esistenza di uno status personale o di un diritto reale, nel secondo. È evidente
che l’interprete, in questo secondo caso, non applica la legge straniera, ma si
limita a prendere atto di uno stato di cose creato da un ordinamento straniero,
che assurge a ordinamento competente per quel rapporto234. È anche il caso di

232
L’evoluzione del diritto internazionale privato verso il metodo del riconoscimento può es-
sere messa in relazione con la promozione del principio dello Stato d’origine nel diritto processu-
ale civile internazionale comunitario. Il principio dello Stato d’origine esprime la piena fiducia
che gli Stati comunitari sono chiamati a dare alle valutazioni fatte dalle autorità del paese
d’origine. Nato con riferimento alle normative sulla produzione di merci, per tutelarne appieno la
libera circolazione, il principio è stato esteso alla c.d. “quinta libertà”: la libera circolazione delle
decisioni giudiziarie. Il diritto processuale civile internazionale comunitario segna “il ritorno ad
un modello di distribuzione della giurisdizione su basi paritarie – ritorno per di più accompagnato
dalla consapevolezza che l’atto giurisdizionale incorpora norme interindividuali più che manife-
stazioni di sovranità”. Cfr. T. BALLARINO, L. MARI, Uniformità e riconoscimento, 2006, pp. 11 ss.
Per il modello di “riconoscimento” nel diritto comune gli autori rimandano al saggio di L. CON-
DORELLI, La funzione del riconoscimento, 1967.
233
R. LUZZATTO, Stati giuridici e diritti assoluti, 1965, spec. pp. 156 ss.
234
P. PICONE, La méthode de la référence à l’ordre juridique compétent, 1986, pp. 336 s. ri-
conosce che il funzionamento delle norme di conflitto descritto da Luzzatto nel caso delle “situa-
zioni giuridiche strumentali” è simile, nella sostanza, al funzionamento delle regole di rinvio
all’ordinamento competente [“les règles de conflit italiennes ayant pour objet les situations juri-
diques [instrumentales] opéreraient, quand les situations juridiques en question sont réglées par
une “loi” étrangère (et c’est-à-dire dans le cas de la réglementation des situations de statut per-
sonnel concernant des étrangers et dans le cas des droits réels concernant des immeubles situés à
l’étranger), d’une façon tout au moins dans la substance semblable à la façon dont opèrent à
notre avis les règles de renvoi à l’ordre juridique compétent”] tuttavia, l’eminente autore riporta
la tesi di Luzzatto a una variante della c.d. lex causae-Theorie, la versione tedesca meno radicale
del c.d. Gleichlaufsprinzip, il principio del parallelismo tra forum e ius. Queste tesi sono state
elaborate per fornire una spiegazione teorica a norme come l’art. 606b, n° 1 ZPO che danno rilie-
vo alle valutazioni di ordinamenti giuridici stranieri. In particolare la norma tedesca ora citata
sottoponeva alle seguenti condizioni il divorzio tra stranieri: “Quando nessuno dei coniugi pos-
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 231

osservare che, senza giungere a una vera e propria teorizzazione, anche la dot-
trina che propone il metodo del riconoscimento segnala la tendenza ad operare
il controllo del secondo tipo nel caso degli status personali e dei diritti reali235.
Un terzo criterio fa perno sulla distinzione tra costituzione di un rapporto
giuridico inesistente e riconoscimento di un rapporto giuridico già creato. Tut-
tavia questa distinzione incontra l’obiezione decisiva già formulata da Quadri
con riferimento ai diritti quesiti: la posizione delle persone relativamente a un
ordinamento giuridico è indipendente dal fatto che si siano o no riunite le con-
dizioni per la produzione concreta di determinate conseguenze giuridiche236.
Nella prassi si vede agevolmente che il “riconoscimento” di rapporti giuri-
dici già creati è impiegato solo quando il rapporto giuridico già creato e che sta
già producendo effetti nell’ordinamento d’origine è ignoto all’ordinamento di
destinazione. Ad esempio, con riferimento al Patto civile di solidarietà (PACS)
francese e ad istituti analoghi previsti dal diritto spagnolo o da quello dei paesi
scandinavi la questione può solo essere posta nel senso di riconoscere (in bloc-
co) o non riconoscere affatto il rapporto giuridico creato all’estero. Nessuno si
sognerebbe di prendere dall’ordinamento d’origine (della registrazione del Pat-
to) solo il dato di fatto che c’è stata la registrazione di un patto per poi ricollega-
re ad esso diritti e obblighi diversi da quelli previsti dallo Stato “d’origine”.
Questa invece è una prassi normale per gli effetti del matrimonio celebrato
all’estero: il matrimonio crea un rapporto giuridico tra i coniugi il cui ricono-

siede la nazionalità tedesca, un tribunale tedesco potrà decidere solo se: 1) la residenza abituale
del marito o della donna si trova in Germania; 2) la decisione resa dal tribunale tedesco è ricono-
sciuta dal diritto nazionale del marito”. Come ricorda Picone la c.d. Gleichlaufstheorie nacque
perché la dottrina mise in relazione questa norma con l’art. 17 EGBGB, che in materia di divorzio
attribuiva competenza alla legge nazionale del marito. Si noti che ivi, a p. 329, Picone afferma
che una costruzione teorica “più rigida” della Gleichlaufstheorie (quella che propone, come con-
dizione di applicazione della legge straniera, la riconoscibilità della decisione pronunciata nel foro
nell’ordinamento giuridico la cui legge è applicata), può finire per celare l’adesione degli autori
che la propongono a un metodo di coordinamento “analogo, nella sostanza, a quello realizzato
dall’ordinamento giuridico competente”.
235
Cfr., per l’ambito di « predilezione » ratione materiae del metodo del riconoscimento P.
LAGARDE, Développements futurs du droit international privé, 2004, p. 232 : « Le domaine de
prédilection de cette méthode [de la reconnaissance] parait être l’état des personnes »; P. MAYER,
Les méthodes de la reconnaissance, 2005, p. 571: “le domaine du statut personnel [...] est le do-
maine privilégié de la méthode de la reconnaissance”. Con riferimento ai due possibili modi di
operare della norma di conflitto si veda già G. BALLADORE PALLIERI, I limiti di efficacia
dell’ordinamento italiano, 1940, p. 68: “Concludendo adunque, tutte le volte che un individuo si
presenti in Italia come già investito di uno status giuridico o del possesso di un bene (come già
investito cioè del possesso di uno status o di un bene, materiale o immateriale), tale sua condizio-
ne è riconosciuta in Italia, a condizione che sia conforme all’ordinamento dello Stato le cui leggi
sarebbero competenti rispetto al rapporto in questione secondo le nostre norme di diritto interna-
zionale privato”.
236
R. QUADRI, Lezioni, 1969, p. 147.
232 CAPITOLO QUARTO

scimento non implica un rinvio in blocco all’ordinamento della celebrazione,


ma i diritti e obblighi creati dal vincolo coniugale possono essere soggetti a una
legge diversa da quella dell’ordinamento che ha creato il vincolo. Probabilmen-
te quando la cultura giuridica europea avrà metabolizzato le unioni civili tra
omosessuali o tra eterosessuali diverse dal matrimonio, quando cioè vi sarà una
sostanziale equivalenza tra gli istituti giuridici europei che prevedono “unioni
civili” diverse dal matrimonio, sarà possibile prendere dall’ordinamento stranie-
ro di celebrazione solo il nomen iuris dell’istituto per ricollegarvi gli effetti giu-
ridici previsti dall’ordinamento chiamato a darvi esecuzione: ossia utilizzare
una norma di conflitto bilaterale classica.
In ogni caso, tornando al nostro problema, questa distinzione non sarebbe
utilizzabile per l’azione revocatoria ordinaria che appare refrattaria alla distin-
zione tra “costituzione nel foro di un rapporto giuridico con elementi di estra-
neità” e “riconoscimento nel foro di un rapporto giuridico già costituito
all’estero”: il creditore che agisce chiede la costituzione di un rapporto giuridico
nuovo, quel rapporto che gli consentirà di attrarre un soggetto (rectius un bene
sfuggito alla garanzia patrimoniale del suo credito in virtù di un atto di disposi-
zione del debitore) nella sua sfera d’azione esecutiva; ma questo rapporto costi-
tuendo è suscettibile di incidere su rapporti giuridici già costituiti e già perfetti,
la cui validità e il cui riconoscimento rappresentano anzi un presupposto per
l’esercizio dell’azione (infatti, non avrebbe senso chiedere la revoca di un atto
di disposizione invalido né si porrebbe il problema se la richiesta provenisse da
un falso creditore)237.
Pertanto, nel caso dell’azione revocatoria ordinaria ci si può chiedere se e in
quali casi l’uno o l’altro dei due rapporti giuridici messi in relazione dalla fatti-
specie, per ipotesi soggetti a ordinamenti diversi, possa dirsi “cristallizzato” nel
rispettivo ordinamento. È possibile affermare che lo statuto del credito (rectius:
lo Stato la cui legge è ritenuta competente dall’ordinamento italiano per la di-
sciplina del diritto di credito) ha “cristallizzato” il diritto alla garanzia patrimo-
niale ed è dunque competente a regolare la revoca dell’atto in fraudem? La
norma di conflitto che designa la legge competente per il diritto di credito può
funzionare come “vettore di efficacia” della situazione giuridica che si viene a
creare tra creditore e terzo avente causa del debitore per effetto di quella legge e
della sua previsione di un diritto alla revoca? Ovvero può essere dimostrato che
l’avente causa del debitore ha un’aspettativa meritevole di protezione al punto
che l’azione di revoca va giudicata nell’ambito dello statuto dell’atto che ha
stipulato (i.e. va giudicata secondo la legge ritenuta competente dall’or-
dinamento italiano per la disciplina dell’atto di disposizione)?
Piuttosto che distinguere tra “costituzione” e “riconoscimento” di un rappor-
to giuridico si deve allora pensare a distinguere i casi in cui l’ordinamento di

237
Nello stesso senso L. CARBALLO PIÑEIRO, Acciones de reintegración de la masa y normas
de derecho internacional privado en la ley concursal, 2003, p. 163.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 233

destinazione (quello chiamato a dare effetto a un rapporto giuridico) ritenga che


vi è un’equivalenza sostanziale tra l’istituto previsto dal proprio diritto e
l’istituto di diritto straniero che ha dato vita al rapporto destinato a svolgersi nel
territorio del foro. Negli altri casi l’ordinamento di destinazione si trova di fron-
te a un bivio: riconoscere, in blocco, l’istituto giuridico straniero nella confor-
mazione che gli dà l’ordinamento d’origine ovvero disconoscerlo. Nel primo
caso lo Stato riesce a garantire la continuità della vita giuridica degli interessati
e tutelarne le aspettative ma crea una disarmonia all’interno del proprio tessuto
sociale; mentre nel secondo privilegia la coerenza delle situazioni sociali che si
svolgono nel proprio territorio a discapito di detta continuità.
Questa logica binaria si riflette nella formulazione di recenti norme di con-
flitto. Il richiamo delle disposizioni straniere appartenenti a ordinamenti colle-
gati alla fattispecie avviene attraverso norme formulate alla stregua di una secca
yes/no question, ossia suscettibili solo di autorizzare o proibire una determinata
modificazione giuridica238. Questo è anche il caso dell’art. 13 del regolamento
comunitario sulle procedure di insolvenza, che regola la disciplina dell’azione
revocatoria fallimentare239.

23. Il coordinamento operato dal regolamento comunitario sulle procedure


d’insolvenza per l’azione revocatoria fallimentare

Resta da esaminare la soluzione conflittuale accolta dal legislatore comuni-


tario per l’azione revocatoria fallimentare e le azioni equivalenti degli altri ordi-
namenti europei. Come stiamo per vedere la soluzione si iscrive perfettamente
nella logica binaria in cui si strutturano i metodi, appena esaminati, che svilup-
pano in chiave contemporanea l’antica teoria dei diritti quesiti.
L’art. 4 par. 2 lett. m) sottopone infatti alla lex concursus “le disposizioni
relative alla nullità, all’annullamento o all’inopponibilità degli atti pregiudizie-

238
Si può prendere come esempio, in materia d’adozione, la soluzione francese del problema
del coordinamento tra la legge nazionale dell’adottante e quella dell’adottando. La legge del 6
febbraio 2001 (legge n. 2001-111 che ha modificato gli artt. 370-3; 370-4 e 370-5 del Code civil)
stabilisce che l’adozione è regolata dalla legge nazionale dell’adottante, tuttavia un diritto di veto
è riservato allo statuto personale dell’adottando. La legge personale dell’adottando è interpellata
solo per verificare che non impedisca l’adozione: si vuole così riconoscere il punto di vista di
questa seconda legge senza applicarla; si verifica solo se esiste il diritto all’adozione ma non
interessa sapere in quali casi e con quali modalità esso può essere esercitato nell’ordinamento
competente per lo statuto personale dell’adottando.
239
Come evidenziato da T. BALLARINO, L. MARI, loc. cit. il principio del riconoscimento au-
tomatico, fondato sulla mutua fiducia […] mentre si giustifica in presenza di un doppio strumento
uniforme qual è l’abbinamento Convenzione di Bruxelles (Regolamento CE 44/2001) e Conven-
zione di Roma, diventa pericoloso in assenza di riferimenti al sistema di diritto internazionale
privato.
234 CAPITOLO QUARTO

voli per la massa dei creditori” ma il successivo art. 13 dispone che la legge
competente per tali atti pregiudizievoli può essere invocata al solo fine di im-
pedire la contestazione dell’atto in sede concorsuale e purché sia la legge di uno
Stato membro240.
Testualmente l’art. 13 dispone “Non si applica l’art. 4 paragrafo 2 lett. m),
quando chi ha beneficiato di un atto pregiudizievole per la massa dei creditori
prova che: – tale atto è soggetto alla legge di uno Stato contraente diverso dallo
Stato di apertura, e che – tale legge non consente, nella fattispecie, di impugna-
re tale atto con alcun mezzo.
Una parte della dottrina italiana e straniera ha espresso stupore per la tecnica
legislativa adottata dal legislatore comunitario241 e sono invero numerosi i dubbi
interpretativi che possono sorgere nel tentativo di applicare la disposizione in
esame, sebbene la regola non sia di per sé nuova o stravagante242.

240
Per un evidente errore materiale nel testo italiano del Regolamento si legge l’espressione
“Stato contraente” in luogo di “Stato membro”: si tratta di una svista del traduttore che ha ricalca-
to il testo della Convenzione di Bruxelles del 23 novembre 1995 relativa alle procedure di
insolvenza, mai entrata in vigore, il cui art. 13 corrisponde all’articolo in esame. Elaborata nel
quadro dell’ex art. 220 del Trattato CEE (divenuto l’art. 293 e abrogato dal Trattato di Lisbona),
come la Convenzione di Bruxelles del 1968, la Convenzione avrebbe dovuto colmare lo spazio
lasciato vuoto dall’art. 1 par. 2 di questa. Sulla Convenzione si veda la Relazione Virgos/Schmit.
Cfr. inoltre D. MC KENZIE, The EC Convention on Insolvency Proceedings, 1996, pp. 181 ss.; I
SCHWARTZ, Art. 220, 1987, pp. 333 ss. Nella dottrina italiana si veda C. DORDI, La Convenzione
dell’Unione europea sulle procedure d’insolvenza, 1997, pp. 333 ss., S. GUZZI, La Convenzione
comunitaria sulle procedure d’insolvenza, 1997, pp. 901 ss., S. M. CARBONE, Il c.d. fallimento
internazionale, 1998, pp. 633 ss., I. QUEIROLO, L’evoluzione dello spazio giudiziario europeo,
2002, pp. 903 ss.
241
L. DANIELE, Legge applicabile e diritto uniforme nel regolamento, 2002, pp. 33 ss., S. I-
SAACS, F. TOUBE, The Effect of the Regulation on Cross-Border Security and Quasi-Security,
2002, p. 101 e pp. 126 ss., P. GOTTWALD, Grenzüberschreitende Insolvenzen, 1997, pp. 40 ss.
242
A ben guardare, tuttavia, l’unico motivo di disorientamento che può creare la disposizione
in esame riguarda la previsione testuale che la lex contractus possa essere invocata solo su istanza
di parte con relativo onere della prova. A questo proposito si deve subito dire che in sede interpre-
tativa si deve correggere la disposizione in quanto una sua interpretazione letterale sarebbe con-
traria ai principi che governano il diritto processuale in Italia e negli altri Stati membri. Secondo il
testo del regolamento l’“onere della prova” si riferisce non solo al contenuto della legge straniera
competente per l’atto, ma anche all’applicabilità della stessa. È ovvio che il testo non stabilisce
l’applicazione delle regole processuali nazionali (quelle della lex concursus) sull’onere della pro-
va al fine di acquisire agli atti del processo le norme parimenti nazionali di diritto internazionale
privato: sarebbe invero una conclusione illogica. Pertanto, a contrario, si deve ritenere che nel-
l’ordinamento italiano il giudice non ha la possibilità di disconoscere la competenza della legge
straniera regolatrice dell’atto per mancato assolvimento dell’onus probandi da parte del convenu-
to (ex art. 14 l. 218/95). Pare evidente, peraltro, che il legislatore comunitario non abbia inteso
imporre ai giudici comunitari di astenersi dall’applicare le norme di conflitto del foro non invoca-
te dalle parti processuali, come invece lascerebbe intendere il dato testuale. L’interpretazione let-
terale del testo è inoltre da esludere perché condurrebbe al risultato paradossale di condizionare
l’applicazione delle norme di conflitto del foro al comportamento processuale di chi ha interesse
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 235

La soluzione accolta nel regolamento comunitario sulle procerdure d’insol-

all’applicazione della legge straniera proibitiva dell’azione revocatoria, in deroga al già richiama-
to principio iura novit curia. Si provi a pensare al caso in cui, dinnanzi al giudice italiano, il con-
venuto invochi l’applicabilità dell’art. 56 legge 218/95 in luogo del successivo art. 57 per chiede-
re l’applicazione della legge svedese che proibisce la dichiarazione di inefficacia dell’atto oggetto
del giudizio. Potrà il giudice italiano negare l’applicazione della legge svedese: “perché il conve-
nuto non ha provato l’applicabilità dell’art. 56 legge 218/95?”. E se il regolamento Roma I con-
sentisse di ritenere applicabile la legge svedese all’atto de quo potrebbe il giudice rigettare
l’eccezione del convenuto che facesse valere l’intangibilità dell’atto secondo l’ordinamento sve-
dese, senza nemmeno consultare la legge svedese e solo sulla base di una rigida applicazione
delle regole sull’onere della prova, riferito a norme giuridiche del foro? Ci sembra evidente che il
giudice del foro concorsuale rimane libero, nonostante il testo dell’art. 13 del regolamento, di
applicare le norme di diritto internazionale privato del foro per individuare la lex contractus e ci
sembra del pari evidente che, in un caso come quello prospettato, non applicherà, preliminarmen-
te, le regole processuali sull’onus probandi al fine di stabilire se il convenuto ha fornito adeguata
prova “che l’atto è soggetto alla legge di uno Stato membro diverso dallo Stato di apertura”. Un
discorso analogo vale per il contenuto del diritto straniero. Il dato testuale comporterebbe una
deroga ai principi iura novit curia e iura aliena novit curia, quest’ultimo ormai affermato dalle
più recenti codificazioni di diritto internazionale privato e, tra queste, da quella italiana. Si vedano
ad es. l’art. 14 legge 218/95; l’art. 16 della legge svizzera di diritto internazionale privato del 18
dicembre 1987 (LDIP); l’art. 15 della legge belga del 16 luglio 2004. Nell’ordinamento italiano la
norma comunitaria, diversamente interpretata, si porrebbe in aperta antinomia con l’art. 14 legge
218/95 e con le più attuali acquisizioni della scienza di diritto internazionale privato: è dunque
criticabile attribuire al convenuto l’onere della prova circa il contenuto del diritto straniero ri-
chiamato. Ciò detto, le altre versioni del testo del regolamento sono ancora più incisive nello sta-
bilire che colui che vuole preservare l’atto di disposizione revocando debba fornire la prova sia
della norma che attribuisce l’atto alla competenza di un legge straniera, sia del contenuto della
legge straniera resa competente da tale norma. Si vedano: la versione francese: “L’article 4, pa-
ragraphe 2, point m), n’est pas applicable lorsque celui qui a bénéficié d’un acte préjudiciable à
l’ensemble des créanciers apporte la preuve que: - cet acte est soumis à la loi d’un autre État
membre que l’État d’ouverture, et que - cette loi ne permet en l’espèce, par aucun moyen, d’atta-
quer cet acte” ; la versione inglese: “Article 4(2)(m) shall not apply where the person who
benefited from an act detrimental to all the creditors provides proof that: - the said act is subject to
the law of a Member State other than that of the State of the opening of proceedings, and - that
law does not allow any means of challenging that act in the relevant case”; e la versione tedesca:
“Artikel 4 Absatz 2 Buchstabe m) findet keine Anwendung, wenn die Person, die durch eine die
Gesamtheit der Gläubiger benachteiligende Handlung begünstigt wurde, nachweist, - daß für
diese Handlung das Recht eines anderen Mitgliedstaats als des Staates der Verfahrenseröffnung
maßgeblich ist und - daß in diesem Fall diese Handlung in keiner Weise nach diesem Recht an-
greifbar ist”. Nonostante la sua chiarezza e concordanza pare errato aderire in modo manicheo al
dato testuale contenuto nell’art. 13 del regolamento per ritenere superato, in quella materia, il
principio iura novit curia in omaggio ai principi del primato del diritto comunitario, lex posterior
e lex specialis. Più ragionevolmente si devono richiamare i principi di leale cooperazione e, so-
prattutto, di attribuzione delle competenze. È infatti chiaro che il diritto processuale, che contem-
pla il principio iura novit curia, non rientra né tra le competenze esclusive né tra quelle concor-
renti degli organi comunitari. Al momento attuale, senza auspicare un rinvio pregiudiziale alla
236 CAPITOLO QUARTO

venza per le azioni revocatorie fallimentari non si discosta a prima vista da


quella già proposta in Germania da Fragistas nel 1939 e, tuttora suggerita dal
manuale di diritto internazionale privato di Batiffol e Lagarde per le azioni re-
vocatorie ordinarie. Come abbiamo visto gli eminenti autori proponevano di
risolvere il problema ricorrendo al cumulo delle leggi applicabili, rispettivamen-
te, al credito tutelato (nel caso del fallimento: la lex concursus) e al contratto
revocando, in funzione restrittiva, ossia con l’obiettivo di limitare le possibilità
di utilizzare lo strumento revocatorio, per il creditore. Invero, entrambe le solu-
zioni, quella della dottrina e quella del legislatore comunitario sono ispirate ad
un favor per la stabilità dell’atto e non già ad un bilanciamento degli interessi,
parimenti meritevoli di tutela, dei creditori, da una parte, e del terzo avente cau-
sa dal debitore fallito, dall’altra243. I casi di applicazione dell’art. 13 sono ancora
piuttosto rari e non operano una distinzione concettuale tra applicazione della
lex contractus e sua consultazione. In un caso relativo a un’azione revocatoria
fallimentare proposta nei Paesi Bassi dal curatore tedesco di un fallimento aper-
to in Germania, lo Hoge Raad ha interpretato e applicato in via analogica l’art.
13 della Convenzione di Bruxelles del 1995 non in vigore244 . Il giudice olandese
ha messo in atto una sorta di dépeçage della fattispecie, applicando la lex
concursus tedesca per verificare la legittimazione del curatore all’esperimento
dell’azione revocatoria e la legge olandese per stabilire la revocabilità del con-
tratto.
A nostro avviso, tuttavia, la regola contenuta nell’art. 13 del regolamento
dev’essere interpretata diversamente in quanto si distingue dall’antica tesi
dell’applicazione distributiva delle due leggi già competenti per i rapporti ob-
bligatori presupposti dalla fattispecie: per due ragioni.
In primo luogo la lex contractus ha titolo per intervenire solo se è la legge di
uno Stato membro, intendendosi per Stato membro tutti gli Stati dell’Unione
europea ad eccezione della Danimarca. Quando invece il contratto contestato è
regolato dalla legge di uno Stato terzo, è la lex concursus a disciplinare l’azione
revocatoria fallimentare, in ossequio al disposto dell’art. 4-2 lett. m) del rego-
lamento, e a nulla varrà invocare le disposizioni della lex contractus che risolve-
rebbero il conflitto tra creditori concorsuali e terzi aventi causa dal debitore fal-

Corte di giustizia che consenta di acclarare il significato del termine “prova”, si può ragionevol-
mente pensare che il termine non sia da leggere come un rinvio alle regolamentazioni previste
dagli ordinamenti nazionali in tema di prove delle circostanze di fatto, sembrando più saggio rite-
nere che il legislatore comunitario abbia inteso non già limitare le competenze dei giudici e disco-
noscere il principio iura novit curia quanto fornire loro uno strumento per statuire su eccezioni
pretestuose, vaghe o comportanti laboriose indagini, in una procedura complessa come quella
fallimentare che è tanto più utile quanto più è celere.
243
Si veda il Considerando n. 24, seconda parte: “A tutela delle aspettative legittime e della
certezza delle transazioni negli Stati membri diversi da quello in cui la procedura è stata aperta, si
dovrebbe prevedere una serie di deroghe alla regola generale [lex concursus]”.
244
Hoge Raad, 24 ottobre 1997, p. 319.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 237

lito a vantaggio dei secondi. La norma rappresenta così un altro esempio di


quella politica eurocentrica e discriminatoria nei confronti dei paesi terzi che
caratterizza il diritto internazionale privato di fonte comunitaria245.
In secondo luogo la regola non prevede l’applicazione distributiva delle due
leggi degli Stati membri, la lex fori e la lex contractus. Queste due leggi non
sono chiamate a regolare, in modo complementare, talune questioni della fatti-
specie: la lex fori per stabilire la legittimazione ad agire del curatore, ovvero il
suo c.d. potere di revoca a vantaggio dei creditori; la lex contractus per stabilire
la revocabilità dell’atto. Si prevede invece l’applicazione della sola lex concur-
sus mentre la lex contractus è semplicemente consultata al fine di emettere un
giudizio prognostico246.
La soluzione del regolamento si avvicina dunque alla regola tradizionale
angloamericana prevista per determinare la legge applicabile ai torts e che può
riassumersi nella formula “double actionability”. Secondo questa regola una
“cause of action” (in tort) straniera per essere riconosciuta nell’ordinamento del
foro deve esistere in entrambi; in altre parole se la lex loci delicti non prevede la
risarcibilità di un certo tipo di danno la vittima non potrà ottenere il risarcimen-
to avvalendosi dei rimedi previsti dalla lex fori e viceversa247. Anche secondo
l’art. 13 si prevede l’esclusiva applicabilità della lex fori al rimedio processuale
richiesto dall’attore e una mera consultazione della diversa legge normalmente
competente per il merito; consultazione il cui scopo è quello di formulare un
giudizio prognostico sull’esito che avrebbe un identico giudizio in quell’or-
dinamento.
La lex contractus di uno Stato membro interviene al solo fine di autorizzare
o proibire un determinato risultato: l’aggressione del bene ricercato dalla massa
e fuoriuscito dal patrimonio del debitore fallito a seguito di un atto stipulato da
questi con un terzo248 . La dottrina ha parlato a questo proposito di un “diritto di

245
E. JAYME, Ch. KHOLER, Europäisches Kollisionsrecht, 2006, pp. 537 ss. Nella dottrina ita-
liana si veda T. BALLARINO, L. MARI, Uniformità e riconoscimento, 2006, pp. 1 ss.
246
La Relazione Virgos/Schmit, al par. 136 precisa: “Article 13 represents a defence against
the application of the law of the State of the opening, which must be pursued by the interested
party, who must claim it. It acts as a “veto” against the invalidity of the act decreed by the law of
the State of the opening. This mechanism is easier to apply than other possibile solutions based on
the cumulative application of the two laws. It si now clear that all the conditions, content and the
consequences of the voidability are borrowed from the law of the State of the opening. The only
purpose of Article 13 is to reject the application of that law in a given case. […] the act should not
be capable of being challenged in fact i.e. after taking into account all the concrete circumstances
of the case. It is not sufficient to determine whether it can be challenged in the abstract”.
247
Cfr. A. EHRENZWEIG, A Treatise on the Conflict of Laws, 1962, pp. 544 ss. Loucks v.
Standard Oil Co. of New York, 224 N.Y. 99, (1918); Mertz v. Mertz, 271 N.Y. 466, (1936).
248
Di diverso avviso è S. BARIATTI, L’applicazione del Regolamento CE n. 1346/2000, 2005,
p. 696, la quale, sulla scorta della decisione olandese di merito poi confermata dallo Hoge Raad
con la decisione del 24 ottobre 1997 cit. sopra, nt. 244: “L’applicazione della legge (olandese)
238 CAPITOLO QUARTO

veto” attribuito alla lex contractus249. Pare del tutto evidente che l’esame della
lex contractus debba essere finalizzato ad escludere che nella fattispecie con-
creta dedotta in giudizio l’atto sia attaccabile con rimedi funzionalmente simili
all’azione revocatoria. Sotto questo profilo giova rilevare che l’esistenza di vizi
diversi, censurabili ai sensi della lex contractus (errore, violenza, dolo ecc.),
non ha rilevanza per escludere l’esistenza di un veto da parte di questa legge ai
sensi dell’art. 13 ult. capoverso: sarebbe del resto un grave e imperdonabile er-
rore strategico quello del curatore che, in presenza di un atto intrinsecamente
viziato in base alla legge che gli è applicabile, ne chieda la revoca in base alla
lex concursus in luogo di impugnarlo e far valere il vizio secondo la lex con-
tractus250 .
La regola dell’art. 13 del regolamento in esame, così interpretata, sarebbe
una buona regola di diritto internazionale privato perché consente di raggiunge-
re un livello accettabile di certezza del diritto: essa evita la possibilità che i terzi
aventi causa dal debitore fallito subiscano le conseguenze stabilite da una legge
la cui applicazione non avrebbero potuto prevedere251 . Tuttavia la regola appare
“monca” o comunque indifferente alle esigenze degli aventi causa del debitore
fallito che abbiano stipulato un atto soggetto alla legge di uno Stato terzo. La
certezza del diritto riguarda solo gli atti “intracomunitari” mentre gli atti “extra-
comunitari” si possono ritenere “claudicanti” perché ben possono essere messi
in scacco dalla lex concursus e dunque comportare un effetto sorpresa per chi li
ha stipulati. Si tratta dunque di una certezza del diritto relativa e di una tutela
dell’affidamento a beneficio delle parti di contratti soggetti alle leggi degli Stati
membri, esclusa la Danimarca.
Il ragionamento del legislatore comunitario omette di riflettere sulla posi-
zione dei creditori in quanto muove da una considerazione “spaziale” dei tre
soggetti dell’azione revocatoria fallimentare ovvero dei rapporti giuridici di cui
essi sono protagonisti: la norma è diretta a proteggere “le aspettative legittime e

applicabile al contratto [deve] essere salvaguardata per quelle ragioni di prevedibilità e certezza
che giustificano l’art. 13”.
249
Cfr. e multis, L. CARBALLO PIÑEIRO, Acciones de reintegración de la masa y normas de
derecho internacional privado en la ley concursal, 2003, p. 162.
250
Si sofferma sulla necessità di restringere la portata dell’espressione « alcun mezzo » M.
FABIANI, La revocatoria fallimentare fra lex concursus e lex contractus, 2007, pp. 1323 ss.
251
È stata soprattutto la dottrina tedesca analizzata sopra a insistere sulla necessità di evitare
ai terzi l’“effetto sorpresa” dell’applicazione di una legge straniera. La Relazione Virgos/Schmit,
al par. 138 precisa: “The aim of Article 13 is to uphold legitimate expectations of creditors or
third parties o[n] the validity of the act in accordance to normally applicable national law, against
interference from a different “lex concursus”. From the perspective of the protectio of legitimate
expectations, the operation of Article 13 is justified with regards to acts carried out prior to the
opening of the insolvency proceedings, and threatened by either the retroactive nature of the in-
solvency proceedings opened in another country or actions to set aside previous acts of the debtor
brought by the liquidator in those proceedings”.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 239

la certezza delle transazioni negli Stati membri diversi da quello in cui la pro-
cedura è stata aperta”252. Si presuppone così da una parte, che le pretese dei
creditori “si collochino” sempre nello Stato di apertura e siano sufficientemente
tutelate dalla lex fori concursus; e, dall’altra, che le transazioni di cui all’art. 13
“si collochino” nell’ambito di uno Stato membro (quello la cui legge è applica-
bile) la cui regolamentazione in materia di contratti non può essere turbata per
effetto dell’applicazione della lex concursus di un altro Stato membro.
Di fatto, così si legittima un effetto sorpresa per i creditori del debitore in-
solvente, i quali possono trovarsi di fronte a una proibizione dell’azione revoca-
toria che non avrebbero potuto ragionevolmente prevedere all’epoca in cui, fa-
cendo affidamento sui beni del patrimonio del debitore, avevano concesso il
credito. Questo effetto sorpresa è ancora più pericoloso, come segnalato dalla
dottrina, in conseguenza della regola dell’autonomia della volontà in materia
contrattuale253 . Non sarà infrequente il caso in cui, nell’imminenza di un crack
finanziario, il debitore insolvente organizza un salvataggio dei propri beni alie-
nandoli a terzi e scegliendo una legge proibitiva dell’azione revocatoria falli-
mentare254. La frode ai creditori sarà allora completata da una fraus legis che
non potrà essere dimostrata neppure nei paesi che riconoscono questo istituto
come parte del loro diritto positivo. È stato anche rilevato, con un certo allarme,
che la regola in esame può condurre a una sostanziale abrogazione dell’istituto
revocatorio “anche nei paesi nei quali il regime revocatorio [è] più severo”255.

Sezione V
Considerazioni sull’apporto della dottrina

24. I parametri di valutazione della meritevolezza di tutela internazionalprivati-


stica e la molteplicità delle soluzioni che possono ispirare

L’esame svolto ha illustrato in primo luogo le insufficienze del metodo de-


duttivo, che pure resiste e ha sempre mantenuto un suo ruolo e una sua dignità
anche nelle più recenti argomentazioni della dottrina. Si deve tuttavia prendere
atto della circostanza che questo modo di procedere rischia di trascinare la dot-
trina internazionalprivatistica negli stessi nodi e questioni dogmatiche, in cui

252
Cfr. il Considerando n. 24 del regolamento CE n. 1346/2000.
253
Cfr. ad esempio, D. BUREAU, La fin d’un îlot de résistence. Le règlement du conseil relatif
aux procedures d’insolvabilité, 2002, p. 640.
254
Buona parte della dottrina ha rilevato la critica proposta nel testo. Si veda tra gli altri M.
BOGDAN, Art. 13, Detrimental Acts, 2002, p. 191.
255
M. FABIANI, La revocatoria fallimentare fra lex concursus e lex contractus, 2007, pp.
1326.
240 CAPITOLO QUARTO

finisce invischiata la dottrina civilistica quando si allontana troppo dalla real-


tà256. Non sembra pertanto il caso di indulgere sull’autenticità delle varie inter-
pretazioni e giustificazioni dogmatiche dei mezzi di conservazione della garan-
zia patrimoniale del credito (responsabilità ex delicto oppure ex quasi delicto
del terzo, potere di controllo gestorio del creditore, rimedio conservativo, sosti-
tuzione processuale nel caso dell’azione surrogatoria etc.). Si finirebbe con il
tornare a dedurre il criterio di collegamento ex natura rerum. Anche nella sua
versione più evoluta e denominata neosavignismo, la vulgata del metodo savi-
gniano non fornisce una soluzione sicura ed affidabile.
Le considerazioni di prossimità non conducono verso una soluzione convin-
cente al problema, come prova il fatto che nessuna delle soluzioni sopra esami-
nate è riuscita a raccogliere un’adesione ampia257 . Le leggi rilevanti sono tutte
prossime a singoli aspetti della fattispecie, e tutte lontane dagli altri diversi a-
spetti in cui il fenomeno revocatorio può essere compreso. In altre parole, il
principio di prossimità dipende in ultima analisi dalla qualificazione della fatti-
specie e, per questa via, finisce per riproporre gli stessi nodi del procedimento
deduttivo.
Emblematica, in questo senso, è la qualificazione dell’azione revocatoria
come “delitto” o “quasi delitto”. L’accostamento tra la responsabilità del debito-
re, quella del suo avente causa e la responsabilità aquiliana pare un travisamento

256
Quanto mai artificiosa e lontana della realtà appare, ad esempio, la ricostruzione dogmati-
ca dell’azione diretta da parte di una dottrina francese e della stessa giurisprudenza della Cour de
cassation. Secondo questa ricostruzione un’azione come quella dell’appaltante nei confronti del
subfornitore è contrattuale in quanto il primo la “riceve” assieme alla cosa oggetto del contratto di
appalto; l’azione sarebbe trasmessa come “accessorio” del diritto di proprietà sul bene in questio-
ne. Questa concezione travisante e distorta ha avuto una qualche ripercussione nella dottrina in-
ternazionalistica, inducendo a evocare l’applicazione della lex rei sitae. In senso critico vedi pe-
raltro V. HEUZÉ, La loi applicable aux actions directes, 1996, p. 246 e p. 253. Del pari H. MUIR
WATT, nota a Cassation 15 gennaio 1991, 1993, p. 53; F. LEBORGNE, L’action en responsabilité
dans les groupes de contrats, 1995, n. 342 ss.; e F. LECLERC, Les chaînes de contrats en droit
international privé, 1995, p. 267, si mostrano critici nei confronti della soluzione evocata, ma più
per la volontà di evitare i conflits mobiles che ne deriverebbero che per questioni metodologiche.
257
La differenza tra il metodo fondato sulle considerazioni di prossimità e quello di ricerca
della sede naturale è così illustrata da P. LAGARDE, Le principe de proximité, 1986, pp. 29 s.: “Sa-
vigny pensait que tout rapport de droit avait un siège, et que celui-ci devait être dégagé de la “na-
ture” de ce rapport de droit, notion elle-même abstraite et quelque peu métaphysique. [...] Le
principe de proximité ne rejette pas a priori l’analyse de la nature du rapport de droit, mais il ne
l’estime pas suffisante. [...] Aussi, à la démarche abstraite de Savigny, le principe de proximité
substitue-t-il une démarche concrète, fondée sur l’examen des différents éléments de la situation
dans son ensemble.”. Prima ancora della teorizzazione del principio di prossimità da parte di Paul
Lagarde, il Tribunale federale svizzero aveva, durante un certo periodo, scelto la legge applicabile
ai contratti prendendo in considerazione “il rapporto territoriale più stretto con un certo paese”. È
stato osservato che “cette formule, n’identifiant pas directement le droit applicable, est plutôt un
principe directeur, un expédiant, une image, qu’une véritable règle de rattachement”. R. BEUT-
TNER, La cession de créance, 1971, p. 46, nt. 6.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 241

della realtà dell’istituto già sul piano del diritto civile. Il diritto internazionale
privato conferma la scarsa aderenza alla realtà di tale ricostruzione quando si
provi ad applicare alla pauliana la lex loci commissi delicti. Pensando l’azione
revocatoria ordinaria come una speciale forma di sanzione della responsabilità
aquiliana si perde di vista la reale struttura del rapporto tra i tre soggetti coin-
volti; questo, sul piano del diritto internazionale privato, può indurre a trascura-
re alcuni aspetti fondamentali del problema.
Questi modi di procedere, prima che scorretti, appaiono pericolosi per il ri-
schio di dérapages durante il tragitto della ricerca.
Per questi motivi, la dottrina maggioritaria sostiene la necessità di abbando-
nare il procedimento fondato sull’analisi della costruzione dogmatica degli isti-
tuti, salvo ricorrere a tali considerazioni per argomentazioni ad abundantiam.
Com’è noto tale procedimento era stato originariamente pensato per un sistema
come quello “di diritto romano attuale” in cui si collocava Savigny258.
Alla fine del XIX secolo, scomparso Savigny, la scuola storica tedesca del
diritto, fallì il tentativo di contrastare l’affermarsi dei sistemi positivi “naziona-
li”, maggiormente rivelatori dell’ideologia soggiacente al fenomeno giuridi-
co259 . Una volta stabilito che un istituto di diritto civile non ha una natura im-
manente, ma è variabile sia nel tempo sia nello spazio, è apparso chiaro che le
soluzioni che da tale natura erano tratte, non potevano che essere altrettanto
fluttuanti. Già alla fine del secolo la dottrina tedesca e francese aveva potuto
illustrare “the very relativity of the legal categories upon which [Mancini and
Savigny] were building their castles”260 . Il metodo si era presto rivelato poco
efficace per il raggiungimento della certezza del diritto e dell’armonia interna-
zionale delle decisioni.
Alla reazione (opposta) di Bartin e Rabel, che hanno cercato di continuare a
utilizzare il procedimento savigniano ancorandolo però a soluzioni positive
(cioè ricavate dal diritto interno) o di compromesso (cioè fondate su una quali-
ficazione “autonoma” degli istituti)261 , si sono affiancate prese di posizione più

258
F. K. VON SAVIGNY, Sistema del diritto romano attuale, 1898.
259
La più celebre presa di coscienza di questa realtà è rappresentata dall’articolo di E. BAR-
TIN, De l’impossibilité d’arriver à la solution définitive, 1897, pp. 225 ss., 466 ss., 720 ss. Per una
recente mappatura dell’influenza della storia delle idee nel diritto internazionale privato si veda
N. E. HATZIMIHAIL, On mapping the conceptual battlefield, 2000, pp. 57 ss.
260
Cfr. N. HATZIMIHAIL, op. ult. cit., 2000, p. 60.
261
La reazione di Bartin dopo la scoperta della dipendenza (e quindi della variabilità) della
“sede” dalle concezioni di diritto interno è stata, in un certo senso, quella della rassegnazione.
L’autore ha continuato a utilizzare il metodo deduttivo per la soluzione dei conflitti di leggi, trin-
cerandosi però dentro le concezioni giuridiche del proprio paese e fondandosi su di una analisi
minuziosa della giurisprudenza della Cour de cassation. Del pari E. RABEL, The Conflict of Laws,
1958, ha proposto di cercare la “natura degli istituti” attraverso una delicata operazione ermeneu-
tica avente ad oggetto lo studio delle diverse soluzioni positive, e finalizzata all’elaborazione di
modelli di fattispecie “equivalenti”. In esito a tale operazione sarebbe possibile una reductio ad
242 CAPITOLO QUARTO

decise nel senso dell’abbandono della metodologia deduttiva262.


È curioso osservare come proprio l’approccio privatistico allo studio della
disciplina, teorizzato dallo stesso Savigny263, abbia favorito l’abbandono del
procedimento suggerito nel celebre capitolo VIII, a favore di un approccio più
logico o tecnico264. In altre parole, se il diritto serve a disciplinare le relazioni
umane, l’interprete deve offrire la soluzione più adatta alle persone interessate;
e non già la soluzione intellettualmente più elegante. Alla ricerca della volontà
implicita delle parti, attraverso astratti principi dogmatici, si è voluta contrap-
porre la ricerca della soluzione più consona da un punto di vista pratico.
La valorizzazione dell’individuo e, di riflesso, l’enfasi posta sulla certezza
giuridica, rappresentano l’arrière-plan politico-ideologico di queste concezioni;
l’affermarsi della classe borghese, e della sua visione socio-economica del
mondo, avrebbe contribuito al successo dell’approccio privatistico del diritto

unum degli istituti presenti nei vari ordinamenti, che consenta di dedurre una “natura giuridica di
diritto comparato” valida ai fini internazionalprivatistici. Per un’applicazione di questo metodo si
veda la prima parte della tesi di M. GORÉ, L’administration des successions, 1994.
262
Vedi inoltre, solo a titolo di esempio, l’affermazione di R. QUADRI, Lezioni, 1969, p. 118,
secondo il quale nel diritto internazionale privato non entra in linea di conto la “natura” del rap-
porto, ma la “situazione dei soggetti” in rapporto a un ordinamento giuridico determinato.
263
La contrapposizione tra interessi degli Stati e interessi privati è tradizionale soprattutto
nella scuola francese, che ricorre ancora all’espressione “conflit des souverainetés”, rievocando
l’antico approccio pubblicistico alla disciplina che aveva portato all’elaborazione della dottrina
olandese sulla comitas gentium. A quasi un secolo di distanza da Savigny, le sollecitazioni prove-
nute dagli Stati Uniti hanno rinvigorito questa seconda concezione del problema. Si veda ad
esempio P. MAYER, Le mouvement des idées, 1985, pp. 129 ss.; B. AUDIT, A continental lawyer,
1979, p. 589; J. MEEUSEN, Nationalisme en Internationalisme, 1997; J.-L. HALPÉRIN, Entre natio-
nalisme juridique et communauté de droit, 1999. Nel momento attuale, si propone l’uso
dell’endiadi “conflit de civilisations”, che ricorda le analisi secondo le quali l’attuale momento
storico sarebbe caratterizzato dal c.d. clash of civilisations. Cfr. M.-C. NAJM, Principes directeurs
du droit international prive, 2005, passim e L. GANNAGÉ, La hiérarchie des normes et les metho-
des, 2001, passim.
264
La contrapposizione tra un approccio pubblicistico e uno privatistico appare trasfigurata,
nel dibattito scientifico attuale, in quella che oppone un diritto internazionale privato politico a un
diritto internazionale privato tecnico. La questione è stata posta in questi termini da H. BATIFFOL,
negli Aspects philosophiques, 1956, pp. 110 ss., ed è sentita anche nella dottrina americana. N.
HATZIMIHAIL, On mapping the conceptual battlefield, 2000, p. 63, sottolinea “two seemingly op-
posing streams of modern conflicts doctrine, Conflict of Laws as Public Policy, and Conflict of
Laws as Technocracy”. Sull’idoneità della “tecnologia” della norma di conflitto bilaterale a far
apparire i conflitti di leggi come conflitti tra interessi privati v. B. AUDIT, Le caractère fonction-
nel, 1984, pp. 219 ss., il quale peraltro ricorda che è stata dimostrata la perfetta compatibilità tra
metodo c.d. conflittuale e nazionalismo giuridico. Di fatto, J. GONZÁLES CAMPOS, Les liens entre
la compétence judiciaire et la compétence législative, 1977, pp. 233 ss., attraverso lo studio della
relazione tra competenza legislativa e giudiziaria, ha illustrato come gli ordinamenti siano meno
disponibili di quanto si possa pensare a riconoscere i regolamenti di interessi frutto delle valuta-
zioni di ordinamenti stranieri.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 243

internazionale privato, in quella che potrebbe essere definita la sua seconda “e-
poca”265.
Il processo appena descritto è stato poi sicuramente favorito dal movimento
tedesco di reazione alla c.d. Begriffsjurisprudenz da parte della c.d. Interessen-
jurisprudenz, che non ha mancato di riflettersi sul diritto internazionale priva-
to266. L’incertezza che derivava dall’instabilità delle soluzioni dedotte dall’ana-
lisi della natura rerum, unita alla sempre maggiore tensione verso il migliora-
mento delle condizioni di vita giuridica delle persone, ha spinto la dottrina a
portare avanti altre ipotesi di lavoro. Come è noto, tra queste ultime, non tutte
implicano l’abbandono della prospettiva, sempre savigniana, fondata sulla con-
siderazione separata di forum e ius e su di un’ampia disponibilità verso
l’applicazione di leggi straniere da parte del giudice del foro. Il distacco dalla
vulgata savigniana è stato dunque più apparente che reale, se è vero, come illu-
strato sopra, che talune metodologie restano visceralmente legate al procedi-
mento deduttivo, pur senza porvi alla base una concezione “storica” del diritto.
Tutte le ipotesi di lavoro che si sono affermate in seguito alla critica del c.d.
“metodo savigniano”, ad eccezione dei metodi unilateralisti, si fondano sul c.d.
“principio di equivalenza” tra la lex fori e la lex causae. All’origine dell’idea
stessa dell’applicazione di una legge straniera da parte del giudice del foro vi è
infatti il postulato della neutralità assiologica delle soluzioni giuridiche o, quan-
to meno, l’accettazione del c.d. “principio di equivalenza” tra la lex fori e la
legge straniera.
In luogo dell’operazione ermeneutica teorizzata da Savigny e consistente
nella deduzione della norma di conflitto dalla natura giuridica (come se queste –
norma e natura giuridica – preesistessero all’opera del giurista), si è dato avvio
a un’operazione logica e creativa, tesa all’elaborazione della norma di conflitto
a partire da un’analisi degli interessi privati in gioco; la norma di conflitto è al-
lora pensata per comporre interessi contrastanti nell’ambito di un regolamento
giuridico spesso particolarmente complesso, perché formato dall’unione di re-
gole provenienti da ordinamenti diversi.
In una prima prospettiva, si è tentato di sostituire al procedimento di dedu-
zione ex natura rerum un procedimento incentrato sulla ricerca della “prossimi-

265
P. PICONE, La méthode de la référence à l’ordre juridique compétent, 1986, p. 245, osser-
va che la concezione « privatistica » del diritto internazionale privato, risalente a Savigny, avreb-
be trionfato, in un primo momento, in quanto rifletteva e presupponeva uno specifico modello
sociale, quello della separazione capitalista tra Stato e società. Si veda peraltro, per una critica alla
reale utilità e al valore semantico di coppie di concetti antitetici quali particolarismo / universali-
smo; conflitto tra sovranità / conflitto tra interessi privati; nazionalismo / internazionalismo, N.
HATZIMIHAIL, op. ult. cit., p. 59 ss. “it appears that terms such as “particularist” and “nationalist”
are likely pejorative and probably ineffective in showing the real dividing lines”.
266
Così B. AUDIT, Le caractère fonctionnel, 1984, pp 219 ss. Sulla Interessenjurisprudenz
nel diritto internazionale privato cfr. G. KEGEL, The Crisis of Conflict of Laws, 1964, pp. 91 ss.; e,
IDEM, Begriffs- und Interessenjurisprudenz, 1953, pp. 259 ss. V. sopra, p. 203 nt. 162.
244 CAPITOLO QUARTO

tà” della fattispecie giuridica a un ordinamento. Il concetto di prossimità ha però


assunto due significati diversi in Germania e in Francia. In un primo senso, si
tratta di verificare quale tra gli ordinamenti che vengono in rilievo (i. e. che en-
trano in conflitto) è in grado di assicurare l’effettività delle proprie valutazioni
(der größeren Nähe). Per esempio, in una controversia relativa al diritto di pro-
prietà di un bene immobile la competenza della lex rei sitae si giustifica perché
è l’ordinamento in cui è situato l’immobile che dirà sempre l’ultima parola sul
suo destino economico267.
Nella sua versione francese, che si è imposta in Europa, grazie all’opera di
Paul Lagarde268, il principio di prossimità è più prosaico ed etereo, quindi sfug-
gente: esso indica in ultima analisi una ponderazione degli elementi concreti
della fattispecie, finalizzata alla verifica dell’ordinamento più prossimo, da un
punto di vista geografico o semplicemente culturale, a quelli più rilevanti269. È
l’ambiente socio-culturale in cui si realizzano gli elementi della fattispecie a-
stratta, ritenuti più significativi e più caratterizzanti l’istituto da regolare, a gui-
dare la scelta della legge applicabile a quell’istituto.
In una seconda prospettiva la ricerca della legge che appare più giusto ap-
plicare, dal punto di vista internazionalprivatistico, dovrebbe procedere da una
ponderazione non già degli elementi della fattispecie (prossimità), ma degli in-
teressi privati in gioco e da una valutazione comparativa delle conseguenze
concrete derivanti dall’adozione dell’una e delle altre soluzioni possibili270. La
ricerca astratta e dogmatica di diritto civile cede il passo a una ricerca dei criteri
che devono guidare una giusta composizione degli interessi privati quando i
loro diritti e interessi, fondati su leggi di Stati diversi, non sono conciliabili.
Nel diritto interno, l’esigenza di conciliare interessi materiali tra loro in con-
traddizione, ma egualmente meritevoli di tutela, è risolta dal legislatore attra-
verso la posizione di una gerarchia di valori271. Nel diritto internazionale priva-
to, invece, la scelta di quali interessi proteggere a discapito di altri, avviene in
modo meno sicuro, proprio per il carattere neutro al quale aspira la disciplina,

267
Il principio della competenza più prossima ha trovato il suo massimo teorizzatore in M.
WOLFF, Das IPR deutschlands, 1954, pp. 81 ss. Si veda T. BALLARINO, Diritto internazionale
privato, 1982, p. 249.
268
Si veda, per un esempio significativo, la Relazione Giuliano/Lagarde.
269
Cfr. T. BALLARINO, G. ROMANO, Le principe de proximité, 2005, pp. 37 ss.
270
H. BATIFFOL, Aspects philosophiques, 1956, pp. 110 ss., ha coniato la distinzione tra a-
spetti politici e scientifici (tecnici) del diritto internazionale privato, ora segnalata soprattutto dalla
dottrina americana cfr. D. KENNEDY, The International Style in Postwar and Policy, 1994, p. 7
che distingue un cosmopolitan approach (scientifico) da un metropolitan approach (politico).
271
Così, proprio con riferimento all’azione revocatoria, Ch. FRAGISTAS, Das Anfechtungs-
recht, 1938-1939, p. 455, osserva: “müssen wir [...] aus der Interessenlage eine Kollisionsnorm
aufzustellen, die dem Problem der Gläubigeranfechtung im IPR. seine richtige Lösung gibt.”. Per
un altro esempio, relativo alla surrogazione legale o cessio legis, si veda H. BEEMELMANS, Das
Statut der Cessio Legis, 1965, p. 515.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 245

sulla scia di quella concezione della scienza giuridica che ha trovato la sua mas-
sima espressione nella corrente pandettistica dell’inizio del ’900.
La ponderazione degli interessi in gioco, di cui si va discorrendo, implicava
dunque l’individuazione di criteri di scelta della legge applicabile, solo che tali
criteri erano fondati non più e non tanto su considerazioni meramente geografi-
che o dogmatiche, bensì si pretendevano fondati sulla c.d. “giustizia internazio-
nalprivatistica”. Bisogna chiedersi, tuttavia, se sia giusto mantenere la separa-
zione concettuale, elaborata dalla dottrina tedesca, tra giustizia sostanziale e
giustizia del diritto internazionale privato. Queste analisi hanno avuto sicura-
mente il merito di rendere consapevole il giurista di diritto internazionale priva-
to dell’esistenza di considerazioni di giustizia proprie alla sua disciplina, ma
questa giusta presa di coscienza non deve essere spinta al punto da negare che
criteri di giustizia sostanziale possano ispirare soluzioni di diritto internazionale
privato. Le considerazioni di giustizia “internazionalprivatistica” si affiancano
alle considerazioni di giustizia sostanziale, che rimangono proprie a qualsiasi
discorso giuridico, e non ne prendono il posto.
In tal modo nella valutazione della piattaforma degli interessi in gioco, che
il legislatore e il giudice debbono esaminare al fine di trovarne la giusta compo-
sizione, possono emergere anche considerazioni di giustizia “spaziale” ma non
si può pretendere che tali considerazioni debbano essere le uniche ispiratrici
della disciplina di diritto internazionale privato.
Tali criteri servono, in un primo tempo, a stabilire la reale configurazione
degli interessi meritevoli di tutela da un punto di vista internazionalprivatistico
(non si tratta infatti di interessi materiali ma di interessi all’applicazione di una
certa legge, che tutela le aspettative giuridiche delle parti coinvolte); mentre, in
un secondo tempo, dovrebbero rendere possibile la scelta della disciplina appli-
cabile.
Il problema che emerge con riferimento alla scelta di legge in esito a una
ponderazione degli interessi (Interessenabwägung) riguarda però e pur sempre
il criterio di giustizia da adottare per stabilire quali, degli interessi inconciliabili,
devono essere sacrificati e quali no. Numerosi sono infatti i c.d. criteri di giusti-
zia internazionalprivatistica ai quali la dottrina fa riferimento per sostenere le
proprie soluzioni.
Così si ritiene che l’attribuzione di una fattispecie a un ordinamento sia giu-
sta quando soddisfa i noti criteri complementari della certezza del diritto e
dell’armonia internazionale delle soluzioni. Attraverso il rispetto di questi crite-
ri, diventa possibile garantire la prevedibilità delle soluzioni e quindi tutelare le
aspettative delle parti272 . La prevedibilità delle soluzioni costituisce, a ragione,
una preoccupazione costante per la dottrina, soprattutto in considerazione del
fatto che spesso i privati finiscono per conoscere la regola di condotta, alla qua-

272
Sulla tutela delle aspettative delle parti è d’obbligo il rinvio alla teoria psicologica
dell’aspettativa di R. QUADRI, Lezioni, 1969, pp. 113 ss.
246 CAPITOLO QUARTO

le avrebbero dovuto conformare il proprio comportamento, solo dopo il giudizio


di ultima istanza273. Solo una chiara regolamentazione positiva del diritto appli-
cabile, della giurisdizione competente e del riconoscimento delle sentenze stra-
niere può tuttavia venire incontro alle esigenze ora dette, attesa l’eterogeneità
dei fini del diritto internazionale privato di cui stiamo dando conto.
In secondo luogo, abbiamo dato conto di come emergano progressivamente
considerazioni materiali, che, secondo alcuni, rifletterebbero l’esistenza di un
common core o minimum standard di giustizia internazionale, universalmente
valido274. A volte tali considerazioni di ordine sostanziale ispirano soluzioni
codificate in convenzioni di diritto uniforme. Spesso, tuttavia, esse sono sempli-
cemente usate per avvalorare soluzioni di tipo tradizionale, ricavate dall’ap-
plicazione di norme di conflitto bilaterali. Così, nelle analisi relative all’azione
revocatoria ordinaria, la necessità di reprimere i comportamenti fraudolenti è
spesso portata a criterio ispiratore delle soluzioni che privilegiano l’ap-
plicazione della legge che meglio tutela il creditore rispetto a quella che è cono-
scibile dal terzo (e quindi maggiormente efficace per la sua tutela). In modo
speculare sono state ricavate soluzioni opposte dal carattere “esorbitante” del-
l’azione275.
Un’altra preoccupazione sentita, che pur non essendo tale da assurgere a ve-
ro e proprio principe directeur costituisce certamente una tendenza, per usare il
linguaggio di Vitta, induce a privilegiare le soluzioni che garantiscono una re-
golamentazione unitaria (cioè garantita da un unico ordinamento) rispetto alle
soluzioni che comportano la disgregazione della fattispecie. Sebbene non fre-
quentemente ricordato, anche perché elaborato con riferimento a fattispecie par-
ticolari e non volgarizzato, il principio del diritto unico è tenuto presente dalla
dottrina276: valorizzando l’aspetto istituzionale del diritto e dell’ordinamento
giuridico in generale, essa tende a preferire soluzioni che comportano il richia-
mo del minor numero possibile di leggi277 . Tale tendenza è stata espressa da
Vallindas, che ha elaborato il principio del diritto unico278 , e si pone spesso in

273
R. BEUTTNER, La cession de créance, 1971, p. 63.
274
D. COHEN, La convention européenne des droits de l’homme, 1989, pp. 451 ss. e dello
stesso autore, Le droit à..., 1999, pp. 393 ss.; H. GAUDEMET-TALLON, L’utilisation des règles de
conflit, 1994, pp. 181 ss.
275
Ibidem. Cfr. H. BATIFFOL, P. LAGARDE, Droit international privé, II, pp. 217 ss. Questa
formula è interessante perché ricorda bizzarramente gli statuti odiosi di Bartolo da Sassoferrato e
mostra il carattere atemporale delle argomentazioni pragmatiche.
276
La interrelazione tra le norme di ogni sistema, e le disarmonie derivanti dall’estrazione di rego-
le prese isolatamente in ogni ordinamento erano già state poste in evidenza dalla dottrina francese, sin
dagli Aspects philosophiques del Batiffol. Cfr. ad es. Y. LEQUETTE, Ensembles législatifs, 1982-84, pp.
163 ss., P. MAYER, Le phénomène de la coordination, 2007, pp. 38 ss., pp. 111 ss.
277
Tra i molti, si veda Y. LEQUETTE, Ensembles législatifs, 1982-84, pp.163 ss.
278
Cfr. P. G. VALLINDAS, Le principe du droit unique, 1948, pp. 41 ss.; A. MIAJA DE LA
MUELA, Une nouvelle orientation, 1952, pp. 197 ss.
IL SINCRETISMO NEL METODO DI SELEZIONE DELLA LEGGE APPLICABILE 247

contrasto con il principio di effettività o della competenza più prossima (der


größeren Nähe)279. Proprio qui emerge l’imperfezione della disciplina, spesso
vittima della contraddizione tra esigenze di razionalità e necessità di tener in
considerazione l’esistente: si trova cioè tra due spinte opposte, una lo conduce
verso soluzioni eleganti e semplici (diritto unico, norma di conflitto unidirezio-
nale), l’altra verso soluzioni in grado di assicurare a ogni parte una protezione
sociale uniforme (diretta ad applicare a ogni parte la propria legge)280.
La dottrina, a sostegno delle soluzioni di diritto internazionale privato che
propone, argomenta facendo riferimento ora all’uno ora all’altro di questi criteri
e cedendo talvolta alla tentazione dogmatica (principio di prossimità, prestazio-
ne caratteristica, ecc.) di modo che le soluzioni proposte non sono mai realmen-
te comparabili perché soddisfano taluni interessi e talune esigenze a scapito di
altri.
L’azione revocatoria ordinaria illustra perfettamente questo stato dell’arte e
costringe a ripensare il diritto internazionale privato fin dal suo fondamento.
Per sostenere l’opportunità di adottare una soluzione bilaterale al fine di ri-
solvere il problema di diritto internazionale privato bisogna dunque puntualizza-
re i seguenti passaggi: 1) tutta la disamina presuppone l’esistenza di una certa
misura di equivalenza tra le regole di cui agli artt. 2901 e ss. e le corrispondenti
regole di paesi stranieri, di modo che il giudice italiano possa attingere
indifferentemente al nostro codice civile ovvero al diritto di qualsiasi altro paese
per decidere circa l’opponibilità al creditore di un atto lesivo della garanzia
patrimoniale del credito. Il principio di equivalenza giustificherebbe il
disinteresse del legislatore (e dell’interprete) di diritto internazionale privato per
la giustizia sostanziale e il suo limitarsi alla ricerca di una giusta allocazione
delle fattispecie o di singoli loro elementi281 ; 2) se si accetta in una certa misura
l’equivalenza tra le regole sull’azione revocatoria ordinaria italiane e quelle vi-
genti in tutti gli altri paesi, bisogna poi decidere il fondamento dei criteri di
279
Si veda, soprattutto con riferimento alla disciplina delle successioni, T. BALLARINO, Dirit-
to internazionale privato, 1999, p. 517. Infatti, il principio dell’unità dello statuto successorio,
tradizionalmente accolto dal legislatore italiano, comporta un sacrificio della competenza più
prossima, cioè del principio che suggerisce di scegliere la legge che ha maggiori probabilità di
attuarsi.
280
Cfr. T. BALLARINO, Diritto internazionale privato, 1982, p. 381.
281
Un’attenzione particolare meriterebbe la dottrina che ha portato nel diritto internazionale
privato i frutti dell’elaborazione della scuola di Chicago nota come Law and Economics. Tale
dottrina ha l’ambizione di portare una nuova “rivoluzione copernicana” nel diritto internazionale
privato, come si evince dall’articolo di A. T. GUZMAN, Choice of Law: New Foundations, 2002,
pp. 883 ss. Così, l’analisi economica del diritto inizia ad indicare i suoi principi generali del dirit-
to internazionale privato, prefiggendosi, ad esempio, i seguenti quattro obiettivi: 1. ridurre i costi
delle liti transnazionali; 2. definire metodi e tecniche di coordinamento; 3. facilitare le transazioni
contrattuali; 4. limitare gli ostacoli normativi agli scambi. In questo senso M. J. WHINCOP, M.
KEYES, Towards an Economic Theory, 2000, pp. 1 ss. Si veda H. MUIR WATT, Aspects économi-
ques du droit international privé, 2004, passim.
248 CAPITOLO QUARTO

tutti gli altri paesi, bisogna poi decidere il fondamento dei criteri di collegamen-
to da adottare: se si rifiutano quelli ispirati a generiche considerazioni di pros-
simità, diviene necessario scegliere tra i criteri di designazione della legge ap-
plicabile che trovano fondamento su altri principi (principi di giustizia sostan-
ziale; principio di coincidenza tra ius e forum oppure principio di effettività). È
evidente che ciascuna soluzione presenterà aspetti critici e aspetti vantaggiosi a
seconda del punto di vista che si è deciso di adottare e dello scopo del diritto
internazionale privato che si è inteso privilegiare.
CAPITOLO V

IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE

SOMMARIO: SEZIONE I: Il sistema comunitario della competenza: il caso Reichert. – 1. I


problemi di qualificazione dell’azione revocatoria ordinaria nell’ambito della Conven-
zione di Bruxelles. – 2. Le sentenze Reichert della Corte di Giustizia e la disponibilità di
fori speciali per l’attore in revocatoria. – 3. La valorizzazione degli aspetti sostanziali
dell’actio pauliana e le sue conseguenze per il diritto processuale uniforme. SEZIONE II:
Il diritto processuale italiano. – 4. Il ricorso al foro speciale in materia contrattuale nel
caso Corkran. – 5. Segue. L’apparente inesistenza di titoli di giurisdizione nonostante la
stretta connessione tra i fatti di causa e l’ordinamento italiano. – 6. Il significato della
“prossimità” nel sistema di Bruxelles richiamato dalla legge di riforma. – 7. Verifica
degli orientamenti della dottrina alla luce della ratio decidendi della Corte di giustizia. –
8. La necessaria complementarietà tra i canoni interpretativi deduttivo e teleologico. – 9.
L’irrilevanza della mancata corrispondenza tra parti del contratto e parti processuali.
SEZIONE III: Considerazioni conclusive. – 10. La ratio sistematica della soluzione al
caso Corkran. – 11. Segue. La soluzione al vaglio della nuova formulazione del criterio
di competenza speciale im materia contrattuale del regolamento Bruxelles I. – 12. Con-
seguenze delle soluzioni possibili per il conflit de juridictions innescato dall’azione re-
vocatoria ordinaria, dall’azione dichiarativa della simulazione e dall’azione surrogato-
ria. – 13. La ritrovata complementarietà sistematica tra il regolamento Bruxelles I e il
regolamento sulle procedure d’insolvenza: la sentenza Deko Marty.

