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NON EDIZIONI 65C02

L’oro in soffitta
Release (v1.0) in Copyleft(BY-ND-NC)

chip
16/03/2018
✔ Note Legalesi.

Il webmaster 6502 & Terminetor Magnetico ha costruito un REMIX di otto


racconti già pubblicati, espandendo la distopia romanzata ambientata
nelle “Yellow buffer zones”, nel 2050 durante le prime ore di
deflagrazione delle Guerre Puniche II, il cui obiettivo del racconto é
intrattenere & far riflettere il lettore.

In nessun caso sono collegate all’autore le persone, enti, organizzazioni


e quant'altro citato direttamente od indirettamente nel testo. È
importante tenere presente che ogni riferimento esplicito od implicito a
fatti o persone, enti, organizzazioni, eventi, circostanze future o
presenti o passate che taluni lettori possono riconoscere od associare è 2
del tutto casuale ed immaginario. L'ebook.pdf è no-profit, l’autore non
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“L’oro in soffitta ” stampato il 16/3/2018 release (v1.01) in COPYLEFT(BY-NC-ND)

➜ http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/
6502 & Terminetor Magnetico
Prefazione.

Otto racconti di Climate Fiction già pubblicati in altri ebook, sono stati scelti per
rielaborarli in un ReMiX, per proporre un nuovo testo, di CliFi cruento!.

Al vertice della tensione –ReMiX INTERQUEL del capitolo- la crisi è innescata


Battle for Assuan –Editing del capitolo- il prelu dio
Memorie di un guardiamarina –Remix dell’ultimo capitolo-
Rim of Hell –Editing del paragrafo- il primo saccheggio
Memorie di un tenente –Remix di 2 capitoli- 3
Memorie di un civile –ReMiX del primo capitolo-
4 Rekons –PREQUEL del capitolo 2- Il corto sequel di Remington Ride

I libri dell’orrore permeati da un macabro gusto dell’orrido fine a se stesso, a


me non sono mai piaciuti. Per cui anche sperimentando questo testo declinato
in una chiave truce e sanguinogena, qualche censura di buon gusto negli
intrecci l’ho collocata, coerentemente con il mio gusto personale.

Molti dei racconti originali sono collocati in Universi indipendenti ed


incompatibili, i testi sono stati ovviamente adattati, per il contesto di Malta
intorno al 2050. Per cui il testo di CliFi “L’oro in soffitta” non è da considerarsi
ne PREQUEL, ne SEQUEL, ne INTERQUEL di nessun altra saga che ho già
proposto online.

Obiettivo del testo è solo quello di fornire un intreccio cruento, ansiogeno, che
appaia verosimile e plausibile, tanto da trascinare brutalmente il lettore,
nell’orrore dei campi di battaglia delle Guerre Puniche II, alternando storie con
un narratore esterno ad uno interno.

Auguro a tutti ;-D una tosta lettura

Chip65C02
Down in the waves
She screams again
Roar at the door
My mind can't take much more
I could never drown in

They wanna get my


They wanna get my
Gold on the ceiling
I ain't blind
Just a matter of time
Before you steal it 4
It's alright
Ain't no guard in my house

Clouds covered love's


Barb-wired snare
Strung up, strung out
I just can't go without
I could never drown in

They wanna get my


They wanna get my
Gold on the ceiling
I ain't blind
Just a matter of time
Before you steal it

They wanna get my


They wanna get my
Gold on the ceiling
I ain't blind
Just a matter of time
Before you steal it
It's alright
Ain't no guard in my house
Black Keys -gold on the ceiling-
L’oro in soffitta.

Era il tramonto al villaggio di Kumi, erano già trascorsi due


giorni dalla vio lenta razzia che era stata perpetrata ai danni
dell’ignaro villaggio, che distava 80 chilometri.

Keman il capo villaggio, aveva guidato una folta falange Hutu,


contro un villaggio Tutsi. La falange Hutu attaccò il villaggio Tutsi in
piena notte, per cogliere alla sprovvista i nemici, sfruttando l’effetto
sorpresa.

Le povere case di mattoni di terra, furono date alle fiamme in


silenzio, sfruttando la vulnerabilità dei tetti infiammabili. Mentre
uomini e giovani Tutsi si svegliavano di soprassalto, provando a
sedare gli incendi, tutti finirono uccisi alle spalle ed a sorpresa,
dalla falange Hutu.

Gradualmente nel villaggio il crepitio del fuoco, mutò in una nuvola


di fuliggine nera, con un respiro infernale e pulviscolare, denso,
rovente, opprimente, la nube s’ammantò d’urla strazianti e
disperate, mescolate a raffiche di AK47, risate sadiche e cant i di
guerra!.

Dopo un quarto d’ora di delirio infernale, tutto il villaggio Tutsi fu


ridotto ad un’enorme torcia ardente, che prese ad arroventare il
cielo silente e nero come la pece, mentre un tanfo orrendo di carne
umana bruciata, ammorbò l’aria.

I sopravvissuti alla prima mattanza del fuoco, furono solo un folto


gruppo di donne e bambini e qualche adolescente. Tutti s’erano
arresi, non potendo scappare, ne difendersi. Fu loro permesso
d’abbandonare le proprie case in fiamme, per essere rapidamente
radunati a suon di bastonate chiodate, ai margini del proprio
villaggio. Invece gli uomini, i giovani, i vecchi, che erano usciti dalle
case in fiamme, erano già stati tutti uccisi brutalmente, mentre tutti
gli altri che decisero di restare nelle proprie case, vi perirono
bruciati.

I sopravvissuti alla prima pulizia etnica, furono impiegati sotto


l’occhio vigile di Keman, per svuotare il magazzino del villaggio.
Questo era una grossa struttura di mattoni e cemento, posto ai
margini estremi del piccolo villaggio, dentro cui erano stati stoccati 6
tutti gli alimenti, quanto le riserve idriche del villaggio.

Il villaggio Hutu, era infatti uno dei pochi centri abitati che
aveva una distribuzione d’acqua potabile nelle povere case, tramite
una picco la rete di tubazioni interrate, irrorate con l’estrazione
dell’acqua dalla falda freatica, con pompe idrauliche alimentate da
batterie e pannelli solari. La savana secca era ancora molto
distante, a differenza del villaggio di Kumi, che era già stato
raggiunto dall’inesorabile preludio del deserto!.

I pochi sopravvissuti maschi che erano ancora mescolat i nel gruppo


delle femmine Tutsi, erano solo pochi imberbi adolescenti, timorosi
e disarmanti, oltre a mo lti bambini picco li che piangevano impaurit i.
Il gruppo dei maschietti, fu prima allontanato violentemente a
bastonate dal gruppo delle madri/sorelle, poi i poveretti furono
ferocemente macellati senza pietà!.

Keman disse brandendo il proprio macete nell’aria, che quello era il


simbolo del potere e della forza Hutu.
I macete erano utensili da taglio, permettevano di risparmiare
le muniz ioni e spargere terrore tra gli odiati Tutsi. Adolescenti e
bambini, furono così orrendamente mutilat i, dato che fu tagliato
loro sia le mani e bracci, quanto i piedi.
Disse Keman che in questo modo, i Tutsi non avrebbero mai più
potuto impugnare un’arma, tantomeno avrebbero potuto correre o
marciare, contro il villaggio Hutu. Le grosse fiere si sarebbero
nutrite dei cadaveri e degli inabili, non avrebbero cacciato gli altri
animali, ci sarebbero stati più erbivori in cerca d’acqua, da poter
cacciare facilmente.
Una grossa ed orrenda catasta di mani, bracci, piedi, gambe,
prese rapidamente a formarsi, mentre il terreno s’impregnava di
sangue. Le urla di dolore, laceravano l’aria, tuttavia i gridi strazianti
d’orrore finirono rapidamente per spengersi nelle tenebre infernali
che ammantavano il villaggio. Le fiamme rosse e roventi del grosso
incendio che erano così rapidamente divampate, adesso scemavano
e s’estinguevano veloci. Le povere case di mattoni di terra, non
avevano molti oggetti infiammabili, a parte il tetto e le strutture
7
portanti in legno, oltre ai pochi poveri arredi interni.

Un’orrenda catasta di torsi umani mutilati, composta da adolescenti


e bambini, fu ammassata, gettando impietosamente i moribondi
uno sull’altro. Metà della falange Hutu rideva soddisfatta, tanti
gioivano del dolore e della disperazione altrui, tutti sniffavano co lla,
cantavano e danzavano inni di guerra, lodando la propria forza e la
potenza della loro tribù guerriera!. Altri della falange osservavano
soddisfatti e sprezzanti le due cataste che odoravano di sangue,
mentre lo spietato tavolo di metallo, lordo e grondante di nero e
vischioso sangue, sembrava un altare del male, a cui tutta la
falange donava il proprio tributo!.

Ovviamente tutti i bambini ed i pochi adolescenti, morirono: i pochi


non ancora deceduti, giacevano svenuti e presto sarebbero spirati,
dato che nessuno avrebbe mai fornito loro assistenza medica, per
arginare le violent i emorragie, scaturite dalle barbare mut ilazioni.

