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PSICHIATRIA 24.10.

2016
Sbobinatori: Chiara Caruso (9.00-10.00), Anna Fuscaldo (10.00-11.00)
Elisabetta Casto (11.00-12.00), Marta Bonomo (12.00-13.00)
Argomenti: introduzione al corso, funzioni psichiche: sensopercezione, pensiero, linguaggio, memoria,
intelligenza, coscienza.

Il corso di Scienze del comportamento non è a


obbligo di frequenza.
Le domande dell’esame, 50, verteranno su:
psicopatologia, clinica psichiatrica e legislazione
psichiatrica (parte a cui la prof tiene molto) e la
parte della farmacologia che verrà trattata dal Prof.
De Sarro. Non si farà il tirocinio in clinica per
violazione della privacy da parte dei colleghi degli
anni precedenti, ma si faranno tirocini in aula (con
gruppi di max 30 studenti) su casi clinici. Libera
scelta sui libri di testo nella foto a lato.

Ci verrà fornito il PDF del DSM-5 (Diagnostic and


Statistical
Manual of Mental Disorders-quinta edizione), il “codice psichiatrico”, ovvero l’elenco di tutti i sintomi
delle patologie psichiatriche, valevole per tutte le nazioni. Questo è appaiato con l’ICD (International
Classification of Diseases). Per quanto concerne le sbobinature la Prof.ssa tiene a precisare che in
quelle degli anni precedenti ci sono molti errori. Comparare dunque le sbobinature con il libro.

La Psicopatologia è la parte della


psichiatria che si occupa dello studio
sistematico di tutte le funzioni psichiche,
ma soprattutto delle relative alterazioni
patologiche (è di fatti paragonabile alla
semeiotica).

Le funzioni psichiche si dividono in


funzioni di tipo cognitivo e affettivo anche
se in realtà non c’è una scissione netta tra
memoria e intelligenza, tra pensiero e
senso percezione, dunque nessuna
funzione psichica è a se stante.
Quando si fa un’ indagine psicopatologica
del paziente si inizia con:
- fare la valutazione di sintomi psichici
- studiare le sindromi
- studio della nosografia (identificare la
patologia)

Quali sono le cose che cerchiamo di


valutare in un paziente psichiatrico?
Osservazione del suo aspetto (trasandato, curato, esageratamente curato). Avere davanti a sé un
paziente depresso trasandato è ben diverso dall’analisi del paziente depresso curato (istrionico).
Si osservano inoltre le espressioni del volto e il comportamento. Di rilevante importanza è anche il
colloquio per valutare le sue funzioni psichiche.
L’eloquio è l’espressione del pensiero quindi in funzione di come parla e di ciò che dice il paziente si
valuta il tipo di alterazione cha ha il suo pensiero, se ha o meno una coscienza integra, se ha o meno
un senso di percezione adeguata, si valuta la sua tensione, la sua attenzione ecc .
La cosa più importante è la capacità di critica, l’INSIGHT, ovvero la capacità che il paziente ha di
rendersi conto di quanto ciò che sta suggerendo sia normale o patologico. Se un paziente è tifoso di
una squadra che ha perso una partita, e dice che la partita è stata truccata e associa ciò al non poter
più fidarsi di nessuno, la cosa da valutare è la capacità di critica di questa sua affermazione. Allo
stesso modo se il paziente dice di non
poter fare a meno di controllare
ripetutamente se la porta è chiusa o
aperta, perché convinto che possano
entrare i ladri, bisogna valutare
questa affermazione. Il paziente
dovrebbe essere capace di ragionare
sui propri sintomi, di autovalutarsi. In
un paziente depresso si ha la visione
catastrofica della realtà che lo
circonda, ma ciò non significa che
tutto il resto del mondo vada male.
L’insight, in questo caso, sta nel
pensare che domani sia un giorno
migliore. Tutto ciò che si estrapola dal
colloquio paziente-medico serve per
arrivare alla diagnosi.

SENSOPERCEZIONE
La sensopercezione è una funzione cognitiva di tipo complesso perché non è una funzione isolata, ma
connessa alle altre funzioni psichiche di tipo cognitivo e serve a vedere cosa succede dentro e fuori di
noi. La SENSAZIONE è rilevata dai recettori sensoriali presenti sul nostro corpo. Viene inviata ed
elaborata dal cervello. Se il cervello è in grado di riconoscerla e identificarla diventa PERCEZIONE .
Differenza tra sensopercezione e
rappresentazione.
Nella rappresentazione si ha un ricordo, un
pensiero di qualcosa che non è presente,
ma immagazzinato nella memoria. Si può
modificare. Cambia in funzione dello stato
affettivo. Nella sensopercezione l’oggetto
esiste, è collocato nello spazio esterno,
dunque è presente. Non si può modificare.

DISTURBI DELLA PERCEZIONE


ALTERAZIONI QUANTITATIVE
- IPERESTESIA: sentire di più, in maniera molto più intensa, nonostante il recettore sia inalterato,
quindi il problema non risiede nel recettore ma nella soglia percettiva. Succede negli stati ansiosi.
Quando il soggetto è in allerta è come se si abbassasse questa soglia riuscendo a percepire con
maggiore facilità il pericolo esterno. Nel disturbo depressivo succede il contrario (NELLA SLIDE C’E’
UN ERRORE). È tipica dell’emicrania, dell’intossicazione da allucinogeni ecc.
- IPOESTESIA: il soggetto ha difficoltà a cogliere gli stessi stimoli che in condizioni normali succedono
quando si innalza la soglia sensopercettiva. Il soggetto depresso ha difficoltà a sensopercepire con la
stessa intensità i colori, i suoni ecc. ed è tipico del delirium, della schizofrenia.

ALTERAZIONI QUALITATIVE

- Micropsia: il soggetto percepisce la sensazione (vista) come più piccola e gli oggetti sono più piccoli
rispetto alla realtà.
- Macropsia: avviene l’opposto e il soggetto vede la mosca come uno struzzo.
- Dismegalopsia: c’è irregolarità della forma degli oggetti. Queste tre alterazioni sono tipiche di stati
confusionali da allucinogeni, in particolar modo la dismegalopsia.
- Teleopsia: il soggetto avverte un oggetto che ha davanti a sé vicino molto lontano e la
sensopercezione inganna sulla distanza.
- Pelopsia: un oggetto in lontananza io lo vedo vicino a me.
- Poliopsia (o poliopia): il soggetto osserva la persona accanto a sé come se fosse sfigurata (visione
molteplice di un oggetto).
- Alloestesia: quando qualcosa che dovrebbe essere alla mia dx la percepisco come se fosse alla mia
sx e c’è un cambio di sensopercezione.
- Akinetopsia: un’alterazione nella percezione del movimento (ad esempio vedo una macchina che
cammina lenta e invece sta correndo).
La percezione del tempo è correlata allo stato
affettivo. Il soggetto depresso percepisce lento
lo scorrere del tempo. Il depresso si sente
peggio al mattino soprattutto quando osserva
tutto ciò che dovrebbe fare durante la giornata.
Man mano che passa la giornata e arriva l’ora
di andare a letto il suo umore migliora. Altri
soggetti sono depressi perché hanno in realtà
una componente ansiosa importante e stanno
peggio la sera quindi il tono dell’umore è
decrescente.
Eutimia  stato di umore basale, di neutralità.
Al di sopra c’è l’ allegria, seguono euforia e
mania
(nello stato maniacale si ha l’innalzamento patologico del tono dell’umore).
Viceversa al di sotto della linea della eutimia ci sono in ordine tristezza, malinconia e infine
depressione. Negli stati maniacali il soggetto ha un vissuto del tempo che va alla velocità della luce
ed è l’opposto del paziente depresso.
Nel disturbo bipolare il paziente alterna fasi di mania con fasi di depressione e quindi il cambiamento
del vissuto del tempo assieme ad altri sintomi indica quale fase della patologia è del paziente. Lo stato
maniacale è correlato a una sensazione di tempo accelerato. Nella schizofrenia le cose si complicano e
si alternano momenti di accelerazione del vissuto nel tempo a momenti in cui il tempo sembra
fermarsi.
In pazienti a cui viene somministrata la morfina per una patologia oncologica, nel momento in cui
viene sospesa la somministrazione questo entra in delirium e va incontro ad un disorientamento
temporale.