Sezione I:
Il sistema comunitario della competenza: il caso Reichert

1. I problemi di qualificazione dell’azione revocatoria ordinaria nell’ambito


della Convenzione di Bruxelles

Alcune delle questioni di diritto processuale civile internazionale cui dà


luogo l’azione revocatoria ordinaria sono state oggetto di un interessante dibat-
tito in dottrina, originato, in particolare, dalla seconda sentenza Reichert della
Corte di giustizia delle Comunità europee1.

1
Corte di giustizia, 26 marzo 1992, Reichert II, pp. 2149 ss. Si veda, in particolare, L. MARI,
Il diritto processuale civile, 1999, pp. 277 s., p. 560, pp. 714 ss.; B. ANCEL, 1992, pp. 720 ss.; A.
HUET, 1993, pp. 461 ss.; H. TAGARAS, 1992, pp. 700 ss.; P. VLAS, 1993, pp. 499 ss. e TVVS, 1993,
pp. 248 ss.; A. BORRÀS RODRIGUEZ, 1992, pp. 1121 ss.; P. SCHLOSSER, 1993, pp. 17 s. Adde V.
250 CAPITOLO QUINTO

Per una ricognizione della disciplina di diritto processuale civile internazio-


nale delle due sentenze converrà quindi partire dai dati emersi in relazione
all’applicazione delle norme della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre
1968 sulla competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia
civile e commerciale.
La vicenda all’origine della pronuncia è semplice: la Dresdner Bank AG,
tedesca, adiva il Tribunal de grande instance di Grasse sulla base dell’art. 1167
del code civil, al fine di ottenere la declaratoria di inefficacia, nei propri con-
fronti, dell’atto mediante il quale i propri debitori, i coniugi Reichert, avevano
donato al figlio la nuda proprietà di beni immobili situati nel territorio del co-
mune di Antibes, nel Dipartimento francese delle Alpi Marittime. La Cour
d’appel di Aix-en-Provence, dinanzi alla quale i coniugi Reichert avevano im-
pugnato la sentenza del tribunal contestandone la competenza, rilevato che
l’unico punto di contatto della controversia con l’ordinamento francese era dato
dal luogo di situazione dei beni oggetto della donazione, reputò necessario ri-
volgersi al giudice comunitario per sapere se tale circostanza potesse essere ri-
levante ai fini della determinazione della competenza.
La prima questione interpretativa sollevata da questa vicenda venne sotto-
posta alla Corte di Giustizia per verificare la sussistenza, nel caso di specie, del
criterio di competenza fissato dall’articolo 16 punto 1 della Convenzione di
Bruxelles (forum rei sitae) 2.
Nella decisione del 10 gennaio 1990, C-115/88, Reichert e Kockler (d’ora in
poi Reichert I), la Corte di giustizia escluse che un’azione revocatoria ordinaria
di diritto francese, diretta a paralizzare gli effetti della cessione della nuda pro-
prietà di un immobile, rientrasse nella fattispecie della norma3.

FUENTES CAMACHO, 1993, pp. 440 ss.; P. VOLKEN, 1993, pp. 360 ss.; P. MARCHAL, 1994, pp. 160
ss.; ANTON A.E., BEAUMONT P.R., 1995, p. a4.
2
Corte di giustizia, 10 gennaio 1990, Reichert I, e i commenti di B. ANCEL, 1990, pp. 154
ss.; J.-M. BISCHOFF, 1990, pp. 503 ss.; A. BORRÀS RODRÍGUEZ, 1990, pp. 1133 ss.; T. HARTLEY,
1991, pp. 69 ss.; P. SCHLOSSER, 1991, pp. 29 ss.; H. TAGARAS, 1990, pp. 684 ss.; P. VLAS, 1992,
pp. 402 ss.; P. VOLKEN, 1991, pp. 128 ss. Adde S. ALVAREZ GONZÁLEZ, 1990, n° 55, pp. 1 ss.;
ANTON A. E., BEAUMONT P.R., 1992 p. a2; O. FIUMARA, 1990, pp. 205 ss.; J. J. FORNER
DELAYGUA, 1991, pp. 625 ss.; P. MORI, 1990, pp. 2475 ss.; J. C. SCHULTSZ, 1991, n° 572.
3
In conseguenza di questa sentenza la qualificazione di “azione in materia di diritti reali
immobiliari” è stata disattesa anche dal giudice austriaco chiamato ad applicare la Convenzione di
Lugano, in una pronuncia successiva al caso Reichert I. Bisogna precisare che l’ordinamento
austriaco utilizza una disposizione analoga all’art. 16-1, contenuta nell’art. 81 Jurisdiktionsnorm
austriaca, nei casi di azione revocatoria con elementi di estraneità. La qualificazione di diritto
interno è stata però sacrificata in nome delle esigenze di uniformità e in segno di rispetto verso la
giurisprudenza della Corte di giustizia. Si veda la relazione di H. BULL, G. MUSGER, F. POCAR,
Deuxième Rapport sur la jurisprudence des tribunaux nationaux et relative à la Convention de
Lugano, Bruxelles 15 septembre 2000, SN 4216/00. Il giudice austriaco ha così dimostrato una
significativa sensibilità nell’applicazione del “sistema di diritto processuale” pensato per risolvere
i conflitti di giurisdizione in Europa e realizzato dalle Convenzioni di Bruxelles e Lugano.
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 251

Nonostante la declaratoria di incompetenza e il rigetto della domanda con-


seguente alla pronuncia della Corte, la Dresdner Bank insistette sulla competen-
za giurisdizionale francese nella controversia che proseguiva contro i coniugi
Reichert, provocando un nuovo rinvio alla Corte di giustizia da parte del giudice
francese. Così, tre anni più tardi, la Corte si trovò investita della stessa questio-
ne pregiudiziale (relativa alla competenza del giudice francese) ma alla luce di
altre norme, indicate dal giudice di rinvio nell’art. 5-3 (locus commissi delicti),
nell’art. 16-5 (foro dell’esecuzione) e nell’art. 24 (foro dei provvedimenti prov-
visori e cautelari) della Convenzione.
La formulazione delle questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte dal giu-
dice del rinvio, e la circostanza che sono state ben quattro le norme della Con-
venzione indicate come astrattamente applicabili confermano, se ce ne fosse
bisogno, la complessità che presenta la qualificazione della fattispecie: le quat-
tro ipotesi d’inquadramento già note e discusse sin dal diritto comune confer-
mano la già segnalata fluidità degli istituti in esame4.
Nelle proprie osservazioni in limine alla seconda causa Reichert, la Com-
missione ha espressamente sottolineato “quanto sia difficile definire autono-
mamente la natura giuridica dell’azione pauliana ai fini dell’applicazione della
convenzione, in quanto negli Stati membri in cui esiste essa presenta significa-
tive differenze e, negli Stati membri in cui non è prevista, essa si riconnette ad
azioni che hanno natura affine ai fallimenti o ai concordati ex art, 1, secondo
comma, della convenzione, azioni che pertanto sono escluse dall’ambito di ap-
plicazione della convenzione medesima”5.
La prima ipotesi ricostruttiva affrontata dalla Corte di giustizia nella senten-
za Reichert I riproponeva l’antica alternativa tra natura reale o personale
dell’azione6.
Infatti si è chiesto alla Corte di chiarire se la domanda diretta a rendere i-
nopponibile al creditore una donazione di beni immobili lesiva dei suoi diritti
possa rientrare nella definizione autonoma di “materia di diritti reali immobilia-
ri”. In tal caso, nell’interpretazione dell’art. 16-1 si dovrebbe avere riguardo non
tanto al tipo di azione esperita (reale, personale o mista) quanto alla sostanza del
diritto, cioè alla natura dei diritti che vengono concretamente in rilievo nel giu-
dizio.

4
Si veda sopra, par. 2 ss., pp. 62 ss.
5
Si veda la Relazione d’udienza presentata nella causa Reichert II, in Raccolta, 1992, I, p.
2157. Peraltro, già nella Relazione d’udienza presentata in occasione della decisione Reichert I, in
Raccolta, 1990, I, p. 30, la Commissione auspicava l’accoglimento di una qualificazione auto-
noma della nozione stessa di azione pauliana, rilevando, al tempo stesso, le difficoltà derivanti
dalle divergenze d’opinione esistenti sulla natura di tale azione.
6
Sopra, par. 3 ss., pp. 65 ss.
252 CAPITOLO QUINTO

Per quanto “seducente”7, si tratta di un’interpretazione criticabile sotto di-


versi profili8.
La Corte ha ritenuto non applicabile al caso di specie l’art. 16-1, sulla scorta
di alcuni punti fermi della propria giurisprudenza, come la necessità di interpre-
tare le competenze in deroga al foro generale in via restrittiva e secondo le fina-
lità loro proprie. La Corte non ha però mancato di rilevare che l’actio pauliana
“ha il suo fondamento nel diritto di credito, diritto personale del creditore nei
confronti del debitore, e mira a proteggere la garanzia di cui il primo può di-
sporre sul patrimonio del secondo”9.
Un primo dato che può ricavarsi dalla sentenza Reichert I, è dunque relativo
alla caratterizzazione dell’actio pauliana come azione personale del creditore.
Un’altra interpretazione tradizionale è stata suggerita dalla Commissione
nelle osservazioni presentate in relazione al primo procedimento10. Tale inter-
pretazione colloca l’azione pauliana nella materia dei delitti o quasi-delitti di cui

7
Così, nelle sue conclusioni relative al caso Reichert I (22 novembre 1989, in Raccolta,
1990, I, pp. 33 ss. P.to 11), l’Avvocato generale Jean Mischo.
8
L’ipotesi ricostruttiva in esame, oltre a non essere rispettosa della ratio legis dell’art. 16-1,
ha il difetto di prendere in considerazione, come criterio di collegamento, un elemento che per
pura casualità sussiste nel caso di specie: la circostanza che l’atto che si presume in frode ai
creditori abbia ad oggetto un bene immobile. Se si accogliesse tale interpretazione, la disciplina
dell’actio pauliana non potrebbe essere ricostruita in modo unitario. Si perverrebbe alla
conclusione per cui la competenza giurisdizionale, nell’ambito di un identico rapporto giuridico,
varierebbe in funzione della natura, immobiliare o mobiliare, dei diritti patrimoniali del debitore,
oggetto dell’atto fraudolento.
9
Sentenza Reichert I, p.to 12. Per riferimenti alle pronunce della Corte che evidenziano la
necessità di limitare l’effetto derogatorio del foro generale si veda L. MARI, Il diritto processuale
civile, 1999, p. 252. L’orientamento della Corte relativamente alla definizione autonoma di “ma-
teria di diritti reali immobiliari” sembra ormai consolidato, tant’è che la Corte ha deciso con
ordinanza motivata (così come previsto dall’art. 104 n. 3 del regolamento di procedura per i casi
“che non danno adito ad alcun ragionevole dubbio”) una questione pregiudiziale sollevata sull’art.
16-1. Si veda Corte di giustizia, ord. 5 aprile 2001, Richard Gaillard c. Alaya Chekili, in
particolare il p.to 16: “Secondo la costante giurisprudenza risulta […] che non è sufficiente,
affinché trovi applicazione l’articolo 16-1, della Convenzione di Bruxelles, che l’azione riguardi
un diritto reale immobiliare o che abbia un nesso con un immobile. Occorre al contrario che
l’azione sia fondata su un diritto reale e non su un diritto di obbligazione, salvo l’eccezione
prevista per la locazione di immobili”. Si veda poi, con riferimento ad una fattispecie di resulting
trust, Corte di giustizia, 17 maggio 1994, Webb c. Webb, p.to 17 ss.
10
Si veda la Relazione d’udienza presentata nella causa Reichert I, cit., p. 32. Già l’atto
introduttivo del giudizio presso il Tribunal de grande instance di Grasse conteneva riferimenti
all’art. 5-3 della Convenzione. Secondo P. JUCKER, Der internationale Gerichtsstand der
schweizerischen paulianischen Anfechtungsklage, 2007, pp. 398 ss. l’azione revocatoria di diritto
svizzero va qualificata ex delicto ai fini dell’applicazione dell’art. 5-3 della Convenzione di
Lugano.
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 253

all’art. 5-3, sulla base della considerazione che l’elemento della frode è comune
agli ordinamenti che contemplano tale azione11.
La funzione dell’azione pauliana, generalmente prodromica all’esecuzione
forzata e tesa a garantirne l’efficacia ha portato il giudice del rinvio a chiedere
se l’istituto potesse essere qualificato misura esecutiva, conducendo all’ap-
plicazione dell’art. 16-5, ovvero misura conservativa, conducendo all’ap-
plicazione dell’art. 24 della Convenzione di Bruxelles.
La Corte di giustizia ha però escluso l’applicabilità di tutti i criteri di com-
petenza ora elencati all’azione pauliana di diritto francese e dal punto di vista
“dogmatico” la sua interpretazione appare corretta: solo a prezzo di un’indebita
manipolazione dei concetti espressi nell’art. 16 e dell’art. 24 essa avrebbe potu-
to ritenere l’actio pauliana un’azione reale, conservativa, esecutiva o sanziona-
toria di un illecito civile. La soluzione della Corte si giustifica per il rispetto del
dato testuale ricavabile dalla Convenzione di Bruxelles ma purtuttavia non esi-
me dall’interrogarsi de iure condendo sulla opportunità di inserire un nuovo
numero nell’ambito dell’art. 16 (oggi l’art. 22 del regolamento Bruxelles I) al
fine di attribuire al giudice del luogo di situazione del bene ricercato dal credito-
re una competenza esclusiva a conoscere le azioni revocatorie che hanno ad og-
getto gli atti traslativi di detto bene. Sebbene questa soluzione non sia stata a
tutt’oggi prospettata né dalla giurisprudenza della Corte, né dalla dottrina, ci
pare che avrebbe meritato qualche riflessione ulteriore12.

11
J.J. FORNER DELAYGUA The Actio Pauliana under the ECJ: A Critical Look on Reichert II,
2003, pp. 291 ss. pur evidenziando il pericolo di dispersione dei fori competenti insito nell’in-
quadramento della pauliana nell’art. 5-3 (principio dell’ubiquità sancito dalla sentenza Bier c.
Mines de Potasse d’Alsace del 30 novembre 1976; scelta tra diversi fori del domicilio come
effetto delle competenze per connessione derivanti dal litisconsorzio necessario della pauliana
ecc.), richiama il principio di uguaglianza: se l’attore ha il beneficio del foro speciale quando
chiede il risarcimento di un danno commesso senza colpa e involontariamente dal convenuto
come negargli questa possibilità in relazione a un danno causato da un atto volontariamente posto
in essere da quest’ultimo? Favorevole all’inquadramento dell’azione revocatoria nella materia dei
delitti e quasi-delitti è anche A. HUET, Nota, 1993, p. 462. Più prudente l’opinione di B. ANCEL,
1992, p. 725, già con riferimento al caso Reichert I, secondo cui le evidenti affinità dell’istituto
con il modello delittuale non devono spingere ad una frettolosa qualificazione ai sensi dell’art. 5-
3, permettendo così all’attore di superare la regola actor sequitur forum rei, perno della Con-
venzione. È opportuno ricordare che parte della dottrina civilistica francese già riconduceva
l’action paulienne alla disciplina dell’illecito di cui agli artt. 1382 e 1383 del code civil come
ricordato sopra pp. 86 ss.
12
La questione prospettata nel testo è stata discussa dal giudice australiano nel caso Singh v.
Singh (2009) deciso dalla Western Australian Court of Appeals il 26 febbraio 2009, che ha
ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice australiano per conoscere di un’azione
corrispondente all’actio pauliana (una derivazione della regola sancita dallo Statute of 13th
Elisabeth, per cui v. sopra, pp. 96 ss.) e mirante a far dichiarare il carattere fraudolento
dell’alienazione di un immobile situato in Malesia, effettuata dal debitore dell’attore a vantaggio
della moglie e della figlia. La regola tradizionale, detta Mozambique Rule dal caso British South
254 CAPITOLO QUINTO

2. Le sentenze Reichert della Corte di giustizia e la disponibilità di fori speciali


per l’attore in revocatoria

Dal momento che la Corte di giustizia non ha ritenuto corrette le interpreta-


zioni che precedono è sembrato ovvio ritenere che l’attore in revocatoria non
disponesse di alcun foro alternativo a quello del domicilio del convenuto13.
Si è soliti evidenziare, a questo proposito, che nel sistema della Convenzio-
ne, i criteri di giurisdizione in deroga al principio actor sequitur forum rei, so-
no, in generale, ispirati al principio di prossimità del giudice alla lite, che è a
sua volta espressione dei principi di economia processuale e buona amministra-
zione della giustizia14.
Ci pare che questi due principi stiano in un rapporto complementare tra loro,
posto che non si voglia ritenere, come sarebbe possibile, che il primo di essi è
ricompreso nel secondo. È infatti evidente che una buona amministrazione della
giustizia è incompatibile con sprechi di attività processuale e, viceversa, che
l’economia processuale garantisce, in qualche modo e fino a un certo grado, una
buona amministrazione della giustizia.
In ogni caso, due sono le norme della Convenzione che attuano il principio
di prossimità con riferimento alle controversie in materia di obbligazioni: l’art.
5-1 (forum destinatae solutionis) e l’art. 5-3 (forum commissi delicti). Stando
alle indicazioni della Corte tali criteri di giurisdizione si trovano in un rapporto
necessariamente complementare tra di loro15.

Africa Co. V. Companhia de Moçambique [1893] (AC 602), sancisce la carenza di giurisdizione
per qualsiasi azione relativa a beni immobili situati all’estero ed era stata invocata dal convenuto
sia nel primo che nel secondo grado di giudizio. La giurisdizione è stata fondata, in entrambi i
gradi di giudizio, sul carattere personale dell’azione diretta ad ottenere la dichiarazione che il
bene trasferito è meramente “held on trust” dagli acquirenti in fraudem. Per un’affermazione della
natura cognitoria del giudizio relativo all’accertamento della simulazione e di quello avente ad
oggetto l’accertamento dei presupposti della revocatoria, da cui consegue l’esclusione di una loro
assimilazione ai giudizi di natura esecutiva, si veda in particolare Cass. sez. un., 10 gennaio 2003,
n. 261, Madane S.A. c. Ditta F.lli Lombardi S.p.A, e la nota di M. FABIANI, La comunitarizzazione
della revocatoria transnazionale, 2004, pp. 375 ss.
13
B. ANCEL, nota alla sentenza Reichert II, 1992, p. 726: “Il est indispensable de sauvegarder
l’autonomie de [l’action paulienne], de l[a] préserver des rigidités qu’impose l’intégration dans
une institution particulière – le délit – s[i elle] ne doit pas perdre sa vocation générale
d’intervention. [S]ur le plan de la compétence internationale, il serait peu opportun de permettre
au créancier de négliger, au fil de ses intérêts, ceux que protège la règle actor sequitur forum rei
[…]”.
14
La Corte enuncia frequentemente i principi indicati nel testo alla stregua di canoni
interpretativi della Convenzione. Si veda, ad esempio, la sentenza Reichert I, punti 9-10 e l’analisi
di L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, pp. 172 ss., spec. p. 177.
15
Si veda, in particolare, il principio indicato dalla Corte di giustizia, 27 settembre 1988,
Kalfelis c. Schröder, 1988, pp. 5565 ss., p.to 18, secondo cui la materia dei “delitti o quasi-delitti”
comprende “qualsiasi domanda che miri a coinvolgere al responsabilità di un convenuto e che non
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 255

Proprio questo dato è all’origine di un primo interrogativo per l’interprete,


sollecitato a interrogarsi sulla completezza del sistema: ci si chiede, in altre pa-
role, se l’assenza di fori speciali per istituti come quello dell’actio pauliana ri-
sponda all’esigenza di limitare la disponibilità di fori alternativi a quello genera-
le oppure rifletta la dicotomia del sistema di origine romana delle obbligazioni che
distingue la responsabilità contrattuale dalla responsabilità extracontrattuale16.
La prima soluzione sarebbe il sostegno logico della natura processuale
dell’azione revocatoria ordinaria, mentre la seconda imporrebbe di qualificare
gli aspetti sostanziali che essa presenta: ascrivendoli all’area dell’illecito, a
quella del contratto oppure al c.d. terzo genere di rapporti obbligatori.

3. La valorizzazione degli aspetti sostanziali dell’actio pauliana e le sue conse-


guenze per il diritto processuale uniforme

Valorizzando gli aspetti sostanziali dell’azione revocatoria ordinaria diviene


possibile chiedersi se l’art. 5 offra un foro speciale all’attore che chiede la revo-
ca. Questo punto di vista consente d’illustrare un problema cruciale per l’intelli-
genza del “sistema” di Bruxelles, se di sistema si può (ancora) parlare. Ci si de-
ve chiedere, a questo proposito, se la Convenzione privilegi, di fatto, i creditori
di talune obbligazioni, offrendogli dei fori alternativi, ovvero consenta l’in-
quadramento di qualsiasi tipo di obbligazione nella sfera disegnata dagli artt. 5-
1 e 5-3?
Posta in questi termini, la questione, si inserisce nel più ampio dibattito rela-
tivo all’esistenza di una terza categoria di obbligazioni che imponga di superare
la tradizionale dicotomia gajana secondo cui: “omnis enim obligatio vel ex con-
tractu nascitur vel ex delicto” 17.
La discussione non è puramente teorica e la sua rilevanza pratica è notevole
in più branche del diritto. Da un punto di vista comparatistico, si osserva che in

si ricolleghi alla ‘materia contrattuale’ di cui all’art. 5 n. 1”. Tale principio è stato ribadito dalla
Corte con la sentenza 27 ottobre 1998, Réunion européenne SA e al. c. Spliethoff’s
Bevrachtingskantoor BV, Capitano della nave “Alblasgracht V002”, pp. 6511 ss. Rileva una
contraddizione tra il principio espresso da queste sentenze e la sentenza del 17 giugno 1992,
Handte c. TMCS, p. 3967, V. HEUZÉ, De quelques infirmités congénitales du droit uniforme,
2000, p. 606.
16
A tutt’oggi la Corte di Giustizia non ha ancora espresso un orientamento sicuro. L. MARI,
Il diritto processuale civile, 1999, pp. 255 ss., spec. p. 277, suggerisce la possibilità di applicare il
criterio di competenza fissato dall’art. 5-1, ponendo in rilievo la natura contrattuale del rapporto
dedotto in giudizio, ossia la donazione di cui la Dresdner Bank chiedeva la revoca per frode.
17
Gai III, 88. Il testo può leggersi in E. NARDI, Istituzioni di diritto romano, 1986, p. 86.
Sulle suddivisioni delle obbligazioni e sulla possibilità di mantenere la dicotomia gaiana, purché
rivisitata, si veda ancora L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, pp. 255 ss.; F. D. BUSNELLI,
Itinerari europei nella “terra di nessuno” tra contratto e fatto illecito, 1991, pp. 539 ss.
256 CAPITOLO QUINTO

alcuni ordinamenti come quello francese la civilistica tende a distinguere e stu-


diare separatamente il contratto l’illecito e (sotto)-categorie come quella dei
“quasi-contratti” e quella dei “quasi delitti”; in altri ordinamenti, ad esempio
quello inglese, la disciplina del tort è sufficientemente elastica da ricomprende-
re persino materie che ad un giurista continentale sembrerebbero maggiormente
pertinenti all’area del contract18, mentre la categoria dei quasi-delict si risolve
nella disciplina dell’arricchimento ingiustificato (unjust enrichment).
L’uso di espressioni colorite come “la terra di nessuno tra contratto e illeci-
to” o “borderline claims” non fa che enfatizzare e, allo stesso tempo, sdramma-
tizzare il disagio di fronte alle ambiguità di istituti che non sono immediatamen-
te riconoscibili come fenomeni contrattuali o ascrivibili all’area dell’illecito. Per
questo genere di pretese, è stato affermato che la Convenzione non consente
alcuna deroga al foro generale del domicilio del convenuto19. D’altra parte, si è
anche rilevato che le argomentazioni della Corte, in particolare il riferimento
puntuale alla giurisprudenza Kalfelis, possono essere interpretate come un sug-
gerimento alla qualificazione dell’action paulienne come azione “in materia
contrattuale” e rendere applicabile l’art. 5-120. Vale a dire che un foro speciale è
dato all’attore anche per azioni come la pauliana, ma la Dresdner Bank, attrice
nella controversia Reichert, ha mancato di individuarlo.
Depone nel senso di questa soluzione anche la necessità di mantenere unito,
per quanto possibile, il contenzioso su un determinato contratto.
Una conferma di questa tesi può trarsi dalle indicazioni espresse dalla Corte
di giustizia in occasione della sentenza Frahuil del 5 febbraio 2004, laddove si
lascia intendere che, se la responsabilità del convenuto può essere ricondotta a
un contratto, essa dà luogo all’applicazione dell’articolo 5-1 della Convenzione

18
Il Common Law distingue tradizionalmente le actions in contract dalle actions in tort
“because for non pecuniary harm arising from breach of contract only nominal damages are
awarded” (A. BLOMEYER, Types of Relief Available, 1982, p. 16). Tuttavia, in ambiti come quello
della responsabilità professionale, anche in presenza di un contract, si ricorre alla categoria del
tort of negligence. Si veda A. DI MAJO, La protezione del terzo tra contratto e torto, 2000, pp. 1
ss. Bisogna però fare attenzione perché il Common Law, in quanto frutto della stratificazione di
regole giuridiche nate per risolvere problemi contingenti, non si presta alle classificazioni usuali
al giurista continentale. È opportuno ricordare che in Gran Bretagna il diritto è stato considerato
una disciplina squisitamente tecnica fino al secolo XIX, quando è stato istituito il primo
insegnamento universitario in materia (1877). Così accade che la Halsbury’s Encyclopedia of the
Laws of England, 1952-1962, divisa in 175 parti assolutamente disomogenee tra loro, pone sullo
stesso piano voci come Equity e Torts rispetto a voci quali Explosives e Trespass and Nuisance.
Alla mancanza di una divisione sistematica del diritto ha inoltre contribuito il fatto che la
giurisdizione delle Corti superiori inglesi è unica e queste ultime affrontano qualsiasi questione
giuridica civile, penale, amministrativa etc. Per una panoramica sulle classificazioni possibili nel
diritto inglese si veda T. WEIR, The Common law system, 1971, pp. 77 ss.
19
Cfr. B. ANCEL, Nota, 1992, pp. 720 ss.
20
L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, p. 277.
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 257

di Bruxelles quand’anche sia un terzo a portare la controversia di fronte al giu-


dice21.

Sezione II:
Il diritto processuale italiano

4. Il ricorso al foro speciale in materia contrattuale nel caso Corkran

La vicenda Corkran ha dato alla Corte di cassazione italiana l’occasione per


fare il punto sull’art. 5-1 della Convenzione di Bruxelles, richiamato dall’art. 3,
comma 2°, della legge 218/9522. La decisione arricchisce la già cospicua elabo-
razione che ha avuto ad oggetto il criterio di competenza in materia contrattuale
nel sistema della Convenzione23 e potrebbe essere utilizzata per risolvere un
problema interpretativo rimasto inalterato nel nuovo testo dell’art. 5-1 del Rego-
lamento Bruxelles I: quello se sia possibile individuare un foro speciale per ogni
rapporto sostanziale in contestazione. Le sezioni unite rispondono affermativa-
mente, quanto meno in materia di obbligazioni, riconoscendo la disponibilità
del forum destinatae solutionis all’attore che chiede la revoca di un contratto
che minaccia la solvibilità del suo debitore.
All’origine del contenzioso vi è una crisi matrimoniale. Pendente giudizio di
scioglimento del matrimonio di fronte al giudice inglese, la moglie si vede asse-
gnare crediti alimentari con più ordinanze. All’incirca nello stesso periodo, il
marito, debitore di alimenti, vende una proprietà immobiliare, che si è autoriz-
zati a credere assai redditizia, situata in Italia. Il contratto di vendita è stipulato
in Italia da una procuratrice speciale del venditore. La procuratrice e la contro-
parte sono residenti in Italia. Quest’ultimo è amministratore e legale rappresen-
tante di una società con sede nelle Isole Vergini Britanniche, che diviene acqui-
rente del bene.

21
Corte di Giustizia, 5 febbraio 2004, Frahuil, p.ti 24 e 25.
22
Cass. sez. un. 7 maggio 2003, n. 6899, Corkran c. Casa Napoleone Ltd, p.to 6, 2000, col.
2701 s.
23
Per un esame della cospicua giurisprudenza sull’art. 5-1 fino al giugno 1999, si veda, per
tutti, L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, pp. 254 ss. Nella dottrina francese si può fare
riferimento a H. GAUDEMET-TALLON, Compétence et exécution des jugements, 2002, pp. 127 ss. e
V. HEUZÉ, De quelques infirmités congénitales du droit uniforme, 2000, pp. 595 ss. Si vedano
anche M. DE CRISTOFARO, Il foro delle obbligazioni, 1999, passim, P. FRANZINA, La giurisdizione
in materia contrattuale, 2006, passim. Inoltre, la Corte di giustizia pubblica sul proprio sito un
importante indice delle note alle decisioni emesse dalla stessa Corte e dal Tribunale di primo
grado (ad es. i riferimenti alle decisioni rese dalla Corte negli anni dal 1989 al 2002 si trovano
all’indirizzo: http://europa.eu.int/cj/it/coopju/apercu_reflets/common/recdoc/notes/notes_vol2_-
89-2002.pdf ).
258 CAPITOLO QUINTO

La moglie, domiciliata in Inghilterra, adisce il Tribunale di Arezzo chieden-


do l’accertamento della simulazione assoluta del contratto intercorso tra il suo
ex marito e la società acquirente; o, in subordine, la declaratoria di inefficacia
nei suoi confronti di tale contratto, concluso al solo fine di pregiudicare il sod-
disfacimento delle proprie ragioni di credito.
L’attrice aveva indicato molteplici criteri su cui fondare la giurisdizione ita-
liana e in particolare:
1) il forum rei [ai sensi dell’art. 3, 1° comma, della legge di riforma (d’ora
in poi l. 218/95), in ragione del domicilio della procuratrice speciale del vendi-
tore, da considerare rappresentante autorizzato a stare in giudizio ai sensi
dell’art. 77 c.p.c.; e ai sensi degli artt. 2 e 53 Convenzione di Bruxelles (d’ora in
poi Convenzione), in quanto la sede effettiva della società acquirente doveva
situarsi in Italia24];
2) la competenza per connessione ex art. 6-1 Convenzione [nel caso in cui
fosse stata accertata la sussistenza del forum rei per almeno uno dei due conve-
nuti si sarebbe reso applicabile l’art. 6-1, per il combinato disposto dell’art. 3,
1° comma e l’art. 3, 2° comma l. 218/9525];
3) il forum destinatae solutionis [5-1 Convenzione, richiamato dall’art. 3, 2°
comma l. 218/95];

24
Com’è noto, l’accertamento della sede come criterio di applicabilità della Convenzione di
Bruxelles impone al giudice italiano di prendere in considerazione la sola sede statutaria e non la
sede effettiva salvo il caso in cui questa si trovi in Italia [art. 53 Convenzione e art. 25 l. 218/95].
Vedi per tutti L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, pp. 213 ss. e sui “criteri di
appartenenza” delle società v. T. BALLARINO, La società per azioni nella disciplina interna-
zionalprivatistica, 1994, pp. 11 ss. Per approfondimenti sull’attuale “situazione comunitaria della
sede”, si vedano, dello stesso autore, Les règles de conflit sur les sociétés commerciales, 2003,
pp. 374 ss.; nonché From Centros to Ubersëering, 2002, pp. 203 ss.; e, da ultimo, Sulla mobilità
delle società nella Comunità Europea, 2003, pp. 669 ss. Sulle conseguenze della giurisprudenza
comunitaria per l’autonomia normativa degli Stati, con particolare riferimento al c.d. Delaware
Effect, si veda M. BENEDETTELLI, Libertà comunitarie di circolazione, 2001, pp. 569 ss.
25
Cass. sez. un., 30 giugno 1999, n. 370, Palmeri e Scerra c. Banco di Sicilia s.p.a.,
Augurship 33 Ltd., Butterfly Investment Corporation Ltd., 2000, pp. 745 ss., avevano già ritenuto
applicabile l’art. 6-1 Convenzione, in un caso analogo a quello in esame, ove erano stati posti in
discussione due successivi conferimenti in società della nuda proprietà di beni immobili. Parte
attrice aveva esercitato l’azione di simulazione assoluta e, in subordine, l’azione revocatoria
ordinaria, per non subire le conseguenze nefaste dei due conferimenti, che diminuivano
sensibilmente la garanzia generica del debitore. Due dei convenuti, (i coniugi Palmeri) risultavano
domiciliati a Catania, mentre le società beneficiarie dei conferimenti erano di diritto inglese con
sede a Londra. Prevalendosi di quanto disposto dall’art. 6-1 Convenzione di Bruxelles, il Banco
di Sicilia s.p.a. aveva convenuto tutti di fronte al Tribunale di Catania. Nel caso esaminato nel
testo l’art. 6-1 Convenzione di Bruxelles non trovava applicazione per proprio vigore, poiché
nessuno dei convenuti da attrarre in Italia poteva ritenersi domiciliato (o avente sede) in uno Stato
contraente.
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 259

4) il forum commissi delicti [5-3 Convenzione, richiamato dall’art. 3, 2°


comma l. 218/95].
Malgrado l’abbondanza dei collegamenti con l’ordinamento italiano, evocati
dall’attrice, prima il Tribunale di Arezzo, poi la Corte di Appello di Firenze a-
vevano dichiarato il difetto di giurisdizione dei nostri giudici, ritenendo che non
si verificasse nessuna delle circostanze che l’art. 3 della legge 218/95 indica
come sufficienti a fondarla26.
Procedendo con ordine, si può osservare che l’applicabilità della Conven-
zione di Bruxelles proprio vigore, era esclusa dalle seguenti circostanze: 1) il
marito risultava domiciliato a Singapore; 2) anche la sede statutaria della So-
cietà acquirente era fuori dal campo di applicazione rationae personae della
Convenzione di Bruxelles (Isole Vergini Britanniche), né era stato provato che
la sua sede effettiva o una sua sede secondaria fosse in Italia; 3) in virtù
dell’acquis Reichert, l’azione revocatoria ordinaria non poteva attribuire una
competenza esclusiva né al giudice italiano dell’esecuzione (art. 16-5 Conven-
zione), né al giudice italiano del luogo di situazione dell’immobile (art. 16-1
Convenzione); 4) infine, non vi era stata nessuna proroga di competenza a favo-
re di un giudice comunitario. Pertanto, la giurisdizione italiana poteva essere
fondata soltanto sulla legge 218/9527.
Scontata l’inapplicabilità del primo comma dell’art. 3 legge di riforma28 in
quanto la sede statutaria della società non era in Italia, la giurisdizione italiana
non avrebbe potuto essere fondata se non sui criteri di giurisdizione indicati per
le obbligazioni dall’art. 5-1 e 5-3 della Convenzione di Bruxelles, richiamati
dalla prima parte del secondo comma dell’art. 3 legge 218/95. Tali articoli sono

26
In particolare, come si evince dal testo della sentenza Corkran il giudice a quo aveva
ritenuto: 1) che la procuratrice speciale del venditore non potesse essere considerata un
rappresentante del convenuto ai sensi dell’art. 77 c.p.c. in quanto dotata di una semplice procura
speciale senza il conferimento del potere di stare in giudizio; 2) che non era stato provato che la
società Casa Napoleone Ltd. con sede legale fuori dall’Italia, avesse la sede effettiva o una sede
secondaria in Italia; 3) che fossero irrilevanti le circostanze che l’immobile amministrato da tale
società fosse in Italia e che qui risiedesse anche l’amministratore e il legale rappresentante di tale
società alla data della domanda (sic!); 4) che la questione di sapere se tale amministratore dovesse
ritenersi institore, perciò dotato del potere di stare in giudizio per la società, risultava preclusa per
non aver formato oggetto di impugnazione; 5) che non essendo nessuno dei convenuti domiciliato
in Italia neppure poteva operare l’art. 6-1 Convenzione, richiamato dall’art. 3, 2° comma, prima
parte, legge 218/95.
27
Invero, la Corte di cassazione si sofferma a lungo sull’art. 3 legge 218/95, nonostante i
giudici di merito avessero rettamente inteso il senso delle regole che vi si trovano sancite. La
Corte ha avvertito l’esigenza di sottolineare che, una volta esclusa l’applicabilità del primo
comma, cioè dei criteri di connessione personali (forum rei), il secondo comma sancisce alcuni
criteri di giurisdizione successivi rispetto al comma primo, ma che trovano applicazione, in via
esclusiva, in funzione dell’appartenenza o meno della controversia alla materia civile e
commerciale. Si veda la sentenza Corkran, p.to 4. La dottrina è unanime sul punto.
28
Ivi, p.to 3.
260 CAPITOLO QUINTO

stati modificati dal regolamento Bruxelles I ma le modifiche incidono, e solo in


parte, sul momento di collegamento e non sulla fattispecie. In altre parole, si
crede che la soluzione elaborata dalle Sezioni Unite per il caso Corkran, con
riferimento alle norme della Convenzione di Bruxelles richiamate dall’art. 3, 2°
comma legge 218/95 e tutto il ragionamento che la sorregge, potrebbero essere
trapiantati al regolamento Bruxelles I.
Alla luce della sentenza della Corte, si può affermare che possono giovarsi
del foro speciale “in materia contrattuale” tutti i terzi, tra i quali, come nel caso
di specie, i creditori di un contraente che si assumono lesi nelle loro ragioni di
credito in conseguenza di un contratto simulato o revocabile. Una volta chiarita
l’appartenenza della controversia alla materia contrattuale, la Corte non si di-
lunga sulla obbligazione dedotta in giudizio. Nel caso di specie, non è neppure
stata indicata l’obbligazione rilevante per il criterio di collegamento (che era
senz’altro quella di consegna del bene, da destinare alla garanzia del credito), in
quanto tutti gli elementi del contratto “conducevano” al Tribunale di Arezzo
(luogo di esecuzione di entrambe le obbligazioni principali della vendita: con-
segna e pagamento del prezzo)29.

5. Segue. L’apparente inesistenza di titoli di giurisdizione nonostante la stretta


connessione tra i fatti di causa e l’ordinamento italiano

La soluzione del dubbio interpretativo residuato dopo le sentenze Reichert è


stato risolto dalla Cassazione italiana in totale autonomia, nell’assenza di qual-
sivoglia indicazione della Corte di giustizia sull’applicabilità dell’art. 5-1.
La decisione di non adire la Corte potrebbe anche rispondere a una presa di
posizione precauzionale delle sezioni unite30. Una sentenza che avesse negato la

29
Ivi, p. 13, col. 2705.
30
Senza prendere in esame la questione dell’applicabilità del Protocollo di Lussemburgo
all’art. 3, 2° comma, prima parte, della legge 218/95, si può ricordare che essa appare esclusa se si
intende interpretare tale richiamo come recezione materiale o rinvio ricettizio; mentre l’ope-
ratività di detto Protocollo deve essere ammessa se si interpreta l’art. 3, 2° comma, come rinuncia
del legislatore italiano ad un’autonoma disciplina della giurisdizione, per quelle materie di cui si
occupa la Convenzione di Bruxelles. In questo senso L. MARI, Delimitazione della giurisdizione
italiana mediante rinvio, 1996, col. 371 ss. e errata corrige di p. 245, in commento a Corte di
giustizia, 28 marzo 1995, Kleinwort Benson c. City of Glasgow District Council, 1995, pp. 617 ss.
ove la Corte si dice disponibile a conoscere questioni pregiudiziale disposte dai giudici degli Stati
membri al fine di interpretare norme interne che “rinviano” a disposizioni di diritto uniforme.
Anche tra coloro che sostengono la tesi del rinvio ricettizio non mancano opinioni favorevoli
all’applicabilità del Protocollo di Lussemburgo. Si veda G. GAJA, L’interpretazione di norme
interne riproduttive, 1995, pp. 757 s., che si richiama a una tesi già espressa in La Convenzione di
Bruxelles e la riforma della normativa comune, 1983, p. 748.; poi illustrata anche in Il rinvio alla
Convenzione di Bruxelles in tema di giurisdizione, 1997, pp. 31 ss.; T. BALLARINO, Diritto
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 261

giurisdizione italiana, avrebbe avuto l’effetto, nel caso di specie, di privare di


tutela giurisdizionale l’attrice, o, comunque, di lasciarle la scelta tra il giudice di
Singapore o quello delle Isole Vergini Britanniche (purché competenti secondo
la lex fori) per decidere una controversia in merito a un contratto concluso in
Italia, eseguito in Italia e relativo al passaggio di proprietà di un immobile sito
nel territorio italiano. Lo stretto collegamento tra l’ordinamento italiano e la
controversia sarebbe in grado di spiegare un eventuale atteggiamento di cautela
della Corte, preoccupata di mantenere il controllo giurisdizionale su questo tipo
di controversie.
Si evince, dalla decisione, che la competenza giurisdizionale del forum de-
stinatae solutionis sussiste ogni volta che sia posta in discussione una vicenda
contrattuale, anche da parte di un terzo, estraneo a tale vicenda, salvo i casi in

internazionale privato, 1999, pp. 113 s.; V. STARACE, Il richiamo dei criteri di giurisdizione,
1999, pp. 5 ss., spec. p. 27 e pp. 29 s.; S. BARIATTI, Commento all’art. 2, 1996, p. 896; R.
MARTINO, La giurisdizione italiana nelle controversie civili, 2000, pp. 465 ss. Critici circa la
possibilità di un rinvio interpretativo sono P. PICONE, Le convenzioni internazionali nella legge
italiana di riforma, 1998, pp. 214 ss., spec. pp. 218 s.; G. TESAURO, Diritto comunitario, 2005, p.
320, nt. 297; R. LUZZATTO, Commento all’art. 3, 1995, p. 934; T. TREVES, Commento all’art. 57,
1995, p. 1183, nt. 9; N. BOSCHIERO, Appunti sulla riforma, 1996, pp. 36 ss.; P. BIAVATI,
Giurisdizione civile, territorio e ordinamento aperto, 1997, pp. 21 ss., nt. 31. Una posizione
intermedia è assunta da F. POCAR, Le rôle des critères de compétence judiciaire, 1996, pp. 357
ss., spec. p. 366; A. GIARDINA, Il rinvio alle convenzioni di diritto internazionale privato e
processuale, 1997, pp. 169 ss., spec. p. 178, nt. 20. Per una sintesi delle diverse posizioni cfr. M.
DE CRISTOFARO, Il foro delle obbligazioni, 1999, pp. 234 ss. Bisogna a questo proposito rilevare
che la Corte di giustizia non limita la propria competenza all’interpretazione delle norme di diritto
comunitario vigenti, essendosi più volte dichiarata competente a pronunciarsi sull’interpretazione
di norme di fonte comunitaria inapplicabili per proprio vigore ma rese applicabili in forza di un
rinvio del legislatore nazionale. Così in numerose pronunce, che si richiamano al caso deciso il 18
ottobre 1990, Massam Dzodzi c. Etat Belge, p.to 37, la Corte ha giustificato la propria
competenza a interpretare norme nazionali che si conformano (o rinviano) a norme comunitarie
per la disciplina di situazioni puramente interne, sostenendo la necessità di evitare il rischio di
discriminazioni “a rovescio”: si veda Corte di giustizia, 17 luglio 1997, Leur-Bloem c. Inspecteur
der Belastingdienst, p.to 32; 15 gennaio 2002, Andersen og Jensen c. Skatteministeriet, p.to 18 e
11 dicembre 2007, Autorità garante della concorrenza e del mercato c. Ente tabacchi italiani,
p.to 21: quando una normativa nazionale si conforma, per le soluzioni che essa apporta a
situazioni puramente interne, a quelle adottate in diritto comunitario al fine, in particolare, di
evitare che vi siano discriminazioni nei confronti dei cittadini nazionali o eventuali distorsioni
della concorrenza, esiste un interesse comunitario certo a che, per evitare future divergenze
d’interpretazione, le disposizioni o le nozioni riprese dal diritto comunitario ricevano
un’interpretazione uniforme, a prescindere dalle condizioni in cui verranno applicate”. Inoltre, nel
caso deciso il 25 giugno 1992, Federazione italiana dei consorzi agrari c. Azienda di Stato, la
Corte ha affermato la propria competenza interpretativa su una disposizione di diritto comunitario
alla quale rinviava una clausola contrattuale (cfr. i p.ti 7 e ss. della motivazione della sentenza).
262 CAPITOLO QUINTO

cui tale applicazione conduca a un risultato palesemente contrario agli scopi


della Convenzione31.
Il principio sancito dalle sezioni unite serve a riconoscere il beneficio del fo-
ro speciale anche a chi esperisce un’azione revocatoria ordinaria e/o un’azione
di simulazione: in quanto consentono di incidere sull’efficacia o esistenza di un
contratto, esse appartengono alla “materia contrattuale”, esattamente come vi
rientrano le azioni di accertamento negativo delle obbligazioni contrattuali o le
azioni di nullità e annullamento del contratto32.
Da un punto di vista teorico non è corretto assimilare l’azione revocatoria
ordinaria a un’azione di annullamento poiché essa non ha l’effetto sostanziale di
porre nel nulla un contratto ma l’effetto processuale descritto dagli artt. 604 e
ss. c.p.c.33. Questo argomento ci ha portati ad escludere l’applicazione della lex
contractus all’azione revocatoria ordinaria: bisogna ora verificare se porti e-
gualmente ad escludere il forum contractus.
In primo luogo si deve dire che l’approccio dogmatico (che parte da una
qualificazione civilistica della fattispecie) può essere superato da una considera-
zione dell’assetto e della struttura dell’azione. Si deve poi tenere conto della
circostanza che i criteri di giurisdizione rispondono a esigenze diverse rispetto
ai criteri di individuazione della legge applicabile.
L’esistenza di un criterio generale di competenza garantisce al creditore la

31
Si veda la sentenza Corkran, p.ti 12, 12.1, 12.2., col. 2704 s.
32
Non esistono precedenti in materia nella giurisprudenza della Corte di giustizia CE, se si
esclude l’obiter dictum della decisione 4 marzo 1982, Effer s.p.a. c. Kantner, 1982, p. 825, ove la
stessa ha stabilito che il beneficio del foro speciale spetta all’attore anche quando la formazione
del contratto è contestata dal convenuto. La dottrina maggioritaria italiana è da sempre favorevole
all’utilizzo di un unico criterio di collegamento per entrambe le domande, sia di adempimento, sia
di accertamento negativo. Cfr. L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, pp. 298 ss. Si veda
però la diversa opinione di S. M. CARBONE, Il nuovo spazio giudiziario europeo, 2002, pp. 64 ss.,
spec. pp. 66 s., e Cass. sez. un., ordinanza 2 aprile 2003, n. 5108, Mestral Capital SA c. Mion,
2004, pp. 210 ss. con nota di T. KOFLER, Il forum destinatae solutionis nelle azioni di
accertamento negativo del credito e di nullità del contratto, 2004, pp. 212 ss. La dottrina francese
esprime il timore di incorrere in una contraddizione logica nell’applicare una norma prevista per
la “materia contrattuale” laddove non esiste un contratto. Si veda però A. HUET, Nota, 1982, pp.
383 ss., e Observations 2001, p. 137. Cfr. anche M.-É. ANCEL, Nota, 2001, pp. 158 ss. Nel diritto
civile interno la Cour de cassation ha trovato l’escamotage di applicare le competenze speciali in
materia contrattuale solo “en l’absence de contestation sérieuse sur l’existence du contrat”,
invece, nel diritto internazionale processuale, la dottrina ammette l’applicabilità dell’art. 5-1
senza vederne il sostrato sistematico, ritenendola una mera concessione alle esigenze di
uniformità di applicazione della Convenzione. Cfr. H. GAUDEMET-TALLON, Compétence et
exécution des jugements en Europe, 2002, p. 133. Da altro punto di vista, C. CONSOLO, Nuovi
problemi di diritto processuale, 2002, pp. 298 ss. sostiene che le critiche alla competenza del
forum contractus per domande di accertamento negativo celano un generale disfavore verso
azioni normalmente esperite solo per ottenere vantaggi processuali (procedural gains).
33
Si veda sopra par. 18, pp. 110 ss.
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 263

possibilità di citare sempre i due convenuti, il debitore e il suo avente causa, nel
domicilio di uno di essi. Nell’ambito del diritto processuale internazionale non
ha senso, pertanto, neppure l’argomentazione pratica svolta nell’analisi del pro-
blema sul conflitto di leggi: ancorando il momento di collegamento al contratto
in fraudem, si finisce per lasciare le parti libere di perpetrare la frode nel paese
che meno garantisce al creditore il soddisfacimento attraverso i mezzi di con-
servazione della garanzia generica. Il forum contractus, in quanto foro speciale
e facoltativo, soccorre e non pregiudica il creditore.