Il gruppo delle madri/sorelle, era poco lontano da questo mattatoio,


era composto da donne, da giovani bambine, da qualche
adolescente non ancora donna. Tutte le donne piangevano
disperate, urlavano spaventate, l’orrore ottenebrava le loro menti.
Le loro grida d’aiuto avevano impregnato l’aria, ma quella terra
inesorabile sembrava nutrirsi della sofferenza, dato che erano
numerose le apocalissi impunite già accadute in passato!.

Bastò alla falange Hutu distribuire a destra e manca, fendenti


mortali con macete, oppure aspergere mazzate con bastoni
chiodati, per assiepare rapidamente tutta la povera massa di donne
Tutsi, come pesci in una rete senz’acqua, disegnando un cerchio.
L’altra metà della falange Hutu, s’era silenziosamente già dispiegata
intorno al branco di donne, formando un minaccioso perimetro, che
non prometteva niente di buono.

I killers distribuirono sadici sorrisi bianchi, in quella notte buia di


tenebra, tranquillizzando le donne che piangevano, implorando
pietà. La falange, strinse mo lte corde che segregarono fianchi e le
braccia del gruppo di donne. Poi i macellai, presero ad irrorare con
della benzina pompata da taniche con fistole a mano, il folto gruppo 8
di disperate.

Il panico, le urla, il terrore che si erano assopite quando erano state


legate, divamparono nuovamente, il terrore era negli occhi di quelle
povere disgraziate, mentre un atroce puzzo di carburante si sparse
inesorabile nell’aria. Le disperate avevano capito quale era il loro
destino: non sarebbero state violentate e portate via e rese
schiave, ma sarebbero state tutte bruciate vive!.

Ovviamente le donne cercarono di fuggire, ma era loro difficile


anche solo respirare nell’opprimente ressa in cui erano state
segregate. Era un’impresa impossibile gettarsi a terra e strisciare
tra le gambe altrui, per raggiungere i bordi esterni del cerchio e poi
provare a fuggire.

Le bambine picco le che erano tenute in braccio, furono


disperatamente spintonate in terra da molte madri, poi furono
invitate con decisi amorevoli calci nel sedere, a strisciare tra le
gambe delle donne, le quali cercarono coraggiosamente di rimanere
immobili, per non pestare la prole che cercava una via di fuga. Le
bambine che riuscirono nel loro intento, strisciando in quella foresta
di polpacci e piedi, immerse nel fetente pantano di benzina, finirono
tutte brutalmente uccise da colpi di macete e bastoni chiodati.

Disse Keman ridendo sarcastico, mentre i suoi occhi brillavano di


una luce nera – Accendete le torce!. Le femmine Tutsi possono
figliare!. La prole bastarda ci sottrae acqua e cibo, crescerà
nell’odio, presto pretenderà d’impuganre le armi contro di noi, per
vendicare anche la nostra razzia!.-
Per queste ragioni, anche tutte le donne Tutsi dovevano morire:
non c’era acqua e cibo per tutti in Africa, quindi solo i più forti
avevano il diritto di sopravvivere!.

Fu appiccato l’incendio con delle torce da quattro punti diversi,


fiamme alte ed arancioni deflagrarono rapidamente, incendiando il
primo cerchio esterno di donne. Atroci e disperati, furono gli urli
strazianti che lacerarono l’aria, mentre un macabro sottofondo di
risate maschili, risuonarono in un terzo concerto di morte. 9

Gradualmente le grida disumane scemavano, si spegnevano dentro


le fiamme alte e rosse ed il fumo grigio, le donne diventavano
tizzoni bruciat i croccanti e silenti, da cui continuavano a divampare
fiamme rosse, che ardevano il gruppo di donne, aspergendo un
denso fumo grigio dal tanfo orrendo!.

A volte capitava che da questo girone infernale, qualche bambina


od adolescente riuscisse miraco losamente a strisciare tra i corpi
rigidi che ardevano. La maggioranza delle piccole aveva i vestiti in
fiamme, gridavano e si divincolavano e poi non si muovevano più.
Quelle pochissime che miraco losamente riuscivano a strisciare
rapide tra i rigidi cadaveri carbonizzati, perirono inevitabilmente
sotto i colpi della falange, che bloccava loro ogni via di fuga.

L’elicottero gengiskano era seguito da altri due elicotteri Mil-mi_24 i


tre mezzi militari, ronzarono minacciosi in cerchio, al calar della
sera, sopra il villaggio di Kumi. Il grande frastuono aveva attirato
l’attenzione di tutta la gente del villaggio, che corse subito a
prendere le armi, temendo una punizione governativa, contro la
truce pulizia etnica che era stata perpetrata.
Invece, i megafoni degli elicotteri gengiskani, dissero che venivano
in pace, portavano armi e munizioni, cibo ed acqua potabile ed
aiuto militare. I gengiskani avevano a cuore il futuro degli africani,
volevano che fossero liberi dall’oppressione capitalista, i gengiskani
desideravano che i sub-sahariani potessero forgiare il loro futuro
con le proprie mani, in Africa!.

Questi grandi elicotteri gengiskani, avevano grandi luci accese che


illuminavano a giorno il villaggio, ronzavano come calabroni 10
minacciosi, ma già tutta la gente del villaggio vociferava che i gialli
avevano portato armi e munizioni, ed erano potenti alleati: solo il
cielo, gli aveva mandati!.

Kumi osservava silenzioso con la bocca spalancata, tutto quello che


accadeva, nascosto dietro la tenda logora, dalla finestra senza
vetri, della sua casa fatta di mattoni di terra.
___________

Il picco lo Kumi era abbarbicato al busto della sua mamma Adenike,


grossi lacrimoni scendevano rigando il viso del bambino. Kumi
piangeva, lo faceva in silenzio, le sue piccole manine stringevano
decise, i logori vestiti scuri di Adenike, co me fossero stati un’ancora
a cui aggrapparsi disperatamente, per evitare l’inevitabile.

Il bimbo non capiva perché avrebbe dovuto abbandonare la sua


famiglia, per seguire la falange di scout sub-sahariani, comandati
dal sergente gengiskano. Perché la sua famiglia non poteva partire
adesso, se suo fratello maggiore Kamau gli aveva detto, che la sua
famiglia l’avrebbe raggiunto tra qualche settimana, nella savana
secca?!.

Adenike era scalza, magra, dagli zigomi ossuti e con gli occhi
sporgenti, in un silenzioso dolore, con una dignità composta che le
arrossava gli occhi, custodiva gelosamente nel suo cuore, un
orrendo segreto, che non voleva e non poteva rivelare al piccolo
Kumi.

Intervenne con decisione il padre Asad, questi ruppe lo strazio


che gli stava spezzando il cuore. Con un gesto forte e deciso, staccò
Kumi dall’abbraccio materno, poi Asad prese per le braccia Kumi,
guardandolo negli occhi con l’imperiale durezza di un padre, che
non poteva dire al suo figlio di otto anni, che probabilmente solo lui 11
ed il suo amico Usutu, sarebbero sopravvissuti alla Battaglia per
Assuan, a cui tutta la loro tribù avrebbe dovuto prendere parte.

–Kumi!- disse con tono duro –Smettila di piangere!, ormai sei


diventato grande!, non sei più un bambino!, hai già ucciso varie
iene!. Devi ricordarti tutti i segreti di caccia che t’abbiamo
insegnato!. Porta il nome della nostra famiglia, della nostra tribù,
con onore!. Il tuo amico Usutu, ti sarà come un fratello!-

Kumi aveva gli occhi rossi, s’asciugò il viso sull’avambraccio destro,


era triste e non aveva capito, il vero significato del discorso del
padre.
Asad avrebbe voluto abbracciare suo figlio, ma sapeva che se
l’avesse fatto, poi non avrebbe più avuto la forza per mettere Kumi
sul rimorchio gengiskano, quindi Asad senza baciare il bambino, lo
caricò di peso accanto ad Usutu, il quale aveva il muso lungo, era
triste, senza dire una parola, bloccò con un forte abbraccio il piccolo
Kumi.
Il sergente gengiskano salì tranquillo sulla jeep, quindi
impietosamente partì verso Ovest, sparendo in una nuvola di
polvere.

Kamau era il fratello più grande della famiglia, aveva 20 anni, nel
rito della partenza aveva sempre distolto lo sguardo, tenendolo
fisso altrove, per evitare d’incrociare gli occhi disperati del
fratellino. Adesso che la jeep gengiskana s’era dissolta in una
nuvola di polvere, Kamau cercò di sbirciare tra la polvere: in cuor
suo sperava di rivedere ancora una volta, la testolina nera e
riccio luta del picco lo Kumi.
La jeep era ormai lontana, Adenike con le mani ossute s’era
coperta il vo lto, piangeva in silenzio, con il coraggio e la dignità di
chi sapeva che probabilmente lei e la sua famiglia, sarebbe morta
nei prossimi 5 giorni. Piangeva di tristezza e gioia, perché il piccolo
Kumi era part ito e non l’avrebbe più rivisto; ma forse Kumi sarebbe
sopravvissuto e solo questo contava nel cuore di Adenike!.
Emefa la sorella diciottenne di Kumi piangeva in silenzio,
stringendo forte la mano di Lutalo, un altro fratello di Kumi, che
12
aveva 14 anni. Le lacrime scendevano copiose e silenziose sui volti
di Emefa e Lutalo, che fissavano il terreno arido e polveroso. I due
adolescenti piangevano perché avevano perso il loro fratellino
piccolo. I due piangevano, perché nella tribù erano considerati
adulti, quindi erano stati informati della battaglia per Assuan.
Emefa e Lutalo avrebbero voluto vivere, ma sapevano che sarebbe
stato assai difficile sopravvivere ai prossimi 5 giorni. Non c’era più
acqua potabile ai pozzi, l’unica cosa da fare era co mbattere gli
egiziani, per ottenere un futuro.
T0=2:10 da qualche parte al largo dell’isola di Malta.