LE FALSE PERCEZIONI
Le false percezioni sono fondamentalmente
quattro:
- le illusioni sono quelle circostanze in cui il
paziente interpreta male un oggetto di
sensopercezione che c’è fuori di lui (esempio: vede
un ombra e l’interpreta come se fosse un
assassino). L’ illusione è una percezione sensoriale
distorta di uno stimolo esterno realmente
presente. Le illusioni riguardano gli organi di
senso, le più frequenti sono quelle visive e uditive;
- l’allucinazione è un fenomeno percettivo in
assenza di un oggetto che può realmente stimolare
l’organo di senso; quindi non esiste un oggetto che
sta stimolando l’organo di senso, ma il soggetto
percepisce che questa stimolazione sia realmente avvenuta e la cosa importante è che viene
collocata fuori di sé.
-le pseudoallucinazioni molto frequenti nella psichiatria, più delle allucinazioni, in cui il soggetto ha
una sensopercezione di un oggetto che non esiste e che normalmente colloca dentro di sé. Le
pseudoallucinazioni sono solitamente voci, (esempio: una ragazza sente delle voci che commentano
o delle conversazioni di voci localizzate dentro il proprio cervello).
- le allucinosi sono alterazioni sensopercettive come le allucinazioni, però in questo caso il
soggetto le critica rendendosi conto dell’impossibilità (esempio: un soggetto che ha un’allucinosi
alcolica, un delirium, avverte delle formiche che stanno salendo sul braccio, lui ammette che è
assurdo che ci siano delle cose che stanno salendo sul braccio e che è assurdo che non possa
vederle). Esiste la critica che equivale all’insight (la capacità di rendersi conto che questo sia vero
o non vero).

LE ILLUSIONI
Le illusioni più frequenti sono:
- di tipo affettivo o emotive esempio: sto
tornando da solo a casa, è tardissimo, sono
preoccupato, ad un angolo vedo un’ombra, mi
spavento perché penso che ci sia qualcuno che
voglia derubarmi);
- di disattenzione;
- di completamento, sono le tipiche che
troviamo nei libri (tra le leggi della Gestalt,
scuola tedesca che studiava la senso percezione,
esiste la legge in cui il nostro cervello tende a
mascherare i difetti, di mettere delle pezze dove
ci sono degli errori (esempio: stiamo leggendo,
manca una parola o una sillaba o qualche
lettera, il nostro cervello completa tutto ciò che
manca).

L’ALLUCINAZIONE:
È una percezione senza oggetto. Il
soggetto è certo di ciò che sta vedendo,
ha poca o
nessuna capacità di critica. Se il paziente
in questo momento sta sentendo una
voce, per lui quella voce esiste.
L’allucinazione e il delirio servono quasi
da soli per fare diagnosi di schizofrenia.
Il soggetto che ha allucinazioni non è
capace di discriminare tra una
percezione reale e un’allucinazione
proprio per le sue caratteristiche di
fisicità, esso è convinto di stare
toccando, di stare vedendo un oggetto e
se si cerca di far descrivere esattamente
le caratteristiche di questa sensazione, il
soggetto lo fa senza grosse difficoltà.

Le allucinazioni possono essere il risultato di tante cause:

- alterazioni del sistema nervoso centrale, che causano questa distorsione percettiva (distorsioni
della via dopaminergica che possono spiegare la causa di questo disturbo);
- disturbi degli organi sensoriali, cioè le allucinazioni sono psichiatriche. Esistono altre patologie
dove il soggetto può avere una sintomatologia simile (esempio: i soggetti che sono deprivati
sensorialmente come i carcerati che sono in una cella di isolamento dopo un certo periodo
possono avere delle allucinazioni di tipo uditivo o di tipo visivo dettati dal non utilizzo dei
recettori. Il non utilizzo dei recettori può in qualche modo causare la comparsa di allucinazione);
- emozioni intense;
- suggestioni. Alcuni soggetti maggiormente, altri per niente, possono essere suggestionati e avere
delle vere e proprie allucinazioni.

Per studiare le allucinazioni sono state adoperate molte ipotesi.


1) Gli psichiatri si accorgono
dell’esistenza di una base biologica
di questo disturbo, cioè facilmente
capiscono, quando presente, che
c’è un’alterazione
biologica/neurologica determinata.
Un’allucinazione può avvenire
quando esiste un eccesso di
dopamina in una determinata area
del cervello: la via mesolimbica.
Esistono 4 vie dopaminergiche e in
una di queste esiste un eccesso di
dopamina tale da far scaturire le
allucinazioni. Le allucinazioni sono
facili da risolvere, quando ad un
soggetto si somministra un farmaco
psicotico che va a bloccare
l’eccesso di dopamina, il soggetto
smette di avere allucinazioni. Se da
una parte le allucinazioni sono facile da trattare, quello che è difficile è convincere il paziente a
fare questa terapia per un certo periodo di tempo (coinvolgimento psicologico).
2) Un’altra possibile spiegazione è il disturbo parziale della coscienza, cioè quando non esiste
una riduzione adeguata dei filtri inibitori dei centri superiori su quelli inferiori e una attivazione
delle tracce mnesiche secondo alcuni potrebbe causare l’allucinazione;
3) Per la psicodinamica, l’allucinazione è un processo in cui il paziente proietta nel mondo
esterno quei contenuti che in realtà appartengono alla sua personalità (esempio: io sono un
soggetto diffidente, invece di ammettere questa mia diffidenza, do la colpa alla persona che è
davanti a me, è lei ad essere cattiva. Da lì si spiega il delirio e l’allucinazione).
4) L’ultima, anch’essa una ipotesi cognitiva, dice che l’allucinazione è una rappresentazione
proiettata nello spazio esterno. La rappresentazione ad esempio il ricordo del caffè, il ricordo del
bacio, il ricordo dello schiaffo, secondo questa teoria cognitiva, si rievoca non come qualcosa che
è dentro la persona, ma come qualcosa che viene da fuori. Quindi la rappresentazione che colloco
all’esterno sarebbe un’allucinazione.
Le allucinazioni possono essere SEMPLICI
(ELEMENTARI) o COMPLESSE.
Parliamo di allucinazioni semplici quando il
paziente avverte uno stimolo/oggetto
microscopico (suoni, rumori, luci, luccichii).
Parliamo di allucinazioni complesse quando
l’oggetto delle allucinazioni riguarda parole,
frasi, persone e scene complesse, articolate nel
tempo. Logicamente un maggiore stato di
gravità è rappresentato dalle allucinazioni
complesse.