6. Il significato della “prossimità” nel sistema di Bruxelles richiamato dalla


legge di riforma

La tesi sostenuta dall’attrice e accolta dalle sezioni unite sottende una con-
cezione sistematica della Convenzione di Bruxelles e del diritto processuale
civile al quale essa ha dato vita34.
Tale concezione muove da una considerazione globale del sistema della
Convenzione e dal rilievo che in esso coesistono diverse tipologie di criteri di
giurisdizione: gli uni ispirati alla tutela delle c.d. parti deboli, da intendersi sia
in senso processuale (il convenuto), sia in senso sostanziale (il creditore di ali-
menti, il lavoratore, l’assicurato); gli altri ispirati al principio di prossimità e
miranti a distribuire la competenza giurisdizionale tra i giudici comunitari se-
condo obiettivi di politica del diritto processuale diversi, i quali hanno trovato
espressione nei fori speciali e in quelli esclusivi.
Gli obiettivi politici, soggiacenti ai fori speciali, si trovano solitamente rac-
chiusi nelle formule già ricordate di economia processuale e buona amministra-
zione della giustizia. Sembra che con tali espressioni la Corte di giustizia inten-
da fare riferimento a due valori da tutelare e promuovere, due obiettivi di politi-
ca del diritto, necessariamente complementari: l’efficienza e l’efficacia dell’at-
tività giurisdizionale, affinché non sia inutiliter data con danno per le parti e gli
ordinamenti giuridici, in pari misura, da una parte; l’individuazione del giudice
che si trova nella posizione migliore per assolvere la sua tipica funzione di ius
dicere, colui che più di altri può assicurare che giustizia sia resa alle parti,
dall’altra.
Non si deve poi dimenticare che tutto il sistema della Convenzione nasce
dalla volontà di garantire la certezza del diritto. In questo senso, la prevedibilità
del foro competente appare un principio fondamentale, come più volte ribadito
dalla Corte di giustizia.
Si deve però osservare che i parametri di valutazione della prevedibilità so-

34
La concezione del sistema di Bruxelles come un tutto organico, per il quale i singoli
concetti, principi e regole sono connessi e ordinati in modo unitario è delineata da L. MARI, Il
diritto processuale civile, 1999, pp. 155-197, 249-321.
264 CAPITOLO QUINTO

no più di uno. Per comprenderli, si può provare a immaginare un sistema rigido


che riconosca solo il forum rei. Si può dire che questo sistema ipotetico garanti-
sce la prevedibilità del foro competente? Essa è garantita in massimo grado nel-
la misura in cui ogni soggetto sa, ex ante, che potrà essere citato solo e invaria-
bilmente di fronte al giudice del proprio domicilio. Del pari i terzi sanno che il
contenzioso instaurato da una parte del rapporto sostanziale si svolgerà di fronte
al giudice del domicilio dell’altra. La certezza del foro non è però garantita, nel-
la misura in cui non è possibile stabilire ex ante il giudice di fronte al quale sarà
messo in discussione un determinato rapporto giuridico, perché ciò dipende da
chi prende l’iniziativa del giudizio.
Di converso, il foro speciale favorisce la concentrazione del contenzioso in
materia di obbligazioni perché consente di portare il contenzioso di fronte al
giudice più “prossimo”, dunque anche quello più prevedibile, secondo l’id quod
plerumque accidit.
La Corte di giustizia usa questi due significati della prevedibilità. Recente-
mente, la Corte ha ricordato che “uno degli obiettivi della Convenzione di Bru-
xelles è il potenziamento della tutela giuridica delle persone residenti nella Co-
munità, permettendo all'attore di identificare facilmente il giudice che può adire
così come al convenuto di prevedere ragionevolmente dinanzi a quale giudice
può essere citato”35.
Dal secondo punto di vista, prendendo come parametro il rapporto giuridico,
la Corte ha spesso insistito sull’esigenza di contenere il numero di fori compe-
tenti e ha stabilito il principio della non moltiplicazione dei fori con riferimento
ad un unico rapporto giuridico.
Nella sentenza DFDS Torline A/S del 5 febbraio 2004 la Corte ha ribadito
questi obiettivi di politica del diritto che animano i fori speciali: “I principi di
una corretta amministrazione della giustizia, della certezza del diritto nonché
[i]l principio di non moltiplicazione dei fori competenti con riferimento ad un
unico rapporto giuridico [...] come la Corte ha più volte affermato, costituiscono
gli obiettivi della Convenzione di Bruxelles”36.
Queste premesse illuminano la relazione esistente tra il foro generale e i fori
speciali, laddove non risulti espressamente regolata dal testo convenzionale,
come accade per le competenze esclusive (art. 16 Convenzione e art. 22 rego-
lamento). Mentre la dottrina maggioritaria francese ricostruisce questa relazione
su base gerarchica, enfatizzando il carattere di eccezione alla regola delle com-

35
Corte di giustizia, 5 febbraio 2004, DFDS Torline A/S, p.to 36. La Corte si richiama alle
sentenze: 19 febbraio 2002, Besix c. WABAG, 2002, p. 1699, p.ti 25 e 26, e 17 settembre 2002,
Fonderie officine meccaniche Tacconi c. Heinrich Wagner Sinto Maschinenfabrik GmbH, 2002,
p. 7357, p.to 20.
36
Corte di giustizia, DFDS Torline A/S, p.to 26. La Corte richiama le sentenze: 3 luglio
1997, Benincasa c. Dentalkit, 1997, I-3767, p.to 26, e 6 giugno 2002, Italian Leather c. WECO,
2002, p. 4995, p.to 51.
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 265

petenze speciali, quella italiana sottolinea la crucialità delle competenze speciali


nel sistema della Convenzione.
Le divergenti ricostruzioni della dottrina italiana e francese sono esplicita-
mente fondate su dati da esse ricavati dalle indicazioni della giurisprudenza co-
munitaria. Si potrebbe perciò pensare che le indicazioni della Corte siano tra
loro in contraddizione, dal momento che hanno dato luogo a interpretazioni di-
verse del rapporto tra competenze speciali e forum rei.
Il primo dato è tratto dall’insistenza della Corte sulla necessità di dare
un’interpretazione restrittiva ai fori speciali, siano essi esclusivi o concorrenti,
al fine di non privare il convenuto della possibilità di difendersi a casa propria37.
Il secondo dato è ricavato dall’altrettanto insistente caratterizzazione del
giudice speciale come quello più idoneo e qualificato a decidere la controversia.
Con questa espressione, la Corte sembra voler dire che quel giudice ha la possi-
bilità di conoscere la controversia, nel senso proprio del termine, meglio di
qualsiasi altro giudice; mentre il foro del convenuto non sempre si presta a ga-
rantire che l’amministrazione della giustizia sia buona38. Questa convinzione
sorregge e spiega l’interpretazione estensiva di alcuni fori speciali data dalla
Corte di giustizia, per esempio con riferimento al c.d. luogo in cui l’evento dan-

37
Si veda espressamente la sentenza 5 febbraio 2004, Frahuil c. Assitalia, al p.to 23 “Nel
sistema della Convenzione, il principio della competenza giurisdizionale dello Stato contraente
nel cui territorio è domiciliato il convenuto costituisce, in effetti, il principio generale e solo come
eccezione ad esso la Convenzione prevede i casi, tassativamente elencati, nei quali il convenuto
può o deve, a seconda del caso, essere citato in giudizio in un altro Stato contraente. Di
conseguenza, le norme sulla competenza che deroghino a tale principio generale non possono
essere interpretate in modo da ampliarne la portata oltre i casi contemplati dalla Convenzione”
[cors. agg.]. Si vedano già le sentenze 27 settembre 1988, Kalfelis c. Schröder, p.to 8; 15 febbraio
1989, Six Constructions c. Humbert, 1989, p. 341, al p.to 18: “le competenze speciali devono
essere interpretate restrittivamente”; 17 giugno 1992, Handte c. TMCS, 1992, p. 3967, al punto
14; 19 gennaio 1993, Shearson Lehman Hutton c. TVB, 1993, p. 139, ai p.ti 14 e 15; 19 settembre
1995, Antonio Marinari c. Lloyd’s Bank, 1995, p. 2719, p.ti da 13 a 15; 9 gennaio 1997, P. W.
Rutten c. Cross Medical, 1997, p. 57 al p.to 11; 5 ottobre 1999, Leathertex Divisione Sintetici
S.p.a. c. Bodetex, 1999, p. 6747, al p.to 25.
38
Ci si riferisce, nel testo, alle ripetute e costanti affermazioni della Corte circa la crucialità
dei fori speciali in un sistema che mira a garantire la buona amministrazione della giustizia, l’utile
organizzazione del processo, e con riferimento all’art. 5-1, il memento secondo il quale: “il
giudice del luogo dove va eseguita l’obbligazione [....] è il più idoneo a dirimere le liti
eventualmente sorte dal contratto” [da ultimo 10 aprile 2003, Pugliese c. Finmeccanica, 2003, p.
3573, al p.to 17; oltre alle sentenze 1 ottobre 2002, Verein für Konsumenteninformation Henkel,
2002, p. 8111, p.to 46; 27 febbraio 2002, Weber c. Universal Ogden Services Ltd, 2002, p. 2013,
p.to 49]. V. HEUZÉ, De quelques infirmités congénitales du droit uniforme, 2000, pp. 631 ss.,
osserva tuttavia che la circostanza che il giudice possa meglio sorvegliare l’istruzione del
processo non dovrebbe essere una ragione sufficiente a spostare la competenza dallo Stato di
domicilio del convenuto.
266 CAPITOLO QUINTO

noso è avvenuto. Paradigmatico, in questo senso è il noto caso Shevill del 7


marzo 199539.
Le concezioni polarizzate attorno alla prima delle indicazioni ricavabili dal-
la giurisprudenza della Corte di giustizia enfatizzano il carattere eccezionale
delle competenze speciali40. Conseguentemente, se ne ritiene legittima l’ap-
plicazione solo per le ipotesi tassativamente previste, anzi se ne dovrebbe limi-
tare il più possibile l’operatività, al fine di favorire il ricorso al foro generale41.
In questa concezione, le esigenze di prossimità dovrebbero tendenzialmente
cedere il passo di fronte all’esigenza di tutelare la posizione di chi è convenuto
in giudizio.
Al contrario, nella seconda prospettiva, si nega che i richiami a un’in-
terpretazione restrittiva si traducano in un principio direttivo teso a impedire la
scelta del giudice consentita all’attore, che è una conseguenza indiretta dei crite-
ri di competenza concorrente42. Enfatizzando la centralità delle competenze

39
Corte di giustizia, 7 marzo 1995, Shevill c. Press Alliance, 1995, p. 415.
40
Cass. sez. un. 25 novembre 1995, n. 12209, Carnegie International Ltd c. Costa crociere,
1996, pp. 816 ss. e a p. 818: “l’art. 5 p.1 [...] è norma eccezionale [....] non può essere applicata in
via analogica a una domanda diversa da quelle in essa espressamente contemplata” (adempimento
di una determinata obbligazione). In dottrina si vedano, e pluribus, H. GAUDEMET-TALLON,
Compétence et exécution des jugements, 2002, p. 126; K. KERAMEUS, La compétence
internationale en matière délictuelle, 1991-93, pp. 255 ss.; Ch. KOHLER, Actes du colloque sur
l’interprétation de la Convention de Bruxelles, 1993, pp. 52 ss.; J. KROPHOLLER, Europäisches
Zivilprozessrecht, 2005, p. 108 ss.; J. P. BÉRAUDO, Du bon usage des règles de compétences
spéciales, 2001, p. 299.
41
Proprio l’affaire Reichert, in conseguenza delle ripetute negazioni di fori diversi da quello
generale per la pauliana, aveva lasciato spazio per ritenere di natura “gerarchica” il rapporto tra
art. 2 e competenze speciali. Si veda, in tal senso, la nota di B. ANCEL, 1992, p. 275. Nella
dottrina italiana M. DE CRISTOFARO, Il foro delle obbligazioni, 1999, p. 121 ha mostrato che
“rispetto agli obblighi di fonte legale […] non ricorre la possibilità di riscontrare [nel locus
solutionis una] caratterizzazione spaziale oggettivamente rilevante e tale da rappresentare un
momento di collegamento cui ricollegare un foro speciale”.
42
L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, p. 253: “In definitiva, il carattere “eccezionale”
delle competenze speciali pare manifestarsi essenzialmente nella loro tassatività e nell’esclusione
dell’analogia, laddove il criterio dell’interpretazione “restrittiva” attribuito alla Corte di giustizia
sembra voler esprimere soltanto la necessità di un’interpretazione rigorosamente conforme alla
ratio propria di tali competenze, che è quella di offrire all’attore un’alternativa al foro generale
giustificata dalla stretta connessione della lite con il giudice di un diverso Stato contraente”.
Anche C. CONSOLO, Nuovi problemi, 2002, pp. 317 ss., è critico verso qualsiasi lettura
“amputatrice” e “manichea” delle competenze speciali. In occasione delle prime pronunce italiane
sull’art. 5-1 della Convenzione, L. PICCHIO FORLATI, Luogo di esecuzione delle obbligazioni
contrattuali, 1976, p. 69, indicava che “una corretta applicazione giudiziaria dei criteri con cui la
Convenzione distribuisce la competenza giurisdizionale fra gli Stati contraenti [impone] che la
juris dictio risulti effettivamente riservata allo Stato che, nel sistema della Convenzione, appare il
più interessato”. Nella dottrina francese si veda A. HUET, Nota 1982, pp. 389 ss. La
giurisprudenza più recente è peraltro precisa nel sottolineare il senso e la portata da attribuire
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 267

speciali, si leggono le indicazioni della Corte alla stregua di un monito diretto a


mantenere la prossimità entro i suoi confini. Ciò risponde all’esigenza di non
attribuirle la funzione di generare un numero spropositato di competenze, tra le
quali l’attore possa scegliere la più consona a tutelare i suoi interessi43.
A conferma di questa seconda tesi si può citare la sentenza Besix, ove la
Corte di giustizia ha esplicitamente affermato che è sufficiente il canone lettera-
le di interpretazione per comprendere che il riferimento al giudice “del luogo”
in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita mira
all’individuazione di uno e un solo giudice per ogni specifica controversia44. In
tale decisione, la Corte ha sottolineato la contrarietà alla ratio sistematica della
Convenzione di quei criteri di collegamento assolutamente incapaci di designare
un giudice territorialmente qualificato.
Questa seconda tesi confina l’interpretazione restrittiva ai casi in cui il crite-

all’avverbio “restrittivamente”: cfr. già Corte di giustizia, 27 aprile 1999, Mietz c. Intership
Yachting, al p.to 27; 17 settembre 2009, Vorarlberger Gebietskrankenkasse c. WGV, p.to 42; e
non esclude a priori interpretazioni che ampliano la portata del regime derogatorio: si vedano
Corte di giustizia, 20 gennaio 2005, Engler c. Janus Versand Gmbh, p.to 48 e 13 luglio 2006,
Reisch Montage AG c. Kiesel Baumaschinen Handels Gmbh, p.ti 32 e 33.
43
La Corte di giustizia, già nella sentenza 6 ottobre 1976, De Bloos c. Bouyer, ai p.ti 8 s., ha
precisato che è necessario evitare, nei limiti del possibile, la molteplicità dei criteri di competenza
giudiziaria relativamente al medesimo contratto, ma l’interpretazione restrittiva non deve essere
portata alla conseguenza estrema di frustrare l’efficacia dell’art. 5 della Convenzione. Cfr. le
conclusioni dell’Avv. Gen. L. A. Geelhoed, presentate il 31 gennaio 2002, nel caso C-334/00
(Fonderie Officine Meccaniche Tacconi s.p.a.), al p.to 25.
44
Cfr. Corte di giustizia, 19 febbraio 2002, Besix, p.to 29: “come risulta dallo stesso tenore di
detta disposizione la quale, in materia contrattuale, attribuisce la competenza al giudice “del
luogo” in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita, è importante
determinare un solo luogo di esecuzione dell’obbligazione di cui trattasi”. Critica l’argomento
ricavato dal dato testuale P. FRANZINA, Obbligazioni di non fare e obbligazioni eseguibili in più
luoghi, 2002, pp. 391 ss., a p. 401. In effetti, il testo dell’art. 5-3 (ove pure esiste il riferimento al
giudice “del luogo”) non ha impedito alla Corte di giustizia di attribuire la competenza in materia
di illecito ai giudici di due luoghi diversi: quello della condotta e quello dell’evento. Per una
critica relativa alla sensibile alterazione del tenore letterale dell’art. 5-3 (nel caso Shevill) si veda
già L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, p. 400, al quale si rinvia anche per le
argomentazioni sulla coerenza tra principio di prossimità e opzioni concesse alla vittima
dell’illecito; nonché tra proliferazione dei fori in materia di illecito e sistema delle competenze
speciali, a patto di “interpretare restrittivamente” la giurisprudenza della Corte. Contra si è
argomentato che alla base delle diverse soluzioni date dalla Corte per la materia contrattuale e per
quella extracontrattuale vi siano considerazioni diverse dal principio di prossimità. Così, a
fondamento dell’art. 5-3 vi sarebbe un certo favor per la vittima dell’illecito. Cfr. F. CAPOTORTI,
L’interpretazione della Convenzione di Bruxelles del 1968, 1985, p. 62-63; A. SARAVALLE, Limiti
alla giurisdizione in tema di responsabilità del produttore, 1988, pp. 259 s.; più articolata è la
posizione di P. IVALDI, Inquinamento marino e regole internazionali di responsabilità, 1996, pp.
185 ss. che evoca pregi e difetti dell’ubiquità (favor per il danneggiato, per l’istruttoria, per
l’esecuzione della decisione, ecc.).
268 CAPITOLO QUINTO

rio di collegamento non può funzionare correttamente, ossia quando, in luogo di


rendere noto ex ante il giudice competente per un determinato rapporto giuridi-
co, esso offre alle parti un’ampia gamma di opportunità, così rendendo assai
proficua la strategia, già ben nota agli operatori, della “corsa al Tribunale”.
Quando il criterio di competenza speciale, designando molteplici giudici com-
petenti, impedisce al debitore di sapere con ragionevole certezza il giudice di
fronte al quale potrà essere convenuto, l’idea stessa della “prossimità” viene a
mancare. Coerentemente la Corte ha ritenuto impossibile, in tali casi, l’operare
dei criteri di competenza ratione materiae obbligando l’attore a ricorrere al foro
generale. Così intesa, l’interpretazione restrittiva delle competenze speciali ser-
ve a ribadirne la ratio, ricostruita alla luce della relazione dialettica tra l’obiet-
tivo della prevedibilità e l’obiettivo della buona amministrazione della giu-
stizia.
In definitiva, si crede che il valore della buona amministrazione della giu-
stizia non possa essere anteposto al valore della prevedibilità fino a sacrificarlo
del tutto, ma neppure debba essere gerarchicamente soggetto a esso. Prevedibi-
lità e buona amministrazione della giustizia sono obiettivi il cui coordinamento
non sembra avvenire, nel sistema della Convenzione, in modo rigido, ma se-
condo un equilibrio che consenta di promuovere al massimo grado entrambi i
valori. Si può così accettare di sacrificare parte della prevedibilità, per miglio-
rare, in parte, l’amministrazione della giustizia e viceversa. Seguendo la dottri-
na maggioritaria italiana, si ritiene che i diversi obiettivi di diritto processuale,
ai quali è ispirato il sistema, possano essere coordinati secondo criteri logici di
congruità allo scopo, in luogo di ricorrere a un criterio gerarchico, peraltro as-
sente nel testo della Convenzione.
Come è stato illustrato, questa seconda concezione è in grado di spiegare
l’indifferenza della Convenzione tra il foro del domicilio e i fori speciali; men-
tre nella prima prospettiva indicata i fori speciali non possono che essere letti
come un sorprendente favor per l’attore in giudizio, sebbene previsto in via ec-
cezionale e in omaggio al principio di prossimità. Tale concessione, poi, arriva a
rasentare l’antinomia se si pensa che l’applicazione dei fori speciali finisce
spesso per risolversi in un forum actoris, solitamente ritenuto esorbitante e co-
me tale bandito dalla Convenzione di Bruxelles45.

45
Non riesce a spiegare la coerenza delle competenze speciali con un sistema fondato sul
forum rei H. GAUDEMET-TALLON, Compétence et exécution des jugements, 2002, p. 126, nt. 3, la
quale è costretta ad ammettere: “reste que bien souvent les options de compétence de l’art. 5 [...]
sont et seront utilisées pour tenter d’asseoir la compétence du for du demandeur”. È stata
soprattutto la dottrina tedesca a criticare l’art. 5-1 della Convenzione di Bruxelles segnalando che
la disposizione sancisce un “foro generale dell’attore in giudizio” nei casi di azioni di condanna
al pagamento del prezzo conseguenti a contratti di vendita di beni mobili corporali a cui sono
applicabili la Convenzione dell’Aia del 1964 (LUVI) o la Convenzione di Vienna del 1980 sui
contratti di vendita internazionale di merci. Si veda A. VON OVERBECK, Interprétation tra-
ditionnelle de l’art. 5 p. 1, 1996, pp. 287 ss., in risposta a G. A. L. DROZ, Delendum est forum
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 269

7. Verifica degli orientamenti della dottrina alla luce della ratio decidendi della
Corte di giustizia

Una parte della dottrina ravvisa un’antinomia nei dati ricavati dalla giuri-
sprudenza della Corte di giustizia e posti a fondamento delle tesi di cui si è ap-
pena dato conto. Ci sembra però che sia doveroso, oltre che proficuo, leggere in
chiave logico-sistematica dati in apparenza contrastanti, laddove è possibile46.
Ci sembra inoltre che la discrasia tra i due orientamenti sia da ricollegare a due
diverse tecniche interpretative messe in atto dalla dottrina. L’interpretazione
della Convenzione attraverso metodi diversi sembra all’origine delle differenti
concezioni, a suffragio delle quali gli autori richiamano, rispettivamente, l’una o
l’altra indicazione della Corte.
In effetti, la necessità di limitare le eccezioni al foro generale, sembra do-
versi ricondurre al brocardo ubi lex voluit: nel caso in cui una fattispecie non
possa essere sicuramente ricondotta a una norma che contempla un foro alterna-
tivo a quello dell’art. 2, il foro generale resta l’unico disponibile. Tuttavia, il
canone deduttivo, incentrato cioè sul procedimento di sussunzione e su un ra-
gionamento per concetti, è solo uno dei criteri ermeneutici impiegati dalla Cor-
te, e, del resto, la soluzione in dubio pro domicilio47 non è l’unica via per uscire
da situazioni imbarazzanti per l’interprete.
L’imbarazzo nasce quando la sussunzione di un fatto in una norma conven-
zionale è agevole per alcuni ordinamenti ma avversata da altri. In questi casi, ci
si potrebbe rassegnare ad attendere l’elaborazione di nozioni autonome da parte
della Corte. Tuttavia, tali nozioni non hanno mai inteso rappresentare una sorta
di esperanto giuridico, essendo meramente funzionali all’applicazione della
Convenzione. Come evidenzia la giurisprudenza, la comparazione rappresenta
solo il punto d’osservazione iniziale dal quale la Corte mette progressivamente
“a fuoco” le fattispecie della Convenzione. Si vuol dire che l’interpretazione
della Corte di giustizia appare pur sempre ancorata al dato positivo, cioè al si-
stema della Convenzione. Ciò va sottolineato, in quanto autorizza qualsiasi in-
terprete a ricavarne il contenuto delle norme, senza restare in attesa che il siste-
ma sia completato dalle nozioni autonome da impiegare nel caso concreto.
Proprio questa convinzione ci induce ad aderire alla seconda delle tesi esa-
minate e ad abbandonare la prospettiva incentrata esclusivamente sulla dedu-
zione. La deduzione è un processo di inferenza logica che consiste nel passare
da una conoscenza generale a una conoscenza particolare. Se il concetto genera-
le non è definito, non è corretto inferirvi logicamente alcuna conoscenza speci-

contractus?, 1997, pp. 351 ss. cfr. anche J. P. BÉRAUDO, Du bon usage des règles de compétences
spéciales, 2001, p. 299, e, nella dottrina italiana, F. RAGNO, Convenzione di Vienna e diritto
europeo, 2008, pp. 145. ss.
46
L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, spec. pp. 253 ss.
47
Ibidem.
270 CAPITOLO QUINTO

fica. Il metodo deduttivo, da solo, risulta pertanto inadatto a un sistema giuridi-


co, con concetti generali ancora in via di elaborazione. Da questo punto di os-
servazione, il sistema appare in fieri. Si vuole evidenziare che, poiché la dedu-
zione implica un confronto tra un concetto normativo astratto e un dato reale (al
fine di ricomprendere il secondo nel primo) essa è agevole nell’ambito di un
ordinamento giuridico dotato di concetti sicuri, immediatamente riconoscibili e
decifrabili dall’interprete. Posto nel giusto rilievo l’empirismo che caratterizza,
inevitabilmente, le nozioni giuridiche contenute nei regolamenti comunitari e
nelle convenzioni internazionali in vigore tra paesi di diversa tradizione, ci si
deve interrogare su quale sia il canone interpretativo che consente di attribuire
un significato rigoroso a quelle nozioni empiriche e necessariamente prive di un
apparato concettuale. Al di fuori di una stratificazione storica di concetti giuri-
dici o, comunque, di una loro elaborazione specifica (come quella compiuta, un
passo dopo l’altro, dalla Corte di giustizia), il ragionamento analitico, incentrato
sulla deduzione, rischia di essere completamente arbitrario. Di fatto, la stessa
Corte di giustizia, lungi dall’elaborare nozioni autonome creative, preferisce
interpretare il testo ricorrendo a metodi teleologici.
Com’è noto, l’elaborazione delle nozioni autonome è sempre avvenuta te-
nendo in considerazione il confronto tra il dato reale e gli obiettivi del sistema.
Per integrare gli scarni dati testuali la Corte non ha mancato di ricorrere a
un’interpretazione di tipo funzionale, fondata su una grande attenzione alle fina-
lità del sistema e orientata alle conseguenze concrete che comporta l’adozione
di una possibile nozione autonoma48. In effetti, la Corte non sembra incline
all’elaborazione di concetti, che arricchiscano la descrizione dalle varie fatti-
specie. Preferisce piuttosto risolvere i quesiti interpretativi ricavando ogni sin-
golo precetto dallo scopo, dalla finalità, dalla ratio politica soggiacente alle
norme49. Metaforicamente, si potrebbe dire che la Corte indica all’interprete la
direzione alla quale tendere, più che la strada da fare.
Così, nell’interpretazione della Convenzione, la Corte mostra di ragionare
non solo “per concetti”, ma anche “per interessi”, non limitandosi alla sussun-
zione del fatto concreto all’interno della norma astratta, ma ricorrendo assai vo-

48
Si veda, ad esempio, quanto rilevato da P. GOTHOT, D. HOLLEAUX, La convention de
Bruxelles du 27 septembre 1968, 1985, p. 34, sulla nozione di materia contrattuale delineata dalla
Corte di giustizia CE, 22 marzo 1983, Peters c. Z.N.A.V., 1983, p. 987.
49
Solo a titolo di esempio si vedano: Corte di giustizia, 15 maggio 2003, Préservatrice
Foncière Tiard SA, al p.to 20; 10 aprile 2003, Pugliese c. Finmeccanica, p.to 16; p.to 17 e
soprattutto p.ti 20-22, p. 3602: “le condizioni [di applicazione dell’art. 5] devono essere
determinate tenendo conto degli obiettivi [di tale norma, e cioè] evitare la moltiplicazione dei fori
competenti, [...] consentire al convenuto di prevedere ragionevolmente dinanzi a quale giudice
può essere citato” ecc.); 5 febbraio 2004, DFDS Torline A/S c. LO, p.ti 16 e 17: “È del tutto
evidente che una […] interpretazione [letterale] dell’art. 2, p.ti 1 e 2, del protocollo, contra-
sterebbe con gli obiettivi enunciati nel preambolo della Convenzione di Bruxelles”; 17 settembre
2009, Vorarlberger Gebietskrankenkasse c. WGV, p.to 41.
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 271

lentieri all’interpretazione teleologica, la quale non implica alcuna sussunzione,


essendo piuttosto orientata alle conseguenze giuridiche delle opzioni interpreta-
tive rese possibili dal dato normativo positivo. L’analisi della ratio di una disci-
plina impone di andare ben oltre il dato testuale senza però spingersi oltre il da-
to positivo che risulta da un’analisi complessiva del sistema, dei suoi pilastri
concettuali e degli obiettivi per i quali è stato concepito.
Così i due canoni ermeneutici, deduttivo e teleologico, sono in relazione
dialettica tra loro, come illustra, per tutti, proprio il caso Reichert I. Nella prima
sentenza la Corte chiarisce, da un lato, che: “onde garantire, nella misura del
possibile, la parità e l’uniformità dei diritti e degli obblighi che derivano dalla
convenzione per gli Stati contraenti e le persone interessate, occorre determi-
nare in maniera autonoma, in diritto comunitario, la portata dell’espressione
“in materia di diritti reali immobiliari”50. Ciò, evidentemente, al fine di rendere
possibile la sussunzione di fattispecie identiche nella stessa norma, indipenden-
temente dalla loro qualificazione nei diritti nazionali.
D’altra parte, la Corte chiarisce anche, che l’art. 16-1, deve interpretarsi in
funzione della finalità da esso perseguita, esplicitamente indicata nella prossi-
mità, cioè nella circostanza che: “i giudici dello Stato contraente in cui si trova
l’immobile [...] sono quelli meglio in grado [...] di avere una buona conoscenza
delle situazioni di fatto e di applicare le norme e gli usi particolari [che gover-
nano lo statuto dell’immobile]”51.
L’esclusione dell’applicabilità dell’art. 16-1 discende, non solo e non tanto
dalla difficoltà teorica di una nozione autonoma di “diritti reali immobiliari” in
grado di abbracciare l’azione pauliana, ma soprattutto, da un argomento che
pare decisivo: la circostanza che “[l’]esame [della pauliana] non richiede la
valutazione di fatti né l’applicazione di norme ed usi del luogo di ubicazione del
bene che possano giustificare la competenza di un giudice dello Stato nel quale
si trova l’immobile”52.
In altre parole, il giudice del luogo di situazione dell’immobile non garanti-
sce, meglio di altri, una “buona amministrazione della giustizia” 53.
Alla luce di queste sintetiche osservazioni, non sembra che l’interprete della
Convenzione di Bruxelles, e ora del regolamento Bruxelles I, sia autorizzato a
dare un’interpretazione ristretta agli (ancora incerti) concetti che si trovano e-
nunciati nelle fattispecie dei fori speciali, ma debba piuttosto interpretarli re-
stringendone e finalizzandole l’applicazione all’obiettivo della “buona ammini-

50
Si veda la sentenza Reichert I, p.to 8.
51
Ivi, p.to 10.
52
Ivi, p.to 12.
53
Si veda anche la sentenza Reichert II, pp. 2179 ss., e, in particolare, i seguenti passaggi
della sentenza: il p.to 19 che nega la sussumibilità della pauliana nell’art. 5-3; il p.to 15 che
richiama la sentenza Kalfelis; i p.ti 26 e 27 che applicano i due canoni ermeneutici per
l’interpretazione dell’art. 16-5; i p.ti 33 e 34 per l’art 24.
272 CAPITOLO QUINTO

strazione della giustizia” costantemente ribadito dalla Corte di giustizia. Il giu-


dice è dunque chiamato a valutare nel singolo caso di specie la sussistenza della
prossimità: deve verificare se la propria collocazione geografica offra (o meno)
maggiori garanzie circa la buona amministrazione della giustizia, in particolare
verificando se l’esame della controversia richiede la valutazione di fatti e
l’applicazione di norme e usi del foro che giustificano in concreto la sua compe-
tenza (per un’affermazione esplicita si veda la decisione del 13 luglio 2006,
Reisch Montage AG c. Kiesel Baumaschinen Handels Gmbh, p.to 32).
L’esigenza di dare un’interpretazione restrittiva ai fori speciali va dunque intesa
come necessità di procedere ad una verifica in casu della sussistenza di quella
“prossimità” del giudice alla lite che giustifica la deroga al forum rei.

8. La necessaria complementarietà tra i canoni interpretativi deduttivo e teleo-


logico

Nella controversie in materia di obbligazioni, se si vuole ragionare per con-


cetti, si deve possedere una definizione autonoma sufficientemente precisa di
che cosa possa essere qualificato “contratto” e di che cosa possa essere qualifi-
cato “illecito”54. Ciò rappresenta una fonte di complicazione di notevole impor-
tanza, in quanto l’esigenza di precisione male si concilia con un’altra esigenza:
quella di avere una nozione espressa in termini essenziali e, in un certo senso
politically correct: una nozione tale da poter essere accettata dagli ordinamenti
degli Stati comunitari senza creare un eccessivo choc culturale.
Fino al momento in cui non si abbia a disposizione una nozione autonoma
elaborata in modo abbastanza preciso dalla Corte, il metodo deduttivo si scontra
con la laconicità del dato testuale e con l’assenza di una tradizione giuridica
comune e universale, come si è appena dimostrato.
L’inciso “in materia di”, di cui ai punti 1 e 3 dell’art. 5, è solitamente inter-
pretato come un rinvio alla sistematica delle fonti, anche se tale sistematica del-
le obbligazioni, sebbene sia la più antica, non è l’unica55. La classificazione del-
le fonti delle obbligazioni impone di constatare una pluralità eterogenea di fatti
e atti ai quali la legge attribuisce il significato giuridico di creare un legame: il

54
Per una disamina delle discrasie tra applicazione del p.to 1 o del p.to 3 dell’art. 5 con
riferimento a figure non ascrivibili direttamente a una delle due categorie di riferimento, intese
come espressione delle fonti delle obbligazioni (action directe, culpa in contrahendo, mediazione,
obbligazioni derivanti da atto unilaterale, lettere di patronage, responsabilità precontrattuale,
quasi contratti ecc.) vedi ampiamente L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, spec. pp. 287
ss.; pp. 264 ss.; e riferimenti bibliografici ivi citati.
55
B. ANCEL, in nota alla decisione Reichert II, 1992, p. 275; P. GOTHOT, D. HOLLEAUX, La
Convention de Bruxelles du 27 septembre 1968, 1985, p. 33 ss. e pp. 46 s.; H. GAUDEMET-
TALLON, Compétence et exécution des jugements, 2002, p. 137; P. KAYE, Civil Jurisdiction, 1987,
p. 490.
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 273

rapporto obbligatorio56. Se la stragrande maggioranza di questi atti e fatti sono


qualificabili o come contratto o come illecito, residuano una serie di comporta-
menti leciti o di atti giuridici per i quali non si può sostenere che trovino fonte
in un contratto, né che trovino fonte in un illecito: si tratta di rapporti obbligato-
ri che si fondano su un aliquid aliud, spesso metaforicamente indicato come
zona grigia o terra di nessuno. In questa tetra atmosfera sarebbero da collocare
anche la domanda di revoca o di simulazione da parte di terzi, di modo che
l’ingresso nell’art. 5-1 o 5-3 (Convenzione e regolamento Bruxelles I) sarebbe
loro precluso.
Come è stato ampiamente dimostrato, tuttavia, non c’è alcuna indicazione
interpretativa, né alcuna necessità logica, che imponga il ricorso alla sistematica
delle fonti, potendosi percorrere più utilmente un diverso iter interpretativo
dell’inciso “in materia di”57. Mutando punto di osservazione e seguendo una
sistematica più moderna delle obbligazioni, si è così posto l’accento sul tipo di
responsabilità che caratterizza il rapporto tra debitore e creditore58.
In tal modo, diviene possibile consentire ai fori speciali indicati dall’art. 5-1
e 5-3 di funzionare in qualsiasi controversia in materia di obbligazioni, salvo
quelle per le quali già esista uno specifico titolo di giurisdizione, com’è il caso
delle obbligazioni alimentari59. La scelta interpretativa di leggere congiunta-
mente i punti 1 e 3 dell’art. 5, soddisfa l’esigenza, di carattere sistematico, di
consentire l’individuazione di un criterio di collegamento fondato sul principio
di prossimità per ogni controversia in materia di obbligazioni.
Si può immaginare la materia delle obbligazioni come un mondo diviso in
due emisferi, in cui ogni obbligazione può essere collocata nell’emisfero “re-
sponsabilità contrattuale” oppure nell’emisfero “responsabilità non contrattua-
le”. Le due nozioni di responsabilità esauriscono l’estensione del concetto di

56
L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, pp. 257, 262 ss. sottolinea che: “La prospettata
tripartizione delle controversie soddisfa solo un antiquato gusto classificatorio; avremmo un
equivalente delle variae causarum figurae del Digesto in cui dovrebbero confluire, senza
plausibili ragioni sistematiche, le obbligazioni restitutorie, la gestione d’affari, le promesse
unilaterali, i titoli di credito, la culpa in contrahendo ecc. È appena il caso di osservare che simile
soluzione non sarebbe affatto in linea con la revisione critica della dottrina delle fonti operata
dalla civilistica moderna, revisione che guarda più alla funzione delle obbligazioni che all’origine
delle medesime.” L’autore rimanda in particolare a A. DI MAJO, Delle obbligazioni in generale,
1988, pp. 234 ss.; dello stesso autore vedi anche La tutela civile dei diritti, 2003, pp. 197 ss., spec.
pp. 204 ss.
57
L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, p. 257.
58
Ibidem.
59
Ivi, pp. 249-429, spec. pp. 278-287, e a p. 255, ove: “Tali nozioni vanno definite l’una in
rapporto l’altra perché le aree del contratto e dell’illecito assumono configurazioni ed ampiezze
diverse a seconda dell’ordinamento che si considera: paradigmatica la culpa in contrahendo
ascritta da taluni sistemi all’area dell’illecito, da altri a quella del contratto”.
274 CAPITOLO QUINTO

obbligazione60. Esse formano una dicotomia il cui criterio discretivo, ossia la


linea di confine tra l’una e l’altra area della responsabilità61, è stato indicato nel
tipo di contatto che esisteva tra le parti al rapporto obbligatorio, al momento in
cui è sorta la responsabilità. L’esistenza di un contatto tra le parti, precedente al
sorgere della responsabilità, qualifica la responsabilità contrattuale, l’inesistenza
di qualsivoglia contatto qualifica la responsabilità non contrattuale62.
Questa interpretazione dell’art. 5 del regolamento non si fonda solo su una
esegesi moderna del testo63. Essa trova un ulteriore fondamento proprio nella
lettura sistematica del rapporto tra competenza generale e competenze specia-
li64. Come osservato sopra, essa pone su di un piano di parità l’obiettivo della
buona amministrazione della giustizia, garantito dalle seconde, e l’obiettivo del-
la tutela del convenuto, promosso dalla prima.
Proprio con riguardo alle fattispecie la cui qualificazione è discussa, le con-
seguenze dell’una e dell’altra ricostruzione sono diametralmente opposte. Una
rigida interpretazione deduttiva dell’art. 5, fondata sulla eccezionalità delle
competenze speciali rispetto all’art. 2, esclude a priori il ricorso ai fori speciali
per talune categorie di obbligazioni. L’altra tesi fornisce una base sistematica
all’esegesi dell’art. 5 che consente di ricondurre ai punti 1 e 3 ogni fattispecie
obbligatoria.
In altre parole, si tratta di due risposte di segno opposto al medesimo quesi-
to: esiste un titolo di giurisdizione positivo, fondato sulla prossimità, per i rap-
porti obbligatori la cui fonte non è né un contratto né un illecito?
La questione si pone in tutta evidenza per i rapporti trilaterali come l’azione
revocatoria ordinaria e l’azione di simulazione proposta dal terzo. In questi casi,
una parte della dottrina ha risposto negativamente alla questione ora detta, a-
vanzando, quale argomento decisivo, la consapevolezza di non poter ricondurre
a un contratto o a un illecito la responsabilità del terzo avente causa del debitore
vis-à-vis del creditore.

60
La tesi citata nel testo si fonda su alcune affermazioni, spesso ripetute come un refrain,
attraverso le quali la Corte di giustizia esplica la propria ratio decidendi. Tra questi, l’inciso: “la
nozione di materia di delitto o quasi-delitto ai sensi dell’art. 5, punto 3, della Convenzione di
Bruxelles comprende qualsiasi domanda mirante a coinvolgere la responsabilità del convenuto e
che non si ricollega alla materia contrattuale di cui all’art. 5 n. 1, della stessa Convenzione”. Si
vedano, in particolare, le sentenze Kalfelis, p.to 17; Reichert II, p.to 16; Réunion européenne, p.to
22; 11 luglio 2002, Gabriel, 27 ottobre 1998, Réunion euroéenne c. Spliethoff’s
Bevrachtingskantoor, p.to 33.
61
L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, pp. 278 ss., che in una succinta analisi
comparatistica, ricca di rimandi bibliografici, illustra il confine tracciato da ogni ordinamento tra
le due aree della responsabilità.
62
Ibidem.
63
Ci si riferisce alle più recenti teorie dell’interpretazione giuridica, descritte magistralmente
da L. MENGONI, L’argomentazione orientata alle conseguenze, 1994, pp. 446 ss.
64
L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, pp. 249 ss.
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 275

Così posta, quest’ultima affermazione può essere difficilmente contestata: il


terzo non ha stipulato alcun contratto con il creditore; la tesi dell’illiceità del
comportamento del terzo, già posta a fondamento della revocatoria, è da tempo
superata65. Tuttavia, prima di analizzare e qualificare quel rapporto, pare neces-
sario stabilire se l’attore faccia realmente valere in giudizio la sola responsabili-
tà del terzo nei suoi confronti, quale che ne sia la natura.
Ci si deve chiedere, prima di tutto, quale sia il rapporto giuridico da prende-
re in considerazione per verificare l’appartenenza della controversia alla materia
contrattuale o non contrattuale (o ancora all’eventuale altra materia che parte
della dottrina ritiene presupposta, ma non contemplata, dalla disciplina delle
competenze speciali). L’individuazione di questo rapporto ci pare primordiale e
logicamente antecedente rispetto alla qualificazione della relazione giuridica tra
creditore e avente causa dal debitore.
Nelle fattispecie che contemplano una pluralità di rapporti obbligatori, come
quelli di cui agli art. 1415 c.c. ss. e 2901 c.c. ss., si manifesta l’esigenza di defi-
nire il criterio rilevante per l’individuazione del giudice più prossimo alla con-
troversia e ci pare che la risposta vada cercata osservando l’oggetto del giudizio
dell’azione revocatoria ordinaria e dell’azione di simulazione più che focaliz-
zando l’attenzione sul diritto-responsabilità invocati dall’attore come fondamen-
to delle proprie pretese.

9. L’irrilevanza della mancata corrispondenza tra parti del contratto e parti


processuali

Come già indicato, la diversità dei due rimedi, assai rilevante per il diritto
civile, non pare altrettanto rilevante sul piano del diritto internazionale proces-
suale, cioè ai fini della individuazione del giudice territorialmente più qualifica-
to perché più prossimo alla controversia. Ciò accade non solo e non tanto in vir-
tù della identità di fondamento e funzione dei due rimedi, già evidenziata dalle
Sezioni Unite. Più rilevante appare, piuttosto, l’identità dei rapporti giuridici
portati alla cognizione del giudice.
Ai fini della prossimità, i profili delle fonti dei tre rapporti giuridici presup-
posti dalle fattispecie e quelli delle tecniche attraverso le quali il creditore sce-
glie di tutelarsi (che si riflettono nella diversità del petitum e della causa peten-

65
Nella dottrina francese la tesi della natura ex delicto della revocatoria è stata difesa, in
un’epoca precedente alla nostra, da H. SINAY, Action paulienne et responsabilité délictuelle,
1948, p. 183; e C. COLOMBET, De la règle que l’action paulienne n’est pas reçue contre les
paiements, 1965, pp. 5 ss.
276 CAPITOLO QUINTO

di) appaiono assai meno rilevanti della circostanza che il giudice è investito, in
ambedue i casi, della cognizione di rapporti giuridici identici66.
La struttura della fattispecie appare identica nell’uno e nell’altro caso (revo-
catoria e simulazione), perché i due rapporti giuridici che ne costituiscono il
presupposto sono gli stessi. A nostro avviso, questa circostanza giustifica il ri-
corso al medesimo criterio di competenza speciale per entrambe le fattispecie67.
Si è già osservato che le due fattispecie presuppongono l’esistenza di alme-
no due rapporti obbligatori ai quali se ne aggiunge un terzo, creato proprio da
quelle norme. I due originari sono un rapporto di credito e l’atto di disposizione
di un bene patrimoniale; il terzo sorge perché si dà rilievo all’identità di una
parte a quei rapporti originari e preesistenti: il debitore-dante causa. Invero, le
due fattispecie sono incentrate sulla figura del debitore, che è l’anello di con-
giunzione tra due rapporti giuridici, a carattere obbligatorio, perfettamente au-
tonomi.
Pertanto non si vede perché questa figura debba scomparire del tutto nelle
valutazioni circa la prossimità del giudice alla lite.
Mentre entrambi i rapporti sostanziali sottostanti possono essere valutati au-
tonomamente sotto tutti i profili, il rapporto tra i due terzi non può prescindere
da un’analisi del rapporto sostanziale che lega il debitore al suo avente causa:
quel rapporto che il creditore intende porre in discussione.
Nel caso della revocatoria, la trasformazione della garanzia generica in ga-
ranzia specifica attraverso la dichiarazione di revoca, è incentrata sull’esame
dell’atto di disposizione del debitore. L’oggetto del giudizio di revoca si risolve
nell’esame della posizione del debitore e del terzo, parti al contratto revocando,
e nella meritevolezza di tutela di tali posizioni rispetto a quella del creditore.
Parimenti, nel caso della simulazione, l’accento è posto sul contratto simula-
to: si chiede al giudice una valutazione del contratto alla luce della relazione
esistente tra l’operazione economica e lo status di debitore del disponente.

66
Gli elementi rilevanti per l’identificazione di una controversia non sono gli stessi in tutti
gli ordinamenti e questa circostanza dà vita a una questione assai delicata, di grande importanza
pratica, solitamente dibattuta ai fini dell’applicazione delle norme sulla litispendenza e con-
nessione. Sembra che la questione sia altrettanto rilevante quando si tratta di stabilire lo Stato più
interessato a decidere una determinata controversia. Ciò presuppone infatti l’identificazione della
stessa. Sul tema della litispendenza internazionale si vedano le monografie di R. MARENGO, La
litispendenza internazionale, 2000 e A. DI BLASE, Connessione e litispendenza, 1993 e l’ampio
saggio di C. CONSOLO, Profili della litispendenza internazionale, 1997, pp. 5 ss. Si vedano anche
le osservazioni di F. MARONGIU BUONAIUTI, Litispendenza internazionale ed ammissibilità del
regolamento di giurisdizione, 2006, pp. 119 ss. e F. PERSANO, Il rilievo della litispendenza
internazionale, 2000, pp. 713 ss. sulla nozione di “stesse parti” nella Convenzione di Bruxelles.
67
Si veda M. DE CRISTOFARO, Il foro delle obbligazioni, 1999, pp. 118 ss., a proposito della
relazione tra il rapporto obbligatorio “inteso quale entità autonoma astratta” e il luogo in cui le
norme sostanziali ne prevedono l’esecuzione. L’autore sottolinea che il foro di prossimità trova
giustificazione proprio in quella particolare relazione.
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 277

L’atto di disposizione assume un’importanza ancor più manifesta, nell’ambito


della fattispecie. La pronuncia giudiziale ha una conseguenza importante sul
piano del diritto sostanziale: il contratto è dichiarato nullo e non semplicemente
colpito da un’inefficacia relativa. La sanzione non è meramente transitoria e
strumentale al soddisfacimento del creditore, come quella prevista dalla paulia-
na (nel diritto civile italiano e in quello della maggior parte dei paesi europei68),
ma definitiva e assoluta. Il contratto è tamquam non esset per le parti e per i ter-
zi.
D’altra parte, la cognizione del rapporto di credito è meramente eventuale e
incidentale, ben potendo essere rinviata ad un momento successivo. Ciò è parti-
colarmente evidente nel caso di accoglimento dell’azione revocatoria esperita
da un falso creditore: essa non comporta conseguenze irreversibili per il debito-
re e per il terzo: gli effetti tra le parti sono sempre salvi; il creditore non potrà
munirsi di titolo esecutivo e soddisfarsi sul bene che rimarrà in proprietà del
terzo; l’atto infine, dispiegherà tutti i suoi effetti, mentre a nulla rileverà
l’inefficacia doppiamente relativa costituita dal giudice con la sentenza di revo-
ca. La pronuncia del giudice rimarrà caduca, non potendo avere alcun seguito,
né rispetto al falso creditore, né rispetto alle parti.
Queste considerazioni ci inducono a valorizzare la posizione di entrambi i
contraenti nei confronti del creditore, e ad abbandonare l’idea di isolare la posi-
zione del terzo in rapporto a quest’ultimo.
Una volta stabilito che la cognizione del giudice abbraccia l’atto di disposi-
zione messo in relazione alla qualità di debitore del disponente, la soluzione che
àncora l’azione revocatoria ordinaria e l’azione di simulazione al giudice pros-
simo a quell’atto appare persino scontata69. In effetti, non può negarsi che la
responsabilità degli stipulanti nei confronti del creditore sorga proprio dal con-
tratto. Né parrebbe azzardato sostenere che la persona del debitore è un contatto
sufficiente a fondare la responsabilità contrattuale anche nei confronti del credi-
tore70.

68
Sopra cap. II, pp. 62 ss.
69
Le sez. un. evidenziano che l’appartenenza della controversia Corkran alla materia delle
obbligazioni comporta una scelta obbligata tra l’art. 5 p.ti 1 e 3 della Convenzione, richiamati
dalla legge 218/95. Il ragionamento divenuto consueto dopo la sentenza Kalfelis, appariva però
inficiato da una consapevolezza iniziale: la Corte si era già pronunciata contro l’applicabilità
dell’art. 5-3 all’action paulienne di diritto francese. In altre parole, mentre la Corte di giustizia
suole affermare che “qualsiasi domanda mirante a coinvolgere la responsabilità del convenuto e
che non si ricollega alla materia contrattuale di cui all’art. 5 n. 1, della stessa Convenzione
[rientra nell’art. 5-3]”, la Cassazione è dovuta partire dalla consapevolezza che era in gioco la
responsabilità di un convenuto, ma che tale responsabilità non poteva rientrare nell’art. 5-3.
70
Cfr. L. MENGONI, L’argomentazione orientata alle conseguenze, 1994, p. 461, che ricorda
taluni degli argomenti impiegati al fine di estendere l’area della responsabilità contrattuale a
vantaggio di non contraenti nel diritto italiano, con particolare riferimento alla regola contenuta
nell’art. 2110 c.c.
278 CAPITOLO QUINTO

Il principale argomento contro l’applicabilità dell’art. 5-1 della Convenzio-


ne enfatizza la necessità di sussumere sotto questa norma solo i rapporti contrat-
tuali intercorsi tra le parti processuali. Oltre che dalle considerazioni già svolte,
e che si compendiano nell’interpretazione sistematica e teleologica della Con-
venzione, questo argomento è confutato anche da un’interpretazione letterale
del dato testuale.
Come evidenziato dalla Corte di cassazione nel caso Corkran, infatti, la tesi
incorre in un vizio logico consistente nel tentare di sussumere nella “conse-
guenza” della norma, ciò che va invece confrontato con la “fattispecie”.
L’art. 5-1 consta, come ogni norma giuridica, di una fattispecie (“in materia
contrattuale”) e di una conseguenza, il criterio di collegamento: (“il convenuto
può essere citato nel diverso Stato contraente in cui l’obbligazione dedotta in
giudizio è stata o deve essere eseguita”); La prima operazione da fare consiste
perciò nell’interpretare l’inciso “in materia contrattuale” combinando, nel solco
della giurisprudenza comunitaria, il canone deduttivo (sussunzione possibile del
caso di specie nella norma), con quello teleologico (verifica che l’applicazione
della norma, a casi come quello di specie, consenta il raggiungimento
dell’obiettivo ad essa sotteso). Una volta stabilito che la fattispecie “in materia
contrattuale” si è realizzata, si è autorizzati a trarne le conseguenze, cioè a rite-
nere competente anche il giudice dello “Stato contraente in cui l’obbligazione
dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita”, ricorrendo al noto meccani-
smo delle sentenze Tessili e De Bloos71. L’operazione consente di verificare il
funzionamento concreto del criterio di collegamento – cioè le conseguenze con-
crete della sua applicazione – e può dare luogo a una disapplicazione della nor-
ma sulla competenza concorrente quando tali conseguenze risultino palesemen-
te in contrasto con gli obiettivi della Convenzione.
La necessità di rispettare la struttura della norma è ulteriormente chiarita
dalle sezioni unite attraverso l’analogia: quando è proposta una domanda di ac-
certamento della simulazione di un contratto, il fatto che l’attore sia uno dei
contraenti ovvero un suo avente causa non dovrebbe avere rilevanza ai fini della
competenza. Non si riuscirebbe a comprendere per quale motivo, stante
l’identità dell’attività giurisdizionale che si chiede al giudice (identità del peti-
tum e, in parte, anche della causa petendi), il terzo dovrebbe rivolgersi a un giu-
dice diverso da quello a cui si rivolge il contraente. La proposizione della do-
manda da parte del terzo “non toglie alla controversia la natura di causa in ma-
teria contrattuale e quindi non mette in discussione la competenza del giudice
della domanda”72.

71
Una buona parte della dottrina ama designare la fase dell’individuazione dell’obbligazione
dedotta in giudizio (acquis Tessili) come metodo analitico, e la fase del rinvio alla lex causae
(acquis De Bloos) come metodo conflittuale. Vedi per esempio M. DE CRISTOFARO, Il foro delle
obbligazioni, 1999, pp. 317 ss.; pp. 373 ss.; pp. 404 ss.
72
Sentenza Corkran, p.to 11, col. 2704.
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 279

L’apparente rigida concatenazione logica delle argomentazioni avanzate


dalle sezioni unite, attraverso il ricorso alla deduzione e all’analogia iuris na-
sconde tuttavia argomenti pragmatici molto pregnanti73.
Il caso Corkran illustra bene quanto il forum rei riesca a essere contempora-
neamente “lontano” dalla controversia e poco adatto a proteggere il convenuto
secondo l’idea di tutela che presiede al forum rei. Così, in quelle circostanze,
appariva equidistante dalla ratio del foro generale e da quella dei fori di prossi-
mità la competenza dei giudici di Singapore e delle Isole Vergini Britanniche a
conoscere di un contratto concluso ed eseguito nel territorio aretino, e avente ad
oggetto un bene immobile situato alle pendici dell’Appennino toscano. Non c’è
bisogno di mostrare l’esistenza di un rischio di diniego di giustizia: la compe-
tenza concorrente fondata sulla prossimità, con la sua funzione di correttivo74,
deve essere apparsa ai giudici di legittimità come l’unica via percorribile.
In realtà, un’altra via possibile ma preclusa dalle valutazioni di merito dei
giudici di primo e secondo grado, consisteva nel fondare la competenza sulla
sede reale della società convenuta, poiché sia l’amministrazione sia il centro di
attività di questa si trovano in Italia75. Questo avrebbe consentito al giudice ita-
liano di fondare la propria competenza sull’art. 2 della Convenzione di Bruxel-
les (e non già sul richiamo alle competenze speciali ex art. 3, comma 2°, legge
218/95). Del resto proprio ad Arezzo si trovava il siège d’exploitation, il luogo
di svolgimento dell’attività principale, e forse anche il siège réel della società (a
patto che l’amministrazione possa essere localizzata nel luogo di residenza del
legale rappresentante della società)76. La sussistenza anche solo del primo di

73
A proposito della “pluridimensionalità del metodo giuridico, nel quale il momento
ermeneutico e il momento dogmatico-sistematico sono compresenti in un rapporto di
interazione”, si veda L. MENGONI, L’argomentazione orientata alle conseguenze, 1994, spec. p.
460, nt. 39 e pp. 465 s.
74
Osserva L. MENGONI, L’argomentazione orientata alle conseguenze, cit., p. 449:
“Nell’argomentazione pratica l’argomento dell’irragionevolezza adempie una funzione analoga a
quella del principio di non contraddizione nella deduzione logico-formale”. L’autore conclude, p.
460, osservando come le due argomentazioni (pratica e dogmatica) siano legate da un rapporto di
reciproca integrazione e di reciproco controllo.
75
P. BIAVATI, Azione revocatoria e criteri italiani di competenza, 2004, p. 88 critica il
ragionamento utilizzato dalle sez. un. per affermare la competenza giurisdizionale del giudice
italiano non vedendone né il sostrato sistematico, né la conformità con la lettura dei criteri di
competenza data dalla Corte lussemburghese, e avanza l’ipotesi di configurare la sede all’estero
della società come “simulata”, sostenendo inoltre che: “Se, però, si guarda al caso concreto […] la
competenza giurisdizionale italiana appare qui come una sorta di forum necessitatis per l’attrice
inglese”.
76
Se l’azione fosse stata proposta dopo il 1° marzo 2002, sarebbe stato ancora più semplice
fondare la competenza giurisdizionale italiana sull’art. 2 del regolamento Bruxelles I il quale
stabilisce, all’art. 60, tre criteri alternativi per l’individuazione della sede delle società: la sede
statutaria (siège statutarie), la sede dell’amministrazione centrale (siège réel) e il centro d’attività
principale (siège d’exploitation).
280 CAPITOLO QUINTO

questi fattori sarebbe stata rilevante per fondare la competenza della legge ita-
liana sullo statuto personale della società (cfr. art. 25, comma 1°, seconda parte,
legge 218/95) e, in virtù della regola espressa dall’art. 53 della Convenzione di
Bruxelles, per fondare la competenza giurisdizionale italiana77.

Sezione III
Considerazioni conclusive

10. La ratio sistematica della soluzione del caso Corkran

La necessità logica di riportare l’art. 5-1 al sostrato sistematico del forum


destinatae solutionis è stata giustamente enfatizzata dalle Sezioni Unite della
Cassazione italiana, la cui pura ricostruzione teorica merita di essere sintetica-
mente ripercorsa.
Essa muove da un primo dato indiscutibile: la domanda di adempimento di
un’obbligazione contrattuale attribuisce competenza al giudice del locus solu-
tionis. Quali sono i corollari di questa regola? La circostanza che la domanda, in
luogo di tendere all’accertamento dell’obbligazione e alla condanna, tenda
all’accertamento negativo, non modifica l’oggetto della controversia (dunque
non deve avere l’effetto di spostare la competenza), che rimane pur sempre
l’accertamento di una vicenda contrattuale; solo che, mentre nel primo caso si
controverte sulla realizzazione del programma stabilito in contratto, nel secondo
si discute della formazione di quel programma, cioè della sua esistenza. Del
pari, “Il collegamento tra causa e giudice è in grado di essere stabilito in modo
altrettanto certo, già sulla base del contratto, sia nel caso in cui è l’obbligato
ad essere convenuto con la domanda di adempimento sia nel caso in cui è
l’obbligato ad agire con la domanda di simulazione: il collegamento è dato dal
luogo in cui deve essere eseguita secondo il contratto l’obbligazione in relazio-
ne alla quale tra le parti si discute se è sorta o no”78.
La circostanza che questo tipo di domande siano proposte dal terzo creditore
del simulato alienante anziché dal contraente, o ancora dal creditore del-
l’alienante in fraudem, neppure modifica l’oggetto della controversia, che ri-
chiede pur sempre la cognizione di una vicenda contrattuale; pertanto neppure
tale circostanza può avere l’effetto di spostare la competenza.

77
La rilevanza della seconda ipotesi dell’art. 25, comma 1°, seconda parte, per fondare la
competenza giurisdizionale ai sensi dell’art. 2 della Convenzione di Bruxelles non è però pacifica.
Per comprendere la problematica posta dal collegamento tra l’art. 25 legge 218/95 e l’art. 53 della
Convenzione di Bruxelles, si veda L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, pp. 226 ss., spec. p.
235.
78
Cass. sez. un., sent. Corkran, punto 11.1, col. 2704.
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 281

In definitiva, secondo l’interpretazione sopra delineata del principio di pros-


simità accolto nella Convenzione di Bruxelles, il locus solutionis attribuisce
competenza anche al giudice adito dal terzo in qualità di creditore di un contra-
ente, quando la cognizione investe una vicenda contrattuale.
Come si vede l’interpretazione del testo convenzionale data dalle sezioni u-
nite è sorretta sia da considerazioni teleologiche, sia da argomenti dogmatico-
sistematici che ci sembrano assai validi, soprattutto con riferimento all’ori-
ginario sistema di Bruxelles.
Questi argomenti riflettono una tradizione italiana condivisa da altri paesi
europei, in particolare il Belgio e la Germania, che aveva inizialmente influen-
zato la formulazione del testo della Convenzione e la giurisprudenza della Corte
(si vedano le sentenze Kalfelis, Réunion Européenne)79. La differenza di tradi-
zione giuridica di taluni paesi europei spiega le ragioni della discrasia tra gli
autori (specialmente francesi) ostili all’impiego del forum destinatae solutionis
in assenza di un contenzioso sull’esecuzione effettiva di una prestazione con-
trattuale e gli autori (specialmente italiani e tedeschi) che ravvisano una certa
prossimità del foro speciale ogni volta che sia in discussione un’obbligazione
volontaria, quand’anche si discuta della sua esistenza e non già, solamente, del-
le modalità della sua esecuzione80.