Sotto coperta trovai solo due sopravvissuti del mio equipaggio,


stavano per salire in coperta, erano armati sino ai denti, perchè
avevano udito esplosioni e spari.

Gli ordinai di fare attenzione: i cartaginesi sparavano come dannat i,


già la motovedetta del nostro capo formazione era esplosa, colava a
picco tra le fiamme!. 13

Mandai il motorista con la mitragliatrice M60 sul lato di tribordo,


ordinandogli di passare da poppa; restare basso ed al coperto, la
struttura della nostra barca forse gli avrebbe offerto una qualche
forma di riparo, dal fuoco nemico.

I proiettili cartaginesi bucavano il battello come fosse stato di


cartone, facendoli fischiare e rimbalzare da tutte le parti!.

Merda santa!, come sparavano i cartaginesi!.

Sparavano davvero proprio come dei dannati, mentre quei


maledetti bastardi, facevano rotta rapidi, diretti su di noi!.

Il mio meccanico di bordo, con il lanciamissili RPG7 invece strisciò


in coperta, verso il nostro lato di babordo; all’improvviso fece fuoco
colpendo la motovedetta cartaginese!.

Il mezzo cartaginese esplose in una bolla di fiamme!

Io con il mio fucile d’assalto M16A2 sparai sui superstiti che si


gettavano in mare, poi sparai sulle luci degli spari che provenivano
dalla motovedetta nemica, che era in fiamme e lentamente
s’inclinava su un fianco.

Mentre ricaricavo il mio M16A2 m’accorsi che il mio meccanico era


riverso a terra, in una pozza di sangue.

La nostra terza motovedetta era scappata, appena aveva visto il


nostro capo formazione esplodere, mentre la nostra unità era stata
devastata da potenti raffiche di mitragliatore PKM.
14
Le camere d’aria della mia barca si stavano sgonfiando, sul lato di
babordo!.

Vedendo però che una delle due motovedette cartaginesi era


esplosa, la nostra terza motovedetta manovrò rapidamente per
tornare a darci manforte!. Prese ad ingaggiare dal nostro lato di
tribordo, l’ultimo battello nemico, il quale si trovò sotto il pesante
fuoco del mio motorista con l’M60, quanto sotto il massiccio fuoco
di soppressione dei nostri commilitoni della terza motovedetta!.

La terza motobarca cartaginese all’improvviso virò di tribordo, si


sganciò, per allontanarsi verso il largo!.

Quasi tutti del mio equipaggio erano morti o morenti, non ce


l’avrebbero fatta ad arrivare in tempo all’ospedale.

Questo fu l’epitaffio tombale sentenziato dall’infermiere, che nel


frattempo era saltato a bordo, mentre la terza nostra motovedetta
si stava affiancando per soccorrerci, dato che la mia motovedetta si
stava inclinando pericolosamente a babordo!.

Io ero sotto shock, avevo le mani sudate, ero sudato come se


avessi corso per un chilometro: pensai che eravamo a circa un
miglio e mezzo dalla costa.

Forse mi tremavano le mani, comunque mi guardai intorno, di


nuovo.

Vidi che c’erano tanti pezzi in affioramento dei due battelli, erano in
fiamme, erano sparsi un po’ ovunque, c’erano morti e feriti che si
lamentavano e che galleggiavano, il mare era nero come la pece,
mentre grosse chiazze di carburante bruciavano illuminando la
scena.

Vari cartaginesi s’erano gettati in mare, volevano lasciare il loro


battello che era una torcia in fiamme, in lento affondamento.

La maggioranza dei cartaginesi nuotava verso il nostro natante,


mentre erano pochi quelli che sembravano aver intenzione di
raggiungere a nuoto Malta. Alcuni cartaginesi impugnavano ancora i
15
propri AK47 e dall’oscurità, all’improvviso, presero a sparare
raffiche contro la mia motovedetta!.

Era uno spettacolo orrendo, il motorista aveva il tremito, non ce la


fece a rispondere al fuoco. Restò sul lato opposto del battello, al
coperto, poi ebbe un conato e vomitò.

Anche io avevo il tremito, provavo una forte nausea, non avevo mai
fatto la guerra, tantomeno m’ero arruo lato in marina, pensando di
vivere l’olocausto di un milite di fanteria!.

Alcuni degli altri nostri commilitoni che erano a bordo della terza
motovedetta s’erano pisciat i addosso, si buttavano acqua di mare
addosso con i secchi di plastica, per darsi una pulita. La loro
motovedetta era a tribordo della nostra ed era protetta dalla mia
imbarcazione, non s’erano accorti dei proiettili nemici che colpivano
il mio battello.

Il mio capitano aveva il volto sfigurato, il busto era crivellato da


grossi buchi neri che viravano in un rosso plumbeo, le ferite erano
enormi come grossi aranci. La sua mano sinistra era spappolata,
forse nel disperato ed istintivo tentativo di ripararsi dal fuoco.

L’addetto radio ed il radarista, avevano i corpi sfigurati, da quanti


proiettili avevano incassato: colpiti violentemente alla sprovvista, le
loro pistole erano ancora riposte nelle fondine.

C’erano enormi chiazze di sangue su tutto il ponte della mia


motovedetta, il ponte era scivo loso, anche a causa dell’inclinazione
rilevante, che stava assumendo la mia motovedetta.
Il tempo sembrava scorrere come fosse stato rallentato, nell’aria
c’era un forte odore di sangue, uno schifoso tanfo di merda,
mescolato ad un acre sottofondo di polvere da sparo, carburante e
plastica bruciata.

I proiettili cartagines i sparati dai soldati in acqua, continuavano a


colpire la mia motovedetta, oppure miagolavano intorno a me, io
non potevo affacciarmi a babordo per rispondere al fuoco. Il loro
fuoco era ancora letale, nonostante fossero in mare!. 16

Il panico ammorbò la mia mente, cercavo disperatamente di


respirare e restare lucido, pensando a cosa avrei potuto fare. Una
grossa Luna piena regnava inerte, sopra quella notte maledetta, di
una totale calma piatta!.

Una luce rossastra, stroboscopica, d’emergenza, lampeggiava ed


illuminava la plancia ed il mio volto, rendeva ancora più
apocalittica l’ecatombe di morti e sangue, e proiettili che
miagolavano intorno a me.

Il comandante della terza motovedetta era iracondo, aveva la


mascella contratta, si muoveva a scatti, stringeva nervoso la sua
Beretta 92. Urlò ferocemente l’ordine di sparare in acqua: voleva
un maledetto fuoco di soppressione sui cartaginesi in acqua. I
superstiti dovevano morire tutti, per vendicare gli amici ed i
commilitoni morti. La terza motovedettò manovrò rapida e poi
s’udirono numerose raffiche d’armi da fuoco, urla bestiali, poi
ancora raffiche. Il fuoco nemico dal lato di babordo si ridusse
d’intensità, così anche io finalmente potei difendermi.

Con l’ira negli occhi che m’ottenebrava il pensiero, riuscii solo a


sorridere, sadico e maligno, mentre colpivo quei bastardi, dato che
nella mia mente c’era solo il desiderio di vendetta.

Poi il fuoco di soppressione cessò: tutto fu silenzio, a malapena si


poteva udire il monotono sciacquio del mare, che cozzava contro gli
scafi delle motovedette.

Io vomitai sul ponte: mi spiace dirlo, imbrattai una parte dei


cadaveri dei miei amici, che erano morti.
Mi alzai, sorreggendomi con un mano a causa della forte
inclinazione della mia motovedetta, sul lato di babordo. Dopo aver
vomitato mi sentii meglio, la mente tornò lucida, guardai sotto
coperta, l’acqua di mare stava irrompendo inesorabile.

La calma ed il s ilenzio era surreale, fu interrotta dal radarista della


terza motovedetta: questi si sporse dalla poppa, con gli occhi fuori
dalle orbite e disse urlando che migliaia e migliaia di barche
cartagines i, si stavano dirigendo su Malta. Erano in un numero 17
incredibile, una cosa che non s’era mai vista nella storia umana!.

-Guardiamarina, la vostra radio funziona?! potete navigare e


rientrare in porto?!- mi chiese urlandomi in faccia, con un tono di
voce feroce, il comandante della terza motovedetta.

