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2.

1 LE CONDIZIONI DELLA DONNA ISLAMICA

Un approccio corretto alla conoscenza della antropologia culturale di popolazioni

diverse da quelle occidentale deve necessariamente fare riferimento alla religione di

quelle popolazioni.

La dimensione religiosa è certamente quella più importante e più pervasiva presso

tutti i popoli, per l’Islam addirittura è la religione che regolamenta anche la vita civile, il

diritto civile e penale, e la politica.

Le divergenze culturali più evidenti tra Oriente e Occidente si annidano nella

parte più nascosta del mondo arabo-musulmano: le donne.1

La donna riveste un ruolo primario perché è considerata la colonna portante della

famiglia e nulla le preclude la possibilità di svolgere fuori casa una qualsiasi attività

lavorativa da vera e propria protagonista. Al contrario, in molti paesi non a cultura

occidentale, dove vi sono radicalizzazioni dell’Islam, dell’Induismo,

delConfucianesimo, Taoismo e altre religioni monoteiste, l’universo femminile vive una

condizione piena di limiti e restrizioni causata dalla marcata superiorità dell’uomo. Le

donne non hanno per niente raggiunto quella dovuta e meritata emancipazione e sono

ancora schiave del sesso maschile.

La condizione delle donne nei paesi a maggioranza musulmana si presenta oggi

problematica sotto diversi aspetti: disagio sociale, povertà, analfabetismo, violenze

domestiche, scarsa partecipazione alla vita pubblica e politica, limitazioni alla libertà

personale e discriminazioni sul piano giuridico presenti in molte leggi dello statuto

personale.2

1
https://www.encanta.it/attualita_islam.html
2
Iannucci M., Gender Jihad. Storia, testi e interpretazioni nei femminismi musulmani, Il Ponte Vecchio,
2013, introduzione.

1
Nei paesi musulmani, infatti, la condizione della donna è una delle realtà

dell’Islam che più sconcertano parte dell’Occidente. Dal punto di vista religioso non

sembrano esserci problemi; per la legge islamica la donna è ontologicamente uguale

all’uomo, ha gli stessi doveri, non c’è per essa alcuna discriminazione nella vita eterna

che l’attende dopo la morte.

I problemi cominciano quando dal campo religioso si passa a quello sociale, 3

poiché molte dottrine non cristiane prevedono che la donna, finché rimane in famiglia, è

sottoposta all’autorità del padre e dopo, quando si sposa, passa sotto l’autorità del

marito.

Stabilisce infatti il Corano: “gli uomini sono preposti alle donne perché Dio ha

prescelto alcuni esseri sugli altri e perché essi donano dei loro beni per mantenerle.”4

Il tema dei diritti delle donne nell’Islam, in questo senso, viene posto al centro di

accesi dibattiti e di giudizi estremamente contrastanti.

Da un lato, molti osservatori sostengono che non è facile parlare di "diritti" delle

donne islamiche dal momento che la maggior parte di esse sono private persino dei

fondamentali diritti umani e civili: non godono della libertà di spostamento, della libertà

di espressione e di parola; non possono procedere negli studi né tanto meno fare carriera

o ricoprire cariche o posizioni di responsabilità in campo civile o religioso. Non

possono fare attività ormai scontate in Europa ed America: votare, guidare la macchina,

testimoniare in tribunale, ereditare beni, divorziare, abortire… Non possono decidere il

proprio destino né quello dei propri figli e sono totalmente sottomesse all'uomo, da cui

possono venire ripudiate (e non viceversa)5. Sono eventualmente costrette a convivere

con altre mogli scelte dall'uomo; vi sono frequenti gravidanze non scelte liberamente,

3
http://altritempi.info/lislam-moderato-non-esiste/
4
Corano, IV :34.
5
http://www.cancelloedarnonenews.it/la-giornata-della-donna-l8-marzo-non-e-un-giorno-per-festeggiare-
ma-per-ricordare-e-continuare-a-combattere/

2
ma imposte dal marito; e sono obbligate a coprire il proprio corpo e spesso anche il viso

attraverso l’uso del velo. Abbiamo però una varietà di veli: alcuni coprono

semplicemente i capelli (hijab), altri che coprono anche il viso (chador iraniano) e altri

ancora coprono completamente tutto il capo (burqa afgano).

L’obbligo di portare il velo è legato ai momenti rituali e all’accesso nei luoghi

sacri. L’atto simbolico di velarsi come per l’uomo di portare l’abito tradizionale,

rappresenta la volontà di esprimere anche esteriormente la propria vocazione religiosa e

quel timore divino che dovrebbe accompagnare ogni azione ella giornata. Il velo non

serve a nascondere o segregare ma a distinguere fornendo a chi lo indossa una

protezione in virtù della visibile consacrazione a Dio della propria persona6. Il Corano

dice infatti. “O Profeta di alle tue spose e alle tue figlie alle donne dei credenti che si

ricoprano dei loro mantelli; questo sarà più atto a distinguerle dalle altre e a che non

vengono offese7.