11. Segue. La soluzione al vaglio nella nuova formulazione del criterio di com-
petenza speciale in materia contrattuale nel regolamento di Bruxelles I

Bisogna ora chiedersi se la soluzione descritta non debba ritenersi superata


alla luce del nuovo testo dell’art. 5-1. La diversa formulazione del foro speciale
data dal regolamento Bruxelles I appare infatti ispirata in parte proprio alla con-
cezione francese del forum destinatae solutionis81 e in parte a considerazioni di

79
Corte di giustizia, 27 settembre 1988, Kalfelis c. Schröder, pp. 5565 ss., e 27 ottobre,
Réunion européenne c. Spliethoff’s Bevrachtingskantoor BV, pp. 6511 ss.
80
Un’analisi approfondita della giurisprudenza della Corte di giustizia sulla Convenzione di
Bruxelles ha dato luogo a una ricostruzione, in chiave sistematica, del diritto uniforme (quella di
L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, passim), mentre altra parte della dottrina ha sempre
espresso dubbi sulla coerenza sistematica della prassi applicativa della Convenzione, rinunciando
così alla ricerca della logica del sistema. Tra questi vi è chi ritiene che, così come accade per
l’elaborazione delle norme uniformi, anche le decisioni della giurisprudenza della Corte siano
frutto di una sorta di “metodo comparativo dissimulato” per usare un’espressione di K.
KERAMEUS, La compétence internationale en matière délictuelle, 1993, p. 255, n. 3, ripresa da V.
HEUZÉ, De quelques infirmités congénitales, 2000, p. 607, nt. 6., il quale ivi, pp. 596 ss., esprime
una critica serrata sul significato attuale del diritto uniforme e sulle sue modalità di realizzazione.
81
Rileva M. DE CRISTOFARO, Il foro delle obbligazioni, 1999, p. 366, come la modifica sia
stata caldeggiata dalla dottrina cisalpina (v. per es. G. A. L. DROZ, Delendum est forum
contractus?, 1997, p. 351), perché fosse modellata sull’art. 46 del Nouveau code de procédure
282 CAPITOLO QUINTO

politica economica che esulano dagli argomenti usuali per il giurista di diritto
internazionale privato82.
Dal punto di vista del diritto internazionale privato, il merito principale del
nuovo testo dell’art. 5-1, secondo i suoi autori, sarebbe quello di favorire la
concentrazione del contenzioso relativo a un unico contratto. Questo favor per
una giurisdizione unitaria sui contratti segna un’inversione di tendenza rispetto
all’affermazione del criterio di giurisdizione prevalente in Germania e favorevo-
le alla scissione del rapporto giuridico in un fascio di obbligazioni, ai fini della
giurisdizione, in modo da assicurare il massimo rispetto al principio di prossi-
mità83.
La nuova soluzione rappresenta un compromesso tra la volontà di mantene-
re il foro speciale “di prossimità” e quella di correggere le distorsioni derivanti
dalla moltiplicazione dei fori competenti che, nella sua versione tedesca, quel
foro comportava (forum shopping).
La pertinenza del principio di prossimità come fondamento per la compe-
tenza concorrente del foro dell’obbligazione aveva aperto una discussione, ali-
mentata soprattutto dalla dottrina francese. Con argomentazioni stringenti era
stato evidenziato, ad esempio, che il riferimento all’obbligazione principale in
caso di pluralità di obbligazioni in contestazione84, e il rinvio alla lex causae per
determinare il luogo di esecuzione del contratto, non offrivano nessuna garanzia
di prossimità del giudice alla lite85.

civile. Essa infatti rispecchia una concezione del forum destinatae solutionis tradizionale in
Francia. In questo paese il criterio del forum destinatae solutionis fa riferimento al luogo di
effettiva esecuzione della prestazione dovuta.
82
T. BALLARINO, L. MARI, Uniformità e riconoscimento, 2006, pp. 30 ss. spiegano l’anti-
nomia di fondo evidenziata dalla riformulazione dell’art. 5 alla luce della politica legislativa del
diritto internazionale privato di fonte comunitaria “informato in parte ad una logica di
coordinamento tra ordinamenti ancora fondata su tecniche conflittuali e in parte sottomesso alla
logica del mercato interno la quale tende invece a dissolvere queste ultime nel principio del
riconoscimento delle equivalenze”. Amplius ivi.
83
L. FORLATI, Luogo di esecuzione delle obbligazioni contrattuali, 1976, pp. 56 ss. ravvisava
un’anticipazione dell’inversione di tendenza citata nel testo già nelle pronunce della Corte di
giustizia sull’art. 5-1 che enfatizzavano l’obiettivo di evitare la moltiplicazione dei fori com-
petenti relativamente a un unico rapporto obbligatorio.
84
V. HEUZÉ, De quelques infirmités congénitales du droit uniforme, 2000, pp. 611 ss., a
proposito della necessità, indicata dalla Corte di giustizia, di fare riferimento all’obbligazione
principale in caso di pluralità di obbligazioni (sentenza 15 gennaio 1987, Shenavaï): “La
cohérence du système est atteinte, dès lors que celui-ci ne peut plus se recommander de l’idée de
proximité. En effet le tribunal compétent est certes celui du lieu où l’obligation principale a été ou
devait être exécutée. Mais rien ne permet d’assurer qu’il est le plus proche du litige dans son
ensemble, c’est-à-dire en tant qu’agglomérat de demandes fondées sur une pluralité d’obligations
distinctes”.
85
L. MARI, Il luogo di esecuzione dell’obbligazione, 1990, pp. 84 ss. suggerisce di accogliere
una nozione autonoma di luogo dell’adempimento per una data obbligazione in tutti gli ordi-
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 283

Con questi argomenti si suggeriva un’interpretazione rigidamente restrittiva


delle competenze speciali, e si era giunti persino ad auspicarne l’eliminazione, o
addirittura a prefigurare l’abbandono di ogni ricerca di uniformità per i criteri di
competenza internazionale diretta86.
Bisogna però ricordare che, senza giungere a queste soluzioni estreme, la
dottrina italiana aveva da tempo evidenziato che il forum destinatae solutionis
sarebbe compatibile, rispettando determinate condizioni, con la tutela del con-
venuto nei confronti di assunzioni esorbitanti di giurisdizione. Per mantenere
criteri di competenza ispirati al principio di prossimità del giudice alla lite me-
glio sarebbe stato adottare una nozione autonoma di “luogo di esecuzione
dell’obbligazione”, piuttosto che adottare il diverso criterio del luogo di conse-
gna della merci o luogo di prestazione dei servizi, che nulla hanno a che vedere
con quel principio.
È stata invece quest’ultima la soluzione del regolamento Bruxelles I, che ha
mantenuto il collegamento tra la lite vertente su un’obbligazione contrattuale e
il giudice del luogo in cui essa deve essere eseguita in nome del principio di
prossimità, prevedendo le due note eccezioni per i contratti di vendita e di pre-
stazione di servizi, i cui collegamenti non possono certo fondarsi su quello stes-
so principio.
Se le competenze speciali hanno carattere eccezionale, il nuovo art. 5-1 si ri-
solve dunque in una deroga a una deroga. In altre parole, si è finito con lo stabi-
lire la seguente gerarchia: la regola principe è actor sequitur forum rei; si tollera
un’eccezione in nome della prossimità, espressa da alcuni fori speciali ed esclu-
sivi; si tollera un’eccezione a tale eccezione in nome dell’unità del foro contrat-
tuale.
Per mantenere il foro speciale in materia contrattuale ed evitare la prolifera-
zione dei fori disponibili all’attore in giudizio si sono voluti isolare due fori al-
ternativi per i contratti internazionali più importanti. In tal modo si è creata
un’antinomia nel sistema, all’interno dello stesso art. 5-1; si è persa la ratio del
principio di prossimità come criterio di competenza speciale; si è creato un cri-
terio di competenza privilegiato per gli acquirenti di beni e servizi (secondo l’id
quod plerumque accidit).
Dal primo punto di vista, la lettera b) del nuovo art. 5-1 del regolamento,
sancita per limitare a uno e un solo foro alternativo al forum rei in materia di
contratti, può essere fondata sul principio di prossimità, come lascerebbe inten-

namenti in cui si applica la Convenzione. Nello stesso senso M. DE CRISTOFARO, Il foro delle
obbligazioni, 1999, p. 383, M. LUPOI, Il luogo dell’esecuzione del contratto come criterio di
collegamento giurisdizionale, 1978, pp. 168 ss., 231 ss; E. JAYME, CH. KOHLER, Europaïsches
Kollisionsrecht 1997 – Vergemeinschaftung durch Säulenwechsel, 1997, p. 396.
86
Si veda, per tutti, H. GAUDEMET-TALLON, Compétence et exécution des jugements, 2002, p.
127.
284 CAPITOLO QUINTO

dere le lett. a) dello stesso articolo, solo a prezzo di una (incomprensibile) fictio
iuris.
Il problema principale che crea la nuova norma non è però di ordine solo te-
orico e relativo alla mancanza di coerenza tra le lett. a) e c), da una parte, e la
lett. b) dall’altra, nell’art. 5-1 del regolamento Bruxelles I.
Com’è stato ampiamente rilevato la norma crea uno squilibrio dal punto di
vista sostanziale tra le parti.
Già oggetto di critiche perché si risolveva, nella maggior parte dei casi, in
un forum actoris87, il forum destinatae solutionis, nella nuova disposizione, ap-
pare destinato a favorire una delle parti sostanziali nei contratti di vendita e di
prestazione di servizi: l’acquirente. La scelta del luogo di esecuzione della “pre-
stazione caratteristica” come locus solutionis rilevante ai fini della competenza
è fonte di squilibrio tra le parti: essa determina una situazione di svantaggio per
uno dei contraenti, che è di norma proprio il prestatore caratteristico, ossia il
creditore pecuniario88.
Così inteso, il foro speciale non risponde più alla necessità di mantenere
quel collegamento tra il giudice e la lite necessario alla buona amministrazione
della giustizia ma diventa un foro alternativo tout court, ossia un privilegio dif-
ficilemente spiegabile per l’attore in giudizio (e addirittura un privilegio per
l’acquirente di beni e servizi).
Il nuovo testo dell’art. 5-1, com’è stato da più parti osservato, determina una
sorta di forum emptoris in violazione del principio dell’égalité des armes. Que-
sto disequilibrio urta profondamente la sensibilità del giurista e difficilmente
può trovare una giustificazione convincente. Al di là dell’argomento retorico
circa la necessità di mantenere l’unità del forum contractus (confinato chissà
perché a due soli tipi di contratti nominati), il principio fondamentale del diritto
processuale civile della equidistanza tra il giudice e le parti appare sacrificato in
nome del postulato del mutuo riconoscimento per il quale “un tribunale comuni-
tario vale l’altro”89.
Non vi è infatti altro ragionamento possibile per spiegare il criterio di colle-

87
Secondo J. SCHRÖDER, Internationale Zuständigkeit, 1971, p. 327, sarebbe propria del
locus solutionis la funzione di giustificare il forum actoris, malcelato obiettivo di tutte le
competenze speciali in materia di obbligazioni. Contra, e multis, M. DE CRISTOFARO, Il foro delle
obbligazioni, 1999, p. 418: “Se pure il forum solutionis è sorto e si è giustificato in quanto
ricollegato alle indicazioni del diritto sostanziale relative al luogo dell’adempimento, questa
impostazione tradizionale non appare più accettabile né difendibile allorché la qualificazione
territoriale dell’obbligo operata dal legislatore sia idonea a porre a capo a situazioni di
generalizzato avallo del forum actoris, pur in assenza di contatti specifici tra la parte ed il luogo
ove si trova l’ufficio giudiziario investito della cognizione del rapporto”.
88
Per un’ampia critica dell’adozione della prestazione caratteristica come criterio di
determinazione del forum destinatae solutionis vedi sempre M. DE CRISTOFARO, Il foro delle ob-
bligazioni, 1999, pp. 353 ss.
89
T. BALLARINO, L. MARI, Uniformità e riconoscimento, 2006, pp. 30 ss.
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 285

gamento se non quello che fa riferimento a considerazioni che trascendono il


diritto internazionale privato. Si deve infatti riscontrare che, in quest’ottica, il
forum destinatae solutionis risponde alla stessa logica di un criterio di compe-
tenza territoriale90.
Da questo punto di vista la soluzione consacrata nel regolamento Bruxelles I
appare prematura, dal momento che, a differenza di quanto accade negli ordi-
namenti interni, la scelta di un tribunale comunitario piuttosto che un altro com-
porta ancora, nonostante i progressi raggiunti con l’entrata in vigore del rego-
lamento Roma I nell’unificazione delle norme di conflitto, una scelta di “siste-
ma di diritto internazionale privato” e, per quella via, di legge applicabile.
Il riferimento al luogo di esecuzione della prestazione caratteristica nei con-
tratti di vendita e di prestazione di servizi è perciò criticato persino dalla dottri-
na francese, la quale, come appena detto, pur auspicava un ripensamento del
forum destinatae solutionis, del quale difficilmente riusciva a cogliere la ratio91.
Paradossalmente si può perciò registrare, al momento attuale, una convergenza
della dottrina europea nel segnalare la perdita di razionalità del forum destinatae
solutionis, se non dell’intera gamma delle competenze speciali.
In attesa di una chiarificazione circa la ratio del “nuovo” foro del contratto,
la prudenza è di rigore e giustifica l’atteggiamento di chi si oppone all’utilizzo
dell’art. 5-1 al di fuori dei casi in cui la Corte di giustizia ne ha espressamente
ammesso l’applicazione.

12. Conseguenze delle soluzioni per il conflit de juridictions innescato dal-


l’azione revocatoria ordinaria, dall’azione dichiarativa della simulazione e dal-
l’azione surrogatoria

Si è evidenziato che esistono due concezioni possibili del diritto processuale


internazionale di fonte comunitaria: l’una vede nella Convenzione un sistema di
norme organizzate per il perseguimento di obiettivi generali, chiarificato e ag-
giornato progressivamente dalla Corte di giustizia92; l’altra nega l’esistenza di
obiettivi (e dunque la possibilità di un’interpretazione teleologica delle norme
convenzionali e del regolamento) diversi dalla “volontà uniformizzatrice”93, di
modo che l’unico metodo interpretativo a disposizione sarebbe “il metodo com-

90
Si veda ancora V. HEUZÉ, De quelques infirmités congénitales du droit uniforme, 2000, p.
628 sulla diversità della logica dei criteri di competenza territoriale e di quelli di competenza
giurisdizionale con riferimento allo spazio giudiziario europeo.
91
Cfr. per esempio V. HEUZÉ, ivi, pp. 624 che si chiede, retoricamente, se il rimedio non sia
peggiore del male.
92
L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, p. VIII-IX.
93
V. HEUZÉ, De quelques infirmités congénitales du droit uniforme, 2000, pp. 598 ss.
286 CAPITOLO QUINTO

parativo dissimulato”94. Questa seconda tesi rinuncia a priori ad individuare un


sostrato sistematico nelle norme uniformi e nelle “nozioni autonome” elaborate
dalla Corte di giustizia, partendo dal presupposto che l’unico vero fondamento
delle norme processuali adottate sarebbe nel compromesso, assente la volontà di
costituire un diritto processuale coerente.
È evidente che tra una spiegazione razionale di dati in apparenza contrastan-
ti e una resa di fronte alle difficoltà che questa comporta, la preferenza vada al
primo atteggiamento, che, peraltro, consente di dare valore al ruolo interpretati-
vo e innovatore della dottrina. La soluzione data dalle sezioni unite e consisten-
te nel ritenere disponibile il forum destinatae solutionis anche per l’azione revo-
catoria ordinaria e l’azione dichiarativa della simulazione è dunque da approva-
re nel rispetto della concezione sistematica della Convenzione di Bruxelles. Tut-
tavia, come si è evidenziato sopra, i dati ricavabili dal nuovo testo dell’art. 5-1
del regolamento Bruxelles I danno piuttosto rilevanza alla tesi della mancanza
di coerenza sistematica del diritto processuale uniforme.
Le conseguenze delle due impostazioni si riflettono sulle soluzioni possibili
per il conflit de juridictions dell’actio pauliana.
La concezione sistematica del diritto processuale uniforme consente di dare
importanza agli aspetti sostanziali dell’azione revocatoria ordinaria, permette
dunque di accostarla all’azione dichiarativa della simulazione e di rendere ap-
plicabile, per entrambe, l’art. 5-1 del regolamento.
Questa soluzione è coerente con la concezione tedesca del diritto interna-
zionale privato applicabile all’actio pauliana. Se essa si affermerà, l’ordi-
namento tedesco avrà sia per la giurisdizione che per la legge applicabile un
collegamento con il contratto revocando (in virtù della soluzione adottata dal
legislatore tedesco nella citata AnfG)95. Privilegiando gli aspetti sostanziali
dell’actio pauliana essa sarebbe allora da qualificare e interpretare come un vi-
zio originario del contratto96 al quale resterebbe collegata per l’individuazione
del giudice competente come della legge applicabile. Pur coerente questo ragio-
namento è divenuto inattuale, dunque inattuabile alla luce dell’orientamento
palesato dal nuovo “diritto processuale uniforme” di fonte comunitaria.
La soluzione già suggerita dai fautori della tesi che non ravvisava alcun so-

94
Sopra p. 281, nt. 80.
95
Il criterio di giurisdizione dell’art. 5-1 del regolamento Bruxelles I non coincide tuttavia
con il criterio di collegamento stabilito dal regolamento Roma I, il quale fa riferimento alla sede
del prestatore caratteristico e non già al luogo di “consegna” della prestazione caratteristica
richiesta.
96
La concezione che vede nell’actio pauliana la sanzione del vizio originario di un contratto
è rimasta isolata soprattutto perché il contratto revocato non può dirsi “viziato”, restando intatte la
sua validità e efficacia. La paralisi che colpisce gli effetti del contratto è esclusivamente fina-
lizzata alla soddisfazione del creditore, pertanto più che una vicenda del contratto revocando,
l’azione è una vicenda del rapporto obbligatorio che lega il creditore revocante al debitore. Si
veda sopra, pp. 86 ss.
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 287

strato sistematico nella Convenzione di Bruxelles è la più consona al testo del


regolamento Bruxelles I97. Il diritto processuale uniforme, privo di coerenza
sistematica, va infatti strettamente limitato ai casi in cui è possibile realizzarlo,
ossia laddove gli ordinamenti possono effettivamente intendersi su nozioni giu-
ridiche autonome e dunque rendere le norme che le usano veramente uniformi.
Gli anni di applicazione della Convenzione e il nuovo testo del regolamento
dimostrerebbero che questo non è possibile con riferimento alla nozione auto-
noma di materia contrattuale98, né tanto meno per la nozione, eteronoma, di
luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio (nozione demandata
alla lex causae).
È evidente che questo stato di cose rende inopportuno il ricorso all’art. 5-1
per fondare la giurisdizione su un’azione revocatoria ordinaria.
La soluzione è ispirata dall’esigenza di escludere la competenza speciale per
l’ambiguità del foro dell’obbligazione, oggetto di critiche sempre più severe da
parte della dottrina maggioritaria. Deve essere allora privilegiata la necessità di
dare un’interpretazione restrittiva alla norma escludendo che il creditore di una
delle parti possa ricorrervi per disporre di un foro alternativo al forum rei.
Questa soluzione avvalora la tesi della natura processuale dell’actio paulia-
na, che assume qui un’importanza maggiore rispetto al suo sostrato sostanziale.
Una delle conseguenze della concezione che evidenzia la funzione di protezione
dell’azione revocatoria ordinaria consiste nel distinguerla chiaramente dal-
l’azione dichiarativa della simulazione. A differenza della prima, creata su mi-
sura per il creditore, la seconda si risolve in un’estensione della legittimazione
ad agire per chiedere l’accertamento di un vizio originario del contratto, un vi-
zio che potrebbe essere fatto valere anche dalle parti. In questo senso l’azione
dichiarativa della simulazione esercitata dal creditore riceve la stessa disciplina
dell’azione surrogatoria: subisce l’attrazione del rapporto dedotto in giudizio. È
con riferimento al contratto simulato ovvero al credito vantato dal debitore
dell’attore che dev’essere valutata l’esistenza di fori alternativi al forum rei.
Dunque, per capire se l’attore che chiede la simulazione può giovarsi

97
L'inapplicabilità dell’art. 5-1 all’azione revocatoria ordinaria e all’azione dichiarativa della
simulazione esercitata dal terzo è sostenuta da F. SALERNO, Giurisdizione ed efficacia delle
decisioni straniere, 2006, p. 124 e P. FRANZINA, La giurisdizione in materia contrattuale, 2006, p.
262.
98
Nonostante le numerose pronunce della Corte di giustizia sull’art. 5-1 e le sue indicazioni
sugli elementi costitutivi della fattispecie (come l’elemento dell’“obbligo liberamente assunto da
una parte nei confronti dell’altra”) permangono ancora dubbi sulla possibilità di qualificare taluni
fenomeni come attinenti alla materia contrattuale, per esempio quello dell’actio pauliana. Si veda,
a questo proposito, la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla legge
applicabile alle obbligazioni extracontrattuali del 22 luglio 2003, COM (2003) 427 definitivo, p.
8, che include l’azione pauliana, oltre alla responsabilità precontrattuale e alla culpa in
contrahendo, tra i casi per i quali è dubbia l’appartenenza alla materia contrattuale e extra-
contrattuale.
288 CAPITOLO QUINTO

dell’art. 5-1 del regolamento Bruxelles I bisogna risolvere l’annosa questione


sulla disponibilità del forum contractus in assenza di contratto valido, mentre la
questione non sarebbe neppure suscettibile di porsi in caso di actio pauliana.
Questa andrebbe qualificata come un rimedio processuale, quale il pignoramen-
to, e come tale andrebbe proposta innanzi al giudice del domicilio del debitore.
Il contratto revocando non eserciterebbe alcuna forza di attrazione sull’azione
proprio perché, da un punto di vista sostanziale, esso non è in alcun modo mes-
so in discussione. L’effetto dell’azione è infatti unicamente quella di creare un
vincolo di natura processuale sul bene che è oggetto dell’atto, in vista del-
l’esecuzione forzata.
Si può allora sostenere che, trattandosi di una responsabilità patrimoniale e
in assenza di un foro del patrimonio, si deve fare riferimento al domicilio del
debitore. Peraltro il forum rei può assumere qui anche il significato, diverso ri-
spetto a quello originario, di foro del patrimonio se si accetta la fictio iuris per
la quale il domicilio è il luogo di situazione del patrimonio.

13. La ritrovata complementarietà sistematica tra il regolamento Bruxelles I e


il regolamento sulle procedure d’insolvenza: la sentenza Deko Marty

Le azioni revocatorie, ordinaria e fallimentare risultano prive di un criterio


di giurisdizione uniforme o “comunitario” desumibile dal dato testuale.
È pacifico, e si può dare per acquisito, che azioni fondate su norme generali,
come ad esempio un’azione revocatoria ordinaria anche se sono esercitate
nell’ambito di una procedura d’insolvenza, entrano nel campo di applicazione
del regolamento Bruxelles I, purché siano disciplinate dal diritto comune, altri-
menti ne sono escluse99. Alla stessa conclusione sono pervenute la dottrina e la
giurisprudenza con riferimento alla Convenzione di Lugano100 , malgrado qual-

99
Con riferimento alla Convenzione di Bruxelles del 1968 L. MARI, Il diritto processuale
civile, 1999, p. 105 cita App. Milano, 5 maggio 1987, p. 803 che “ha ritenuto applicabile la
convenzione al recupero di un credito preesistente alla liquidazione coatta di una società. In
effetti, le azioni preesistenti al fallimento, anche se esperite nel corso della procedura concorsuale,
sono sufficientemente autonome sì da poter rientrare nel campo di applicazione della Con-
venzione”. Rientra invece nel campo di applicazione del regolamento sulle procedure
d’insolvenza l’azione revocatoria ex art. 66 legge fall. come rileva P. DE CESARI, La revocatoria
fallimentare tra diritto interno e diritto comunitario, 2008, pp. 1005 s. sulla scorta dell’ordinanza
della Cass. sez. un. 14 aprile 2008, n. 9745, Chantiers de l’Atlantique c. Fallimento Festival
crociere, in quanto trattasi di un’azione riservata al curatore fallimentare, che postula la
dichiarazione di apertura del fallimento e che va a vantaggio di tutti i creditori.
100
I. SCHWANDER, Rechtsprechung zum internationalen Schuld- Sachen- Gesellshafts- und
Konkursrecht, 2004, pp. 255 ss.; K. AMMON, Zur Frage des Gerichtsstandes für die paulianische
Anfechtung, pp. 427 ss. ritiene esclusivamente competente il forum concursus in quanto l’azione è
intimamente legata alla procedura di esecuzione forzata aperta in Svizzera. Similmente, J.-L.
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 289

che opinione favorevole all’armonizzazione della disciplina di diritto interna-


zionale privato delle azioni revocatorie ordinaria e fallimentare101 . Fino alla de-
cisione della Corte di giustizia Seagon c. Deko Marty102 rimaneva aperta la que-
stione relativa alla disciplina della giurisdizione delle azioni revocatorie falli-
mentari. Infatti, da una parte, il regolamento Bruxelles I esclude tali azioni dal
proprio campo di applicazione com’è stato rilevato dalla Corte di giustizia con
la sentenza Gourdain c. Nadler che ha chiarito il contenuto dell’esclusione dei
“fallimenti, concordati ed altre procedure affini” di cui all’art. 1, comma 2° del-
la Convenzione di Bruxelles del 1968103, precisando che sono sottratte all’appli-
cazione della Convenzione “le azioni che derivano direttamente dal fallimento e
si inseriscono strettamente nell’ambito del procedimento fallimentare”, vale a
dire le azioni che trovano il proprio presupposto nell’apertura di una procedura
concorsuale104.

CHENAUX, Un survol de l’action révocatoire, 1996, pp. 232 ss. e P. VOLKEN, 1993, p. 363,
sostengono che la Convenzione di Lugano non si applichi mai alle azioni revocatorie di diritto
svizzero neppure se esperite al di fuori di una procedura d’insolvenza; contra D. STAEHELIN, Die
internationale Zuständigkeit der Schweiz im Schuldbetreibungs- und Konkursrecht, 1995, pp. 259
ss. il quale esclude l’applicabilità della Convenzione di Lugano solo quando l’azione revocatoria
è esercitata dopo l’apertura di una procedura d’insolvenza. Per la dottrina austriaca, che si è
allineata alla giurisprudenza Reichert, si veda D. CZERNICH, Europäisches Gerichtsstands- und
Vollstreckungsrecht, 2003, n. 19 sub art. 1 EuGVO, p. 46. Prima della Convenzione di Lugano la
giurisprudenza svizzera aveva riconosciuto la legittimazione ad agire al curatore fallimentare
straniero, per esercitare l’azione revocatoria fallimentare di diritto svizzero in un caso in cui il
curatore di un fallimento aperto in Lussemburgo agiva per recuperare alla massa beni immobili
situati nel Canton Ticino (ATF 100 Ia 18). Vedi il commento di H. HANISCH, Deux problèmes de
faillite internationale (analyse comparative), 1976, p. 120.
101
H. R. SCHÜPBACH, Droit et action révocatoires, 1997, n. 89 sub art. 289 LEF, p. 268.
102
La controversia è stata introdotta dal curatore fallimentare di una società di diritto tedesco,
la Frick Teppichboden Supermärkte Gmbh, innanzi al Landgericht Marburg (foro di apertura del
fallimento) per chiedere la revoca di un pagamento effettuato alla società belga Deko Marty
Belgium NV – con sede in Belgio – su un conto bancario aperto dalla stessa presso la KBC Bank
di Düsseldorf. Poiché il giudice di primo grado si era dichiarato incompetente in quanto la
convenuta ha la propria sede in Belgio, il curatore ha proposto appello, in ultima istanza, dinnanzi
al Bundesgerichtshof. Si vedano le conclusioni dell’avvocato generale Dámaso Ruiz-Jarabo
Colomer presentate il 16 ottobre 2008 (e il commento di F. CORSINI, Revocatoria fallimentare e
giurisdizione nelle fonti comunitarie: la parola passa alla Corte di giustizia, 2008, pp. 429 ss) e
la decisione 12 febbraio 2009, Christhoper Seagon c. Deko Marty Belgium NV, su cui v. L.
MACCARONI, Insolvenza transfrontaliera dei gruppi, 2009, pp. 31 ss., F. CORSINI, La Corte di
giustizia “inventa” una dimezzata vis attractiva concursus internazionale, 2009, pp. 65 ss., M.
FARINA, La vis attractiva concursus nel regolamento comunitario sulle procedure d’insolvenza,
2009, pp. 667 ss.
103
Corte di giustizia, 22 febbraio 1979, Gourdain c. Nadler, 1979, p. 733.
104
L. MARI, Il diritto processuale civile, 1999, p.105 al quale si rinvia per la dottrina e le
decisioni italiane che hanno esplicitamente escluso l’applicabilità della Convenzione di Bruxelles
alle azioni revocatorie fallimentari fino al 1999. Si vedano inoltre: Cass. sez. un. 10 agosto 1999,
n. 584, Curatela fallimento Hermes s.n.c. c. Banca Agricola Commerciale della Repubblica di
290 CAPITOLO QUINTO

D’altra parte, il regolamento comunitario sulle procedure d’insolvenza non


contiene alcuna indicazione per l’individuazione del giudice competente in ma-
teria di azioni revocatorie fallimentari sebbene il VI considerando ne circoscriva
l’oggetto utlizzando il criterio ora detto e ne prescriva l’applicazione alle azioni
che sorgono in conseguenza dell’apertura di una procedura fallimentare.
Attesa la complementarietà voluta dal legislatore comunitario tra i due rego-
lamenti, questo vuoto legislativo aveva portato la dottrina e la giurisprudenza a
sostenere due tesi opposte. Secondo un primo punto di vista le azioni revocato-
rie fallimentari dovevano trovare ingresso nel regolamento Bruxelles I105 . La
dottrina maggioritaria era invece dell’idea che la giurisdizione in materia di a-
zione revocatoria fallimentare, in assenza di disposizioni di fonte comunitaria
sul punto, fosse rimessa al diritto degli Stati membri106 , anche in seguito ad una

San Marino, p. 520; Cass. sez. un. 13 dicembre 2002, n. 17912, Fallimento Sidertooling italiana
S.r.l. c. Kurt Bass Gmbh, inedita; Cass. sez. un. 26 giugno 2001, n. 8745, Industrie aeronautiche e
meccaniche Rinaldo Piaggio s.p.a. c. Dornier Luftahrt Gmbh e Ministero della Difesa, che
incontra il favore di M. MONTANARI, Giurisdizione italiana in tema di revocatoria dei pagamenti,
2002, pp. 765 ss. e F. LAMANNA, Funzione recuperatoria-condannatoria della revocatoria, 2002,
pp. 175 ss. La soluzione è pacifica in dottrina: cfr. M. DE CRISTOFARO, Il foro delle obbligazioni,
1999, p. 273, F. SALERNO, Giurisdizione ed efficacia delle sentenze straniere, 2006, p. 75; N.
PISANESCHI, Azione revocatoria fallimentare, 1992, col. 3377 ss. Per la giurisprudenza francese in
tema si rinvia a H. GAUDEMET-TALLON, Compétence et exécution des jugements, 2002, p. 32, nt.
19. La giurisprudenza sulla Convenzione di Lugano segue gli stessi principi come ricorda, ad
esempio, la magistratura svizzera: IIe Cour civile, 15 dicembre 2004, X. c. Masse en faillite de A.
SA., in occasione di un’azione revocatoria ai sensi degli artt. 285-292 della legge processuale
svizzera diretta a recuperare alla massa fallimentare talune rimessioni di debito negoziate da X. e
A. SA. nel periodo sospetto. La Corte ritiene che la Convenzione di Lugano, che sarebbe stata
applicabile ratione personae – essendo X. è una società di diritto polacco con sede a Varsavia e
A. SA. una società di diritto svizzero con sede a Ginevra – non era applicabile ratione materiae
dal momento che l’azione revocatoria “lorsqu’elle est exercée après faillite [...] trouve [...] son
fondement dans la faillite, avec laquelle elle est en étroite connexité. Elle ne pourrait être intentée
sans la faillite, dans la liquidation de laquelle elle est d’ailleurs insérée. Dès lors [...] l’action
révocatoire du droit suisse fait aussi partie des procédures analogues à la faillite exclues du champ
d’application de la Convention de Lugano”. La decisione si richiama a una precedente decisione
del giudice federale, (ATF 129 III 683), relativa alla delibazione di una sentenza austriaca
concernente un’azione revocatoria di diritto austriaco, esercitata nell’ambito di un fallimento
austriaco (BGH 129 III 683). Il giudice ha ritenuto non riconoscibile né eseguibile in Svizzera tale
decisione in base agli artt. 25 ss. LDIP, attesa l’inapplicabilità ratione materiae sia della
Convenzione di Lugano sia della Convenzione bilaterale in vigore tra i due paesi.
105
R. GEIMER, R. A. SCHÜTZE, Europäisches Zivilverfahrensrecht, 2004, n. 129, sub art. 1, p.
87 sostengono che, alla luce della necessaria complementarietà tra il regolamento Bruxelles I e il
regolamento sulle procedure d’insolvenza, le azioni revocatorie fallimentari di diritto tedesco
(par. 129 ss. InsO), dovrebbero ormai ricadere nel campo di applicazione del primo, per preser-
vare la coerenza del sistema di diritto internazionale privato di fonte comunitaria.
106
S. M. CARBONE, M. CATALDO, Azione revocatoria: esercizio della giurisdizione e legge
applicabile, 2004, pp. 27 ss., p. 32.
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 291

decisione della giurisprudenza austriaca107.


Il tribunale di Vienna si è trovato investito della decisione su un’azione si-
mile all’azione revocatoria fallimentare di diritto italiano, esercitata dal curatore
di un fallimento aperto in Germania. Il curatore del fallimento tedesco aveva
infatti deciso di citare il creditore convenuto nel luogo del suo domicilio in Au-
stria. Secondo il diritto austriaco il foro del fallimento ha carattere inderogabile
ed esclusivo e dunque attrae anche le azioni revocatorie fallimentari, per le quali
non avrebbe di per sé rilevanza il domicilio del convenuto (così stabilisce il par.
43, comma 5°, della legge fallimentare austriaca per il diritto interno). In base a
questa disposizione, dunque, il giudice avrebbe dovuto declinare la propria giu-
risdizione, posto che nessuna disposizione austriaca né di fonte comunitaria gli
attribuiva competenza giurisdizionale. La sussistenza della giurisdizione è stata
invece affermata sulla base del diritto tedesco, in quanto legge regolatrice della
procedura di insolvenza aperta in Germania. Il giudice austriaco ha dunque rite-
nuto che la lex concursus individuata dall’art. 4 del regolamento sulle procedure
d’insolvenza fosse competente non solo per le materie indicate espressamente
dal comma 2° dell’articolo, ma anche per la questione della competenza giuri-
sdizionale in materia di azioni “preordinate a realizzare le finalità tipiche della
procedura fallimentare”, come l’azione revocatoria fallimentare. Si evidenzia
perciò una lacuna di regolamentazione “comunitaria” che il giudice austriaco ha
ritenuto di dover colmare facendo riferimento alla lex concursus straniera piut-
tosto che al proprio diritto comune.
Questa decisione sorprende il giurista di tradizione latina che conserva una
nozione pubblicistica del concetto di giurisdizione, intimamente legato alla so-
vranità statale. Essa va però riportata alla concezione privatistica della compe-
tenza giurisdizionale familiare alla cultura giuridica tedesca e austriaca. Emerge
qui una differenza culturale suscettibile di comportare un’interpretazione dif-
forme del sistema di diritto internazionale privato disegnato dal legislatore co-
munitario. Non è infatti pensabile che il giudice italiano affermi la propria giuri-
sdizione sulla base delle norme interne di un ordinamento straniero.
La soluzione non può nemmeno derivare da un’interpretazione estensiva del
regolamento. Sebbene l’elenco delle materie soggette alla lex concursus, che
figura nell’art. 2 del regolamento, non debba considerarsi tassativo, non ci pare
possibile includervi “le norme sulla competenza giurisdizionale” e, per questa
via, attribuire a tali norme una efficacia extraterritoriale. Pertanto, la soluzione
del Tribunale di Vienna che è, con tutta evidenza, una soluzione di compromes-
so e di debole fondamento sistematico, è destinata a rimanere isolata108 .

107
Oberlandesgericht Wien, 17 ottobre 2003, 3 R 151/03b, cit. da S. BARIATTI,
L’applicazione del Regolamento CE n. 1346/2000, 2005, p. 697.
108
Così F. CORSINI, Revocatoria fallimentare e giurisdizione, 2008, p. 431. Favorevole al
ricorso alla lex con cursus per individuare il criterio di giurisdizione è invece M. FABIANI, La
comunitarizzazione della revocatoria transnazionale come tentativo di abbandono di criteri di
292 CAPITOLO QUINTO

La Corte di giustizia ha infatti autorevolmente chiarito che, poiché alle a-


zione revocatorie fallimentari si applica senz’altro il regolamento sulle procedu-
re d’insolvenza, il criterio di giurisdizione dev’essere desunto dall’art. 3-1 di
tale regolamento; si tratta cioè del forum concursus. Sebbene la norma non pre-
veda esplicitamente un criterio per le azioni in parola, una sua interpretazione
estensiva si giustifica attraverso la teoria dell’effetto utile (p.to 21 della senten-
za) e l’argomentazione orientata alle conseguenze, tra le quali è menzionata la
necessità di contrastare il fenomeno del forum shopping (p.ti 23 e 24).
La soluzione della Corte di giustizia è conforme al diritto italiano: la Corte
di Cassazione italiana, dal canto suo, non aveva mutato il proprio consolidato
orientamento su questo tema in seguito all’adozione del regolamento comunita-
rio, ribadendo il principio, più volte enunciato, secondo il quale in tema di azio-
ne revocatoria fallimentare la competenza giurisdizionale va riconosciuta sì al
forum concursus, evidentemente quando serve ad affermare la giurisdizione di
tale foro109 . Esiste infatti un discreto numero di decisioni che hanno sancito la
giurisdizione italiana per l’esercizio di azioni revocatorie esercitate dal curatore
fallimentare ovvero dall’amministratore straordinario110 nei confronti di soggetti
domiciliati all’estero111.
Non è chiaro, tuttavia, se tale competenza giurisdizionale debba fondarsi
sull’art. 20 c.p.c. ovvero sull’art. 24 della legge fallimentare entrambi richiama-
bili attraverso l’art. 3, ult. comma della legge 218/1995, in quanto la Cassazione

collegamento fondati sull’approccio dogmatico, 2004, p. 380. Cfr. anche M. BENEDETTELLI,


“Centro degli interessi principali” del debitore e forum shopping nella disciplina comunitaria
delle procedure di insolvenza transfrontaliera, 2001, pp. 527 ss.
109
Cass. 4 agosto 2006, n. 17706, Allgauland Kasereien Gmbh c. Fallimento Grandi
Magazzini Discount Srl. La ricorrente aveva venduto un’importante partita di formaggi alla
società italiana, poi dichiarata fallita. La merce era stata regolarmente consegnata e pagata nei
quaranta giorni successivi al ricevimento della fattura e questa circostanza escludeva, secondo il
diritto tedesco applicabile al contratto di vendita, la revocabilità del pagamento. Il curatore
fallimentare italiano, ritenendo che il pagamento della somma (pari a lire 63.781.756) fosse lesivo
della par condicio creditorum in quanto avvenuto nel periodo sospetto, aveva esercitato con
successo l’azione revocatoria fallimentare presso il tribunale di Bari, forum concursus. L’azienda
tedesca contestava sia la giurisdizione italiana che la legge applicata dal tribunale di Bari,
chiedendo anche l’applicazione dei principi desumibili dal regolamento sulle procedure d’insol-
venza non applicabile al caso di specie.
110
Per l’affermazione della compatibilità dell’azione revocatoria ex art. 67 legge fall.
esercitata nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in
crisi (legge 95/1979) con la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato si veda, da ultimo ed ex
plurimis Cass. 25 agosto 2006, n. 18552, sui ricorsi riuniti proposti da F.lli Lombardi & C.
Prefabbricati s.p.a. in amministrazione straordinaria c. Sud Leasing s.p.a. in liquidazione
(intimata) e da Locafit s.p.a. c. F.lli Lombardi & C. Prefabbricati s.p.a. in amministrazione
straordinaria.
111
Cfr. da ultimo, Cass. civ. 7 febbraio 2007, n. 2692, Guido Mirone c. Banca Agricola
Commerciale della Repubblica di San Marino.
IL PROBLEMA DELLA GIURISDIZIONE COMPETENTE 293

usa, evidentemente ad abundantiam112, fare riferimento a entrambi, sebbene


appaia corretto fare riferimento unicamente all’art. 24 legge fall113 .
Non è dirimente, a questo proposito, la giurisprudenza Seagon c. Deko
Marty, in quanto sancisce che “spetta agli Stati membri determinare il giudice
competente sotto il profilo territoriale e materiale, il quale non deve essere ne-
cessariamente quello che ha avviato la procedura d’insolvenza” (p.to 27).
Di conseguenza, in una decisione del 19 maggio 2009, il Bundesgerichtshof
ha stabilito che, in mancanza di criteri di competenza giurisdizionale interni e

112
Per la giurisprudenza precedente l’entrata in vigore del regolamento si veda Cass. sez. un.
26 giugno 2000, n. 8745, Industrie aeronautiche e meccaniche Rinaldo Piaggio s.p.a. c. Dornier
Luftahrt Gmbh e Ministero della Difesa, con nota di M. MONTANARI, Giurisdizione italiana in
tema di revocatoria dei pagamenti tra “vecchia” e “nuova” amministrazione straordinaria delle
grandi imprese insolventi, 2002, pp. 765 ss., e F. LAMANNA, Funzione recuperatoria-
condannatoria della revocatoria dei pagamenti, amministrazione straordinaria ex lege Prodi e
sussistenza della giurisdizione italiana, 2002, pp. 175 ss., che fonda la giurisdizione italiana
sull’art. 20 c.p.c. richiamato dall’art. 3, 2° comma, ult. periodo legge 218/95 affermando ad
abundantiam che “nella specie sussiste anche il criterio territoriale di cui all’art. 24 r.d. n. 267 del
1942”. Cfr. anche Cass. sez. un., 13 dicembre 2002, n. 17912, Fallimento Sidertooling italiana
S.r.l. c. Kurt Bass Gmbh; Cass. 4 agosto 2006, n. 17706, Allgauland Kasereien Gmbh c.
Fallimento Grandi Magazzini Discount Srl., e Cass. sez. un. 7 febbraio 2007, n. 2692, Mirone c.
Banca Agricola Commerciale della Repubblica di San Marino, con nota di G. MONTELLA, Il
regolamento CE 1346/2000 sulle procedure di insolvenza e la legge applicabile alla revocatoria
fallimentare, 2007, col. 2815 e commento di P. CATALLOZZI, Giurisdizione e legge applicabile
nelle revocatorie fallimentari transnazionali, 2007, pp. 629 ss. I principi su cui si fonda la
Cassazione riguardano la qualificazione dell’azione revocatoria fallimentare quale azione che
mira non solo e non tanto “a un astratto riconoscimento di inefficacia” ma tale inefficacia
“necessariamente correla al recupero e quindi all’acquisizione ... alla massa di una somma di
denaro determinata, corrispondente alla solutio revocanda”. In base a queste premesse la Corte ha
stabilito che l’azione genera un’obbligazione restitutoria che ha natura di obbligazione di valuta,
e, di conseguenza, oltre a stabilire che gli interessi sulle somme da restituire decorrono dal
momento della domanda, ritiene applicabile l’art. 1182, 3° comma, c.c. il quale prescrive che la
restituzione si deve adempiere presso il domicilio del creditore al tempo della scadenza. Viene
dunque in rilievo il forum destinatae solutionis previsto dall’art. 20 c.p.c. La tesi era stata
elaborata ante riforma per affermare la giurisdizione italiana in ogni caso di pagamento effettuato
dal fallito anche all’estero nei confronti di soggetti stranieri e residenti in altri paesi. Si veda la
disamina di R. LUZZATTO, Giurisdizione del giudice italiano e revocatoria fallimentare, 1995, pp.
704 ss. in commento alla decisione Cass. sez. un. 14 febbraio 1995 n. 1572. Cfr. anche G.
CAMPEIS, A. De PAULI, La revocatoria fallimentare e lo straniero, 1990, pp. 673 ss. i quali,
invece, prefiguravano una lettura “in chiave anche giurisdizionale” dell’art. 24 legge fall. e
l’applicazione della lex contractus da individuare ex art. 25 prel. In pronunce successive
all’entrata in vigore della legge 218/95, la Corte indica che in materia fallimentare opera il criterio
di competenza funzionale (in cui si trovano fuse la competenza per territorio e la competenza per
materia) sancito dall’art. 24 legge fall. che ha carattere inderogabile.
113
Così F. CORSINI, Revocatoria fallimentare e giurisdizione, 2008, p. 443.
294 CAPITOLO QUINTO

alla luce della pronuncia Deko Marty, deve ritenersi competente per decidere di
un’azione corrispondente alla revocatoria fallimentare il forum concursus114.

114
BGH 19 maggio 2009, IX ZR 39/06.
CAPITOLO SESTO

CONCLUSIONI:
LA SOLUZIONE DEL PROBLEMA DELL’AZIONE
REVOCATORIA ORDINARIA
E DEGLI ALTRI RIMEDI GIURISDIZIONALI TIPIZZATI
NELLA PROSPETTIVA SOVRANAZIONALE
E IN QUELLA DELL’ORDINAMENTO ITALIANO

SOMMARIO: 1. Tecniche e principi del diritto internazionale privato rilevanti per una
soluzione del problema. – 2. Esclusione di una vis attractiva dello statuto contrattuale.
– 3. Segue. Esclusione di una vis attractiva dello statuto dell’obbligazione protetta. – 4.
Inadeguatezza delle tecniche di applicazione simultanea delle leggi in presenza. – 5.
Proposta di una regola da codificare a livello sovranazionale. – 6. Segue. Valore della
clausola di buona fede nel diritto internazionale privato. – 7. Inadeguatezza di un siste-
ma nazionale di diritto internazionale privato fondato sul metodo bilaterale. – 8. La rea-
le dimensione del problema nel diritto italiano. – 9. Segue. Metodo per la delimitazione
della sfera di efficacia delle norme italiane sull’azione revocatoria ordinaria. – 10. Giu-
stificazione del diverso trattamento internazionalprivatistico dell’azione revocatoria
ordinaria, da una parte, dell’azione surrogatoria e dell’azione dichiarativa della simula-
zione, dall’altra. – 11. La legge applicabile alla legittimazione ad agire. Cenni. – 12.
L’impero della lex fori sul provvedimento giurisdizionale di revoca. – 13. Distinzione
tra presupposti e condizioni dell’azione revocatoria ordinaria. – 14. Verifica della solu-
zione proposta alla luce del principio di effettività. – 15. Il Wirkungsstatut e la necessa-
ria applicazione delle norme sulla pubblicità degli atti per l’opponibilità delle sentenze
di revoca soggette a trascrizione in Italia. – 16. Categorie di beni e loro luogo di situa-
zione nel regolamento comunitario sulle procedure d’insolvenza. – 17. Segue. L’actio
pauliana nel regolamento. Critica della soluzione accolta. – 18. La soluzione unilaterale
ricavabile per analogia dalla disciplina internazionalprivatistica del pignoramento. – 19.
Un esempio di coordinamento (Italia/Germania). – 20. Il rinvio allo statuto prevalente
per la disciplina delle altre ipotesi di poteri di controllo gestorio del creditore previste
dall’ordinamento italiano (nella rinuncia all’eredità, nel diritto di affrancazione, nella
compensazione, ecc.).

1. Tecniche e principi del diritto internazionale privato rilevanti per una solu-
zione del problema

Passiamo ora alla soluzione che il giudice italiano deve adottare quando
debba pronunziarsi su un’azione revocatoria ordinaria con elementi di estranei-
tà. Bisogna verificare se, pur in assenza di una disposizione specifica della leg-
ge 218/95 che fornisca imperativamente il criterio di collegamento rilevante,
l’interprete possa estrarre una soluzione del problema del conflitto di leggi dal
complessivo sistema di diritto internazionale privato.
296 CAPITOLO SESTO

La legge applicabile all’azione revocatoria ordinaria, come si è già illustra-


to, non può essere individuata attraverso la tecnica della qualificazione1.
L’assenza di una previsione legislativa ci ha indotto a confrontare l’azione con
categorie generali e residuali (responsabilità contrattuale, extracontrattuale, ar-
ricchimento senza causa) e questa rassegna ci ha mostrato che la formulazione
della questione internazionalprivatistica influenza la scelta del collegamento
portando a individuare più norme di conflitto competenti. La tecnica della quali-
ficazione in questi casi dà luogo a un procedimento circolare: la scelta della
norma (e del collegamento) rilevante non avviene mai in esito al procedimento
di qualificazione poiché la sussunzione della fattispecie nell’ambito di una nor-
ma presuppone la scelta della norma rilevante2. Ne abbiamo tratto la conclusio-
ne che per colmare la lacuna riscontrata si rende necessario il ricorso ad altre
tecniche3.
In fattispecie complesse come quella dell’azione revocatoria ordinaria nu-
merosi sono gli elementi che possono fungere da criterio di collegamento, in
quanto possono rappresentare elementi di contatto o fattori di estraneità rispetto
all’ordinamento italiano. Non bisogna però cedere alla tentazione di eleggere
uno di questi fattori a criterio di collegamento bilaterale perché, come abbiamo
osservato, solo il legislatore sarebbe in grado di dire l’ultima parola in una que-

1
Si veda sopra, pp. 17 ss.
2
Per l’osservazione formulata nel testo cfr. A. EHRENZWEIG, P. K. WESTEN, Fraudulent
Conveyances in the Conflict of Laws, 1967-68, p. 1688, nt. 55.
3
Come dimostrato a suo tempo da G. Balladore Pallieri e da Ph. Francescakis, un sistema di
diritto internazionale privato non si esaurisce nelle disposizioni esplicite nazionali e meno ancora
nella somma delle norme di conflitto: sicché, nel nostro caso, la disciplina dell’azione revocatoria
ordinaria può essere ricavata dal sistema italiano di diritto internazionale privato, esaminato nel
suo complesso, prescindendo dalla ricerca di un’unica norma specifica della legge 218/95. A que-
sto proposito si può segnalare che M. BENEDETTELLI, Art. 57, 1996, p. 1135 s. ha avuto modo di
osservare che tra “i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato” di cui all’art. 12 delle
preleggi vi sono anche “i principi generali del sistema di diritto internazionale privato” i quali ben
possono influenzare la scelta dell’interprete verso una soluzione piuttosto che un’altra; e che P.
PICONE, Ordinamento competente, 1986, pp. 37 ss., ritiene che l’armonia internazionale delle
soluzioni sia un principio immanente del sistema italiano di diritto internazionale privato, sul
quale si possono fondare deroghe ed eccezioni alle norme di conflitto vigenti. Il principio può
servire in particolare a correggere il risultato dell’applicazione di una norma di conflitto al fine di
scongiurare la creazione di situazioni e rapporti c.d. “claudicanti”. Taluni meccanismi del diritto
internazionale privato, come quello del rinvio, sarebbero perciò concepiti proprio per dare voce al
principio dell’armonia internazionale delle soluzioni e consentirgli di esplicare i propri effetti
cancellando l’iniquità del risultato dell’applicazione di una norma di conflitto in una fattispecie
concreta. Risulta invece difficile ricavare a priori e in via esclusiva da tale principio il giusto
criterio di collegamento per un rapporto giuridico, come sottolineato da H. BATIFFOL, Aspects
philosophiques, 1956, p. 214: “un choix étant supposé possible entre deux règles de conflit com-
patibles l’une et l’autre par hypothèse avec les systèmes en présence, la formule de l’harmonie
des solutions ne donne pas de guide pour le choix à effectuer”.
CONCLUSIONI 297

stione non risolvibile secondo criteri di pura logica4. Nell’area dei rimedi giuri-
sdizionali tipizzati, come può definirsi l’azione revocatoria ordinaria, se si pone
la questione di diritto internazionale privato nella sua formulazione più classica
non si giunge a una soluzione univoca, perché molte soluzioni possono propor-
si, tutte sorrette da giustificazioni logiche e dogmatiche di pari forza e dunque
di pari debolezza.
All’origine delle molteplici possibilità di soluzione di un conflitto di leggi vi
è, del resto, anche l’eterogeneità degli obiettivi del diritto internazionale privato
– variamente assunti a principi che devono guidare l’elaborazione delle regole
concrete – benché si debba registrare un sostanziale accordo sull’obiettivo fon-
damentale del diritto internazionale privato, l’uniformità5 e dietro il quale vi è il

4
La Corte costituzionale italiana, con la sent. n. 71 del 1987, ha osservato che la filosofia del
sistema italiano di diritto internazionale privato non può essere invocata per giustificare l’inser-
zione di nuove norme di conflitto e nuovi collegamenti dal momento che questa funzione spetta in
via esclusiva al legislatore. Nella pronuncia, la Corte si rifiuta di emanare una “sentenza additi-
va”, come indicato dal tribunale di Torino, giudice remittente, che aveva chiesto di rilevare
l’incostituzionalità dell’art. 18 prel. “nella parte in cui non prevedeva un criterio fondato sul do-
micilio o sulla residenza comune dei coniugi”. La Corte precisa che una pronuncia di tale conte-
nuto avrebbe avuto il significato di “sostituirsi al legislatore”. In argomento si veda T. BALLARI-
NO, Costituzione e diritto internazionale privato, 1974, passim, L. MARI, Valori costituzionali e
valori di diritto internazionale privato: i termini del confronto, 1990, pp. 47 ss., F. SALERNO,
L’uguaglianza di trattamento rispetto all’applicazione di ordinamenti diversi nel diritto interna-
zionale privato, 1990, pp. 37 ss. e R. PISILLO MAZZESCHI, La sentenza 71/1987 della Corte costi-
tuzionale italiana, il ruolo dell’ordine pubblico e l’attuale regime di conflitto del divorzio, 1990,
pp. 23 ss. Si segnala peraltro la decisione di Cass. 24 gennaio 2007, n. 1609, in una fattispecie in
cui era applicabile ratione temporis l’art. 19 prel., ossia la norma di diritto internazionale privato
relativa ai rapporti patrimoniali tra coniugi recentemente, ma dopo che la causa principale era
stata instaurata, dichiarata incostituzionale (cfr. C. Cost. 254/2006). Al fine di colmare la lacuna
di regolamentazione, la Suprema Corte verifica in primo luogo la possibilità in concreto di appli-
care cumulativamente le rispettive leggi nazionali dei coniugi e, dopo avere constatato che le
norme nazionali di ciascun coniuge erano di contenuto incompatibile, fonda la propria soluzione
sull’art. 12 prel., ricorrendo al principio di analogia per applicare l’art. 18 prel. relativo ai rapporti
personali tra coniugi. Tale norma era stata a sua volta dichiarata incostituzionale con la sentenza
cit. sopra (C. Cost. 71/1987) e, nel testo risultante a seguito della dichiarazione di incostituzionali-
tà, essa prevedeva l’applicazione dell’ultima legge nazionale comune dei coniugi che, nel caso di
specie, era quella italiana.
5
Il principio dell’uniformità è enfatizzato da G. BARILE, Diritto internazionale privato, 1964,
p. 1052, che afferma: “il problema della soluzione dei cosiddetti conflitti fra ordinamenti indipen-
denti viene ormai risolto unilateralmente dall’ordinamento statale nel cui ambito si pone il pro-
blema della soluzione delle singole questioni. Ciò non toglie, peraltro, che l’unico fine che gli
Stati si propongono con l’adozione di un sistema di diritto internazionale privato rimane sempre
legato a quello universale dettato dal principio della identità delle soluzioni. Tale fine è stato esat-
tamente rilevato in quello della uniformità di regolamento dei rapporti giuridici. Questo principio
dell’uniformità costituisce sempre un aspetto particolare dell’altro, più generale, tendente ad assi-
curare che ogni problema giuridico abbia un’unica soluzione, ma considera ed ha riguardo alla
realtà costituita dagli ordinamenti statali indipendenti e tiene conto della circostanza, rilevabile in
298 CAPITOLO SESTO

superiore obiettivo della armonia internazionale delle soluzioni, risalente alla


dottrina di Savigny e perseguito tenacemente da Mancini, attraverso la fervente
attività diplomatica che ha caratterizzato la sua attività di uomo pubblico6. La
Entscheidungsharmonie valorizza la ricerca della soluzione più giusta e appro-
priata in considerazione della natura del rapporto giuridico. Al momento attuale,
dopo il trionfo del particolarismo, la ricerca di una soluzione giusta è però con-
dotta singolarmente da ciascuno Stato secondo le proprie concezioni, mentre
l’obiettivo dell’uniformità interviene, in un secondo momento, per correggere i
risultati della ricerca individuale della giustizia del collegamento7.
La ricerca di una soluzione giusta appare oggi sacrificata, in particolare dal-
le istituzioni comunitarie, che a fronte dell’impossibilità di trovare una soluzio-
ne che sia appunto equa dal punto di vista di tutti gli Stati membri che hanno
accettato le nuove competenze della comunità in materia di diritto internaziona-
le privato, preferiscono porre l’accento sul principio della certezza del diritto.
Questa formulazione esprime l’idea in base alla quale la coerenza di regolamen-
tazione è una condizione della giustizia: ripugna alla mente del giurista la pos-
sibilità che a un medesimo fatto concreto siano date due risposte diverse e con-

detta realtà, che il problema della identità sostanziale della soluzione si può risolvere, nei rapporti
fra detti ordinamenti, soltanto in termini di uniformità. […] Ogni ordinamento indipendente, in
effetti, attraverso il “suo” sistema di regole di cosiddetti conflitti, non può impedire che un’altra
soluzione possa venir raggiunta in un altro ordinamento statale, ma può solo tendere a raggiunge-
re una soluzione uniforme a quella di quest’altro ordinamento […]. L’autore rimanda anche alle
considerazioni di W. WENGLER, The general principles, 1961, p. 364: “it appears that there is at
least one […] guiding principle for “all” conflict cases. It is the idea that a social relation should
be allocated by the conflict rules to the law of one state in such a manner that uniformity of allo-
cations by all countries is ensured as far as possible” e di H. BATIFFOL, Aspects philosophiques,
1956, pp. 136 ss. Con quest’ultimo autore, si deve però osservare, ivi, pp. 212 ss. che “la coesi-
stenza di sistemi distinti rende necessario un loro coordinamento, ma questo non può essere per-
fetto in ragione del legame ineluttabile tra il tenore di ciascun sistema e le sue norme di conflitto.
Com’è stato giustamente osservato, con il pretesto di integrarli si finirebbe piuttosto per distrug-
gere gli elementi del sistema in luogo di ordinarli” (trad. mia). Si deve dunque ridimensionare la
portata del principio dell’uniformità anche sulla base di considerazioni realistiche: quale ordina-
mento giuridico sarebbe pronto a sacrificare la propria concezione di giustizia per adeguarsi alla
soluzione di un altro ordinamento ritenuta, per ipotesi, profondamente iniqua?
6
P. S. MANCINI, Utilità di rendere obbligatorie per tutti gli Stati sotto la forma di uno o più
trattati internazionali alcune regole generali del diritto internazionale per assicurare la decisione
uniforme tra le differenti legislazioni civili e criminali, 1876, pp. 624 ss.; Della nazionalità come
fondamento del Diritto delle genti. Prelezione al corso di Diritto Pubblico Esterno ed Internazio-
nale Privato, pronunziata nella Regia Università degli Studi di Torino nel dì 22 gennaio 1851.
Sulla figura di Mancini si veda E. JAYME, Pasquale Stanislao Mancini. Il diritto internazionale
privato tra Risorgimento e attività forense, 1988 e Y. NISHITANI, Mancini und die Parteiautono-
mie im internationalen Privatrecht: Eine Untersuchung auf der Grundlage der neu zutage ge-
kommenen kollisionsrechtlichen Vorlesungen Mancinis, 2000, passim.
7
Cfr. P. PICONE, Ordinamento competente, 1986, pp. 37 ss. e sopra, p. 296, nt. 3.
CONCLUSIONI 299

traddittorie dagli ordinamenti chiamati a dare attuazione o a consentire lo svol-


gimento di una relazione giuridica con elementi di estraneità.
Se, tuttavia, la certezza del diritto è una condizione della giustizia, la giusti-
zia non si può ridurre alla certezza del diritto. Intesa come sola ricerca della uni-
formità essa rischia di portare al relativismo, a considerare il contenuto delle
norme giuridiche indifferente per il raggiungimento della giustizia8. L’obiettivo
della certezza del diritto non può dunque essere separato del tutto da quello del-
la ricerca di una soluzione giusta: entrambi vanno tenuti presenti per la ricerca
di una soluzione concreta.
Nella ricerca di norme che concretizzino questi principi guida del diritto in-
ternazionale privato si incontrano però due ostacoli: quello derivante dalla se-
gnalata esistenza di principi eterogenei rispetto a quelli ora evocati e in primis il
principio della coerenza dell’ordinamento interno, che può limitare fortemente
il legislatore nazionale nelle sue aperture alle esigenze della vita giuridica e del
commercio internazionali9; il secondo derivante dal fatto che si tratta più pro-
priamente di obiettivi generali anziché di veri e propri principi normativi carat-
terizzati da una fattispecie dotata di valore deduttivo10.
Anche nelle norme di diritto internazionale privato nazionali la ricostruzio-
ne di questi obiettivi non è sempre agevole.
Più arduo ancora è dunque il procedimento inverso (rispetto all’indivi-
duazione dei principi sui quali una data norma si fonda) che consiste nel ricava-
re una norma dai principi generali della materia. Infatti, quand’anche l’unico
obiettivo da prendere in considerazione consistesse nella c.d. armonia interna-
zionale delle soluzioni, sarebbe impossibile individuare una soluzione unica,
razionalmente imposta, cui tutti gli ordinamenti dovrebbero tendere perché
quella – e solo quella – assicura il raggiungimento di tale risultato. La sola pos-

8
Per il sostrato filosofico del principio di uniformità si veda ancora H. BATIFFOL, Aspects
philosophiques, 1956, pp. 216 ss.
9
Obbediscono al principio di coerenza dell’ordinamento interno varie tecniche e metodi del
diritto internazionale privato che M.-C. NAJM, Principes directeurs, 2005, p. 82 e pp. 98 ss. rag-
gruppa sotto il nome di “vettori del principio di coesione dell’ordinamento giuridico del foro” e
individua nel principio di ordine pubblico, in quello “dell’interesse politico dello Stato del foro” e
in quello “della considerazione dello scopo legislativo delle leggi interne”. Per tutti questi principi
si veda già W. WENGLER, Les principes généraux du droit international privé et leurs conflits, pp.
599 ss. e 614 ss. Il principio di coerenza dell’ordinamento interno dovrebbe ora subire un drastico
ridimensionamento nell’ambito degli Stati membri dell’Unione Europea per effetto dell’affer-
marsi del principio di mutua fiducia nel diritto internazionale privato di fonte comunitaria,
nell’opinione di F. MOSCONI, La difesa dell’armonia interna dell’ordinamento del foro tra legge
italiana, convenzioni internazionali e regolamenti comunitari, 2007, pp. 5 ss., che rileva “un ri-
schio di incongruenza” tra i due principi.
10
Si può richiamare al riguardo quanto osserva L. MENGONI, Ermeneutica e dogmatica giu-
ridica, 1996, p. 126, per approfondire la distinzione tra principi e regole, laddove non esclude
l’esistenza di enunciati di principio provvisti di fattispecie.
300 CAPITOLO SESTO

sibilità di garantire che sia data la medesima soluzione a una concreta questione
giuridica in ognuno degli ordinamenti nei quali essa può manifestarsi, è data da
una scelta sovranazionale capace di imporre una uniformità di soluzione, che
unisca cioè ad argomenti razionalmente validi, la positività di regolamentazio-
ne11.
Questo stato di cose rappresenta un importante deterrente al ricorso al me-
todo bilateralista che, per funzionare correttamente, impone di individuare un
unico criterio di collegamento per ogni fattispecie concreta e presuppone un
certo grado di equivalenza tra gli istituti disciplinati dagli ordinamenti che vo-
gliono rendere le soluzioni dell’uno armoniche con quelle dell’altro prevenendo
l’insorgenza di situazioni claudicanti nei rispettivi paesi. Infatti, solo la coinci-
denza dei criteri di collegamento scelti da ogni Stato per fattispecie corrispon-
denti può aspirare a garantire quell’armonia internazionale delle soluzioni che
rappresenta lo scopo tradizionale del diritto internazionale privato.
Si possono quindi sottolineare i limiti del funzionamento del metodo bilate-
ralista. Esso è condizionato – come nel pensiero di Savigny12 – dall’esistenza di
un certo grado di equivalenza tra gli istituti nazionali che regolano un dato fe-
nomeno sociale (la comunità delle nazioni – miteinander verkehrende) e
dall’esistenza di una norma sovranazionale capace di imporre a tutti gli ordina-
menti il collegamento prescelto per una relazione giuridica esistente, sia pure
con delle varianti, in ognuno di essi.
Quando il diritto internazionale privato nasce dall'alto ed ha carattere sopra-
nazionale, l’adozione di un criterio di collegamento bilaterale che sia valido per
tutti gli Stati o una cerchia di essi può garantire la continuità nel tempo e nello
spazio di una relazione giuridica nell’ambito di detti Stati. Per giungere a questo
auspicabile risultato è però anche necessario che tale relazione giuridica non sia
talmente diversa, nei vari paesi in cui è suscettibile di svolgersi, da risultare i-
nintelligibile per le culture giuridiche di ciascuno di essi13.
Scopo del diritto internazionale privato uniforme è proprio quello di impedi-
re il realizzarsi di conflitti di leggi, delimitando dall’alto il campo di applicazio-
ne delle norme che per ipotesi possono essere richiamate da una fattispecie con-
creta14.
In questi casi, l’efficacia del criterio di collegamento adottato per il rag-
giungimento dell’armonia internazionale delle soluzioni non è data, in via e-
sclusiva, dalla sua razionalità o “scientificità” ma soprattutto dalla positività che

11
Si veda, sopra, p. 297 nt. 5.
12
Si veda quanto osservato da H. SYNVET, prefazione alla riedizione francese di F.-C. VON
SAVIGNY, Traité de droit romain, 2002, (1860) p. VI.
13
Per il problema delle istituzioni sconosciute v. H. MUIR WATT, D. BUREAU, Droit interna-
tional privé, 2007, pp. 383 ss.
14
Si veda anche oltre, nt. 44 e nel testo di rinvio.
CONCLUSIONI 301

acquisisce in conseguenza della sua adozione15. Le istituzioni comunitarie par-


tono proprio da questo punto di vista: la recente legislazione in materia di diritto
internazionale è giustificata dal fatto che “l’obiettivo della certezza del diritto”
“non può essere realizzato in maniera sufficiente dagli Stati membri … e può
dunque essere meglio realizzato a livello comunitario”16.
In definitiva, nonostante appaia un obiettivo apprezzabile, riteniamo che
l’uniformità non possa essere perseguita in maniera utile nell’ambito di uno Sta-
to singolo. Anche a livello sopranazionale, d’altro canto, appare preferibile fon-
dare una soluzione di diritto internazionale privato uniforme su un principio
giuridico comune agli ordinamenti giuridici che concedono la tutela revocatoria.
Inoltre occorre valutare quale sia de iure condito la soluzione positiva ricavabile
dal sistema di diritto internazionale privato dell’ordinamento italiano, il quale,
come ogni ordinamento nazionale, è meno sensibile, per le ragioni viste sopra,
all’esigenza primordiale dell’uniformità17.
A tal fine occorre valutare l’incidenza di altri principi del diritto internazio-
nale privato nell’elaborazione di una soluzione: e, in particolare, il principio di
effettività18 e il principio della coerenza dell’ordinamento interno19, in base al

15
Su questi aspetti si veda, oltre, pp. 308 ss.
16
Si vedano ad esempio i Considerando n. 16 e n. 43 del regolamento Roma I.
17
Si veda sopra, p. 296, nt. 3 e nel testo di rinvio.
18
Il principio di effettività esprime nel diritto internazionale privato il legame tra competenza
legislativa e potere di coercizione – già evidenziato dalle dottrine statutarie di Bartolo da Sasso-
ferrato e D’Argentré – e impone di dare prevalenza all’ordinamento giuridico “più forte” ossia al
sistema, tra quelli con i quali la fattispecie si presenta collegata, che più è in condizione di far
prevalere il suo punto di vista circa il diritto applicabile. Il principio è stato teorizzato dalla c.d.
“giurisprudenza analitica” – ossia da quella corrente del pensiero giuridico inglese che studia il
diritto a partire dall’analisi dei concetti giuridici e ha i suoi precursori in Hobbes e Bentham – e,
in particolare da J. AUSTIN, The Province of Jurisprudence Determined, 1832 [tr. it. Delimitazione
del campo della giurisprudenza, 1995, pp. 84 ss.: “Un comando […] è un’espressione di deside-
rio. Ma esso si distingue da altre espressioni di desiderio per questa sua specificità: che colui al
quale esso è rivolto è soggetto a un male da parte dell’altro nel caso non vi si conformi […] in
altri termini […] si dice che il comando o il dovere siano “sanzionati” o “resi effettivi” (enforced)
dalla possibilità di incorrere in un male”] e H. L. A. HART, The Concept of Law, 1961, tr. it. Il
concetto di diritto, 1991, pp. 95 ss. che ha corretto la teoria di Austin, introducendo la distinzione
tra norme “fondamentali o primarie”, che “impongono obblighi”, e norme “sussidiarie o seconda-
rie” che “specificano i modi in cui si possono in modo decisivo accertare, introdurre, eliminare,
variare le norme primarie, e determinare il fatto della loro violazione”. Sull’influsso della giuri-
sprudenza analitica nel diritto internazionale privato si veda H. MUIR WATT, Quelques remarques
sur la doctrine, 1986, p. 434 e nt. 37. Sul valore del principio di effettività si veda W. WENGLER,
Les principes généraux du droit international privé et leurs conflits, 1952, p. 613 e General prin-
ciples of private international law, 1961, pp. 273 ss., 374 ss.; R. QUADRI, Lezioni, 1969, pp. 149
ss. che postula che ogni situazione giuridica dipenda originariamente da un ordinamento giuridico
che rappresenta il suo “contesto naturale” e che crea aspettative legittime in capo alle parti. Se-
condo quanto rilevato M.-C. NAJM, Principes directeurs, 2005, p. 83, il principio di effettività dà
rilievo preminente all’interesse delle parti rispetto, ad esempio, all’interesse politico degli Stati
302 CAPITOLO SESTO

quale le norme di diritto internazionale privato devono tradurre la politica legi-


slativa sottesa alle norme materiali. In una visione pubblicistica del diritto inter-
nazionale privato e dell’azione revocatoria ordinaria la soluzione italiana do-
vrebbe garantire il perseguimento della politica legislativa nazionale anche in
presenza di elementi di estraneità mentre, dando rilievo preponderante alla c.d.
privatorum utilitas, si può valutare l’ipotesi di concedere la tutela revocatoria
italiana a chiunque si trovi nelle condizioni di chiederla e farla valere nel territo-
rio italiano.
In questa prospettiva sorge il problema di stabilire se nell’azione revocatoria
ordinaria siano in gioco interessi nazionali tali da imporre la soluzione materiale
italiana ovvero se sia possibile disciplinare le fattispecie con elementi di estra-
neità attraverso il richiamo di una legge straniera.