Io stringevo allucinato il mio fucile d’assalto nella mano destra, lo


guardai negli occhi, poi mentre cercavo d’armeggiare con la mano
sinistra sul quadro comandi, per vedere cosa funzionasse ancora a
bordo del mio battello dissi -No! la radio ed il radar sono fuori uso,
ci sono molte vie d’acqua aperte!. Stiamo affondando!-.

-Cazzo!- esordì il comandante, che m’urlò ancora in faccia


violentemente, dicendo – Presto!, salite subito a bordo del mio
mezzo!- poi con tono secco e furente ordinò – Maledizione!,
Maledizione!, Maledizione!, torniamo subito in porto a dare
l’allarme!-
T0+1h:06min da qualche parte nell’isola di Malta.
Kumi s’inerpicò sul palo di s inistra, stando attendo a non toccare i
fili, recise con le piccole tronchesi i tre cavi, questi caddero a terra
tranciat i, senza fare scint ille. Sulla destra dietro gli alberi, il muro a
secco celava una bella casa a due piani, le luci di casa erano spente
ma c’era un’auto parcheggiata in giardino. Kumi s’arrampicò sul
muro a secco, quando guardò giù dal muro, scoprì che un grosso
cane rotvailer prese ad abbaiargli contro. Kumi lo stese con un
18
colpo di balestra, traforandogli la gola.

Poi Kumi dopo essersi guardato ancora intorno con molta


circospezione, scese dal muretto scivolando nel giardino. Il cane
non era morto, guaiva ancora, Kumi estrasse il coltello dalla sua
fondina e sgozzò il cane senza pensarci due vo lte. Grossi fiotti di
sangue caldo bagnarono il coltello e parte delle picco le mani di
Kumi. Il bambino tastò i cosciotti posteriori del cane, erano sodi e
forzuti! E rise. Se non ci fosse stato niente da mangiare nella casa
maltese, stasera avrebbe potuto sempre banchettare con un
grosso cosciotto di cane arrosto!.

Il bimbo scivolò rapido e silenzioso attorno alla casa, fece il giro in


silenzio. Non c’era nessuno sveglio nella villetta isolata, quindi Kumi
corse al cancello e lo scalò, sedutosi sul muretto prese la pila e
l’accese due vo lte. Dopo poco tempo fu raggiunto da tutta la
colonna dei restanti 13 cartaginesi, quindi Kumi riferì la situazione
tattica ad Abasi, il quale ordinò a Yao ed Ngozi di ripulire l’area!.

Yao si appostò sulla veranda davanti alla porta della cucina,


bloccandola, spianando il suo AK47. Ngozi appoggiò su un carretto
il suo RPG con i suoi due razzi e brandendo l’AK47 si diresse
silenzioso verso l’entrata principale, seguito a distanza da Kumi.

Kumi e Ngozi guardarono dalle finestre ma dentro era tutto buio e


c’erano delle tende, quindi Ngozi colpì con il calcio del fucile le
finestre, sino a romperle poi le aprì e saltò dentro la casa, Kumi si
avviò all’entrata principale, la quale dopo poco si aprì per mano di
Ngozi. Kumi cercò subito il telefono fisso e ne strappò i fili, poi
corse silenz ioso verso la cucina, aprì la porta e Yao, questi entrò in 19
casa senza proferire parola!.

I rumori dei vetri rotti forse avevano svegliato i padroni di casa, si


accese la luce delle scale dove erano probabilmente poste due
camere da letto.

Un giovanotto armato di un’automatica scese un paio di gradini,


Ngozi tornò nell’ingresso principale, avendo controllato poco prima
che il salotto a pian terreno era pulito. Yao sbucò sulla destra e
Ngozi sulla sinistra, l’uomo sulle scale fu sorpreso per un secondo
nel vedere due adolescenti armat i di AK47. Il ritardo di un secondo
e le due minacce furono mortali per il giovane maltese, il quale fu
beccato al torace da due burst sparati dagli AK47, centrando il
bersaglio grosso. Il giovanotto maltese, rovinò come un sacco di
patate per le scale, con il torace pieno di buchi.

Uscì dalla camera la giovane moglie, la quale vedendo il marito in


una pozza di sangue, urlò disperata e si chiuse a chiave in camera!.
Disse Yao che non c’era nessun’altro in casa, tranne la camera
matrimoniale dove si sentiva piangere un bimbo piccolo. Dal buco
della serratura, Yao vide la donna che strepitava, era in preda al
panico, camminava avant i ed indietro per la stanza, mentre
maneggiava un cellulare che forse non doveva funzionare?.

Kumi andò a riferire tutto ad Abasi, il quale giunse di corsa


nella casa, sfondando la porta della camera. La giovane donna era
in preda al panico, pianse e chiese pietà mentre stringeva il
bambino piccolo tra le braccia, poi lasciò cadere il cellulare.
Abasi strappò il piccolo dalle braccia della madre, colpendola al
volto e poi gettò l’infante fuori dalla finestra, sfondando il vetro
della camera!. Poi afferrò la giovane donna che scioccata gridava
ancora di più, le dette un pugno e la distese sul letto, quindi chiamò
Yao e Ngozi e disse che era ora che diventassero uomini.

Le strappò le mutandine e poi le infilò due dita nella vagina ed un


dito nell’ano, poi incominciò a stimo larla, sedendosi sopra le sue
gambe per bloccarla. Yao le prese le braccia e gliele bloccò con 20
forza, mentre Ngozi ebbe a sedersi sul suo seno, estrasse il pene ed
incominciò a strusciarglielo sulle labbra.

Kumi scese le scale, fece il segnale a tutta la falange cartaginese


d’entrare in casa, poi s’infilò in cucina a rovistare nel frigo.

-Che succede lassù?!- chiese imperiosa Afia guardando Kumi.

Kumi era seduto davanti al frigo e mangiava a quattro ganasce un


grosso pezzo di pane con dello strano affettato e dei formaggi
spalmat i sopra. Il bimbo rispose a bocca piena, disse che aveva
detto Abasi che Yao e Ngozi dovevano diventare uomini!.

Afia guardò con sospetto la porta della camera aperta, da cui


uscivano le urla strazianti e disperate della giovane maltese,
mescolate a gemiti soffocati di piacere, ma non s’azzardò a dire una
parola. Afia si mise di guardia dietro la porta di cucina, dove le
grida della povera maltese, si sentivano di meno.

Nel giardino erano stati parcheggiati i tre carretti di metallo zeppi di


munizioni, il cancello era stato forzato e poi socchiuso, la porta
principale della casa fu chiusa.

Iniziarono a girare per casa i vari cartaginesi che presero ad aprire


cassetti e gettarli a terra, aprivano dispense, rovistavano
violentemente in armadi, cercando vestiti, coperte, scarpe, cibo,
acqua, armi. Ogni cosa che poteva essere utile, venne accatastata
in un grande mucchio davanti all’entrata principale.

All’improvviso nella stanza da letto superiore calò un silenzio di


tomba, la donna maltese aveva smesso d’urlare e di gemere, un
silenzio di morte scese dalla camera da letto. Abasi, Yao e Ngozi
scesero le scale, mentre i primi due si misero a rovistare nella
catasta di vestiario e cibario, seguendo l’ordine gerarchico della
falange.

Azibu prese la pistola che era rotolata dalla mano del morto, che
ancora giaceva sul fondo delle scale in una pozza di sangue e che
nessuno aveva spostato. Era una glock17, camerava il 9mm una
munizione NATO, in Europa Ngozi ne avrebbe trovate molte di 21
queste munizioni. Era bene conservarla, l’arma avrebbe potuto fare
comodo. Questo fu il parere di Azibu, che mangiando una scatola di
tonno, dopo aver guardato la Glock17, la porse a Ngozi come
legittimo bene di saccheggio!.
T0+3h:15min da qualche parte nell’isola di Malta.
Ero a casa mia, dormivo di grosso, d’un tratto mi svegliai di
soprassalto perchè m’era sembrato di sentir suonare il telefono od il
cellulare. Mia moglie dormiva, così pure i due bambini. M’alzai e
ciabattai silenziosamente, svogliatamente, lentamente verso il
salotto, presi il mio cellulare ma aveva la batteria scarica.

Poi ciabattai verso il telefono: sì in effetti era arrivata una


telefonata in piena notte!. Ma chi cazzo sarà stato mai? Qualche 22
idiota sicuramente che alle 5:15AM di mattina, non sapeva che
fare, tranne fare chiamate a vuoto?!

Ciabattai in cucina con la faccia “cispiosa” ed assonnata, m’andava


una tazza di the, oppure del latte caldo: mentre il latte bolliva, dalla
cucina vidi co me lampi nel cielo!.

No!, non erano lampi, era un conflitto a fuoco con esplosioni e


raffiche con sporadici proiettili traccianti. M’avvicinai alla finestra
per vedere, la mia casa era poco distante dal mare, ad un
chilometro c’era un piccolo paesello, prossimo ad una grossa
spiaggia sabbiosa e bassa.

Il paese sembrava in fiamme!.

Corsi al telefono ma non c’era linea telefonica, c’era il segnale di


occupato veloce. Presi il cellulare di mia moglie, ma non c’era
campo: ossia il campo c’era, solo che il cellulare non riusciva a
chiamare, il telefono dava sempre occupato veloce, la chiamata non
era ino ltrabile!.

