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Il trasformatore - Matematicamente
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Trasformatore elettrico
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trasformatore nell'Enciclopedia Treccani
delle due bobine, una costituisce il circuito primario, collegato ad una rete elettrica di
alimentazione, ed è quello che genera un campo magnetico variabile, poiché in esso circola
corrente alternata.
L’altro, invece, è detto circuito secondario, ed è quello in cui si genera corrente indotta.
Chiamiamo con n1 il numero di spire del circuito primario, e con n2 il numero si spire di
quello secondario; dalla legge di Faraday-Neumann possiamo ricavare la relazione il valore
efficace della tensione in ingresso nel trasformatore (f1), e il valore efficace di quella in
uscita (f2):
f2eff=f1eff⋅n2n1
In base ai valori delle tensioni, possiamo capire quale sarà la funzione del
trasformatore; se la tensione in uscita è minore di quella in entrata, il trasformatore si dice
abbassatore, e funge da riduttore; in questo caso, il rapporto di trasformazione (cioè il
rapporto tra il numero di spire del circuito secondario e di quello primario) è minore di
uno.
In caso contrario, invece, quando la tensione in uscita è maggiore di quella in entrata, il
trasformatore si dice elevatore di tensione; il rapporto di trasformazione è maggiore di
uno.
In un trasformatore ideale, cioè nel quale il rendimento è del 100%, e non ci sono
dispersioni di energia, la potenza che entra nel circuito primario è uguale a quella che si
ritrova ai capi del circuito secondario. Ricordiamo che la potenza si esprime come prodotto
della forza elettromotrice per l’intensità di corrente.
Per la conservazione dell’energia, quindi, abbiamo che i valori efficaci delle correnti che
attraversano i due circuiti sono inversamente proporzionali a quelli delle tensioni, e
sussiste la seguente relazione:
i2effi1eff=f1efff2eff
Da questa relazione, possiamo dedurre che se manteniamo costanti le grandezze in
ingresso, una piccola tensione in uscita corrisponde ad una corrente in uscita piuttosto
elevata; al contrario, se la corrente in uscita è di bassa intensità, si avranno alte tensioni in
uscita.
Riassumiamo alcune proprietà che caratterizzano i trasformatori ideali; in essi vi è:
assenza di dissipazione di energia per effetto joule nei circuiti primario e
secondario;
flusso del campo magnetico generato dalle spire confinato solo nei due
avvolgimenti, senza dispersioni;
assenza di perdite nel ferro.
In un trasformatore reale, invece, vi sono molti aspetti che vanno considerati. Ad
esempio, sono presenti delle resistenze negli avvolgimenti, responsabili della dissipazione
di parte dell’energia per effetto joule.
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Inoltre, parte del flusso magnetico creato dalla corrente viene disperso a causa del non
perfetto accoppiamento magnetico tra le due bobine.
Esercizio
Consideriamo un trasformatore in cui il circuito primario è composto da 140 spire,
mentre quello secondario ne ha 660. Sappiamo che nel circuito primario viene applicata
una tensione di 220 V, cosicché si genera una corrente in entrata di 15,0 A.
Ipotizzando che il trasformatore sia ideale, calcolare la corrente che circola nel circuito
secondario.
Per risolvere il quesito, abbiamo bisogno di conoscere la tensione in uscita, cioè quella
del secondo circuito.
Per determinare il suo valore, possiamo applicare la formula vista in precedenza, e
calcolare il prodotto tra la tensione in entrata e il rapporto di trasformazione:
f2eff=f1eff⋅n2n1=220V⋅660140=1037V
Ora, dalla relazione tra i rapporti fra le correnti in entrata e uscita e le rispettive
tensioni possiamo ricavare il valore della corrente in uscita:
i2eff=f1efff2eff⋅i1eff=220V1037V⋅15A=3,18A
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Appunti: La legge di Lenz
Come funziona: Il Trasformatore - L'Esperienza di Oersted: dal Campo Elettrico al
Campo Magnetico.
Il Trasformatore
L'Esperienza di Oersted: dal Campo
Elettrico al Campo Magnetico.
Il 1800 fu un secolo di grandi scoperte scientifiche, soprattutto nel campo
dell'Elettromagnetismo. Numerosi scienziati consideravano elettricità e magnetismo, una
sfida incredibile verso la conquista del mondo. In particolare furono proprio alcuni
importanti esperimenti effettuati su campi elettrici e campi magnetici che permisero ad
alcune invenzioni di fiorire con naturalezza e velocità.