2. Esclusione di una vis attractiva dello statuto contrattuale

In una recente pronuncia sulla legge applicabile e sulla giurisdizione compe-


tente per l’azione revocatoria fallimentare le sezioni unite della Corte di cassa-
zione italiana hanno prospettato in via ipotetica l’applicabilità della lex contrac-
tus all’azione revocatoria ordinaria20. La soluzione si pone nel solco delle origi-
narie indicazioni di Batiffol21, importate in Italia dal Venturini e dal Ballarino22.
Nella stessa linea si colloca l’opinione della Corte per cui per fondare la giuri-
sdizione italiana è sufficiente il collegamento dell’azione revocatoria ordinaria
con il contratto revocando: il luogo di esecuzione del contratto revocando è sta-
to già accolto come criterio di giurisdizione nel sistema italiano di diritto inter-
nazionale privato come mostra il caso Corkran23, dove, sia pure in un obiter
dictum le sezioni unite danno una giustificazione dogmatica all’applicazione
della lex contractus: il richiamo della legge applicabile al contratto e dei criteri
di giurisdizione “in materia contrattuale” si giustifica perché l’azione revocato-
ria ordinaria “interviene sugli effetti di un atto negoziale”24.

con i quali la fattispecie si presenta collegata.


19
Si veda sopra, nt. 9.
20
Cfr. Cass. sez. un. 7 febbraio 2007, n. 2692, Mirone c. Banca Agricola Commerciale della
Repubblica di San Marino, con nota di G. MONTELLA, Il regolamento CE 1346/2000 sulle proce-
dure di insolvenza e la legge applicabile alla revocatoria fallimentare, 2007, col. 2815 e com-
mento di P. CATALLOZZI, Giurisdizione e legge applicabile nelle revocatorie fallimentari transna-
zionali, 2007, pp. 629 ss..
21
H. BATIFFOL, Les conflits des lois en matière des contrats, 1938, p. 390.
22
G. VENTURINI, Diritti reali ed obbligazioni, 1956, pp. 163 s.; T. BALLARINO, Diritto inter-
nazionale privato, 1982, p. 851.
23
Cass. sez. un. 7 maggio 2003 n. 6899, Corkran c. Casa Napoleone Ltd e Cashin, 2003,
punto 6, col. 2701 s. su cui v. sopra pp. 257 ss.
24
È appena il caso di osservare che i due criteri (quello di scelta di legge e quello di giurisdi-
CONCLUSIONI 303

Per fondare ulteriormente la tesi dell’attrazione dell’azione revocatoria nello


statuto contrattuale si potrebbe ricorrere al dato comparatistico. Infatti, la solu-
zione appare conforme all’attuale tendenza del diritto internazionale privato di
fonte comunitaria25 che riconosce una notevole vis expansiva allo statuto con-
trattuale e corrisponde, come più volte osservato, a quella adottata dal legislato-
re tedesco.
Nonostante queste premesse, a favore dell’attrazione dell’azione revocatoria
ordinaria nello statuto contrattuale, riteniamo che sarebbe un errore importare la
“soluzione tedesca” nell’ordinamento italiano e applicare la lex contractus alla
disciplina dell’azione revocatoria ordinaria nel nostro paese26.
In primo luogo, si deve rilevare che l’inefficacia del contratto impugnato
trae origine da una circostanza esterna all’atto e non è una qualità di questo, di
modo che la cognizione del giudice non si limita all’apprezzamento del solo
atto di disposizione, risultando questo, di per sé, pienamente valido ed effica-
ce27.
Inoltre, la soluzione di estendere il campo di applicazione della legge
regolatrice di un atto di disposizione di beni alla disciplina della sua revocabilità
per frode rispecchia la scelta politica di privilegiare la stabilità degli atti che
sono validi secondo la propria legge regolatrice rispetto alla tutela degli
investimenti governati da una legge diversa, come è stato dimostrato.
Come abbiamo anticipato, questo ragionamento non troverebbe, in Italia,
che la giustificazione dogmatica già prospettata dalle sezioni unite della
Cassazione in quanto l’elezione della lex contractus a collegamento rilevante
per l’azione revocatoria ordinaria contraddice la composizione tra gli interessi
del creditore e del terzo acquirente attuata sul piano del diritto sostanziale
italiano. Essa creerebbe una discrasia tra la ratio delle norme interne sull’azione
revocatoria ordinaria e la ratio della sua disciplina di diritto internazionale
privato. Il diritto italiano, che mira a una protezione elevata dei creditori,
finirebbe per consentire a debitori astuti di eludere la disciplina loro sfavorevole
attraverso la scelta di una lex contractus che disconosce o limita notevolmente i

zione) evocati dalla Corte di Cassazione prima in occasione della sentenza Corkran quindi nel più
recente obiter dictum del 7 febbraio 2007, n. 2692, cit. sopra nt. 20, non consentono sistematica-
mente di realizzare l’unità tra forum e ius atteso che il primo si fonda sull’autonomia della volontà
ovvero, in mancanza di scelta, sulla residenza del prestatore caratteristico, mentre il secondo attri-
buisce rilevanza al luogo di esecuzione della prestazione rilevante del contratto.
25
Si vedano in particolare gli artt. 11-17 del regolamento Roma I. Sull’ampiezza dello statu-
to contrattuale, si veda P. LAGARDE, Remarques sur la proposition de règlement de la Commis-
sion européenne, 2006, pp. 331 ss., e M. PERTEGÁS, The Notion of Contractual Obligation in
Brussels I and Rome I, 2004, pp. 175 ss.; nonché il mio, Il regolamento comunitario sulla legge
applicabile alle obbligazioni contrattuali, 2009, pp. 1122 ss.
26
Si veda anche infra, pp. 321 ss.
27
Per questo rilievo si veda sopra, p. 226, nt. 230.
304 CAPITOLO SESTO

scelta di una lex contractus che disconosce o limita notevolmente i poteri di in-
gerenza del creditore28.
Da un punto di vista macro-economico, ci si deve chiedere quali potrebbero
essere le conseguenze di una siffatta politica legislativa contraddittoria nei due
piani su cui opera. Non è dato trovare un argomento che valga a giustificare la
rinuncia dell’ordinamento alla protezione dei “propri” creditori, con le proprie
leggi nei confronti di debitori che hanno scelto oculatamente di disporre dei
propri beni secondo un diritto straniero. Il principio della responsabilità patri-
moniale, e le regole che lo assistono (come quelle che stabiliscono le condizioni
dell’azione revocatoria ordinaria) sarebbe minacciato nella sua integrità perché
la sua applicazione finirebbe per dipendere dall’accortezza del debitore in un
uso a sé favorevole del principio di autonomia della volontà.
In definitiva la soluzione non deve essere seguita per due ragioni: in primis
perché crea una disarmonia tra la disciplina materiale e quella conflittuale
dell’azione revocatoria italiana e così facendo viola un principio ben presente
nei sistemi di diritto internazionale privato nazionali29; in secondo luogo per le
conseguenze pratiche della sua adozione, che minano la “certezza del diritto”.
Piuttosto, come si è già detto, se il legislatore italiano dovesse creare una
norma di conflitto per l’azione revocatoria ordinaria, ispirandola alla propria
politica interna, dovrebbe adottare una norma che va nella direzione opposta
ossia una norma che attribuisca la regolamentazione dell’intera fattispecie di
revoca alla legge regolatrice del credito protetto.

3. Segue. Esclusione di una vis attractiva dello statuto dell’obbligazione protet-


ta

La soluzione da ultimo prospettata è ricavabile per via interpretativa solo a


prezzo di un’estensione dello “statuto dell’obbligazione” che possa accogliere i
mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale del credito. Questa soluzio-
ne tutela sia i creditori italiani (rectius i titolari di diritto di credito soggetti al
diritto italiano) sia la certezza degli atti di disposizione di beni soggetti al diritto
italiano. I primi non subiscono menomazione alla garanzia patrimoniale del cre-
dito che l’ordinamento ha predisposto attraverso gli artt. 2740 e 2900 ss. c.c. in
quanto la scelta di un diritto straniero che non conosce l’azione revocatoria or-
dinaria non varrà a escludere la revocabilità dell’atto di disposizione in frau-
dem. Quanto ai contraenti che hanno scelto l’applicazione del diritto italiano,
essi potranno solo ottenere maggiori garanzie dall’applicazione di leggi stranie-

28
Si veda già P. LALIVE, The transfer of chattels, 1955, p. 133: “the ‘contractual’ approach’
to cases involving transfer of title […] not only invites superfluous speculations about the inten-
tion of the parties but may lead to unenforceable decisions and create great uncertainty”.
29
H. BATIFFOL, Aspects philosophiques, 1956, pp. 322 ss., R. QUADRI, Lezioni, 1969, p. 259.
CONCLUSIONI 305

re all’azione revocatoria ordinaria, se è vero che l’ordinamento italiano è tra


quelli che consentono la più ampia tutela e i più ampi poteri di intervento ai
creditori chirografari, i quali beneficiano di una protezione anticipata maggiore
rispetto ai creditori chirografari il cui diritto è soggetto alla legge di altri paesi.
Questi argomenti ci sembrano pregnanti per il legislatore italiano e depon-
gono a favore dell’applicazione della legge del credito tutelato per la disciplina
dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale che lo assiste. In una
visione “nazionalista” del diritto internazionale privato la soluzione dovrebbe
essere difesa in una prospettiva de iure condendo.
De iure condito, tuttavia, per ritenere che l’azione revocatoria ordinaria è
regolata dalla legge applicabile alla pretesa alla cui soddisfazione l’azione è
preordinata ci sarebbe bisogno di un’indicazione in tal senso da parte del legi-
slatore perché la filosofia attuale del sistema italiano non la autorizza. Infatti,
non ci sembra che il diritto positivo consenta un’estensione dello “statuto
dell’obbligazione” fino a questo punto.
La soluzione non corrisponde infatti al diritto positivo e non ci risulta che
sia mai stata neppure prospettata dalla giurisprudenza italiana. Inoltre, essa si
pone in contrasto con l’esigenza di uniformità delle soluzioni, pregiudicando la
certezza del diritto. I pericoli derivanti dalla difformità di due soluzioni
nazionali – quella tedesca e quella astrattamente prospettata per l’Italia – per la
sicurezza delle transazioni giuridiche ci sembrano di tutta evidenza in un
sistema come quello italiano, sempre più improntato al riconoscimento
automatico delle sentenze straniere sotto la spinta del legislatore comunitario.

4. Inadeguatezza delle tecniche di applicazione simultanea delle leggi in pre-


senza

Esclusa la possibilità di attrarre la disciplina dell’azione revocatoria ordina-


ria nell’ambito di applicazione della lex contractus o della legge applicabile
all’obbligazione tutelata, resta da valutare la possibilità di una disciplina com-
posita, ricavabile dalla combinazione di queste due leggi.
Come abbiamo già visto, l’azione revocatoria ordinaria con elementi di e-
straneità dovrebbe poter essere esercitata soltanto se ammessa sia dalla legge
che disciplina l’obbligazione, sia dalla legge che disciplina l’atto per cui si
chiede la declaratoria d’inefficacia, secondo quanto suggerito da Charalambos
Fragistas e Henri Batiffol30. La proposta dei due illustri autori si può considera-
re un’applicazione particolare della c.d. double actionability rule escogitata nel
Regno Unito in materia di obbligazioni extracontrattuali per escludere
l’azionabilità di un illecito nel foro quando essa non era prevista dalla legge ap-

30
Ch. FRAGISTAS, Das Anfechtungsrecht der Gläubiger, 1938-1939, pp. 457 s. e 462; H. BA-
TIFFOL, Traité élémentaire, 1955, p. 591.
306 CAPITOLO SESTO

plicabile secondo le norme del diritto internazionale privato del foro e, insieme,
dalla lex fori31.
Questa soluzione è quella che ha raccolto maggiori consensi in dottrina ed
echeggia oggi nell’art. 13 del regolamento comunitario relativo alle procedure
d’insolvenza32.
La norma prevede di sottoporre l’azione revocatoria ordinaria alla lex con-
cursus ma esclude la possibilità di esercizio dell’azione, ove ammessa da questa
legge, quando la legge regolatrice dell’atto non consente di rimetterlo in discus-
sione. La disciplina comunitaria prevede un’inversione dell’onere della prova in
quanto richiede al terzo acquirente del bene di eccepire la validità del suo acqui-
sto, mentre il giudice non ha la possibilità di rilevarla d’ufficio. Tale inversione
appare ancora più pesante per il terzo, se si pensa che la prova richiesta si con-
creta nella prova di un fatto negativo: il terzo dovrebbe infatti provare che l’atto
è esente da vizi: che non è stato stipulato con dolo, che non vi è stato consilium
fraudis ecc.33. Si rischia così di chiedere al terzo una probatio diabolica. In de-
finitiva, da una parte, si consente ad un operatore accorto di stipulare un atto in
fraudem inattaccabile attraverso un’oculata electio iuris e, dall’altra, si penaliz-
za l’operatore in buona fede che non si è preoccupato dell’intangibilità del suo
atto.
Per quanto diversamente formulate, entrambe le soluzioni propongono una
sorta di “cumulo in funzione restrittiva”, che risponde a una scelta di politica
legislativa tesa a limitare la disponibilità del rimedio revocatorio in presenza di
elementi di estraneità (atto revocando e/o diritto di credito soggetti a una legge
straniera). Si tratta dunque di norme materiali di diritto internazionale privato.
Inoltre, è stato osservato che, attraverso la soluzione cumulativa, si persegue in
realtà l’applicazione della lex fori34.

31
La teoria della doppia azionabilità, elaborata dalla giurisprudenza inglese è stata poi aboli-
ta dal Private International Law Act del 1995. La regola è stata seguita in Australia fino al 2000
come ricorda R. MORTENSEN, A Common Law Cocoon: Australia and the Rome II Regulation,
2007, pp. 203 ss. Una versione piuttosto rigorosa della double actionability rule era contenuta
nella legge giapponese di diritto internazionale privato – c.d. “Horei” – agli artt. 11, par. 2 e 3
ma è stata temperata dalla recente riforma del 2006 che ha sostituito la regola tradizionale con un
più moderno riferimento alla lex loci damni, prevedendo però una speciale eccezione di ordine
pubblico in materia di illecito (art. 22) che consente al giudice di tornare alla regola precedente in
casi particolari. Un quadro generale della riforma è presentato da Y. NISHITANI, Die Reform des
internationalen Privatrechts in Japan, 2007, pp. 552 ss. P. HAY, Contemporary Approaches to
Non-Contractual Obligations in Private International Law, 2007, p. I-139, nt. 25, segnala che una
soluzione simile a quella giapponese si trova all’art. 117 della Model Law of Private International
Law della Repubblica Popolare Cinese, sesta versione, 2000.
32
Sopra pp. 229 ss., sotto pp. 342 ss.
33
L. CARBALLO PIÑEIRO, Acciones de reintegración de la masa y normas de derecho inter-
nacional privado en la ley concursal, 2003, pp. 157 ss.
34
Ibidem.
CONCLUSIONI 307

La giustificazione principale portata a sostegno di queste soluzioni riflette


un’esigenza che il positivismo giuridico considera primordiale sia per il diritto
privato sostanziale sia per il diritto internazionale privato: la certezza del diritto.
Si può però obiettare che i vantaggi in termini di certezza del diritto che derive-
rebbero dalla soluzione proposta, riguardano unicamente il rapporto tra il debi-
tore e il suo avente causa. Infatti, il riconoscimento dell’integrità dell’atto, nel
modo in cui si è cristallizzato nell’ordinamento per esso competente, può com-
portare il disconoscimento della situazione soggettiva del creditore, così come si
è “cristallizzata” nell’ordinamento per essa competente. Il creditore, che potreb-
be aver fatto affidamento sul “potere di controllo gestorio” garantito dall’ordi-
namento competente per il diritto di credito si troverebbe sprovvisto di una
garanzia legislativa per effetto di circostanze per lui imprevedibili al momento
della concessione del credito35.
Un argomento altrettanto persuasivo può essere tratto dall’esperienza nello
studio di fattispecie complesse come quella della cessione di credito. L’analisi
compiuta dalla dottrina illustra ampiamente le difficoltà che derivano dai tenta-
tivi, tutti fallimentari, di giustificare con argomenti logici la necessità di sotto-
porre all’una o all’altra delle leggi già applicabili a segmenti della fattispecie, le
diverse questioni che possono venire in rilievo nell’ambito di una cessione di
credito/i36. Diverse soluzioni possono essere suffragate da argomenti validi e
comprensibili.
Come rilevato sopra, in questi casi l’armonia internazionale delle soluzioni
può essere data solo da una norma positiva, sovranazionale, in vigore e solo
nell’ambito della cerchia di Stati soggetti a tale norma.
Così, è il carattere vincolante della norma positiva contenuta nell’art. 12
della Convenzione di Roma e oggi nell’art. 14 del regolamento Roma I – che
impone a ogni Stato europeo di organizzare in un certo modo e non in altre ma-

35
Come illustrato sopra, pp. 214 ss., la soluzione del “cumulo in funzione restrittiva” fa rie-
mergere la scelta politico-legislativa di limitare la possibilità, per i creditori, di rimettere in di-
scussione un atto valido. Sebbene perfettamente compatibile con un sistema moderno di diritto
internazionale privato, per le ragioni già dette a proposito della soluzione tedesca, questa regola,
in quanto “nazionalista”, può comportare una difformità di soluzioni con gravi conseguenze sul
piano europeo e internazionale. La soluzione restrittiva non rispecchia la scelta già compiuta dal
legislatore italiano nel diritto interno, il quale, attraverso la disciplina dell’azione revocatoria or-
dinaria, ha inteso privilegiare gli investimenti finanziari rispetto alla certezza nella circolazione
dei beni, promuovendo un ampio uso dello strumento revocatorio, e, di conseguenza, prevedendo
un ampio potere di controllo in capo al creditore. D’altro canto, una soluzione “espansiva” ri-
sponderebbe certamente all’indirizzo di politica interna del nostro legislatore, ma si porrebbe in
contrasto, ove attuata con gli strumenti tradizionali delle norme di conflitto, con quelle esigenze
di uniformità sempre presenti nel discorso del diritto internazionale privato e sarebbe perciò diffi-
cilmente giustificabile.
36
Si vedano le critiche alla soluzione della proposta di regolamento Roma I di M.-É. ANCEL,
E.-M. KIENINGER, H. C. SIGMAN, La proposition de Règlement Rome I, 2006, pp. 39 ss.
308 CAPITOLO SESTO

niere il trattamento internazionalprivatistico della cessione di credito – a garan-


tire l’uniformità di regolamentazione della cessione del credito con elementi di
estraneità nell’ambito comunitario. In questi casi solo l’esistenza di una norma
positiva capace di imporsi a più Stati può preservare le esigenze del commercio
tra gli Stati membri in un’epoca come la nostra in cui il forum shopping rappre-
senta una seria minaccia alla “forza del diritto”, in conseguenza dei meccanismi
di litispendenza e riconoscimento automatico delle decisioni previsti dal rego-
lamento Bruxelles I37.
Per queste ragioni non è auspicabile, allo stato, suggerire al legislatore ita-
liano di elaborare una norma che fissi l’ambito di applicazione dell’una o
dell’altra delle leggi sicuramente richiamate da una fattispecie di azione revoca-
toria ordinaria, alla stregua dell’art. 14 regolamento Roma I.
In definitiva, una norma bilaterale isolata, attuabile dai soli giudici italiani,
non potrebbe soddisfare nessuno degli obiettivi del diritto internazionale
privato.

5. Proposta di una regola da codificare a livello sovranazionale

La questione si pone diversamente però per le soluzioni bilaterali di diritto


internazionale privato uniforme. Nel caso più semplice, le leggi che vengono in
rilievo, per la tutela degli interessi che deve soddisfare la regolamentazione in-
ternazionalprivatistica delle azioni in esame, sono due: quella che governa il
rapporto giuridico che lega creditore e debitore e quella che governa il rapporto
giuridico tra il debitore e il terzo.
Come segnalato, non sembra opportuno attuare il coordinamento tra le leggi
in presenza attraverso una loro applicazione distributiva: questa comporta un’ar-
tificiosa disgregazione della fattispecie in elementi valutati separatamente,
quando devono invece essere presi in considerazione nel loro insieme38. Il modo
di procedere criticato distrugge, assieme all’unità della fattispecie, la coerenza
interna delle leggi chiamate a disciplinarne gli aspetti; e risolve il trattamento
internazionalprivatistico di un’istituzione unitaria in un insieme disorganizzato
di disposizioni eterogenee privo di una ratio e di una struttura coerenti. Il fatto
che l’azione revocatoria ordinaria, l’azione dichiarativa della simulazione e
l’azione surrogatoria si risolvano in rimedi tipizzati a carattere giurisdizionale

37
Esprimono la necessità di tenere costantemente associati gli strumenti internazionali sulla
procedura civile internazionale e quelli sulla legge applicabile per ogni materia rilevante T. BAL-
LARINO, L. MARI, Uniformità e riconoscimento, 2006, pp.1 ss.
38
La interrelazione tra le norme di ogni sistema, e le disarmonie derivanti dall’estrazione di
regole prese isolatamente in ogni ordinamento sono state ampiamente poste in evidenza dalla
dottrina francese sin dagli Aspects philosophiques di Batiffol: cfr. ad es. Y. LEQUETTE, Ensembles
législatifs et droit international privé des successions, 1982-84, pp. 163 ss.
CONCLUSIONI 309

aggrava il rischio e dà ragione a coloro che hanno creato l’appellativo ironico di


“teoria delle ciliegie” per descrivere il fenomeno appena descritto. La concilia-
zione tra le leggi in presenza deve allora avvenire in altro modo.
Rilevata la presenza di elementi assiologici anche nel diritto internazionale
privato, si possono recuperare i valori sostanziali già presenti ab immemorabili
nel discorso della dottrina internazionalprivatistica. La soluzione può fondarsi
sull’unico denominatore comune constatato nella regolamentazione dell’actio
pauliana, nelle sue diverse formulazioni nazionali: la buona fede39. Recuperan-

39
La giurisprudenza italiana, dopo aver in un primo tempo negato un rilievo giuridico auto-
nomo alla buona fede (v. ad es. Cass. 20 luglio 1977, n. 3250, inedita: “La violazione dei doveri
di correttezza e di buona fede (artt. 1175 e 1375 c. c.) ove non siano considerati in forma primaria
ed autonoma da una norma – come nell’ipotesi di concorrenza sleale ex art. 2598 n. 3 c.c. – costi-
tuisce solo un criterio di qualificazione e di valutazione del comportamento dei contraenti. Pertan-
to, un comportamento ad essi contrario non può essere reputato illegittimo e, quindi, fonte di re-
sponsabilità ove al contempo non concreti la violazione di un diritto altrui, già direttamente rico-
nosciuto da una norma giuridica”), ha poi elaborato una definizione generale della buona fede
contrattuale: “la normativa di correttezza nell’adempimento delle obbligazioni, prevista da molte-
plici norme del nostro ordinamento (artt. 1175, 1374, 1375 ed altre), e confortata dal precetto
costituzionale (art. 2 Cost.) che impone il rispetto dell’inderogabile dovere di solidarietà sociale,
esige attuazione piena, nei limiti di compatibilità con altri valori di pari grado e dignità. Ciò com-
porta che diritti ed obblighi, seppure specificamente regolati dalle norme che li prevedono, non
possono mai prescindere dall’osservanza del principio di buona fede, operante all’interno delle
posizioni soggettive, non potendo l’autore di un comportamento scorretto trarre da esso utilità con
altrui danno (Cass. 13 gennaio 1993, n. 343, con nota di T. PASQUINO, 1995, pp. 674 ss.) e “Il
principio di correttezza e buona fede, il quale secondo la Relazione ministeriale al Codice Civile,
richiama nella sfera del creditore la considerazione dell’interesse del debitore e nella sfera del
debitore il giusto riguardo all’“interesse del creditore” operando, quindi, come un criterio di reci-
procità, una volta collocato nel quadro di valori introdotto dalla Carta Costituzionale, deve essere
inteso come una specificazione degli “inderogabili doveri di solidarietà sociale” imposti dall’art. 2
della Costituzione. La sua rilevanza si esplica nell’imporre, a ciascuna delle parti del rapporto
obbligatorio, il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere
dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole
norme di legge” (Cass. 5 novembre 1999, n. 12310, con nota di A. FUSI, 2000, pp. 303 ss.). In
sintesi, come ricorda Cass. 16 ottobre 2002, n. 14726, con nota di R. PARTISANI, 2003, pp. 174 ss.,
la buona fede “oltre a costituire uno dei cardini della disciplina legale delle obbligazioni, forma
oggetto di un vero e proprio dovere giuridico, che viene violato non solo nel caso in cui una delle
parti abbia agito con il proposito doloso di recare pregiudizio all’altra, ma anche qualora il com-
portamento da essa tenuto non sia stato, comunque, improntato alla diligente correttezza ed al
senso di solidarietà sociale che integrano, appunto, il contenuto della buona fede […] il principio
della correttezza o buona fede in senso oggettivo si colloca in primo piano nell’ambito della di-
sciplina dei primi due titoli del libro quarto del c.c., perché (tra l’altro) costituisce un fondamenta-
le dovere di comportamento del debitore e del creditore (art. 1175 c.c.), stabilisce il comporta-
mento da tenere nelle trattative durante la fase precontrattuale (art. 1337 c.c..) e nella “pendenza
della condizione” […] contribuisce a determinare il contenuto o gli effetti del contratto integran-
dolo (art. 1374 c.c.; cfr. ad es. nel senso che i principi di correttezza e buona fede di cui agli artt.
1175 e 1375 cod. civ., pur non creando obbligazioni autonome in capo al datore di lavoro, “rile-
310 CAPITOLO SESTO

do la dimensione “etica” dell’azione, comune per tutti gli ordinamenti, e trala-


sciando gli aspetti di politica economica, particolari a ciascun ordinamento, di-
viene possibile lasciare al giudice il compito di scegliere a quali delle tre parti
garantire il rispetto delle aspettative attraverso due possibili criteri di collega-
mento per la designazione della legge applicabile. Non c’è invero nessuna ne-
cessità logica che imponga di scegliere a priori la legge applicabile. L’azione
revocatoria ordinaria può essere analizzata come traduzione e specificazione del
principio di buona fede nei rapporti giuridici. Proprio questa comune origine,
che rappresenta a tutt’oggi il comune sostrato delle varianti positive della actio
pauliana, garantisce quel minimo grado di equivalenza, tra queste ultime, che
consente l’applicazione di una legge straniera nel foro e l’adozione di criteri di
collegamento bilaterali. A differenza del principio comunitario di “fiducia reci-
proca”, che impone il riconoscimento di decisioni giudiziarie o atti giuridici in

vano sul piano dell’adempimento di specifici obblighi negoziali, come fonti di integrazione del
regolamento contrattuale”: Cass. 24 ottobre 1995, n. 11051, con nota di L. CALAFÀ, 1996, pp. 359
ss.), ed orienta l’interpretazione del contratto (art. 1366 c.c.), e l’esecuzione del medesimo (art.
1375 c.c.). In particolare in tema di esecuzione del contratto deve ritenersi principio sostanzial-
mente consolidato che la buona fede si atteggia come un impegno od obbligo di solidarietà, che
impone a ciascuna parte di tenere quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi
contrattuali e dal dovere extracontrattuale del neminem laedere, senza rappresentare un apprezza-
bile sacrificio a suo carico, siano idonei a preservare gli interessi dell’altra parte (v. tra le altre
Cass. 27 settembre 2001, n. 12093). Cfr. anche Cass. 11 gennaio 2006, n. 264, con nota di S. MO-
RELLI, 2007, pp. 385 ss.: “l’obbligo di correttezza e buona fede deve improntare tutti i comporta-
menti giuridici, traggano gli stessi titolo da rapporti di natura contrattuale, da rapporti in cui ad
uno dei soggetti viene attribuita una posizione di preminenza, da diritti potestativi, o anche in
ipotesi di rapporti non nati da un contratto. Tali doveri di correttezza e buona fede sono richiamati
in moltissime disposizioni del codice civile e, soprattutto, negli artt. 1175 e 1375 c.c., che impon-
gono rispettivamente a creditore e debitore di comportarsi secondo correttezza e di eseguire i
contratti secondo buona fede. Tali norme si applicano, per il richiamo di cui all’art. 1324 c.c.,
anche agli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale e comunque ad ogni rapporto
obbligatorio. […] la buona fede nell’esecuzione del contratto si sostanzia in un generale obbligo
di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi
dell’altra a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali, quanto dal dovere extracontrattuale
del neminem laedere, trovando tale impegno solidaristico il suo limite precipuo unicamente
nell’interesse proprio del soggetto, tenuto, pertanto, al compimento di tutti gli atti giuridici e o
materiali che si rendano necessari alla salvaguardia dell’interesse della controparte nella misura in
cui essi non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico”. Vedi inoltre Cass. 30 luglio
2004, n. 14605, Cass. 11 febbraio 2005, n. 2855, con nota di S. SORRENTINO, 2005, pp. 1810 ss.
Cass. 5 marzo 2009, n. 5348: “l’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costituisce un auto-
nomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale” immanente
all’intero sistema giuridico, secondo Cass. sez. un. 19 dicembre 2007, n. 26724, e fonte di obbli-
ghi di comportamento a carattere indiscutibilmente imperativo sia nella materia contrattuale che
nella materia extracontrattuale proprio “per il suo rapporto sinergico con il dovere inderogabile di
solidarietà di cui all’art. 2 Cost. che a quella clausola generale attribuisce forza normativa e ric-
chezza di contenuti”.
CONCLUSIONI 311

ragione della loro origine comunitaria e a prescindere dal loro contenuto mate-
riale, il “principio di equivalenza” presuppone l’intelligibilità della situazione
giuridica creata in un ordinamento e suscettibile di svolgersi, di essere modifi-
cata o estinta in un altro ordinamento40.
Prendendo allora come riferimento la buona fede rispetto alle tre parti coin-
volte, il giudice applicherà la lex obligationis per dichiarare inopponibile un atto
stipulato dal debitore con la complicità di un terzo, a meno che non risulti la
buona fede dei contraenti, i quali, in questo caso, potranno reclamare l’ap-
plicazione della lex contractus, a salvaguardia delle loro aspettative. Il terzo non
potrà invece opporre la propria buona fede, e reclamare l’applicazione della lex
contractus, quando ha ricevuto il bene a titolo gratuito in virtù dell’adagio nemo
liberalis nisi liberatus41.

40
L’idea che alla base del sistema “bilaterale” di diritto internazionale privato vi sia l’equi-
valenza degli ordinamenti giuridici è stata esplorata in Italia da E. VITTA, Il principio dell’ugua-
glianza tra “lex fori” e diritto straniero, 1964, pp. 13 ss. il quale la fondava sull’uguaglianza
delle persone e sulla concezione manciniana “internazionalista” del sistema di diritto intenaziona-
le privato italiano.
41
La regola di diritto internazionale privato che si propone nel testo si distingue dunque sia
dalle norme di diritto internazionale privato “materiale” che contengono criteri di collegamento
alternativi in funzione del raggiungimento di un risultato appunto materiale sia dalle regole che
contemplano criteri di collegamento successivi (anche detti “a cascata”). Tra le prime si possono
ricordare le regole ispirate al favor validitatis in materia di forma degli atti, come l’art. 28 della
legge 218/95 (“il matrimonio è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del
luogo di celebrazione o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della cele-
brazione o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento”). Tra le seconde si pos-
sono annoverare quelle previste dagli artt. 29-31 della stessa legge, che designano i collegamenti
rilevanti nelle materie dei rapporti personali e patrimoniali tra coniugi e in quella della separazio-
ne personale o divorzio. Queste regole prevedono, in via generale, il collegamento con la legge
nazionale comune dei coniugi e, nei casi in cui il collegamento non può operare perché manca una
legge nazionale comune ovvero le leggi nazionali comuni sono più di una, il collegamento con la
legge dello Stato in cui è prevalentemente localizzata la vita matrimoniale. L’art. 31 prevede an-
che il collegamento con la lex fori allorché la legge designata dai due criteri di collegamento suc-
cessivi non consenta la separazione personale e lo scioglimento del matrimonio. A differenza dei
criteri alternativi e “a cascata”, la soluzione che proponiamo di scegliere si potrebbe accostare
all’antica regola elaborata dai canonisti per regolare la questione della ignorantia legis e consa-
crata dalla Cour de cassation francese in materia di capacità d’agire (Cour de cassation, 16 genna-
io 1861, Lizardi). Com’è noto, la Corte ha stabilito che il collegamento della capacità d’agire con
lo statuto personale può essere vinto a favore dell’applicazione della lex loci actus quando
l’ignoranza della legge straniera che sancisce l’incapacità (e che penalizzerebbe la controparte che
ha fatto affidamento sulla validità del contratto) è scusabile perché questi ha agito senza leggerez-
za e in buona fede. In questo caso la previsione di due criteri di collegamento distinti non è fun-
zionale al raggiungimento di un risultato materiale (infatti il contratto non è salvo in ogni caso,
ma solo previa dimostrazione della buona fede del contraente capace) né supplisce alla inidoneità
del collegamento principale a designare una legge applicabile alla fattispecie. Siamo invece in
presenza di due norme di conflitto distinte previste per due fattispecie diverse: l’una regolatrice
della capacità d’agire in generale e sottoposta allo statuto personale; l’altra regolatrice della capa-
312 CAPITOLO SESTO

La soluzione comporta l’adozione di due criteri di collegamento distinti in


funzione della buona fede dei tre soggetti coinvolti dalle fattispecie e consente
di superare le difficoltà di scegliere a priori a quale dei due soggetti, che sono
agli estremi delle fattispecie, attribuire una preferenza incondizionata. La solu-
zione presenta anche il vantaggio di evitare di privilegiare le scelte di politica
economica di alcuni Stati rispetto ad altri, superando la impasse di quella mé-
thode comparative dissimulée che, secondo taluno, fonda le soluzioni del diritto
internazionale privato uniforme42. Si può anche osservare che essa dà rilievo
alla funzione che rivestono i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale
nei sistemi di diritto civile continentale: una funzione residuale e di chiusura del
sistema.
La scelta va nella direzione di sottoporre l’actio pauliana alla legge regola-
trice dell’obbligazione alla cui protezione l’azione è preordinata, salvaguardan-
do però le aspettative dei contraenti attraverso una norma residuale che si rende
applicabile quando è dimostrata la buona fede del debitore e del suo contraente.
La conciliazione dei valori sottostanti ai mezzi di conservazione della garanzia
patrimoniale del credito con le loro diverse espressioni nelle disposizioni legi-
slative di ogni ordinamento può essere rimessa alla funzione giudicante, in un
modo simile a quello suggerito dalla giurisprudenza tedesca che ha applicato la
lex contractus dimostrandosi disposta ad evincerla a favore della lex obligatio-
nis ricorrendo all’escamotage della “frode alla legge”43. Una norma così conce-
pita può garantire il raggiungimento di una certa uniformità di regolamentazio-
ne nei casi con elementi di estraneità, in presenza di talune condizioni: in primo
luogo a patto che sia stabilita da una norma positiva sopranazionale, dunque non
adottata unilateralmente dallo Stato italiano44; inoltre, che sia determinata dalla
volontà di garantire una soluzione del problema non in assoluto ma nell’ambito
della cerchia di Stati soggetti alla regola sopranazionale.
Preme osservare che la soluzione appare conforme alle tendenze attuali del
diritto internazionale privato in materia di actio pauliana alla luce dell’art. 13
del regolamento comunitario sulle procedure d’insolvenza. La norma attribuisce

cità d’agire nei casi in cui è ritenuta “scusabile” l’ignoranza dello statuto personale del contraente
incapace. Il criterio di collegamento stabilito in via principale è escluso quando si dimostri la
buona fede della parte che subirebbe conseguenze nocive dalla sua applicazione. Anche con rife-
rimento all’actio pauliana è possibile proporre due norme di conflitto distinte e, in particolare, un
collegamento principale con la lex obligationis salva l’applicazione della lex contractus nei casi in
cui l’actio pauliana è esperita nei confronti di contraenti in buona fede.
42
Cfr. K. KERAMEUS, La compétence internationale en matière délictuelle, 1993, p. 255, V.
HEUZÉ, De quelques infirmités congénitales du droit uniforme, 2000, p. 607, nt. 6.
43
Sopra pp. 221 ss.
44
In questo senso si veda già K. NEUMAYER, Autonomie de la volonté, 1958, p. 78 “bien que
le droit international privé soit du droit positif interne, ces règles visent des faits internationaux.
On leur assigne donc des fonctions que seule une législation supranationale pourrait remplir d’une
façon satisfaisante”.
CONCLUSIONI 313

alla lex contractus il compito di autorizzare o impedire la declaratoria di ineffi-


cacia dell’atto a tutela delle aspettative dei contraenti45. Per conciliare le esigen-
ze di tutela dell’affidamento con la garanzia del credito si prevede un collega-
mento principale della disciplina dell’azione revocatoria fallimentare con la
legge dello Stato di apertura (ex art. 4, paragrafo 2, lett. m) la quale può tuttavia
essere disapplicata, al fine di mantenere la piena validità ed efficacia del con-
tratto in fraudem, se le parti provano che la lex contractus non consente l’azione
revocatoria (art. 13)46.
Si tratta invero di una soluzione meno flessibile di quella ora ricordata ed
escogitata dalla giurisprudenza tedesca (che comporta, invece, una soluzione di
principio e una in via di eccezione, dunque due regole distinte) sulla cui validità
ai fini del raggiungimento della certezza giuridica è lecito sollevare dubbi. Si
deve anzi osservare che, così concepita essa finisce per autorizzare comporta-
menti disonesti delle parti: queste possono eludere la disciplina dell’azione re-
vocatoria fallimentare, posta a tutela dei creditori, attraverso un’oculata scelta di
legge per il contratto in fraudem.
Queste considerazioni pesano contro l’adozione del criterio di collegamento
contrattuale nell’ordinamento italiano (che non potrebbe applicare il collega-
mento alternativo offerto dall’istituto della fraude à la loi) ma non hanno ancora
suscitato alcuna riflessione in seno alle sezioni unite della Corte di Cassazione.
Invero, la Corte sembra piuttosto propensa a ravvisare nello statuto contrattuale
la disciplina dell’azione revocatoria ordinaria secondo quanto suggerito in un
recente obiter dictum47, ma si mostra decisamente contraria all’adozione del
medesimo criterio in materia di azione revocatoria fallimentare48.

45
Il regolamento CE n. 1346/2000 (sotto, p. 342 ss.) fa propria la soluzione tradizionale tede-
sca che accoglieva la regola della c.d. doppia azionabilità. Per una rassegna storica in materia di
legge applicabile all’actio pauliana nel fallimento, si veda M. VANZETTI, L’insolvenza transna-
zionale: storia del problema, 2006, pp. 92 ss.
46
La tutela dell’affidamento è invece privilegiata nel regolamento CE n. 1346/2000 se l’atto revo-
cando riguarda beni che sono “localizzabili” vuoi per la loro inamovibilità (beni immobili) vuoi per
l’esistenza di un pubblico registro in cui risultano iscritti (navi, aeromobili, valori mobiliari): in questi
casi si prevede un collegamento unilaterale con la lex rei sitae (v. sotto, pp. 342 ss.).
47
La Corte di Cassazione italiana non ha avuto le occasioni che si sono presentate alla giuri-
sprudenza tedesca per fare il punto sull’azione revocatoria ordinaria, confrontandosi pressoché
unicamente con l’azione revocatoria fallimentare. Il problema dell’azione revocatoria ordinaria è
stato valutato solo indirettamente, per lo più al fine di stabilire se le due azioni, ordinaria e falli-
mentare, dovessero trovare un’unica disciplina di diritto internazionale privato ovvero se la se-
conda subisse l’attrazione dello statuto del fallimento. La seconda soluzione è fino ad oggi preval-
sa. Cfr. Cass. sez. un., 7 febbraio 2007, n. 2692, Mirone c. Banca Agricola Commerciale della
Repubblica di San Marino: “trattandosi pur sempre [sia per quanto attiene all’azione revocatoria
ordinaria che per quanto attiene all’azione revocatoria fallimentare] d’intervenire sugli effetti di
un atto negoziale, la legge di riferimento non potrebbe che essere, appunto, quella dalla quale
l’atto medesimo è regolato”.
48
Secondo Cass. 4 agosto 2006, n. 17706, Allgauland Kasereien Gmbh c. Fallimento Grandi
314 CAPITOLO SESTO

6. Segue. Valore della clausola di buona fede nel diritto internazionale privato

Gli inconvenienti ora descritti possono essere superati se si subordina


l’applicazione dell’una o dell’altra legge alla valutazione discrezionale della
buona fede dei contraenti49. Il canone della buona fede assurge validamente a
criterio di scelta tra due collegamenti alternativi in quanto ha un sostrato sostan-
ziale comune a tutti gli ordinamenti – indipendentemente dall’esistenza di una
clausola generale che lo consacra50 – e rappresenta il fondamento ultimo della
disciplina dell’azione revocatoria ordinaria.
Nel diritto internazionale privato il principio rappresenta il fondamento stes-
so dell’applicazione di una legge straniera nel foro e permea sistemi che paiono
agli antipodi come quello di Savigny e quello di Quadri51. È merito di
quest’ultimo autore l’aver evidenziato la necessità di tenere conto delle legitti-
me aspettative delle parti nell’elaborazione e nell’applicazione del diritto inter-
nazionale privato e la configurazione della tutela dell’aspettativa quale esplica-
zione del principio di buona fede. Bisogna poi osservare che nel suo sistema il

Magazzini Discount Srl: “rispetto alla … finalità restitutoria dell’azione [revocatoria fallimentare]
non dispiega alcuna influenza la regolamentazione del negozio di cui si chiede l’inefficacia, per il
fatto che i suoi effetti vengono in considerazione solo nell’ottica della difesa della par condicio,
che è interna al regime fallimentare”. “Non assume quindi rilievo la legge che regola il negozio
controverso, siccome il dibattito processuale si articola non già fra le parti contraenti ma fra una
sola di esse, quella che si suppone favorita, ed il curatore fallimentare che agisce in giudizio in
qualità di terzo, come rappresentante degli interessi della massa”. Per tali motivi non sarebbe
“necessario né utile … ricercare i criteri di collegamento del diritto internazionale privato” in
quanto “la legge che disciplina l’azione revocatoria non è quella applicabile alle azioni contrattua-
li, ma è rappresentata dalla legge che regola la procedura concorsuale”. È chiaro che l’entrata in
vigore del regolamento sulle procedure d’insolvenza (su cui v. sotto pp. 342 ss.) impone oramai di
confrontarsi con la legge applicabile all’atto revocando ex art. 13.
49
Un quadro sistematico delle implicazioni del principio di buona fede per il diritto interna-
zionale privato è offerto da B. ANCEL, Le principe de bonne foi et les conflits de lois, 2005, pp.
1217 ss. che ricorda anche le origine storiche del principio nella legge delle XII tavole e il suo
significato nel sistema di Savigny. Si veda, nel diritto del commercio internazionale: Ch. JARROS-
SON, La bonne foi, instrument de moralisation des relations économiques internationales, 2006,
pp. 185 ss.; R. VAN DER MENSBRUGGHE, La bonne foi dans le commerce international, 2000, pp.
303 ss.
50
Come indicato da B. ANCEL, Le principe de bonne foi et les conflits de lois, 2005, p. 1239
la clausola generale di buona fede si è diffusa insieme al codice Napoleone dove ha trovato in-
gresso nell’art. 1135 nell’originaria formulazione di Domat. Si veda anche B. JALUZOT, La bonne
foi dans les contrats: étude comparative des droits français, allemand et japonais, 2001; e i voll.
collettivi Abus de droit et bonne foi, a cura di P. Widmer e B. Cottier, 1994 e La bonne foi: jour-
nées louisianaises, Travaux de l’Association Henri Capitant des amis de la culture juridique
française, 1994. Sull’importanza del principio di buona fede nel diritto civile vedi inoltre J.-F.
ROMAIN, Théorie critique du principe général de bonne foi en droit prive: des atteintes à la bonne
foi, en général, et de la fraude, en particulier, (“Fraus omnia corrumpit”), 2000.
51
B. ANCEL, Le principe de bonne foi et les conflits de lois, 2005, p. 1222 ss.
CONCLUSIONI 315

principio di buona fede opera in stretto collegamento con il principio di effetti-


vità: il collegamento “psicologico” di un rapporto con un ordinamento giuridico
corrisponde all’aspettativa ragionevole che nasce nella psiche degli interessati
come in quella dei terzi52.
All’universalità del principio di buona fede non corrisponde però una sua
nozione autonoma alla quale attingere come se fosse dimostrabile oggettiva-
mente e rivestisse le caratteristiche di una situazione di fatto. Nel caso Lizardi
alla Cour de cassation è stato sufficiente riscontrare che il gioielliere di Place
Vendôme aveva agito senza leggerezza, senza imprudenza e in buona fede53.
Si può pensare, per analogia, che il riscontro delle circostanze sinteticamen-
te descritte dalla giurisprudenza francese valga, in tema di actio pauliana, a
scongiurare l’applicazione della lex obligationis che i contraenti convenuti non
avrebbero potuto ragionevolmente prevedere al momento della conclusione del
contratto? Sarebbe poi la lex contractus a stabilire se, nelle circostanze del caso
l’acquisto del bene oggetto del contratto poteva avere l’effetto di privare il cre-
ditore del disponente della garanzia patrimoniale del credito ovvero se, nono-
stante la buona fede riscontrata nella transazione, tale bene doveva essere desti-
nato a soddisfare le sue esigenze.
Invece, se la valutazione della buona o mala fede dei contraenti, criterio di
scelta della legge applicabile, fosse valutata lege fori ricorrendo alle presunzioni
stabilite dalle leggi nazionali in tema di actio pauliana si potrebbe verificare il
caso in cui la lex contractus ritenuta applicabile per la buona fede dei contraenti
desse un risultato contrario a quello previsto dalla lex fori. Il terzo e il debitore
hanno infatti interesse all’applicazione della lex contractus all’actio pauliana
quando questa legge non consente la revoca o è comunque meno favorevole per
il creditore rispetto alla legge regolatrice del credito protetto.
I principi di diritto sostanziale che fondano questa soluzione si collegano
all’esigenza di tutela delle sole aspettative legittime delle parti: l’esclusione del-
la competenza generale e assoluta della lex contractus si giustifica tenendo pre-
sente che il creditore non può beneficiare di una tutela maggiore di quella previ-
sta dalla legge regolatrice della sua relazione con il debitore in virtù dell’ap-
plicazione di una legge diversa, competente per il contratto concluso dal suo
debitore (ossia di una legge che non rientra nella sua sfera di controllo e di a-
zione) del pari il debitore non può scalfire o compromettere la garanzia patri-
moniale del credito, attraverso la disposizione dei propri beni accompagnata
dalla scelta di una lex contractus che sottopone la questione dell’opponibilità a
condizioni molto restrittive; l’esclusione della competenza generale e assoluta

52
R. QUADRI, Lezioni di diritto internazionale privato, 1969, p. 154 ss.
53
Cassation 16 gennaio 1861, Lizardi c. Chaize e altri: “Les engagements contractés par un
étranger mineur selon sa loi nationale, mais majeur selon la loi française, envers un marchand
français n’en sont pas moins valables si le Français a agi sans légèreté, sans imprudence et avec
bonne foi”.
316 CAPITOLO SESTO

della legge applicabile al credito protetto si giustifica perché il terzo non può
subire gli effetti negativi di una legge diversa dalla lex contractus, la cui compe-
tenza per taluni aspetti del contratto concluso con il debitore (la sua opponibili-
tà) non avrebbe potuto conoscere neppure usando l’ordinaria diligenza.
Per le ragioni delineate, lex contractus e legge dell’obbligazione protetta
non possono essere escluse dalla disciplina dell’actio pauliana.
L’adozione di due norme distinte la cui applicazione è subordinata alla buo-
na fede del contraente del debitore attribuisce al giudice la responsabilità di
scegliere la legge applicabile in funzione del caso per il quale è stato adito; per
questa via la soluzione finirebbe per attribuire alla funzione giurisdizionale
quell’ampio margine di libertà (e di responsabilità) che, per ragioni storiche
contingenti e non più attuali, sembrava avere perso, in nome di una falsa rappre-
sentazione del principio di legalità. Dal momento che il sillogismo giudiziale è
sempre meno percorribile si può oggi osservare che la “figura tradizionale del
giudice politicamente irresponsabile” non corrisponde alla realtà contempora-
nea54. Al giudice si chiede invece spesso di individuare la regola più giusta per
la propria decisione, mediante un bilanciamento di beni e interessi; ciò compor-
ta una sua assunzione di responsabilità per la decisione emessa di fronte al cor-
po sociale.
Non è, tuttavia, solo “lo spirito dei tempi” a suggerire che il giudice del caso
di specie debba essere messo in grado di stabilire la meritevolezza di tutela in
concreto del creditore, del debitore e del terzo. I casi di esercizio dell’azione
revocatoria ordinaria illustrano bene come sia doveroso ricostruire il significato
dell’operazione economica messa in atto dal debitore e dal terzo. Il rischio insi-
to nel comprimere la discrezionalità del giudice (imponendogli il sillogismo “se
x allora y”) consiste nel fare dell’azione revocatoria ordinaria uno strumento
utile a eludere principi fondamentali di giustizia. Correlativamente, l’uso distor-
to della libertà di iniziativa economica finisce per essere consentito attraverso
una rigida previsione dei casi in cui è o non è consentita la declaratoria di inop-
ponibilità al creditore.
La valutazione dei poteri del creditore può essere rimessa alla legge del cre-
dito quando l’operazione messa in atto dal debitore risulta disonesta mentre de-
ve essere rimessa alla legge regolatrice del rapporto tra il debitore e il terzo, in
caso contrario.
Si potrebbe obiettare che le parti non potrebbero sapere quale legge è appli-
cabile ai loro rapporti prima dell’esito del giudizio. Si tratta di una critica ben
nota per essere stata già mossa alla giurisprudenza europea dalla dottrina ameri-

54
Come osservava L. MENGONI, L’argomentazione orientata alle conseguenze, 1994, p. 453:
“La legislazione concede spazi sempre più ampi all’apprezzamento discrezionale del giudice. [...]
Le ridotte capacità di analisi e di comprensione della realtà sociale sono rimediate dal legislatore
con l’uso frequente della tecnica delle clausole generali [...] come tecnica (non casistica) di defi-
nizione della fattispecie normativa [...] È una tendenza osservabile in tutti gli ordinamenti”.
CONCLUSIONI 317

cana in modo generalizzato. Si deve però ricordare che le difficoltà di una pro-
gnosi sull’apprensibilità degli elementi patrimoniali per dare corso all’ese-
cuzione forzata esistono, di per sé, all’interno di ogni ordinamento e non si cre-
ano per effetto del diritto internazionale privato. Del pari, anche nell’ambito di
un ordinamento si può verificare un “effetto sorpresa” a seguito di una domanda
di tutela revocatoria o di simulazione assoluta: infatti il rischio di una paralisi
dell’atto non è sempre presente nella mente di chi lo conclude. Ciò prova che la
tutela dell’affidamento non è mai assoluta neppure nell’ordinamento interno e
sono accettati margini di tutela inferiori a quelli che sarebbero adeguati a ogni
singola situazione. Considerazioni di ragionevolezza intervengono così a giusti-
ficare soluzioni che non potrebbero essere fondate sulla deduzione logica di una
soluzione.
A un’eventuale critica sull’incertezza giuridica creata da un criterio di col-
legamento alternativo in funzione del canone di buona fede si può replicare che
la certezza del diritto passa, in norme come questa, attraverso la fiducia nella
correttezza dello svolgimento della funzione giurisdizionale55. Se si accettano i
postulati dell’imparzialità dei giudici e della loro capacità di discernimento del
comportamento degli operatori, si deve riconoscere che questa soluzione con-
flittuale è in grado di garantire la certezza del diritto, purché sia adottata
nell’ambito di un’entità sopranazionale e nell’intento di risolvere i conflitti di
leggi tra gli Stati che ad essa appartengono56.
La soluzione non introduce nulla di nuovo essendo coerente con talune so-
luzioni affermatesi nella giurisprudenza europea.
Il canone della buona fede è divenuto un criterio di scelta tra collegamenti
alternativi già dal famoso arrêt Lizardi della Corte di Cassazione francese che
ha fatto proprie le osservazioni dei canonisti sul valore da attribuire al-
l’ignorantia legis57. Lo ritroviamo oggi nell’art. 13 del regolamento di Roma I
sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali che consente di far valere
l’incapacità contrattuale derivante dalla propria legge nazionale (essenzialmen-

55
Si veda M. CORSALE, Certezza del diritto I) Profili teorici, 1988; C.A. MASCHI, Certezza
del diritto e potere discrezionale del magistrato, 1962, spec. pp. 446 ss. e A. PIZZORUSSO, Certez-
za del diritto II). Profili applicativi, 1988.
56
L. MENGONI, L’argomentazione orientata alle conseguenze, 1994, p. 460, nt. 39 e pp. 465
e s. “Non basta che le proposizioni dogmatiche siano sistematicamente congruenti; è necessaria
anche una loro congruenza assiologica secondo un principio di razionalità” fornito dall’argo-
mentazione pratica; essa “impedisce che la tendenza della dogmatica a ridurre al già conosciuto
anche ciò che non è riducibile si traduca in usi distorti delle categorie sistematiche [...] per na-
scondere i veri motivi della decisione”; e ancora “Questo controllo [assiologico] non ha solo una
funzione correttiva della dogmatica, ma può svolgere anche una funzione costitutiva di nuovi
principi dogmatici e di correlativi concetti sistematici”.
57
B. ANCEL, Le principe de bonne foi et les conflits de lois, 2005, p. 1218 ricorda la formula
di J. De Revigny, Repetitio ex non scripto, Quaestio XXI : “si ignorabat, non litigatur, nisi sit
crassa et supina ignorantia”.
318 CAPITOLO SESTO

te) quando l’altra parte conosceva tale incapacità o l’ha ignorata per sua colpa.
Qui la buona fede del contraente determina l’applicazione della lex loci actus
alle questioni di capacità mentre la sua mala fede, o meglio l’ignoranza colpe-
vole, determina l’applicazione della legge personale dell’incapace58.
Nel caso dell’actio pauliana la soluzione è più severa per il debitore insol-
vente (dunque più favorevole al creditore) di quella adottata per l’azione revo-
catoria fallimentare in ambito comunitario. La regola, nella formulazione che
abbiamo ora fornito non è stata pensata dal legislatore comunitario, nella sua
pur febbrile attività normativa di diritto internazionale privato, forse per l’oblio
in cui è caduta l’azione revocatoria ordinaria o forse perché la si ritiene attinente
alle misure preliminari all’esecuzione forzata.