Presi il binocolo e corsi alla finestra, per provare a dare un’occhiata


fuori. C’era del forte bagliore, c’erano grandi fiamme, doveva
essere “una maledetta roba grossa”. In acqua e sulla spiaggia
s’intravedevano molte barche, gommoni, moto-barchini,
sembravano tutti battelli come fossero stati abbandonati!.

Strano, ieri sera non c’erano!.


Delle case, delle auto, dei camion dei pompieri e delle forze
dell’ordine, bruciavano: alcuni mezzi prima di diventare un tizzone
ardente, avevano ancora le luci blu lampeggiant i accese!.
Un maledetto grosso guaio: accesi la tv.

I canali nazionali non dicevano niente, c’erano dei film o delle


trasmissioni di talk show, probabilmente pre_registrati, sul
televideo non c’era niente. La maggior parte dei restanti canali
erano fuori linea, forse era saltato il ripet itore di zona, oppure mi si
era guastata l’antenna?. I gabbiani in effetti, spesso facevano il
nido sopra l’antenna, danneggiandomi l’apparato. La radio non
funzionava, c’era solo rumore di fondo. Il collegamento internet non 23
funzionava.

Svegliai mia moglie, mia figlia adolescente ed il figlio picco lo.

Furono tutti vestiti e pronti, rapidamente dopo dieci minuti, senza


far le valigie, perché non c’era tempo. C’era da correre
urgentemente al capezzale dei lontani parenti in città, per una cosa
urgentissima!.

In breve mia figlia racco lse le cose minime essenziali per il bambino
piccolo, sotto la supervisione di mia moglie. Io andai in cantina e
con un cartone voluminoso, lo riempii di scatolame, frutta
sciroppata, tonno, pane a cassetta confezionato, patatine, bottiglie
d’acqua, tutto quanto messo nervosamente alla rinfusa.

Ci avviammo sulla statale secondaria, ad alta velocità e ben presto


la scelta d’abbandonare la nostra casa, si rivelò corretta.

Infatti, man mano che procedevamo allontanandoci da casa, le luci


della tua auto illuminavano i resti delle case dei vicini, che erano
sparse nel raggio di un chilometro. Varie abitazioni erano state date
alle fiamme, oppure i vicini erano riversi per strada o accovacciati
ed immobili sulla porta di casa, immers i in pozze di sangue o con la
testa sfondata.

Fu subito chiaro che la scusa di correre urgentemente al capezzale


dei lontani parenti in città, era una grossa balla!.

–Che succede papa’?- chiese frignando mia figlia.


24
-Amore, che succede?- domandò istericamente mia moglie.

Le stesse frasi continuarono ossessivamente ad essere ripetute in


varie variant i da mia figlia e da mia moglie, mentre l’unico che non
fece domande stupide, era il bambino picco lo. Il piccolo era ignaro
di tutto, dormiva tranquillo, legato sul seggiolone nel sedile
posteriore.

-Cristo!, non lo so!, adesso non rompetemi il cazzo!. Sto cercando


di guidare e di salvarci la vita!- esplosi all’improvviso, dopo che crisi
isteriche e pianti, e stupidi quesiti di mia figlia su invasioni di
zombi, oppure stronzate di mega alieni mangia-cervello, stavano
saturando l’intero abitaco lo dell’auto. Guidai nervosamente, ad alta
velocità, silenzioso e rapido, restando concentrato, evitando ogni
possibile guaio inutile.

Il paesello vicino alla mia casa era in fiamme, così come parte della
boscaglia vicina. Un greve fumo nero, saliva lento nel cielo. Presto
sarebbe stata mattina, l’orario in cui di solito tutti si sarebbero
diretti per lavoro o per disperazione, verso la capitale, intasando
strade e svincoli!.

All’improvviso, nei pressi di una circonvallaz ione vidi l’hazard


acceso di un’auto in sosta d’emergenza. Era l’auto del mio vicino di
casa: l’auto era in mezzo di strada, il vicino era fermo accanto
all’auto con il triangolo d’emergenza, agitava disperatamente le
braccia, chiedendo aiuto. C’era anche suo figlio ai margini della
strada, era quello che forse faceva la corte a mia figlia. La moglie
del vicino era invece ai margini dell’auto, aveva uno sguardo
allucinato, tutti indossavano cappotti pesanti, ma ai piedi portavano
delle ciabatte da notte!.

Niente da fare, non c’era verso di togliere quei maledetti


bulloni, per cambiare la ruota di scorta!.

Il vicino parlava come un fiume in piena, forse era sotto shock. I


vicini erano fuggiti di casa in pigiama, con un cappotto, solo perchè
il figlio radioamatore di solito s’alzava presto la mattina, per spiare
25
la radio delle forze dell’ordine. Erano fuggiti “appena in tempo”
evitando il peggio!. I cartaginesi gli avevano sparato alle gomme,
ma il vicino non s’era fermato; salvo poi trovarsi con l’auto distrutta
dopo cinque chilometri, con il cerchione dell’auto che aveva dato
forfait. L’auto era in panne, con il pneumatico uscito totalmente
fuori dal cerchione. Neanche pochi giorni prima, aveva portato
l’auto dal gommista, per cambiare i pneumatici. Forse, i bulloni
erano stati serrati troppo premurosamente?. Per questa ragione,
forse non era possibile cambiare la gomma dell’auto?!

-Niente valigie!, salite tutti in auto! Di corsa!- urlai nervoso.

Salimmo tutti in auto, per fortuna avevo una station wagon, per cui
il fidanzato di mia figlia finì nel bagagliaio, perché non c’era altro
posto in auto; mentre le donne trovarono collocaz ione sul sedile
posteriore, tenendo in co llo il piccolo che ancora dormiva come un
sasso.

Il vicino aveva una radiolina portatile, seduto accanto a me,


guardava la strada con occhi allucinati. Le radio dicevano che nella
zona c’era stata un’invasione di cartagines i!. I nemici erano uomini,
donne, bambini soldato, per lo più armati con armi leggere, RPG,
mitragliatrici PKM, fucili AK47 e MANPAD e piccoli droni. Erano
giunti con gommoni, barchini di legno e vetroresina, motoscafi,
motobarche, nella notte, sfruttando una grande bonaccia!.

I cartaginesi avevano lasciato le barche, poi s’erano dati al


saccheggio ed erano avanzati nell’interno. Erano accorse le unità
delle forze dell’ordine, ma i cartaginesi le avevano attaccate con
violenza, talchè la polizia aveva avuto la peggio!. L’esercito era
stato schierato per dar manforte alle forze dell’ordine, la questione
era diventata molto seria!.

I nemici erano violenti, come bramosi di sangue, abituati ad una


violenza gratuita, ripulivano etnicamente l’isola. Commentatori
buonisti del cazzo, dissero che l'inedia verso problemi di molti anni,
aveva probabilmente tolto il futuro e la speranza a queste
popolazioni.
26
Nel frattempo sulle spiagge la situazione era in movimento,
giunsero altre ondate di cartaginesi, le vie di comunicazione finirono
per intasarsi a causa della migraz ione spontanea della popolazione
civile, mentre le ret i di telefonia mobile erano quasi collassate!.

Si sentivano ovunque sirene d’emergenza, conflitti a fuoco ed


esplosioni. I talk show radiofonici in onde corte, parlavano ancora
delle ragioni di queste guerre puniche 2. Mancate politiche
d’immigrazione, mancati investimenti nell’energia solare e fonti
rinnovabili, assenza di diritti umani, crisi finanziaria ed economica,
dinamiche demografiche divergenti tra Europa ed Africa,
sovrappopolazione in Africa, danni da cambiamento climatico,
sovrappopolazione sul pianeta Terra, scars ità delle risorse
alimentari ed idriche ecc…

Erano tutte inutili puttanate!.

L’unica cosa utile, trasmessa alla radio, era il bollettino ripetuto


ogni 5 minuti, con l’elenco delle strade bloccate per ingorghi e la
mappa delle zone degli scontri, che ad ogni edizione s’allargavano a
macchia d’olio!.

La situazione era molto critica, ben oltre il problema d’ordine


pubblico!. Era un’invasione non convenz ionale, una guerra
asimmetrica combattuta in un contesto urbano!.

Qualcuno in auto chiese se era possibile fermarsi per fare una


sosta: il tempo di far pipì. Altri passeggeri, avevano bisogno di
vomitare, specie mia figlia. Mia moglie disse che il piccolo aveva
iniziato a piangere, il pannolone doveva essere sostituito!.
T0+4h:40min da qualche parte nell’isola di Gozo di Malta.
La radio gracchiò, disse che c’erano 4 mas cartaginesi in rotta sulla
baia. Era B lue, la guardai con il binocolo, poi guardai l’orizzonte
cercando i battelli nemici.

Un mas cartaginese entrò nell’area di Blue, ma Lei lo fece fuori con


un colpo da maestra. Quella ragazza sapeva maneggiare il mortaio,
come non avevo mai visto in vita mia!. Certo, era anche merito
delle muniz ioni a guida laser e del puntatore laser, che B lue aveva 27
in dotazione. Ma in ogni caso, quella ragazza aveva una mira
incredibile, con il suo piccolo mortaio da campo!.