Le allucinazioni possono anche essere


FISIOLOGICHE e cioè avvenire durante il sonno o
in dormiveglia.
Sono allucinazioni ipnagogiche quelle che un
soggetto ha quando si sta addormentando,
ovvero quando il sistema reticolare ascendente si
sta disconnettendo e si possono avere piccoli
stimoli che possono essere interpretati in vario
modo.
Sono allucinazioni ipnopompiche quelle tipiche
del risveglio.
Per eidetismo invece si intendono vivide rappresentazioni che
riproducono fedelmente e nitidamente immagini di cose,
oggetti, scene, viste precedentemente.
Esistono infine le allucinazioni di tipo PATOLOGICO che sono indice di una patologia più severa
rappresentata dalla psicosi, in cui il paziente ha il totale distacco dalla realtà. È importante ricordare
tra le cause di disturbi psicotici l’assunzione di sostanze stupefacenti.
[Per nevrosi invece si intende una condizione in cui il soggetto mantiene, seppure in modo alterato e
disturbato, un contatto con la realtà].
In relazione all’organo di senso coinvolto, le allucinazioni possono essere di tipo:
1 Uditivo: sono le più frequenti e sono patognomoniche (soprattutto quelle evidenziate in giallo
nella slide) della schizofrenia. Possono riguardare rumori, suoni, imperativi, colloqui di voci e
commenti;
2 Visivo: meno frequenti. Possono essere anche in questo caso allucinazioni semplici o
complesse riguardanti la visione di scene, persone e animali. Questo tipo di allucinazioni sono
riscontrabili nei pazienti che hanno fatto abuso di sostanze o in casi di epilessia del lobo
temporale;
3 Olfattivo e gustativo: non sono frequenti. Riguardano odori e/o sapori sgradevoli.
Normalmente la causa è di tipo neurologico, in particolare di tipo epilettoide;
4 Tattile: causate dall’abuso di sostanze e da disturbi neurologici. Il paziente si sente toccare,
bruciare, tagliare, prova solletico. Sono frequenti nei pazienti schizofrenici e in coloro che
hanno subito l’amputazione di un arto (la cosiddetta sindrome dell’arto fantasma);
5 Cenestopatico e cinestesico: il paziente ha la sensazione di avere una parte del corpo
trasformata (es:
sentire i muscoli di roccia, di ferro) o che qualcuno li stia stringendo, fermando (possesso);
6 Viscerale: allucinazioni che riguardo gli organi interni;
Infine la tabella riportata in seguito riassume alcuni parametri che fungono da ausilio nella valutazione
dell’eventuale presenza di alterazioni anomale nei pazienti al fine di stabilire una diagnosi.
Da notare che il controllo volontario è presente solo ed esclusivamente nelle rappresentazioni ed
assente in tutte le altre.
PENSIERO
Come dovreste ricordare, il pensiero è quella funzione psichica che permette la valutazione della
realtà e la formulazione di giudizi e ragionamenti. Il pensiero può essere studiato a diversi livelli, ora
a noi interessa dal punto di vista psichico, non da quello neurochirurgico né da quello neurologico.
Perché ci sia pensiero bisogna avere una coscienza attiva, come per la sensopercezione e le altre
funzioni cognitive.

La materia prima di questa funzione


psichica sono le idee: perché esista
pensiero deve esistere la ideazione. Il
processo di ideazione si compie in virtù
di un doppio meccanismo: il processo
di astrazione e quello di associazione.
Attraverso l’astrazione gli elementi che
possono essere comuni a diverse
rappresentazioni vengono isolati
separando le singole caratteristiche
specifiche in maniera tale da poter
arrivare all’astratto che sarebbe il
concetto. Attraverso invece
l’associazione quello che facciamo è
vedere cosa hanno in comune tutte
queste rappresentazioni con altre idee.
Quindi il nostro pensiero funziona in
base a questi due meccanismi
fondamentali: astrazione e
associazione.

Ad esempio qui vediamo un semaforo e una luce rossa. Quando stiamo avendo
l’esperienza di questo semaforo, mentre stiamo guidando, il nostro cervello adopera
prima l’astrazione, cioè va a cogliere l’essenza di questa esperienza (noi sappiamo
che il semaforo rosso è un segnale che ci avvisa di un possibile pericolo), poi
l’associazione con tante esperienze e rappresentazioni previe di tanti semafori della
nostra vita. Davanti al singolo semaforo rosso il nostro cervello associa tante
rappresentazioni previe, quindi adoperiamo una certa associazione di idee per
arrivare al ragionamento di fermarci (se siamo normali, se non siamo degli
antisociali); lo stesso se vediamo quest’immagine
(mostra una foto di alberi con foglie di colori autunnali): tante volte abbiamo visto gli alberi in
autunno, in primavera, in estate e in inverno, e alla fine noi facciamo l’astrazione “albero” e
l’astrazione “autunno” e arriviamo ad un certo giudizio, questo grazie al fatto che il nostro cervello
ha fatto l’astrazione del concetto di autunno. Grazie a
questo il nostro pensiero veloce non si deve soffermare su
ogni esperienza vissuta, ad esempio nel momento in cui io
dico la parola “tavolo” voi non dovete pensare a tutti i
tavoli che avete visto nella vostra vita, ma andate
direttamente al concetto di tavolo, così come l’esperienza
singola dell’albero che vediamo a destra è facile e
immediata perché abbiamo fatto l’astrazione del concetto
minimo di albero, come per esempio nell’immagine che
vediamo a sinistra.
Ricordate che esistono tre tipi di pensiero normale che
adoperiamo durante lo stato di vigilia, coscienza, lungo
tutta la giornata:
- il primo pensiero è quello razionale, che utilizza l’ideazione, il ragionamento e la critica per
astrarre, associare, utilizzare tutti questi concetti e arrivare a un nostro giudizio. Noi partiamo da una
sensopercezione, ad esempio quella del semaforo rosso; attraverso astrazione e generalizzazione
arriviamo a un certo concetto, in questo caso quello di pericolo, associamo quindi diversi concetti e
arriviamo ad un giudizio. In questo giudizio non ci soffermiamo al singolo semaforo ma associamo
semaforo, luce rossa, traffico, macchine, dopodiché uniamo tutti questi giudizi che compariamo e
associamo per arrivare al ragionamento finale: “è il caso di fermarsi”. Quindi il pensiero di tipo
razionale funziona sempre partendo da una sensopercezione o da una rappresentazione per arrivare
all’emettere dei ragionamenti.
- il secondo tipo di pensiero, quello immaginativo, è quello che usiamo per programmare le
azioni: devo cambiare la ruota alla macchina, devo cucinare la lasagna o preparare una torta, e
anziché iniziare a fare un ricordo razionale punto per punto io immagino, organizzo queste idee e
quindi procedo a organizzare il mio comportamento. - il pensiero fantastico è infine quello che serve
per risolvere cose che nella realtà non si possono risolvere, ad esempio sono arrabbiata con mio
marito, lui mi risponde male e io immagino il pullman che lo travolge; logicamente non lo posso
uccidere nella realtà, ma riesco a ridurre l’ansia, la tensione, la rabbia senza finire in galera. Quindi
questi tre tipi di pensiero sono i pensieri che noi adoperiamo normalmente.