7. Inadeguatezza di un sistema nazionale di diritto internazionale privato fon-


dato sul metodo bilaterale

A livello degli ordinamenti nazionali risulta invece vanificato, per ciascuna


delle soluzioni bilaterali esposte, lo scopo di realizzare una certa uniformità nel
regolamento di un dato rapporto giuridico che viene in rilievo sia nell’or-
dinamento al quale le norme di diritto internazionale privato appartengono (lex
fori), sia nell’ordinamento/negli ordinamenti con i quali il rapporto è collegato.
La scelta di un criterio di collegamento, la consultazione delle leggi applicabili
all’obbligazione e all’atto per verificare se queste consentirebbero di dichiararlo
inefficace nei confronti del creditore, o ancora l’applicazione distributiva delle
due leggi in presenza sono tutte soluzioni che, se adottate unilateralmente, non
possono garantire l’uniformità di regolamentazione dello stesso rapporto trilate-
rale negli ordinamenti con i quali la fattispecie potrebbe essere collegata.
Manca quindi ogni stimolo ad approfondire il problema in vista di una solu-
zione “domestica” che implichi la creazione di un collegamento bilaterale nuo-
vo ad opera dell’interprete.
È ben noto infatti che vi sono aree del diritto internazionale privato per le
quali il ragionamento bilateralista, ispirato alla ricerca del criterio di collega-
mento rilevante, non è in grado di fornire una regolamentazione soddisfacente.
Pare dunque opportuno allontanarsi dal metodo della ricerca della sede, in
qualsiasi modo esso venga attuato (autonomia della volontà, principio di pros-
simità, ecc.) prendendo atto della specificità del caso e della sua appartenenza a
quelle zone dell’ordinamento in cui il conflitto di leggi si manifesta in maniera
diversa da quella abitualmente trattata con la tecnica tradizionale.
Dal momento che abbiamo escluso la possibilità, a livello nazionale, di co-
struire una norma di diritto internazionale privato compatibile con le politiche

58
Cfr. B. UBERTAZZI, La capacità delle persone fisiche, 2006, pp. 288 ss.
CONCLUSIONI 319

legislative degli altri Stati (e attuare così un coordinamento tra ordinamenti fon-
dato su esigenze razionali), l’unica possibilità di perseguire l’obiettivo dell’uni-
formità delle soluzioni a livello degli ordinamenti nazionali presuppone l’esi-
stenza di un ancoraggio territoriale della fattispecie – in modo che il problema
di diritto internazionale privato possa essere risolto sulla base del principio di
effettività, ossia attuando quel coordinamento tra ordinamenti fondato sulla so-
vranità territoriale che dà rilievo all’esistenza di un luogo necessario di esecu-
zione forzata59.
Un eventuale criterio di collegamento fondato sull’effettività avrebbe anche
il pregio di essere universalizzabile, a differenza di un criterio ispirato al perse-
guimento della politica legislativa interna mediante una norma tradizionale. Per
ottenere questo auspicabile risultato dobbiamo trovare un criterio di collega-
mento di tipo unilaterale per l’azione revocatoria ordinaria di diritto italiano.
Si deve dunque prendere atto della necessità di adottare una prospettiva mi-
rante all’individuazione dei casi in cui, pur in presenza di elementi di estraneità,
è possibile per il giudice italiano applicare gli artt. 2901 e ss. c.c. e concedere il
provvedimento giurisdizionale in esame. L’applicazione esclusiva della lex fori,
che risulta pacifica per l’azione revocatoria fallimentare60, dovrebbe imporsi
anche per l’azione revocatoria ordinaria.
A questa prospettiva statutaria fa da sostegno la configurazione della revo-
catoria come istituzione prevalentemente processuale, ossia come rimedio giuri-
sdizionale tipizzato. Come già rilevato, l’azione revocatoria ordinaria concreta
il rimedio che l’ordinamento italiano mette a disposizione di chiunque si trovi
nelle condizioni stabilite dagli artt. 2901 e ss. del nostro codice civile.

8. La reale dimensione del problema nel diritto italiano

Nella direzione appena indicata, la ricerca di una soluzione positiva deve


procedere dall’esame delle disposizioni materiali italiane sui mezzi di conserva-
zione della garanzia patrimoniale del credito, al fine di verificare il loro ambito
di efficacia o l’esistenza di norme implicite che lo fissano61. Stabilire i limiti di

59
Sul principio di effettività vedi sopra, nt. 18.
60
Si veda sopra, nt. 20. Giova rilevare che la soluzione è stata accolta, nella stessa materia,
dal legislatore svizzero, all’art. 171 LDIP: “L’azione revocatoria è regolata dagli articoli da 285 a
292 della legge federale (dell’11 aprile 1889) sull’esecuzione e sul fallimento. Può essere propo-
sta anche dall’amministrazione straniera del fallimento o da un creditore del fallito legittimato a
tal fine”. Cfr. B. DUTOIT, Commentaire de la loi fédérale, 2001, p. 536 che ricorda anche la nuova
disposizione della legge processuale svizzera che contiene due nuovi criteri di giurisdizione: il
luogo del domicilio del debitore o, in mancanza, il luogo dell’esecuzione forzata o dell’apertura
della procedura d’insolvenza (cfr. art. 289 LEF).
61
Sulla distinzione tra criteri materiali e criteri spaziali di applicazione delle norme giuridi-
che si veda la monografia di K. SCHURIG, Kollisionsnorm und Sachrecht, 1981, pp. 255 ss.
320 CAPITOLO SESTO

efficacia delle norme italiane significa individuare i contatti ai quali l’ordi-


namento italiano attribuisce rilevanza per concedere la tutela revocatoria italia-
na. È evidente, infatti, che le norme italiane non avrebbero vocazione ad appli-
carsi alla tutela revocatoria chiesta ad esempio da un creditore cinese a Pechino
in una fattispecie collegata unicamente con la Cina senza alcun collegamento
con l’ordinamento italiano.
Il metodo non è nuovo una volta chiariti i contatti in presenza dei quali il
giudice del foro (qui quello italiano) concede il rimedio, il problema di diritto
internazionale privato si presenta come problema di (eventuale) sovrapposizio-
ne in materia di actio pauliana dell’ambito di efficacia delle norme italiane e
straniere quando entrambe, secondo i rispettivi ordinamenti, sono applicabili
alla medesima fattispecie concreta. In questa prospettiva, il problema riguarda il
coordinamento tra la legge italiana e le leggi straniere.
La questione non si pone più quindi nella formulazione “savigniana” ossia a
partire dal rapporto giuridico (non si può neppure parlare a rigore di un rappor-
to giuridico, né, tanto meno, di una sua sede o collegamento prevalente); ma si
presenta e si risolve attraverso la corretta delimitazione delle leggi che già rego-
lano la fattispecie e, in primis, lo statuto del credito protetto e quello dell’atto
revocando. Si deve cioè verificare quali siano le leggi già richiamate da seg-
menti della fattispecie e quale valore debba dare, il giudice italiano, a questi
richiami. Se, per ipotesi, la fattispecie concreta rientra nel campo di applicazio-
ne di norme straniere, al punto che il giudice dell’ordinamento straniero cui
queste norme appartengono le applicherebbe, dovrà il giudice italiano tenere
conto di questa circostanza e dare applicazione alle norme straniere in luogo di
quelle italiane? O dovrà forse procedere all’applicazione distributiva di entram-
be?
Questa prospettiva può definirsi “statutaria” poiché riguarda l’estensione da
riconoscere al campo di applicazione delle leggi richiamate – o per usare
un’espressione di altre epoche, la determinazione della cerchia di coloro che
alle leggi sono soggetti (subditorum)62.

62
È forse opportuno precisare che anche la scelta di un collegamento, ossia l’elaborazione di
una norma bilaterale, ha come scopo quello di determinare la sfera di efficacia delle norme mate-
riali del foro, se è vero che, come indicato da R. QUADRI, Lezioni, 1969, pp. 245 ss., le norme di
diritto internazionale privato sono state pensate per l’applicazione della lex fori prima che per la
delimitazione della sfera di efficacia delle norme materiali di tutti gli altri paesi del mondo. In
altre parole, quando lo Stato italiano sceglie di collegare i rapporti personali tra coniugi alla legge
nazionale comune mira in primo luogo a mantenere il proprio controllo sui rapporti personali
scaturiti dal matrimonio tra i propri cittadini; ossia intende regolare direttamente la natura dei
rapporti tra coniugi italiani. Pertanto quando si leggono nel codice civile le disposizioni sui rap-
porti personali tra coniugi si deve tener presente che la loro efficacia trova dei limiti: esse si ap-
plicano solo ai coniugi italiani e ai coniugi, aventi cittadinanze diverse o più cittadinanze comuni,
la cui vita matrimoniale è localizzata prevalentemente in Italia (art. 29 legge 218/95). La scelta
corrisponde alla volontà di integrare nell’ordinamento socio-economico e culturale dello Stato
CONCLUSIONI 321

9. Segue. Metodo per la delimitazione della sfera di efficacia delle norme ita-
liane sull’azione revocatoria ordinaria

L’esegesi delle norme materiali dell’ordinamento italiano deve rivelare la


delimitazione della loro sfera di efficacia e può richiedere l’accertamento di una
norma non scritta ma implicita.
È indiscutibile che, anche a prescindere dal limite strutturale creato dalle
norme sulla giurisdizione, le norme nazionali non hanno una pretesa vocazione
universale ma sono limitate nella loro sfera di efficacia63 per cui è sempre pos-
sibile ricavare il loro ambito spaziale di applicazione64. Normalmente definito
attraverso norme esplicite, esso può anche essere ricavato, implicitamente, da
norme di conflitto non scritte e naturalmente dalle norme che delimitano l’am-
bito della giurisdizione italiana.
Verificandosi questa situazione occorre muovere da un’analisi della norma
giuridica che si vuole applicare interrogandosi sui suoi limiti di efficacia.
Nel nostro caso bisogna quindi partire dagli artt. 2900 e ss. c.c., leggerli in
connessione con le norme che fissano la giurisdizione italiana e verificare se
esistono norme di delimitazione che di fatto circoscrivono la disponibilità di

italiano tutte quelle situazioni che hanno con esso un contatto qualificato (in questo caso la nazio-
nalità e la residenza prevalente); diversamente, la c.d. porzione estroversa della norma di conflit-
to, ossia quella che rende applicabile la legge nazionale comune straniera (o la legge straniera
dello Stato nel quale la vita matrimoniale dei coniugi con più cittadinanze è prevalentemente loca-
lizzata), è una mera conseguenza dell’impostazione c.d. “savigniana” del problema di diritto in-
ternazionale privato nella mente del legislatore: non sarebbe infatti realistico pensare che
quest’ultimo rifletta circa la “sede naturale” o il “collegamento migliore in assoluto” per un dato
rapporto cui il diritto dà rilevanza (ancorché con diverse sfumature) in tutti i paesi del mondo.
Queste considerazioni hanno aperto la strada alla unilateralizzazione di norme di conflitto bilate-
rali. Vedi anche A. BUCHER, A. BONOMI, Droit international privé, 2004, p. 100.
63
Ricordiamo, per la maestria con cui hanno trattato l’argomento, G. BALLADORE PALLIERI, I
limiti di efficacia dell’ordinamento italiano, 1940, pp. 25 ss.; Ph. FRANCESCAKIS, La théorie du
renvoi et le conflits de systèmes, 1958. Cfr. Sopra, p. 296, nt. 3.
64
La considerazione espressa nel testo rappresenta un postulato dell’unilateralismo. Com’è
noto, l’unilateralismo auspica la cancellazione del c.d. sistema bilaterale di soluzione dei conflitti
di leggi e l’affermazione di un sistema unilateralista fondato su tre postulati: a) la preoccupazione
prima di ogni sistema di diritto internazionale privato è quella di fissare la sfera di applicazione
nello spazio delle proprie norme materiali; b) l’applicazione delle norme materiali straniere
nell’ordinamento del foro deve avvenire nel rispetto della loro sfera di applicazione nello spazio,
come fissata dall’ordinamento che le ha emanate; c) i conflitti che potrebbero risultare dalla so-
vrapposizione delle sfere di applicazione delle norme materiali interne e straniere devono essere
risolti su base razionale, con un criterio suscettibile di essere internazionalizzato. È su que-
st’ultimo punto che la dottrina unilateralista incontra le maggiori difficoltà e non raggiunge risul-
tati uniformi. Si vedano, per la teorizzazione del metodo: P. GOTHOT, La renouveau de la tendan-
ce unilatéraliste, 1971, pp. 1 ss., D. BODEN, Pluralisme juridique et droit international privé,
2006, pp. 275 ss. e G. ROMANO, L’unilateralismo nel diritto internazionale privato moderno, tesi
di dottorato, Padova, 2003-2004.
322 CAPITOLO SESTO

quegli strumenti per i creditori. Si può pensare ad una fattispecie priva di qual-
siasi elemento di contatto significativo con l’Italia, come quella di un creditore
neozelandese che intende chiamare in giudizio l’avente causa del proprio debi-
tore: entrambi i convenuti sono residenti in Australia e tanto la lex obligationis
quanto la lex contractus sono australiane. Si può forse pensare che il creditore
chieda e ottenga l’applicazione dell’art. 2901 c.c. di fronte al giudice italiano
competente perché l’avente causa del debitore, pur risiedendo in Australia, ha in
Italia un rappresentante autorizzato a stare in giudizio ex art. 77 c.p.c.?
L’eccesso di estraneità della situazione sociale portata alla cognizione del
giudice induce a dare un risposta negativa e questo dimostra che vi è senz’altro
la possibilità, attraverso l’esegesi, di fissare il campo di applicazione dell’azione
revocatoria ordinaria e dell’azione surrogatoria nonché dell’azione dichiarativa
della simulazione del creditore del simulato alienante.
Solo dopo aver fissato il campo di applicazione delle norme italiane, si pos-
sono isolare i casi in cui l’ordinamento italiano mette a disposizione dei credito-
ri quei penetranti strumenti di controllo sulla gestione del patrimonio da parte
del debitore che sono oggetto del presente studio.

10. Giustificazione del diverso trattamento internazionalprivatistico dell’azione


revocatoria ordinaria, da una parte, dell’azione surrogatoria e dell’azione di-
chiarativa della simulazione, dall’altra

Procediamo con ordine e distinguiamo le tre figure oggetto della nostra ri-
cerca. Ricordiamo che la loro struttura è identica dal momento che esse scaturi-
scono da due rapporti giuridici bilaterali che si intersecano dando vita a una ter-
za relazione; ciascun rapporto potrebbe essere regolato da una legge propria e il
provvedimento giurisdizionale richiesto potrebbe a sua volta essere soggetto a
una legge diversa dalle due leggi competenti per i rapporti sostanziali tra credi-
tore e debitore e tra debitore e terzo (questo caso si verifica quando uno dei
convenuti è domiciliato in uno Stato la cui legge non è competente né per il cre-
dito protetto, né per l’atto revocando).
Le tre azioni si differenziano invece nei loro effetti. Gli effetti dell’azione
surrogatoria e dell’azione dichiarativa della simulazione si producono e si esau-
riscono sulla situazione sostanziale del debitore e della sua controparte (rispetti-
vamente il debitor debitoris e il simulato acquirente), concretando quelle modi-
ficazioni nel rapporto che il debitore stesso, di propria iniziativa, avrebbe potuto
provocare (ad esempio: l’affermazione o l’esercizio di un diritto soggettivo
prima della sua decadenza o prescrizione e l’annullamento del contratto appa-
rentemente valido). Le due figure possono perciò essere qualificate come due
ipotesi diverse e particolari di legitimatio ad causam straordinaria (art. 81 c.p.c.)
in quanto gli art. 2900 e 1416, 2° comma c.c. riconoscono l’interesse di un ter-
zo, il creditore, a portare in giudizio un rapporto giuridico altrui, attribuendogli
CONCLUSIONI 323

la legittimazione ad agire relativamente a quel rapporto. È evidente che il credi-


tore, terzo rispetto al rapporto dedotto in giudizio, è portatore di un interesse
proprio, che l’ordinamento riconosce meritevole di una tutela giuridica. Questo
interesse è tutelato dall’ordinamento esclusivamente attraverso l’attribuzione
della legittimazione ad agire al creditore, il quale solo indirettamente potrà trar-
re vantaggio da un provvedimento sul merito favorevole. Sia nel caso di acco-
glimento dell’azione surrogatoria, sia nel caso di accoglimento dell’azione di-
chiarativa della simulazione il creditore che ha agito in giudizio non godrà di
alcuna posizione di vantaggio, ad esempio rispetto ad altri creditori, nel-
l’eventuale azione esecutiva sul bene recuperato al patrimonio del debitore65. Si
è quindi portati a concentrare l’attenzione sulla situazione processuale che viene
a crearsi nel “foro del ragionamento”.
Di converso, gli effetti dell’azione revocatoria ordinaria sono stati pensati e
si esauriscono nella sfera del creditore, mentre solo indirettamente e solo in un
momento successivo ed eventuale sono suscettibili di modificare la natura del
rapporto tra il debitore e il suo avente causa. Questo argomento vale ad esclude-
re l’opportunità di un collegamento dell’azione con il contratto revocando, il
quale non viene modificato o annullato, rimanendo paralizzati e solo tempora-
neamente alcuni suoi effetti. Si tratta inoltre di effetti di natura processuale,
strumentali all’esercizio dell’azione esecutiva, tanto da cadere nel nulla in caso
di un mancato esercizio di questa: quando, per qualsiasi motivo (pagamento del
debito; sua prescrizione; ecc.), la sentenza che dichiara l’inopponibilità di un
atto traslativo al creditore non è seguita dall’azione esecutiva, essa è tamquam
non esset66. Nessun effetto sostanziale produce di per sé, di modo che il rappor-
to tra debitore e suo avente causa resta integro modificandosi solo
nell’eventualità e in conseguenza dell’esercizio dell’azione esecutiva, dunque in
caso di evizione dell’avente causa del debitore. La trascrizione della sentenza
che dichiara l’inopponibilità al creditore dell’atto non impedisce neppure
un’alienazione successiva del bene, determinando solo la prevalenza del credi-
tore sul terzo acquirente che era a conoscenza della trascrizione pregiudizievole,
in un eventuale futuro processo esecutivo. A decidere sarà dunque l’ordinamen-
to processuale.

65
Anche G. GIAMPICCOLO, Azione surrogatoria, 1959, p. 960 ravvisa nell’art. 1416, comma
2°, un’ipotesi di surrogazione ma la differenzia dall’art. 2900 perché in quel caso “il creditore non
esercita un diritto del debitore, ma svolge un potere suo proprio e autonomo”. La distinzione non
ha pregio perché in entrambe le situazioni il creditore esercita un potere suo proprio e autonomo e
si ingerisce in una relazione alla quale è estraneo: nel caso dell’azione surrogatoria il creditore fa
valere, in luogo del debitore, un diritto il cui esercizio avrebbe l’effetto di incrementare il patri-
monio di quest’ultimo; nel caso dell’azione di simulazione deduce, sempre al fine di incrementare
il patrimonio del debitore, la nullità di un atto concluso da quest’ultimo, come avrebbe potuto fare
egli stesso utilizzando lo schema generale dell’azione dichiarativa della simulazione.
66
In argomento si segnala la monografia di R. CHAABAN, La caducité des actes juridiques,
2006, passim.
324 CAPITOLO SESTO

11. La legge applicabile alla legittimazione ad agire. Cenni

Come abbiamo visto sopra, accanto a istituti “universali” del diritto civile,
per i quali è possibile la distinzione tra ordinatoria e decisoria litis separando la
regolamentazione sostanziale, da sottoporre alla lex causae, dalla regolamenta-
zione processuale, da sottoporre alla lex fori, vi sono istituti tipizzati che pur
essendo simili o assimilabili ai loro omologhi stranieri non tollerano questa se-
parazione67.
Il Morelli aveva compreso la necessità di far dipendere dalla lex fori i rime-
di giurisdizionali tipizzati, restando tuttavia condizionato, nella sua analisi,
dall’applicazione letterale della distinzione del diritto interno tra merito e pro-
cedura. Egli infatti, dopo aver ricordato che “l’azione, in quanto potere giuridi-
co conferito da una norma di diritto processuale, è disciplinata dalla lex fori”,
ritiene di poter distinguere “il potere giuridico di azione”, disciplinato dalla lex
fori e “le condizioni dell’azione […] che dipendono dalla legge sostanziale”
quali “l’esistenza del diritto soggettivo sostanziale, la legittimazione ad agire e
l’interesse”68. Peraltro, nell’affrontare il problema delle azioni “tipizzate”, come
l’azione sommaria, il provvedimento monitorio, le azioni assicurative e le sin-
gole misure cautelari, egli non ritiene possibile dare spazio alla legge sostanzia-
le per nessuna condizione dell’azione69. In questi casi il collegamento della fat-

67
Un problema concreto riguarda la tutela del debitore del credito pignorato, il quale si trova
esposto al rischio di un doppio pagamento. Per ovviare a questo problema G.-S. HÖK, Saisie de
compte et créance transfrontalière, 2006, pp. 301 ss. propone di collegare il pignoramento del
credito al potere dispositivo del debitore, in quanto l’obiettivo del pignoramento del credito consi-
ste nel trasferire questo potere sul creditore pignorante. L’autore giustifica la propria tesi sulla
base del principio di effettività, che però non ci pare bene interpretato dallo stesso, specialmente
quando sostiene che lo Stato che esercita il suo potere sulla persona che ha il potere di disporre
del credito (perché in detto Stato è domiciliato) può disporre anche del credito e, per questa via,
assicurare l’effettività del pignoramento, mentre sarebbe secondaria la partecipazione del terzo
debitore.
68
G. MORELLI, Diritto processuale civile internazionale, 1954, pp. 17 ss.
69
Ibidem: “per quanto concerne il processo cambiario italiano […] sarà in base alla legge ita-
liana che dovrà stabilirsi se, in un dato caso, ricorrono le condizioni a cui è subordinata
l’ammissibilità della condanna con riserva. Fra queste condizioni è l’esistenza di un’obbligazione
cambiaria. Appunto perché la cambiale costituisce nel processo cambiario, una condizione
dell’azione tendente alla condanna con riserva e perché le condizioni dell’azione sono regolate
dalla lex fori, è irrilevante che l’obbligazione cambiaria sia, per le norme italiane di diritto inter-
nazionale privato, soggetta ad una legge straniera e che questa legge conceda o meno, in base alla
cambiale, l’azione sommaria”. Possiamo aggiungere che si tratterebbe del resto di un’azione
sommaria paragonabile solo in modo approssimativo a quella predisposta dall’ordinamento italia-
no. Prosegue il Morelli: “Ciò che si richiede è soltanto che la cambiale abbia tutti quelli che se-
condo la legge italiana sono requisiti essenziali, poiché solo a questa condizione la legge italiana
concede l’azione sommaria. Il principio vale per determinare le condizioni a cui sono subordinate
le singole azioni assicurative e, corrispondentemente, le singole misure cautelari”.
CONCLUSIONI 325

tispecie con altri ordinamenti può fondare unicamente la valutazione separata di


taluni presupposti per l’esercizio dei rimedi (come la validità del credito, in base
all’ordinamento per esso competente, qualora si rivelasse fondata la prospetta-
zione data dall’attore), ma non rappresenta la porta d’ingresso per una regola-
mentazione del rimedio, anche solo parziale, in virtù dei principi stabiliti dalla
legge straniera70.
La distinzione tra ordinatoria e decisoria litis pone un problema di carattere
ermeneutico e, prima ancora, ontologico, perché riguarda il senso stesso dei
concetti di merito e procedura71. L’interprete si trova di fronte a una dicotomia,
ed è costretto a valutare ogni questione usando le categorie “diritto sostanziale”
e “diritto processuale”, concetti astratti talmente connaturati al pensiero giuri-
dico, che non è neppure immaginabile un diritto che prescinda dal loro impiego.
Il tentativo di ricavarne un criterio distintivo delle questioni giuridiche mostra
però tutti i limiti di tale divisione e lo stesso è avvenuto per la corrispondente
dicotomia tra forma e sostanza degli atti giuridici72 nonché per la separazione
tra aspetti processuali e aspetti sostanziali nella materia successoria73.
La teoria processualistica dell’azione e il postulato della distinzione tra dirit-
to e azione, trova ancora valide opposizioni nel nostro ordinamento proprio per-

70
Questo genere di problemi è preso in considerazione sempre da G.-S. HÖK, Saisie de com-
pte et créance transfrontalière, 2006, pp. 301 ss., il quale ha evidenziato la necessità di distingue-
re tra le misure di esecuzione forzata che sarebbero soggette al “principio di territorialità” e le
altre ordinanze sommarie e procedimenti esecutivi che possono essere pronunciati in uno Stato e
poi essere riconosciuti in un altro Stato. Il problema è così presentato sotto il profilo della compe-
tenza giurisdizionale piuttosto che sul terreno della legge applicabile. Si tratta tuttavia, ancora una
volta, di stabilire in quali casi un ordinamento mette a disposizione di un soggetto i propri rimedi
giurisdizionali tipizzati.
71
Si veda specialmente H. BATIFFOL, Aspects philosophiques, 1956, pp. 32 ss. e pp. 163 ss.
72
W. WENGLER, Die Vorfrage im Kollisionsrecht, 1934, pp. 229 ss., e nella trad. it. a cura di
L. FERRARI BRAVO, 1963, pp. 125 ss. Sul punto si vedano le considerazioni critiche di T. BALLA-
RINO, Forma degli atti e diritto internazionale privato, 1970, pp. 18 ss.
73
Per il problema della distinzione tra merito e procedura nel caso dell’amministrazione delle
successioni si veda Y. LEQUETTE, Ensembles législatifs et droit international privé des succes-
sions, 1982-84, pp.163-182; M. GORÉ, L’administration des successions en droit international
privé, 1994, pp. 222 ss. Più radicale la posizione di M. FERID, Le rattachement autonome de la
transmission, 1974, p. 157, il quale sostiene che: “le noyau matériel de ces interventions des auto-
rités judiciaires est toujours enveloppé dans une procédure particulière. Ce lien intime, qui parfois
revient à une inséparabilité des règles de fond sur la transmission successorale, d’une côté, et des
institutions procédurales destinées à réaliser ces règles matérielles, de l’autre, est un obstacle très
grave pour la justice du for à remplir ses fonctions à l’égard d’une succession soumise à une loi
étrangère, dont les institutions ne sont pas conçues sur un plan identique.” Nello stesso senso si
veda quanto affermato da E. JAYME, La codification du droit international privé, 1982, p. 65: “Ici
il n’est pas possible de séparer la loi applicable de la procédure. On pourrait mentionner, par
exemple, l’acceptation d’une succession sous bénéfice d’inventaire qui doit être faite conformé-
ment à une procédure spéciale. Il est extrêmement difficile d’adapter les règles étrangères à la
procédure successorale de la lex fori.”.
326 CAPITOLO SESTO

ché non è applicabile a fattispecie come quella dell’azione revocatoria ordina-


ria74. Si tratta, inoltre, di una teoria che ha conosciuto un’evoluzione molto par-
ticolare in Italia75 ma che in altri ordinamenti è meno sentita ovvero non trova
riscontro alcuno: la dottrina americana, ad esempio, non conosce la distinzio-
ne76.
È vi è chi ha sostenuto, in sede dottrinale, che la valutazione separata dei di-
versi aspetti di una medesima fattispecie non tiene conto del carattere unitario di
ogni ordinamento giuridico77.

74
Ci si riferisce alla scuola di processualisti che fa capo a Salvatore Satta e che vede nell’art.
2907 c.c. una “traduzione in termini moderni dell’antica definizione romana jus iudicio perse-
quendi quod sibi debeatur” [Celso D 44, 7, 51] S. SATTA, C. PUNZI, Diritto processuale civile,
2000, p. 127 nt. 2. Secondo l’autore la distinzione chiovendiana tra la pretesa fondata della parte
sostanziale di un rapporto e la domanda che essa propone in giudizio dà luogo a “un’assurda ripe-
tizione di norme”. È significativo che per esemplificare la sua costruzione, Satta, si riferisca a
singole azioni nominate e, tra queste, in particolare, all’azione surrogatoria e revocatoria. Cfr.
anche S. SATTA, Domanda, 1964, pp. 817 ss.: “l’azione […] non è una realtà distinta dal suo con-
creto esercizio […] ma una astrazione […] come più in generale la vita di fronte al concreto vive-
re”.
75
In ragione degli studi di G. CHIOVENDA, L’azione nel sistema dei diritti, 1930 (1903), p.
21.
76
H. MUIR WATT, Quelques remarques sur la théorie, 1986, p. 427 ricorda che le origini
processuali della Common law impedivano di dissociare il merito dalla delimitazione del potere
giurisdizionale, di modo che fino al XVIII secolo i tribunali inglesi si rifiutavano di applicare
leggi straniere.
77
Osserva P. MAYER, Le phénomène de la coordination des ordres juridiques étatiques en
droit privé, 2007, pp. 38 ss., pp. 111 ss. che la riduzione del fenomeno giuridico alla “norma”,
derivante dalla diffusione della concezione normativista kelseniana del diritto ha determinato la
percezione della problematica internazionalprivatistica come una questione di conflitti tra regole
singole e tra specifiche soluzioni divergenti, disconoscendo la dimensione unitaria dell’ordina-
mento giuridico e, soprattutto, l’importanza dell’aspetto coercitivo-sanzionatorio, senza il quale il
diritto finisce per essere un mero flatus vocis. L’autore enfatizza la complementarietà tra le diver-
se componenti dell’ordinamento giuridico, tra le quali vi è anche quella legislativa. In effetti è
proprio dal concreto modo di operare dell’ordinamento che si genera quell’aspettativa “psicologi-
ca” degli individui ritenuta rilevante dalla dottrina di diritto internazionale privato (R. QUADRI,
Lezioni, 1969, pp. 147-155): i cittadini conoscono meno i precetti del codice civile di quanto non
conoscano, per esperienza diretta o indiretta, la reazione dell’apparato istituzionale dell’ordina-
mento a certi comportamenti dei privati. Si veda, sempre nella dottrina francese, H. BATIFFOL,
Observations sur les liens de la compétence judiciaire et de la compétence législative, 1962, pp.
55 ss. e, dello stesso autore, Le pluralisme des méthodes en droit international privé, 1973, pp. 75
ss.; P. HÉBRAUD, De la corrélation entre la loi applicable à un litige et le juge compétent pour en
connaître, 1968, pp. 205 ss.; Y. LEQUETTE, Protection familiale et protection étatique des incapa-
bles, 1976, pp. 108 ss. e pp. 172 ss. Sul carattere istituzionale del diritto la dottrina francese è
tributaria delle analisi di S. ROMANO, L’ordinamento giuridico, 1945; G. CANSACCHI, Scelta e
adattamento delle norme straniere richiamate, 1939, pp. 218 ss. e, dello stesso autore, Le choix et
l’adaptation de la règle étrangère dans le conflit de lois, 1953, pp. 81 ss.; P. PICONE, La méthode
de la référence à l’ordre juridique compétent en droit international privé, 1986, pp. 229-420. In
CONCLUSIONI 327

Si deve dunque evitare di far discendere la disciplina di diritto internaziona-


le privato dall’operazione ermeneutica di qualificazione delle questioni giuridi-
che come di merito o di procedura. L’appartenenza dell’elemento preso in con-
siderazione alla categoria della “procedura” ovvero a quella del “merito” in un
dato ordinamento non può avere la conseguenza di influenzare la scelta di leg-
ge, né per risolvere i casi dubbi si può dare prevalenza alla qualificazione “me-
rito” sulla base dell’argomento secondo il quale “la procedura è l’ausiliario del
diritto materiale, spetta dunque alla prima adattarsi al fine di dare attuazione al
secondo”78, ovvero dare precedenza alla qualificazione processuale per impedire
in radice il sorgere di un conflitto di leggi79. La difficoltà di distinguere tra me-
rito e procedura è del resto emblematicamente illustrata dalla prassi internazio-
nalprivatistica sulla prescrizione estintiva che ha generato disarmonia delle so-
luzioni e difformità di regolamentazione, moltiplicando gli inconvenienti tipici
della tecnica conflittuale80.
Fatta questa necessaria premessa, occorre ora prendere in considerazione il
problema della legge applicabile alla legittimazione ad agire.
Come si è osservato, la dottrina è concorde nel configurare l’azione surroga-
toria come un’ipotesi di sostituzione processuale, ossia come legittimazione ad
agire straordinaria. Come per l’azione surrogatoria anche per la legittimazione
ad agire si discute sulla competenza della lex fori ovvero su quella della lex

argomento si veda anche J. D. GONZALES CAMPOS, Les liens entre la compétence judiciaire et la
compétence législative en droit international privé, 1977, p. 227 ss.; D. J. EVRIGENIS, Tendences
doctrinales actuelles en droit international privé, 1966, pp. 313 ss.; E. VASSILAKAKIS, Orienta-
tions méthodologiques dans les codifications récentes du droit international privé, 1987, passim.
78
A. V. M. STRUYCKEN, De gracieuse Jurisdictie in het internationaal Privatrecht, 1970, p.
188. Cfr. anche A. HELDRICH, Internationale Zuständigkeit und anwendbares Recht, 1969, Ch. N.
FRAGISTAS, Die Prozesstandschaft im Internationalen Prozessrecht, 1953, pp. 471 ss.; F. TERRÉ,
Les conflits de lois en matière d’action en justice, 1967, pp. 111 ss. Sulle difficoltà poste dalla
giurisdizione volontaria per il diritto internazionale privato si veda, sempre di A.V.M. STRUYC-
KEN, Quelques réflexions sur la juridiction gracieuse, 1989, pp. 105 ss. e inoltre H. MOTULSKI,
Les actes de juridiction gracieuse, 1953, pp. 14 ss.; J. MAURY, Des conflits de lois en matière
d’exécution testamentaire et d’administration des successions, 1952, pp. 86 ss., spec. p. 88.
79
Per l’applicazione della lex fori si veda ancora M. FERID, Le rattachement autonome de la
transmission, 1974, p. 157, secondo il quale “la loi successorale étrangère souvent attend du juge
un rôle incompatible avec les pouvoirs que lui confère la loi du for.” L’autore vede un vero e
proprio “antagonismo” tra la legge sostanziale straniera e il diritto processuale del foro, e eviden-
zia l’esistenza di “tensioni che implicano compromessi e découpages molto delicati”. Come os-
serva l’autore, ivi, pp.176 ss., l’organizzazione tecnica della trasmissione successoria renderebbe
inapplicabili nel foro le regole di una legge straniera: “c’est en premier lieu l’entrelacement de
règles de fond avec la procédure et l’organisation judiciaire qui souvent rend inapplicables les
règles concernant la transmission dans le cadre d’une juridiction hors de la loi successorale”.
80
Sulla questione si rimanda nuovamente a B. FAUVARQUE-COSSON, La prescription en droit
international privé, 2002-2004, pp. 235 ss. e F. HAGE-CHAIHINE, La prescription extinctive en
droit international privé, 1996, passim e S. TONOLO, La disciplina della prescrizione nelle con-
venzioni internazionali, 1999, pp. 437 ss.
328 CAPITOLO SESTO

causae per la verifica delle sue condizioni di esercizio. La prima veduta è mag-
gioritaria e consegue alla qualificazione tradizionale della legitimatio ad cau-
sam, corollario della teoria processuale dell’azione, quale diritto a un provve-
dimento di merito sul rapporto dedotto in giudizio “astratto dalla esistenza della
ragione sostanziale fatta valere dall’attore e basato su elementi interamente pro-
cessuali”81. In senso opposto, la teoria sostanziale dell’azione propria di Salva-
tore Satta porta a configurare la legittimazione ad agire come una questione pre-
liminare di merito.
La qualificazione si giustifica in quanto la legittimazione implica un’in-
dagine circa l’interesse, riconosciuto dall’ordinamento giuridico, ad azionare
una domanda giudiziale relativa a un rapporto giuridico sostanziale: “[la que-
stione] concernendo l’appartenenza dell’interesse fatto valere in giudizio all’at-
tore nei confronti del convenuto, appare indissolubilmente legata al merito della
causa”82.
Come anticipato, l’adesione alla visione maggioritaria, che configura la le-
gittimazione ad agire come istituto del diritto processuale, porta ad attribuire
alla lex fori ogni valutazione circa la sua sussistenza. Da questa convinzione
discenderebbe che l’azione surrogatoria e l’azione ex art. 1416, comma 2°, sono
regolate dalla lex fori. Pertanto, quando un soggetto è titolare di un diritto di
credito “sorto sotto l’impero di una legge straniera […] non ha nessuna rilevan-
za il fatto che la legge straniera (in ipotesi) non ammetta l’azione surrogato-
ria”83. In un processo che si svolge in Italia l’azione surrogatoria dovrebbe esse-
re regolata dalla legge italiana così come l’intervento adesivo o il litisconsorzio
necessario 84.
Questa tesi ha l’effetto di attribuire alla lex fori il potere di limitare ovvero
ampliare la sfera dei poteri che la legge competente per il diritto di credito rico-

81
C. CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, 2006, p. 215. Nello stesso senso: E.
ALLORIO, Diatriba breve sulla legittimazione ad agire, 1955, pp. 122 ss.; F. CARNELUTTI, Legge
regolatrice della legittimazione processuale, 1955, pp. 36 ss.; R. LUZZATTO, Art. 12, 1995, p. 955;
F. TORIELLO, Legittimazione attiva del broker assicurativo straniero, 1994, pp. 845 ss. in nota
adesiva a App. Genova, 20 maggio 1993.
82
G. RUFFINI, Sulla legge regolatrice della legitimatio ad causam, 2005, pp. 1171 ss. al quale
si rinvia per i riscontri giurisprudenziali. La visione dell’autore discende dall’adesione alle tesi di
S. SATTA, Interesse ad agire e legittimazione, 1954, col. 169 ss.; si veda anche G. MORELLI, Dirit-
to processuale civile internazionale, 1954, p. 18; E. BETTI, Legittimazione ad agire e rapporto
sostanziale, 1949, col. 763 ss. Similmente, in Francia, M.-L. NIBOYET-HOEGY, L’action en justice,
1986, pp. 173 ss., ritiene che la qualité pour agir debba essere regolata dalla medesima legge che
regola l’istituzione a servizio della quale l’azione è preordinata. H. MUIR WATT, nota a Cassation
15 gennaio 1991, 1993, p. 51, aderendo a questa tesi, ne desume il collegamento con la legge del
credito protetto per l’azione diretta del subfornitore contro l’appaltante; ricordando che lo stesso
collegamento è difeso da G. LÉGIER, nota a Cour d’appel d’Aix-en-Provence, 30 marzo 1979, Cie
Ancienne Mutuelle Transports, 1980, pp. 717 ss. per l’azione surrogatoria.
83
E. ALLORIO, Diatriba breve sulla legittimazione ad agire, 1955, pp. 133 s.
84
Ibidem.
CONCLUSIONI 329

nosce al creditore e, per tale motivo, rende attuale il pericolo del c.d. forum
shopping in quanto la scelta del foro incide sulla situazione sostanziale
dell’attore in giudizio.
Questo risultato non si produce qualificando la legittimazione ad agire come
una questione preliminare di merito da valutare secondo la legge competente
per il merito85. Cio premesso, possiamo passare all’esame dell’incidenza che ha
nella nostra materia l’esistenza di elementi di estraneità già – si noti – qualificati
giuridicamente.

12. L’impero della lex fori sul provvedimento giurisdizionale di revoca

Il dato da cui dobbiamo dunque partire per la soluzione del problema


dell’azione revocatoria ordinaria è il provvedimento giurisdizionale che il credi-
tore-attore può chiedere al giudice italiano.
Come abbiamo appena visto, la sentenza che decide in merito all’azione sur-
rogatoria e all’azione dichiarativa della simulazione esercitata dal creditore con-
tiene, nel primo caso, un accertamento e una condanna del terzo a vantaggio del
debitore; nel secondo l’annullamento ex tunc dell’atto di disposizione. La sen-
tenza che dichiara l’inopponibilità al creditore si distingue dalle altre due in
quanto non incide direttamente sul rapporto dedotto in giudizio (quello tra debi-
tore e suo avente causa) ma costituisce un vincolo sopra il bene che forma
l’oggetto di quel rapporto. Quando si verificano i presupposti stabiliti dagli artt.
2901 ss. c.c. l’atto di disposizione validamente stipulato tra debitore e terzo di-
venta inefficace o meglio inopponibile al (solo) creditore. La sentenza che ac-
coglie l’azione revocatoria ordinaria imprime un vincolo di destinazione sul
bene oggetto dell’atto di disposizione, ma non ne impedisce né successive di-
sposizioni, né la locazione, né altri atti giuridici.
Come illustrato nel capitolo precedente, l’ordinamento italiano attribuisce
alla sentenza l’effetto di consentire al creditore vittorioso di portare ad esecu-
zione il bene acquisito dall’avente causa del debitore al solo fine di soddisfare il
credito che quest’ultimo non ha onorato; non vi è invece un effetto restitutorio
tant’è che l’eventuale eccedenza nel ricavato del bene spetta al terzo e non al
debitore; pertanto, in linea di principio, la proprietà sul bene acquisita
dall’avente causa del debitore resta salva. È però evidente che, in caso di evi-
zione, sorge il suo diritto al rimborso e al risarcimento del danno nei confronti
del proprio dante causa, il debitore appunto: quel che muta per effetto
dell’accoglimento della domanda è la destinazione del bene ricercato dal credi-
tore. Non vi sono dunque modificazioni nei diritti sostanziali delle parti: il rap-

85
Si veda anche, oltre, pp. 349 ss. Per quanto attiene al diverso problema della legge appli-
cabile alla capacità di stare in giudizio si veda Corte di giustizia CE, 17 marzo 2005, Commissio-
ne c. AMI Semiconductor Belgium.
330 CAPITOLO SESTO

porto tra creditore e debitore e quello tra debitore e suo avente causa rimangono
intatti, né si crea un nuovo rapporto tra creditore e avente causa del debitore
(che tipo di rapporto potrebbe infatti configurarsi? Un rapporto obbligatorio? In
questo caso bisognerebbe capire quali diritti potrebbe vantare il creditore nei
confronti del terzo: un fantomatico diritto all’esecuzione forzata?).
Questi effetti riflettono il tipo di rimedio predisposto dall’ordinamento ita-
liano a tutela del credito, mentre in altri ordinamenti sono previsti effetti anche
profondamente diversi per fattispecie simili o addirittura identiche. Negli Stati
Uniti il giudice può accordare compensatory and punitive damages for fraudu-
lent conveyance of land a favore del creditore frodato da un atto di disposizione
pregiudizievole86. In Austria l’attore in giudizio non chiede una modifica degli
effetti del contratto, che resta integro in tutti i suoi elementi, ma chiede di poter
aggredire il bene passato nel patrimonio del terzo oppure la condanna del terzo
a pagare in luogo del debitore87.
Ci si potrebbe chiedere se il provvedimento pronunciato dal giudice italiano
debba sempre essere la “dichiarazione di inopponibilità al creditore dell’atto di
disposizione” conosciuta dall’ordinamento italiano, con gli effetti sostanziali e
processuali stabiliti dagli artt. 2901-2904; 2652 n. 5; 2655; 2690 n. 6, 2692 c.c.
e 602 c.p.c. italiani, ovvero possa rivestire la forma e produrre gli effetti previsti
per gli omologhi provvedimenti dall’ordinamento tedesco o nuovayorkese, ipo-
teticamente richiamati da un elemento della fattispecie, per esempio il contratto,
secondo l’opinione ancora maggioritaria.
Secondo la dottrina maggioritaria manca al giudice italiano il potere di pro-
nunciare provvedimenti giurisdizionali stranieri sconosciuti al diritto del foro88.
Una domanda di pronunciare provvedimenti come il référé, l’astreinte o la ma-
reva injunction sarebbe evidentemente rigettata perché irrituale. Si può quindi
ritenere che sia un dato acquisito in dottrina che i giudici di uno Stato emanano
tutti i tipi di provvedimenti e soltanto quelli ammessi dalla legge dello Stato per
il quale agiscono e, reciprocamente, “non può chiedersi al giudice italiano un
tipo di provvedimento ignoto alla legge italiana, in quanto sia ammesso invece
dalla legge dello Stato al quale le parti o il rapporto sostanziale siano in certo
modo collegati”89. Seguendo quest’impostazione si deve concludere che, come
non è prevista la pronuncia di un divorzio di fronte all’autorità italiana in forme

86
James v. Powell, 26 App. Div. 2d 525, 270 N.Y.S. 2d 789,790 rev’d 19 N.Y. 2d 249, 225
N.E. 2d 741, 279 N.Y.S. 2d 10 (1967). La decisione è commentata da A. EHRENZWEIG, P. K. WE-
STEN, Fraudulent Conveyances in the Conflict of Laws, 1967-68, pp. 1679-1696.
87
Sopra, pp. 110 ss.
88
Si veda, per tutti, G. MORELLI, Diritto processuale civile internazionale, 1954, pp. 17 e s.
89
Ibidem. La tesi di Morelli, ivi, p. 11, si fonda sulla concezione del diritto processuale come
diretta emanazione della sovranità statale: “poiché lo Stato moderno considera come propria fun-
zione istituzionale la realizzazione del diritto, le norme a ciò dirette sono norme che […] regolano
attività pubbliche e creano situazioni giuridiche (azione, rapporto processuale) aventi, almeno
prevalentemente, carattere pubblicistico”.
CONCLUSIONI 331

diverse da quelle previste dalla legge italiana (per esempio con un atto ammini-
strativo), così la sentenza revocatoria pronunciata dal giudice italiano deve ave-
re la forma e gli effetti descritti dagli artt. 2901 e ss. c.c. e non può invece avere
la forma e gli effetti previsti, ad esempio, dagli artt. 10 e ss. della legge tedesca
sull’azione revocatoria ordinaria (AnfG).
Nonostante sia realistico pensare che il giudice italiano si astenga dal pro-
nunciare rimedi giurisdizionali tipizzati da altri ordinamenti – quantomeno in
assenza di un comando legislativo in tal senso – è pur vero che le esigenze di
coordinamento tra ordinamenti possono talvolta giustificare un’interpretazione
flessibile del diritto processuale civile interno, in modo da consentire al giudice
di pronunciare provvedimenti che, ancorché non previsti dalle proprie norme di
procedura civile, non sono radicalmente incompatibili con la sua funzione e non
esulano totalmente dal suo potere giurisdizionale90. A questo proposito, la dot-
trina francese ha evidenziato che: “une conception de la fonction du juge assou-
plie et élargie permet d’admettre qu’il applique des lois étrangères dont le
contenu requiert de lui peut-être un rôle qui ne correspond pas entièrement à
celui que sa propre loi lui confère”91. Si tratta allora di verificare l’estensione
del potere giurisdizionale del foro dal complessivo sistema di diritto processuale
integrato dalla norme di diritto internazionale privato. Infatti il potere giurisdi-
zionale non deve essere dedotto in via esclusiva dalle sue applicazioni concrete,
le quali emergono dalle singole disposizioni del diritto processuale92. Pertanto,
quando il giudice ha il potere di compiere un determinato atto, si può ammettere
che possa compiere anche atti simili, e magari in ambiti diversi, se ciò è previsto
da una legge straniera applicabile93.

90
B. ANCEL, nota a Cassation 7 gennaio 1982, Mme Le Van Chau, épouse Fabry et autres c.
consorts Le Van Chau, 1983, pp. 92 ss. Gli attori avevano introdotto una domanda di riduzione in
materia successoria, ma la Cassazione francese, considerato che i beni oggetto della domanda si
trovavano in un paese straniero, aveva negato la giurisdizione del giudice francese, nonostante il
rischio di “diniego di giustizia”. L’autore del commento, lungi dal trarre argomenti per l’inesi-
stenza in Francia di un forum necessitatis, rileva l’esistenza di casi in cui gli ostacoli di natura
“tecnica” – come la mancanza dei mezzi materiali necessari all’esercizio dei poteri previsti dalla
legge straniera – possono impedire in radice l’esercizio della giurisdizione il che si verifica, in
particolar modo, quando manca “l’effettività” ossia quando “l’intensité du pouvoir détenu sur
l’immeuble par l’ordre juridique de la situation invite l’ordre du for à l’abstention”. Il rispetto del
principio di effettività sarebbe imposto dalla situazione.
91
H. BATIFFOL, Le pluralisme des méthodes en droit international privé, 1973, pp. 75 ss.,
spec. p. 99.
92
M. GORÉ, L’administration des successions en droit international privé français, 1994, p.
229.
93
Nello studio della protezione degli incapaci nel diritto internazionale privato Y. LEQUETTE,
Protection familiare et protection étatique des incapables, 1976, pp. 143 ss. e 172 ss., sulla scorta
delle osservazioni di Batiffol e Lagarde, rileva che non esistono ragioni per negare al giudice la
possibilità di utilizzare i poteri che gli conferisce il diritto processuale del foro al fine di costituire
situazioni e rapporti giuridici previsti da una legge straniera quando la loro organizzazione e il
332 CAPITOLO SESTO

In materia di azione revocatoria ordinaria, tuttavia, poiché non esiste alcuna


norma di diritto internazionale privato che, sancendo l’applicazione della lex
contractus o di un’altra legge collegata alla fattispecie, contempli l’applicazione
di una legge straniera, il problema tecnico del coordinamento tra la legge italia-
na e quella straniera non si pone neppure. Si deve dunque escludere la possibili-
tà di un provvedimento “ibrido”, che sovrapponga alla declaratoria di ineffica-
cia una pronuncia di contenuto diverso ma con identica funzione: la decisione
del giudice sarà in ogni caso quella di “dichiarare inefficace (ovvero opponibile)
nei confronti del creditore, l’atto di disposizione compiuto dal debitore” anche
ai sensi e per gli effetti degli artt. 602 ss. c.p.c. italiano.
Una volta chiarito che il giudice italiano non può che pronunciare la deci-
sione ex art. 2901 ss. emerge allora, finalmente, una questione che si presenta
come prodromica a qualsiasi discorso sul trattamento di diritto internazionale
privato che il sistema italiano riserva all’azione revocatoria ordinaria: è possibi-
le disgiungere il provvedimento giurisdizionale tipizzato dalla legge italiana – la
declaratoria di inefficacia – dalle condizioni prescritte dalla stessa legge per la
sua emanazione?
Può, ad esempio, il giudice italiano verificare quali siano le condizioni che
la legge tedesca, per ipotesi lex contractus, ha previsto per la concessione del
provvedimento giurisdizionale tedesco di cui all’AnfG; quindi far discendere
dalle condizioni che pone la legge tedesca per l’esercizio della Gläubigeranfe-
chtung le conseguenze previste dall’ordinamento italiano per l’azione revocato-
ria ordinaria?
Riteniamo che – nell’attuale sistema di diritto internazionale privato – si
debba negare questa possibilità e ritenere che il giudice debba fare riferimento
unicamente alle condizioni stabilite dal nostro ordinamento per la concessione
del rimedio italiano.
Si deve dunque concludere che la sentenza con la quale il giudice italiano
accoglie l’azione revocatoria ordinaria concreta il rimedio che l’ordinamento
italiano mette a disposizione di chiunque si trovi nelle condizioni descritte agli
artt. 2901 e ss. del nostro c.c. e abbia il potere di promuovere un giudizio in Ita-
lia.

loro funzionamento non richiede il compimento di atti diversi da quelli previsti dalla lex fori. Un
esempio calzante è rappresentato dal divorzio: sebbene nella disciplina dell’istituto sia difficile
distinguere gli aspetti processuali da quelli sostanziali, nessun tribunale si è mai rifiutato di pro-
nunciare un divorzio applicando al caso una legge straniera. Proseguendo nel ragionamento,
l’autore sostiene che anche l’inesistenza dell’istituto della protezione degli adulti incapaci in un
dato ordinamento non può essere invocata per disconoscere il potere dei giudici del foro di pro-
nunciare provvedimenti per la tutela e la curatela degli adulti incapaci (quando questi sono previ-
sti dalla legge applicabile alla fattispecie): in tali casi si dovrà però verificare se l’ordinamento del
foro attribuisce ai propri giudici il potere di pronunciare provvedimenti simili a quelli richiesti,
sebbene in ambiti diversi (quali segnatamente i provvedimenti per la protezione dei minori inca-
paci).
CONCLUSIONI 333

In altre parole, una volta soddisfatte le condizioni materiali di applicazione


dell’art. 2901 e ss., si dovrà avere riguardo alle condizioni di applicazione spa-
ziale implicite nel sistema, quali quelle derivanti dai criteri di giurisdizione. La
legge straniera competente per taluni segmenti della fattispecie non potrà porre
limiti all’esercizio dell’azione italiana. Ci pare evidente che il giudice italiano
competente debba usare le valutazioni della lex causae solo al fine di verificare
i presupposti dell’azione: la validità dell’atto e l’esistenza del diritto di credito,
ad esempio.
Bisogna distinguere i segmenti della fattispecie per i quali rimane competente la
lex fori, dai suoi presupposti che rimangono invece soggetti alla lex causae.
Si può portare l’esempio di una prestazione di garanzia per un credito (sog-
getto al diritto straniero), stipulata contestualmente ad esso. Per espressa dispo-
sizione dell’art. 2901 c.c., comma 4°, la prestazione di garanzia sarà considerata
atto a titolo oneroso dal giudice italiano, quand’anche la lex contractus lo quali-
ficasse come atto a titolo gratuito. La presunzione relativa all’onerosità è infatti
iuris et de iure e riguarda la disciplina dell’azione revocatoria ordinaria. Pertan-
to, questa disposizione, attinente a un segmento della fattispecie non può essere
superata invocando una disposizione straniera che esula dalla regolamentazione
specifica dell’azione revocatoria.
Diverso è il caso della nullità o annullabilità della prestazione di garanzia,
che attiene ai presupposti dell’azione. Per la questione della nullità rimane
competente la legge regolatrice dell’atto e nessuna valutazione può essere porta-
ta dalla legge italiana competente per l’azione revocatoria ordinaria94.