Poi Blue mi contattò alla radio, disse che lei avrebbe aperto un
fuoco di sbarramento sul fianco destro della mia spiaggia,
bloccando l’accesso al viottolo, ossia alla sua sinistra. Po i aggiunse
che io dovevo smetterla di preoccuparmi per Lei, perché Lei sapeva
badare a se stessa.

Cazzo aveva ragione!.

Sulla spiaggia di mia competenza arrivavano 3 mas cartaginesi, 2


ravvicinat i ed uno più distanziato.

Presi la radio e dissi -Botolo!, muovi il culo! Corri!, vieni a darmi


una mano sul fianco destro con l’M60, cazzo! ho 3 mas cartaginesi
da cuocere e devo anche badare le spalle a Blue. Lei, bloccherà
l’uscita dal viottolo della baia!.-

Botolo rispose che sarebbe corso alla mia posizione il più presto
possibile. Botolo era un simpatico ciccione, raccontava
divertentissime barzellette sconce, fagocitava autobotti di coca cola,
tanti quanti pacchetti di patat ine, che aveva sistemat icamente
nascosto nel suo sacco.

Botolo doveva fare un chilo metro a piedi, di corsa… cazzo!, me la


sarei dovuta cavare da solo contro i cartagines i!.

Appena il mas chartaginese attraccò, io lanciai in sequenza con


l’M203 tre granate, il mas nemico esplose. Contemporaneamente
28
piovvero sul fianco sinistro della spiaggia, i co lpi di mortaio di B lue.

Il secondo mas virò sulla mia destra, forse pensò che erano stati i
colpi del mortaio di Bluelady a far fuori il primo mas!?.

Il secondo moto barchino invece attraccò, sulla destra, restando più


defilato dai rottami in fiamme!.

Io gli lanciai un’altra serie di granate dall’M203 ed anche il secondo


mas saltò per aria!.

A quel punto, i colpi di mortaio sul fianco sinistro iniziarono a


diventare martellanti e continui. B luelady stava sparando come una
forsennata, bersagliava il viottolo, l’accesso al viottolo, il
bagnasciuga, gli scogli, parte della spiaggia e via così a ritroso.

Il terzo moto_barchino virò rapido, avvicinandosi alla costa, ma


stando attento a non entrare nella baia.

Io ero steso a terra, iniz iai a sparare con piccole raffiche in modalità
burst con il mio M16A2, forse beccai con successo qualche
chartaginese sprovveduto che era a prua del mas, guardava la
costa con il suo binocolo. Lo so perché lo vidi cadere, come un
sacco di patate, sulla prua!.

Fu così che probabilmente spaventati, i cartagines i del quarto mas


girarono verso il largo, allontanandosi!.

Presi la radio e chiamai Blue.

Lei rideva come una scema, diceva che aveva sete, che le
tremavano le mani, poi si mise a piangere come una bambina,
disse che era felice, disse che era felice di sentirmi, era contenta
matta che quei bastardi se ne fossero andati!.

Io le dissi che ero cotto di Lei, ma lei non mi rispose, anzi buttò giù
la radio senza dirmi una parola!.

Arrivò Botolo, era grondo di sudore, rosso come un peperone,


aveva il fiato corto, gettandosi a terra accanto a me, brandì il suo
l’M60 e puntandolo sulla spiaggia, a malapena riuscì a chiedermi
29
cosa era successo.

Eravamo gattoni sulla scogliera, con le armi puntate sulla spiaggia,


gli spiegai la breve azione, il breve scontro a fuoco, come avevamo
fatto a dare alle fiamme 3 dei 4 motobarchini cartaginesi.

C’era da rastrellare adesso, ed era compito nostro.

Blue nel frattempo ci aveva raggiunto, s’era portata appresso il suo


M16A2 ed un’intera sporta di ammos, quindi si stese accanto a me.
Poi tutti e tre sbirciammo giù dalla scogliera, osservando se
qualcuno stesse risalendo l’unica via d’uscita dalla baia, l’angusto e
ripido viottolo.

Non c’era nessuno.

Continuammo a sparare al tiro a segno alle motovedette in fiamme,


mirammo ai cadaveri, facemmo fuoco a tutto quello che poteva
sembrarci una minaccia!.

Continuammo a sparare, in modalità colpo singolo, per circa venti


minut i.

Poi discutemmo altri venti minuti tra di no i, sul perché dal comando
di Malta, le comunicazioni radio erano interrotte. Nessuno
rispondeva più alle nostre chiamate radio, ci sentivamo soli ed
abbandonati!.

Poi io e Botolo scendemmo in spiaggia, per rastrellare e portare via


tutte le armi ancora funzionanti. Mentre Blue ci copriva restando
sulla co llina.
Facevamo due passi ed io e Botolo, sparavamo in modalità co lpo
singolo, colpendo tutto quello che poteva sembrarci sospetto.

Erano tutti morti: c’erano anche delle donne e dei bambini.

L’acqua odorava di benzina, c’erano corpi neri e bruciati, morti


dilaniati dalle esplosioni, pezzi di esseri umani sparsi qua e là, la
spiaggia era devastata e piena di buche. Un odore acre di polvere
da sparo, sangue, merda, un orribile odore dolciastro di carne
30
umana bruciata, dell’intenso puzzo di gomma, un latente odor di
salmastro, tutte queste cose erano mescolate con un odor di legno
verniciato e bruciato, e cose così…

–Merda! abbiamo ammazzato donne e bambini- disse Botolo che


sbiancò in viso, poi apat icamente si lasciò sedere sulla spiaggia,
mentre guardava l’M60 che teneva nelle proprie mani.

-Io ho sparato alle barche, erano loro che non dovevano essere
sulle barche!- gli risposi, mentre cercando di non pensare a quello
che c’era in spiaggia, mi misi in spalla alcuni AK47 e relative mags,
tutte armi che apparivano ancora potenzialmente funzionanti.
T0+4h:45min da qualche parte nell’isola di Malta.
- PAPABEAR AD INCUDINE ZERO-TRE-DUE, CERCARE E DISTRUGGERE
DALLA ROTABILE A SUD TRUPPE NEMICHE. NUMEROSI SBARCHI
CHARTAGINESI ESEGUITI NELLA NOTTE, PROBABILI RASSEMBLAMENTI
NEMICI IN QUANTITÀ FORSE ESIGUA, PROCEDERE CON CAUTELA, OVER-

-ROGER THAT- risposi via radio, poi porsi la radio portatile a


Caccola.
31

-Sì, Ok!, ma che cazzo vuol dire in quantità esigua? Puttana eva,
ma quanti saranno?- disse quello con gli occhiali, che per noi era
Quattr’Occhi, ed era il nostro infermiere e non l’avremmo mai
chiamato Doc per ovvie ragioni.

-Non lo so!. Conta dai 10 ai 15 bastardi per ogni barca, che


troviamo in spiaggia- poi aggiunsi – cazzo!, c’è comunque da
sottrarre i feriti, sottrarre i feriti gravi, sottrarre i morti ed i
moribondi, insomma: se sono esigui, non saranno tanti! –

- Sì, sottrai, sottrai!. Merda!, chiamiamo un’altra unità INCUDINE a


supporto; puttana Eva, io me lo sento, questi cartaginesi sono
troppi!- disse Quattr’Occhi.

-Tanto noi gli ammazziamo tutti, ma poi gli regaliamo le


margheritine- disse sarcastico quello con l’M60 che intanto aveva
aperto il tettuccio della Humvee, s’era alzato in piedi appoggiando
l’M60 sul tetto, ponendo la canna rivo lta verso l’interno dell’isola.
Poi M60 aggiunse – Basta sparargli per primi, a quelli stronzi!-
La jeep transitava lenta sulla rotabile che costeggiava la costa, una
volta era una zona turistica, adesso era desolata e devastata e non
c’era un cane, solo cittadini maltesi morti in strada o sulla porta di
casa. La costa per il mo mento era alta e rocciosa, ma presto
avremmo trovato baie e golfi con costa bassa e sabbiosa, dove si
diceva che c’erano accatastate centinaia di natanti cartaginesi.

Quattrocchi fumava una sigaretta, guardava con lo sguardo perso,


verso il mare, da cui non si vedevano battelli cartaginesi in arrivo 32
alle 7 di mattina.

Quello in mezzo all’HUMVEE era Caccola, era il più giovane di noi


quattro. Era la nostra mascotte incosciente, per questo lo
chiamavamo Caccola, perché era un cretino integrale. Caccola era
un fissato dei videogiochi sparatutto e delle playstation. Adesso era
seduto centralmente nell’Humvee, guardava estasiato il suo M16A2.
Lo chiamavamo Cacco la perché spesso silenziosamente attaccava
cacco le a destra e sinistra, sul soffitto della jeep, sugli elmetti
altrui, specie dentro le canne dei fucili, poi rideva come un cretino!.

Ovulo era scuro in viso, calvo come un fungo, con una fronte alta e
spaziata, baffi all’inglese, era tarchiato e robusto, il più anziano del
gruppo, aveva tirato giù il vetro della jeep con M16A2+M203 rivolta
verso le colline.