DISTURBI DEL PENSIERO


I disturbi fondamentali del pensiero sono quelli che
riguardano la forma o il contenuto.
La forma è la maniera in cui organizzo queste idee,
giudizi, concetti in maniera tale da arrivare al mio
ragionamento finale; posso avere alterazioni che
riguardano la velocità, quindi la concatenazione,
l’alterazione dei nessi associativi (accelerazione)
però posso anche trovare alterazioni che
riguardano l’astrazione, la concettualizzazione, il
sistema logico di riferimento, il sistema simbolico. A
voi come futuri medici interessa ricordare alcuni
aspetti delle alterazioni fondamentali per poter fare
un’ipotesi diagnostica. In maniera grafica, partendo
dal concetto A per arrivare al ragionamento B io
faccio una serie di nessi, questa è la spiegazione
del pensiero in condizioni normali. Prima
alterazione è la accelerazione del pensiero: il
soggetto, nello stesso lasso temporale, invece di
fare 4 o 5 associazioni ne fa molte di più, quindi la
velocità delle connessioni è tale che viaggia con
maggiore rapidità, ed è tipico della fase maniacale
del disturbo bipolare. Quando siamo più allegri e il
nostro cervello è più nitido, riesce a fare
associazioni con maggiore facilità, il che è normale,
ma quando queste associazioni sono esageratamente elevate possiamo assistere a un’accelerazione
esagerata
di questo flusso eidetico e, se
ricordate, per valutare questo flusso
eidetico l’unica possibilità è quella di
valutare l’eloquio del paziente e
tradurre ciò che in realtà sta
succedendo dentro al suo cervello;
l’opposto succede col pz che ha una
fase depressiva, e questo vi spiega
anche come sia assurdo e difficile
spiegare le funzioni psichiche
separatamente. Questa alterazione
del pensiero infatti è
causata da un’alterazione di tipo affettivo: il soggetto in fase depressiva tende ad avere un
rallentamento di tutte le funzioni cognitive, che nel caso della depressione si traduce in una difficoltà a
mantenere una velocità dell’eloquio normale, ad esempio il pz alla richiesta del motivo della visita
risponde in maniera molto lenta. Se ricordate, nel tirocinio di abilità relazionali abbiamo detto che
l’eloquio normale è di circa 2 parole per secondo. Una persona può deliberatamente decidere di
parlare più lentamente, ma il pz depresso ha una latenza maggiore prima di iniziare la risposta e ha
una difficoltà a fare nessi associativi, per passare da A a B fa un cammino tortuoso che richiede molto
sforzo e molto tempo.

Quando questa decelerazione del flusso del


pensiero arriva all’estremo mi posso trovare
con un pz in cui osservo il blocco del
pensiero, il pensiero si ferma, si arresta e non
va oltre, quindi alla richiesta del motivo della
visita il pz inizia a dire “Bè, io ero venuto
qua...” e non dice più niente. Il blocco del
pensiero può succedere in pz con gravissimo
stato depressivo o anche in altre patologie
come stato psicotico anche molto importante
o altre sindromi come stati confusionali anche
di tipo metabolico.

Nel pensiero tangenziale il pz dà una risposta che,


sebbene sia abbastanza attinente al quesito, non
arriva mai al centro di ciò che gli si stava
chiedendo; gli si chiede “Come mai lei è venuto
oggi qua?” E il pz risponde: “per fare una visita”.
“Si va bene, ma perché?” “Per fare una visita
psichiatrica”. Tendono a non rispondere mai quello
che gli si chiede “Come ti chiami?” “Come sono
stato battezzato.” “E come sei stato battezzato?”
“Con il nome di mio nonno” “E tuo nonno come si
chiamava?” “Come era stato chiesto da suo
padre.”
Deragliamento il pz inizia a fare un percorso in
cui le prime associazioni delle idee sono
adeguate, ma quando arriva a un certo punto
deraglia, perde la strada e se ne va altrove.
Partendo dalla premessa A si arriva altrove, non
al punto di destinazione. Questo è tipico della
psicosi, che può essere la schizofrenia, il disturbo
delirante cronico, patologie comunque molto
gravi.

Altra alterazione se ricordate era il pensiero


circostanziato tipico delle persone prolisse,
che inseriscono nel discorso tante parentesi,
informazioni inutili che il soggetto non può
fare a meno di ammettere. Vi facevo
l’esempio della trasmissione del ciclismo, in
cui bisogna occupare il tempo e quindi il
giornalista inserisce molte informazioni
irrilevanti. Partendo dalla premessa A si
arriva al punto B con tante parentesi.

La perseverazione è tipica del soggetto che inizia


a rispondere in maniera adeguata e poi inizia a
ripetersi come il disco in vinile rigato; “Come ti
chiami?” “Mi chiamo Giovanni” “Di dove sei?” “Mi
chiamo Giovanni” “Dove sei nato?” “Mi chiamo
Giovanni” e da lì non si va oltre.

Un’altra alterazione è il pensiero ossessivo, che riguarda un’idea che si ripete, come nella
perseverazione, ma la differenza è che genera ansia. Per cercare di capire se si tratta di un’ossessione
e non di altro è fondamentale una caratteristica: il pz si rende conto dell’assurdità del contenuto,
quindi la critica, la osserva anche come qualcosa di fastidioso, quindi di egodistonico [“egosintonico"
in psichiatria significa adeguato all’ego, considero che sia qualcosa di adeguato, di appartenente a me,
aderisco; “egodistonico” indica che questo sintomo, in questo caso il pensiero ossessivo, non mi
appartiene, è qualcosa che si è piazzato dentro di me ma io non l’ho creato, non aderisco]. Il paziente
che è ossessivo è il tipico caso del soggetto che pensa: “Ho lasciato la porta aperta o l’ho chiusa?” O il
rubinetto o la porta della macchina, quindi l’ossessione genera tanta ansia. Quando io sono ansioso e
sono preoccupato perché non so se ho fatto tutte le cose che dovevo fare quel giorno, o se ho chiuso
la porta, il rubinetto ecc. io non riesco più a stare tranquillo, perciò mi alzo dal letto per controllare la
porta di casa, se sono nel parcheggio torno indietro più volte per controllare se ho chiuso la macchina
ecc., quindi metto in atto una compulsione.
Un’altra alterazione è il concretismo: nel pensiero concreto o iperconcreto il soggetto non è in grado di
fare l’astrazione, cioè di allontanarsi dalla sensopercezione per arrivare al concetto, quindi è la
persona che per esempio non capisce il significato di “a caval donato non si guarda in bocca”, non
riesce a realizzare l’astrazione necessaria per cogliere il vero significato.
Disturbi invece del contenuto sono due: l’ideazione prevalente e l’idea delirante o delirio.
Nell’idea prevalente il soggetto sta sperimentando un’idea o un pensiero magari anche comprensibile
nella sua motivazione, che può essere anche accessibile alla critica in condizioni normali, in condizioni
patologiche meno, però è un’idea che sovrasta tante altre idee; può essere molto simile
all’ossessione, ma la differenza fondamentale è che non permette al soggetto di pensare nient’altro
perché è come se fosse un ombrello che “copre” la caduta di altre idee sul cervello. Il soggetto ha
questa ideazione prevalente, preminente nella sua mente, che non riesce a scacciare dalla coscienza.
L’idea prevalente può essere normale in condizioni fisiologiche, ad esempio se oggi c’è la partita della
mia squadra del cuore che devo andare a vedere, e per tutto il giorno non riesco a pensare ad altro,
però in condizioni patologiche può essere enormemente invasiva, come nei pz con disturbo del
comportamento alimentare che non riescono a fare nient’altro, come ad esempio nel caso della
paziente convinta di essere grassa, anche se in realtà è molto magra, penserà per tutta la giornata a
quanto è brutta e a quanto gli altri la stanno giudicando per via del suo “peso abnorme”, quindi non
riesce a fare altro perché la sua preoccupazione è non essere come lei vorrebbe essere. O per
esempio il pz depresso, che è convinto di essere un buono a nulla, che combinerà soltanto guai e
creerà problemi a se stesso e agli altri, non riesce a vedere altro; pensando alla sua indegnità e alla
sua incapacità non riesce a fare nient’altro. O per esempio la dismorfofobia in cui il pz è preoccupato
in maniera esagerata riguardo un reale o fantasticato difetto organico, ad esempio è convinto di avere
naso o orecchie troppo grandi o troppo piccoli, quindi il suo pensiero, la sua preoccupazione, sovrasta
tutti gli altri pensieri.
Molto più importante è invece il delirio. Il delirio sta al pensiero come l’allucinazione sta alla
sensopercezione: se nella allucinazione c’è una sensopercezione senza oggetto, nel delirio il soggetto
ha come punto di partenza un’idea sbagliata, che non corrisponde alla realtà quindi è assurda o
impossibile; come seconda caratteristica il soggetto è convinto, e anche se cerchiamo di dimostrargli
l’assurdità di questo pensiero egli continua ad esserne fermamente convinto. Terza caratteristica: è
incorreggibile. Quarta: non deve essere legata alla cultura o subcultura dalla quale viene il pz. Ad
esempio se io appartengo ad una tribù dell’Amazzonia sperduta in mezzo alla giungla e sono convinta
che quando piove è perché Dio è arrabbiato con noi, se io sostenessi in un giorno di tempesta che sta
per arrivare la fine del mondo, questo non sarebbe considerato un delirio perché è collegato alla
cultura del soggetto, ma se succedesse nel mondo occidentale non sarebbe considerato tanto
normale.
Quindi, per giudicare come delirante un’idea:
1) l’idea deve essere errata;
2) il soggetto fermamente convinto;
3) il soggetto è sempre sicuro e incorreggibile;
4) l’idea non deve avere nessun nesso con l’entroterra culturale o subculturale a cui appartiene il pz.