13. Distinzione tra presupposti e condizioni dell’azione revocatoria ordinaria

Il problema di diritto internazionale privato che sorge in questi casi riguarda


il coordinamento tra la legge italiana, che offre il provvedimento giurisdizionale
ricercato dal creditore, e le leggi straniere eventualmente competenti per i pre-
supposti della fattispecie.
Ci si deve chiedere: lo statuto del credito (i.e. la legge competente per il cre-
dito protetto dall’azione revocatoria ordinaria) ha vocazione a regolare anche la
disciplina dei mezzi di revoca? Lo statuto dell’atto revocando (i.e. la legge
applicabile all’atto di disposizione messo in crisi, criticato attraverso l’azione
revocatoria ordinaria) è competente a resistere sul punto della revocabilità per
frode? Il giudice italiano può o deve tenere conto della volontà di applicazione
di queste leggi straniere, eventualmente competenti dal loro punto di vista?
Per quanto attiene in primis alla lex fori, legge regolatrice del processo che
si svolge in Italia (art. 12 legge 218/95), si rende necessario valutare l’ampiezza

94
La soluzione è conforme a quella adottata a suo tempo dalla Convenzione di Roma (sulla
quale l’Italia aveva però formulato una riserva) e ora dall’art. 12 del regolamento Roma I.
334 CAPITOLO SESTO

del suo intervento. Bisogna allora superare le difficoltà, di cui si è fatto cenno,
che presenta la distinzione tra decisoria e ordinatoria litis nell’azione revocato-
ria ordinaria.
In altre parole bisogna capire se e quale spazio applicativo abbiano le leggi
applicabili ai due rapporti giuridici che generano la fattispecie e che sono posti
in conflitto dalla richiesta di revoca; se possano o debbano essere coordinate
l’una con l’altra e anche con la lex fori, legge del provvedimento giurisdiziona-
le.
Occorre ora prendere in esame la questione del coordinamento tra lex obli-
gationis, lex contractus, e lex fori, valutando le possibilità di un regolamento
materialmente soddisfacente e tecnicamente corretto dal punto di vista del dirit-
to internazionale privato: per fornire una disciplina dell’azione revocatoria ordi-
naria seguendo una prospettiva estranea al metodo bilaterale, evitando cioè di
isolare previamente le questioni giuridiche suscettibili di porsi – come nella
prospettiva savigniana dello ius naturale95 – per poi assegnare ognuna di esse a
una delle leggi richiamate o richiamabili dalla fattispecie.
Non vi è dubbio che gli ordinamenti stranieri evocati dagli elementi di e-
straneità della fattispecie concreta (in primis l’ordinamento competente per il
credito e l’ordinamento competente per l’atto di disposizione), devono essere
presi in considerazione al fine di stabilire l’esistenza o la inesistenza dei pre-
supposti per il realizzarsi delle condizioni stabilite dall’ordinamento italiano per
la dichiarazione di inopponibilità al creditore96.
Questo è un dato certo: se il diritto di credito è soggetto a un ordinamento
diverso da quello del foro, per stabilire l’esistenza e la validità del titolo vantato
dal creditore il giudice italiano dovrà fare riferimento all’ordinamento per esso
competente. Se riscontrerà, ad esempio, che il diritto di credito è caduto in pre-
scrizione secondo la sua legge regolatrice rigetterà la domanda attorea senza
interpellare nessun’altra legge sulla questione. Del pari, se una legge straniera
governa l’atto che attribuisce al terzo avente causa del debitore la proprietà sul
bene ricercato dal creditore, è a questa legge che si dovrà fare riferimento per
stabilire se tale atto è valido ovvero nullo, annullabile o colpito da qualche altra
forma di invalidità. Non avrebbe senso rendere inefficace un atto che lo è già, di
per sé, indipendentemente dal verificarsi delle condizioni cui la lex fori (gli artt.
2901 ss. c.c.) subordina l’inefficacia relativa (rappresenterebbe anzi uno spreco
di attività giurisdizionale). Per questa ragione, se il giudice italiano riscontra
una qualche forma di invalidità dell’atto revocando secondo la lex causae potrà

95
In realtà Savigny riteneva che la questione di diritto internazionale privato potesse essere
posta sia verificando l’ambito di applicazione delle norme giuridiche, sia determinando la legge
applicabile a un rapporto giuridico e che le due questioni non divergessero se non per il loro punto
di partenza: “la questione da risolvere rimane la stessa, e la sua soluzione non può variare”. Si
veda l’introduzione al volume VIII, par. 344.
96
Così ancora G. MORELLI, Diritto processuale civile internazionale, 1954, pp. 17 e s.
CONCLUSIONI 335

dichiararne l’invalidità secondo tale legge senza consultare la legge italiana al


riguardo (sempre che l’attore abbia formulato la sua domanda in modo che il
giudice possa pronunciarsi sul punto, nel rispetto del principio della corrispon-
denza tra il chiesto e il pronunciato) e rigettare la domanda attorea per carenza
di uno dei requisiti stabiliti dagli artt. 2901 c.c. ss.
L’indagine delle leggi competenti per taluni segmenti della fattispecie è fi-
nalizzata alla verifica dei presupposti dell’azione revocatoria ordinaria.
Bisogna invece negare, per le ragioni già illustrate, che le leggi competenti
per questi due segmenti della fattispecie possano avere uno spazio di applica-
zione maggiore: ad esempio non può essere loro attribuito il compito di autoriz-
zare o negare il potere del creditore (come invece sancisce l’art. 13 del regola-
mento comunitario sulle procedure d’insolvenza per le azioni pauliane esercitate
nell’ambito di un fallimento transnazionale); né hanno voce in capitolo sulla
disciplina dell’azione revocatoria iniziata dal creditore. Le due leggi straniere,
per ipotesi competenti (l’una per il diritto di credito, l’altra per l’atto revocando)
non devono essere interpellate per stabilire, da una parte, il potere di controllo
gestorio del creditore, che si concreta nella legittimazione ad esercitare l’azione
revocatoria ordinaria, dall’altra le condizioni per la dichiarazione di inefficacia
dell’atto.
Così se il giudice italiano riscontra che pende una condizione sospensiva sul
diritto del creditore, soggetto alla legge tedesca, non deve tenere conto della
norma tedesca che nega ai creditori sotto condizione sospensiva il potere di
instaurare la Gläubigeranfechtung innanzi al giudice tedesco. Egli si limiterà a
verificare che, nell’ordinamento tedesco, il titolo vantato dal creditore (il diritto
di credito sub condicione) esiste e ha validità, disinteressandosi delle conse-
guenze che la legge tedesca fa discendere dalla sua esistenza (come l’inop-
ponibilità dell’atto a certe condizioni).
È certo che il dato positivo non autorizza il giudice italiano a giudicare le
diverse questioni poste da una fattispecie di azione revocatoria ordinaria appli-
cando leggi straniere e attuando un loro coordinamento attraverso tecniche co-
me quella del dépeçage. Si è già rilevato che, al di fuori di un’esplicita previ-
sione normativa come quella contenuta nell’art. 14 del regolamento Roma I, che
disciplina la cessione di credito, il giudice italiano non ha la possibilità di attua-
re uno spezzettamento della fattispecie. Nell’attuale sistema di diritto interna-
zionale privato italiano, non vi è spazio per una valutazione separata delle di-
verse condizioni e degli effetti dell’azione revocatoria ordinaria: l’interprete non
può, ad esempio, giudicare secondo la legge competente per l’atto revocando la
revocabilità di questo e i rapporti tra creditore e avente causa del debitore per
poi valutare le condizioni che legittimano il creditore ad agire in revocatoria
secondo la legge competente per il credito.
336 CAPITOLO SESTO

14. Verifica della soluzione proposta alla luce del principio di effettività

Una volta radicata nell’ordinamento italiano la controversia tra il creditore e


l’avente causa del debitore, il giudice applicherà la lex fori per deciderne l’esito.
Infatti, solo il giudice italiano può pronunciare la declaratoria di inopponbilità al
creditore conosciuta dal nostro ordinamento e, di converso, il provvedimento di
revoca ex artt. 2901 ss. c.c. può essere pronunciato unicamente dal giudice ita-
liano. È altrettanto evidente che il giudice italiano, l’unico a cui si può chiedere
il provvedimento previsto dall’ordinamento italiano, può concederlo solo nei
limiti stabiliti dalle norme italiane. L’attore chiederà infatti la revoca di un atto
“ai sensi e per gli effetti” degli artt. 2901 ss. c.c.
La lex fori, competente a prescrivere il contenuto del provvedimento giuri-
sdizionale, lascia comunque spazio ad una presa in considerazione delle leggi
eventualmente competenti per altri segmenti della fattispecie, solo per verificare
i presupposti dell’azione revocatoria ordinaria, e non tutte le condizioni per il
suo esercizio. Queste due leggi (rectius gli ordinamenti competenti per il credito
tutelato e per l’atto revocando) dovrebbero essere consultate, rispettivamente,
solo per stabilire l’esistenza e la validità dell’obbligazione e dell’atto di dispo-
sizione, cioè dei presupposti dell’azione revocatoria ordinaria.
È perciò irrilevante, come ampiamente dimostrato, che l’obbligazione per la
quale si richiede la tutela revocatoria sia, per le norme italiane di diritto interna-
zionale privato, soggetta a una legge straniera che non consente l’ingerenza del
creditore nella gestione del patrimonio del debitore, né gli attribuisce il potere di
condizionare l’efficacia degli atti di disposizione da lui stipulati. Del pari irrile-
vante è il regime dell’atto di disposizione secondo la legge che gli è applicabile:
questa legge non dovrebbe essere interpellata per stabilire se e/o in quali condi-
zioni un soggetto, terzo rispetto all’atto ma creditore del disponente, può render-
lo inefficace nei suoi confronti.
Una volta circoscritta la competenza della lex fori e delle altre leggi richiamate
dagli elementi di estraneità della fattispecie ci si trova di fronte all’amara constatazio-
ne che il problema di diritto internazionale privato permane in quanto tale soluzione è
lungi dal garantire una uniformità di regolamentazione. Il problema subisce semmai
una “trasfigurazione” in quanto la ricerca di una soluzione unica andrà attuata non già
sul piano della soluzione conflittuale ma sul piano del riconoscimento delle decisioni
(e sempreché il riconoscimento sia possibile).
Si deve prendere atto della circostanza che ognuno degli ordinamenti “col-
legati” con la fattispecie concreta offre alle parti rimedi tipizzati diversi e dotati
di caratteristiche proprie, con due ordini di limiti relativi, il primo alle condizio-
ni alle quali ognuno di essi concede il rimedio (soprattutto con riferimento ai
criteri di competenza dell’autorità giurisdizionale); il secondo all’utilità del
provvedimento che si offre alle parti ciò che presuppone un giudizio prognosti-
co sulla riconoscibilità ed eseguibilità del provvedimento richiesto nello Stato in
cui si svolgerà il processo esecutivo.
CONCLUSIONI 337

15. Il Wirkungsstatut e la necessaria applicazione delle norme sulla pubblicità


degli atti per l’opponibilità delle sentenze di revoca soggette a trascrizione in
Italia

Una soluzione fondata sul principio di effettività97 presuppone, in primo


luogo, che il bene ricercato dal creditore sia sotto il controllo dell’autorità giuri-
sdizionale di un ordinamento, e con ciò una corretta valutazione dei limiti di
efficacia del proprio ordinamento; postula poi, in secondo luogo, una corretta
valutazione circa la possibilità concreta di far valere le statuizioni dell’organo
decidente all’estero, nel caso di beni che non sono nella disponibilità materiale
dell’autorità giurisdizionale competente per il processo di cognizione.
Le osservazioni già svolte sulla limitatezza del nostro ordinamento giuridico
– lo stesso vale per gli altri paesi – ci indirizzano in via preliminare verso lo
studio dei criteri di giurisdizione, i quali possono essere fissati dal proprio ordi-
namento, singolarmente o di concerto con altri (convenzioni internazionali, re-
golamenti comunitari). È evidente che solo se esiste un fattore di connessione
tale da attribuire la competenza giurisdizionale al giudice italiano, il creditore
potrà chiedere il rimedio previsto dal nostro ordinamento contro gli atti di di-
sposizione in fraudem. Allo stato attuale i criteri che il giudice italiano può in-
vocare per affermare la propria giurisdizione quando è investito di un’azione
revocatoria ordinaria sono tre: il foro generale del domicilio del convenuto-
avente causa del debitore; il foro, sempre generale, del domicilio del debitore
convenuto, che è litisconsorte necessario; il foro del contratto revocando. Di
questi tre criteri il terzo potrebbe generare una discrasia tra il diritto italiano e il
diritto internazionale privato di fonte comunitaria, nel quale è dubbio che tale
soluzione possa imporsi.
A questi criteri sarebbe opportuno aggiungere il criterio del luogo di situa-
zione del bene ricercato dal debitore, adottando una nozione di luogo di situa-
zione del bene compatibile con quelle sancite dal regolamento comunitario sulle
procedure d’insolvenza. Questo criterio che non compare né nel regolamento
Bruxelles I, né nella legge 218/95 consentirebbe di prevenire qualsiasi problema
di coordinamento tra l’ordinamento competente per l’azione revocatoria ordina-
ria e l’ordinamento nel quale dovrebbe svolgersi il processo esecutivo sul bene
oggetto dell’atto fraudolento.
In questa direzione si è mosso il Bundesgerichtshof tedesco che ha ricono-
sciuto la propria giurisdizione nei confronti di una società avente sede nello sta-
to americano delle Hawai (secondo il cui diritto era stata costituita)98. Dietro i
criteri piuttosto vaghi indicati dal giudicante – che si fonda sulla contestata teo-
ria dell’Inlandsbeziehung e opera un’applicazione particolare del foro del pa-
trimonio – si celano decisive considerazioni di “effettività”: in quanto un’even-

97
Si veda sopra p. 301, nt. 18.
98
Bundesgerichtshof, 17 dicembre 1998, IX ZR 196/97. Sopra pp. 141 ss.
338 CAPITOLO SESTO

tuale decisione di accoglimento dell’actio pauliana avrebbe comunque dovuto


essere eseguita in Germania, luogo di situazione del bene ricercato dal creditore
che aveva agito99.
Come abbiamo visto100 lo statuto dei beni oggetto del trasferimento “revo-
cando” è preso in considerazione dalla giurisprudenza tedesca e austriaca anche
ai fini della determinazione della legge applicabile101. Sia nel caso appena ricor-
dato, sia nel caso deciso più di recente dalla Corte suprema austriaca, è stata
data applicazione alla legge del luogo in cui si trovava il bene ricercato dal cre-
ditore al momento del trasferimento. In entrambi i casi, tuttavia, la lex rei sitae
non è richiamata di per sé, quale criterio di collegamento dell’azione revocato-
ria ordinaria, ma come concretizzazione del c.d. Wirkungsstatut, ossia lo statuto
degli effetti dell’atto, ora codificato dal legislatore tedesco all’art. 19 AnfG. Co-
sì conclude la Corte suprema austriaca: “Per il sorgere di una pretesa revocato-
ria è decisiva, in base al diritto sostanziale, l'esistenza di un trasferimento patri-
moniale in danno del creditore. A questa valutazione materiale corrisponde, dal
punto di vista del diritto internazionale privato, il collegamento con gli effetti
dell’atto giuridico nella sfera del creditore”102.
La dottrina e la giurisprudenza tedesca si stanno orientando verso una nuova
interpretazione del “Wirkungsstatut”, lo statuto degli effetti dell’atto. Questo
concetto, originariamente elaborato dallo Zitelmann103, è variamente impiegato
nel sistema tedesco di diritto internazionale privato e viene generalmente inteso
come la lex causae dell’atto104. Sulla scorta della giurisprudenza in tema di actio
pauliana, la dottrina ha tuttavia messo in rilievo che, nel caso in cui l’atto di
trasferimento riguardi un bene immobile, non si deve prendere in considerazio-
ne il negozio causale per determinare la legge applicabile ma l’atto notarile che
consente il passaggio di proprietà. Così inteso, il rinvio alla legge regolatrice
degli effetti dell’atto notarile si risolve in un rinvio alla lex rei sitae del bene
oggetto del negozio fraudolento105 .

99
Similmente S. KUBIS, Internationale Gläubigeranfechtung, 2000, p. 502 che ricorda che le
Corti americane fanno riferimento al criterio di giurisdizione del luogo dell’esecuzione forzata
nelle azioni quasi in rem (si vedano, ivi, i riferimenti legislativi e bibliografici pertinenti).
100
Sopra, pp. 140 ss.
101
Nello stesso senso, in applicazione dell’art. 19 AnfG, si veda Oberlandesgericht Stuttgard,
11 giugno 2007, 5 U 18/07. Cfr. sopra pp. 143 ss.
102
Si veda la massima di H. KOCH, Das IPR der actio pauliana, 2006, a p. 457.
103
Sopra, pp. 212 ss.
104
Cfr. ad es. E. J. HABSCHEID, Konkursstatut und Wirkungsstatut bei der internationalen
und künftigen innereuropäischen Insolvenzanfechtung, 2001, pp. 168 ss.
105
S. KUBIS, Internationale Gläubigeranfechtung, 2000, p. 506, evidenzia che l’actio paulia-
na non viene esperita per “annullare” un’obbligazione ma per impedire il trasferimento materiale
di oggetti del patrimonio in quanto solo questo trasferimento può pregiudicare il soddisfacimento
del creditore. In questo modo, secondo l’autore, si proteggono nel miglior modo possibile gli
interessi del commercio internazionale. Anche H. KOCH, Das IPR der actio pauliana, 2007, p.
CONCLUSIONI 339

La soluzione di valutare il diritto del creditore a soddisfarsi sul bene fuoriu-


scito dal patrimonio del debitore secondo la legge del luogo in cui esso si trova-
va al momento dell’atto in fraudem assicura indubbi vantaggi in presenza di
beni mobili o immobili.
Il principio di effettività conduce l’interprete a confrontarsi con lo “statuto”
dei beni oggetto del contratto in fraudem e, per questa ragione, presuppone la
possibilità di individuare, per ogni categoria di bene, l’ordinamento che dirà
l’ultima parola sul suo destino economico.
Come abbiamo visto, la giurisprudenza tedesca usa i criteri così individuati
sia come criteri di giurisdizione, sia come criteri di selezione della legge appli-
cabile106 . Si tratta dei collegamenti territoriali che sono per definizione unilate-
rali e che si traducono in fattori di collegamento diversi, a seconda del tipo di
bene ricercato dal creditore: in primo luogo figura il criterio del luogo di situa-
zione del bene materiale, esteso alla sede della filiale in cui è tenuto un conto
corrente bancario107, poi il criterio dell’autorità responsabile della tenuta dei
pubblici registri in cui è iscritto il bene, poi ancora il criterio del domicilio del
debitore di una prestazione.
La soluzione “territoriale” presenta innumerevoli vantaggi. In primo luogo,
il mantenimento dell’unità tra forum e ius in una materia in cui ogni distinzione
tra ordinatoria e decisoria è insoddisfacente. In secondo luogo, essa riduce i
problemi di diritto internazionale privato (i “conflitti di leggi”) perché il giudice
competente, che applica la propria legge, sarà con ogni probabilità – fatti salvi i
casi di beni mobili che possono essere trasportati nelle more del giudizio – il
giudice del futuro ed eventuale processo esecutivo.
Come abbiamo visto, nel caso Reichert la Corte di giustizia ha però esplici-
tamente escluso la rilevanza del criterio di giurisdizione di cui all’art. 16-5 e il
giudice del luogo di situazione del bene è risultato carente di potere giurisdizio-
nale108 . Nella decisione Corkran109 il giudice italiano si è riconosciuto compe-
tente per l’azione revocatoria ordinaria nei confronti di convenuti domiciliati
all’estero ma non ha fondato il proprio potere sul luogo di situazione del bene

469, ritiene in dubbia l’applicazione della lex rei sitae in virtù dell’art. 19 AnfG quando l’atto
revocando riguarda un bene immobile o mobile. Si veda sopra, cap. III, par. 8 e 9, spec. pp. 141
ss.
106
Bundesgerichtshof, 17 dicembre 1998, IX ZR 196/97.
107
Cour d’Appel de Versailles 30 marzo 2008, BNP Parispas Suisse c. M. Chavane de Dal-
massy, con nota di L. D’AVOUT, 2008, p. 649, in un caso relativo ad un pagamento su di un conto
corrente bancario acceso presso una banca svizzera individua il “luogo di situazione” in Svizzera.
108
Corte di giustizia CE, 26 marzo 1992, Reichert II, pp. 2149 ss. Si veda in particolare, L.
MARI, Il diritto processuale civile, 1999, pp. 277 s., p. 560, pp. 714 ss.; B. ANCEL, 1992, pp. 720
ss. Amplius sopra cap. V.
109
Cass. sez. un., 7 maggio 2003, n. 6899, Corkran c. Casa Napoleone Ltd, p.to 6, 2000, col.
2701 s. Cfr. sopra pp. 257 ss.
340 CAPITOLO SESTO

conteso, né sulla coincidenza tra luogo di celebrazione del processo e luogo


dell’esecuzione forzata.
Allo stato attuale, tuttavia, le rare decisioni tedesche e la decisione austriaca
rappresentano un’eccezione che può solo essere considerata la spia di una nuova
tendenza, dal momento che – nel panorama di diritto comparato – nessun valore
è stato assegnato allo statuto del bene ricercato dal creditore, tanto è vero che
nemmeno il luogo di situazione di un bene immobile può fondare la competenza
giurisdizionale per le azioni revocatorie. Anche nel diritto interno, del resto, non
vi è un criterio di competenza per territorio che consenta di qualificare il giudice
del luogo in cui è situato il bene come “il più prossimo alla lite”.
In conclusione si può affermare che, nonostante gli indubbi vantaggi di una
soluzione unilateralista che radichi la competenza giurisdizionale e la legge ap-
plicabile nel luogo di situazione del bene ricercato dal creditore, allo stato attua-
le la soluzione è ingiustamente sottovalutata dalla dottrina maggioritaria, sebbe-
ne non siano mancate autorevoli eccezioni110.
In ossequio al principio di effettività111 la presenza del bene ricercato dal
creditore in un dato ordinamento dovrebbe quantomeno determinare il potere
giurisdizionale in capo ai suoi giudici. Le già rilevate analogie tra l’effetto
dell’accoglimento dell’azione revocatoria e gli effetti del pignoramento (rimedi
giurisdizionali che consentono al creditore di prenotarsi sull’esecuzione di un
determinato bene) giustificano questa soluzione112. Inoltre, un’importante diffe-
renza tra l’azione revocatoria e il pignoramento consiste nel fatto che la prima
ha un oggetto molto più ampio del secondo, potendo essere diretta anche contro
pagamenti o rimesse in conto corrente, che non essendo beni in senso stretto
non sono pignorabili. In questi casi il “bene” ricercato dal creditore altro non è
che un rapporto giuridico ovvero l’estensione al terzo – il contraente del debito-
re (la banca che tiene il conto ad esempio) – dell’obbligo di soddisfare il debito.
Sebbene nel nostro ordinamento non vi sia un criterio di competenza giuri-
sdizionale che attribuisce rilevanza al giudice del luogo di situazione del bene
oggetto dell’atto revocando, sono numerose le norme di diritto internazionale
privato che riconoscono la competenza della legge o delle autorità del “luogo di
situazione” di un bene per la disciplina delle vicende giuridiche che lo hanno ad
oggetto. Si può allora partire da queste norme al fine di verificare come si tra-
durrebbe il principio di effettività in un criterio di giurisdizione per l’actio pau-
liana. L’ipotesi più semplice, dalla quale conviene partire, si ha quando il bene
alienato dal debitore è stabilmente situato sul territorio di uno Stato. Se si tratta
di un bene immobile, l’azione esperita dal creditore subisce inevitabilmente la
forza di attrazione dello statuto reale.
Infatti, quando l’immobile oggetto del contratto contestato si trova in terri-

110
P. MAYER, V. HEUZÉ, Droit international privé, 2007, pp. 496 s.
111
Sul principio di effettività vedi sopra p. 301 nt. 18.
112
Si veda sopra pp. 65 ss.
CONCLUSIONI 341

torio italiano non si può prescindere da una verifica delle norme sulla trascri-
zione nei registri immobiliari per risolvere il conflitto che oppone il creditore al
terzo acquirente. Così, quand’anche tutti gli elementi di una fattispecie di actio
pauliana siano collocati in ordinamenti stranieri ma il luogo di situazione del
bene sia l’Italia, il creditore vittorioso in un giudizio estero che a suo tempo non
ha trascritto la domanda di instaurazione dell’actio pauliana non potrà sottopor-
re ad esecuzione forzata il bene situato nella Repubblica italiana se, nelle more
del giudizio, il bene è stato venduto a un nuovo acquirente dal terzo avente cau-
sa del debitore. Il nuovo acquirente può valersi della presunzione di buona fede
se ha trascritto l’acquisto in assenza di precedenti trascrizioni pregiudizievoli. A
questo proposito, la relazione al progetto di riforma del diritto internazionale
privato italiano precisa che il principio della lex rei sitae si applica non solo alle
modalità tecniche di esecuzione delle formalità pubblicitarie strettamente intese
ma anche all’individuazione dei presupposti e degli effetti della pubblicità me-
desima113.
Si può fare l’esempio di un contratto di vendita concluso in Gran Bretagna
tra cittadini inglesi residenti in quel paese e relativo a una villa toscana. Ponia-
mo che la banca svizzera della quale il venditore è debitore reputi che la vendita
è simulata o fraudolenta. Se la banca instaura il contenzioso in Gran Bretagna,
evitando così che sorgano questioni di giurisdizione, dovrà comunque avere
cura di trascrivere l’azione instaurata nei registri immobiliari italiani per potersi
prevalere della regola di cui all’art. 2652 n. 5 c.c. Se non prenderà questa pre-
cauzione, correrà il rischio di ottenere una pronuncia inutile, nel caso in cui il
terzo convenuto (l’avente causa dal debitore) rivenda il bene immobile a un ac-
quirente di buona fede, durante le more del giudizio di “fraudulent conveyan-
ce”.
In un’ipotesi come quella appena descritta non trovano pertanto applicazio-
ne le corrispondenti regole inglesi sulla alienazione immobiliare, o sugli effetti
della pronuncia dichiarativa della natura fraudolenta del trasferimento, ma uni-
camente le norme italiane sulla trascrizione114 .

113
In argomento si veda ancora oggi R. QUADRI, Note sulla pubblicità, 1978, pp. 509 ss. La
dottrina francese si è occupata più di recente del tema: S. CORNELOUP, La publicité des situations
juridiques, 2003.
114
Le norme sugli effetti della trascrizione dei beni immobili registrati risolvono diversamen-
te i casi di doppia alienazione immobiliare o, come nel caso di specie, di prevalenza dei creditori
sulle alienazioni successive dei beni immobili del debitore. Nei casi di mancata osservanza delle
formalità pubblicitarie l’applicazione automatica della sanzione dell’inopponibilità degli atti sog-
getti a pubblicità fondiaria è stata messa in discussione dalla Corte di cassazione francese. Il
“grand arrêt” della materia (22 marzo 1968, D. 1968, p. 412, con nota di J. MAZEAUD) introduce
un temperamento alla regola prior in tempore potior in iure in quanto consente al primo acquiren-
te che non ha trascritto di prevalere sul secondo acquirente, primo trascrivente, quando è dimo-
strabile la mala fede di quest’ultimo. Confrontando questa decisione con il leading case inglese
Flegg (1987) 2 W.L.R. 1266, che mantiene ferma la regola tradizionale sugli effetti della trascri-
342 CAPITOLO SESTO

Si tratta dunque di norme di applicazione necessaria del diritto italiano.

16. Categorie di beni e loro luogo di situazione nel regolamento comunitario


sulle procedure d’insolvenza

Anche il diritto internazionale privato comunitario riconosce la preminenza


dello Stato in cui il bene materiale è situato per la disciplina delle vicende giuri-
diche di cui è l’oggetto. Viene in linea di conto il problema connaturato alla lex
rei sitae e al principio di effettività: non è, infatti, sempre possibile localizzare
un bene nello spazio e individuare l’ordinamento che dirà sicuramente l’ultima
parola sulla sua destinazione economica. Vi sono beni suscettibili di essere tra-
sportati attraverso le frontiere e vi sono beni immateriali la cui collocazione nel-
lo spazio non è che fittizia.
Viene in soccorso il regolamento comunitario sulle procedure d’insolvenza
che si basa proprio sull’individuazione di un luogo di situazione per ogni tipo di
bene, al fine di salvaguardare la legge applicabile a talune sue vicende, a fronte
della competenza della lex concursus115. All’art. 2 lett. g) del regolamento tro-
viamo i primi tre significati di “luogo di situazione di un bene” laddove si di-
stinguono tre tipi di beni e dunque tre criteri di collegamento “territoriale”: il
luogo in cui si trova il bene materiale; il luogo in cui è registrato il bene, mate-
riale o immateriale, soggetto a iscrizione in un pubblico registro infine, per i
crediti, il luogo in cui il debitore ha il “centro degli interessi principali”. Di que-
sti tre luoghi, i primi due corrispondono alle soluzioni generalmente accolte in

zione, O. SALVAT, Etude de publicité foncière comparé, 1998, pp. 1125 ss. perviene alla conclu-
sione che Oltremanica prevale il valore sociale della sicurezza giuridica dei trasferimenti, mentre
in Francia si dà un rilievo decisivo al valore sociale antagonista: quello della lealtà nei rapporti
contrattuali. La Cassazione francese ha così inteso conservare il ruolo moralizzatore della giuri-
sprudenza, che deve poter correggere gli effetti, negativi per la giustizia, che possono derivare
dall’applicazione meccanica della legge. Non bisogna però credere che l’ordinamento inglese
applichi in modo appunto “meccanico” le regole sulla pubblicità fondiaria. Infatti l’art. 114 del
Land Registration Act del 1925 precisa che il primo acquirente che ha trascritto dopo dell’altro
può paralizzare la seconda vendita se dimostra l’esistenza di una frode (ossia di una mala fede
particolarmente qualificata) ai suoi danni. In questi casi il giudice può costituire un constructive
trust a favore del primo acquirente: il secondo acquirente è considerato, in questi casi, non già il
nuovo proprietario dell’immobile per effetto delle regole della trascrizione, ma semplicemente un
trustee fittizio (constructive) obbligato a trasmettere la proprietà dell’immobile al primo acquiren-
te.
115
Il regolamento CE n. 1346/2000 ha recepito i risultati della conferenza intergovernativa
sul testo della Convenzione europea sulle procedure di insolvenza, stabilito nel 1995. Vedine il
testo in Riv. dir. int. priv. e proc. 1996, p. 661 ss. per un commento si veda, per tutti, I. F. FLE-
TCHER, The European Convention on Insolvency Proceedings, 1997, p. 25 e, dello stesso autore,
The European Union Convention on Insolvency Proceedings, 1998, p. 119. Per rilievi critici
sull’art. 13 v. sopra pp. 233 e 306.
CONCLUSIONI 343

tema di pubblicità degli atti traslativi di diritti reali116 , mentre il terzo, nel modo
in cui è formulato, è una creazione del regolamento.
A queste concretizzazioni del “luogo di situazione di un bene” vanno poi
aggiunte quelle di cui ai Considerando da 25 a 28 che si riflettono, oltre che nel
citato art. 2, negli artt. da 5 a 15 del regolamento sulle procedure d’insolvenza.
Tutte queste norme stabiliscono che la lex concursus non può avere l’effetto di
modificare “diritti quesiti” dei terzi sui beni che potrebbero far parte della mas-
sa. A tal fine, il regolamento contiene alcune disposizioni materiali oppure sal-
vaguarda l’applicazione della legge competente per il “diritto quesito”.
In primo luogo si deve fare riferimento al luogo fisico di situazione del bene
materiale per determinare lo “statuto del bene”: ossia i beni e i diritti reali ap-
partenenti al debitore così come i diritti reali di terzi sui beni del debitore resta-
no soggetti alla propria legge regolatrice (si vedano l’art. 2 lett. g) e l’art. 5).
Del pari la riserva di proprietà che il venditore si è garantito su di un bene situa-
to in uno Stato membro rimane soggetta alla propria legge regolatrice anche se
l’acquirente è successivamente sottoposto a procedura d’insolvenza in un altro
Stato membro (art. 7); il diritto dell’acquirente adempiente di ottenere la pro-
prietà del bene del quale il venditore si era riservato la proprietà non è pregiudi-
cato (art. 7, par. 2)117 ; la lex rei sitae determina altresì gli effetti della procedura
d’insolvenza su contratti (obbligatori e non traslativi) che riguardano beni im-
mobili, come la vendita (nei paesi in cui gli effetti sono solo obbligatori) la lo-
cazione, il leasing ecc. (art. 8 e art. 14). Il contenuto di questi diritti è regolato
dalla lex rei sitae purché questa legge individui il territorio di uno Stato membro
e purché il bene non sia soggetto a iscrizione nel pubblico registro tenuto da un
altro Stato membro, nel qual caso prevale la legge dello Stato sotto la cui autori-
tà è tenuto il registro.
In secondo luogo lo Stato sotto la cui autorità si tiene un pubblico registro è
esclusivamente competente per tutte le questioni relative ai beni che vi sono
iscritti, ivi comprese le questioni relative alla proprietà, ai diritti di garanzia, alla
validità dei contratti che hanno ad oggetto tali beni, ecc. La legge di tale Stato
disciplina ad esempio la soluzione dei conflitti determinati dalla doppia aliena-
zione di un bene iscritto; di quelli tra creditori che hanno una garanzia in rem

116
In Italia, oltre l’art. 55 legge 218/95 vengono in rilievo l’art. 6 disp. prel. cod. nav. il qua-
le stabilisce che “la proprietà, gli altri diritti reali e i diritti di garanzia sulle navi e sugli aeromobi-
li, nonché le forme di pubblicità degli atti di costituzione, trasmissione ed estinzione di tali diritti
sono regolati dalla legge nazionale della nave o dell’aeromobile”; e l’art. 6 D. L. 15 marzo 1927
n. 436 conv. in legge 19 febbraio 1928 n. 510 che subordina alla registrazione nel Pubblico regi-
stro automobilistico (P.R.A.) l’efficacia di fronte a terzi dei trasferimenti di proprietà e dei vincoli
di privilegio sugli autoveicoli. Per una panoramica della disciplina di diritto internazionale privato
sulla pubblicità degli atti si può ancora leggere E. VITTA, Diritto internazionale privato, II, 1973,
p. 163, v. anche sopra, nt. 113 e 114.
117
In tema di legge applicabile alla riserva di proprietà si veda la comunicazione di Y. LOUS-
SOUARN, Les conflits des lois en matière de resérve de proprieté, 1986, pp. 91 ss.
344 CAPITOLO SESTO

soggetta a trascrizione; le conseguenze della disposizione a titolo oneroso di un


bene avvenuta dopo l’apertura di una procedura d’insolvenza in un altro Stato;
nonché gli effetti dell’apertura della procedura d’insolvenza (art. 2 lett. g), art.
11, art. 14)118.
In presenza di un diritto o di un’obbligazione derivante dalla partecipazione
a un sistema di pagamento o di regolamento o a un mercato finanziario si deve
fare riferimento allo Stato membro che disciplina e controlla tale sistema di
pagamento o di regolamento o mercato finanziario, ad esempio attraverso pro-
prie autorità garanti. Tale Stato è ritenuto esclusivamente competente per i dirit-
ti e le obbligazioni dei partecipanti (purché non siano qualificabili diritti reali).
La legge di tale Stato determina, in particolare, gli effetti dell’apertura della
procedura d’insolvenza sui diritti e le obbligazioni in questione ex art. 9119.
A tutti questi collegamenti territoriali si affiancano collegamenti che non in-
dividuano un territorio ma un rapporto obbligatorio presupposto dalla fattispecie
e allargano la portata della legge da cui tale rapporto é disciplinato: così la leg-
ge applicabile ai diritti di credito che il debitore vanta nei confronti di un pro-
prio creditore determina se quest’ultimo può opporre la compensazione alla
massa (art. 6). In questo caso la compensazione diventa una sorta di garanzia
regolata dalla legge sulla quale il creditore può contare nel momento in cui na-
sce la sua pretesa120; inoltre la legge applicabile al contratto determina: la pos-
sibilità per i creditori di renderlo non opponibile alla massa (art. 13); in caso di
contratto di lavoro, gli effetti della procedura d’insolvenza su tale contratto, per
tutelare le aspettative del lavoratore (art. 10); la lex fori del giudice innanzi al
quale pende un giudizio avente ad oggetto un bene oppure un diritto reale sopra
un bene di cui il debitore è stato successivamente spossessato per effetto
dell’apertura di un procedimento d’insolvenza in un altro Stato membro deter-
mina gli effetti della procedura d’insolvenza sul procedimento in corso innanzi
a lui (art. 15).

17. Segue. L’actio pauliana nel regolamento. Critica della soluzione accolta

Il regolamento sulle procedure di insolvenza esclude l’applicazione della lex

118
Si veda la Relazione Virgos/Schmit, par. 131.
119
Per mercato finanziario la relazione Virgos-Schmit, par. 120 intende: “a market in a […]
State where financial instruments, other financial asset or commodity futures and options are
traded. It is characterized by regular trading and conditions of operation and acces and it is subject
to the law of the relevant […] State, including appropriate supervision, if any, by the regulatory
authorities of the […] State”. Cfr. D. MARKS, Regulating Financial Services and Markets, 2002,
pp.131 ss.
120
Si veda la Relazione Virgos/Schmit, par. 109 “Set-off becomes, in substance, a sort of
guarantee governed by a law on which the creditor concerned can rely at the moment of contract-
ing or incurring the claim”.
CONCLUSIONI 345

rei sitae all’actio pauliana. Bisogna però osservare che questa soluzione mal si
concilia con l’equiparazione, prevista dall’art. 5 del regolamento, tra i diritti
reali – per i quali la lex rei sitae conserva un proprio spazio applicativo in dero-
ga alla lex concursus – e “il diritto, iscritto in un pubblico registro e opponibile
a terzi, che consente di ottenere un diritto reale ai sensi del paragrafo 1” (art. 5-
3)121 .
Dal momento che la trascrizione nei registri immobiliari e mobiliari italiani
delle azioni revocatorie, ordinaria e fallimentare, di diritto italiano attribuisce al
creditore, in caso di successo dell’azione, “il diritto di liquidare o far liquidare il
bene e di essere soddisfatto sul ricavato o sui frutti del bene stesso” (art. 5-2, n.
1), si può a questo proposito prospettare un dubbio interpretativo circa il coor-
dinamento tra quest’ultima norma e l’art. 13 dello stesso regolamento. Il credi-
tore che trascrive nel registro immobiliare italiano l’atto di citazione relativo a
un’azione revocatoria ordinaria potrebbe invocare l’applicazione della lex rei
sitae per la via offerta dal par. 3 dell’art. 5 del regolamento. Lo stesso dubbio
può prospettarsi in quegli ordinamenti come la Germania e l’Austria nei quali
l’esercizio vittorioso dell’actio pauliana genera il diritto previsto dall’art. 5-2,
n. 2 del regolamento, ossia il diritto del creditore di “esigere il bene, chiederne
la restituzione al debitore o a chiunque lo detenga e/o lo abbia in godimento
contro la volontà dell’avente diritto”.
Per queste ragioni, nonostante la prevalenza dello statuto contrattuale sullo
statuto del bene nella disciplina dell’actio pauliana nell’ambito del regolamento
vale la pena di riflettere sulla possibilità di utilizzare le concretizzazioni del
principio territoriale operate dal regolamento alla stregua di criteri di collega-
mento unilaterali, che rinviano alla legge del luogo di situazione del bene, per la
disciplina dell’azione revocatoria ordinaria.
È evidente che si tratta di un’interpretazione che forza il dato testuale in
quanto lo “statuto dei beni” contesi tra il fallimento e terzi, pur essendo funzio-
nale al rispetto delle aspettative legittime di questi ultimi, non esercita alcuna
vis attractiva nei confronti dell’actio pauliana per tutelare gli acquirenti di essi.
Infatti, il regolamento dispone esplicitamente che le leggi che traducono il con-
cetto di lex rei sitae “non ostano” alle azioni revocatorie funzionali al recupero
dei beni alla massa, quando esse si dirigono contro atti anteriori all’apertura del-
la procedura d’insolvenza122; in altre parole il regolamento dispone che la lex rei
sitae non è consultata per la disciplina delle azioni revocatorie. In questi casi il
“principio di territorialità” è cedevole rispetto al “principio di universalità”

121
La Relazione Virgos/Schmit al par. 69, p. 280, con riferimento ai registri consolari e ai
registri internazionali centralizzati precisa, un po’ lapalissianamente, che, per individuare il luogo
in cui è registrato il bene soggetto a iscrizione ai sensi dell’art. 2, lett. g) del regolamento si deve
far riferimento allo Stato sotto l’autorità del quale il registro è tenuto e non a quello in cui il regi-
stro si trova materialmente.
122
Si vedano gli artt. 5-4, 6-2, 7-3, 9-2 e l’art. 14 del regolamento CE 1346/2000.
346 CAPITOLO SESTO

mentre le uniche garanzie per la tutela delle “aspettative legittime” dei terzi so-
no date dall’art. 13 dello stesso regolamento e dal veto riconosciuto alla lex con-
tractus.
Questa soluzione comporta però conseguenze che rasentano il paradosso:
mentre nei contratti a effetti obbligatori perfezionati prima dell’apertura della
procedura d’insolvenza come la locazione, il leasing e la vendita con riserva di
proprietà si concede uno spazio applicativo alla “legge del bene” (lex rei sitae o
legge in base alla quale il bene è stato iscritto in un pubblico registro) così non è
per i contratti a effetti reali, anch’essi perfezionati prima dell’apertura. Quando
il contratto è traslativo della proprietà il creditore del venditore potrà usare la
lex concursus per agire in revocatoria e le parti potranno opporgli la lex con-
tractus come veto mentre alla “legge del bene” non sarà riservata alcuna valuta-
zione.

18. La soluzione unilaterale ricavabile per analogia dalla disciplina interna-


zionalprivatistica del pignoramento

Pur non appartenendo all’ambito delle norme che organizzano l’esecuzione


forzata, le rilevate analogie tra l’actio pauliana e il pignoramento, inducono a
verificare se sia possibile de iure condito affermare un’analogo regime di diritto
internazionale privato per i due istituti.
In materia di pignoramento, la dottrina ritiene che la legge territorialmente
qualificata per l’apprensione giuridica del bene da pignorare sia quella rilevante
indipendentemente dalla natura, materiale o immateriale, dello stesso.
Si può fare l’esempio del pignoramento di conti correnti bancari, osservan-
do che il problema della giurisdizione competente e della legge applicabile pre-
senta le già rilevate affinità con l’azione revocatoria che ha ad oggetto rimesse
in conto corrente, dal momento che, in entrambi i casi, il creditore vuole ottene-
re una pronuncia del giudice che riserva il contenuto del conto (o di una sua par-
te) alla soddisfazione delle proprie pretese123. Quale rilevanza bisogna ricono-
scere, nei due casi, al giudice del luogo in cui è tenuto il conto e alla legge ap-
plicabile al contratto di conto corrente? È stata recentemente rilevata una ten-
denza degli ordinamenti a procedere al pignoramento dei crediti anche in pre-
senza di elementi di estraneità senza prendere in considerazione i problemi che
potrebbero derivare dal mancato riconoscimento all’estero degli effetti del pi-
gnoramento124.
Una rassegna delle decisioni in tema di pignoramento di conti correnti ban-
cari rivela due circostanze: a) l’impero della lex fori su ogni valutazione circa le
condizioni per il pignoramento, indipendentemente dagli elementi di estraneità

123
Sopra pp. 67 ss.
124
Si veda G.-S. HÖK, Saisie de compte et créance transfrontalière, 2006, pp. 301 ss.
CONCLUSIONI 347

della fattispecie; b) la determinazione unilaterale dei criteri di competenza giu-


risdizionale senza riguardo al destino della decisione pronunciata.
Questa impostazione, comune a molti paesi, si fonda sulla “nazionalità” di
qualsiasi procedimento qualificabile come “esecutivo”125 . In quanto manifesta-
zione della sovranità dello Stato, l’esecuzione forzata esime dall’interrogarsi sul
coordinamento tra ordinamenti dal momento che il giudice di uno Stato non può
ordinare misure che debbano essere eseguite nel territorio di un altro Stato.
Ciononostante non è sempre agevole distinguere le misure di esecuzione
forzata dalle misure propedeutiche all’esecuzione forzata, come il sequestro
conservativo126 , e, in questi casi, se può essere messa in dubbio la competenza
giurisdizionale del giudice richiesto di un provvedimento conservativo ad effi-
cacia extraterritoriale non è dubbia l’applicazione della lex fori al provvedimen-
to richiesto127.

125
Si rinvia all’analisi di HÖK, ivi, p. 326.
126
In Francia H. GAUDEMET-TALLON, Compétence et exécution des jugements, 2002, pp. 252
ss. e 296 ss., in Belgio, H. BORN, M. FALLON, J.-L. BOXSTAEL, Droit judiciaire international,
2001, par. 231, distinguono le misure di esecuzione forzata dalla “loro esecuzione”, mentre sareb-
be più corretto distinguere le misure conservative dalle misure di esecuzione forzata come rileva
sempre HÖK, cit., p. 307. Così una decisione del Tribunal de grande Instance de Nîmes, del 9
giugno 1998, Bechert ès qual. c. Sté Proinbasa, con nota di G. CUNIBERTI, 1999, p. 302, in un
caso che ricadeva al di fuori del campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 1968,
ha negato la giurisdizione francese per la saisie conservatoire (sequestro conservativo) su beni
immobili situati in Francia. La sentenza ha applicato rigidamente la legge francese che stabilisce
la competenza del giudice del luogo in cui è domiciliato il convenuto (nel caso in esame domici-
liato in Spagna) così implicitamente riconoscendo autorità alla eventuale decisione spagnola di
sequestro conservativo da eseguirsi in Francia. Critica la decisione G. Cuniberti, rammentando
talune decisioni francesi, inedite, che hanno pronunciato saisies conservatoires su beni situati
all’estero. L’autore riferisce che il Tribunal de grande instance de Strasbourg, dapprima, (in una
decisione del 18 ottobre 1978), ha deciso una misura poi eseguita dalle autorità tedesche del luogo
di situazione del bene sottoposto a sequestro, previo exequatur; quindi, (il 7 gennaio 1991), ha
disposto un sequestro conservativo di titoli inglesi la cui esecuzione ha formato oggetto di oppo-
sizione in Gran Bretagna (High Court, Steelcase CA c. Simpson, aprile 1991); in precedenza due
decisioni (una del Tribunal de grande instance di Parigi e l’altra del Tribunal de grande instance
di Montbrison, rispettivamente nel 1977 e nel 1979) avevano dato luogo a due sentenze della
Corte di giustizia CE [6 marzo 1980, de Cavel, e 21 maggio 1980, Denilauler] per aver pronun-
ciato misure conservative su conti bancari aperti a Francoforte. Sulle misure conservative su beni
situati all’estero si rinvia alla tesi di dottorato dello stesso G. CUNIBERTI, Les mesures conserva-
toires portant sur des biens situés à l’étranger, 2000, pp. 313 ss. Si veda anche P. MAYER, V.
HEUZÉ, Droit international privé, 2007, p. 258, e, nella dottrina italiana L. MARI, Il diritto proces-
suale civile, 1999, pp. 732 ss.
127
Si vedano Cass. 1 agosto 2007 n. 16991, in tema di riconoscimento di un provvedimento
di « final sequestration », emesso ai sensi dell’art. 12 dell’Insolvency Act della repubblica del
Sudafrica in un caso in cui i beni oggetto del provvedimento erano situati in Italia e le argomenta-
zioni pragmatiche del Tribunal de grande instance d’Avesnes sur Helpe, 7 maggio 1981, Mme
Delaude, e la nota di M. DÉFOSSEZ, 1982, pp. 368 ss., in un caso in cui era stata richiesto al giudi-
ce francese l’exequatur di una decisione belga di fallimento e di un’ordinanza che autorizzava la
348 CAPITOLO SESTO

Pertanto, una volta determinata la competenza dell’autorità di un ordina-


mento, l’intero procedimento è regolato dalla lex fori, mentre la legge straniera
eventualmente competente per il credito da pignorare non è in linea generale
consultata, salvo il caso di eccezioni sollevate nel giudizio di opposizione
all’esecuzione del pignoramento e relative all’esistenza, al pagamento o alla
prescrizione del credito pignorando. Si deve riconoscere che lo Stato, così come
organizza il processo, predispone dei rimedi processuali a talune situazioni so-
stanziali e li tipizza senza tollerare una loro manipolazione e integrazione attra-
verso il ricorso a norme straniere. Questa soluzione è già riconosciuta dalla giu-
risprudenza italiana per l’azione revocatoria fallimentare128.
La rilevata tendenza degli ordinamenti a pronunciare provvedimenti esecu-
tivi a efficacia extraterritoriale conferma il disinteresse degli ordinamenti nazio-
nali al destino delle proprie statuizioni fuori dai confini nazionali, anche quando
il luogo necessario di esecuzione della decisione è all’estero.
Come abbiamo visto sopra, la giurisprudenza tedesca ha usato l’argomento
della fraude à la loi per disapplicare la lex contractus e per applicare il diritto
tedesco nei casi in cui il bene ricercato dal creditore con l’actio pauliana si tro-
vava in Germania, dunque nella materiale disponibilità dell’autorità giudiziaria
tedesca. L’argomento della lex contractus e l’escamotage della frode alla legge
sono serviti a distogliere l’attenzione dal principio di effettività che invero a-
vrebbe potuto essere più semplicemente riesumato dal giudice tedesco per fon-
dare la propria decisione. Il principio vale però unicamente a spiegare la compe-
tenza giurisdizionale e legislativa che il giudice “più effettivo” riconosce al pro-
prio ordinamento.
Infatti, come abbiamo già rilevato, nell’elaborazione di norme di diritto in-
ternazionale privato il destino della decisione emessa in uno Stato in virtù
dell’applicazione del proprio diritto internazionale privato non viene preso in
considerazione129.

vendita di un immobile. Il giudice adito si trova ad operare una « trasformazione » della decisione
belga, in quanto essa non sarebbe stata eseguibile in Francia per motivi tecnici, con l’obiettivo di
« conserver leurs pleins effets » alla decisione straniera e « rester le plus proche des dispositions
applicables en la matière en droit interne belge ».
128
Si veda sopra p. 313, nt. 48.
129
Si noti però che la tendenza a prendere in considerazione il punto di vista dell’ordina-
mento straniero nel quale una decisione concreta (ovvero un rapporto giuridico) è suscettibile di
produrre effetti è sempre stata presente nella prassi soprattutto laddove vi è un luogo necessario di
esecuzione. Recentemente, ad esempio, l’efficacia delle decisioni francesi di apertura del falli-
mento per l’apprensione di cespiti dell’attivo fallimentare situati all’estero è stata ritenuta rilevan-
te da Cassation 19 novembre 2002, SA Banque Worms v. Époux Brachot, con nota di H. MUIR
WATT, 2003, p. 631, Cassation 21 marzo 2006, Soc. Khalifa Airways et autre c. SCP Bécheret-
Thiérry, ès qualités, con nota di G. KHAIRALLAH, 2007, p. 105; Cour d’Appel de Versailles 30
marzo 2008, BNP Parispas Suisse c. M. Chavane de Dalmassy és qualitès, con nota di L.
D’AVOUT, 2008, p. 649, che osserva: “un tel principe d’indifférence au droit international privé
CONCLUSIONI 349

Tali conclusioni inducono a formulare l’ipotesi di sottoporre l’azione revo-


catoria ordinaria alla lex fori, indipendentemente dalla presenza nel foro del be-
ne oggetto dell’atto revocando, avuto riguardo unicamente alla sussistenza del
potere giurisdizionale in capo al giudice italiano.

19. Un esempio di coordinamento (Italia/Germania)

Si può fare l’esempio di un creditore che chiede la revoca di un atto di di-


sposizione con il quale il proprio debitore, domiciliato a Rimini, ha venduto un
appartamento, nel centro di Berlino, a un cittadino tedesco, domiciliato nella
capitale tedesca. L’atto è regolato dalla legge tedesca – ma il trasferimento della
proprietà non si è ancora perfezionato tramite la procedura prescritta, la Auflas-
sung – mentre il credito è soggetto alla legge italiana.
In virtù degli articoli 2 (criterio generale del domicilio del convenuto) e 6-1
(criterio di competenza per connessione) del regolamento Bruxelles I il credito-
re può scegliere indifferentemente se rivolgersi al giudice tedesco oppure al
giudice italiano. Solo l’ordinamento tedesco però, grazie alla codificazione en-
trata in vigore nel 1999 (AnfG), rende prevedibile la soluzione del conflitto di
leggi, avendo il legislatore previsto una norma di conflitto bilaterale per la desi-
gnazione della legge applicabile al rimedio revocatorio tedesco.
Perciò, se si rivolge al giudice tedesco, il creditore sa che l’intera fattispecie
sarà valutata alla stregua della legge tedesca sull’azione revocatoria ordinaria
(AnfG), in quanto competente per l’atto revocando. Per ottenere l’applicazione
della legge italiana egli dovrebbe dimostrare che la legge tedesca competente
per l’atto è un elemento della frode a suo danno, ossia è il frutto di una scelta
delle parti volta a proteggere l’atto di disposizione da loro stipulato. Nell’ipotesi
fatta, tuttavia, i collegamenti con l’ordinamento tedesco sono tali e tanti che non
giustificherebbero il sorgere del sospetto di “frode alla legge” nella mente di un
giudice tedesco.
Bisogna dire che l’applicazione della legge tedesca potrebbe avere la conse-
guenza di frustrare le aspettative generate dalla disciplina italiana della garanzia
patrimoniale del credito nella mente del creditore. L’azione tedesca ha carattere
satisfattivo e non conservativo, pertanto al creditore non sarebbe consentito agi-

étranger – au vrai, un repli sur soi de l’ordre juridique du juge saisi –, s’il est peut-être logique
dans une perspective bilatérale classique, néanmoins ne se justifie pas en opportunité au regard de
l’objectif scientifique commun d’ouverture et de coordination mutuelle des ordres juridiques”.
L’autore nota che queste soluzioni si fondano sul c.d. “metodo del riferimento all’ordinamento
competente”, teorizzato da P. Picone [sopra p. 296, nt. 3, oltre, p. 354, nt. 132], ma sempre “senti-
to” dalla giurisprudenza di diritto internazionale privato: l’autore ricorda ad es. la giurisprudenza
del Tribunale dell’Impero tedesco, (28 marzo 1903, in Clunet, 1905, p. 1054) e rinvia alle pro-
nunce già esaminate nella monografia Sur les solutions du conflit de lois en droit de biens, 2006.
350 CAPITOLO SESTO

re “prima che sia troppo tardi” ma solo quando ha già dovuto ottenere un titolo
esecutivo contro il suo debitore oppure ha dimostrato che il debitore è stato pro-
testato o vi sono altri indizi simili del suo stato di insolvenza e della sua presu-
mibile volontà di non adempiere all’obbligazione. Nella domanda il creditore
dovrebbe chiedere al giudice tedesco di condannare il terzo, avente causa dal
debitore, a pagare la somma dovuta da quest’ultimo ovvero a subire l’ese-
cuzione forzata sul bene acquisito in fraudem.
Per queste ragioni, è senz’altro più vantaggioso per il creditore agire in Ita-
lia, ove, in caso di applicazione della legge italiana all’azione revocatoria ordi-
naria, gli sarebbe consentito di agire prima ancora dello scadere del termine per
l’adempimento.
Bisogna perciò chiedersi come si comporterebbe il giudice italiano, egual-
mente competente a pronunciarsi sulla domanda, di fronte a questa fattispecie
con elementi di estraneità.
In base alle nostre premesse, il giudice italiano, accertata la propria compe-
tenza, consulterà la legge italiana, lex obligationis, per valutare se le condizioni
stabilite dagli artt. 2901 e ss. c.c. e relative al diritto di credito siano rispettate;
consulterà inoltre la legge tedesca, lex contractus, per stabilire se le condizioni
che le stesse disposizioni italiane (artt. 2901 e ss. c.c.) sono rispettate. Per la
precisione, consulterà la lex obligationis per verificare che il diritto di credito
sia certo, mentre è irrilevante che sia liquido ed esigibile, e anche per stabilire la
data in cui è sorto (da confrontare con la data dell’atto, per stabilirne l’an-
teriorità ovvero la posteriorità); consulterà la lex contractus per verificare che
l’atto revocando sia valido, per stabilire la data di stipulazione e per capire se si
tratta di un atto a titolo oneroso ovvero a titolo gratuito.
L’intera disciplina dell’azione è infatti affidata alle disposizioni italiane e
consente al giudice, previo riscontro delle condizioni previste dal c.c. italiano di
dichiarare l’inefficacia dell’atto di disposizione soggetto al diritto tedesco con il
quale il debitore ha trasmesso a un terzo la proprietà del bene ricercato dal cre-
ditore e, di conseguenza, consentire a quest’ultimo l’esecuzione forzata su detto
bene.
A questo punto bisogna porsi il problema del significato di una siffatta sen-
tenza italiana per l’ordinamento tedesco. Infatti, nel caso ipotizzato l’ina-
dempimento del debitore e la necessità di procedere ad esecuzione forzata por-
teranno il creditore italiano in Germania, dove dovrà dare inizio, nelle forme
previste da quell’ordinamento, al procedimento esecutivo sull’appartamento di
Berlino, oggetto dell’atto di disposizione fraudolento.
La sentenza italiana, pur beneficiando del riconoscimento automatico garan-
tito dalle disposizioni del regolamento Bruxelles I, avrà conseguenze diverse
per l’ordinamento tedesco a seconda delle circostanze concrete. In particolare,
bisogna distinguere i casi in cui l’inadempimento del debitore è attuale rispetto
a quelli in cui esso è solamente paventato dal creditore.
L’ipotesi più semplice che si può immaginare è quella in cui la sentenza di
CONCLUSIONI 351

revoca italiana abbia un contenuto equivalente a quello che avrebbe avuto la


decisione tedesca corrispondente all’esercizio della Gläubigeranfechtung: il
creditore vanta un diritto già liquido ed esigibile e l’atto di disposizione revoca-
to non è stato ancora trascritto nell’ordinamento tedesco. In questo caso, dal
momento che l’atto ha prodotto in Germania soltanto effetti obbligatori e il pas-
saggio di proprietà, conseguente all’Auflassung, ancora non è avvenuto, il credi-
tore italiano, munito di titolo esecutivo, può iniziare direttamente il procedimen-
to esecutivo per soddisfarsi sull’appartamento berlinese. Il riconoscimento au-
tomatico della sentenza di revoca per effetto delle disposizioni del regolamento
Bruxelles I impedirà qualsiasi eccezione fondata sull’esistenza di un atto di di-
sposizione che riguarda l’immobile.
Più interessante è il caso in cui il creditore ha chiesto (e ottenuto) in Italia la
sentenza di revoca (sempre contro un atto di disposizione non ancora trascritto)
quando il suo credito non era ancora liquido o esigibile: egli non sarebbe stato per-
tanto legittimato ad esperire la Gläubigeranfechtung in Germania nelle stesse circo-
stanze. Quando il giudice italiano dichiara inefficace l’atto di disposizione (obbliga-
torio) soggetto al diritto tedesco, anche in pendenza del termine per l’adempimento
o in attesa del verificarsi della condizione sospensiva o risolutiva del diritto di cre-
dito, si pone il problema di sapere se questa sentenza, riconosciuta automaticamente
in Germania, avrà l’effetto di impedire il perfezionamento dell’Auflassung e la con-
seguente trascrizione nei pubblici registri immobiliari tedeschi, paralizzando il pas-
saggio di proprietà in capo al terzo fintantoché il creditore non abbia avuto il soddi-
sfacimento del proprio credito. In effetti, poiché in Germania il successo dell’azione
revocatoria ordinaria coincide con l’inizio (e sancisce la possibilità) dell’esecuzione
contro il terzo avente causa dal debitore, bisogna chiedersi come può essere tradot-
to, in quell’ordinamento, l’effetto conservativo che consegue alla sentenza italiana
emessa per ipotesi in anticipo rispetto alla data in cui il creditore è legittimato a dare
inizio all’esecuzione forzata.
Si vuole dire che l’autorità tedesca, alla quale il creditore abbia presentato la
sentenza italiana riconosciuta per effetto delle disposizioni del regolamento
Bruxelles I, dovrebbe provvisoriamente negare l’Auflassung dell’atto revocato,
nell’attesa di uno di questi due eventi: il pignoramento dell’immobile, che si
potrà verificare quando il credito, divenuto liquido ed esigibile per effetto del
verificarsi del termine o della condizione (che tuttavia non hanno impedito
l’esercizio dell’azione revocatoria), ha dato luogo a un titolo esecutivo a favore
del creditore; ovvero l’adempimento del credito che rende caduca la sentenza
italiana di revoca, rimuovendo l’ostacolo al perfezionamento dell’Auflassung e,
dunque, al passaggio di proprietà a vantaggio del terzo.
Invero, alla luce dei principi che si vanno affermando in ambito comunita-
rio, si può affermare con sicurezza che il notaio tedesco, incaricato dalle parti di
redigere l’Auflassung relativamente a un atto di disposizione di un bene immo-
bile, deve tenere conto, in casi come questo, della sentenza italiana di revoca e
non dare luogo al perfezionamento dell’atto che gli è richiesto.
352 CAPITOLO SESTO

Se, invece, la sentenza italiana si dirige contro un atto notarile come


l’Auflassung, il suo riconoscimento automatico in Germania non potrà avere
l’effetto di travolgerlo e di consentire l’esecuzione forzata contro il terzo pro-
prietario dell’immobile fraudolentemente trasferito. La giurisprudenza tedesca è
concorde nel ritenere che il trasferimento della proprietà immobiliare può avere
luogo solo con l’Auflassung, che può essere perfezionata unicamente da un no-
taio tedesco130.
L’ordinamento tedesco riconosce peraltro al creditore, in questo caso, la le-
gittimazione a esperire un’azione di arricchimento senza causa contro il terzo.
La ragione di ciò è da ravvisare nel fatto che l’ordinamento tedesco preferisce
tutelare l’affidamento generato dall’atto pubblico di Auflassung e dall’an-
notazione nei pubblici registri. Si tenga presente che neppure il giudice tedesco,
attraverso la Gläubigeranfechtung, può porre nel nulla l’atto di Auflassung. Se
la sentenza italiana dispone l’inefficacia, nei confronti del creditore, di un atto
di disposizione dopo l’Auflassung, il suo riconoscimento automatico non pro-
durrà l’effetto di consentirgli “nei confronti dei terzi acquirenti le azioni esecu-
tive o conservative sui beni che formano oggetto dell’atto impugnato” (art. 2902
c.c.) perché l’ordinamento tedesco non conosce alcun istituto che consenta
l’attribuzione giurisdizionale di “inefficacia” a un atto pubblico valido, come
l’Auflassung. In casi come questo la sentenza tedesca contiene una condanna
del terzo a fare o a subire qualcosa: a pagare la somma dovuta dal suo avente
causa oppure a subire l’espropriazione. Di fronte a una sentenza italiana, che
contiene la “dichiarazione di inopponibilità al creditore dell’atto di disposizione
stipulato dal debitore e dal terzo”, e in assenza di una sua “traduzione” come
quella che si avrebbe attraverso un procedimento di riconoscimento in Germa-
nia, come potrebbe interpretare questo comando un ufficiale giudiziario incari-
cato di dargli esecuzione a Berlino?
Se il giudice italiano avesse applicato la legge tedesca il problema emerso
sarebbe stato evitato? Il caso che precede dimostra che il collegamento del-
l’azione revocatoria ordinaria con la legge applicabile all’atto di disposizione,
ove adottato anche dall’Italia, garantirebbe una uniformità di regolamentazione
tra l’ordinamento tedesco e quello italiano, ma solo a patto di consentire al giu-
dice italiano di pronunciare un dispositivo diverso da quello stabilito dalle no-
stre norme sull’azione revocatoria ordinaria, e di pronunciare, in luogo del-
l’inopponibilità dell’atto al creditore, la condanna del terzo a pagare o a subire
l’esecuzione forzata sul bene. In questi casi, poiché non avrebbe senso applicare
la legge straniera “solo agli aspetti sostanziali” essa dovrebbe invece essere ap-
plicata e rispettata nelle sue statuizioni fino alla determinazione del contenuto
del provvedimento del giudice italiano. Ci pare di poter trarre da questa osser-
vazione un ulteriore argomento contro l’applicazione della lex contractus stra-

130
Si veda la giurisprudenza cit. da G.-S. HÖK, Saisie de compte et créance transfrontalière,
2006, pp. 301 ss.
CONCLUSIONI 353

niera a un’azione revocatoria ordinaria esercitata in Italia e un’ulteriore argo-


mento a favore dell’applicazione dell’art. 12 della legge 218/95 in analogia con
la disciplina dell’azione revocatoria fallimentare.
Avendo già illustrato l’inadeguatezza della lex contractus come possibile solu-
zione italiana (e invero come soluzione nazionale al problema dell’actio pauliana
con elementi di estraneità), in luogo di trarre dall’esempio svolto un argomento a
favore della sua applicazione, bisogna qui tenere conto della circostanza che,
nell’esempio proposto, la lex contractus coincide con la lex rei sitae e la lex loci
executionis. Invero la connessione tra la sentenza di revoca e le forme
dell’esecuzione forzata è talmente stretta in ogni ordinamento che non si può com-
prendere il significato della prima senza vederne le conseguenze nella seconda. La
disciplina dell’azione revocatoria ordinaria deve essere completata con le disposi-
zioni degli artt. 602-604 c.p.c. che stabiliscono le forme dell’esecuzione forzata
contro il terzo proprietario per casi come quello della revoca per frode.
Una norma di diritto internazionale privato che intendesse attuare un corretto
coordinamento tra gli ordinamenti coinvolti dall’azione revocatoria ordinaria do-
vrebbe tener conto della circostanza che il creditore cerca, sia pure indirettamente,
di soddisfarsi su di uno specifico bene, e prevedere la possibilità per il giudice ita-
liano di valutare il punto di vista dell’ordinamento competente per l’esecuzione for-
zata sul bene ricercato dal creditore attraverso l’azione revocatoria ordinaria.
In questo caso, il giudice italiano richiesto della declaratoria d’inefficacia di
un atto di disposizione del patrimonio sottoposto al diritto straniero, pronunce-
rebbe il provvedimento previsto dall’ordinamento italiano, alle condizioni pre-
scritte dalla lex fori, senza che gli sia possibile tener presente il valore che alla
propria pronuncia sarà dato dall’ordinamento competente per l’esecuzione for-
zata. Per tornare all’esempio proposto, il giudice italiano potrà garantire al cre-
ditore italiano (rectius il cui diritto è soggetto alla legge italiana) la stessa prote-
zione che riceverebbe se l’atto revocando fosse soggetto al diritto italiano, fino
all’ostacolo insuperabile rappresentato dall’Auflassung dell’atto, che preclude
al creditore di soddisfarsi sul bene. Infatti una decisione italiana nell’ambito
della quale il giudice “accerta e dichiara che l’atto tedesco di Auflassung non è
efficace nei confronti del creditore attore in giudizio in Italia” non sarebbe ese-
guibile in Germania o in Austria, se è vero che, in tali ordinamenti una domanda
con identico contenuto sarebbe dichiarata inammissibile.
L’avvenuta trascrizione, rappresentando una preclusione per il soddisfacimento
sul bene ricercato dal creditore, renderebbe inutile la pronuncia di revoca italiana: il
creditore dovrà mutare la propria domanda ed esercitare il diverso rimedio predi-
sposto dall’ordinamento tedesco a questo scopo, l’azione di arricchimento contro il
terzo acquirente, complice della frode a suo danno: un rimedio che gli consente co-
munque di ampliare il patrimonio soggetto a esecuzione131 .

131
In un caso come quello prospettato, l’azione di arricchimento, ove esercitata in Italia, sa-
rebbe soggetta al diritto tedesco per espressa disposizione dell’art. 61 legge 218/95 e anche in
354 CAPITOLO SESTO

In definitiva, sottoponendo la regolamentazione dell’azione revocatoria or-


dinaria alla lex contractus, il legislatore italiano rinuncerebbe a priori a garanti-
re una protezione equivalente ai creditori soggetti al diritto italiano. Si avrebbe
una discriminazione a discapito dei creditori il cui debitore dissipa i propri beni
attraverso atti soggetti alla legge di ordinamenti che limitano l’uso del rimedio
revocatorio. La discriminazione sarebbe poi aggravata dalla possibilità ricono-
sciuta alle parti di scegliere la legge regolatrice dei propri atti e dall’inesistenza
dell’istituto della fraude à la loi nel nostro ordinamento.
Questa discriminazione si riduce sensibilmente se l’ordinamento italiano
mette a disposizione il proprio rimedio a chiunque sia nelle condizioni di agire
in Italia, ma sarebbe opportuno attribuire al giudice il potere di valutare
l’impatto che potrà avere la propria pronuncia nell’ordinamento competente per
l’esecuzione forzata. Per evitare l’insorgere di questi problemi è opportuno va-
lutare ex ante se la sentenza italiana potrà trovare attuazione, consentendo
un’esecuzione forzata altrimenti preclusa al creditore frodato. Questa valutazio-
ne consentirebbe anche di prevenire il rischio che la decisione sia inutiliter data,
con danno non solo per l’attore ma anche per l’ordinamento del foro132.
Anche se è auspicabile, in linea con le recenti tendenze del diritto interna-
zionale privato, che il giudice compia questa valutazione prognostica – in parti-
colar modo in un sistema di circolazione delle decisioni che prescinde da ogni
giudizio di riconoscimento, e in cui i problemi culturali suscettibili di porsi in
sede esecutiva dovrebbero poter essere risolti anche da personale amministrati-
vo – non esiste però alcuna norma nel nostro sistema che consenta al giudice di
formulare un giudizio prognostico sulla riconoscibilità della propria sentenza
nel luogo in cui essa dovrà avere la sua esecuzione.
In definitiva, il giudice investito di un’azione revocatoria ordinaria con ele-
menti di estraneità, una volta valutata la sussistenza del proprio potere giurisdi-
zionale, dovrà decidere la questione sulla base del diritto sostanziale italiano.
Il controllo sulla fattispecie con elementi di estraneità si sposta così dalla
sfera della competenza legislativa a quella della competenza giurisdizionale.
Fissati i criteri di appartenenza di una controversia giudiziaria all’ordinamento
italiano si determinano anche i rimedi giurisdizionali tipizzati disponibili. È
come se il giudice soccorresse le parti assieme al suo apparato di rimedi giuris-

base all’art. 10 del regolamento Roma II.


132
L’ordinamento italiano giungerebbe, accogliendo l’ipotesi espressa nel testo, a dare rile-
vanza al metodo del riferimento all’ordinamento competente, osservato e teorizzato da Paolo
PICONE, Ordinamento competente e diritto internazionale privato, 1986, e La méthode de la réfé-
rence à l'ordre juridique compétent en droit international privé, pp. 9, e, più di recente, Les mé-
thodes de coordination entre ordres juridiques en droit international privé, 1999, pp. 119 ss. con
riferimento a talune disposizioni presenti in altri ordinamenti giuridici e a partire da un’analisi del
diritto tedesco. Il metodo tuttavia non è diventato un principio generale del diritto internazionale
privato italiano.
CONCLUSIONI 355

dizionali133 . Questa soluzione discende dalla necessità di preservare la struttura


del rimedio italiano e insieme di scongiurare una regolamentazione irrazionale
quale sarebbe quella derivante dall’articolazione di norme che potrebbero fa-
cilmente essere ispirate ad obiettivi di politica legislativa diversi.
Nell’assenza di una norma di conflitto bilaterale che imponga di prendere in
considerazione la disciplina sostanziale di un paese straniero con il quale la fat-
tispecie si presenta collegata e tenuto conto della artificiosità di qualsiasi sepa-
razione degli aspetti processuali dagli aspetti sostanziali dell’azione revocatoria
ordinaria, si deve constatare che l’azione revocatoria ordinaria è uno di quegli
istituti per i quali sembra opportuno far coincidere forum e ius134 .
Così, il giudice italiano che si trovi a valutare un’azione revocatoria ordina-
ria con elementi di estraneità, dovrà fare riferimento alle leggi straniere even-
tualmente competenti per il diritto di credito e/o per l’atto revocando al fine di
stabilire se tali rapporti giuridici esistono e sono validi secondo i rispettivi ordi-
namenti, ma valuterà il potere (sicuramente sostanziale) del creditore di rendere
inopponibile l’atto in base alla legge italiana, senza curarsi di quanto stabilito in
proposito dalla lex contractus.

20. Il rinvio allo statuto prevalente per la disciplina delle altre ipotesi di poteri
di controllo gestorio del creditore previste dall’ordinamento italiano (nella ri-
nuncia all’eredità, nel diritto di affrancazione, nella compensazione, ecc.)

Non tutti gli argomenti che abbiamo portato per risolvere il problema della
legge regolatrice, anzi quasi nessuno di essi, si addice alle altre due figure che

133
È agevole il già evocato parallelismo con l’actio romana, o il remedy anglosassone: gli
strumenti processuali che il giudice può concedere a patto che si possa riempire la formula: tutti
rigidamente tipizzati e privi di una dimensione sostanziale separabile, ossia valutabile separata-
mente.
134
Cfr. J. J. FORNER DELAYGUA, La acción pauliana ante el TJCE, 1991, p. 631 che, in
commento alla sentenza Reichert I, osservava: “el tribunal, para identificar el criterio en el que
basa su competencia, tratará de averiguar cuál es la naturaleza del derecho ejercitado en otros
ordenamientos y, en particular, tenderà a acudir, para contrastar, al ordenamiento que señala su
regla sobre ley aplicable al fondo, involucrando las dos cuestiones forum e ius”. Per una rivaluta-
zione, su un piano generale, dell’opportunità di rispettare l’unità tra forum e ius, si veda P. PICO-
NE, Il rinvio all’ordinamento competente nel diritto internazionale privato, 1981, pp. 309 ss., La
méthode de la référence à l’ordre juridique compétent en droit international privé, 1986, pp. 242
ss. Si veda anche B. ANCEL, Nota a Cassation 7 gennaio 1982, Mme Le Van Chau, épouse Fabry
et autres c. consorts Le Van Chau, 1983, pp. 96 s. A conferma della persistente attualità del prin-
cipio si veda la relazione del Parlamento europeo del 16 ottobre 2006 recante raccomandazioni
alla Commissione sulle successioni e testamenti (A6-0359/2006, PE 367.975v04-00) che stabili-
sce “Il Parlamento europeo ritiene che lo strumento legislativo da adottare dovrà, in principio,
assicurare la coincidenza tra forum e ius, riducendo le difficoltà di applicazione della legge stra-
niera”.
356 CAPITOLO SESTO

per gran parte della nostra ricerca hanno costituito una troika giustificata dalle
esigenze di protezione del credito.
Ora se, facendo astrazione dalla “funzione” ci dedichiamo all’analisi della
“struttura” vediamo che il richiamo delle soluzioni tradizionali vale indiscuti-
bilmente sia per la simulazione, sia per la surrogatoria. In primo luogo qui non
ci sono elementi processuali che abbiano un’efficacia soverchiante; in secondo
luogo gli effetti che producono si collocano nello spettro consueto delle vicende
del contratto pur nella differenza di natura che esiste tra la simulazione che pro-
voca conseguenze che appartengono prevalentemente alla zona degli effetti giu-
ridici e l’azione surrogatoria la quale produce anch’essa effetti localizzati nella
sfera soggettiva del compimento degli atti giuridici.
Abbiamo già dimostrato che, pur traducendosi in ipotesi di legittimazione
ad agire straordinaria, queste fattispecie non possono essere sottoposte, attraver-
so una semplicistica qualificazione di questioni processuali, alla lex fori135.
In questi casi bisogna fare riferimento allo statuto prevalente, tenendo anche
in debito conto la tendenza ad allargare l’ambito di applicazione della lex con-
tractus, già presente nella Convenzione di Roma e ora accentuata dai regola-
menti Roma I e Roma II136 . Com’è noto, l’estensione dello statuto contrattuale
comprende la validità del pactum de lege utenda, le conseguenze della nullità
del contratto, l’obbligo di restituzione che ne risulta, e anche la responsabilità
precontrattuale.
Vediamo quindi affermarsi l’unità del contratto contro tesi come quella di
Savigny, successivamente penetrata nella dottrina tedesca, favorevoli a isolare
le obbligazioni, valutandole in modo autonomo. Nel caso dell’azione surrogato-
ria e, ancor di più, dell’azione dichiarativa della simulazione, la lex contractus
rappresenta lo statuto prevalente dotato di una vis attractiva irresistibile, che la
legge regolatrice dell’obbligazione (la legge del credito) non può vincere.
Così per valutare il potere dei creditori di agire in via surrogatoria ex art.
2900 c.c., oppure di instaurare un giudizio teso a far valere la simulazione di un
contratto stipulato dal debitore con un terzo ex art. 1416, 2° comma c.c., si deve
fare riferimento alla legge regolatrice della relazione giuridica dedotta in giudi-
zio e non alla legge regolatrice del diritto di credito: il potere dei creditori di
interrompere la prescrizione di un diritto spettante al proprio debitore sarà valu-
tato secondo la legge competente per tale diritto e il potere dei creditori di far
valere la simulazione del contratto sarà valutato secondo la lex contractus.
La soluzione del riferimento allo statuto prevalente può essere estesa ad al-
tre ipotesi in cui vengono in rilievo i poteri dei creditori di ingerirsi nella ge-
stione del patrimonio del debitore: ad esempio sarà la legge applicabile alla suc-
cessione ereditaria a stabilire se sussiste quel potere di impugnare la rinuncia

135
Sopra, pp. 321 ss.
136
Sopra, pp. 29 ss.
CONCLUSIONI 357

all’eredità che il nostro ordinamento riconosce ai creditori in base all’art. 524


c.c.
Del pari non avrebbe senso attribuire alla legge competente per il diritto di
credito il compito di stabilire se sussistono quei poteri di controllo gestorio dei
creditori riconosciuti dal nostro ordinamento nelle ipotesi in cui il debitore tra-
scura di esercitare a suo vantaggio determinati diritti reali. È dunque la legge
regolatrice del diritto di enfiteusi a stabilire se i creditori dell’enfiteuta possano
o no esercitare il diritto di affrancazione in luogo dell’enfiteuta e gli altri poteri
loro attribuiti dall’art. 974 c.c.; è la legge regolatrice dell’usufrutto a stabilire la
sussistenza dei poteri d’intervento dei creditori dell’usufruttuario di cui all’art.
1015, 3° comma, c.c.
Identica soluzione vale per altri poteri di controllo del creditore: sarà la leg-
ge competente per il credito soggetto a compensazione a stabilire se il fideiusso-
re, il terzo creditore ipotecario e/o il terzo creditore pignoratizio abbiano il pote-
re di opporre la compensazione in luogo del debitore (art. 1247 c.c.); sarà la lex
societatis a stabilire se il creditore particolare del socio di una società semplice
può chiedere la liquidazione della quota del suo debitore ex art. 2270, 2° comma
c.c. ovvero se il creditore particolare del socio di una società in nome collettivo
può fare opposizione alla proroga della società ai sensi e per gli effetti dell’art.
2307 c.c.
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INDICE DELLE DECISIONI CITATE∗

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de la Cour permanente de justice internationale. Série A, n. 20/21,
consultabile in rete all’indirizzo: http://www.icj-cij.org/pcij/se-
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Corte Internazionale di giustizia

Corte int. giust., 28 novembre 1958, Böll, in Cour international de justice. Recueil des
arrêts, avis consultatifs et ordonnances, Leiden, 1958, p. 55,
consultabile in rete all’indirizzo : http://www.icj-cij.org/-
docket/files/33/2262.pdf

Corte di Giustizia

Corte giust. CE, 6 ottobre 1976, in causa 14/76, De Bloos c. Bouyer, in Raccolta 1976,
p. 1479.
Corte giust. CE, 22 febbraio 1979, in causa 133/78, Gourdain c. Nadler, in Raccolta,
1979, p. 733.
Corte giust. CE, 17 marzo 1979, in causa 143/78, Jacques de Cavel c. Luise de Cavel, in
Raccolta 1979, p. 1055.
Corte giust. CE, 21 maggio 1980, in causa 125/79, Bernard Denilauler c. Snc Couchet
Frères, in Raccolta, 1980, p. 1553.
Corte giust. CE, 4 marzo 1982, in causa 38/81, Effer s.p.a. c. Kantner, in Raccolta,
1982, p. 825.
Corte giust. CE, 1 marzo 1983, in causa 250/78, Deka Gmbh c. CEE, in Raccolta, 1983,
p. 421.
Corte giust. CE, 22 marzo 1983, in causa 34/82, Peters c. Z.N.A.V., in Raccolta, 1983,
p. 987.
Corte giust. CE, 15 gennaio 1987, in causa 266/85, H. Shenavai c. K. Kreischer. in
Raccolta, 1987, p. 239.


Le decisioni sono citate nel rispetto del sistema di citazione del paese di provenienza salvo,
in taluni casi, in quello della rivista e/o della banca dati che ne ha pubblicato il testo.
394 INDICE DELLE DECISIONI CITATE

Corte giust. CE, 27 settembre 1988, in causa 189/87, Kalfelis c. Schröder, in Raccolta,
1988, p. 5565.
Corte giust. CE, 15 febbraio 1989, in causa 32/88, Six Constructions c. Humbert, in
Raccolta, 1989, p. 341.
Corte giust. CE, 10 gennaio 1990, in causa C-115/88 Mario P.A. Reichert c. Dresdner
Bank, in Raccolta, 1990, p. I-27.
Corte giust. CE, 18 ottobre 1990, in cause riunite C-297/88 e C-197/89, Massam Dzodzi
c. Etat Belge in Raccolta, 1990, p. I-3763.
Corte giust. CE, 26 marzo 1992, in causa C-261/90 Mario Reichert c. Dresdner Bank
AG, in Raccolta, 1992, p. I-2149.
Corte giust. CE, 17 giugno 1992, in causa C-26/91, Handte c. TMCS, in Raccolta, 1992,
p. I-3967.
Corte giust. CE, 25 giugno 1992, in causa C-88/91, Federconsorzi c. Azienda di Stato
per gli interventi nel mercato agricolo, in Raccolta, 1992, p. I-4035.
Corte giust. CE, 19 gennaio 1993, in causa C-89/91, Shearson Lehman Hutton c. TVB,
in Raccolta, 1993, p. I-139.
Corte giust. CE, 17 maggio 1994, in causa C-294/92, Webb c. Webb, in Raccolta, 1994,
p. I-1717.
Corte giust. CE, 7 marzo 1995, in causa C-68/93, Fiona Shevill c. Press Alliance SA, in
Raccolta, 1995, p. I-415.
Corte giust. CE, 28 marzo 1995, in causa C-346/93, Kleinwort Benson c. City of
Glasgow District Council in Raccolta, 1995, p. I-617 ss.
Corte giust. CE, 19 settembre 1995, in causa C-364/93, Antonio Marinari c. Lloyd’s
Bank, in Raccolta, 1995, p. I-2719.
Corte giust. CE, 9 gennaio 1997, in causa C-383/95, P. W. Rutten c. Cross Medical, in
Raccolta, 1997, p. I-57.
Corte giust. CE, 3 luglio 1997, in causa C-269/95, Benincasa c. Dentalkit, in Raccolta,
1997, p. I-3767.
Corte giust. CE, 17 luglio 1997, in causa C-28/95, Leur-Bloem c. Inspecteur der
Belastingdienst/Ondernemingen Amsterdam 2, in Raccolta, 1997, p. I-
4161.
Corte giust. CE, 27 ottobre 1998, in causa C-51/97 Réunion européenne SA c.
Spliethoff’s Bevrachtingskantoor BV, Capitano della nave
“Alblasgracht V002”, in Raccolta, 1998, p. I-6511.
Corte giust. CE, 27 aprile 1999, in causa C-99/96, Mietz c. Intership Yachting, in
Raccolta, p. I-2277.
Corte giust. CE, 5 ottobre 1999, in causa C-420/97, Leathertex Divisione Sintetici S.p.a.
c. Bodetex BVBA, in Raccolta, 1999, p. I -6747.
INDICE DELLE DECISIONI CITATE 395

Corte giust. CE, 5 aprile 2001, in causa C-518/99, Richard Gaillard c. Alaya Chekili, in
Raccolta, 2001, p. I-2771.
Corte giust. CE, 15 gennaio 2002, in causa C-43/00, Andersen og Jensen ApS c.
Skatteministeriet, in Raccolta, 2002, p. I-379.
Corte giust. CE, 19 febbraio 2002, in causa C-256/00, Besix c. WABAG, in Raccolta,
2002, p. I-1699.
Corte giust. CE, 27 febbraio 2002, in causa C-37/00, Herbert Weber c. Universal Ogden
Services Ltd, in Raccolta, 2002, p. I-201
Corte giust. CE, 6 giugno 2002, in causa C-80/00, Italian Leather c. WECO, in
Raccolta, 2002, p. I-4995.
Corte giust. CE, 11 luglio 2002, in causa C-96/00, Rudolf Gabriel, in Raccolta, 2002, p.
I-6367.
Corte giust. CE, 17 settembre 2002, in causa C-334/00, Fonderie officine meccaniche
Tacconi c. Heinrich Wagner Sinto Maschinenfabrik GmbH, in
Raccolta, 2002, p. I-7357.
Corte giust. CE, 1° ottobre 2002, in causa C-167/00, Verein für
Konsumenteninformation c. Karl Heinz Henkel, in Raccolta, 2002, p.
I-8111.
Corte giust. CE, 10 aprile 2003, in causa C-437/00, Giulia Pugliese c. Finmeccanica
SpA, Betriebsteil Alenia Aerospazio, in Raccolta, 2003, p. I-3573.
Corte giust. CE, 15 maggio 2003, in causa C-266/01, Préservatrice Foncière Tiard SA
c. Staat der Nederlanden, in Raccolta, 2003, p. I-4867.
Corte giust. CE, 5 febbraio 2004, in causa C-265/02, Frahuil SA c. Assitalia SpA., in
Raccolta, 2004, p. I-1543.
Corte giust. CE, 5 febbraio 2004, in causa C-18/02, DFDS Torline A/S c. LO
Landsorganisationen i Sverige che agisce per conto del SEKO Sjöfolk
Facket för Service och Kommunikation, in Raccolta, 2004, p. I-1417.
Corte giust. CE, 20 gennaio 2005, in causa C- 27/02, Petra Engler c. Janus Versand
GmbH, in Raccolta, 2005, p. I-481.
Corte giust. CE, 17 marzo 2005, in causa C- 294/02, Commissione delle Comunità
europee c. AMI Semiconductor Belgium BVBA e altri, in Raccolta,
2005, p. I-2175.
Corte giust. CE, 13 luglio 2006, in causa C-103/05, Reisch Montage AG c. Kiesel
Baumaschinen Handels GmbH, in Raccolta, 2006, p. I-6827.
Corte giust. CE, 11 ottobre 2007, in causa C-98/06, Freeport plc c. Olle Arnoldsson, in
Raccolta, 2007, p. I-8319.
Corte giust. CE, 11 dicembre 2007, in causa C-280/06, Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato e altri c. Ente tabacchi italiani — ETI SpA
e altri, in Raccolta, 2007, p. I-10893.
396 INDICE DELLE DECISIONI CITATE

Corte giust. CE, 12 febbraio 2009, in causa C-330/07, Christopher Seagon c. Deko
Marty Belgium NV, in corso di pubblicazione.
Corte giust. CE, 17 settembre 2009, in causa C-347/08, Vorarlberger
Gebietskrankenkasse c. WGV-Schwäbische Allgemeine Versicherungs
AG , in corso di pubblicazione.
Corte giust. CE, 6 ottobre 2009, in causa C-133/08, Intercontainer Interfrigo SC (ICF)
c. Balkenende Oosthuizen BV e MIC Operations BV, in corso di
pubblicazione.

Italia

Cass. Palermo, 30 dicembre 1886, in Clunet, 1889, p. 908.


Cass. 20 luglio 1977, n. 3250, inedita.
Corte Cost. 26 febbraio - 5 marzo 1987 n. 71, in Foro pad., 1987, I, col. 46, con nota di
Ballarino, Il marito perde anche la legge applicabile; in Giur. it., 1987, I,
col. 1153, con nota di De Cupis, Eguaglianza coniugale e conflitto di
leggi; e in Foro it., 1987, I, col. 2316, con nota di Poletti di Teodoro, Una
svolta storica nel diritto internazionale privato italiano: il primo
intervento della Corte costituzionale.
Corte Cost. 25 novembre - 10 dicembre 1987, n. 477, in Foro it., 1988, II, col. 2830,
con nota di Pagano, La legge regolatrice dei rapporti personali tra coniugi
e dei rapporti tra genitori e figli dopo la declaratoria di incostituzionalità
degli art. 18 e 20 preleggi.
App. Milano, 5 maggio 1987, in Riv. dir. int. priv. e proc. 1987, pp. 803 ss.
Cass. Civ. 13 gennaio 1993, n. 343, in Vita not., 1995, pp. 674 ss., con nota di Pasquino.
App. Genova, 20 maggio 1993, in Nuova giur. civ. comm., 1994, I, pp. 845 ss. con nota
di Toriello, Legittimazione attiva del broker assicurativo straniero
all’azione cautelare in Italia e diritto applicabile.
Cass. sez. un. 14 febbraio 1995 n. 1572, in Corr. giur. 1995, 704 ss., con nota di
Luzzatto, Giurisdizione del giudice italiano e revocatoria fallimentare di
un pagamento effettuato ad un creditore straniero.
Cass. 24 ottobre 1995 n. 11051, in Rivista italiana di diritto del lavoro, 1996, II, pp. 359
ss., con nota di Calafà.
Cass. sez. un. 25 novembre 1995, n. 12209, in Riv. dir. int. priv. e proc., 1996, pp. 816
ss.
INDICE DELLE DECISIONI CITATE 397

Cass. 13 gennaio 1996, n. 251, in Giust. civ. 1996, I, pp. 2643 ss.; in Giur. civ.
commentata, 1998, I, pp. 104 ss. con nota di Guardamagna, Azione
revocatoria ordinaria e responsabilità extracontrattuale.
Trib. di Nocera Inferiore, 14 marzo 1996, in Giur. merito, 1997, pp. 294 ss., con
nota di Solaini, L’azione revocatoria ordinaria dell’atto di
costituzione di fondo patrimoniale.
Cass. 6 maggio 1998, n. 4578, in Giust. Civ., 1999, I, pp. 1133 ss., con nota di De
Marco, Eventus damni ed onere della prova nella revocatoria
ordinaria tra il principio della garanzia patrimoniale e la libertà
d'iniziativa economica del debitore.
Cass. sez. un. 30 giugno 1999 n. 370, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2000, pp. 745 ss.
Cass. sez. un. 10 agosto 1999, n. 584, in Dir. Fall., 2000, II, pp. 520 ss.
Cass. 5 novembre 1999 n. 12310, in Le Società, 2000, pp. 303 ss. con nota di Fusi.
Cass. 1° giugno 2000 n. 7262, inedita, v. Massimario del foro italiano, 2000, col.
669.
Cass. sez. un. 15 giugno 2000 n. 437, in Corr. giur., 2000, pp. 1489 ss., con nota di
Tarzia.
Cass. sez. un. 26 giugno 2001, n. 8745, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2002, pp. 412
ss.; in Corr. giur. 2002, pp. 765 ss. con nota di Montanari,
Giurisdizione italiana in tema di revocatoria dei pagamenti tra
“vecchia” e “nuova” amministrazione straordinaria delle grandi
imprese insolventi; in Fallimento, 2002, pp. 175 ss., con nota di
Lamanna, Funzione recuperatoria-condannatoria della revocatoria
dei pagamenti, amministrazione straordinaria ex lege Prodi e
sussistenza della giurisdizione italiana.
Cass. 27 settembre 2001, n. 12093, in Giust. civ., 2001, I, col. 2322 ss.
App. Venezia, 15 ottobre 2001, n. 1359, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2002, p. 1021
ss., con nota di Crespi Reghizzi, Sulla contrarietà all’ordine pubblico
di una sentenza straniera di condanna a punitive damages (ivi, pp.
977 ss.).
Cass. 16 ottobre 2002, n. 14726, in Danno e responsabilità, 2003, pp. 174 ss. con
nota di Partisani.
Cass. sez. un. 13 dicembre 2002, n. 17912, in Riv. dir. int. priv. e proc. 2003, pp.
1002 s.
Cass. sez. un. 10 gennaio 2003, n. 261, in Fallimento, 2004, pp. 375 ss. con nota di
Fabiani, La comunitarizzazione della revocatoria transnazionale come
tentativo di abbandono di criteri di collegamento fondati
sull’approccio dogmatico.
398 INDICE DELLE DECISIONI CITATE

Cass. sez. un. ord. 2 aprile 2003, n. 5108, in Corr. giur., 2004, pp. 210 ss., con nota
di Kofler, Il forum destinatae solutionis nelle azioni di accertamento
negativo del credito e di nullità del contratto.
Cass. sez. un. 7 maggio 2003, n. 6899, in Foro it. 2003, I, col. 2698 ss. e in tr. fr. in
Revue critique, 2003, pp. 612 ss. con nota di Pretelli.
Cass. 30 luglio 2004, n. 14605, in Giust. civ., 2005, I, col. 1566 ss.
Cass. 11 febbraio 2005, n. 2855, in Giur. it., 2005, pp. 1810 ss. con nota di
Sorrentino.
Cass. 11 gennaio 2006, n. 264, in Corr. giur., 2007, pp. 385 ss. con nota di Morelli.
Corte Cost. 21 giugno 2006, n. 254, in Foro it., I, col. 2257 ss.
Cass. 4 agosto 2006, n. 17706, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2007, pp. 732 ss.
Cass. 25 agosto 2006, n. 18552, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2008, pp. 240 ss.
Cass. 24 gennaio 2007, n. 1609, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2007, pp. 1108 ss.
Trib. Milano, 27 marzo 2007, in Fallimento, 2007, pp. 933 ss. con nota di
Sangiovanni, L’azione revocatoria internazionale fra giurisdizione e
legge applicabile.
Trib. Bari 7-14 giugno 2007, n. 1573, in Diritto comunitario e internazionale.
Guida al diritto – Il Sole 24 ore, 2007, n. 5, pp. 92 ss. con nota di Alò,
Una decisione che non garantisce la parità di trattamento dei
creditori.
Cass. 1 agosto 2007, n. 16991, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2008, pp. 755 ss.
Cass. sez. un. 7 febbraio 2007, n. 2692, in Foro it., 2007, I, 2815 con nota di
Montella, Il regolamento CE 1346/2000 sulle procedure di insolvenza
e la legge applicabile alla revocatoria fallimentare; e in Il fallimento,
2007, pp. 629 ss. con commento di Catallozzi, Giurisdizione e legge
applicabile nelle revocatorie fallimentari transnazionali.
Cass. sez. un. 19 dicembre 2007, n. 26724 in Giur. it,. 2008, pp. 347 ss.
Cass. 5 marzo 2009, n. 5348, in Corr. giur. 2009, pp. 1504 ss. con nota di De
Giorgi, Mediazione: diritto alla provvigione e conferimento
dell’incarico a tempo.

Australia

Singh v. Singh (2009) 253 ALR 575; [2009] WASCA 53, cit. da Herzfeld,
Fraudulent Alienation of Foreign Immovable and the Mozambique
Rule in the Western Australian Court of Appeal,
www.conflictoflaws.net, 20 gennaio 2010.
INDICE DELLE DECISIONI CITATE 399

Austria

Oberlandesgericht Wien, 17 ottobre 2003, 3 R 151/03b, WR 962, inedita, cit. da


Oberhammer, Europäisches Insolvenzrecht in praxi – „Was bisher
geschahin “, in ZInsO 2004, p.765, nt. 43.
Oberster Gerichtshof, 27 aprile 2006, 2 Ob 196/04v, in IPRax 2007, pp. 457 ss. con
nota di Koch, Das IPR der actio pauliana, ivi, pp. 466 ss.

Belgio

Tribunal de première Instance de Bruxelles, 12 novembre 1999, nº 98/1601/A,


consultabile in rete all’indirizzo (ultimo accesso 30.11.2009):
http://jure.juridat.just.fgov.be/pdfapp/download_blob?idpdf=F-
19991112-1.

Canada

Supreme Court of Canada, Purdom v. Pavey & Company, (1896), 26 S.C.R. 412,
in Clunet, 1896, p. 405.

Francia∗

Cassation req., 16 gennaio 1861, in Grands arrêts, n°5, p. 41.


Cassation, 23 febbraio 1864, S. 1864, 1, 385.
Tribunal de Sousse, 10 ottobre 1889, in Clunet, 1890, pp. 665 ss.
Cassation, 17 gennaio 1899, in D. 1899, I, pp. 332 ss. con nota di Bartin.
Cour d’Alger, 8 gennaio 1890, in Clunet, 1890, pp. 665 ss.
Appel d’Alger, 25 marzo 1891, in Clunet, 1892, p. 223.
Tribunal de commerce de la Seine, 14 giugno 1897, in Clunet, 1899, p. 340 ss.
Appel Paris, 7 gennaio 1928, in Clunet, 1928, pp. 290 ss.


Compresa l’amministrazione francese della giurisdizione nelle colonie.
400 INDICE DELLE DECISIONI CITATE

Tribunal civil de la Seine, 26 giugno 1929, in Clunet, 1929, p. 1119 ss.


Tribunal de commerce de la Seine, 12 luglio 1929, in Revue critique, 1929, pp.
1122 ss. con nota di Gide e Rabinerson, pp. 526 ss.
Tribunal de commerce de la Seine, 23 gennaio 1934, in Revue critique, 1934, pp.
784 ss., con nota di Niboyet.
Tribunal de commerce de la Seine, 21 gennaio 1935, in Revue critique, 1935, pp.
491 ss. con nota di Niboyet.
Cassation, 22 marzo 1968, D. 1968, p. 412, con nota di J. Mazeaud.
Cassation, 1 luglio 1975, Bull. Civ. I, n. 213.
Tribunal de grande instance de Strasbourg, 18 ottobre 1978, cit. da Cuniberti, D.
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Appel Aix-en-Provence, 30 marzo 1979, in Revue critique, 1980, pp. 717 ss. con
nota di Légier.
Tribunal de grande instance de Montbrison, 7 febbraio 1979, in Revue critique
1980, pp. 787 ss., con nota di Mezger.
Cassation, 17 ottobre 1979, in JCP, 1981, II, 19627, con nota di Ghestin.
Tribunal de grande instance de Paris, 6 marzo 1980, in Revue critique 1980, p. 614,
con nota di Droz.
Tribunal de grande instance d’Avesnes sur Helpe, 7 maggio 1981, in Revue
critique, 1982, pp. 368 ss., con nota di Défossez.
Appel Paris 29 gennaio 1981, in Revue critique, 1982, pp. 383 ss. con nota di Huet.
Cassation, 7 gennaio 1982, Bull. Civ. I, n. 4.
Cassation, 3 dicembre 1985, Bull. Civ. I, n. 334.
Cassation, 17 febbraio 1987, in Gazette du Palais, 1987, 1, 295.
Cassation, 13 aprile 1988, Bull. civ. 1 n. 91.
Tribunal de grande instance de Strasbourg, 7 gennaio 1991, cit. da Cuniberti, D.
1999, Jurisprudence, pp. 301 s.
Cassation, 15 gennaio 1991, in Revue critique 1993, pp. 46 s. con nota di Muir
Watt.
Cassation, 1 marzo1994, in Défrenois 1994, p. 1118, con nota di D. Mazeaud.
Cassation, 16 febbraio 1995, D., 1995, pp. 471 ss. con nota di Courbe.
Tribunal de grande instance de Nîmes, 9 giugno 1998, D. 1999, Jurisprudence, pp.
301 s., con nota di Cuniberti.
Cassation, 27 luglio 2000, in Clunet, 2001, p. 137 con nota di Huet.
Cassation, 19 novembre 2002, in Revue critique, 2003, pp. 631 ss.
Cassation, 6 ottobre 2004, D., 2004, n. 43, p. 3098.
INDICE DELLE DECISIONI CITATE 401

Cassation 21 marzo 2006, in Revue critique, 2007, p. 105 con nota di Khairallah.
Cour d’Appel de Versailles, 30 marzo 2008, in Revue critique, 2008, p. 649 con
nota di D’Avout.

Germania

Tribunale dell’Impero tedesco, 28 marzo 1903, in Clunet, 1905, p. 1054.


Oberlandesgericht Stuttgart, 28 luglio 1888, in Clunet, 1893, p. 422 con nota di
Trigant-Geneste.
Oberlandesgericht Köln, 25 novembre 1895, cit. da Fragistas, Das
Anfechtungsrecht der Gläubiger, 1938-1939, p. 453.
Bundesgerichtshof, 1° febbraio 1952, in Neue juristische Wochenschrift, 1952, p.
420 e 540.
Bundesgerichtshof, 23 giugno 1964, in Neue juristische Wochenschrift, 1964, p.
2012.
Bundesverfassungsgericht , 4 maggio 1971, n.185, BVerfGE, vol. 31, p. 58 tr. fr. in
Revue critique, 1974 pp. 57 ss. con nota di Labrusse.
Bundesgerichtshof, 5 novembre 1980, VIII ZR 230/79, in IPRax, 1981, pp. 130 ss.,
n. 21, con nota di Großfeld, Gläubigeranfechtung und Durchgriff: Das
Problem des liechtensteinischen Anstalt.
Bundesgerichtshof, 11 gennaio 1990, IX ZR 27/89 in ZIP, 1990, p. 246.
Landgericht Berlin, 22 giugno 1994, 28 O 588/93, in IPRax, 1995, pp. 323 ss., n.
50, con nota di Hochloch, Gläubigeranfechtung international.
Bundesgerichtshof, 17 dicembre 1998, IX ZR 196/97, in IPRax 2000, pp. 531 ss.,
con nota di Kubis.
Oberlandesgericht Düsseldorf, 25 agosto 1999, 12 U 186/94, in IPRax 2000, pp.
534 ss. con nota di Kubis.
Oberlandesgericht Schleswig, 12 marzo 2004, 1 U 67/02, in Neue Juristische
Online- Zeitschrift, 2004, 3351.
Oberlandesgericht Stuttgard, 11 giugno 2007, 5 U 18/07, in OLGReport München
2007, p. 993.
Bundesgerichtshof, 21 giugno 2007, IX ZR 39/06, in ZIP 2007, pp. 1415 ss. con
nota di Klöhn e Berner e commento di Panzani, Azione revocatoria
nei confronti dello straniero e giurisdizione del giudice che ha
dichiarato il fallimento secondo il diritto comunitario. Note minime a
seguito della decisione del Bundesgerichtshof del 21 giugno 2007, in
Fallimento, 2008, pp. 394 ss.
402 INDICE DELLE DECISIONI CITATE

Bundesgerichtshof, 19 maggio 2009, IX ZR 39/06, in European Legal Forum,


2009, II, pp. 108 s.

Olanda

Hoge Raad, 24 ottobre 1997, Gustafsen c. Mosk, in Nederlandse Juresprudentie,


1999, p. 316 con nota di De Boer.

Regno Unito

Lee v. Abdy (1886) 17 Q.B.D. 309. 34 WR 653, 55 LT 297.


Re Butterworth, ex p Russell (1882) 19 Ch D 588.
British South Africa Co v. Companhia de Moçambique (1893) A.C. 602.
New York Life Insurance Co. v. Public Trustee (1924) 2 Ch 101.
Flegg (1987) 2 W.L.R. 1266 cit. da Salvat, Etude de publicité foncière comparé,
1998, pp. 1125 ss.
Steelcase CA v. Simpson (1991) cit. da Cuniberti, D.1999, Jurisprudence, p. 302.
Chase Manhattan Bank NA v. British Israel Bank (London) Ltd (1981) Ch. 105,
Chancery Division.

Svizzera

Oberlandesgericht Luzern, 24 gennaio 1930, cit. da Fragistas, Das


Anfechtungsrecht der Gläubiger, 1938-1939, p. 453.
Tribunale Federale, 15 dicembre 2004, X. c. Masse en faillite de A. SA, (BGE 131
III 227) pubblicata sul sito del Tribunale federale svizzero
all’indirizzo: http://www.bger.ch/index/juridiction/jurisdiction-inherit-
template/jurisdiction-recht/jurisdiction-recht-urteile2000.htm.
Tribunale Federale, 6 febbraio 1974, Massa fallimentare Kirsch c. Fehr, (ATF 100
Ia 18) pubblicata sul sito del Tribunale federale svizzero all’indirizzo:
http://www.bger.ch/fr/index/juridiction/jurisdiction-inherit-
template/jurisdiction-recht/jurisdiction-recht-leitentscheide1954-
direct.htm.
INDICE DELLE DECISIONI CITATE 403

Tribunale Federale, 6 giugno 2003, Zivilabteilung X. Handelsgesellschaft GmbH in


Konkurs c. Y. (BGE 129 III 683) sul sito del Tribunale federale
svizzero: http://www.bger.ch/fr/index/juridiction/jurisdiction-inherit-
template/jurisdiction-recht/jurisdiction-recht-leitentscheide1954-
direct.htm.
Tribunale Federale, 19 novembre 2001, X c. Stati Uniti d’America, riprodotto in
Dir. comm. int., 2004, pp. 457 ss. con nota di Crespi Reghizzi,
Constructive trust, responsabilità patrimoniale e diritto internazionale
privato alla luce di una recente sentenza

U.S.A.

Loucks v. Standard Oil Co. of New York, 224 N. Y. 99, 120 N. E. 198 (1918), in
rete all’indirizzo: http://www.uniset.ca/other/pubpol/120NE198.html.
Jackson v. Tallmadge, 246 N. Y. 133, 158 N. E. 48 (1927).
Forgan v. Brainbridge, 34 Ariz. 408, 274 P. 155 (1928), in rete all’indirizzo:
http://www.uniset.ca/other/pubpol/274P155.html.
Royal Backing Powder C° v. Hessay, 76 F.2d 645 (4th Cir. 1935).
Mertz v. Mertz, 271 N. Y. 466, 3 N. E. 2d, 597 (1936) in rete all’indirizzo:
http://www.uniset.ca/other/pubpol/3NE2d597.html.
James v. Powell, 26 App. Div. 2d 525, 270 N.Y.S. 2d 789,790 rev’d 19 N.Y. 2d
249, 225 N.E. 2d 741, 279 N.Y.S. 2d 10 (1967).
Sorochan v. Sorochan (1986) 2 S.C.R. 38, 29 D.L.R. (4th) .
Kaiser Steel Corp., In re 87 B.R. 154, 158, 159 (Bankr. D. Colo. 1988).
Morse Tool, Inc., In re 108 B.R. 384, 385, 386, 388 (Bankr. D. Mass. 1989).
Rawluk v. Rawluk (1990) 65 D.L.R. (4th) 161, 185 (MacLachlin, J.).
Standard Oil Co. v. New Jersey, 341 U.S. 428 e in rete all’indirizzo:
http://openjurist.org/341/us/428/standard-oil-co-v-state-of-new-jersey-
parsons.
Lawrence D. Goldberg, In re 277 B.R. 251, 292 (Bankr. M.D.La. 2002).

INDICE ANALITICO

Adattamento: 54, 197, 209, 324 s. nt. Azione di simulazione: 7 ss., 8 nt. 3, 17
73 ss. ss., 31ss., 41 ss., 56 ss., 66 nt.
31, 89 nt. 95, 92 ss. nt. 110 ss.,
Argomentazione: 165, 170 ss., 185, 189, 193,
- deduttiva: 23 ss., 119 nt. 5, 154 199, 206 ss., 211, 223, 253 nt.
ss., 240 ss. 12, 257 ss., 274 ss., 285 ss.,
- orientata alle conseguenze: 31 nt. 308 ss., 321 ss., 355 ss.
67, 119 nt. 5, 274 ss., 316 ss.
Azione revocatoria fallimentare: 32
Analisi economica del diritto: 102 nt. ss., 42, 51 ss., 72 ss. nt. 46 ss.,
144, 216, 247 nt. 281. 84 ss., 104 nt. 148, 109 ss.,
166, 211, 233 ss., 288 ss., 302,
Analisi pubblicistica del diritto 313, 318 ss., 344 ss., 353.
internazionale privato: 46 nt.
106, 140 nt. 48, 161 nt. 26, Azione revocatoria ordinaria:
195 nt. 137, 215 s., 242 ss., - carattere esorbitante: 167, 193,
302 ss. 198 ss., 219, 247.
- competenza giurisdizionale: 249
Anstalt del Liechtenstein: 132 ss. ss., 250 nt. 254 ss., 285 ss.
- effetti dell’apertura di una
Armonia internazionale delle soluzioni: procedura concorsuale: 233
46 nt. 106, 56 ss., 153, 200 nt. ss., 284 ss., 289 nt. 102.
155, 295 ss. nt. 3 e 5, 300 - implicazioni macroeconomiche:
v. anche: 101 ss., 112 nt. 165, 165 ss.,
- Giustizia di diritto 217 s., 303.
internazionale privato. - parametri di valutazione degli
- Metodi del diritto interessi delle parti: 198 ss.,
internazionale privato. 216 s.
- Principi del diritto - qualificazione: 35 ss., 82 ss., 161
internazionale privato. ss., 170 ss., 247 ss., 250 nt. 10.
- quadro comparatistico: 61 nt. 16,
Aspettative delle parti: 8, 15 nt. 18, 47, 103 ss., 112 ss.
52 nt. 121, 165, 180 ss., 209 - sviluppo storico: 89 ss.
ss., 225 nt. 218, 229, 238 s.,
245 nt. 272, 301 nt. 18, 310 Azione surrogatoria: 116 ss., 126 ss.,
ss., 344 ss. 128 ss., 164 ss., 185 ss.,187 nt.
v. anche: 113, 194 ss., 214 s., 220 s., 308,
- Certezza del diritto. 322 ss., 356.
- competenza giurisdizionale: 286
Autonomia della volontà: 34, 49 nt. ss.
116, 126, 223, 239, 304. - qualificazione: 166, 321 ss.
- sviluppo storico: 89 ss.
Azione diretta: 7 nt. 1, 9 nt. 6, 127, 130
ss., 189 nt. 114, 240 nt. 256,
328 nt. 82.


406 INDICE ANALITICO

Bilateralismo: 58 s., 114 ss., 150 s., internazionale privato.


156 ss., 170 ss., 176 ss., 229 ss.,
242 nt. 264, 246 s., 308 ss., 318 Conflitto di sovranità: 140 nt. 48, 242
ss. e ivi nt. 62, 334, 349, 355. nt. 263, v. anche: Analisi
pubblicistica del diritto
Buona amministrazione della giustizia: internazionale privato.
254, 263 ss. e ivi nt. 38, 266 ss.,
282. Constructive trust: 78 nt. 63, 99 ss.,
126 nt. 19, 137 ss., 341 nt. 114.
Bruxelles I: 281 ss.
Contratto:
Buona fede (diritto internazionale - opponibilità: 32 ss., 53, 95 nt.
privato): 134 ss., 191, 198 ss., 120, 110 ss., 123 ss., 193, 212,
206 ss., 222, 306 ss., 309 nt. 39, 233, 248, 315 ss., 329 ss., 337
311 ss. nt. 41, 314 nt. 49 ss., ss.
341 s. e nt. 114.
Convenzione di Bruxelles:
Capacità (legge applicabile): 173 s. nt. - in generale: 249 ss.
68, 311 nt. 41, 315 ss. - relazione tra foro generale e fori
speciali: 44 nt. 99, 263 ss., 280
Cessione di credito: 29 ss, 34 nt. 76, ss.
61, 105, 122 ss., 125 nt. 16, 180 v. anche:
nt. 89, 183, 197 nt. 142, 307 ss. - Regolamento Bruxelles I.

Certezza del diritto: 58, 145, 153, 170, Convenzione di Roma: 29 ss.
198 ss., 204, 208, 217, 238 ss., v. anche:
263 ss., 295 ss., 304 ss., 317. - Regolamento Roma I.

Collegamento: 22, 31 nt. 67, 216, 300. Costituzione e diritto internazionale


- criteri alternativi: 179, 221 ss., 311 privato: 225 s. nt. 18, 295 ss. e
nt. 41. ivi nt. 4.
- competenza giudiziaria e competenza
legislativa: 324 ss. Covert technique / cover-up device: 53
- giudice e lite: v. Principio di nt. 126, 59 nt. 11, 119, 153 ss.
prossimità.
Credito protetto (legge del): 178 nt. 82,
Compensazione (legge applicabile): 344, 186 ss., 208 ss.
357.
Crittotipo: 106 nt. 153.
Conferimenti di beni in società: 105,
132 ss., 141 ss., 258 nt. 25. Cumulo: 47 nt. 109, 166 ss., 194, 218
s., 236 s., 305 ss.
Conflicts revolution: 55 ss., 140 nt. 49,
150 ss. Debito e responsabilità: v. Schuld und
Haftung.
Conflitto di civiltà: v. Analisi
pubblicistica del diritto Dépeçage: 119 nt. 4, 205, 219 s., 335.


INDICE ANALITICO 407

Delimitazione della materia proprietario: 62 ss., 179 nt. 86.


contrattuale e extracontrattuale:
62 ss., 255 s. Fondo patrimoniale: 109 nt. 160.

Delimitazione della sfera di efficacia Forum destinatae solutionis: 260 ss.,


delle norme interne: 320 nt. 62, 272 ss., 280 ss.
321 ss.
v. anche: Forum actoris: 268, 284 nt. 87.
- Unilateralismo.
Forum emptoris: 284.
Diritti potestativi: 70 ss., 72 nt. 45.
Forum rei: 254, 263 ss., 279, 288.
Diritti quesiti: 212, 225 ss.
v. anche: Forum shopping: 282 ss., 307 s.
- Metodo del riconoscimento.
Fraudulent conveyance: 85 nt. 82, 96
Diritto di critica: v. Poteri di controllo ss., 102 ss., 122 ss., 330, 341.
gestorio.
Frode alla legge: 49, 92 nt. 110, 134
Distinzione tra norme sostanziali e nt. 38, 146, 180 ss., 221 ss., 239,
processuali: 19 nt. 29, 62 ss., 312, 348 ss.
115 nt. 170, 159 ss., 324 ss.
Forum necessitatis: 279 nt. 75, 331 nt.
Donazione (azione revocatoria di): 90.
120, 143 ss.
Garanzia patrimoniale del credito: v.
Doppia azionabilità (regola della): 180 Principio di responsabilità
nt. 87, 237 s., 305 s. patrimoniale.

Dritte Schule: 57 ss. Giurisdizione volontaria: 327 nt. 79,


331 nt. 93.
Droit de regard: v. Poteri di controllo
gestorio. Giurisprudenza degli interessi: 140 nt.
49, 155, 203 e nt. 162, 243.
Eingriffsnormen: 169 nt. 59, 174.
Giurisprudenza dei valori: 202 ss.
Enfiteusi (legge applicabile al diritto di
affrancazione): 7 nt. 1, 356 s. Giustizia del caso concreto: 31 nt. 67,
34 nt. 75, 60 nt. 13, 141, 341 nt.
Effetto sorpresa: 134, 189 ss. e ivi nt. 114.
116, nt. 119, 238 nt. 251 s. v. anche:
- Policy of aptness.
Esecuzione forzata su beni situati
all’estero: 179 nt. 86, 346 ss. e Giustizia di diritto internazionale
nt. 126. privato: 146 nt. 62, 204, 245.
v. anche
Espropriazione contro il terzo - Armonia internazionale delle


408 INDICE ANALITICO

soluzioni. ss., 306 ss., 328 ss., 331 ss.


- Neutralità delle soluzioni di Lex loci actus: v. Locus regit actum.
diritto internazionale privato.
- Uniformità. Lex loci commissi delicti: 49, 122, 128
ss., 152, 172 ss., 237 ss., 306 nt.
Gleichlaufsprinzip: 230 nt. 234. 31.
v. anche:
- Unità forum/ius. Lex obligationis: 35 ss., 178 e ivi nt.
82, 186 ss., 311 ss., 334 ss.
Governmental Interest Analysis: 60 nt.
12, 141 nt. 51, 144 nt. 59, 242 Lex patrimonii: 48 nt. 111, 64, 79 ss.,
ss. 177 ss.
v. anche:
- Analisi pubblicistica del diritto Lex rei sitae: 122 ss., 180 ss., 220, 345
internazionale privato. ss.

Grouping of contacts: 126 nt. 17, 144 Locus regit actum: 47 ss., 157 nt. 18,
nt. 59 ss., 222. 166 ss., 172 ss., 311 nt. 41, 318.

Günstigkeitsprinzip: 39 ss. Lois d’application immédiate: v.


Norme di applicazione
Interessenabwägungsregel: v. Metodo necessaria.
della valutazione comparativa
degli interessi. Lois de police: 157 ss., 167 ss., 172 ss.
v. anche:
Interpretazione: v.: - Norme di applicazione necessaria.
- Qualificazione. - Ordine pubblico.
- Argomentazione.
Lumpers and Splitters: 225 nt. 217.
Ipoteca: 7 nt. 1, 126, 164, 200 s., 357.
Luogo necessario di esecuzione: 179,
Koppelung: 16 nt. 20, 218 nt. 192. nt. 86, 319, 331 nt. 90, 349 nt.
129.
Lacune: 26 ss., 30 ss., 295 ss.
Metodi del diritto internazionale
Legittimazione ad agire: 324 ss. privato: 12 nt. 16, 17 ss., 55 ss.,
150 ss.
Lex contractus: 29 ss., 122 ss., 192 ss., - metodo deduttivo: 55 ss., 154
211 ss., 233 ss., 302 ss. ss., 161 nt. 26, 187 nt. 109, 296.
- metodo della localizzazione dei
Lex concursus: 52, 233 ss.. 291, 306, rapporti giuridici: 60, 121 nt. 9,
342 ss. 122 ss., 150 ss., 178 nt. 82, 186
ss.
Lex domicilii debitoris: 155, 177 ss., - metodo del riconoscimento: 210
184, 190 nt. 117. nt. 176, 224 ss.
- metodo del riferimento
Lex fori: 62 ss., 152 ss., 161 ss., 167 all’ordinamento competente :


INDICE ANALITICO 409

348 nt. 129, 353 nt. 132. Debito e responsabilità.


- metodo della valutazione
comparativa degli interessi: 60 Obbligazioni alimentari (azione
ss., 131 ss., 141 ss., 190, 244. revocatoria di): 145, 183 nt. 99.
v. anche:
- Bilateralismo. Obbligazioni ex lege: 41 ss., 82 ss.,
- Dritte Schule. 154, 255 s.
- Governmental Interest Analysis.
- Lumpers and Splitters. Ordine pubblico: 115, 141, 146 nt. 62,
- Grouping of contacts. 159 ss., 161 nt. 27, 166 ss., 197,
- Neutralità delle soluzioni di 222 ss., 299 nt. 9, 306 nt. 31.
diritto internazionale privato. - nel sistema del Pillet: 157 nt.
- Unilateralismo. 18, 174 nt. 71.
- sviluppo storico: 152 ss.
Mezzi di protezione della garanzia v. anche:
patrimoniale del credito: v.: - Lois de police.
- Azione revocatoria. - Norme di applicazione necessaria.
- Azione di simulazione.
- Azione surrogatoria. Paradosso di Burckhardt: 59 nt. 10.
- Principio di responsabilità
patrimoniale. Patrimonio (nozione): 73 ss. e nt. 55.
v. anche:
Näherberechtigung: v. Principio di - Lex patrimonii.
effettività.
Pignoramento: 65 ss., 70 ss. e ivi nt.
Nemo liberalis nisi liberatus: 88, 208, 311. 41, 90, 135, 288, 324 nt. 67,
340, 346 ss.
Neutralità delle soluzioni di diritto
internazionale privato: 12 nt. Policy of aptness: 153 e ivi nt. 9.
16, 46 nt. 106, 56 ss., 150, 202 v. anche:
ss., 244 s. - Giustizia del caso concreto.

Norme imperative: v. Norme di Polizza-vita (revocabilità, legge


applicazione necessaria. applicabile): 124 ss.

Norme di applicazione necessaria: 51 Potere (nozione): 70 ss., 71 nt. 42.


ss., 146 nt. 62, 159 ss., 163 nt.
32, 167 ss., 172 ss., 342. Poteri di controllo gestorio: 73 ss., 82
v. anche: ss., 307, 355 ss.
- Lois de police. - creditore ipotecario: 7 nt. 1,
- Ordine pubblico. 126, 164, 200 s., 357.
- creditore dell’erede
Obbligazione (nozione): 76 nt. 58, 87 rinunziatario: 7 nt. 1, 355 ss.
ss. - creditore pignoratizio: 7 nt. 1,
v. anche: 355 ss.
- Credito protetto. - creditore particolare del socio
- Lex obligationis. di una società di persone: 7 nt.


410 INDICE ANALITICO

1, 357. Regolamento Roma II: 41 ss.


v. anche:
- Enfiteusi. Regolamento sulle procedure
- Prescrizione. d’insolvenza: 51 ss., 238 ss.,
- Usufrutto. 288 ss., 306 ss., 333 ss., 342 ss.

Prescrizione: 7 nt. 1, 164, 356 s. Responsabilità patrimoniale (principio


di): 64 ss., 112 nt. 167, 166.
Principi del diritto internazionale
privato: Resulting trust: 99 ss., 252 nt. 9.
- coerenza dell’ordinamento
interno: 46 nt. 106, 140, 163 nt. Revocatoria: v. Azione revocatoria.
33, 165 nt. 40, 240 ss., 295 ss.,
297 nt. 5, 299 nt. 9. Rinuncia all’eredità: 355 ss.
- diritto unico: 246.
- effettività: 119 ss., 121 nt. 9, 134 Rinvio pregiudiziale: 260 nt. 30.
nt. 38, 142 ss., 180 ss., 244 ss.,
301 nt. 18, 336 ss. Roma I: 29 ss., 41 ss.
- prossimità: 15 nt. 18, 31 nt. 67,
60, 121 nt. 9, 244 ss., 263 ss., Roma II: 41 ss.
272 ss., 280 ss.
v. anche: Savigny: 17 ss., 55 ss., 57 nt. 4, 187 nt.
- Gleichlaufsprinzip. 109, 241 ss., 296 ss., 314 ss.,
- Günstigkeitsprinzip. 320 nt. 62, v. anche:
- Neutralità delle soluzioni di - Bilateralismo.
diritto internazionale privato. - Argomentazione deduttiva.

Processo (legge applicabile): v.: Schuld und Haftung: 65 nt. 28, 76 nt.
- Distinzione tra norme 58.
sostanziali e processuali.
- Legittimazione ad agire. Sicurezza giuridica: v. Certezza del
diritto.
Prova della legge straniera: 52 nt. 122,
234 nt. 242. Simulazione: v. Azione di simulazione.

Pubblicità degli atti: 69, 180, 337 ss., Società russe (c.d. imbroglio delle):
341 ss. nt. 114 ss. 126 ss.

Qualificazione: 17 ss., 25 ss., 32 nt. 68, Statuto prevalente: 355 ss.


58 ss., 59 nt. 9, 119 nt. 5, 240.
- Oggetto: 18 nt. 28. Surrogatoria: v. Azione surrogatoria.
- Rinvio di qualificazione: 27 nt.
56. Surrogazione: 16 nt. 20, 30 nt. 65, 189
nt. 114, 195 nt. 134, 244 nt. 271.
Regolamento Bruxelles I: 281 ss.
Sussunzione: v. Argomentazione
Regolamento Roma I: 29 ss., 41 ss. deduttiva.


INDICE ANALITICO 411

Topica: 156 e nt. 16, 184 ss., 205.


Uniformità: 297 nt. 5.
v. anche:
- Armonia internazionale delle
soluzioni.

Unità forum/ius: 140 s., 163 nt. 35,


248, 339, 346 ss; 355 e nt. 134.

Unilateralismo: 60, 163, 226 nt. 219,


228 nt. 230, 243, 320 ss., 321 nt.
64, 340.

Usufrutto: 7 nt. 1, 357.

Vernichtungsstatut (statuto
dell’annullamento): 32 nt. 69,
52.

Verfügungsstatut (Statuto dell’atto


dispositivo): 145.

Vincoli di indisponibilità: 65 ss., 67 nt.


34.

Wirkungsstatut (Statuto degli effetti


dell’atto): 140 ss., 182 ss., 212
ss., 337 ss.


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