Io ero caporale Chef, prat icamente Chef e basta, perché


provenivo dalla cambusa: facevo le pizze, le schiacciate, pure dolci
e crostate, mi avevano sbattuto al comando di un FireTeam perché
c’era carenza di soldati. Tutti dovevano combattere oggi, altrimenti
non saremmo mai arrivati vivi a domani mattina!. Avevo le mani
sudate e la salivazione azzerata, pensavo che dopo tutto, l’M16A2
che avevo appoggiato sul cruscotto, forse era troppo lontano da
raggiungere, specie se ci fosse stata una sparatoria improvvisa.

Era evidente, tutti e 5 nella jeep eravamo nervosi, ognuno a suo


modo, reagiva in modo differente allo stress.

All’improvviso Quattro’Occhi sbottò come una pentola a pressione e


disse –Cazzo!, era meglio se i governi avevano finanziato una
politica di controllo delle nascite in Africa. Oggi, ne avremmo avuti
da ammazzare di meno, su quest’isola!-

-Ebbbbravo il nostro Quattr’Occhi, sei un merdone lo sai?!- rispose


Ovulo, che aggiunse –Piuttosto, invece di mandarci in ricognizione a
Sud di Malta, era meglio se il comando c’impiegavano a difesa della
capitale!-

-Vaffanculo!, io voglio dire che ormai la mandria è scappata!!- disse


33
Quattr’occhi.

-pppprrrrooooottt!, gente! gente!, guardate questa caccola!, non


vi sembra un televisore!!- disse Caccola.

-Testa di cazzo! Basta!, piantala di tirarmi le caccole, maledetta


merda secca!, io ti ho visto sai! Porco Giuda!, guarda che quando
scendo, ti rompo il culo a calci, se non la smetti di tirarmi caccole!!.
Cristo!, Cosa hai nella testa, la merda?! Non lo vedi che ci sono i
morti per strada!. Caccola svegliati!. C’è la guerra fuori, forse noi
oggi moriremo tutti!- disse Ovulo.

-Siete tutti, proprio degli stronzi!- disse laconico M60 dal tetto,
dando un grosso calcio alla portiera interna di metallo dell’HUMVEE
con il suo scarpone, poi rise sarcastico, tirando a se la leva del
carrello dell’M60. No i del FireTeam lo chiamavamo M60, perché era
lui l’addetto alla mitragliatrice M60.

-SNIFF, SNIFFF, PPUUUAAAA…. Senti che puzzaaa… aho!, ma che


cazzo hai mangiato a casa?- disse Quattr’Occhi, rivolgendosi a
Caccola.

Caccola rideva in silenzio, senza dire nulla.

-Cristo Santo!, Zitti!, basta!, fate silenzio!- dissi.

Dopo poco tempo, all’orizzonte comparvero i profili di 14 o 15


motobarche a circa un chilometro.

-Oh!, Cazzo!, cazzo!, ferma! Ci sono i cartaginesi!!!!- disse urlando


M60 che spostò rapido e nervoso la mitragliatrice dal lato sinistro
dov’era, verso le minacce frontali.
Io fermai la jeep di co lpo, presi il binocolo, scesi dalla jeep, poi da
dietro lo sportello, iniziai a scrutare le barche.

Nell’abitaco lo calò improvvisamente il silenz io di tomba.

-Che cazzo facciamo, adesso?- domandò Caccola.

Quattr’Occhi ed Ovulo avevano una faccia intonacata di bianco,


come una delle tante case di Malta, il gatto poi sembrava aver
mangiato la lingua a tutti. 34

Anche io, avevo poca voglia di parlare: la salivazione era azzerata e


le parole uscirono impastate ed aride e mi sembrava di non aver
tanto fiato da sprecare – Merda!, non ci sono corpi di feriti, non ci
sono morti sulle barche!. Cristo Santo!, sono 15 motobarche
cartaginesi!. Porca Troia!, abbiamo di fronte circa 225 fanti
cartaginesi!. Merda!, chiamate Papabear, date subito la nostra
posizione- dissi.

Caccola reggeva la radio portatile e riferì che l’ordine di


Papabear era chiaro: cercare e distruggere il nemico. Oggi a
nessuno fregava di fare prigionieri, quindi c’era semplicemente da
ammazzarli tutti.

Rientrai in auto, guardavo la mappa per capire se l’HUMVEE avesse


potuto lasciare la rotabile, passando tra i muri a secco. Mentre
Quatt’Occhi, Cacco la ed Ovulo avrebbero potuto affiancarmi nella
manovra, stando in formazione in linea, quando all’improvviso…

BUM!!

Era un’esplosione, la mia HUMVEE si ribaltò di 45 gradi, poggiandosi


pesantemente sul fianco destro, poi oscillò come uno yo-yo. Dopo
qualche attimo mi ripresi dallo shock, m’accorsi che M60 era morto,
spezzato in due. Forse perito nell’urto, forse le schegge
dell’esplosione...

Ebbi un conato e vomitai: non avevo mai visto un uomo spezzato in


due, con budella, sangue, merda, spina dorsale, sparse ovunque. Il
mio udito era come svanito… sentivo solo un fortissimo fischio, che
gradualmente scemava.
All’improvviso udii distintamente delle grida bestiali: era Caccola,
era in una pozza di sangue, urlava come un forsennato. No, cazzo,
diceva che non era sangue suo, ma di quello accanto che era
seduto dietro di me.

Oddio, era il sangue di Ovulo… é sì!, Dio Santo!, lui sì, che era
morto nell’esplosione!. Oddio!, non aveva più un braccio, ed il viso
era una mezza maschera di sangue, gli mancava pure mezzo volto.
Ossa e denti spuntavano arcigni, disegnando il volto di una specie 35
di mostro inerte, silente, con gli occhi sbarrati, un’espressione
irreale di dolore, stampata in quello che gli rimaneva nella povera
faccia di un amico!.

Vomitai per la seconda volta, ma non mi sentii affatto meglio!.

Quattr’Occhi era seduto dietro, lanciò il braccio sinistro di Ovulo che


gli era caduto addosso, sul sedile anteriore dove già c’erano i poveri
resti di M60. Quattr’Occhi diceva che lui era tutto intero, cercò
d’aprire lo sportello della jeep, cioè cercò d’arrampicandosi sui
sedili, ma lo sportello era bloccato.

Io m’arrampicai sullo sportello anteriore sinistro lato guida, m’issai


sopra, la parte posteriore del gippone era in fiamme, santa merda!
qualcosa ci aveva co lpito parzialmente, poco più in là c’era una
ruota che bruciava!.

Da dietro un muretto a secco, spuntò un bambino di colore,


Madonna Santa, era piccolino, riccioli neri, avrà avuto 8 anni o poco
più, forse aveva in mano un lanciamissili RPG. Porca eva!, il
lanciarazzi RPG era pers ino più grande di lui. Cristo Santo! per
fortuna non aveva un’altra ricarica RPG sotto mano!. La testolina
riccio luta del bimbo, scomparve immediatamente sotto il muro a
secco!.

Le urla di Caccola all’improvviso diventarono bestiali, merda santa!


aveva scoperto d’avere una gamba rotta, Quattr’occhi lo stava
aiutandolo a disincastrarsi, con scarso successo.

Quando mi riaffacciai dalla Jeep, vidi una ragazzina cartaginese con


un AK47 che era spuntata da dietro il muretto, stava per prendere
la mira, riuscii a stenderla con 4 colpi di pistola, poi gridai -RPG,
bambini soldato!, merda!, fuori!, fuori!, fuori!, l’HUMVEE è in
fiamme! può esplodere!–

-Figli di troia!, cartaginesi del cazzo!, Chef ammazzali!, ammazzali


tutti!!- urlò ferocemente Quattr’Occhi, mentre cercava
disperatamente di disincastrare Cacco la dai sedili, evitando che lo
stinco ed il piede sinistro di Caccola, restassero nell’auto.
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Caccola intanto continuava ad urlare, gridava come un forsennato,
disse che la morfina non faceva un cazzo, disse che voleva andare a
casa, vo leva andare a casa da sua sorella, poi voleva vedere la tv
nuova, voleva giocare con la playstation!.

Io presi l’M16 con il lanciagranate M203 e vo levo strisciare fuori


dalla jeep, quando all’improvviso… BUM!!
T0+15h:55min da qualche parte nei pressi di Triq lx Xwejni,
nell’isola di Gozo in Malta.
Due poliziotti maltesi erano stati scaricat i nella frazione di Triq lx
Xwejni, da una volante che correva disperata, a nord dell’isola di
Gozo, lungo la rotabile prossima alla costa.

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Triq lx Xwejni era un piccolo gruppetto di case e condomini


prevalentemente ad uso turistico, l’area era colma di visitatori in
quella maledetta stagione. Nella frazione, risedevano solo una
ventina di famiglie maltesi, tuttavia quasi tutti erano già scappati
con le proprie auto, per cercare di raggiungere il porto dell’isola di
Gozo, nella vana speranza di poter lasciare l’isola con un traghetto.
Erano rimaste nella picco la frazione maltese, solo una diecina
di persone anziane, che non se l’erano sentita d’abbandonare le
proprie case o che nessuno per fretta e menefreghismo, aveva
pensato di dare loro un passaggio, offrendo loro la salvezza.

Zachary era un giovane poliziotto maltese, indossava un pesante e


scomodo giubbotto anti-proiettile, era armato di una Beretta 92 con
1+4 caricatori, una pistola mitragliatrice Beretta M12 con 1+6
caricatori da 32 colpi l’uno. Liam era un anziano sottoufficiale ed
era in comando: come il giovane Zachary non aveva mai sostenuto
violenti conflitti a fuoco, nella calma e pacifica isola di Gozo in
Malta. Zachary era armato solo dell’inseparabile Beretta 92 con
1+4 caricatori da 15 co lpi l’uno.

I due poliziotti con armi spianate, camminavano silenziosi e


guardinghi, entrambi separati, ai margini della strada,
ispezionavano con meticolosa circospezione il picco lo centro abitato
che sembrava abbandonato. I poliziotti suonavano ad ogni porta,
poi osservavano preoccupati ogni finestra e porta, dopo aver atteso
qualche minuto, passavano oltre se non avevano ottenuto alcuna 38
risposta. Nel giro di una mezz’ora, i due poliziotti maltesi
s’accorsero che tutte le case erano state abbandonate, c’erano solo
dodici anziani ed un adolescente (un nipote in visita dai nonni), che
per varie ragioni non erano fuggiti.

Erano passate da poco le 17 quando i due poliziotti, con i civili che


erano stati raggruppati vicino alla rotabile, nell’arida piazza ai bordi
del piccolo promontorio che s’allungava sul mare, s’allontanarono
pochi metri per confabulare tra loro, per decidere che cosa fare.

-Signore, il comando ci ha chiesto di consolidare la posizione nel


villaggio di Triq lxXwejni, ma noi siamo solo in due, forse non siamo
nemmeno armati adeguatamente per tenere testa ai cartaginesi.
Come faremo a tenere il villaggio, proteggere questi civili maltesi,
quando i cartaginesi arriveranno?!- chiese preoccupato il giovane
Zachary a voce bassa.

-Dobbiamo fare con quello che abbiamo – rispose il sottoufficiale


anziano Liam storcendo la bocca - L’Head Quarters spera
d’utilizzare questa zona remota a nord di Gozo, come un sito
d’atterraggio per gli elicotteri NATO. Una volta riconquistata Gozo,
le truppe NATO avrebbero una piattaforma sicura, per riconquistare
anche l’isola di Malta-.

-Signore, gli sbarchi sono cominciati intorno alle 2 di questa notte,


e per ora nessuno a Gozo o Malta, ha visto truppe NATO in
soccorso, nonostante l’appello radio lanciato dal nostro presidente!.
Verrà la NATO ad aiutarci?!- chiese Zachary con tono preoccupato.
Liam scosse la testa, mimando un palese diniego, poi rispose a
voce bassa –Non lo so Zachary, questo proprio io non lo so!-

-Da dove pensa che potrebbero arrivare i cartaginesi?!- chiese


Zachary sotto voce, mentre si voltò e destra e sinistra, guardando
preoccupato la rotabile che tagliava in due la frazione.

L’Anziano sottoufficiale guardò la mappa che estrasse dalla tasca e


disse –I cartaginesi potrebbero giungere a piedi da sud e senza
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passare dalla rotabile. Oppure spuntare da una delle due strade.
Oppure sbarcare anche via mare, proprio davanti a questa spiaggia.
Nei primi casi, dipende da quale centro abitato sulla costa, i
cartaginesi decideranno di saccheggiare con priorità, prima che
qualche gruppo nemico, via terra o via mare, decida di procedere
ad occupare anche questa piccola frazione di case!-

-Cazzo! – esordì il giovane Zachary – Ma allora, come cavolo


facciamo a consolidare la posizione, se non abbiano radio per avere
informazioni sui movimenti di truppe nemici, se non abbiamo
binocoli, se non abbiamo visori notturni, se non abbiamo armi a
sufficienza e se non possiamo chiedere rinforzi!-

-Dammi la tua Beretta 92 con tutti i tuoi 4 caricatori- ordinò


imperioso l’anziano sottoufficiale.

-Perché?!- chiese Zachary mentre porgeva armi e caricatori.

Liam chiamò il giovane A lexander, era un sedicenne piuttosto


sveglio, i nonni non s’opposero a che il giovinetto potesse dare
un’aiuto ai due poliz iotti.

In pochi minuti l’anziano Liam mostrò con decisione e chiarezza al


giovane A lexander come impugnare la pistola se avesse dovuto
sparare, come poteva fare per togliere e rimettere la s icura, poi che
pulsante doveva premere per togliere il caricatore, infine che leva
premere per ricaricare l’arma più rapidamente.

Poi Liam diede l’arma in sicura al giovane con un caricatore di


backup e disse -Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti, specie di tutti i
giovani svegli ed abili. Alexander anche se hai sedici anni, ti nomino
mio aiutante sul campo!. Stammi sempre vicino, fa quello che
faccio io, fai quello che ti dico di fare. Tieni l’arma, è tua per
adesso. Lascia l’arma in sicura, sino a quando non ti dirò d’usarla.
Adesso, siamo in tre poliziotti a difendere il villaggio!- disse
scherzosamente l’anziano, mentre pose sulla testa dell’adolescente
il suo cappello d’ordinanza. Il sottoufficiale Liam guardò con uno
sguardo preoccupato Zachary che s ilenziosamente annuì, si
congratulò con l’adolescente, per essere stato arruolato!.
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L’anziano poliziotto poi si rivo lse al picco lo gruppo di vecchi che
silenziosi attendevano.

–Signori!, Io, ed il mio nuovo aiutante sul campo di battaglia, il


giovane Alexander, presidieremo le scale di questo palazzo. Noi
tutti, ci barricheremo dentro la palazzina!. Costruiremo barricate
nelle scale, usando tutti i mobili presenti negli appartamenti,
creeremo ostruzioni insormontabili. Poi bloccheremo le porte
dell’ascensore, infine ci barricheremo all’ultimo piano del palazzo, in
attesa che la NATO ci soccorra. E’ atteso infatti, che molti elicotteri
NATO atterrino proprio quà, per scaricare rinforzi e prelevare
profughi maltesi da evaquare!. Il comando centrale della difesa di
Malta, non a caso ci ha mandato a Triq lx Xwejni proprio per
coordinarci con le forze NATO!.-

Il giovane Zachary ascoltava in silenzio, era accanto all’anziano


sottoufficiale, faceva cenno positivo con la testa, distribuendo
nervosi sorrisi, al gruppetto d’anziani che ascoltava speranzoso, le
ottime notizie che erano loro comunicate.

Mentre gli anziani s’avviarono mestamente nell’edificio, Zachary


chiese –Signore, ed io che faccio?-

-Tieni le dita incrociate e m’aiuti a difendere questa gente!- disse


Liam.
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T0+18h:40min da qualche parte nei pressi di Triq lx Xwejni,


nell’isola di Gozo in Malta.
Il tenente Ryan armeggiava preoccupato con la radio, inviando un
SMS satellitare all’Head Quarter per richiedere un’estrazione
d’emergenza, con un elicottero.

Matt Burkholder era l’infermiere, riempiva di morfina il soldato


Meek che era ridotto male, mentre giaceva dolorante sulla piccola
barella di tela ed alluminio, che era in terra.

Thomson soprannominato Techno era l’operatore dell’hardware


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tecnologico: non c’erano robot o link satellitari da attivare, il
militare era seduto con mezzo volto fasciato, un solo occhio sano,
in silenzio, attendeva che l’infermiere gli desse della morfina.

Il possente sergente maggiore Freeman era ancora inco lume


come il capitano Miller, Freeman era armato di un fucile M21
silenziato, con mirino telescopico, aveva un visore notturno, ed era
andato poco più avanti per dare uno sguardo al picco lo paese che
stava oltre la collina, dato che era un passaggio obbligato per
raggiungere l’Evac Po int.

-Signori, siamo piuttosto nella merda!- disse laconico il tenente


Ryan, rivo lgendosi a Freeman, Burkholder, Meek e Thomson.

–Ho chiesto un’estrazione notturna, in emergenza, con un elicottero


su Triq lx Xwejni. Il comando non ha acconsentito. Dopo quello che
ci è capitato oggi, l’HQ ritiene che i cartaginesi abbiano tantissimi
MANPAD e droni, ci romperebbero il culo, abbattendo ancora una
volta tutti gli elicotteri!. Quest’isola è considerata persa, dall’alto
comando NATO.-

Il tenente Ryan si rivolse al sergente Freeman e chiese –Come è la


situazione nell’Extraction Point?!-

-E’ un cimitero!- rispose Freeman scuotendo la testa – quei fottuti


chartaginesi, hanno fatto la loro pulizia etnica. C’è una catasta di
morti che brucia, nella piazzetta prospiciente alla penisola. Inoltre,
ho visto vari insorti cartaginesi di guardia sulle rotabili all’ingresso
al paese. Ci sono anche molte motobarche arenate sulla spiaggia,
della piccola baia!-
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