Dopo le importanti scoperte su conduttori elettrici e materiali isolanti, ovvero sulle
proprietà di alcuni materiali di lasciar oppure no passare corrente al loro interno, gli studi
proseguirono in maniera incessante. Contemporaneamente infatti, in Danimarca, un fisico e
chimico di Rudkobing di nome Hans Oersted stava proseguendo studi su un materiale
dalle interessanti proprietà: la magnetite.
Oersted scoprì infatti che la magnetite era l'unico materiale in grado di attirare la
limatura di ferro quando essa veniva posta nelle sue vicinanze. In altri termini, magnetite
e limatura di ferro quando avvicinati entravano in una sorta di interazione e forza attrattiva
a distanza, ovvero senza contatto. La magnetite dunque produceva un campo magnetico.
Oltre a studiare le caratteristiche della magnetite, Oersted, nel 1811, condusse un
esperimento molto importante e di grande successo che viene ricordato con il nome di
Esperienza di Oersted. Il termine Esperienza, e non propriamente Esperimento, deriva
proprio dal fatto che il fisico danese si imbatté in maniera del tutto casuale in un fenomeno
molto particolare. Cercò poi poi di ripetere con calma l'esperimento cercando di ricostruire
esattamente ciò che era avvenuto.
Mentre infatti lavorava ad un suo esperimento sui conduttori, Oersted aveva
distrattamente lasciato un pugno di limatura di ferro nelle vicinanze di un filo che correva
lungo il tavolo, con il quale stava lavorando. Non appena il filo fu percorso da corrente, la
limatura di ferro cominciò a muoversi ed allinearsi in maniera piuttosto singolare. Oersted,
accortosi dell'episodio, notò che questo accadeva ogni volta che nel filo correva corrente.
Dopo questo episodio il fisico danese ripeté l'esperimento, e si accorse che se un filo
conduttore percorso da corrente veniva posto vicino un ago magnetico, quest'ultimo
cominciava ad oscillare in maniera armonica. Questo fece intuire che anche il filo percorso
da corrente, producesse attorno ad esso un campo magnetico.
Il Trasformatore
L'Esperienza di Faraday-Lenz: dal Campo
Magnetico al Campo Elettrico.
Esattamente 10 anni più tardi, in Inghilterra, il fisico Micheal Faraday, e
contemporaneamente in Russia il fisico russo Heinrich Lenz, si concentrarono sullo studio
dei fenomeni derivati dalle interazioni dei materiali magnetici. Faraday e Lenz
contribuirono, infatti, a chiudere il cerchio aperto da Oersted tra Magentismo ed
Elettricità.
I due fisici condussero quasi in concomitanza e con grande ingegno un esperimento, che
stravolse la comunità scientifica. Mentre era solo nella sua abitazione di Melbourne,
Faraday preparò un tubo circolare le cui estremità erano collegate ad una batteria. Poi usò
un magnete artificiale, e notò che non appena lo avvicinava al tubo, e quindi il tubo
risentiva il campo magnetico più intenso, esso era percorso da corrente in un verso
specifico mentre quando lo allontanava, e quindi il tubo risentiva di un campo magnetico
via via meno intenso, la corrente circolava nel tubo in maniera opposta. E non solo, non
appena l'oggetto era fermo, il flusso di corrente era nullo.
Ciò significava che nel tubo era possibile generare una corrente alternata (ovvero in versi
opposti) attraverso il movimento ripetuto, in direzioni opposte, del magnete artificiale.
L'esperimento di Faraday mostrò che: un campo magnetico variabile nel tempo, genera su
un conduttore un flusso di corrente in un verso predefinito.
Lenz, invece, condusse un altro esperimento. Egli infatti predispose il filo di ferro
attorno ad un nucleo isolante cilindrico. Il filo, avvolto lungo il cilindro, formava un numero
prestabilito di 10 avvolgimenti, o spire, lungo il nucleo, e le sue estremità erano collegate
ad un Voltmetro, capace di misurare la tensione. Avvicinando poi ripetutamente un
magnete in direzione del filo avvolto, si accorse che, non solo nel filo fluiva corrente in un
determinato ma che la differenza di potenziale era anche legata al numero delle spire!
In altri termini, maggiore era il numero di spire, maggiore era la differenza di potenziale che
si misurava ai capi del filo conduttore. Naturalmente minore era il numero di spire, minore
era la differenza di potenziale.
Vediamo ora come questi due importanti esempi siano la base del funzionamento del
trasformatore.