Nel mondo islamico le donne non sono ugualmente discriminate in tutti i paesi;

In alcuni stati elle hanno ottenuto parecchi privilegi una volta destinati quasi

esclusivamente agli uomini, ma negli stati più tradizionalisti, in quelli che mirano alla

reintroduzione a pieno titolo della sharia (legge islamica) dove le norme del Corano

sono applicate in maniera più rigida e rigorosa, le donne non vivono una situazione

egalitaria in termini di libertà, e sono considerate ad un livello inferiore rispetto

all’uomo8.

Esse però non sempre avvertono come ingiustizia la diversità della loro

condizione, ricevuta come abitudine culturale. Ma anche se l'avvertissero come

ingiustizia, non sempre sarebbero in grado con le proprie forze di modificare la propria

situazione.

6
Di Bella S., Tomasello D., L’Islam in Europa tra passato e futuro, Pellegrini, 2003, p.88.
7
Corano, XXXIII, 59.
8
https://flaviofirmo.wordpress.com/2016/10/29/la-storia-della-donna-nellislam/

3
Dall’altro lato, la cultura islamica sostiene che le donne accedono a specifici

diritti sociali: "La donna, come l'uomo, è un’entità indipendente e quindi un soggetto

umano pienamente responsabile delle sue scelte e delle sue azioni”9.

Inoltre la donna costituisce persona giuridica a sé ed ha anche la possibilità di

scegliere autonomamente se accettare un matrimonio o meno, e se non vi è l'assenso

della donna il matrimonio non può essere considerato valido.

La donna ha diritto ad una sua propria proprietà privata, che non è tenuta a

condividere con nessuno. La dote che l'uomo versa alla donna viene a far parte proprio

di questa sua proprietà va investita nei suoi bisogni personali e non va investita nelle

esigenze della famiglia, che devono essere sostenute dall'uomo, ma alle quali la donna

può decidere spontaneamente, e in accordo con il marito, di parteciparvi anche con una

sua attività lavorativa fuori dalle mura domestiche.

Nel Corano, testo sacro della religione islamica, molteplici sono i riferimenti nei

confronti della donna nei suoi aspetti spirituali, in quelli sociali e in quelli economici;

Essi sono soggetti ad interpretazione, e le opinioni sul loro significato variano tra quanti

affermano che la donna è considerata pari all’uomo, gode di molteplici diritti, deve

essere rispettata ed amata, ad altri che sottolineano una chiara supremazia dell'uomo

sulla donna, fino a quanti, attraverso un'interpretazione storico-giuridica, li considerano

volti ad un miglioramento progressivo della condizione femminile rispetto alla società

araba pre-islamica10.

Nelle civiltà pre-islamiche, ovvero quelle nazioni che vissero con consuetudini

tradizionali ben definite che avevano ereditato dai propri antenati, e che non erano

basate su alcun libro o legge codificata come i popoli dell’antica Cina, India, Egitto ed

Iran, la donna non aveva indipendenza o libertà, sia nelle intenzioni sia nelle azioni; ella

9
www.provincia.imperia.it/Portals/_.../diritti_delle_donne_nel.../donna_nell_islam.pdf
10
www.lucianabenincaso.it/I%20DIRITTI%20NEGATI%20DELLE%20DONNE%20Li...

4
si trovava totalmente sotto la tutela ed il dominio dell’uomo. Non poteva decidere nulla

su qualsiasi cosa la riguardasse, e non aveva alcun diritto di interferire negli affari civili,

come il governo, il sistema giudiziario ecc.

Oltre a ciò, ricadeva solo su di lei la completa responsabilità delle faccende domestiche

e della cura dei figli. Inoltre doveva obbedire al suo uomo in tutti i suoi ordini e

soddisfare i suoi desideri.

L’uomo aveva il diritto di prendere quante mogli desiderasse, e di divorziare in

qualunque momento. Il marito poteva sposarsi, dopo la morte di sua moglie, ma, nella

maggior parte dei casi, la vedova non aveva tale diritto; e, perlopiù, le era proibito

partecipare alla vita della società al di fuori della propria casa.

In breve, in queste nazioni, la donna era considerata notevolmente inferiore all’uomo, e

quindi veniva trattata di conseguenza: era come un figlio minorenne sotto l’autorità

dell’uomo ma, diversamente da questi, non la si reputava mai in condizione di essere

libera dal giogo del dominio del suo uomo.

In questo modo, la parola “donna” diventò sinonimo di “debolezza”e “scarsa

importanza”.