Tipi di delirio. Possiamo classificarlo e


descriverlo in funzione di diverse variabili,
come lo stato di confusione: se il pz ha uno
stato di coscienza alterato, ad esempio sotto
l’influenza di allucinogeni, droghe o alcol,
parlerò di delirio confuso, uno stato di
coscienza alterato non tanto patologico quanto
invece lo è il delirio lucido, nel quale il pz è in
uno stato di coscienza non alterato ma è
convinto di questa idea. Questo delirio lucido a
sua volta può essere più o meno
sistematizzato. Un delirio lucido non
sistematizzato è caratterizzato da idee sparse,
senza alcuna spiegazione: “mio marito mi
tradisce, c’è un complotto, il mondo sta per
finire”. Un delirio ben sistematizzato è invece
come una trama: il pz ti racconta A  B  C 
D, spiegando tutto quanto.
Questo è un delirio molto bizzarro, più bizzarro è un delirio, maggiore gravità ha il pz. Un delirio
bizzarro di per sé può aiutarci a fare la diagnosi di schizofrenia. Un deliro non sistematizzato può
essere solo un disturbo delirante cronico perché il soggetto che ha un disturbo con un delirio bizzarro
normalmente ha anche alterazioni nel funzionamento sociale, lavorativo, familiare ecc. In psichiatria
una rondine non fa primavera, ci vuole una certa stabilità temporale, un certo grado di
compromissione nella vita quotidiana causato dal disturbo. Se il pz è triste, ma riesce a fare
comunque la sua vita normale non posso fare una diagnosi di depressione; per arrivare alla diagnosi
di un disturbo depressivo il pz non deve essere solo triste ma deve avere anche altri sintomi, pensiero
suicidario, difficoltà a pensare, alterazione del sonno, alterazione dell’alimentazione durante almeno
15 gg. Se non passano almeno 15 giorni non posso dire che è depresso e iniziare una terapia.
Esempio: una pz che seguo per un binge eating disorder, che sta passando un periodo
particolarmente stressante per problemi familiari e si stava “aiutando” con le canne, era convintissima
dell’esistenza di un complotto, comprendendo il quale era riuscita a capire il perché tutte le cose della
sua vita non le stavano andando, quindi c’era secondo lei una macchinazione generalizzata in cui
marito, il datore di lavoro, i vicini di casa, tutti si erano messi contro di lei perché avevano capito che
lei finalmente aveva capito, perciò la stavano facendo andare in depressione. È bastata un’intensa
terapia di qualche giorno e fortunatamente questa condizione non è andata avanti, abbiamo potuto
fare una diagnosi di disturbo psicotico breve, della durata di pochi giorni; se la sintomatologia fosse
andata oltre avremmo potuto fare ad esempio una diagnosi di disturbo schizofreniforme; al di sopra di
6 mesi le avremmo messo la targhetta di schizofrenia, e una volta che si mette in psichiatria questo
tipo di “targhetta”, questa rimane per tutta la vita:
schizofrenia, disturbo bipolare, sono disturbi cronici. In funzione della durata posso o meno accedere
a diagnosi e terapie. Un delirio lucido, sistematizzato e anche molto bizzarro mi fa pensare ad una
patologia molto severa, come la schizofrenia.
Nel delirium, il paziente che ha un episodio febbrile elevatissimo o un’alterazione metabolica per
insufficienza epatica, un’intossicazione acuta e così via, può avere uno stato confusionale o di delirium
durante il quale dice cose assurde, ha dei deliri che però non preoccupano lo psichiatra, perché con
una certa terapia questa sintomatologia è circoscritta nel tempo. Se le cose vanno avanti posso
arrivare fino alla paranoia, e qui disturbo delirante cronico o schizofrenia.

Il delirio possiamo classificarlo anche come


primario o secondario:
- primario quando non esistono altre patologie
che possano spiegarlo
- secondario è il delirio tipico del pz con
depressione che inizia a essere convinto di
essere indegno, incapace e per via di questa
incapacità perderà il lavoro, perciò andrà in
rovina dal punto di vista economico e tutta la
famiglia pagherà le conseguenze, dovranno
vendere la casa e andare a vivere sotto un
ponte, e quindi è convinto a questo punto che è
meglio morire: sono questi i pazienti che prima
ammazzano la famiglia e poi si suicidano.
Questo è un delirio secondario. Un delirio può
essere secondario per esempio anche ad un trauma encefalico, a un tumore cerebrale o ad altre
patologie. Quindi quando c’è una causa io prima devo trattare la causa perché magari trattandola
risolverò il delirio; se invece non esiste una circostanza sottostante che possa spiegare questo
delirio io parlo di disturbi deliranti primari, per esempio la schizofrenia.
Le tematiche sono tante:
- deliri di persecuzione  il soggetto ha la convinzione delirante che l’ambiente gli sia ostile. Se ve
lo spiegasse uno psicanalista direbbe che
normalmente al di sotto c’è un tratto narcisistico,
quindi gli altri invidiano qualcosa che io non ho e
loro non hanno, e perciò mi perseguitano. Ad
esempio il delirio a tematica di nocumento, cioè la
convinzione di essere osteggiato o danneggiato da
tutti, “tutti contro di me”. O quello a tematica di
veneficio, anche questo non è infrequente,
normalmente è associato anche ad allucinazioni di
tipo gustativo, cioè di pazienti che sono convinti
che il cibo nasconda veleno. Questi pz scelgono
loro il cibo ecc.: per esempio quest’anno ho
visitato una studentessa universitaria, la cui
coinquilina un giorno chiamò il padre dicendo che
in quel periodo questa ragazza stava perdendo
moltissimo peso, perciò la famiglia pensò che
fosse anoressica. In
realtà, dopo una gastroenterite che aveva avuto dopo aver mangiato qualcosa di cucinato dalle sue
coinquiline, era convinta che le altre la volessero avvelenare per non farle passare un esame, perché
lei era la più brava, perciò mangiava non solo ciò che cucinava da sola, ma solo ciò che lei stessa
comprava. A noi arrivò per un’anoressia ma in realtà aveva un disturbo delirante di veneficio. Era
anche convinta che i farmaci facessero del male, quindi utilizzava farmaci omeopatici, che non
funzionavano per i suoi problemi, ed era anche convinta che le coinquiline riuscissero a indovinare la
farmacia in cui si serviva perciò comprava farmaci via internet ecc.;
- delirio di influenzamento  convinzione delirante che il proprio pensiero e il corpo siano agibili
all’esterno: qualcuno mi sta mobilizzando come una marionetta;
- delirio di riferimento  quello che sta succedendo è riferito a me: se piove fuori è perché io sono
triste ecc. ; – delirio di rivendicazione o querela  purtroppo è frequentissimo, sono persone che
fanno sempre cause legali per qualunque cosa perché pensano che tutti ce l’abbiano con loro;
- deliri di trasformazione  idea delirante di modificazione sia dell’ambiente che della propria
persona; - delirio mistico  “io sono figlio di Dio”;
- delirio di gelosia  ovviamente diverso rispetto alla gelosia, il pz è convinto che la moglie lo
tradisce con tutti gli uomini del suo condominio;
- deliri depressivi;
- deliri di colpa o autoaccusa;
- delirio di rovina;
- delirio nichilistico o di negazione;
- delirio ipocondriaco  frequentissimo in psichiatria, è la convinzione di essere portatore di
malattie strane, tumori ecc. Questi pz si sottomettono anche alle prove diagnostiche più dolorose
o fastidiose, perché secondo loro c’è sempre una spiegazione (es. la macchina era alterata, quel
giorno non era perfettamente digiuno, non aveva evacuato ecc.), i medici non riescono mai a
diagnosticare la causa esatta della malattia che sono convinti di avere; - deliri di grandezza;
- delirio erotomanico;
- delirio di potenza;
- delirio genealogico; - delirio inventorio.
LINGUAGGIO
Oggi parleremo direttamente della psicopatologia del linguaggio, il resto lo dovete rivedere voi dalle
dispense di qualche anno fa. I disturbi del linguaggio possono essere suddivisi in tre grandi categorie:

1) Disturbi del ritmo o velocità dell’eloquio: sono


alterazioni delle parole e di ciò che dice il
soggetto o della costruzione delle frasi.
Alterazioni per quanto riguarda la velocità in
parte le abbiamo spiegate: puoi parlare molto più
velocemente e quindi questo ci indica
un’alterazione della forma del pensiero.
Normalmente la velocità del pensiero si associa
anche ad un aumento del volume della voce
mentre il rallentamento della velocità ad un
abbassamento del volume.
Ci sono anche casi di disprosodia o aprosodia,
ovvero di
persone che parlano a scatti, tipico della sclerosi multipla, o borbottando (come se stessero facendo
delle bollicine di sapone), in pz molto gravi con la corea di Huntington (queste sono alterazioni
fondamentalmente di tipo neurologico quindi le studierete con maggior dettaglio l’anno prossimo).
2) Disturbo del contenuto, delle parole
1. Neologismi  persone che inventano
termini nuovi. Ad esempio li possiamo
trovare in pz psicotici, ma è anche vero che
un pensiero magico e l’utilizzo di un
linguaggio particolare con neologismi lo
hanno i pazienti con disturbo della
personalità schizotipico, questi infatti hanno
un proprio gergo incomprensibile anche
all’interno della stessa cultura.
2. Parafasia  utilizzare il suono anziché il
nome che identifica l’oggetto o l’azione (in
condizioni normali l’abbiamo subita e la
faremo subire ai nostri figli quando sono
piccoli), quindi abbiamo una
destrutturazione di parola attraverso interposizione di un suono o la sostituzione di una parola
con una frase che ne conserva il significato.
3. Disartria tipico dei soggetti che hanno un’alterazione del cervelletto. Quando si beve troppo
alcol, ad esempio, si provoca un’alterazione del cervelletto e si avverte una difficoltà
nell’articolare la parola, così come l’atassia, la difficoltà a camminare.

3) Alterazioni nella costruzione delle frasi


1. Circostanzialità
2. Tangenzialità
3. Deragliamento
4. Allentamento dei nessi associativi
5. Alogia
6. Illogicità
7. Risposte approssimative
8. Perseverazione
9. Ecolalia
10. Insalata di parole
11. Mutismo

MEMORIA

È la funzione psichica che serve a ricordare al presente le esperienze o i contenuti precedentemente


appresi. La memoria funziona in tre fasi:
1. Fissazione o registrazione  in questa fase servono la volontà, l’attenzione e l’affettività. È il
processo di introduzione di dati nel cervello;
2. Immagazzinamento o conservazione;
3. Rievocazione  in cui devo riportare al presente qualcosa che avevo conservato in passato.
Due anni fa non abbiamo parlato molto dell’oblio e del perché è importante:
- Non potremmo ricordare se prima non avessimo dimenticato. Il ricordo implica l’esistenza
dell’oblio. - È un meccanismo di semplificazione e risparmio.
Abbiamo l’oblio grazie alla capacità di astrazione e rappresentazione e serve per ridurre la quantità di
informazione da immagazzinare. Grazie ad esso non dobbiamo ricordare ogni singola volta che
abbiamo fatto qualcosa.
Esistono oblii legati a patologie neurologiche, come ad esempio l’Alzheimer, alterazioni del tessuto
corticale ma anche della sostanza bianca, in base al tipo di demenza, che distruggono gli archivi;
esiste però un altro tipo di oblio, più importante, che è quello che spesso adoperiamo per risparmiarci
il dolore e che è la repressione. È un oblio motivato, quindi noi dimentichiamo o conserviamo in
maniera molto più accurata onde evitare di riportare al presente la rappresentazione di questo ricordo
con facilità.
Esiste anche l’oblio per interferenza:
1. Interferenza proattiva  ho imparato una cosa in una certa maniera e questo mi rende difficile
imparare altre cose nuove. Ad esempio ho imparato a prendere l’ago per cucire in una certa maniera
e adesso mi viene difficile imparare a prendere l’ago in modo diverso.
2. Interferenza retroattiva  ho imparato qualcosa di nuovo che sta cancellando quello che avevo
imparato prima. Ad esempio ho imparato prima l’inglese e successivamente l’italiano e adesso quando
parlo inglese mi viene prima in mente la parola in
italiano.
Anche il contesto è importante: devo ricordare e
riportare al presente una certa cosa però il contesto in
cui mi trovo me lo rende difficile. Ad esempio voi
studiate una certa cosa e la imparate, se poi la dovete
riportare al presente e siete in ambito di studio è
facile, se voi invece la dovete ricordare mentre state
con i vostri amici a divertirvi è più difficile. In funzione
del contesto dunque riuscirete a riportare al presente
il ricordo con maggiore o minore difficoltà.

Esistono la memoria sensoriale (quella che utilizzate


quando prendete appunti), mantenuta per brevissimo
tempo, la memoria a breve termine (MBT) e la memoria a lungo termine (MLT).
La memoria a lungo termine può essere:
- Esplicita  riguarda tutti quei contenuti la cui espressione verbale è facile. Quindi parliamo
della memoria episodica, della semantica, della emozionale e della prospettica. È una memoria
di tipo dichiarativo;
- Implicita  in passato vi ho fatto l’esempio di quando si deve spiegare a qualcuno come si fa
ad andare in bicicletta o a guidare la macchina, una volta che noi impariamo questi contenuti
non li dobbiamo verbalizzare ma li eseguiamo e basta, è dunque una memoria che riguarda
procedure o azioni.

I disturbi della memoria riguardano due grandi sottocategoriei:


1. Alterazioni di tipo quantitativo (io posso ricordare di più o di meno, naturalmente il problema
non è ricordare di più, ma avere meno ricordi di quanto si vorrebbe o dovrebbe avere):
- Ipomnesia  il soggetto ha difficoltà nel registrare, nel conservare o nel rievocare per un
difetto di fissazione, conservazione o evocazione.
- Ipermnesia  grandissima capacità di ricordare e riportare al presente i dati del passato che
può essere normale (ricordate che avere molta memoria non è sinonimo di esser intelligenti, ci
sono infatti persone con quoziente intellettivo ridotto e grandissima memoria). La ipermnesia
“patologica” è quella che normalmente avviene in situazioni stressanti in cui il soggetto è come
se sperimentasse un download di un intero hard disk, come se avesse una visione di tutto il
film della propria vita che gli scorre davanti agli occhi; è transitoria e legata agli stati d’ansia.
- Quelle che invece sono patologiche e che si studiano in parte in psichiatria ma soprattutto in
neurologia sono le amnesie  ne esistono molti tipi, ad esempio vi sono quelle di tipo selettivo
che possono essere anterograde o retrograde. Le trovate in patologie molto appariscenti come
la sindrome dissociativa, cioè pz che vivono un trauma e poi non ricordano niente di quel
trauma, per esempio un disturbo somatico da stress: un uomo, una donna, un bambino che
subiscono violenza sessuale o un incidente stradale, un terremoto, ecc. In questi casi funziona
la repressione e c’è una perdita di contenuti. Questo lo studieremo all’interno di una serie di
disturbi detti dissociativi che una volta erano chiamati da Freud “nevrosi isterica”.
- Amnesia di tipo generalizzato  in cui avviene un’alterazione del tessuto cerebrale,
neurologica o vascolare che provoca una distruzione della traccia (come nell’Alzheimer o in
altre demenze).
2. Alterazioni di tipo qualitativo: vuol dire ricordare male, quindi il ricordo è patologico. Questo lo
si ha per vari motivi:
- Dismnesia  il soggetto distorce il ricordo. Se io facessi qui adesso tra di voi un esempio,
ovvero vi dicessi un evento e dopo un po’ di tempo ve lo facessi raccontare, ciascuno di voi
darebbe un’interpretazione diversa.
- Illusioni mnesiche  (che in realtà possono essere studiate tra le alterazioni della memoria o
della sensopercezione) il soggetto ha dei falsi ricordi, cioè ricorda cose che non sono realmente
avvenute [<<mi sembra che noi ci siamo già visti>>] o al contrario situazioni che sono state
già vissute non vengono ricordate.
- Confabulazione  in un tipico paziente che ha una patologia neurologica grave, es. deficit di
vitamina B, che può essere legato all’alcolismo, si distrugge la traccia mnesica e il cervello
riempie questi vuoti con ricordi inventati. Quindi il confabulare vuol dire raccontare cose mai
esistite.
- Pseudologia fantastica  tipica di quello che Freud chiamava nevrosi isterica che attualmente
rientra nel disturbo di personalità istrionico, dissociativo o antisociale. In questi casi ci
troviamo davanti persone che si inventano bugie che ripetono talmente tante volte da arrivare
ad essere convinti della loro veridicità.

INTELLIGENZA

A cosa serve? Implica non soltanto la risoluzione del problemi utilizzando il pensiero di tipo razionale,
di tipo immaginativo, di tipo fantastico o altri ancora, ma soprattutto che il soggetto è in grado di
spiegare il perché delle cose; bisogna dimostrare un uso adeguato del pensiero, quindi è una funzione
adattiva ed è quella che è servita all’uomo ad arrivare dove siamo arrivati fino ad ora (altrimenti
saremmo ancora sugli alberi). Quindi è una complessa attività integrativa in cui tutto l’insieme di
attività psichiche cognitive partecipa al riconoscimento, all’elaborazione e alla soluzione dei problemi
posti dall’esistenza, quindi implica un pensiero adeguato.
Come si misura l’intelligenza? Abbiamo una valutazione indiretta, non si può pensare di calcolarla
come si calcola ad esempio il volume o la densità, ma si valuta come il soggetto applica questa
funzione nel risolvere i problemi. Ciò che si calcola è il QI (quoziente intellettivo) ovvero il rapporto tra
l’età mentale, cioè la capacità di risolvere i problemi, e la propria età:

Quando questo rapporto è più o meno intorno a 100, il soggetto ha un’intelligenza normale. In
condizioni normali il quoziente intellettivo va da 80-85 a 115. Al di sotto di questi valori si hanno
diversi gradi di ritardo mentale o imbecillità, al di sopra diversi gradi di genialità. È importante
ricordare che intelligenza non vuol dire soltanto matematica ma implica tante sottodimensioni o
capacità. Per quanto riguarda la psicopatologia dell’intelligenza le alterazioni sono fondamentalmente
di tipo qualitativo, quindi avere molta o poca intelligenza. Avere molta intelligenza normalmente non è
un problema, però può comportare problemi di adattamento con l’ambiente soprattutto nei bambini
piccoli perché vengono considerati come “alieni” o non si sentono sufficientemente compresi.
La psicopatologia dell’intelligenza che riguarda la riduzione dell’intelligenza, che può non essere
sufficiente, si valuta da un punto di vista quantitativo. Le cause sono fondamentalmente due:
- Non raggiungere mai il QI minimo entro i 18 anni d’età
- Raggiungere in qualunque momento il valore soglia minimo per avere un’intelligenza normale
e poi perderlo.
Nel primo caso parliamo di ritardo mentale o oligofrenia e le cause possono essere tante, le studierete
anche in pediatria, come alterazioni genetiche, alterazioni durante la gravidanza, alterazioni pre
partum o post partum, problemi di tanti tipi che fanno sì che il soggetto non raggiunga mai il QI
minimo.
Secondo problema è quello della demenza in cui il soggetto ha raggiunto il QI minimo e poi per diversi
motivi che possono essere neurologici, infettivi, traumatici, ecc. perde questa capacità.
Infine ci sono le pseudo demenze, che dovrebbero interessarvi molto. Vi faccio due esempi:
- Il soggetto sembra non avere un QI adeguato o sembra averlo perso ma in realtà il problema è
che c’è un’alterazione metabolica, organica che mima questa alterata capacità cognitiva.
Questo può accadere in caso di depressione, soprattutto quella dell’anziano. Noi sappiamo che
la demenza al momento attuale non è guaribile, per certi tipi è possibile frenare per un breve
periodo di tempo l’avanzare della perdita cognitiva. Per esempio nel caso della demenza di tipo
vascolare, collegata ad un basso afflusso di ossigeno al cervello perché le arterie cerebrali non
funzionano si può migliorare la perfusione cerebrale, anche se di poco; nel caso dell’Alzheimer
i farmaci possono ritardare di 12-14 mesi l’andamento della malattia ma ancora non c’è una
terapia eziopatogenica. Nella pseudo demenza invece mi trovo davanti un pz che sembra avere
questa sintomatologia quindi non ha un buon funzionamento delle funzioni sensitive cioè di
organizzazione, conformazione, esecuzione degli atti però ha una depressione di base, perché
se ricordate nella depressione c’è anche un rallentamento e una difficoltà a fare i nessi
associativi, quindi se io in questi casi tratto la pseudo demenza, o meglio sua la causa, la
demenza scompare.
- Un altro esempio di pseudo demenza si ha nella anoressia nervosa o meglio ancora nei gravi
deficit nutrizionali. Quando un pz sviluppa l’anoressia perde grasso e man mano che ciò accade
avviene la demielinizzazione delle fibre nervose e questo spiega la pseudo atrofia cerebrale e i
deficit cognitivi; quando il pz recupera il peso minimo del corpo recupera anche le capacità
cognitive, per esempio immagazzinamento e risoluzione di problemi.
COSCIENZA
Ultima funzione psichica cognitiva: la
COSCIENZA. Permette il coordinamento di
tutte le altre funzioni psichiche sia di tipo
cognitivo ma anche di tipo affettivo. Ci
rende consapevoli di noi stessi e della realtà
circostante; grazie alla coscienza possiamo
organizzare la nostra esperienza sensibile, la
nostra cognizione, il nostro mondo affettivo,
in modo da non avere una vita psichica
disorganizzata.
La coscienza è suddivisa in tre subunità: la
vigilanza, la coscienza in senso stretto, la
coscienza dell’io.
La vigilanza è soltanto lo stato di veglia. Io
sono sveglio o no. Se il pz non è in stato di
veglia non si può fare consulenza. Quando ci chiamano per una consulenza, in qualunque reparto, se
il pz sta dormendo la consulenza non si può fare. La vigilanza è la prima cosa da riportare in
qualunque cartella clinica.
Stato di coscienza e coscienza dell’io è l’altra parte che serve ad integrare tutte le altre funzioni
psichiche per renderci consapevoli di tutto ciò che succede intorno a noi.
Grazie alla coscienza riesco anche ad orientare i miei processi psichici verso aspetti isolati o globali
della realtà.
Le alterazioni della coscienza posso essere di tipo quantitativo e qualitativo.
1. Alterazioni di tipo quantitativo: si può avere uno stato di coscienza maggiore o minore.
Avere più stato di coscienza vuol dire che tutto il funzionamento cognitivo è ipertrofizzato,
quindi si riescono ad avvertire le sensopercezioni con maggiore ricchezza e vivacità di dettagli,
e che la mia intelligenza riesce a risolvere i problemi con maggiore facilità perché
simultaneamente il mio pensiero riesce a fare nessi associativi con maggiore facilità. Questo
aumento di coscienza può capitare in situazioni fisiologiche, per esempio durante
l’adolescenza, e in maniera patologica, per esempio nello stress quando l’organismo si deve
preparare per reagire al pericolo e quindi attiva pensiero, sensopercezione, memoria, ecc. per
poter rispondere al pericolo. Può aumentare non soltanto nei disturbi di ansia o in situazioni di
stress ma anche nella mania, dove il pz bipolare in stato maniacale ha uno stato di coscienza
particolarmente vivido, ricco.
Le diminuzioni dello stato di coscienza indicano che il soggetto:
- Ha difficoltà a elaborare gli stimoli, quindi arrivano stimoli dall’esterno e questo non
riesce a coglierli (per esempio non riesce a cogliere stimoli provenienti da un
semaforo lampeggiante, da sirene, dal un campanello, ecc.);
- Non riesce a indirizzare l’attenzione verso il punto giusto;
- Non riesce ad avere il timone della situazione;
- Non riesce a controllare il suo eloquio e la comunicazione in maniera adeguata; - Non
riesce a finalizzare il comportamento.
Esistono una serie di sostanze che vanno ad intaccare questa capacità. Tipico esempio è quello
dell’abuso di alcol, di benzodiazepine o di barbiturici: il cervello man mano va perdendo questa
capacità passando dallo stato iniziale di ottundimento a quello, man mano che aumenta il tasso
alcolemico, di obnubilazione, poi torpore, sopore, coma (immaginiamo un pz che per farsi del
male si è preso una bottiglietta intera di valium, o un pz che ha iniziato a prendersi un ipnotico,
non riuscendo a dormire, e finisce con il prenderne troppo). Man mano che viene intaccato il
recettore GABA passo da ottundimento a coma.
2. Le alterazioni qualitative sono le più importanti per lo stato di coscienza e sono 3:
- Lo stato crepuscolare  il soggetto ha una restrizione dello stato di coscienza a un
aspetto molto circostanziato senza avere accesso a tutta la realtà nel suo complesso.
Si ha nel sonnambulismo e normalmente è uno stadio associato anche all’amnesia; ad
esempio un soggetto con sonnambulismo, epilessia, trauma cranico si alza dal letto
finisce in cucina, gironzola e magari non cade, non si fa male, e questo perché ha uno
stato di coscienza piccolo che gli serve per evitare di cadere, però in realtà non è
consapevole di tutto ciò che sta accadendo.
- Oniroide  succede in presenza di stati infettivi, febbre molto elevata; è come se il
soggetto stesse sognando ad occhi aperti.
- Confuso-onirico o delirium  è la maggiore causa di consulenze (è infatti quello che
più ci interessa dal punto di vista psichiatrico) per esempio nei reparti di chirurgia, nel
postoperatorio soprattutto di interventi cardiovascolari che richiedono l’extracorporea
o di interventi con anestesie molto prolungate. Nel delirium avviene una
destrutturazione completa improvvisa di tutta la coscienza del soggetto dura neanche
tantissimo tempo ed ha sempre una causa organica; il soggetto è agitato, parla, si
muove, dorme, scambia il giorno con la notte, ha paura, ha anche dei deliri (quindi
delirio e delirium hanno significati diversi) ma c’è sempre una causa organica che lo
spiega e che va trattata così da far scomparire la sintomatologia di agitazione e
disorientamento. La sintomatologia è fondamentalmente sempre la stessa sia nel caso
di trauma cranico che di ipertensione endocranica, di uno stato febbrile, di uno stato
di alterazione metabolica, di uno scompenso epatico o renale, ecc.
La coscienza dell’io è quella parte della coscienza che serve ad avere la consapevolezza di noi stessi,
della nostra identità, della nostra continuità nel tempo e della nostra capacità di attività e di
autodeterminazione. Un soggetto ha una buona coscienza dell’io se è in grado di dire chi è, ma anche
di comprendere che lui è la stessa persona che davanti alla persona A dice bianco e davanti alla
persona B dice nero, la stessa persona che sta decidendo di dire ciò che sta dicendo o di muoversi per
fare determinate azioni; riesce a sapere chi è e dove finisce come persona.
I disturbi della coscienza dell’io sono quelli che fanno sì che il soggetto non riconosca se stesso o il
mondo intorno a sé. Quando la capacità di avere questa unitarietà, identità ecc. non è integra può
darsi che il paziente esperisca la depersonalizzazione autopsichica, somatopsichica, allopsichica o
derealizzazione: io non riconosco me stesso, non so chi sono, non riconosco il mio corpo o la mia
realtà circostante. Così come prima, trattando i disturbi della memoria si parlava dei disturbi
dissociativi, questi disturbi della coscienza dell’io sono intimamente collegati alle alterazioni della
memoria, quindi il paziente con personalità multipla, o che non riconosce se stesso o la personalità
circostante, normalmente ha anche in aggiunta un’alterazione della memoria transitoria e questi
disturbi rientrano in quelli che si chiamano disturbi dissociativi, collegati a quella patologia una volta
chiamata nevrosi isterica.
Studiate voi cosa sono l’allegria, la mania, l’euforia, la tristezza, la depressione, l’ansia, la rabbia ecc.

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