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Il Trasformatore
Introduzione
Il Trasformatore, detto anche Statico, in quanto è un dispositivo nel suo funzionamento
non ha parti in movimento, è una delle ultime e più interessanti invenzioni del IXX secolo,
che mise in collegamento il mondo dei conduttori con il mondo dei materiali magnetici.
L'invenzione del trasformatore risale al 1881 , quando due ingegneri londinesi, Lucien
Gaulard e John Dixon Gibbs, costruirono sulla base delle incredibili scoperte scientifiche
contemporanee, un dispositivo in grado di trasferire una tensione elettrica alternata da una
bobina ad un'altra mediante le interazioni elettromagnetiche.
Galard e Gibbs suscitarono talmente interesse della società americana Westinghouse, che
essa comprò per una cifra altissima (circa 15.000 $) tutto il progetto. Il primo prototipo di
trasformatore prevedeva un nucleo ad anello rettangolare. Per motivi di prestazioni esso fu
sostituito da nucleo di forma circolare.
Da quel momento il trasformatore ebbe un successo strepitoso. W. Stanley, ingegnere della
Westinghouse, nel 1885 progettò un modello di trasformatore che prevedeva due nuclei a
forma di "E". L'invenzione si mostrò particolarmente ingegnosa ed utile.
Successivamente O. Blàthy, M. Déeri e K.Zipernoswsy, ingegneri della Ganz, società
elettrica di Budapest, in Ungheria, svilupparono il modello ZBD, in grado di lavorare ad
altissime frequenze. Tale progetto fu poi utilizzato e perfezionato da Nikola Tesla mediante
avvolgimenti delle bobine sintonizzati, allo scopo di raggiungere livelli di tensione ancora
più elevati. Nel 1895, la diffusione de trasformatore era diventata inarrestabile. Quasi tutte
le abitazioni e tutti i dispositivi elettrici più comuni erano alimentati da trasformatori.
Ancora oggi il trasformatore viene utilizzato per nuemrosi scopi come la distribuzione
del'energia elettrica lungo le strade urbane e sulle abitazioni.
Noi di www.comefunziona.net vi illustreremo cosa si nasconde dietro questo affascinante
strumento.
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Il Trasformatore
Il funzionamento
Il Trasformatore statico è composto principalmente da due fili conduttori avvolti a
formare una bobina attorno ai due lati di un pezzo di materiale ferromagnetico ad anello
rettangolare detto nucleo. Ogni avvolgimento del filo attorno al lato del nucleo è detto
spira. Naturalmente, più giri il filo fa attorno al lato del nucleo, maggiore è il numero di
spire che presenta.
Alle due estremità di ciascun filo, sono presenti due morsetti su cui è possibile da una
parte inserire un generatore di tensione alternata, ovvero un dispositivo in grado di far
fluire corrente sul filo (in diversi versi) e dall'altra un secondo dispositivo di qualunque
genere. Per esempio, potremmo utilizzare un Voltmetro per misurare il livello di tensione.
Prima di procedere, però, ci chiediamo: che cosa fa esattamente un trasformatore? Il
Trasformatore non fa altro che prendere in ingresso la tensione dalla prima bobina e
trasferirla mediante campo elettromagnetico all'altro filo conduttore. Vediamo però come.
Il generatore di tensione genera una tensione di ingresso e permette alla corrente di
fluire all'interno del filo conduttore. Il filo conduttore, percorso da corrente, genera un
campo magnetico proporzionale alla tensione della bobina. Il nucleo che si trova
all'interno della bobina per le proprietà dei materiali ferromagnetici, si magnetizza.
Una delle proprietà interessanti del nucleo ferromagnetico è che il campo magnetico
generato, è proporzionale non solo alla tensione prodotta dalla bobina ma anche al
numero delle spire, ovvero di avvolgimenti, che compongono la bobina: maggiore è il
numero delle spire più intenso è il campo magnetico prodotto. Il materiale ferromagnetico
poi per le sue proprietà naturali non è dispersivo, ovvero il campo magnetico non viene
disperso sotto altre forme di energia. In verità una dispersione c'è ma non consideriamone
gli effetti, altrimenti il discorso si farebbe molto più complesso.
Ma , che cosa succede allora sul circuito secondario? Ed è qui che interviene la scoperta
di Faraday-Lenz. Quando il nucleo si è interamente magnetizzato, la corrente alternata, fa sì
che il campo Magnetico, si intensifichi e diminuisca continuamente, facendolo diventare
così "variabile" nel tempo. Per questo suo "variare", nella seconda bobina comincia a
circolare corrente, che, naturalmente, avrebbe la stessa tensione della prima, grazie al
campo magnetico che ne conserva le caratteristiche, se avesse lo stesso numero di spire.