Poi venne l’Islam, la religione della verità e del monoteismo, accompagnata dal Sacro

Corano. L’Islam diede inizio, a suo favore, ad un sistema che il mondo non aveva mai

conosciuto prima, sin dall’alba dell’umanità. Esso si contrappose alle affermazioni del

mondo intero, e ricostruì alla donna il suo posto naturale, che le era stato da sempre

negato in tutto il mondo.

L’Islam dichiarò che la donna è un essere umano tanto quanto lo è l’uomo, e nessuno

possiede alcuna superiorità sull’altro, tranne che nella pietà.

L’Islam ha reso l’uomo e la donna uguali nella propria volontà e nell’azione per quanto

riguarda la gestione della loro vita.

5
Secondo l’Islam, entrambi sono uguali; il Corano lo conferma, e Allah mostra che la

verità è tale attraverso le Sue parole e l’Islam, allo stesso tempo, riconosce in lei due

qualità speciali, per mezzo delle quali il Creatore l’ha distinta dall’uomo.

Primo, lei è come un terreno per la creazione e la propagazione della razza umana.

La specie non può esistere senza di lei.

Secondo, lei ha un corpo più delicato di quello dell’uomo ed è molto più sensibile.

Tutto ciò ha un effetto tangibile sulla sua vita e sulle responsabilità sociali e domestiche

a lei affidate.

La donna, come l’uomo, è soggetta a tutte le regole che riguardano il culto ed i diritti

sociali. Lei può agire in modo indipendente in ogni campo in cui l’uomo è libero di

agire, come l’eredità, il guadagno, i rapporti con le altre persone, l’apprendimento,

l’insegnamento, il fare un reclamo, il difendere i propri diritti, e così via. In tutti questi

campi, l’Islam non fa discriminazioni tra uomo e donna11.

Certamente, in altre questioni esso ha limitato la sua sfera di attività, a causa delle sue

caratteristiche naturali. Legiferare, giudicare e combattere sono stati riservato all’uomo,

perché queste cose sono strettamente legate al ragionamento e al pensiero. E

l’allevamento dei figli, la loro gestione, l’organizzazione domestica sono state riservate

alla donna.

Nell’islam la principale differenza tra uomini e donne sta nel modello di famiglia

delineato, che ripropone, consolida e regolamenta la struttura patriarcale che caratterizza

la cultura arabo-semita, dove l’islam è nato e gran parte della cultura si è diffusa. In tale

modello l’autorità è assunta dal capo famiglia ed ereditato sempre da un uomo della

stessa famiglia, mentre il ruolo assegnato alla donna è la subalternità a colui che ha

11
.https://www.al-islam.org/it/articles/discorso-scientifico-sulla-donna-allamah-muhammad-hussain-
tabatabai.

6
l’obbligo di mantenerla, la maternità e la padana (cure relative all’allevamento dei

bambini, compito strettamente femminile).

Non ci si riferisce qui alle disuguaglianze che possono esistere a livello sociologico tra

uomo e donna, queste sono purtroppo diffuse in tutte le società, nel mondo musulmano

come in altre culture o civiltà. È necessario parlare della disuguaglianza giuridica, che

ha delle conseguenze durature perché è normativa, spesso impedendo o comunque

ritardando qualunque adeguamento alla mentalità dei musulmani e delle musulmane di

oggi.

Nella maggioranza dei paesi musulmani c’è innanzittutto una disparità nella possibilità

di contrarre il matrimonio. All’uomo infatti viene riconosciuta la possibiltà di avere

contemporaneamente fino a quattro mogli, parliamo in questo caso di poligamia, mentre

alla donna viene negata la facoltà di sposare più di un uomo, in questo caso invece si

tratta di poliandria.

La poligamia legalmente sancita dà la sensazione all’uomo che la donna è fatta per il

suo piacere che può “arare” come vuole come afferma letteralmente il Corano. Dall

altro canto la donna si trova ad assumere un ruolo di sottomissione come oggetto di

piacere, un ruolo confermato dal fatto che non viene mai chiamata con il proprio nome

ma sempre in relazione ad un uomo: la figlia di.., moglie di.., madre di..

La donna musulmana non può sposare un uomo di un'altra fede, a meno che non si

converte all’islam, perché il padre è il garante dell’educazione religiosa dei figli e solo

se musulmano può assicurare loro la crescita secondo i principi islamici. Nelle società

patriarcali orientali i figli adottano sempre la religione del padre. Difatti un musulmano

può sposare una cristiana o un’ebrea in modo tale da accrescere numericamente la

comunità musulmana e ridurre quella non musulmana.

7
Il marito ha la facoltà di ripudiare la moglie ripetendo per ben tre volte la frase sei

ripudiata in presenza di due o piè testimoni maschi, adulti e sani di mente, senza dover

ricorrere ad un tribunale. Al contrario la moglie non può ripudiare il marito.

Il ripudio è comunque vissuto come un’umiliazione per la donna e presume che lei

abbia qualche problema a livello fisico o morale e in particolare la rende totalmente

dipendente al marito dovuto al costante timore di poter essere allontanata.

Anche il divorzio è molto facile da ottenere senza dover ricorrere ad un tribunale e si

ottiene quasi sempre su richiesta dell’uomo.

L’affidamento dei figli, in seguito al divorzio è del padre.

Per quanto riguarda l’eredità alla femmina spetta metà del maschio, giustificata dal fatto

che secondo il Corano l’uomo ha l’obbligo di provvedere al mantenimento della donna

e l’intera famiglia12.

Inoltre le donne non possono studiare, sono meno coinvolte nella vita sociale e possono

dedicarsi solo ai lavori domestici.

Tuttavia, una delle differenze più gravi risiede nella piena autorità che il maschio ha

sulla moglie, avendo l’obbligo,se necessario, di corregerla picchiandola. L’uomo può

impedirle di uscire di casa, e addirittura di andare in moschea.

Per quanto riguarda le donne schiave, l’Islam approva il matrimonio con le stesse al fine

di renderle libere. La legge insiste frequentemente su questa misura per salvare le

schiave dalla condizione di concubine13.

Nel corano troviamo numerosi versetti che insistono sul concetto che l’Islam preferisce

il matrimonio tra un musulmano e una schiava credente piuttosto che una donna libera

ma non credente14 .

12
https://www.magdicristianoallam.it/blogs/la-verita-vi-rendera-liberi/la-donna-nell-islambrseconda-
puntata.html
13
Ennaji M., Soldats, Domestiques et Concubines. L’esclavageau Maroc au XIX siècle, EDDIF,
Casablanca, 1977, pp. 61-67.

8
Tutte queste regole rendono la donna musulmana priva degli stessi diritti dell’uomo e

dunque ad un livello inferiore.

Gli ultimi decenni hanno provato che le donne, ancora percepite in alcune culture come

le creatrici dolci ed ingenue della vita umana, possono anche, in talune circostanze (lotta

contro l'invasore o l'empio) lottare e comportarsi come i maschi per pretendere lo stato

di martire. Tuttavia, le donne kamikaze sono comparse quasi esclusivamente nelle

società fortemente conservatrici, dove le donne non hanno lo stesso status né godono

degli stessi diritti dei maschi15.

Benché il loro numero resti ancora modesto, alcune sono diventate "emissarie di

morte"16.

Se le azioni estreme non sono, un fenomeno nuovo, la partecipazione delle donne

a questi atti di carneficina e di dolore devastante ha sempre suscitato un combinato di

stupore, ripulsa e pubblico interesse17.

L’ISIS, nato da una rottura nella leadership di Al-Qaeda, vede il ruolo delle donne

diversamente dalla storica organizzazione di militanza islamica.

Secondo Al-Qaeda le donne devono essere passive e sottomesse. Per l’ISIS,

invece, devono essere si subordinate, ma sono anche chiamate a partecipare attivamente

nella costruzione e nel mantenimento del califfato islamico18.

14
Corano, II/221.
15
http://www.ossin.org/uno-sguardo-al-mondo/integralismo-terrorismo/1571-donne-kamikaze-o-della-
jihad-al-femminile.
16
Yoram Schweitzer, Female Suicide Bombers : Dying for Equality ?, op. cit
Lahnait F., “Female suicide bombers : victims or murderers ? “, in Suicide bombers : the
17

psychological, religious and other imperatives, diretto da Mary Sharpe, NATO/IOS Press, 2008, pp. 71-
82.
18
www.lifegate.it

9
2.2 Le donne dell’Isis

Come già accennato, lo Stato islamico dell'Iraq e della Siria (ISIS) ha

recentemente cominciato a reclutare centinaia di combattenti provenienti da tutto il

mondo. Ancora più sconvolgente però è il fatto che oltre 550 donne occidentali si siano

unite all'organizzazione radicale islamica che ha proclamato il suo califfato nel 201419.

Il fenomeno delle giovani donne che viaggiano verso la Siria e / o l'Iraq per unirsi

all’ ISIS è infatti del tutto nuovo. Questo numero senza precedenti di reclute femminili

nell’ISIS ha attirato molta attenzione dei media, infatti, il dibattito sull’ organizzazione

femminile e della sua propaganda sui social media è stato intensamente discusso.

Numerosi studiosi hanno cercato di scoprire le forze trainanti che guidano queste donne

a intraprendere il viaggio (hijra) verso Siria / Iraq, ma molte convinzioni errate

riguardanti i ruoli che le donne assumono nell'ISIS persistono.

Lo sceicco Yusef Hassan, portavoce-integralista di Hamas in Cisgiordania

afferma che: “è un diritto delle donne musulmane partecipare alla Jihad. Ed è il profeta

Maometto ha sempre difeso questo diritto. Non esiste alcun decreto religioso che

impedisca la partecipazione alle persone di sesso femminile alla lotta armata.”20

La femminista palestinese Zahira Kamal sostiene: “Le nostre donne soffrono come gli

uomini e combattono come gli uomini.”21

Fa inoltre da eco Fahya Abdel Hadi, del Consiglio Nazionale Palestinese, con:

“Non parlerei di fenomeno donne-kamikaze. Le donne diventano esseri-bomba come gli

uomini poiché non vedono altra forma praticabile di lotta armata”.22

19
http://icsr.info/2015/01/foreign-fighter-total-syriairaq-now-exceeds-20000-surpasses-afghanistan-
conflict-1980s/
20
Bonetti N., Io, Donna kamikaze,quarantatrè protagoniste del terrorismo suicida, Iris edizioni 2005, p.
16.
21
Ibidem.
22
Ibidem.

10
Tuttavia per spiegare il nuovo fenomeno resta necessario investigare in modo

approfondito sui motivi che ne portano allo sviluppo.

Uno dei contributi più importanti è quello di Erin Marie Saltman e Melanie Smith,

che hanno pubblicato nel maggio del 2015 una relazione per il progetto Women and

Extremism dell'Istitute for Strategic Dialogue (ISD) in seguito ad una precedente

relazione lanciata nel gennaio dello stesso anno: Becoming Mulan? Female Western

Migrants to ISIS.23 Il progetto di ricerca di Saltman e Smith mirava a dare un'idea sul

perché le donne si radicalizzino in reti estremiste violente come l'ISIS.

Mentre la prima ricerca era focalizzata sull’analizzare materiale pubblicato sui

social media incentrato su motivazioni di autodeterminazione delle donne, dalle stesse

migranti femminili; la seconda relazione è riuscita nell'individuazione di due importanti

tipologie di fattori che conducono le donne alla decisione di unirsi all’ ISIS.

Inoltre, collaborando con l'ICSR ( International Center for the Study of

Radicalization and Political Violence) e con l'ala femminile del suo database Foreign

Terrorist Fighters fa un ritratto di alcune delle muhajirah parlando del loro viaggio e dei

loro ruoli all’interno dell' ISIS.

I fattori analizzati, causa della radicalizzazione, sono denominati Pull and Push

factors, ovvero, fattori di spinta e di attrazione.24

Tali fattori potrebbero essere cosi’ riassunti:

23
Bradford A., Frenett R., Hoyle C., Becoming Mulan? Female Western Migrants to ISIS, Institute for
Strategic Dialogue, 2015.
24
http://www.bbc.co.uk/schools/gcsebitesize/geography/migration/migration_trends_rev2.shtml

11
Fattori di spinta Fattori di attrazione

Ingiustizie globalmente percepite Senso del potere o del controllo


Oppressioni Social Kinship
Discriminazioni di sé e degli altri Senso di appartenenza
Alienazione Rispetto
Ricerca di un’identità Avventura
Ricerca di uno scopo Lealtà tra i membri del gruppo
Famiglie difficoltose Senso di sicurezza
Cittadinanza attiva La convinzione di essere il bene che
Traumi e tragedie personali combatte il male
Fascino della violenza Ricerca di emozioni forti
Bassa autostima Chiare regole di vita alle quali obbedire
Desiderio di fare la differenza Discussioni ideologiche attraenti
Frustrazione

Per dar vita al processo di radicalizzazione c’è quindi bisogno di interazione tra

tutti questi fattori25.

I risultati di questo studio evidenziano una grande diversità nei ruoli delle donne

radicalizzate, definendo la nozione popolare di "spose jihadi" come riduzionista. Molti

altri studiosi hanno raggiunto la conclusione che non esista un profilo specifico di

muhajirah e cio rende molto difficile contrastarne lo sviluppo.26

Uno dei risultati più importanti del secondo studio è il fatto che la maggior parte

delle muhajirah non assume ruoli di combattimento, al contrario, "la responsabilità

principale delle donne occidentali sotto il territorio controllato dall'ISIS è prima e

innanzitutto essere una buona moglie del marito jihadista e diventare madre della

prossima generazione del jihadismo".27

25
Sageman M., Understanding Terror Networks, University of Pennsylvania Press. 2004 p. 135
26
Perešin A., Fatal Attraction: Western Muslimas and ISIS, Perspectives on Terrorism 2015, p. 21.
27
Saltman E., Smith M.,’Till Martyrdom Do Us Part’ Gender and the ISIS Phenomenon, Institute for
Strategic Dialogue. 2015, p. 5.

12
Indispensabile quindi è avere un’idea sulla differenziazione essenziale tra Jihad

maschile e femminile. Gli studiosi hanno cominciato ad esaminare la letteratura

islamica in materia di Jihad femminile già prima della nascita dell'ISIS.28

Un’utile spiegazione del concetto di Jihad femminile è stata fornito dalla studiosa

Katharina Von Knop la quale ha esaminato il fenomeno delle donne che seguono la

Jihad per Al-Qaeda affrontando l'idea che la jihad femminile non sia uguale a quella

maschile. 29 Capire che esista un'interpretazione specifica di genere della Jihad che

conferisce diversi ruoli agli uomini rispetto a quelli delle donne è fondamentale per

comprendere le aspirazioni delle migranti femminili e riconoscere questa nuova

potenziale minaccia.

La Jihad, letteralmente “lotta", non necessariamente si riferisce alla lotta armata.30

Secondo Katharina Von Knop il "concetto di Jihad femminile significa che le donne

svolgono un atto politico sostenendo i loro parenti maschi, educando i propri figli

secondo quell'ideologia e facilitando le operazioni terroristiche".31

Le donne non cercano l'onore maschile (sharaf) attraverso il martirio perché non

sono in grado di conseguirlo ma sono vincolate all'onore femminile (ird) al quale invece

aspirano.32

Von Knop sostiene inoltre che, come gli uomini, le donne siano interessate al

potere ma il loro ambito di azione è limitato alla sfera domestica (famiglia) dalla società

in cui vivono.33

Nelle società musulmane, il martire, shahid, è un personaggio a metà strada tra

l'eroe e il santo; è colui che muore lungo la via di dio, al servizio della Umma (nazione

28
Cook D., Women Fighting in Jihad?, Studies in Conflict and Terrorism, 2005, p. 375.
29
Von Knop K., The female Jihad: Al Qaeda's women, Taylor and Francis online 2007, p.395.
30
Saltman E. M. and Winter C. (2014): ‘Islamic State: The Changing Face of Modern Jihadism’,
Quilliam Foundation 2014, p.6.
31
Von Knop K., The female Jihad: Al Qaeda's women, Taylor and Francis online 2007, p.397.
32
Ivi, p. 410.
33
Ivi,p. 399.

13
dell'islam, l'insieme dei musulmani), partecipando ad una jihad (guerra santa) e che

testimonia la sua fede con il sacrificio di sé.

Lo shahid versa il suo sangue per dare così testimonianza della verità della sua

fede. Si considera come un combattente che non può infliggere perdite al nemico se non

sacrificandosi. Si tratta di un ideale di resistenza che impone di spingersi fino alla morte

al servizio di una causa considerata sacra.

In tal modo, le organizzazioni terroristiche islamiste usano la religione per

legittimare e perdonare il suicidio che comporta la morte anche di altri, indicando delle

ricompense post mortem che spetterebbero al martire, come per esempio il perdono di

tutti i peccati, un posto in Paradiso, l'intercessione in favore di settanta membri della

famiglia, l'esenzione dai patimenti della tomba, la gratificazione di settantadue vergini.

Questa "carriera" di santo è tuttavia quasi esclusivamente riservata agli uomini.

Le donne, dal canto loro, non possono diventare sante se non attraverso sofferenze

estreme che esse stesse si infliggono (flagellazioni, digiuni estremi) o che subiscono,

come le "vergini martiri" dei primi secoli del cristianesimo, che hanno rifiutato di

rinunciare alla loro fede. Anche nell'islam, nonostante qualche donna musulmana abbia

preso parte a degli attentati suicida negli ultimi anni, esse non sono rappresentate nel

pantheon dei martiri iraniani o di Al Qaeda.

“Lo shahid, il martire, è davvero una bomba-umana. La sua è un'esplosione fisica

e psicologica. E ciò vale anche per la donna. Ma se ad ogni uomo che salta in aria per

la causa vengono promesse in dono settantadue vergini, alle donne viene invece detto

che trasformate in angeli godranno del punto più elevato del Paradiso accanto alle

persone amate.”34

34
Bonetti N., Io, Donna kamikaze,quarantatrè protagoniste del terrorismo suicida, Iris edizioni 2005, p.
16-17.

14
Il martirio delle donne non ha ancora infatti un suo posto nella jihad. Una

esclusione deliberata che fa di esse delle cittadine di secondo piano.

I partigiani di Al Qaeda, infatti, hanno vissuto per anni nelle società occidentali

moderne, e si sono iniziati alle tecnologie di punta (tecnologie dell'informazione,

ingegneria moderna, ecc), ma non hanno imitato l'Occidente in tema di relazioni uomo-

donna. In questo campo, essi hanno deliberatamente scelto di mantenersi fuori dal

modello occidentale, tenuto conto che "la famiglia è uno degli spazi dove è possibile

costruire una identità islamica, profondamente differente dall'identità occidentale" 35

Ma le donne della Jihad sono spesso anche vittime, rapite e rese schiave da

un’organizzazione che incita l’uomo non solo dichiarando che i jihadisti diventeranno

destinatari di 72 vergini in paradiso, ma che in più, per motivarli alla guerra, li

incoraggia ad ogni tipo di pulsione sessuale, perché, nel caso dell’Isis e contrariamente

ad altri gruppi estremisti islamici, il sesso ha un ruolo centrale ed è, di fatto, una delle

armi peggiori del gruppo estremista.“36

Una squallida realtà per una parte di donne, migliaia delle quali sono violentate,

rapite e sfruttate dallo Stato Islamico che si fa garante di rapporti sessuali non

consenzienti con le prigioniere, rapite con lo scopo di ridurle merce, 'schiave del sesso'

senza identità nè importanza alcuna.37

Anche se ci sono musulmane che volontariamente si offrono ai jihadisti per

'alleviare le loro sofferenze' e supportare la causa dello Stato Islamico, tante sono coloro

che si ribellano, che urlano il dolore e la fatica di tollerare ancora l'intollerabile. Un

orrore che in Iraq ormai rientra nelle violenze e negli stupri quotidiani di madri e figlie,

35
Khosrokhavar F., Les nouveaux martyrs d'Allah, op. cit.
36
http://www.today.it/donna/donne-isis.html
37
Ibidem.

15
pronte a togliersi la vita impiccandosi col proprio velo piuttosto che subire l'ennesima

tortura.38

Un’altra panoramica ampiamente accettata sulla Jihad deriva da Muhammad

Khayr Haykal che indica la distinzione tra Jihad come fard kifaya ovvero i doveri

individuali e la Jihad come fard 'ayn per i doveri collettivi. Solo nel caso del fard 'ayn ci

si aspetta che anche le donne combattano.39

Recentemente, i sostenitori dell’ISIS online, conosciuti come Al-Khanssaa

Brigades, hanno iniziato a diffondere un documento denominato “Women in the Islamic

State: Manifesto and Case Study” con l'obiettivo di chiarire il ruolo delle donne

nell'ISIS.40 Esso afferma che le donne debbano combattere solo quando "la situazione

dell'umma è diventata disperata".41

Tuttavia, non è solo internet a fornirci istruzioni sulla Jihad femminile, spesso

queste jihadiste si uniscono a cosiddette organizzazioni di “sorellanza”. Queste

“sorellanze” oltre a fornire a ciascuna donna un senso di appartenenza sono una guida

su come le stesse dovrebbero praticare la Jihad, come educare i propri figli nella vera e

propria ideologia e come comportarsi con i loro mariti e altri uomini della propria

famiglia.42

Le donne appartenenti a gruppi di minoranza che vivono nelle società occidentali

spesso attraversano un difficile processo di interrogatorio sulla loro identità e

appartenenza.

Pubblicando l'importanza dell'unità e della comunità nei territori dominati dall’

ISIS in contrasto con i rapporti "falsi" e "superficiali" offerti dalle comunità occidentali,

38
Ibidem.
39
Haykal M. K., Jihad and Fighting according to the Shar‘ia Policy’, Beirut: Dar al-Barayi, 1993, Vol.
II., pp. 995-997.
40
Winter C., Women of the Islamic State A manifesto on women by the Al-Khanssaa Brigade, Quilliam
Foundation 2005, p. 5.
41
Ivi, p.8.
42
Von Knop K., The female Jihad: Al Qaeda's women, Taylor and Francis online 2007, pp. 407-408.

16
le donne che hanno già migrato nei territori connessi all’ISIS creano una potente forza

di attrazione.

La promessa di appartenenza e di sorellanza può, secondo Saltman e Smith

interessare le donne in Occidente fino al punto da decidere di migrare. Le donne

musulmane nei paesi occidentali infatti sono spesso vittime, percepite come donne

oppresse senza diritti e spesso non rispettate da uomini e donne non musulmane.

Così, viaggiando in Siria / Iraq e assumendo un ruolo importante e rispettato nel

nuovo califfato, mirano ad assumere il controllo delle loro vite.

"Molte di loro sono desiderose di ritrarre se stesse come donne forti e spesso

sconfiggono lo stereotipo occidentale della donna oppressa musulmana".43

Importante è comprendere, per esempio, che il velo non viene percepito come una

forma di repressione, ma come atto di liberazione e di fede che conferisce alla fede

femminile una vita di onore, un'aura di rispetto e dignità. Inoltre è anche un simbolo di

potere sui loro mariti da buona musulmana che segue l'Islam “vero”.44

L'ISIS può offrire una fuga da questo "status ghettizzato dell'Islam in Occidente" e

può fornire una risposta legittima alla vittimizzazione delle donne musulmane e delle

guerre guidate dagli Stati Uniti in nome dell'emancipazione femminile e dei diritti delle

donne.45

La motivazione delle donne ad aderire all'ISIS può dunque andare oltre un puro

senso di dovere religioso e includere un desiderio di affermazione femminile ed

emancipazione.

43
Gilsinan K., ‘The ISIS Crackdown on Women, by Women - ISIS's all-female brigade and the slowly
growing role of female jihadis’, The Atlantic, International. July 25, 2014.
44
Von Knop K., The female Jihad: Al Qaeda's women, Taylor and Francis online 2007, p. 409.
45
Zakaria, R., Women and Islamic Militancy, Philadelphia: The University of Pennsylvania Press 2015,
pp. 118-125.

17
Sulla base della concezione femminile di Jihad, le donne possono accanto al

premio divino mirare a ottenere potere sui loro mariti e sulle loro famiglie e sul rispetto

della società.

Soprattutto le muhajirat più giovani - la maggior parte di queste immigrate sono

infatti solo adolescenti - possono essere attratte dall'ISIS perché desiderano prendere il

controllo delle loro vite nella ricerca di identità e appartenenza, cercando il rispetto

come donne. Anche i giovani sono in Occidente storicamente stati soggetti alla

radicalizzazione, cercando di sfuggire alla società e alle regole in cui vivono,

verificando e infrangendo i confini, in un processo di scoperta di sé.

Seguendo questa nozione, si può ipotizzare che attraverso la Jihad queste donne

mirano ad una forma di emancipazione nel nuovo califfato.

Un altro importante fattore di attrazione che spinge le donne da ovest a spostarsi

per unirsi all’ ISIS è quello dell'avventura e del romanticismo. Questo riguarda

soprattutto le giovani donne per le quali viaggiare in un paese nuovo e inesplorato

diventa parte di un processo di liberazione.

Questa propaganda spesso glorifica l'unione tra migranti femminili e combattenti

stranieri maschi, raffigurandola come un ruolo potente per le donne. Per il pubblico più

giovane, lo scopo del matrimonio funziona come una transizione dall'infanzia all'età

adulta, la via della liberazione.

La propaganda ufficiale evidenzia anche il grande onore che la morte di un futuro

combattente straniero avrebbe portato alla donna sposata con lui. Diventare una vedova

del martire sarebbe un grande privilegio.

Così come riportato dell’Huffington Post :”Ragazzi di bell’aspetto, giovani,

sorridenti, dallo sguardo gentile. Utilizzati dalla propaganda dell’Isis per attirare

ragazzine insicure e in difficoltà, fino a convincerle a fare il grande passo: unirsi alla

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grande causa del califfato come mogli degli “eroi” della jihad. Le vittime, spesso, sono

teenager che passano molto tempo su internet, fedelissime frequentatrici di forum e

social network.”46

Lo stato Islamico utilizza infatti regolarmente questa strategia, diventando uno

stato che si mostra ormai capace di fare dell’internet il mezzo più efficace di

reclutamento.

L’emancipazione per le donne che intraprendono questo viaggio è ora attuale più

che mai, esse spinte da tutti i fattori esposti non si limitano più di fronte a niente.

Come affermato dalla scrittrice Noa Bonetti.“ Le donne portano dunque anche

loro sul corpo e dentro il corpo la guerra. E la donna islamica, lontana dal pubblico,

tenuta per secoli nella domesticità e nella riproduttività, sottomessa all'autorità maschile

del padre o del marito, ha una brusca emancipazione ed espone il proprio corpo reale e

simbolico al dilaniamento. Tragico cambiamento oltretutto sostenuto da vari capi anche

perché le donne vengono agevolate nella missione. Possono passare più facilmente ai

posti di blocco e non sempre si nota che sono donne-bomba. Paiono incinta e quando lo

si scopre è tardi. Così le donne si assumono appieno anche il simbolismo nonostante si

pensi che nella donna l'istinto di sopravvivenza sia maggiormente legato al valore della

vita biologica.”47

La propaganda Jihadista femminile può essere dunque particolarmente pericolosa

in quanto ,come evidenziato, spesso tali motivazioni non vengono prese sul serio tanto

quanto quelle della controparte maschile.

46
http://www.huffingtonpost.it/2015/03/04/jihadisti-di-bellaspetto-giovani-
sorridenti_n_6798244.html?utm_hp_ref=it-donne-isis
47
Bonetti N., Io, Donna kamikaze,quarantatrè protagoniste del terrorismo suicida, Iris edizioni 2005,
pp- 16-17.

19
Comprendere i meccanismi in atto all’interno di questa jihad femminile è

essenziale per garantire una sicurezza mondiale prevenendo e cercando di ridurre al

minimo gli attacchi.

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