La seconda bobina, allora, ha un ruolo fondamentale Infatti:
a ) Se il numero delle sue spire è minore, rispetto alla prima, la tensione in uscita è minore ed
il Trasformatore si dice in discesa.
b) Se il numero di spire è maggiore, invece, la tensione in uscita è maggiore e il trasformatore
si dice in salita.
Il Trasformatore
Alcuni modelli di Trasformatori
I trasformatori son ancora oggi dei dispositivi ancora oggi enormemente utilizzati.
Vediamone alcuni modelli e ad alcune caratteristiche.
Trasformatori di corrente
Un trasformatore di corrente è progettato per fornire una corrente nel suo secondario
proporzionale alla corrente che scorre nella bobina del suo primario.
Tanto i trasformatori di misura di corrente quanto quelli di tensione sono progettati per
avere delle caratteristiche prevedibili con i sovraccarichi. Un corretto funzionamento d
richiede che i trasformatori di corrente forniscano un rapporto di trasformazione anche
durante un cortocircuito.
Autotrasformatore
Un autotrasformatore è il modello più semplice: ha un solo, unico avvolgimento con due
morsetti terminali, più un terzo in una presa intermedia. La tensione primaria è applicata
attraverso due dei terminali, e la tensione secondaria è prelevata da uno di questi e il terzo.
Trasformatori Trifase
In elettrica il termine Trifase sta ad indicare generalmente un sistema di tre (Tri)
dispositivi collegati in un certo modo tra loro che lavorano in maniera coordinata (Fase). In
questo caso, parliamo di trasformatori. Talvolta alcuni impianti industriali necessitano di
alimentazioni e tennsioni elevate e coordinate. I trasfromatori trifase sono adatti a questo
scopo. Utilizzati anche per la distribuizione di energia elettrica nei centri urbani.
Trasformatore a dispersione
Nel paragrafo precedente abbiamo detto che il trasformatore ha un nucleo non dispersivo.
Questo ovviamente accade solo con un margine molto elevato di idealità. Talvolta però la
dispersione, che generalmente viene minimizzata nei trasformatori allo scopo di non
perdere tensione in uscita, viene appositamente ricercata. I trasformatori a dispersione
sono ideali per questo scopo. Il loro scopo principale è limitare la tensione di proposito la
tensione in uscita, per evitare eventuali sovraccarichi dell'impianto. Ad esempio sono
utilizzati nei giocattoli, come margine di sicurezza.
Trasformatore risonante
Il trasformatore risonante è chiamato così perché possono raggiungere la cosiddetta
pulsazione di risonanza, condizione che generalmente viene evitata, in quanto può portare
ad una rottura del trasformatore stesso. Il raggiungimento della pulsazione di risonanza
infatti avviene in genere ad altissime frequenze, e quindi con tensioni molto elevate e
provoca scinitillii e guasti. Il trasformatore risonante è progettato raggiungere la
pulsazione di risonanza senza subire danni permanenti.
Trasformatori audio
I trasformatori audio sono quelli progettati appositamente per i circuiti audio. Ad esempio
utulizzati per fare in modo che amplificatori (altoparlanti) audio possano coesistere con
emettitori audio senza provocare la rottura dell'ntero impianto.
Tali trasformatori furono progettati originariamente per collegare l'uno all'altro sistemi
telefonici differenti mantenendo le rispettive alimentazioni separate, e sono ancora
generalmente utilizzati per interconnettere sistemi audio professionali o componenti dei
sistemi.
Trasformatori di misura
I trasformatori di misura sono usati per misurare tensioni e correnti in sistemi di
alimentazione di potenza elettrica, allo scopo di proteggerli o semplicemente monitorarli e
controllarli.
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Corso di Elettrotecnica Capitolo V
Il Trasformatore
di Gennaro Bottiglieri
TRASFORMATORE
Il trasformatore è una macchina elettrica, che ha lo scopo di trasformare il valore della
tensione e della corrente alternata, mantenendo invariata la potenza e la frequenza.
Esso è costituito da due circuiti detti < avvolgimenti>, formati da spire isolate
elettricamente tra loro, ed avvolte su di un nucleo di ferro.
L’avvolgimento che riceve corrente dalla linea di alimentazione viene detto primario,
mentre quello che la fornisce all’utilizzatore viene detto secondario.
Il rapporto tra il numero di spire del secondario ed il numero di spire del primario,
corrisponde al rapporto tra la tensione secondaria e la tensione primaria e viene detto
rapporto di trasformazione
La relazione esistente tra il numero di spire e le tensioni può essere spiegata dal fatto
che, essendo il flusso magnetico uguale in ogni sezione del nucleo di ogni spira, sia del
primario che del secondario, si ha la stessa f.e.m.; quindi:
Maggiore è il numero di spire di un avvolgimento, maggiore è la
tensione ai suoi capi.
Minore è il numero di spire di un avvolgimento, minore è la tensione ai
suoi capi.
Pertanto l’avvolgimento ad alta tensione A.T. , è costituito da un elevato numero di
spire, mentre quello a bassa tensione B.T. , è costituito da un basso numero di spire.
Il trasformatore può funzionare da elevatore o da riduttore di tensione.
Il trasformatore funziona da elevatore quando la tensione ai morsetti del secondario è
superiore a quella del primario.
Il trasformatore funziona da riduttore quando la tensione ai morsetti del secondario è
inferiore a quella del primario.
I1 = I2 V2/ V1 ; I2 = I1 V1/ V2
TIPI DI TRASFORMATORI
Pertanto la forma del nucleo viene modificata come indicato in figura, in modo che le
linee di forza vengono incanalate nei due rami laterali e ricondotte nella colonna centrale,
attorno alla quale vengono avvolti entrambi gli avvolgimenti.
I terminali dell’avvolgimento A.T. e B.T. vengono collegati a quattro morsetti fissati su di
una basetta sistemata sulla carcassa che racchiude il trasformatore
I trasformatori trifase
I trasformatori trifase sono costituiti da un nucleo a tre colonne, su ciascuna delle quali
viene sistemato un avvolgimento A.T. ed uno B.T.
Le colonne vengono chiuse e fissate all’estremità, mediante tiranti, a due traverse o
gioghi.
Ciò rende possibile la sostituzione degli avvolgimenti evitando di smontare totalmente
il nucleo del trasformatore.
Il tipo di collegamento viene scelti in base alla necessità di impiego del trasformatore
stesso:
AUTOTRASFORMATORE
L’autotrasformatore è una macchina elettrica che svolge le stesse funzioni del
trasformatore.
Costruttivamente si distingue dal trasformatore per il fatto di avere i due circuiti
elettrici AT e BT riuniti in un solo avvolgimento
Il circuito AT è costituito dall’intero avvolgimento, mentre quello BT ne comprende solo
una parte.
V22 = V1 N2/ N1
Raffreddamento naturale
Il raffreddamento naturale dell’olio, viene effettuato dall’aria ambiente che lambisce le
pareti del cassone, contenente l’olio stesso ed il trasformatore.
Per avere una maggiore superficie di raffreddamento, le pareti esterne del cassone
vengono costruite in lamiera ondulata.
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Trasformatore
Il trasformatore è' una macchina elettrica che funziona solo in corrente alternata, esso
viene usato per trasferire potenza elettrica da un livello di tensione ad un altro.
Il trasformatore è costituito da un nucleo magnetico e da almeno due avvolgimenti.
Gli avvolgimenti sono classificati in base al numero di spire, quello ad alta tensione (AT)
con più alto numero di spire (a sezione minore) e quello di bassa tensione (BT) con un
R0: Resistenza che tiene conto delle perdite nel ferro per isteresi e per correnti parassite.
X0: Reattanza induttiva che tiene conto della corrente magnetizzante necessaria a creare il
flusso: coincide con l'induttanza dell'avvolgimento primario.
R1 R2: Resistenze che tengono conto delle perdite per effetto Joule negli avvolgimenti di
rame primario e secondario.
X1 X2: Induttanze che tengono conto del flusso disperso negli avvolgimenti primario e
secondario.
Prova a vuoto
dato che Io << I1n possiamo trascurare PCu0=perdite nel rame a vuoto rispetto a
Pf=perdite nel ferro quindi:
A vuoto la tensione ai capi del primario è V1n ai capi del secondario è V20: Viene definito
il
rapporto di trasformazione a vuoto Ko:
se il trasformatore è ideale
A vuoto, il circuito secondario è aperto e non vi sono potenze erogate; formalmente è:
infatti:
Da notare come in queste condizioni il primario sia percorso dalla I1n.Le relazioni
fondamentali sono:
Poi si ha:
Rendimento
Il rendimento di una macchina è definito come il rapporto tra la potenza attiva in uscita
(P2) e la potenza attiva in ingresso (P1).
Vi sono delle oggettive difficoltà ad usare questa formula; gli strumenti di misura possono
falsare questo rapporto in maniera significativa. Normalmente si usa:
con: