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Gibilterra.

1815: il porto è un'immensa distesa deserta, nessun segno della vita di un Paese in
tempo di guerra. Tutti gli occhi sono puntati all'orizzonte, sulla media distanza, dove una nave
ammiraglia inglese ha appena virato, mettendosi con mure a dritta. Un'insegna familiare sventola
sull'albero maestro: quella del comandante Jack Aubrey. In città lo attende un nuovo incarico,
qualcosa che metterà a dura prova lui e il suo equipaggio. Napoleone è da poco fuggito dall'Elba e
sta raccogliendo consensi, uole tornare al potere. Si parla di trecentosessantamila uomini, cinque
corpi d'armata lungo la frontiera settentrionale, trentamila soldati su quella meridionale. E non solo...
Anche nelle remote terre arabe qualcosa sembra covare ell'ombra: forse un'alleanza musulmana che
pare spalleggiare Bonaparte. e che coinvolge gli Stati della Barberia, Algeri, Tunisi, persino il
Marocco e il piccolo regno di Azgar. Non c'è che dire, il quadro è a dir poco disastroso: l'Inghilterra
deve correre ai ripari, se non vuole essere travolta. Ma come? A Aubrey non resta che partire per
una nuova missione sull'amata Surprise, con l'aiuto dell'amico di sempre, il chirurgo di bordo
Stephen Maturin, e del nuovo arrivato, il dottor Jacob, un giovane che vanta una perfetta conoscenza
del turco e dell'arabo, oltre ad amicizie altolocate. Cosa gli riserverà, questa volta, il destino?
patrick o'brian, nato nel 1914 a Chalfont St Peter, nel Buckinghamshire, e morto a Dublino nel 2000,
era già uno scrittore celebre quando, nel 1968, un editore americano lo invitò a scrivere romanzi
storici di ambiente marinaro, dando così origine alla serie delle avventure di Jack Aubrey e Stephen
Maturin, venti romanzi che hanno avuto uno straordinario successo internazionale di pubblico e di
critica. In Italia, presso Longanesi. sono apparsi: Primo comando. Costa sottovento, Buon vento
dell'ovest. Verso Mauritius, L'isola della Desolazione, Bottino di guerra. Missione sul Baltico,
Duello nel mar Ionio. Il porto del tradimento, Ai confini del mare, Il rovescio della medaglia. La
nave corsara, Rotta a Oriente. Caccia notturna, Clandestina a bordo. Fuoco sotto il mare, Doppia
missione (tutti disponibili anche in edizione tea) e Burrasca nella Manica. I personaggi della serie
sono stati portati sullo schermo da Peter Weir nel film Master and Commander. Sfida ai confini del
mare, con Russell Crowe. € 16,60 (2.2.) www.longanesi.it In copertina: illustrazione di Geoff Hunt
In quarta di copertina: foto © Olycom/Rex Features GRAFICA STUDIO BARONI PROPRIETÀ
LETTERARIA RISERVATA Longanesi è- C. © 2008 - Milano pò editoriale Mauri Spagnol www.
longanesi. it ISBN 978-88-304-2213-1 Titolo originale The Hundred Days Consulenza di Pier Maria
Giustescbi Conti Visita www.InfiniteStorie.it il grande portale del romanzo Copyright © Patrick
O'Brian 1998 I CENTO GIORNI

A Mary, con amore

CAPITOLO I
All'inizio della primavera del 1815, l'improvviso riarmo seguito alla fuga di Napoleone dall'Elba
non aveva assottigliato gran che i ranghi degli ufficiali di marina disoccupati. Un vascello di linea
spogliato, smantellato e messo in disarmo non poteva essere allestito, equipaggiato e riportato in
condizioni di navigare in poche settimane; e a Gi-bilterra i punti dai quali si godeva la vista migliore
erano ormai affollati di gentiluomini a mezza paga, che aspettavano insieme ad altri l'arrivo tanto
atteso della squadra del commodoro Aubrey da Madera. Quella squadra avrebbe in qualche modo
riempito il porto, un'immensa distesa deserta dove spiccavano solo poche navi: la Royal Sovereign,
su cui sventolava la bandiera del comandante in capo, e un paio di solitari vascelli da settantaquattro
cannoni. Nessun segno della vita di un porto in tempo di guerra. Era una giornata bellissima, con una
brezza variabile, ma finalmente abbastanza favorevole; il sole brillava sulle ginestre in fìore, sulla
Rocca, sui cisti e sull'erica gigante, mentre un flusso ininterrotto di uccelli migratori, falchi
pecchiaioli, nibbi bruni, avvoltoi europei di tutte le specie, cicogne bianche e nere, gruccioni, upupe
e parecchie rondini attraversava il cielo nell'indifferenza generale: tutti gli occhi erano puntati sulla
media distanza, dove la squadra navale aveva virato mettendosi con mure a dritta. Tra gli spettatori
arrivati per primi, due anziani uffi-ciali equipaggiati di vecchi cannocchiali: i due non riuscivano più
a sopportare il clima inglese e avevano scoperto che a Gibil-tcrra centoventisette sterline e quindici
scellini duravano molto più a lungo. « IL vento sta girando di nuovo », notò uno di loro, « tra poco
l'avranno al lasco. » « Credo proprio che entreranno con questo bordo. » « Finalmente... dopo quello
che hanno passato, poveretti. La liriseis li ha costretti a fermarsi a Funchal, è mancato poco che si
incagliassero sulle ossa di manzo gettate fuoribordo. Ha sempre avuto un'alberatura eccessiva, e
anche ora non posso certo congratularmi per quel bompresso. Marsham ha sempre dato
un'inclinazione esagerata al bompresso delle sue navi. » « Non c'è da congratularsi nemmeno per il
nuovo albero di parrocchetto: deve essergli morto il nostromo. » «Eccole! Un allineamento perfetto.
Briséis... Surprise- hanno dovuto rimetterla in servizio - Pomone, con l'insegna del commodoro
Aubrey, una cosa che non deve essere andata giù al povero Wrangle. Dover... Ganimede. Dover...
Ganimede. La Dover era stata attrezzata per il trasporto truppe e ora sta ritornando a essere una
fregata di gran carriera. Che confusione! » IL vento girò, portandosi in poppa, e tutta la squadra
spiegò i coltellacci, grandi ali inferite con perizia marinaresca, uno spettacolo magnifico. Tuttavia la
corrente era contraria e a dispetto della grande forza di vele le navi avanzarono ben poco.
Navigavano tutte al gran lasco, cercando di approfittare della brezza morente con un'abilità che era
frutto di più di venti anni di guerra; un nobile spettacolo, ma dopo un po' non suscitò più commenti,
tanto che John Arrowsmith, ufficiale con due mesi di anzianità di servizio in più rispetto all'amico,
Thomas Edwards, osservò: « Quando ero giovane la prima cosa che cercavo sul Times, dopo le
promozioni e i dispacci, erano le nascite e i matrimoni; ora leggo solo l'elenco dei morti ». «Anch'io
», disse Edwards. «... e sull'ultimo arrivato col postale ho trovato parecchi nomi conosciuti. Il primo
era quello dell'ammiraglio Stranraer, Lord Stranraer. Sarebbe a dire il capitano Koop. » « Oh,
davvero? Ho navigato con lui sulla vecchia Defender, in missione nelle Indie Occidentali. Ah, sì che
ci aveva insegnato gli usi e i costumi di quella base! Guanti, sempre e con qual-siasi tempo, stivali
con le nappe sul cassero, pennoni bassi alzati e pennoni di velaccio incrociati in meno di cinque
minuti, se non si voleva incappare in un sermone, mai rispondere a un'osservazione. Se non fosse che
è morto, potrei raccontarcene su di lui, quando era a Kingston! » « Già, non si può dire che fosse
popolare, anzi... Corre voce che sia stato ucciso dal chirurgo e da un altro medico con un intruglio,
una pozione nera o qualcosa del genere, una morte lenta, mi spiego? Come uno dei mariti di quelle
avvelenatrici che vogliono tanto diventare vedove, ma che non intendono finire sulla forca. » « Da
quel che so di prima mano di Sua Signoria, non mi sorprende, John. Pensandoci bene, credo che alla
prima occasione offrirò ai due medici un bicchiere di brandy. Avete visto come la Surprise ha filato
la scotta di coltellaccio per restare in posizione? » «Aye. E sempre stata una nave eccellente e ora
l'hanno riarmata di tutto punto: ha un assetto magnifico, da yacht reale. Webster l'ha vista nel cantiere
del giovane Seppings, dove l'hanno attrezzata senza badare a spese, braccioli e quant'altro: la stavano
preparando per una spedizione idrografica. Una piccola e bella nave. » Discussero dello splendore
della Surprise, tenendola ben inquadrata nella lente del cannocchiale, ma dopo un po', quando le navi
furono di nuovo perfettamente allineate, ognuna a una gomena di distanza dall'altra, Arrowsmith
chiuse di scatto lo strumento e disse: « C'era un altro annuncio mortuario... il governatore della
Sierra Leone, Wood. Un altro genere di uomo, di grandi qualità, che godeva di molta popolarità in
marina; e un ottimo anfitrione: ospitava sempre gli ufficiali delle navi di Sua Maestà entrate in porto,
perfino gli allievi ». «Me lo ricordo. John Keller e io, nonché quasi tutti i nostri compagni di mensa,
abbiamo pranzato con lui dopo una tempesta al largo di Mar del Plata che ci aveva tenuti a
stecchetto. Una serratura rotta aveva fatto inondare il deposito del pane. Signore, con che appetito
abbiamo mangiato! E cantato... e che risate! E così è morto. Be', che riposi in pace, dico io. Prima o
poi, toccherà anche a noi, il che potrebbe essere di qualche conforto per quelli che se ne vanno
prima. Una bellissima moglie, se ben ricordo, ma troppo intellettuale, di quelle che mettono a
disagio, quando le si ha accanto. » « Là fuori il vento sta rinfrescando. La Dover ha mollato le scotte
dei velacci. » Una raffica di vento o, meglio, una serie di raffiche disturbò la precisione della scena
per qualche minuto, ma senza conse10 guenze (tutti gli equipaggi sapevano di essere osservati non
soltanto da un commodoro esigente e da un comandante in capo che lo era ancor di più, Lord Keith,
ma da una folla crescente sulla terraferma, gente esperta e pronta alle critiche) e ben presto la
conversazione tra i due ufficiali poté riprendere. « Si parlava anche di un altro decesso », riprese
Arrowsmith, « in qualche modo collegato alla marina: risale a tempo fa, ma se ne è avuta notizia solo
ora. Conoscete il dottor Maturin? » « Non mi pare, ma ho sentito spesso parlare di lui. Un medico
eccellente, dicono, chiamato al capezzale del principe William: naviga sempre con Jack Aubrey. »
«Proprio lui. Be', aveva una moglie, vivevano con gli Aubrey nella loro grande casa nel Dorset... ma
ovviamente lo sapete, visto che siete del Dorset. » « Sì. Woolcombe; o Woolhampton, come dice
qualcuno. È piuttosto lontano da casa mia e non ci frequentiamo, ma sono stato là a un paio di raduni
di Blackstone e ogni tanto abbiamo visto la signora Aubrey e la signora Maturin al ricevimento a
Dorchester. La signora Maturin alleva cavalli arabi: un'eccellente amazzone e un magnifico
addestratore. » « Be', sì... così dicevano. Ma conoscete un posto che si chiama Maiden Oscott? »
«Anche troppo, con quel suo maledetto ponte. » «L'articolo non dice molto, ma sembra che sia caduta
nel fiume con tiro a quattro e tutto il resto, solo il groom è vivo. » « Santo cielo! » esclamò Edwards,
e dopo una pausa: « Mia moglie la detestava, ma era una donna bellissima. Qualcuno diceva che
fosse di dubbia fama... aveva gioielli costosi... si parlava di un certo colonnello Cholmondeley... e
sembra che non fosse un matrimonio felice. Ma è morta, che Dio accolga la sua anima, e non dirò di
più. Dubito che rivedrò mai una creatura di tale bellezza». Rimasero entrambi in silenzio, assorti, gli
occhi semi chiusi contro il sole mentre guardavano la squadra navale avvicinarsi sul mare
scintillante, insieme a una folla crescente; poi, Edwards disse: « Pensandoci bene, tra i nostri
colleghi e amici sposati, c'è qualcuno che sia ancora felice? Spezzo una lancia a fa11 vore della vita
da scapolo: andare a dormire quando ti pare, leggere a letto... » « Già... non mi viene in mente
nessuno. Prendiamo il povero Wood, in Sierra Leone: i due ospitavano gente in continuazione, pur di
non dover sedere a tavola da soli. Dicono che Wood... ma è morto, pace all'anima sua. No, non so di
matrimoni senza qualche discordia o litigio; ma, a meno che non sia evidente, come si fa a dire da
quale parte penda la bilancia? Dopotutto, come sosteneva un filosofo, 'il matrimonio può conoscere
le sue pene, ma il celibato può non conoscere il piacere'. » «Non sono un filosofo, ma ne ho
frequentati: andavamo spesso a Cambridge a trovare mio fratello, è professore. E personaggi più...»
Si interruppe quando vide le figlie dell'amico avanzare tra la folla - la maggiore graziosa, anche se
trascurata —, e continuò in tono di disapprovazione: « ...anche se voi siete sempre stato un lettore
accanito, perfino nella cabina della Britannia ». « Oh, papa », gridò la figlia maggiore, « qual è la
Surprise} » « La seconda, mia cara. » Sulle navi in testa all'allineamento, ormai vicine, si vedevano
giacche blu e rosse sul cassero, marinai in brache bianche che imbrogliavano gabbie e trevi, nonché
fiocchi e vele di straglio; ma non si distinguevano ancora perfettamente. La damigella tolse con
gentilezza il cannocchiale al padre e lo puntò sulla Surprise. « È quello, il famoso comandante
Aubrey? » domandò. « Ma è basso, grasso e rosso in faccia! Sono molto delusa. » « No, sciocchina.
Il commodoro è dove deve essere un commodoro, e cioè sulla nave ammiraglia: la Pomone. Non vedi
l'insegna? » « Oh, sì, la vedo », replicò la fanciulla, spostando il cannocchiale sul cassero della
Pomone. « Chi è l'uomo alto, con i capelli biondi, che indossa l'uniforme di contrammiraglio e tiene
la feluca sotto il braccio? » « Lizzie, quello è il tuo famoso Jack Aubrey. Un commodoro veste come
un contrammiraglio e riceve il saluto dovuto a un ammiraglio, in risposta al suo. Ma lo sentirai tra
circa dieci secondi. » 12 « Oh, non è bellissimo? Molly Butler aveva un'incisione a colori di lui in un
combattimento contro i turchi: aveva la spada sguainata mentre abbordava la Torgude a scuola tutte
le grandi... » Che cosa avessero detto o pensato le « grandi » si perse nella salva di saluto della
Pomone, diciassette colpi di cannone distanziati con esattezza; l'eco dell'ultima cannonata e la nube
di fumo non si erano ancora dissolte quando la torreggiante nave ammiraglia rispose con quindici
colpi di cannone. Tornato il silenzio, il signor Arrowsmith disse: « Ora, vedrai sventolare il segnale
Commodoro presentarsi a bordo della Royal Sovereign. Stanno mettendo in mare la lancia». « Chi è
quel tipo smilzo accanto a lui, vestito di nero e con le brache malconce? » «Oh... deve essere il
chirurgo, il dottor Maturin: navigano sempre insieme. E capace di farti sparire un braccio o una
gamba più in fretta di tutti gli altri a servizio; è un vero piacere vederlo tagliare una sella di montone.
» « Oh, vergogna, papa! » esclamò la ragazza, mentre la sorella sbottava in una risata un po' sguaiata.
A bordo della Pomone tutto era pronto per la cerimonia e quando Jack ebbe lasciato la cabina di
poppa, infilandosi in tasca un fazzoletto pulito, seguito da Killick che faceva volar via granelli di
polvere dall'uniforme dai fregi dorati, gli ufficiali erano già sul cassero insieme alla maggior parte
degli allievi, che avevano i guanti o tenevano le mani dietro la schiena. I mozzi gli offrirono i
sontuosi guardamano e, seguendo il gabbiere di turno, Aubrey scese rapidamente nella lancia. Gli
uomini del suo armo lo conoscevano bene: lo avevano accompagnato in molte missioni, due di loro,
Joe Plaice e Davies, fin dal suo primo incarico sulla Sophie, ma tutti, compreso Bon-den, il
timoniere, rimasero impassibili mentre il commodoro si sistemava sul sedile di poppa, spostando la
spada per lasciare più spazio all'allievo che lo accompagnava. Tutti rimasero immobili nella tenuta
da cerimonia: cappelli di treccia bianca dalla tesa larga e con i nastri, camicia bianca, fazzoletti di
seta neri al collo, pantaloni di tela candida, tutti con aria solenne, consa13 pevoli che leggerezza,
ammiccamenti, bisbigli e sorrisetti sarebbero stati fuoriluogo. Bonden dette l'ordine di scostare e con
sincronia perfetta e vogate lunghe e misurate che non sollevavano spruzzi gli uomini portarono la
lancia al barcarizzo di dritta della Royal Sovereign, dove iniziò la cerimonia vera e propria. Jack,
dopo essere stato accolto a bordo dal trillo dei fischietti, salutò gli ufficiali, strinse la mano al
comandante della nave e a quello della flotta mentre i fanti di marina, perfettamente allineati sotto un
sole splendente, presentavano le armi. Un aiuto nocchiere condusse via l'allievo della Pomone e il
capitano Buchan, che comandava la Royal Sovereign, accompagnò Aubrey sottocoperta, nello
splendido alloggio dell'ammiraglio; ma in luogo del grosso, austero e canuto comandante in capo,
dallo stipo addossato alla paratia si staccò una nuvola diafana di tulle azzurro, che avvolgeva una
donna alta ed elegante, molto bella, ancor più per il portamento e l'espressione cortese. «Mio
carissimo Jack», disse dopo averlo baciato, «come sono felice di vedere la vostra insegna! È
mancato poco che foste irraggiungibile, diretto verso la Terra del Fuoco su una semplice bagnarola
idrografica, addirittura un veliero noleggiato dalla marina. Non mi do pace! Come abbiamo potuto
non vedervi sul molo! No, non lo capirò mai, anche se ci ho ripensato non so quante volte. Sì, è vero,
Keith era preoccupato per il bilancio della marina e io stavo rimuginando su alcuni versi di Ennio
senza riuscire a cavarne un ragno dal buco, ma... » « E io non capirò mai come ho potuto essere tanto
goffo da entrare qui, salutarvi e sedermi accanto a voi senza congratularmi del titolo di viscontessa:
eppure non ho fatto che pensarci, durante il trasbordo. Congratulazione, cara Queenie», disse Aubrey,
baciandola di nuovo; poi, sedettero sui cuscini dell'ampio stipo, conversando a bassa voce. Jack era
più alto di Queenie, grosso più del doppio e dopo le lunghe campagne di guerra e le ferite riportate
sembrava più vecchio, mentre in realtà aveva diciassette anni meno di lei; un tempo, quando era
molto piccolo, lei l'aveva ripreso per la sua impertinenza, la sua mancanza di pulizia, la sua
ingordigia, e lo aveva tranquillizzato dopo i suoi frequenti incubi notturni facendolo dormire nel suo
letto. «A proposito», disse Jack, «l'ammiraglio preferisce essere chiamato visconte Keith come
Nelson o semplicemente Lord Keith? » « Oh, semplicemente Lord, credo. L'altro titolo è per un uso
formale di corte, e so che al caro Nelson piaceva, ma non si usa più. E poi, come sapete, se ne
infischia di cose simili. E fierissi-mo della sua insegna, e apprezzerebbe l'ordine della Giarrettiera,
ma la stirpe dei Keith di Elphinstone si perde nella notte dei tempi: sono conti marescalchi di Scozia,
più vecchi di Mosè. » Rimasero seduti per un po', sorridendosi; formavano una coppia bizzarra,
entrambi di bella presenza, ma avrebbero potuto essere dello stesso sesso o di nessuno. Il loro non
era nemmeno un rapporto fraterno, con la gelosia e la competitivita che avrebbe comportato, ma
un'amicizia solida e senza complicazioni, con il piacere della compagnia reciproca. Quando Jack era
ancora molto piccolo, dopo la morte della madre era stato affidato alle sue cure, e Queenie era stata
severa, con lui, riguardo al contegno e alle buone maniere a tavola, ma era trascorso molto tempo da
allora e i due si trovavano perfettamente a loro agio insieme. Queenie, un velo di tristezza sul viso,
posò la mano sul ginocchio di Jack. « Sono stata così felice di vedervi, di avervi salvato da Capo
Horn proprio all'ultimo momento, che ho trascurato le cose più importanti. Ditemi, come sta il
povero dot-tor Maturin? » « Sembra invecchiato e più curvo, ma sopporta tutto con grande coraggio.
E non ha rinunciato alla musica. Ma non mangia quasi nulla: quando è tornato a Funchal, dopo aver
provveduto a tutto a Woolcombe, l'ho tirato su dalla scialuppa con una mano sola. » « Era una donna
bellissima e di una classe straordinaria: l'ammiravo. Ma non era adatta a lui, e nemmeno una madre
per quella cara bambina. Come sta? Non era nella carrozza, vero? » «No. Cholmondeley era seduto a
cassetta con lei, mia suocera e la sua amica erano all'interno e Harry Willet, il groom, I 15 dietro.
Per fortuna quel giorno Padeen non li aveva accompagnati. E non sembra che Brigid ne sia rimasta
turbata, da quanto ho capito. È attaccatissima a Sophia e alla signora Oakes. » « Non conosco la
signora Oakes. » « E la vedova di un ufficiale di marina e vive con noi; una donna colta, non quanto
voi, Queenie, ma insegna ai bambini latino e francese. Nessuno di loro è pronto per il greco. » Una
pausa. « Se non mangia, sicuramente deperirà e il dolore finirà per consumarlo », osservò Lady
Keith. « Sulla Royal Sovereign abbiamo un cuoco famoso, tornato in Inghilterra con i Borboni.
Credete che Maturin accetterebbe un invito? Soltanto noi, il medico della flotta e qualche vecchio
amico. C'è un brano di Ennio che non riesco a capire e vorrei sottoporglielo. E naturalmente dovrà
incontrarsi con il segretario di Keith e con il consigliere politico... Oh, e, Jack, c'è qualcosa che devo
dirvi, qualcosa che deve restare tra noi. Un altro comando nel Mediterraneo sarebbe troppo, per
Keith, perciò resteremo qui solo fino all'arrivo di Pellew, anche se ci tratteremo nel villino del
governatore ancora un po', per goderci la primavera. Vi piace Pellew, Jackie? » « L'ammiraglio Sir
Edward Pellew è stato un capitano di fregata straordinariamente audace e di successo... ma non lo
stimo quanto Lord Keith. » « Mio caro Aubrey! » esclamò l'ammiraglio entrando dalla cabina
poppiera anteriore. « Eccovi qua! Come sono contento di vedervi! » « E io di vedere voi, visconte,
se posso dire così. Le mie felicitazioni più cordiali. » « Grazie, Aubrey», rispose l'ammiraglio,
mostrando un compiacimento per il titolo che sua moglie trovò eccessivo. « Ma devo dire che merito
di essere degradato per aver inserito nei vostri ordini quella condizione per la Briséis. Avrei dovuto
dire... ma lasciamo stare quel che avrei dovuto dire. Il fatto è che volevo che la vostra squadra
sorvegliasse il passaggio dello stretto, ma ora le cose sono cambiate. A Parigi Napoleone è stato
acclamato da seicentomila persone, Ney lo ha raggiunto con centocin-quantamila uomini, truppe reali
ben equipaggiate, addestrate e 16 comandate; può contare su parecchi veterani che sono stati
prigionieri di guerra in Inghilterra, in Russia e in tutta l'Europa, uomini devoti, devoti ai colori
dell'imperatore. Un diavolo di problema. Il dottor Maturili è con voi? » « Sì, signore. » « Sta
discutendo di tutto questo con il mio segretario e i politici? » « Credo di sì, Lord. Anche se per lo
più evita la compagnia, è totalmente preso dalla guerra e non perde occasione per informarsi:
giornali, corrispondenza... so che ha parlato per tre ore con un ufficiale francese, un realista: il suo
brigantino ci ha raggiunto durante una calma al largo di Bugio. » « Immagino che prenderebbe male
un invito a pranzo sulla Royal Sovereign, vero? » « Sì, signore. Ma discuterà volentieri sulla
situazione internazionale e su come sbarazzarsi di Napoleone. E questo a tenerlo in vita. » « Mi fa
piacere che abbia una tale risorsa in un momento così terribile, poveretto. Lo stimo molto: come
ricorderete, lo avevo proposto per la nomina a medico della flotta. Sì, proprio così. Be', non gli farò
un invito che troverebbe difficile rifiutare, ma se alla prima occasione gli diceste di presentarsi a
bordo subito dopo il colpo di cannone della sera, quando spero che mi giunga la corrispondenza via
terra, potrò informarlo sulla situazione internazionale. Una situazione maledettamente complicata,
parola mia. Come dicevo, in un primo momento avevo pensato che la vostra squadra sarebbe stata
sufficiente a sorvegliare lo stretto, sebbene a fatica, badate: avete visto anche voi le nostre misere
condizioni. Ma ora, ora, dovrete farvi in quattro per riuscire nella metà delle cose vi chiederò. Eh sì,
una situazione complessa: Maturin stenterà a crederci. Per il momento vi farò solo un quadro
generale... » Lady Keith raccolse le sue cose e disse: « Mio caro, vi lascio al vostro compito. Ma
non stancatevi: questa sera avete un incontro con Gonzales. Vi mando subito Geordie con il té ». Il
quadro generale, spogliato della grande autorevolezza dell'ammiraglio e del suo marcato accento
settentrionale, gradevo17 le a un orecchio inglese anche se a volte incomprensibile, grosso modo era
questo: Wellington, con novantatremila uomini, inglesi e olandesi, e Bliicher, con centosedicimila
prussiani si trovavano nei Paesi Bassi in attesa che Schwarzenberg, con duecentodiecimila austriaci,
e Barclay de Tolly, che avanzava lentamente con centocinquantamila russi, raggiungessero il Reno: a
quel punto gli alleati avrebbero invaso la Francia. Dal canto suo, Napoleone aveva
trecentosessantamila uomini, suddivisi in cinque corpi d'armata lungo la frontiera settentrionale, la
guardia imperiale a Parigi e circa trentamila uomini schierati sulla frontiera meridionale e in Vandea.
I due tirarono le somme, tenendo conto del vantaggio di un unico comando e della lingua comune e
dell'effetto positivo del battersi in patria agli ordini di un uomo che aveva sconfitto prussiani,
austriaci e russi più volte, in modo ineccepibile e in condizioni assai più svantaggiose. Jack non
poteva fare domande sulla buona fede degli austriaci e dei prussiani, sull'efficienza della loro
mobilitazione e armamento, ma l'espressione ansiosa, preoccupata dell'ammiraglio era eloquente. «
Comunque sia, sono questioni che riguardano i militari, noi dobbiamo occuparci di altre cose. Come
vorrei che Geordie arrivasse con il té! Ah, Geordie, dannato vagabondo, posate qui il vassoio. » Una
pausa. « Niente è come una tazza di té. Ne volete ancora? » « Grazie, signore », rispose Jack,
scuotendo il capo, « sono a posto. » L'ammiraglio riflette, mentre aggiungeva con cura acqua bollente
nella teiera, poi riprese: « In primo luogo esiste il problema della marina francese, che ha un
atteggiamento diverso da un porto all'altro, perfino da una nave all'altra. E molto suscettibile e
qualsiasi incidente — può benissimo capitare - potrebbe avere conseguenze disastrose. Ma la cosa
peggiore è la fabbricazione di navi da guerra francesi in sperduti porti dell'Adriatico: sperduti, ma
ricchi di ottimo legname e di carpentieri eccellenti. Voi li conoscete bene. Queste navi, che vengono
costruite più o meno alla luce del sole, sono un grosso problema, 18 ancor più perché ufficiali e
marinai bonapartisti si trovano sul posto, pronti a prenderne il comando ». « Ma dove trovano il
denaro? Perfino una corvetta costa parecchio e qui si parla di fregate, di cui due o tre pesanti. » « C'è
sotto qualcosa. Secondo il nostro servizio informazioni si tratta di un'ingerenza musulmana, forse
turca, forse degli Stati della Barbería o forse di tutti quanti insieme. In questo momento i porti di
Algeri, Tunisi e la costa del Marocco fervono di attività, fomentate da rinnegati bonapartisti al
comando di naviglio locale e di velieri grandi quanto una nostra corvetta. È impossibile fermarli, la
nostra marina è ridotta all'osso e impegnata altrove... Il commercio delle nazioni alleate è già
compromesso, soprattutto il nostro, e le cose non possono che peggiorare. » L'ammiraglio mescolò il
té con aria meditabonda, poi disse: « Se Napoleone Bonaparte, con i suoi uomini ben addestrati e la
cavalleria e l'artiglieria in forma, riuscirà, diciamo, a mettere fuori combattimento i russi o parte
degli austriaci, la marina francese potrebbe spazzarci via dal Mediterraneo un'altra volta; soprattutto
visto che maltesi e marocchini sono così poco riconoscenti, per non dire che ci detestano, e che
esiste la possibilità di un'alleanza francese con Tunisi, Algeri e altri Stati corsari, per non parlare del
re del Marocco o del sultano in persona. Bonaparte si è fatto turco. Credo sia successo durante la
campagna d'Egitto; in ogni caso, ora è turco ». « Ne ho sentito parlare, ma dicono che non abbia
rinunciato alla carne di maiale o a una bottiglia di vino. Credo sia una di quelle sciocchezze che si
tirano fuori quando si vuole essere eletti in parlamento, del genere 'datemi il vostro voto e io ridurrò
il debito pubblico in diciotto mesi'. No, Napoleone è musulmano quanto me. Bisogna essere
circoncisi, per diventare turchi. » « Non so nulla della sua anima o del suo cuore, per non parlare
delle sue parti intime, ma di sicuro si è dichiarato turco e in casi come questo non è cosa da poco.
Ah, stiamo spettegolando come donnicciole... » IL segretario lo interruppe: « Chiedo scusa, signore,
il corriere è salito a bordo con il plico ». .i 19 Jack si era già alzato e a quel punto domandò: « Posso
tornare più tardi, signore, quando sarete meno occupato? » « C'è qualcosa di urgente, signor
Campbell? » si informò Lord Keith, invitando con un gesto della mano il segretario a soprassedere. «
Di tedioso e laborioso, più che urgente, a parte un allegato che ho già provveduto a inoltrare. »
«Molto bene. Grazie, signor Campbell. Sedete, Aubrey, darò un'occhiata a queste, poi passeremo al
vostro rapporto sulle condizioni della squadra e infine vi dirò ciò che voglio da voi. » Una pausa,
durante cui la mano esperta dell'ammiraglio sfogliò i sommari degli incartamenti, già contrassegnati
da Campbell con il codice che ne indicava l'importanza - nessuno superiore a C3 - poi i documenti
furono messi da parte e Lord Keith disse: « Dunque, Aubrey, in primo luogo dovreste distaccare una
forza sufficiente a proteggere il traffico con Costanti-nopoli. Sono stati reintrodotti i convogli, uno
dovrebbe essere qui entro la fine della settimana, e gli algerini sono diventati te-merari, anche se si
prevedono incursioni di bastimenti da Tripoli, Tunisi e via dicendo, mentre altri corsari si fanno
avanti da Salé e attraversano lo stretto con la luna nuova. Poi dovrete impedire ogni ingresso o uscita
non autorizzati, ma cosa più importante dovrete perlustrare quei porti dell'Adriatico che conoscete
così bene. Anche i più piccoli sono in grado di costruire una fregata e abbiamo segnalazioni di
vascelli da guerra in cantiere in quattro località, Campbell vi dirà quali. Se uno o più vascelli a due
ponti dichiareranno apertamente di appoggiare Napoleone, non dovrete impegnarli in combattimento,
ma avvertirmi immediatamente. In caso di fregate e corvette in costruzione, dovrete cercare di
impedire che vengano terminate e ottenere il loro disarmo, il che richiederà un tatto straordinario.
Come sono contento che Maturin sia con voi! Un incidente, come dicevo, potrebbe compromettere
l'esito finale. Ovviamente, nel caso di una dichiarazione esplicita a favore di Bonaparte, dovrete
incendiare, affondare o distruggere come sapete fare». « Aye-aye, Sir », disse Jack. « Mi sembra che
abbiate parlato di un corriere. Se non è ancora partito, posso chiedervi di far venire immediatamente
la mia goletta, la Ringleì William Reade, aiuto nocchiere, la governa perfettamente: è una goletta
americana di Cheasapeake molto veloce e buona boliniera. Ne avrò bisogno. » «William Reade, il
giovane gentiluomo che perse un braccio con voi nelle Indie Orientali? » domandò l'ammiraglio
scribacchiando qualcosa. « D'accordo. Volete fargli avere un messaggio? Che gli porti qualcosa? O
forse a Maturin? Bene, credo di aver detto tutto: ovviamente riceverete ordini dettagliati a Mahón e
qualche previsione di ciò che potete aspettarvi da Malta. » L'ammiraglio si alzò. « Spero che domani
pranzerete con noi...» Jack si inchinò. «Volentieri.» Keith continuò: « Non voglio essere invadente,
ma se riusciste in qualche modo a riferire a Maturin il nostro cordoglio - la nostra simpatia... In ogni
caso, voglio conoscere il suo punto di vista sulla situazione questa sera, dopo che si sarà incontrato
con Campbell e con i due gentiluomini venuti da Whitehall. Non chiedetegli di presentarsi qui,
verranno da lui sulla Pomone». Poco prima del colpo di cannone della sera Preservato Killick, il
famiglio di Aubrey, un uomo dalla faccia arcigna, di pessimo carattere, ruvido, ipocondriaco,
brontolone, si avvicinò alla cabina di Stephen. Teneva l'uniforme del comandante, le sue cose e la
sua argenteria in un ordine quasi maniacale, zitellesco, con qualsiasi tempo e qualsiasi mare, e
faceva lo stesso per l'amico e compagno di navigazione di Aubrey, il dottor Stephen Maturin,
aggiungendo al servizio il tocco della bambinaia petulante, come se Maturin non fosse « proprio
precisamente » un essere dotato di raziocinio. Tra marinai quel « non proprio precisamente » era
molto diffuso: Stephen impiegava ancora qualche istante a decidere quale fosse la dritta e quale la
sinistra e questo stabiliva i limiti delle sue capacità marinaresche. Ma non influenzava il profondo
rispetto che avevano per lui come uomo di medicina: l'abilità con cui maneggiava il trapano o la 21
sega - a volte le operazioni erano fatte in coperta, per avere più luce - li lasciava a bocca aperta e si
diceva che, se avesse voluto e se la marea fosse stata favorevole, avrebbe salvato anche un uomo
morto per tre quarti e ammuffito. E bastava una goccia delle sue pozioni per far saltare il deretano a
un toro. L'effetto pia-cebo della sua reputazione aveva in verità salvato più di un marinaio e a bordo
il dottore era assai coccolato. Poco prima del cannone della sera, dunque, Preservato Killick entrò
nella cabina di Stephen e lo trovò seduto in mutande, incurante di una brocca d'acqua ormai fredda e
un rasoio nuovo, nonché di una camicia pulita, una cravatta, una giacca nera spazzolata di fresco, una
parrucca appena arricciata, brache in perfetto ordine, calze di seta e un fazzoletto dignitoso: era
intento a leggere il messaggio cifrato nella scrittura minuta di Sir Joseph Blaine, capo del servizio
informazioni della marina, appena arrivato con il corriere. « Oh, signore! » esclamò Killick,
soffocando però subito la naturale asprezza, tanto che il « signore » fu solo un gentile rimprovero. «
Un momento, Killick», lo zittì Stephen, impegnato a sciogliere un aggrovigliato gruppo di sillabe;
scrisse la traduzione a margine, coprì il foglio con cura e disse: « Sono pronto ». Fatta eccezione per
« I signori aspettano da dieci minuti, hanno chiesto due volte il vino » e « Vi sentite bene? », Killick
lo vestì in silenzio, con destrezza, e lo condusse nella cabina del comandante, dove il segretario
dell'ammiraglio e due gentiluomini di Whitehall si alzarono per salutarlo. Uno di loro, il signor
William Kent, gli era noto, un personaggio che per l'alto incarico che ricopriva doveva a volte
risolvere i diverbi tra i ministeri e i servizi in modo che il lavoro confidenziale potesse svolgersi
nella più totale riservatezza; il signor Dee, invece, lo aveva visto in qualche riunione ristretta nella
quale l'anziano gentiluomo aveva parlato poco o niente, sebbene tutti lo avessero trattato come
un'autorità in materia di questioni orientali, in particolare quelle che riguardavano la finanza: aveva a
che fare con alcune delle grandi banche della City. Di lui il messaggio
22 in codice di Sir Joseph aveva detto soltanto: «Naturalmente ricorderete il suo libro sulla
letteratura persiana». Sì, Stephen lo ricordava: aveva fatto rilegare la sua copia di seconda mano -
una prima edizione - e il rilegatore aveva messo la data di pubblicazione in basso, sul dorso: 1764.
Quando tutti furono seduti, Stephen, la luce alle spalle, osservò il signor Dee con discrezione,
incuriosito dall'autore del libro che aveva arricchito la sua gioventù, ma il volto dell'uomo mostrava
solo stanchezza e frustrazione. L'anziano signore non volle dare inizio alla conversazione, così, dopo
qualche occhiata esitante, William Kent si rivolse a Stephen: « Dunque, dal momento che siete stato
trattenuto a lungo dai venti contrari, del tutto irraggiungibile, forse è meglio che vi aggiorni sulla
situazione attuale...» Stephen accennò un inchino e ascoltò. Kent non disse di più di quello che Lord
Keith aveva riferito ad Aubrey, ma Maturin, non essendo vincolato da considerazioni di grado, tatto,
ignoranza o rispetto, non esitò a fare domande e apprese quindi che gli olandesi non erano affatto
contenti della presenza degli eserciti di Lord Wellington e di Bliicher, che i vari governanti,
comandanti e ministeri della guerra erano in disaccordo, mentre la segretezza su piani, ordini e
incontri non esisteva quasi nell'esercito austriaco, con le sue diverse nazionalità, lingue e rivalità; e
se i francesi erano infiammati dalla rinascente gloria della loro patria, il che li avvantaggiava, molti
reggimenti alleati non erano affatto entusiasti; peggio ancora, i russi erano vicini all'ammutinamento,
soprattutto le unità formate dai resti della Polonia divisa. Barclay de Tolly si dava da fare, ma aveva
forze male equipaggiate e scontente, e non poteva avanzare rapidamente: rispetto alla data concordata
era in ritardo di sedici giorni. Dovevano superare un'immensa distanza e la retroguardia non aveva
ancora lasciato le lontane caserme. La diffidenza regnava sovrana, si temeva un tradimento di un
membro della coalizione o di qualcuna delle nazioni soggette che facevano parte delle potenze
orientali. Il signor Dee tossì, si sporse in avanti e parlò per la prima volta: ricordò a Kent un'antica
guerra persiana in cui un eserci23 to numericamente superiore, ma composto da uomini di diverse
nazioni, si era comportato più o meno allo stesso modo ed era stato travolto dalle forze persiane
sulle sponde del Tigri; il racconto si prolungò e Stephen, che da dove si trovava non riusciva a
sentire bene la debole voce del signor Dee, a poco a poco si immerse nei suoi pensieri, tutti
necessariamente dolorosi, come non era difficile immaginare. Di tanto in tanto si rendeva conto che il
signor Campbell stava cercando di ritornare in argomento citando Carebago, Spalato, Ragusa e altri
porti dei lidi adriatici e osservando come i francesi, se fossero riusciti a uscirne, sarebbero stati
molto pericolosi, e come gli ufficiali di marina affidabili fossero pochi, se mai ce n'erano... Il
tentativo andò a buon fine e dopo un po' Stephen si accorse che tutti e tre erano tornati alle questioni
navali; tuttavia era ancora sprofondato nel passato recente quando la voce di Kent penetrò nella sua
testa in modo chiaro: «... alla fine una di quelle navi potrebbe difendere o perfino trasportare il
tesoro ». « IL tesoro, signore? » Le tre facce si voltarono verso di lui e quasi nello stesso istante
Stephen vide la loro sorpresa, addirittura scontentezza, trasformarsi in comprensione, grave, discreta,
quella che tutti assumevano con lui, che sentivano l'obbligo di assumere, come una specie di drappo
funebre, da quando era circolata la notizia del suo lutto. Un atteggiamento diverso non sarebbe stato
possibile, la sua presenza metteva a disagio: leggerezza, perfino amabilità, certamente allegria erano
fuori luogo quanto rimproveri e scortesia. Kent si schiarì la voce e il segretario dell'ammiraglio,
scusandosi, si ritirò: « Sì, signore, il tesoro », disse Kent e dopo una breve pausa: « IL signor Dee e
io stavamo discutendo di un piano ideato da Dumanoir e dai suoi, per inserire un cuneo musulmano
tra le forze austriache, lente e sospettose, e i russi in ritardo: ciò impedirebbe che si uniscano e
manderebbe in fumo il ricongiungimento degli alleati sul Reno ». Un'altra pausa. « Ricordate che
Bonaparte si è dichiarato pubblicamente musulmano al tempo della campagna d'Egitto? » « Sì,
certamente. Ma la cosa non ha avuto un seguito, a parte
24 il danno alla sua immagine... Non ho mai conosciuto né sentito parlare di un seguace di
Maometto che abbia esultato alla notizia. Il Gran Muftì non l'ha tenuta in nessun conto. » « Verissimo
», confermò Dee, la voce tremula più ferma ora, « ma il mondo islamico è vario quanto la nostra
infausta congerie di sette ostili e alcune di queste sette musulmane, tra le più remote, in realtà hanno
accolto con giubilo la conversione. Si tratta di genti lontane tra loro come gli Azgar, al limite del
deserto, e di alcune comunità sciite della Turchia europea, in particolare dell'Albania, di Monastir e
di una regione in prossimità della frontiera settentrionale la cui interpretazione della Sunna, letta
senza le consuete glosse, indica Napoleone come l'imam segreto, il Mahdï. I più estremisti sono i
discendenti e i seguaci dello sceicco al-Jabal. » « IL Vecchio della montagna in persona? Quindi i
veri, autentici assassini? Non vedo l'ora di incontrarne uno », esclamò Stephen con fervore. «Proprio
così e, sebbene non siano affatto così importanti come al tempo dei crociati, sono ancora una
compagine pericolosa, anche se ìfedayn, i veri assassini, sono soltanto poche decine. Gli altri
mercenari, i potenziali mercenari, pur animati dal desiderio di massacrare gli infedeli, non sono
spinti da un fervore religioso così forte da rischiare la pelle gratis. Nella Turchia europea le tre
fratellanze sono d'accordo: gli uomini ci sono e, quando avranno davanti la paga di due mesi, si
muoveranno. Diversamente, no. » « Di quanti soldi parliamo? » « Molti, allo stato attuale; l'oro ha
raggiunto livelli altissimi, inimmaginabili, e il credito è praticamente estinto. Insomma, molti più di
quelli che i francesi possono mettere insieme: perché, capite, questa incursione improvvisa deve
essere equipaggiata in modo eccellente, con ex ausiliari turchi, bashi-bazouk, guerrieri tribali,
predoni e via dicendo, tutti membri delle fratellanze islamiche o forniti di un esercito formidabile.
Deve esserlo, se vuole riuscire nel suo scopo e cioè far naufragare i piani degli alleati e dare a
Napoleone la possibilità di impegnare se25 paratamente il più debole degli eserciti nemici e
sbaragliarlo, come ha già fatto in passato. » « Certamente », convenne Stephen, « ma il ruolo degli
assassini è diverso dell'assalto impetuoso e selvaggio dei bashi-ba-zouk... » « Sì. E una banda di
devoti fedayn renderebbe alla causa di Napoleone un enorme servizio sopprimendo Schwarzenberg o
Barclay de Tolly o un principe imperiale o una qualsiasi testa pensante, se per questo. Tuttavia anche
in questo caso sarebbe necessario un attacco massiccio, preferibilmente di notte, per indurre panico,
sfiducia reciproca e ritardare le operazioni. » « Da dove dovrebbe venire il denaro? » « IL sultano
scuote la testa, è riluttante », spiegò il signor Dee, « gli Stati della Barbería offriranno volontari e un
decimo del totale quando avranno visto il resto. Il Marocco esita. Sperano nel signore sciita di
Azgar, si fidano di lui. Secondo fonte autorevole l'oro è stato promesso e saranno inviati messaggeri,
anzi, sono già stati inviati, per organizzarne il trasporto, probabilmente da Algeri. » « Non ne so
molto di denaro », disse Stephen, « ma credevo che Stati moderatamente floridi come Turchia,
Tunisi, Tripoli o i banchieri del Cairo e una dozzina di altre città avrebbero potuto trovare in
qualsiasi momento un milione o giù di lì. Sono in errore? » « Sì, se posso dirlo, mio caro signore,
almeno per come stanno le cose. Dovete sapere che ho parecchi cugini banchieri nella City, uno
associato con Nathan Rothschild, per i quali faccio da consulente negli affari orientali, e vi dico che
in questo momento nessuna banca di quelle regioni sarebbe in grado di mettere insieme una tale
somma senza un lungo preavviso, non parliamo poi di anticipare anche solo un maravedí con simili
garanzie. Per il resto... » Sporgendosi in avanti e parlando con voce più chiara, giovanile, gli occhi
pieni di vita, si lanciò in una dissertazione sull'economia dei Paesi musulmani dal golfo Persico
all'Atlantico, sulle loro entrate e le loro uscite, sulle loro pratiche bancarie e le forme di credito:
parlò con competenza e autorità, senza la prolissità tremolante del vecchio quale era 26 sembrato
poco prima e terminò dicendo: « La loro unica speranza è Ibn Hazm di Azgar ». Stephen esclamò: «
Ne sono certo. Vorreste essere così gentile da descrivermi brevemente il luogo e il suo signore? Me
ne vergogno, ma non ne so nulla». « E un piccolo regno quasi senza storia, ma si trova in un'ottima
posizione, all'incrocio di tre carovaniere, nel punto in cui una delle poche sorgenti dell'area sgorga
pura e fresca dalla roccia e bagna un'oasi di palme da dattero di medie dimensioni. Sì, un'ottima
posizione, difesa dai santuari di tre santi musulmani universalmente riconosciuti, dall'aridità della
regione circostante e dalla sagacità di una lunga serie di governanti. Da moltissimo tempo il piccolo
Stato è retto allo stesso modo di una nave da guerra: ogni uomo ha il suo posto e il suo compito, la
giornata è divisa dal suono del corno di un ariete che chiama all'assemblea, alla preghiera, ai pasti,
ai divertimenti e al resto, mentre si fanno esercitazioni ai cannoni e con le armi leggere, tranne nel
periodo del Ramadan. Dovete inoltre sapere che i diritti e i pedaggi imposti a tutte le carovane sono
pagati, e sono sempre stati pagati, sotto forma di piccolissimi lingotti d'oro zecchino che vengono
pesati e suddivisi pubblicamente secondo le quote stabilite, spesso tagliati e ridotti in polvere per
essere pesati di nuovo con una precisione straordinaria fino all'ammontare richiesto. Ovviamente la
parte spettante al sovrano è maggiore e la quantità d'oro accumulata nel corso degli anni è ingente, a
dispetto della proverbiale generosità nelle elemosine della famiglia. Non c'è modo di sapere dove
sia conservata, l'indiscrezione ad Azgar sarebbe fuoriluogo, ma dal momento che lo sceicco passa la
maggior parte del tempo nel deserto con le mandrie dei famosi cammelli di Azgar, potrebbe avere
banche inespugnabili in una delle innumerevoli caverne, dove la roccia s'innalza dalla sabbia. In ogni
caso possiede i mezzi e lo zelo per portare a termine l'impresa. » « Nelle economie di questo tipo,
signore, esistono lettere di credito, tratte su una banca o cose simili? » « I mercanti affermati che
commerciano fra loro da tempo le conoscono bene, ma nel caso in questione bisognerebbe
trasportare l'oro fino alla costa e caricarlo su una nave, e non è fat27 tibile senza truppe ben armate
su cammelli di Azgar, i veloci sciabecchi e le galere algerine. Ma considerando l'andatura dei russi
non c'è fretta, sebbene, secondo gli informatori, i messaggeri delle fratellanze islamiche potrebbero
essere già in viaggio per Azgar; prima che Barclay de Tolly e Schwarzenberg possano incontrarsi,
auguriamoci che la marina reale abbia impedito alle navi da guerra francesi ribelli di attraversare il
mare con quell'oro o a qualsiasi bastimento della costa africana di entrare in un porto dell'Adriatico.
» IL signor Dee aveva finito; il colore che gli aveva animato il viso mentre parlava svanì ed egli
ridiventò vecchio e distante; vedendo che Kent lo stava osservando preoccupato, disse: « Prego,
continuate voi, signor Kent ». « Molto bene, signore. Dottor Maturin, parlando di questo con Sir
Joseph e con i suoi colleghi, è emerso che potreste avere un ruolo fondamentale nella faccenda...
dopotutto conoscete quei luoghi e i funzionari turchi che almeno nominalmente li governano,
conoscete personaggi importanti e importanti uomini di Chiesa... in una parola, potreste far sì che la
cospirazione vada in fumo. Il ministero ci tiene molto e voi avreste la possibilità di ottenere dal
Tesoro ingenti somme se, per esempio, si rendessero necessari arresti e via dicendo. » Kent scrutò
Stephen ansioso, tossì, e riprese: « Uno dei presenti ha detto che forse avreste rifiutato per ragioni
personali e per il fatto che ritenete di non conoscere così bene il turco e l'arabo, stando ai vostri
criteri elevati... » « L'arabo? » « Sì, signore: probabilmente dovremo intervenire in Africa, ad Algeri
o in uno degli altri porti, forse nella stessa Azgar. Altri hanno fatto notare che siete già stato capace
di trattare magnificamente con turchi, albanesi e montenegrini, ma Sir Joseph, pur dichiarandosi
assolutamente d'accordo, ha detto che un ufficiale in grado di scrivere in entrambe le lingue potrebbe
togliervi un gran peso. Lui e il signor Dee... » un inchino in direzione del vecchio gentiluomo, il
quale annuì «... conoscono la persona giusta, ne garantiscono la discrezione, il carattere e la 28
conversazione gradevoli; la sua presenza potrebbe indurvi ad accettare: si tratta di un gentiluomo di
medicina. » « La conoscenza letteraria oltre che colloquiale di entrambe le lingue e dell'ebraico non
è da sottovalutare», convenne Stephen. « lì possibile conoscerlo? » « In questo momento è a
Gibilterra», disse Kent. «Credo di aver capito da Sir Joseph che potreste averlo già incontrato. » «
Posso chiedervi », intervenne Dee, riprendendo vita, « se avete qualcosa contro gli ebrei? » « No,
signore. » «Bene», disse Dee, «perché il gentiluomo in questione, il medico in questione, è ebreo, un
ebreo spagnolo. È stato educato come sefardita ortodosso, il che significa che parla non soltanto il
bizzarro spagnolo dei sefarditi in Africa e nell'impero ottomano, ma anche l'ebraico e l'arabo, oltre al
turco corrente. Ma con l'età e sotto l'influenza dell'Illuminismo - ha studiato a Parigi prima della
Rivoluzione - le sue idee si sono fatte più... liberali, per così dire. Molto più liberali, in effetti: ha
avuto problemi con la sinagoga, cosa che ha influito negativamente sulla sua professione, dato che i
suoi pazienti vi appartenevano. Un vero guaio. Tuttavia, anni addietro e per pura gentilezza, aveva
usato le sue conoscenze linguistiche per aiutare uno dei nostri amici e qualche tempo fa hanno deciso
di formalizzare la cosa con un contratto. Lavora per noi, in genere come commerciante in pietre
preziose, data la sua notevole conoscenza in materia; e grazie alle sue molte relazioni e alle sue doti
in campo medico ci è stato di grande aiuto. Naturalmente, abbiamo verifìcato la sua... discrezione... »
« Ditemi, signore, è sposato? » « Non credo », rispose Kent. « Ma se è lo sfortunato affare di domani
a suggerirvi questa domanda, vi assicuro che è perfettamente normale da quel punto di vista. Per un
certo tempo ha vissuto ad Algeri per conto nostro e l'agente incaricato di tenerlo d'occhio ha fatto
menzione di due amanti, una bianca e una di colore; a parte questo, aveva molte relazioni ad Algeri,
grazie alle sue doti musicali era particolarmente accetto nella buona 29 società europea e la cosa
potrebbe rivelarsi utile se Algeri fosse il porto prescelto ...» « Verissimo », confermò il signor Dee.
« Ma i porti e i cantieri dell'Adriatico hanno la precedenza: una dimostrazione di forza,
l'eliminazione di potenziali nemici e la presenza della marina reale influenzeranno le fratellanze,
tanto da sgonfiare la cospirazione. Dobbiamo concentrarci su questo. Sono troppo vecchio e infermo
per partecipare attivamente alla manovra, ma i miei cugini hanno una banca ad Ancona, proprio
sull'altra sponda dell'Adriatico, e da li potrò tenermi in contatto con gli amici turchi nelle province
ottomane e coordinare le operazioni. E comunicare con Londra tramite i corrieri della banca. » Nel
frattempo Jack era stato occupato con il resto della squadra. Durante la traversata da Madera aveva
invitato i comandanti a pranzo, era stato più volte a bordo delle loro navi e si era fatto un'idea chiara
delle loro capacità; ma non sapeva ancora come avrebbe dovuto distribuire i compiti tra le navi della
squadra. Avrebbe trasferito l'insegna sulla Surprise, con le sue meravigliose qualità veliche, il suo
equipaggio esperto e assolutamente affidabile, magnificamente addestrato ai cannoni, ma riguardo
alla nave d'appoggio non sapeva decidersi tra la Po-mone e la Dover. C'era una grande differenza
quanto a potenza di fuoco, non meno di centoquarantaquattro libbre; ma la Po-mone, da trenta
cannoni, era una nave infelice, il cui comandante era bloccato a Funchal con una gamba fratturata e
difficilmente sarebbe guarito, e il suo secondo ufficiale era confinato nella cabina in attesa del
processo per un reato che rientrava nel ventinovesimo articolo di guerra, « una colpa contro natura e
detestabile »; Lord Keith aveva nominato comandante un giovane ufficiale, promosso capitano di
vascello solo di recente, l'unico uomo qualificato a disposizione. Qualunque fosse l'esito del
processo, per gli uomini della Pomone sarebbe stato un duro colpo: nuovi ufficiali, nuovi metodi,
sbeffeggiamenti... « Sinistra, signore? » domandò Bonden a mezza voce. 30 Jack annuì. La iole
accostò e Jack salì rapidamente lungo la murata, assorto nei suoi pensieri. Aveva visto la lancia
dell'ammiraglia trasportare a terra i civili e si aspettava di trovare Stephen nella cabina di poppa. «
Dov'è il dottore? » esclamò. « Sarebbe che è nella cabina dell'altro dottore », rispose Kil-lick,
comparso come per magia, « discorrono di cose di medicina e si bevono il prezioso sherry delle
Indie Orientali. Un quarto d'ora fa il dottor Glover ha chiesto un'altra bottiglia. » In realtà in quel
momento i due uomini stavano discutendo di impotenza. La conversazione era cominciata quando
Glover, dopo aver chiuso l'argomento Ufficio malattie e infortuni, definendolo un covo di ascodrogiti
ignoranti, buoni soltanto per danzare intorno a un otre di vino gonfiato, aveva domandato a Stephen se
avesse saputo della morte del governatore della Sierra Leone, Wood. «Ahimè, sì. Un nobile
anfitrione. Il governatore e sua moglie sono stati molto ospitali, ci hanno invitato a pranzo quando
siamo stati là con la Bellona. Volevo scrivere alla signora Wood... ma è difficile farlo, per quanto
sia grande il nostro legame e la partecipazione al suo dolore. Sono così dispiaciuto, per lei. » Per
qualche momento il dottor Glover non parlò, poi, vuotato il bicchiere, lanciò un'occhiata al suo
vecchio amico e disse: « Ho vissuto a Freetown per quasi un anno e li ho avuti entrambi come
pazienti e posso dirvi, parlando da collega, che in questo caso sono perfettamente adeguate
condoglianze formali: se andaste oltre potreste essere offensivo. Non era un gran bel matrimonio,
sapete. In realtà credo che legalmente non lo fosse affatto. Il governatore era impotente. Ho preso
tutte le misure consuete e anche qualcuna meno consueta, ma senza esito. Non so come siano riusciti a
restare insieme, ma dormivano in camere separate e ho avuto la netta impressione che avessero una
vita infelice: rimorso e risentimento appena sotto la superficie. Ovviamente il marito era molto
impegnato e per sua grande fortuna la moglie aveva i suoi studi anatomici: una signora
straordinariamente dotata. No. Condoglianze, sì; ma con moderazione... Inoltre, in questo caso manca
quella che di 31 solito è una reale fonte di dispiacere: la signora è benestante di suo. Conosco la
famiglia nel Lancashire ». « Tanto meglio. Tornando alla questione dell'impotenza, dipendeva da
problemi fisici? » « Credo di no. » « IL paziente era oppiomane? » « Certo che no. Una volta gli ho
somministrato una piccola dose di oppiacei e l'effetto lo ha sbalordito. No, no: era tutto nella sua
mente; e quali strane e stupefacenti fantasie possa contenere la testa di un uomo físicamente normale,
attivo e intelligente, indipendentemente dall'ansia, che nella maggior parte... che c'è?» « Gli omaggi
del commodoro, signore », annunciò un allievo, « e quando il dottor Maturin avrà modo di farlo, sarà
lieto di vederlo. Ma ho il dovere di aggiungere che non c'è fretta. » «Un altro bicchiere prima che ve
ne andiate... o, meglio, lasciate che faccia venire un'altra bottiglia, visto che non c'è fretta. » « Siete
davvero gentile », si scusò Stephen, facendo segno di no; poi si rivolse al ragazzo: « Prego, riferite al
commodoro che sarò da lui immediatamente ». « Stephen! Eccoti qua! » esclamò Jack. « Ti chiedo
scusa per l'interruzione, ma dal momento che sicuramente avrai saputo della morte del povero
governatore Wood, ho pensato ti avrebbe fatto piacere sapere che un mercantile diretto in Guinea
salperà questa sera, nel caso tu voglia mandare una lettera... E l'ammiraglio ha un corriere in partenza
per l'Inghilterra entro un'ora: ho chiesto che William Reade porti qui la Ringle; occorreranno un paio
di giorni perché sia pronta, Reade potrebbe fare un salto a Woolhampton a portare i nostri messaggi e
a prendere qualcosa per noi. » « Sì, ho saputo della morte del capitano Wood, che Dio accolga la sua
anima, e ho cominciato a pensare a una lettera ma... forse questa sera riuscirò a mettere insieme
qualcosa di 32 sensato, anche se sono lento, arido e spoglio con la penna. In quanto a Reade, se a
Portsmouth riuscisse a comprare un bel cerchio robusto e a darlo a Brigid con il mio amore, insieme
con questa moneta da una corona, gliene sarei grato. Ancor più se mi portasse il corno o, meglio, il
dente di narvalo che mi regalasti tempo fa. Questa notte meditavo su quel dente, perché mi dicono che
a Mahón potremmo conoscere l'eminente ingegnere metallurgico e filosofo naturale, James Wright;
spero sia in grado di dirmi... ti ricordi del dente di narvalo? » « Sì, più o meno. » « Vorrei che mi
dicesse se quei torciglioni o piuttosto dovrei dire quelle volute, quelle ondulazioni e quelle spirali
che lo percorrono per tutta la sua lunghezza aggiungono forza ed elasticità a quella bizzarra struttura.
» « Con rispetto parlando, signore », interruppe Killick, « la vostra feluca numero uno non si può
portare sull'ammiraglia. » Mostrò una feluca bordata d'oro, molto bella ma stranamente ammaccata.
«Sarebbe che ci avete camminato sopra giovedì scorso e l'avete rimessa nella scatola senza dirmelo.
Ma posso farla sistemare da Broad. » «Molto bene, Killick», gli disse Jack, aggiungendo: «Chiedete
una scialuppa al signor Willie ». E a Stephen: « Aggiungerò le tue richieste nella lettera a Reade:
cerchio e moneta da una corona per Brigid, con il tuo affetto, e il dente del narvalo ». « IL mio affetto
anche alla cara Sophia, e i saluti più sentiti a Clarissa Oakes. Il dente è in una custodia, appesa in
uno degli armadi dell'armeria. Fratello, mi sembri abbattuto. » « Odio le corti marziali, soprattutto
questa. Tu assisterai? » «No. In ogni caso ho un appuntamento a terra. » Contemplarono entrambi
dall'ampia vetrata di poppa la svettante Rocca rossastra, improbabile e imponente come sempre.
«Jack», continuò Stephen, guardando l'amico con un'espressione familiare e chiara a entrambi, «
credo che porterò con me un assistente chirurgo. Può darsi che mi sbagli, ma non penso sia opportuno
fare alloggiare quel gentiluomo tra gli allievi; perciò, nel caso non lo si possa accogliere nel
quadrato, potrei considerarlo come un ospite? » 33 « Certo », assicurò Jack. « Però, se il gentiluomo
in questione ha una certa età e posizione, come suppongo, sono sicuro che verrà accolto nel quadrato,
soprattutto perché tu non ci sei quasi mai: potrebbe prendere il tuo posto. » « In quanto alla
posizione, è pari alla mia: è un dottore in medicina. Abbiamo studiato insieme a Parigi, era qualche
anno indietro rispetto a me, ma già conosciuto come anatomista. Senza dubbio sarebbe la
sistemazione migliore, perché, anche se è un discreto musicista e ogni tanto potresti invitarlo... sì,
sarebbe la sistemazione migliore. » Avvertendo l'imbarazzo di Stephen, Jack cambiò argomento:
«Ah, non ti ho detto: domani sarà una giornata infernale. Trasferisco l'insegna sulla Surprise e ci sarà
qualche cambiamento; hanno promesso alla squadra due nuovi contingenti, per portare gli effettivi
più o meno nella norma ». # La giornata infernale cominciò prima degli otto colpi della seconda
comandata: era ancora buio, quando gli uomini che dovevano trasferirsi su altre navi cominciarono a
preparare le loro casse e a trasportarle lungo gli stretti corridoi affollati e su per le scalette ripide,
ripidissime, fino ai punti strategici da cui avrebbero potuto essere portate in coperta non appena le
scialuppe si fossero affiancate. Spesso, i punti prescelti erano già occupati, il che causava
discussioni, anche molto chiassose, e urti e tonfi quando la cassa sconfitta veniva cacciata
malamente. Agli otto colpi, le quattro del mattino, gli uomini della guardia di dritta che nonostante
tutto erano riusciti a dormire, furono svegliati con il consueto fracasso e chiamati in coperta; poco
dopo gli esentati dai turni di notte salirono sul ponte e nelle due ore successive, con gli uomini della
guardia in coperta, lavarono i ponti con acqua, sabbia, pietre grandi e piccole e redazze. I ponti
immacolati non erano ancora asciutti quando le brande furono chiamate all'impavesata e nel bel
mezzo del trambusto si avvicinarono le lance della Dover, della Rainbow, della Ganimede e della
Briséis: sfortunatamente l'ufficiale di guardia, il signor 34 Clegg, era sceso sottocoperta per sedare
una lite a proposito delle casse dei marinai, una lite pericolosamente vicina alla « cabina sacra », e
l'aiuto nocchiere, fraintendendone le grida, lasciò accostare le scialuppe. I marinai salirono a bordo
in massa, con i loro bagagli, e fu necessaria l'autorità di un commodoro Aubrey imponente, furibondo
e in camicia da notte, per ristabilire l'ordine. «Mi dispiace molto del pandemonio, Stephen», disse
Jack mentre facevano colazione, serviti da un Killick silenzioso e intimidito. « Tutto quel correre su
e giù, strillando come porci di Gadara... » La colazione era all'altezza, una grande quantità di uova
fresche, salsicce, bacon e un nobile pasticcio di maiale, panini, fette di pane abbrustolito e crema di
latte per il caffè, ma i commensali non poterono dirsi soddisfatti, dal momento che quasi ogni
boccone fu interrotto da un messaggio, spesso riferito da allievi lavati e spazzolati e agitatissimi che
presentavano gli omaggi dei rispettivi comandanti: sarebbe stato possibile avere un solo marinaio
capace? E carrónate pesanti, poche, al posto dei cannoni da nove libbre, o uno qualsiasi dei tanti
materiali per cui sarebbe bastata una buona parola ai funzionari dell'arsenale? Ancor più irritante era
il continuo mugugnare di Killick, preoccupato per la splendida uniforme che Jack avrebbe dovuto
indossare alla corte marziale, il suo insopportabile controllare il tovagliolo che proteggeva le brache
e la parte inferiore del panciotto, il suo borbottare a proposito di tuorli d'uovo, di burro, di pasta
d'acciughe, di marmellata. Infine si presentò l'aiuto nocchiere di guardia, porgendo gli omaggi del
comandante in seconda, per annunciare che la Royal Sovereign aveva alzato il segnale della corte
marziale. Un'ultima tazza di caffè, poi tutti e due uscirono in coperta: sull'acqua calma della baia le
lance dei comandanti stavano già convergendo sulla nave ammiraglia. Quella del commodoro era
pronta, in attesa, e dopo un attimo di esitazione Jack fece un cenno di saluto a Stephen e si avvicinò
ai candelieri del barcarizzo mentre i fischietti del nostromo e dei suoi aiutanti lo accompagnavano
fuori bordo, salutato da tutti gli ufficiali. 35 « Signore! Prego, signore », disse per la seconda volta la
voce di un ragazzo, cori una traccia di impazienza; voltandosi dall'impavesata, Stephen vide una
faccia familiare, quella del giovane Witherby, un tempo della Bellona. Non riusciva a capire gli
spostamenti di ufficiali e sottufficiali che avvenivano da quando Jack era stato nominato commodoro
sulla Pomone. Sapeva che il timoniere e l'armo della Surprise avevano seguito il loro comandante,
ma che cosa faceva, lì, quel ragazzo? In verità erano molte le cose che non riusciva a capire, a meno
che non si sforzasse di concentrarsi sul presente. « Signor Witherby, che cosa posso fare per voi? » «
Ma, signore, credevo che voleste scendere a terra e il battel-lino è già pronto sotto la poppa. Di qua,
prego. » Witherby lo lasciò ai gradini del Ragged Staffe una volta attraversata la porta di Southport
Stephen trovò conforto nella familiarità del luogo: il trasferimento sulla sconosciuta Pomone, per
quanto di nessuna importanza, lo aveva stranamente turbato. Si diresse con sicurezza all'albergo
Thompson, confortevole e senza pretese, guardando a destra e a sinistra le botteghe e gli edifici che
conosceva bene. Molte giubbe rosse, molti ufficiali di marina, ma nulla di paragonabile al brulicare
della folla a Gi-bilterra in tempo di guerra. Entrò nell'albergo. « IL dottor Jacob, per favore. Mi sta
aspettando. » « Sì, signore. Volete che lo preghi di scendere? » « Oh, no. Ditemi il numero della
camera e salirò da lui. » «Molto bene, signore. Pablito, conduci il signore al terzo piano, sul retro. »
Pablito bussò, la porta si aprì e una voce ben nota disse: « IL dottor Maturin, presumo? » La porta si
richiuse, il rumore dei passi di Pablito riecheggiò per la scala e il dottor Jacob afferrò Stephen per le
spalle, lo baciò sulle guance e lo condusse all'interno di una stanza fresca e ombrosa dove una brocca
di horchata era posata su un tavolino 36 basso e il fumo di un narghilè era sospeso nell'aria
all'altezza degli occhi. « Sono così contento che siate voi! » affermò Jacob, guidandolo verso un sofa.
« Ne ero certo, viste le volute indiscrezioni di Sir Joseph; vi ho portato un esempio di aponeurosi e
di contrazioni palmari, quelle che interessavano così tanto voi e Du-puytren. » Scivolò in camera da
letto e tornò con in mano un vaso di vetro; ma rendendosi conto che sarebbe stato difficile apprezzare
il dono in quella mezza luce, spalancò la porta finestra che dava sul balcone e condusse Stephen nel
sole abbagliante. « Siete davvero gentile, caro Amos », esclamò Stephen osservando la mano
amputata, chiarissima nello spirito di vino, indice, medio e anulare così contratti contro il palmo che
le unghie erano cresciute dentro la carne. « Troppo gentile, davvero. Non ne ho mai visto uno così
ben conservato: non vedo l'ora di sezionarlo. » Ma Jacob, senza ascoltarlo, lo fece girare con
delicatezza verso la luce e lo osservò attentamente in viso. « Stephen, non avete per caso fatto una
diagnosi crudele su di voi, spero? » « No », rispose Stephen, e con poche parole spiegò la situazione,
la sua situazione personale. Amos non lo angustiò con frasi di circostanza, limitandosi a posargli una
mano sulla spalla affettuosamente, ma propose una passeggiata fin sulla cima della Rocca, dove
avrebbero potuto parlare della loro imminente impresa al sicuro. « ... vale a dire, se siete ancora
impegnato totalmente. » « Lo sono, assolutamente », affermò Stephen. « Se non fosse un sentimento
perverso, sarei quasi grato a quell'uomo malvagio e al suo odioso regime. » Lasciarono la città,
salirono fin sulla cresta, dove la scogliera scendeva a picco sulla spiaggia e dove Stephen constatò,
soddisfatto, che il nido del falco pellegrino era di nuovo occupato, sul bordo il grosso volatile che
batteva le ali e lanciava il suo richiamo. Percorsero la cima, con gli uccelli migratori che passavano
sopra le loro teste, talvolta molto bassi, e ai due lati della Rocca, mentre Stephen annotava
meccanicamente i più rari 37 (sei albanelle pallide, più numerose di quante ne avesse mai viste);
arrivarono fino all'estremità sulla punta d'Europa e ritornarono; durante il tragitto, con un'attenzione
più consapevole, concentrata, Stephen ascoltò le notizie che Jacob, grazie alle sue importanti fonti di
informazione, aveva raccolto sui porti dell'Adriatico, sulle fratellanze islamiche e sui progressi fatti
per ottenere la somma necessaria a pagare i mercenari. Jacob parlò con pari autorità anche del
probabile donatore e dell'influenza che sarebbe stato possibile esercitare sul dey di Algeri. « Ma per
quanto riguarda l'Africa », concluse, « dovremmo aspettare, almeno fino a quando non avremo
ottenuto un parziale successo nell'Adriatico. » Stephen era d'accordo e, seguendo con gli occhi uno
stormo di cicogne nere che stava sorvolando la nave ammiraglia, si accorse che non vi sventolava
più il segnale della corte marziale: le lance dei comandanti si stavano già disperdendo. Ridiscesero
quasi senza parlare. Avevano detto il necessario, e altre informazioni li stavano aspettando a Mahón:
Stephen guardava spesso la varea del pennone di maestra. In quelle acque il comandante in capo era
onnipotente, avrebbe potuto confermare una condanna a morte della corte senza dover renderne conto
al sovrano o all'ammiragliato. Nelle corti marziali della marina la sentenza era immediata, definitiva,
senza appello; e Lord Keith non era uomo che amasse tergiversare. Quando entrarono in città non
c'era nessuno appeso al pennone; ma sui bastioni da quel lato della porta di Southport parecchi
ufficiali, tra i quali Jack Aubrey e qualcuno della Po-mone, stavano fissando ansiosamente la
spiaggia a sud. Stephen si unì a loro: « Posso presentare il dottor Jacob, l'assistente chirurgo del
quale ho parlato? » «Molto lieto», salutò Jack, stringendo la mano a Jacob. Avrebbe detto di più, ma
in quell'istante un mormorio si levò dai bastioni, sempre più forte, raggiungendo il colmo quando due
lance si staccarono dalla nave ammiraglia, dirigendosi verso terra e rimorchiando un semplice
carabottino sul quale stavano i condannati, inzuppati e infelici. Qualche minuto dopo il carabottino
venne lasciato andare, un'onda gentile lo portò
38 verso la spiaggia e gli uomini avanzarono a piedi nell'acqua bassa. Dalla folla si levò qualche
raro grido di scherno: cinque o sei persone aiutarono i due uomini a raggiungere la spiaggia,
trascinando i loro bagagli. « Dottor Jacob », disse Jack, « spero che possiate salire a bordo al più
presto. Non vedo l'ora di andarmene da qui. » E in privato a Stephen: « Ho ripetuto il tuo 'niente
penetrazione, niente sodomia', e li ho messi a terra; anche se devo dire che la maggior parte di loro è
stata ben felice di essere messa a terra. Ho persuaso gli altri a giudicarlo soltanto un caso di flagrante
impudicizia». « E la pena prevista è essere rimorchiati a terra su un carabottino? » « No. È solo
un'usanza del mare: si è sempre fatto così. »

CAPITOLO II
Da parecchi anni, ormai, Stephen Maturin sapeva che la vita sul mare, soprattutto su una nave da
guerra, non era la scampagnata sull'acqua che talvolta immaginavano coloro che vivevano sulla
terraferma, ma non avrebbe mai creduto che potesse essere così dura come quell'esistenza incerta, né
del tutto sul mare né del tutto sulla terraferma, con le comodità che quest'ultima poteva offrire. La
squadra, messa insieme in fretta e a corto di uomini, doveva essere riorganizzata, soprattutto per
quanto riguardava la sciagurata Pomone: un processo per sodomia non era certo una passeggiata e
sebbene l'equipaggio non si trovasse sulla nave da molto tempo, almeno se paragonato a quello di
una normale missione, era sufficiente a metterlo in difficoltà, a far sì che gli uomini si offendessero
per le battute con cui venivano accolti a terra, per i sorrisi e i silenzi carichi di significato quando
entravano in una taverna. Dopotutto uno degli ufficiali era stato cacciato dal servizio nel modo più
ignominioso, rimorchiato a terra su un carabottino davanti a molti spettatori; e parte di
quell'ignominia si era riversata su tutto l'equipaggio. Tale vergogna collettiva aveva condizionato la
disciplina, che non era mai stata il punto forte della Pomone; e un nuovo comandante, con un primo
ufficiale che non conosceva nessuno a bordo, difficilmente avrebbe potuto porvi rimedio in così poco
tempo. Ma la nave aveva un bravo nostromo, e il capo cannoniere, pur demoralizzato, era
volonteroso e conosceva il suo mestiere. Il cannoniere e il capitano Pomfret furono messi in
agitazione dall'invito del commodoro ad accompagnare la Surprise fuori dallo stretto, al largo di
Algeciras, così che le due navi potessero esercitarsi ai cannoni facendo fuoco contro bersagli a
rimorchio. Gli uomini della Pomone fecero onore alla loro nave nelle manovre di uscita dal porto e
si dimostrarono abbastanza rapidi nel portare in batteria e ritirare i cannoni da diciotto libbre, ma
qualcuno esitò nel fare fuoco. Soltanto tre o quattro della batteria di dritta dimostrarono una certa
capacità in tiri che non fos 40 sero a distanza ravvicinata o nel valutare il rollio. Il primo e il
secondo capo pezzo sapevano il fatto loro, ma gli allievi che comandavano le squadre lasciavano a
desiderare ed era probabile che alcuni degli uomini non avessero mai visto in azione un pezzo da
diciotto libbre. La furia del rinculo li colse alla sprovvista e dopo le prime bordate, esitanti e
scoordinate, dovettero essere accompagnati o trasportati nell'infermeria per le lesioni provocate da
paranchi e brache d'affusto rigide o perfino dagli spigoli degli affusti. I fanti di marina che presero il
loro posto per lo meno sapevano allontanarsi in tempo, ma nell'insieme l'esibizione fu miserevole e
gli uomini della Surprise non ebbero alcun riguardo: distrussero il bersaglio fino a quel momento
intatto, con tre bordate in cinque minuti e dieci secondi. « Capitano Pomfret », disse Jack prima che
questi lasciasse la nave, « dovrete esercitarvi parecchio ai cannoni, mattina e pomeriggio, così come
ai posti di combattimento: le squadre devono conoscere i pezzi a fondo, i movimenti devono
diventare naturali; sono certo che voi capite perfettamente. » « Sì, signore », rispose Pomfret,
cercando di nascondere il suo sconforto. « Mi permetto di far presente che siamo a corto di uomini e
che l'equipaggio non ha avuto il tempo di affiatarsi. » « Avete bravi marinai sufficienti a
equipaggiare la pinaccia e la lancia? » « Sì, signore. » « Allora date istruzioni al vostro comandante
in seconda e al vostro secondo ufficiale - so che l'ammiraglio vi assegnerà un giovane eccellente - di
portarle fuori durante la seconda comandata e di tenersi al largo di capo Spartel fino all'alba. Mi
stupirei se non riuscissero nel reclutamento forzato di una ventina di uomini dei mercantili di
passaggio, ancora all'oscuro di ciò che è accaduto. Ma soprattutto fate lavorare sodo i vostri,
specialmente gli allievi, cuccioli oziosi che girano con le mani in tasca. Fateli sgobbare, ma non li
maltrattate. Lodateli, appena potete, avrete ottimi risultati. La settimana prossima potrete esercitarvi
ai cannoni con tiri veri: non c'è niente che piaccia di più agli uomini, una volta abituati al baccano. »
Tornando in porto, Jack visitò altre navi e bastimenti della 41 squadra, e ordinò a tutti di esercitarsi
nella chiamata ai posti di combattimento o per lo meno nel portare i cannoni in batteria. La
sistemazione precisa delle trinche di volata assicurate al golfare al di sopra del portello, la legatura
della braca al pomo di culatta, la disposizione ordinata di spugna, palanchino, corno della polvere,
miccia, borra, cuneo, paranco di richiamo, munizioni e tutto il resto potevano rivelare molte cose
sulle squadre ai cannoni e ancor più sugli allievi al comando delle squadre. La Dover, che si stava
riconvertendo, aveva un'aria malandata, ma non in modo disdicevole; alle altre sarebbe bastata una
spintarella e la piccola Briséis, che apparteneva alla classe chiamata delle « bare », per la loro
tendenza a rovesciarsi e ad affondare, addirittura brillava. Jack lo disse al suo capitano e gli uomini
a portata di voce si gonfiarono, visibilmente compiaciuti. Di nuovo sulla Surprise e nella sua bella
cabina di poppa, familiare, elegante, ma non sufficientemente spaziosa per tutto il lavoro
amministrativo che lo aspettava. Le navi della squadra non erano più di sei, ma i loro registri e
incartamenti erano già ammucchiati sulla scrivania del commodoro: gli uomini sotto di lui
superavano di poco il migliaio, ma i nomi di tutti coloro che avevano un ruolo nella conduzione della
squadra navale dovevano essere scritti su fogli separati, unitamente alle valuta-zioni del commodoro
sulle loro capacità; per sistemare quei fogli Jack aveva chiesto al suo ebanista di aggiungere
temporaneamente alla scrivania due ali a forma di vassoio così da poterli suddividere a seconda dei
compiti. In simili circostanze, quando nessuna nave, tranne la Surprise e fino a un certo punto la
Briséis, aveva un equipaggio ben organizzato, il commodoro aveva pieni poteri. Ma Jack Aubrey era
una persona ordinata per carattere e rigidamente addestrata a esserlo, e non aveva ancora messo
piede nella cabina che già si era accorto che qualcosa non andava, che una mano criminale aveva
confuso almeno tre incartamenti ammucchiandoli a casaccio e aveva sparso sulla scrivania parecchi
spartiti, compreso quello di una pavana in do minore. « Oh, ti chiedo scusa, Jack! » esclamò Stephen,
entrando ra 42 pidamente dal giardinetto. «Mi è venuta un'idea improvvisa che ho dovuto annotare...
spero di non averti messo in disordine nulla... » « No, no », lo rassicurò Jack. « Stephen, credo di
aver risolto il tuo problema: ti ho trovato un ragazzo di corsia, come diciamo noi, un infermiere che
non potrà non piacerti. » Stephen, per quanto concentrato sulla musica - mancavano solo due note, ma
il suono magico stava svanendo dal suo orecchio interiore - e pur essendo profondamente convinto
che il mite « No, no » di Jack nascondesse un'intensa irritazione, non disse nulla, e si limitò a
un'occhiata interrogativa. Doveva la sua sopravvivenza come agente del servizio informazioni a un
orecchio finissimo: riusciva a cogliere la falsità nel tono di voce e le ultime parole di Jack non erano
sincere. « Sì », continuò Jack, « nel contingente ceduto alla squadra dalla Leviathan, che è in
raddobbo, ci sono Maggie Cheal e Poli Skeeping; e Poli è stata addestrata allo Haslar. Può
sopportare tutto, in fatto di sangue e di orrore. » « Ma tu stai parlando di donnei Tu, che hai sempre
provato orrore all'idea di una gonnella su una nave! Femmine, causa immancabile di guai, di baruffe,
di sfortuna... a bordo? Assolutamente fuori posto su una nave, soprattutto da guerra! Io credo di non
averne mai vista una su una nave da guerra. » « Davvero, mio povero Stephen? Davvero non le hai
mai viste dare una mano ai cannoni e passare le munizioni a bordo della Bellona?. » « Mai. Non sono
forse confinato nella stiva durante un'azione?» « Verissimo. Ma se Jill Travers, per esempio, la
moglie del mastro velaio che aiutava a servire il cannone numero otto, fosse rimasta ferita, l'avresti
vista di sicuro. » «Jack, sul serio, sei obbligato a prenderle a bordo? Tu che hai sempre inveito
contro quelle creature? » « Queste non sono creature, cioè, non sono le prostitute o le sgualdrine di
Portsmouth. In genere sono donne di mezz'età o anche più anziane, spesso mogli o vedove di qualche
capo o sottufficiale. Sì, qualcuna può essersi imbarcata come clande43 stina, come la ragazza della
ballata, indossando un paio di brache per stare vicino al suo uomo, ma per la maggior parte hanno
navigato per dieci o vent'anni e sembrano marinai fatti e finiti, se non fosse per la gonna e forse lo
scialle. » « Eppure non ne ho mai vista una, solo la moglie del capo cannoniere che badava ai ragazzi
più piccoli; e, naturalmente, l'infelice signora Horner a Juan Fernandez. » « Certo, si tengono in
disparte. Non sono incluse nella guardia, ovviamente, e non si presentano ai posti di combattimento
né altrove, fatta eccezione per la funzione religiosa. » In altre circostanze avrebbe osservato che
Stephen, nonostante tutto il suo studiare piante e impagliare uccelli strani, era un tipo che notava ben
poche cose: per esempio, non si era accorto degli otturatori luccicanti che, grazie alla benevolenza di
Lord Keith, equipaggiavano i cannoni della Surprise, eliminando quei potenziali difetti di accensione
quando la miccia esitava sopra il focone o veniva spenta da spruzzi improvvisi: mancate accensioni
che potevano decidere l'esito di una battaglia. Non li aveva notati, eppure splendevano come oro
zecchino, erano l'orgoglio degli addetti ai cannoni, che vi alitavano sopra di nascosto, lustrandoli poi
con un fazzoletto di seta. « Un ragazzo di corsia femmina?. Mi meraviglio di te, Jack. » « Suvvia,
Stephen: si dice 'ragazzo di corsia' anche per un vecchio di sessant'anni; è solo un modo di dire, una
figura retorica navale. E, a proposito, físicamente Poll ricorda molto una palla da cannone; è gentile,
allegra, coscienziosa, ma non suscita le propensioni amorose dell'infermeria. E poi è abituata ai
marinai e sa come tenerli a bada. Non vuoi almeno parlarle? Le ho detto che ti avrei fatto il suo
nome. Siamo stati compagni di navigazione e posso rispondere di lei per quanto riguarda le maniere.
Niente volgarità, niente grida sguaiate, niente atteggiamenti da capo ciurma: gentile, onesta, sobria e
molto materna con i feriti. » « Ma certo che le parlerò: un infermiere gentile, onesto e sobrio è una
creatura rara e preziosa, Dio lo sa. » Jack suonò la campanella e disse a Killick, che si era presentato
all'istante: « Poli Skeeping dal dottore, subito ».
44 Poll Skeeping era stata in mare, in modo discontinuo, per vent'anni, talvolta sotto ufficiali duri
e tirannici, ma per lei « subito » continuava a lasciare un margine per indossare un grembiule pulito,
cambiarsi la cuffia e trovare il suo benservito: così equipaggiata, si affrettò verso la cabina di poppa,
bussò alla porta ed entrò, leggermente ansante e agitata. Fece la riverenza, stringendosi al petto la
busta. « Sedete, Poli », la invitò il comandante Aubrey, indicandole una sedia. « Questo è il dottor
Maturin, vorrebbe parlare con voi. » La donna lo ringraziò e sedette, impettita, la busta a mo' di
scudo. « Signora Skeeping », esordì Stephen, « sono senza un infermiere, un ragazzo di corsia, e il
comandante mi dice che la cosa potrebbe interessarvi. » « Ecco... è molto gentile da parte vostra,
vostro onore », disse la donna con una riverenza a Jack. « Sì, sarei contenta di aiutare il dottore in
infermeria. » « Posso domandarvi qualcosa sulla vostra esperienza e le vostre qualifiche
professionali? Il comandante mi ha già detto che siete una persona gentile, coscienziosa e premurosa
con i feriti; e in verità non si può chiedere di più. Ma che mi dite di amputazioni, litotomie e dell'uso
del trapano? » « Che Dio vi benedica, signore; mio padre, pace all'anima sua » - e qui si fece il
segno della croce - « era nella macellazione all'ingrosso: bovini e anche cavalli inabili, dalle parti di
Dept-ford, e mio fratello e io giocavamo ai chirurghi nella macelleria; poi, quando sono andata allo
Haslar, mi hanno messo quasi subito in sala operatoria, perciò, capite, non sono certo schizzinosa,
per così dire. Ma posso farvi vedere le mie referenze, signore? Il chirurgo della mia ultima nave, un
gentiluomo istruito, spiega quello che so fare molto meglio di come posso fare io. » Porse a Stephen
la busta sciupata e, domandando scusa a Jack, Maturin ruppe il sigillo. L'elegante presentazione in
latino delle qualità della signora Skeeping, della sua bravura e della sua eccezionale serietà era
scritta in una grafia che gli era decisamente familiare, ma alla quale non riuscì a dare un nome fino a
quan45 do non ebbe girato il foglio e letto la firma di Kevin Teevan, un cattolico dell'Ulster, di
Cavan, un amico dei giorni da studente e un irlandese che come lui vedeva nella tirannia di
Napoleone un male più grande del governo inglese in Irlanda: andava combattuto all'istante. « Bene
», disse, battendo affettuosamente la mano sulla lettera, « chiunque sia lodato dal signor Teevan non
può che incontrare il mio appoggio, e dal momento che non ho un aiuto chirurgo - salirà a bordo
questo pomeriggio - vi mostrerò io stesso l'infermeria, se il comandante vorrà scusarci. » « Ecco »,
concluse, dopo aver illustrato gli efficienti sistemi in uso a bordo della Surprise, « questo per quanto
riguarda la ventilazione: non ne esiste una migliore in tutta la flotta. Ora, per cortesia, ditemi come
stava il signor Teevan l'ultima volta che lo avete visto. » « Al colmo della felicità, signore. Un
cugino che esercitava in un bel quartiere di Londra e con troppi pazienti gli aveva offerto di
diventare socio e il signor Teevan stava per lasciare Mahón proprio quella sera sulla
Northumberland, che tornava in patria per congedarsi e mettersi in disarmo, per così dire. È successo
quando pensavamo che fosse tutto finito... la sciagura e la calamità... quel Boney. » « Sciagura e
calamità, sì », convenne Stephen. « Ma, a Dio piacendo, presto sistemeremo quel conto. » Fece
scorrere lo sguardo sulle mensole ordinate del deposito prodiero dei medicinali, poi aggiunse: «
Siamo a corto di unguento blu. Sapete come si prepara, signora Skeeping? » « Oh, povera me, ne ho
preparato parecchio nella mia vita! » « Allora allungatemi il barattolo di strutto, il vasetto di grasso
di montone e l'argento vivo. Troverete due mortai con i pestelli proprio sotto il colcotar, il perossido
di ferro puro. » Dopo aver pestato amichevolmente nei mortai per una mezza clessidra, Stephen
disse: « Signora Skeeping, nella mia vita sul mare ho sempre visto poche, pochissime donne a bordo,
anche se mi dicono che in realtà non sono così rare. Vorreste spiegarmi come mai accade che si
imbarchino e rimangano in un luogo così umido e privo di comodità? » 46 « Be', signore, per
cominciare molti sottufficiali, come il cannoniere, per esempio, si portano le mogli in mare e qualche
comandante lo permette anche ai migliori secondi capi. E qualche moglie si porta una parente a
bordo: la mia cara amica Maggie Cheal, per nominarne una, è la sorella della moglie del nostromo. E
qualcuna si imbarca solo per avere un passaggio, con il permesso del capitano o del comandante in
seconda. Poi ci sono quelle che a casa loro se la passano male e si imbarcano travestite da uomini;
spesso è troppo tardi, quando le scoprono, e nessuno ci fa più caso. Parlano come gli uomini, sono
bravi marinai e dopo i quaranta hanno poche possibilità di accasarsi. In quanto alla vita a bordo...
senza dubbio non è facile, se non si è su una nave di prima o di seconda classe senza insegna; ma si
sta in compagnia e il cibo non manca; e gli uomini, nell'insieme, sono più buoni delle donne.
Insomma, ci si abitua, e l'ordine e la regolarità aiutano. In quanto a me, è stato facile come bere un
bicchier d'acqua. Allo Haslar mi avevano affidato un ufficiale, un capitano di vascello che aveva
perso un piede, c'era stata una resezione secondaria e le medicazioni erano molto delicate. Sua
moglie, la signora Wilson, e i figli venivano a trovarlo tutti i giorni e quando la ferita guarì e il
capitano ebbe il comando di un vascello da settantaquattro cannoni in Giamaica la signora mi chiese
di andare con loro, per badare ai piccoli. Una traversata lunga, lenta, ma il tempo fu clemente: tutti se
la godettero, specie i bambini. La febbre gialla se li portò via che non avevano trascorso nemmeno un
mese, laggiù. Per mia fortuna l'ufficiale che aveva avuto il comando della nave aveva portato a bordo
un mucchio di giovani allievi, troppi per la moglie del cannoniere; dato che avevamo fatto amicizia
durante la traversata, mi chiese di darle una mano; e così ho continuato a stare sulle navi, grazie a
qualche parentela — una mia sorella era sposata con il secondo mastro velaio della Ajax — e a
qualche amicizia a bordo; il resto del tempo l'ho passato negli ospedali della marina. E ora eccomi
qui, ragazzo di corsia sulla Surprise. Almeno spero, signore, se sarete soddisfatto. » « Certamente,
soprattutto perché il signor Teevan dice che 47 non recitate la parte del medico, non assillate i
pazienti con le chiacchiere e non criticate le disposizioni del dottore. » La signora Skeeping ringraziò
educatamente, ma dopo essersi accomiatata, sulla soglia, arrossì e disse: « Signore, posso pregarvi
di chiamarmi solo Poli, come fanno il comandante e Killick e come hanno sempre fatto tutti?
Altrimenti penserebbero che voglio darmi delle arie e questo non mi gioverebbe, no davvero ». « Ma
certo, mia cara Poli », assicurò Stephen. Dopo aver letto un paio di pagine su Transactions a
proposito delle sanguisughe e della loro straordinaria varietà, chiamò il famiglio che condivideva
con Jack. «Preservato Killick», gli disse, « vado a prendere il dottor Jacob, il mio assistente
chirurgo, che, come sapete, farà parte del quadrato. » « Sarebbe che il comandante me l'ha già detto
», affermò Killick con un sorriso soddisfatto. « E anche il signor Harding. » « Vorrei trovargli un
ragazzo robusto che gli faccia da servitore e trasporti qui la sua cassa usando il carretto a due ruote
dei Thompson. Dimenticavo: mettete sull'avviso il cuoco del quadrato. » # Stephen non avrebbe
potuto desiderare di meglio: Harding, Somers e Whewell erano persone ospitali e beneducate e il
dottor Jacob, uomo tranquillo e senza pretese, desideroso di farsi accettare e pronto ad accettare gli
altri, riuscì in entrambe le cose. Il fatto di avere qualche anno in più degli ufficiali presenti gli
assicurava un certo rispetto, come la sua amicizia con il loro stimatissimo dottore; quando entrò nel
quadrato, Woodbine, il nocchiere, li trovò impegnati in un'amabile conversazione. Si scusò del
ritardo con l'ufficiale che presiedeva alla mensa: « Quel colpo di vento ha scaraventato fuoribordo
Elpenor il greco, abbiamo dovuto ripescarlo. Una raffica impetuosa, da nord-est. Molto lieto, signore
», disse a Jacob, « siete il benvenuto. Un brindisi? » IL pasto fu piacevole, ricco, come la
conversazione, per lo più sul mare e le sue meraviglie, sulle enormi razze delle Indie Oc48 cidentali,
sugli albatri che nidificavano sull'isola della Desolazione (una delle molte isole della Desolazione) e
sulla facilità con cui si lasciavano avvicinare, sul fuoco di Sant'Elmo, sulle aurore boreali.
Woodbine era più anziano degli ufficiali presenti, aveva navigato di più e, incoraggiato
dall'attenzione di Jacob, parlò di alcune pozze o affioramenti naturali di pece nel Messico. « In
quanto a grandezza, niente di paragonabile al lago Pece di Trinidad, ma molto più interessante: la
pece ribolle in una pozza al centro, così liquida che la si può raccogliere con un mestolo; e ogni
tanto, in quel gran ribollire, affiorano delle ossa. E che ossa! Si blatera tanto di mammut russi, ma
alcune di quelle avrebbero fatto sembrare un mammut un cagnolino. Il gentiluomo che mi accompagnò
a vedere quel fenomeno, un filosofo naturalista che raccoglie le cose più strane, mi ha mostrato
enormi zanne ricurve... oh, saranno state lunghe tre braccia e... » Dalla Rocca si abbattè sulla baia
un'altra di quelle strane raffiche che sconvolgevano la superficie del mare: fece sbandare la Surprise
tanto che tutte le mani afferrarono il bicchiere e i famigli della mensa si aggrapparono alle spalliere
delle sedie. Il nocchiere, uomo insolitamente sincero e scrupoloso, membro anziano della
congregazione degli adoratori di Set di Shelmerston, si riprese e continuò: « Be', diciamo dieci piedi,
per non sbagliare. E vi dico una cosa, signori: sono stato qui altre volte, e ho già visto quattro, forse
cinque, di queste raffiche preannunciare una burrasca di una settimana da nord-est ». « In questo caso,
che Dio aiuti quei poveretti sulle scialuppe della Pomone», disse Somers in tono scherzoso; ma il
nocchiere scosse il capo e domandò: «Avete mai saputo di un cattivo presagio che non si avverasse,
signor Somers? » In effetti, venti forti e costanti soffiarono da nord-est, un giorno dopo l'altro, quasi
senza variare direzione e forza, venti da gabbie piene a gabbie terzarolate; e durante tutto quel tempo
Jack, assistito da David Adams, suo scrivano da molti anni, ora nominato suo segretario (e pagato
come tale) - poiché in quelle 49 circostanze era stato deciso che Jack, dato che aveva una piccola
squadra che presto si sarebbe divisa, mentre egli avrebbe avuto una missione particolare, non
avrebbe avuto un comandante sotto di sé, ma certamente avrebbe avuto un segretario - riorganizzò le
forze a disposizione e i contingenti appena imbarcati, fece esercitare gli uomini ai cannoni e pranzò
regolarmente con i suoi capitani. Due di questi gli piacevano molto: il giovane Pomfret, facente
funzione di comandante della Pomone, e Harris della Briséis, entrambi marinai eccellenti, che la
pensavano come lui riguardo all'importanza capitale di un fuoco di cannoni rapido e preciso.
Brawley e Cartwright, delle corvette Rainbow e Ganimede, pur carenti in certo modo di autorità,
erano giovani simpatici ma sfortunati quanto a ufficiali e le loro navi non erano in un assetto perfetto,
il che era un peccato dato che si trattava di navi costruite alle Bermuda, asciutte, veloci e buone
boliniere. Al contrario Ward, della Dover, era il tipo d'uomo che Jack non riusciva a digerire: di
corporatura pesante, sgraziato, l'espressione cupa, rozzo, autoritario e inefficiente. Si diceva che
fosse ricco e certamente era avaro, una combinazione molto rara in un marinaio, sebbene Jack ne
conoscesse altri. Era improbabile che un comandante antipatico fosse prodigo di buoni cibi e vini
con coloro che lo disprezzavano e i pranzi di Ward erano esecrabili. Nonostante il vento, che talvolta
faceva volare della ghiaia minuscola in alto sulla Rocca, Stephen continuò ad andare all'ospedale
ogni mattina, in genere in compagnia di Jacob; e in due occasioni poté eseguire una cistectomla
sovrapubica alla presenza del medico della flotta e di Poli, la quale confortava i pazienti e passava
le suture e che disse in privato a Jacob di non aver mai visto un lavoro così pulito e rapido: « Non
credevo che si potesse fare così velocemente e senza quasi un lamento. Accenderò una candela per
tutti e due, contro l'infezione ». Tuttavia, sebbene il vento non interferisse con il suo lavoro, che
incluse uno studio accuratissimo della mano anomala con 50 Jacob, gli vietò quasi completamente il
piacere delle escursioni. Gli uccelli migratori, sempre restii ad attraversare vaste distese di mare e
del tutto incapaci di avanzare contro raffiche di tal genere, erano confinati in Marocco; e nelle cale
riparate dietro capo Spartel si potevano vedere venti aquile minori su un solo cespuglio. Stephen si
dedicò quindi a un'occupazione che non rientrava in nessuna di queste due categorie: avendola
composta mentalmente per qualche tempo, in particolare di notte, finì rapidamente la seconda parte
della suite. Un pomeriggio la mise in bella copia e la sera la mostrò a Jack. Seduto, con lo spartito
rivolto verso la fioca luce della lampada, la pioggia sottile che percuoteva a tratti la superficie del
mare, atteggiando le labbra ora a un fischio (silenzioso) ora a un canto in un basso profondo a bocca
chiusa quando subentrava il violoncello, Jack giunse alla fine della sarabanda, con la sua melodia
curiosamente reiterata. Radunò i fogli e quasi parlando a se stesso disse: « È terribilmente triste », un
commento che si pentì di aver fatto. « Conosci una musica che in fondo non lo sia? » domandò
Stephen. « Io no. » L'imbarazzo rimase sospeso nell'aria della cabina di poppa per un istante, prima
di essere dissipato da una serie di piccole esplosioni misurate e poi da Salmon, aiuto nocchiere,
proiettato nella cabina da uno sbandamento improvviso della nave sotto un nuovo colpo di vento. «
Chiedo scusa, signore », esclamò. « La Ringle è entrata in porto. Quello era il suo saluto alla
bandiera. » Diviso tra la collera al pensiero che la goletta fosse potuta arrivare senza essere
avvistata e salutata e la gioia per il suo arrivo, Jack guardò Salmon con freddezza. Vedendo che il
giovane era bagnato fino al midollo, si fece portare la mantella cerata. Non appena fu in coperta, capì
perché nessuna vedetta avesse segnalato una vela in vista: perfino con quel poco di mare libero da
sopravvento, le raffiche incessanti avevano innalzato un muro di frangenti contro l'alto molo, un muro
reso ancor più impenetrabile all'altezza del ponte dal velo di pioggia e dalla scomparsa del disco
spettrale del sole dietro la Rocca. Inoltre, per 51 avanzare tra i moli, la Ringle non aveva usato che
la sola tor-mentina, e ora i suoi uomini stavano serrando il piccolo fiocco. Pur con un braccio solo, il
comandante stava già salendo lungo la murata della fregata con straordinaria agilità, un pacchetto di
lettere sotto la giubba. «A bordo, signore», disse, facendo il saluto mentre raggiungeva il cassero. «
In nome di Dio, come avete fatto ad arrivare qui così presto, William? » esclamò Jack, stringendogli
l'unica mano. « Non vi aspettavo fino alla prossima settimana. Venite, ci vuole un sorso di brandy,
dovete essere distrutto. » « Be', signore, non immaginereste mai come abbiamo corso, sempre con
questo splendido vento in poppa o al giardinetto. Ma lasciate che vi dica soltanto che a casa stanno
tutti bene e mandano i loro saluti », e a quel punto posò il pacchetto di lettere, « prima di informarvi
che abbiamo avvistato le scialuppe della Pomone attaccate da imbarcazioni a ridosso di capo
Spartel, dove erano in panna dopo una vogata faticosissima. Abbiamo sistemato i mori rapidamente e
abbiamo offerto alle scialuppe di prenderle a rimorchio, ma il comandante in seconda della Po-
moneha. rifiutato: ci ha ordinato di riprendere la rotta e avvertire l'ammiraglia che cinque o sei pirati
di Salé erano a Laraish e aspettavano i mercantili provenienti dalle Indie Orientali, in panna più giù,
lungo la costa. Ha detto che se fossero tornati si sarebbero difesi dai mori locali con le armi leggere
che avevo dato loro e ci ha ordinato di fare vela immediatamente: non c'era un minuto da perdere. » «
Giustissimo », confermò Jack. « Signor Harding, ammainare gli alberetti di velaccio, stendere un
tonneggio sul molo, issare il segnale Squadra prepararsi a salpare. Vado sull'ammiraglia con la
scialuppa del signor Reade. » Fu un trasbordo breve, quello fino alla Royal Sovereign, ma nonostante
le mantelle con il cappuccio quando misero piede a bordo della nave ammiraglia Jack e William
Reade erano bagnati come pulcini. Ufficiali inzuppati non erano cosa rara nella marina britannica, e
il loro aspetto non suscitò nessun commento. Quando Jack ebbe illustrato brevemente la situazione,
52 il comandante della flotta si lasciò sfuggire un fischio e disse: « Santo cielo, credo che dobbiate
parlare con l'ammiraglio ». Jack ripetè quanto aveva detto a Lord Keith, il quale si fece scuro in viso
e domandò: « Quali misure proponete? » « Propongo di far uscire subito la squadra e di fare rotta per
Laraish. Se i corsari saranno ancora là, mi limiterò a una dimostrazione di forza e cercherò i
mercantili, che suppongo siano ancora al riparo di una modesta altura detta Pan di Zucchero. Se li
troverò impegnati in combattimento, li libererò: altrimenti li scorterò verso occidente puntando a
nord e lasciando alla Dover il compito di scortarli in patria. » « Provvedete, comandante Aubrey. » «
Sì, signore. Portate i miei migliori omaggi a Lady Keith. » Tornando alla nave, la lancia passò
accanto alla Dover e alla Po-mone, a cui ordinò di fare vela, con rotta su Tangeri, e di stare attenti ai
suoi segnali. Non era ancora notte quando raggiunse la Surprise, ma il tempo era così brutto che
decise di far pervenire alla voce gli ordini al resto della squadra, spiegando che i segnali sarebbero
stati fatti con le luci e i cannoni. Constatò con vivissimo piacere con quanta naturalezza la fregata
prendesse vita: fanali di combattimento a prua e a poppa, l'allievo addetto ai segnali e il suo secondo
segnalatore che revisionavano i razzi blu e il loro materiale, la facilità con cui il tonneggio faceva
muovere le seicento tonnellate della nave e tutta la sua gente lungo il molo, la capacità, perfino la
noncuranza con cui, doppiata l'estremità del molo con abbrivo appena sufficiente a governare, furono
spiegate le vele di prua e la nave fu portata attraverso il varco in mare aperto, dove si mise in panna
in attesa che le navi della squadra la raggiungessero. La raggiunsero, infatti, in modo abbastanza
soddisfacente, nonostante gli ancoraggi non adatti a quel vento impetuoso, mentre le estremità del
molo e di quello vicino in costruzione erano difficili da doppiare. Alla fine, però, uscirono in mare
aperto, anche se la Dover, avendo inferito un po' troppe vele in quel 53 difficoltoso passaggio, sfiorò
la costruzione danneggiandone il parasartie di dritta. La voce del suo comandante, rotta dalla furia, si
udiva a grande distanza sottovento; ma la nave aveva a bordo marinai, ufficiali e sottufficiali in grado
di fare vela e di seguire la rotta indicata dal segnale del commodoro, e il bravissimo nostromo e i
suoi aiutanti riuscirono a rimediare rapidamente al danno subito. La fregata, pur sfregiata, fece
dunque la sua figura quando la squadra si allineò, dirigendo la prua verso un punto a ovest di Tangeri
e procedendo a non più di otto nodi per dare alla Dover il tempo di rinforzare le sartie di maestra
prima di virare a sud verso Laraish. Avevano appena superato lo stretto, lasciando le luci di Tangeri
all'anca sinistra, quando la pioggia cessò e il vento scemò di forza, pur essendo ancora capace di
possenti raffiche. « Signor Woodbine », disse Jack al nocchiere, « credo che possiamo alzare gli
alberetti di velaccio e aumentare un po' la velatura. » Fu presto fatto, con l'aiuto di un cielo che si
andava schiarendo sopra l'oceano, di una luna splendida e di un moto ondoso più regolare; e la
squadra, perfettamente allineata, ogni nave alla distanza di una gomena dall'altra, procedette lungo la
costa del Marocco con i trevi e le gabbie piene, con un bel mare di poppa e il vento al giardinetto di
sinistra, ancora nell'ordine in cui aveva preso il largo, con la Ringle affiancata sottovento alla
Surprise, come si conveniva a un battello di servizio. Una navigazione a vela perfetta, con un bel
movimento regolare della nave, lo scorrere rapido dell'acqua lungo le murate, il suono del vento tra
le scotte tesate e le sartie sopravvento, con la luna e le stelle che seguivano il loro agevole corso dal
masco-ne all'anca attraverso un cielo sempre più limpido, sostavano un istante, poi tornavano
indietro. Agli otto colpi della prima comandata fu gettato il solcometro e un allievo piccolissimo e
assonnato riferì: « Dodici nodi e un braccio, signore ». « Grazie, signor Wells, ora potete ritirarvi »,
disse Jack. « Vi ringrazio moltissimo, signore. Buonanotte. » IL fanciullo si allontanò barcollando,
verso le sue quattro ore di sonno. Andò tutto liscio e fu con una certa riluttanza che Jack, do54 pò
aver riallineato la squadra per mezzo dei segnali, così da avere in successione Surprise, Pomone,
Dover, Ganimede, Rainbow, Briséis, lasciò il ponte, sopraffatto dal desiderio di rileggere le sue
lettere, per assorbirne ogni dettaglio. La cabina non era ancora stata del tutto sgombrata e Stephen,
seduto sotto una lampada Argand, la luce concentrata per mezzo di uno specchio concavo sul viola
scuro di quella terribile mano ora distesa su una tavola con l'aiuto di pinze, stava disegnando un
tendine, un disegno straordinariamente preciso nonostante il movimento della nave. « Sei diventato
un vero lupo di mare », osservò Jack. « Mi piace pensare che un intero branco di lupi di mare non
avrebbe potuto fare di meglio con l'aspetto prodiero di dritta di questa aponeurosi », affermò
Stephen. « Premo le ginocchia contro il bordo inferiore del tavolo e i gomiti sulla superficie così che
carta, oggetto, tavolo e disegnatore si muovano per lo più insieme: come una sola sostanza, per così
dire. Certamente, è necessario un movimento regolare e in quanto a regolarità questo dondolio lento
non potrebbe essere migliorato; la sua ampiezza, però, richiede una tensione tale dei muscoli che a
questo punto credo di dover fare una pausa. » Tornarono entrambi alla loro pila di lettere, piccola,
dal momento che William Reade aveva continuato ad assillare il mittente con l'importanza capitale
della marea e che il preavviso era stato così breve da confondere le idee e da far dimenticare le cose
importanti. La lettera di Clarissa Oakes era di gran lunga la migliore, un resoconto dettagliato della
vita nella casa e del suo ritorno a un'esistenza quasi normale aiutato dagli immutabili riti della
campagna - delle terre e in particolare delle piantagioni di Jack - e dai progressi nell'istruzione dei
bambini. I due fogli frettolosi, macchiati di lacrime, di Sophia facevano onore più al suo cuore che
alla sua testa, ma appariva evidente che la compagnia della signora Oakes le era di conforto anche
se, naturalmente, i vicini, più o meno prossimi, erano molto premurosi: chiedeva a Jack un consiglio
sul testo dell'epitaffio per sua madre - la lastra era pronta e lo scalpellino ansioso di cominciare - e
faceva riferimento a una tassa sulle finestre. 55 « Sophia e i bambini ti mandano i loro saluti
affettuosi », disse, quando Stephen ebbe posato la lettera che stava leggendo. « George dice che
l'intendente gli ha mostrato una trappola con dentro piccoli di tasso. » « Sono molto gentili »,
ringraziò Stephen. « E Brigid ti manda il suo, insieme a un lungo pezzo dettato da Padeen che non
riesco a capire del tutto. È in irlandese, capisci: tra loro parlano in gaelico, ma Brigid, pur
parlandolo perfettamente, non ne conosce l'ortografia e così lo scrive come si pronuncia o meglio
come lo pronuncia un inglese. Ma riuscirò a decifrarlo, ne sono sicuro, bisbigliando le parole. » Si
mise a bisbigliare e Jack tornò a uno studio più attento delle parole affrettate e sconnesse di Sophia:
furono interrotti entrambi dai sette colpi della seconda comandata. Jack riordinò le sue carte e si
alzò. « Sta succedendo qualcosa? » domandò Stephen. « Devo osservare la costa, fare il punto e
scambiare una parola con William: ormai dovremmo essere all'altezza di Laraish. » In coperta trovò
un cielo ancora più limpido, il profilo della costa netto all'orizzonte. Vento e moto ondoso erano
andati scemando e, se non fosse stato per i dubbi che aveva sull'albero maestro della Dover, avrebbe
già aumentato la velatura: lanciò un'occhiata alla squadra - tutte le navi presenti e in allineamento
corretto - poi guardò sottovento, dove la goletta stava correndo con le vele a farfalla su una rotta
parallela alla sua, a portata di voce. Jack aveva una voce potente, rafforzata da anni di esercizio, ma
per il momento si accontentò di studiare il mo-strarombi, con i dati riguardanti la rotta e la velocità,
fece mentalmente qualche calcolo e prese l'altezza esatta, due volte, di Mizar, una stella alla quale
era particolarmente affezionato. « Signor Whewell », domandò all'ufficiale di guardia, « qual è la
nostra posizione secondo i vostri calcoli? » « Ho potuto calcolarla proprio ai sette colpi, signore,
35° 17' e forse 12".» « Molto bene », disse Jack soddisfatto. « Segnaliamo Squadra diminuire luci,
ridurre velatura. » Poi, sporgendosi dall'impavesata: «Ringle?» 56 « Signore? » « Avvicinatevi. » «
William », si informò Jack in tono informale qualche minuto dopo, guardando il giovane che gli
sorrideva, l'uncino di acciaio scintillante tra le griselle dell'albero di trinchetto. «William, voi siete
entrato e uscito da Laraish piuttosto spesso, mi pare. » « Oh, almeno una ventina di volte, signore.
C'era una giovane... cioè, sì, molto spesso, signore. » « Siamo abbastanza vicini perché possiate
riconoscere la costa? » « Sì, signore. » « Allora siate così gentile da dare un'occhiata nella rada e se
vedete più di due o tre navi corsare, grossi sciabecchi e galee, portatevi a mezzo miglio dalla costa e
segnalate con tre luci blu. Se sono di meno, luci rosse e raggiungete immediatamente la squadra. » «
Sì, signore. Più di tre, portarsi a mezzo miglio: tre luci blu. Meno di tre, luci rosse e raggiungere
immediatamente la squadra. » « Bene, signor Reade. Signor Whewell: Ridurre la velatura in
conformità con l'ammiraglia. » E dirigendo la voce a riva: « All'erta, lassù! » Otto colpi: per tutta la
Surprised sentinelle gridarono « Tutto bene a bordo » preparandosi a scendere sottocoperta, ma
senza grande convinzione, conoscendo la situazione e il tono di voce del comandante. E avevano
ragione! Non appena finì il baccano della guardia che si affrettava a salire in coperta, Jack disse,
forte e chiaro, a Somers, l'ufficiale venuto a dare il cambio al collega: « Signor Somers, possiamo
chiamare gli uomini alle mense ai due colpi o anche prima e poi sgombrare i ponti. Non vale la pena
di scendere sottocoperta. Fate attenzione, laggiù! » Saltò sull'impavesata per salire rapidamente sulle
griselle fino alla coffa di maestra. « Buongiorno, Wilson », augurò alla vedetta, scrutando l'orizzonte
a oriente. Scrutò, ripetutamente. Due colpi e quasi contemporaneamente tre luci rosse comparvero nel
cielo, aprendosi come fiori l'una dopo l'altra prima 57 di affievolirsi e svanire sottovento. Il secondo
razzo non si era ancora acceso del tutto, quando Jack ordinò al ponte: « Chiamare gli uomini alle
mense ». Sul cassero disse di aumentare la velatura, di fare rotta a sud sud-ovest e di prepararsi a
combattere: segnali chiari, ma al cuoco mandò a dire di usare un secchio di grasso per far scaldare in
fretta la stufa della cucina. «Stephen», disse entrando nella cabina, «temo di doverti disturbare.
William ci ha appena fatto sapere che a Laraish non ci sono navi corsare e dal momento che il vento
è andato calando da una guardia e più, è probabile che i mercantili lascino molto presto il Pan di
Zucchero e facciano vela verso l'Inghilterra, e che i corsari provino a intercettarli. Perciò noi
corriamo a fermarli — tra poco procederemo con i velacci terzarolati -, dovremo mandarti via di qui
per sgombrare la coperta. Ma abbiamo una consolazione: caffè non previsto. È sempre meglio che gli
uomini abbiano qualcosa nello stomaco prima di un combattimento, anche se si tratta soltanto di
burgoo caldo; e dal momento che i fuochi sono accesi, possiamo approfittare della situazione. » « È
nostro chiaro dovere », disse Stephen abbozzando un sorriso. Nei momenti di crisi si era servito
spesso, quasi sempre in verità, del laudano o, più di recente, delle foglie di coca, ma dopo quanto era
successo aveva rinunciato a tutto, compreso il tabacco, concedendosi soltanto un goccio di vino per
evitare di mettersi in mostra: aveva sempre disprezzato l'ascetismo degli stiliti e dei portatori di
cilicio. Stava gustando gli ultimi sorsi di caffè con qualcosa di molto simile al godimento - Jack lo
aveva lasciato dieci minuti prima - quando il rullo del tamburo chiamò ai posti di combattimento.
Vuotò rapidamente la caffettiera e si affrettò a scendere nella stiva, dove trovò Poli e Harris, il
macellaio della nave: avevano già provveduto a legare insieme le casse da marinaio per farne due
tavoli operatori e, con mano esperta, Poli stava fermandone la tela da vele numero otto che li
copriva; aveva già scelto e sistemato degli strumenti: seghe, bisturi, pinze, lacci emostatici, catene
ricoperte di cuoio, fasce, stecche, mentre Harris ave58 va allineato buglioli, redazze e le cassette
dove solitamente venivano gettati gli arti amputati. Parecchio tempo dopo furono raggiunti dal dottor
Jacob, guidato da un ragazzino petulante, non un mozzo, ma un futuro famiglio, iscritto come
volontario di prima classe e seguito dal capo cannoniere fino a quando fosse stato possibile
classificarlo tra gli allievi e trasferirlo nel loro alloggio, una di quelle creaturine inutili che Jack
Aubrey aveva dovuto prendere a bordo a Gibilterra per far piacere a vecchi compagni di
navigazione, uomini ai quali non aveva potuto dire di no, sebbene la Surprise, nella sua veste
originaria di nave idrografica, non avesse avuto allievi veri e propri, ma solo tagaû capaci e in grado
di superare l'esame da ufficiale entro un anno o due. « Ecco, signore », disse il volontario di prima
classe, « è stato facile come vi avevo detto la prima volta. Prima a sinistra, seconda a sinistra, giù
dalla scala e seconda a destra. Alla vostra destra. » « Grazie », gli disse Jacob; e a Stephen: « Oh,
signore, vi prego di perdonarmi, non sono un esperto uomo di mare, come sapete, e questo immenso
labirinto oscuro mi ha confuso: tenebre visibili. Una volta sono finito nella latrina di prua, inondato
dagli spruzzi dell'onda battente ». «Vi diverrà familiare col tempo», lo rassicurò Stephen. « Che ne
dite di affilare perbene i nostri strumenti? Poli, mia cara, troverete due pietre di Candia a grana
grossa e due a grana fine sullo scaffale del deposito dei medicinali. » La bravura di un chirurgo si
misurava dalla capacità di affilare lame di ogni sorta, bisturi, sgorbie, tranne le seghe che venivano
lasciate all'armaiolo; ed entrambi affilarono senza sosta alla luce della potente lampada. Una
competizione silenziosa la loro, rivelata dal modo ostentato con cui si passavano la lama
sull'avambraccio quando avevano finito, osservando compiaciuti la pelle glabra. Stephen primeggiò
con i bisturi, ma fu costretto a passare e a ripassare sulla pietra a grana grossa la lama del più
grande, uno strumento pesante, a doppio taglio e appuntito. « No, signore », esclamò Harris, incapace
di restare a guardare. « Lasciate che vi mostri come si fa. » Stephen non aveva un 59 carattere
particolarmente mite, soprattutto in un momento come quello, quando Jacob non aveva quasi un solo
pelo rimasto sul braccio, ma l'autorità professionale di Harris era tale che gli permise di prendere il
pesante strumento, di sputare sulla pietra, stendere la saliva con un movimento rapido da un'estremità
all'altra e trasferirla sulla pietra fine per terminare con un'emulsione di saliva e di olio. «Ecco,
signore», annunciò il macellaio, « con tutto il rispetto, noi facciamo così al mercato di Leadenhall. »
« Be', che siate dannato, Harris », esclamò Stephen dopo aver saggiato l'affilatura perfetta, « se mai
dovessi operarvi, lo farò con uno strumento preparato da voi e... » Stava per aggiungere qualcosa,
quando tutti i presenti alzarono la testa, l'orecchio teso verso un suono diverso da quelli dello scafo
in un mare grosso, in mezzo alle voci della nave; e pochi secondi dopo eccolo di nuovo, non un
tuono, ma un rombo di cannoni! In coperta Jack non aveva soltanto il vantaggio di udire chiaramente,
ma anche di vedere. La squadra si era avvicinata alla costa, dirigendo su una punta oltre cui si
innalzava il Pan di Zucchero: al primo rombo remoto aveva fatto alzare il segnale Aumentare la
velatura e quando doppiarono la punta a una velocità di dodici o tredici nodi le navi della squadra si
trovarono nel pieno della battaglia, la piccola baia sottovento illuminata dalla luce rossastra di una
nave incendiata e da altri bagliori. Il convoglio dei mercantili della Compagnia delle Indie, in
navigazione, era attaccato da almeno una ventina di sciabecchi e galee, mentre imbarcazioni
sovraccariche di mori aspettavano di abbordare le navi non più in grado di governare. Il gruppo,
scortato soltanto da un brigantino-corvetta da sedici cannoni, si era disposto in formazione e si stava
difendendo abbastanza bene dagli sciabecchi, per quanto ben armati. Ma era quasi impotente contro
le galee, che potevano filare veloci con il vento in poppa, virare, mettere in forza i remi e rimontare
il vento per prendere d'infilata le navi più arretrate a poppa o all'anca, dove i loro cannoni, anche se
relativamente piccoli e pochi, potevano fare una strage. Facendo fuoco da co 60 sì in basso e vicino,
spazzavano i ponti, e non potevano essere colpite dai cannoni nemici. Era il mercantile più arretrato
a illuminare la baia, senza dubbio un tiro del nemico aveva attraversato la santabarbara, ma anche
senza la luce dell'incendio, il chiaro di luna, il cielo sereno e i bagliori dei cannoni rendevano la
scena perfettamente visibile. Jack dette il segnale di impegnarsi in combattimento in modo autonomo,
enfatizzando l'ordine con due colpi di cannone, poi lanciò la Surprise verso lo sciabecco che
sembrava al comando del naviglio corsaro: i mori non avevano un allineamento di battaglia
distinguibile, ma su quello sciabecco sventolavano vessilli rossi e color bronzo. Si incontrarono,
navigando con il vento al traverso, la Surprise con mure a dritta, lo sciabecco con mure a sinistra.
Quando ognuna fu a cinque quarte dal mascone dell'altra, Jack mise a collo il parrocchetto e gridò: «
Quando il rollio comincia a farci abbassare, fuoco da prua non appena a tiro! » Lungo il ponte i
serventi ai pezzi, curvi e immobili, il capo pezzo con l'asta porta miccia in mano, scrutavano lungo la
canna, ufficiali e allievi a distanza regolare l'uno dall'altro. Fuoco discontinuo di moschetteria, due o
tre volate ben dirette da parte dello sciabecco; lo schianto metallico di un cannone centrato sulla
canna e immediatamente dopo che l'onda ebbe raggiunto l'altezza massima, la Surprise fece fuoco con
una lunga bordata da una distanza di quaranta iarde. Il vento spinse il fumo contro di loro,
accecandoli, ma quando si dissipò, tutti videro il disastro provocato, la metà dei portelli dello
sciabecco sfondati e il timone spazzato via. Udirono anche il ruggito di Jack: « Muoversi, muoversi,
laggiù! In batteria! » Poi il comando di far portare la gabbia e il grido « Barra a sinistra! » Jack portò
la Surprise esattamente a poppa dello sciabecco, la fregata virò magnificamente, risalì lungo la
fiancata del nemico e la bordata seguente, più lenta, ancor più deliberata, distrusse completamente
l'avversario. Come tutti gli sciabecchi, bei velieri veloci e agili, non era però molto solido e
cominciò ad affondare lentamente, mentre il suo equipaggio si affollava sul ponte, gettando in mare
tutto ciò che potesse stare a galla. 61 Jack vide che il resto della squadra era impegnato in
combattimento, con la Ringle che si divertiva a tirare contro una galeazza che stava cercando di
portarsi in posizione per prendere d'infilata un mercantile: perfino la Dover stava combattendo,
nonostante avesse perso l'albero di gabbia; e la baia risuonava del ruggito dei cannoni. Ma l'esito era
già deciso. Il convoglio e la sua scorta avevano danneggiato seriamente i corsari nella prima fase del
combattimento e il sopraggiungere di sei irruenti navi da guerra rendeva tutto inutile: gli sciabecchi
in grado di farlo spiegarono le enormi vele latine a farfalla e si allontanarono verso sud a una
velocità non inferiore ai quindici nodi, dirigendo su Salé dove grazie al loro basso pescaggio
potevano portarsi al riparo al di là della barra costiera, mentre le galee che non avevano riportato
danni misero la prua direttamente nel letto del vento, dove nessun veliero avrebbe potuto seguirle.
Rimanevano alcuni sciabecchi danneggiati e altri navigli, ma non valeva la pena dar loro la caccia,
erano inutili come prede e in ogni caso restavano cose più importanti da fare, come soccorrere la
nave in fiamme. All'alba l'incendio era domato e nostromi e carpentieri del convoglio si dedicarono
a riparare i danni, mentre il commodoro e gli ufficiali superiori dei mercantili della Compagnia delle
Indie fecero visita a Jack per ringraziarlo e assicurarsi che la sua squadra non avesse subito gravi
perdite. « Sono desolato di dover dire che abbiamo perso due uomini al primo scambio di colpi,
quando un cannone è stato preso in pieno. Per il resto, soltanto ferite da armi leggere e da schegge,
forse una ventina di ricoverati nell'infermeria. Le altre navi della squadra sono più o meno nella
stessa situazione. Ma temo che voi abbiate avuto maggiori perdite, non è così? » « Nulla da
paragonare alle loro, signore, ve lo assicuro: si sarebbe potuta equipaggiare una fregata pesante con
le tre galee che la Pomone ha distrutto o spezzato in due. » Killick si produsse in colpi di tosse
ostentati e quando Jack si voltò disse: « Con rispetto parlando, signore, ci sono il caffè e un piccolo
rinfresco ». Il piccolo rinfresco consisteva di crostacei di Gibilterra, ara62 goste, astici, gamberoni e
gamberetti che i capitani gustarono con l'appetito di chi aveva avuto una traversata lunga, faticosa e
molto pericolosa, con scarse provviste da Città del Capo in poi. I commensali rivolgevano al loro
anfitrione sguardi pieni di una benevolenza quasi eccessiva; uno di loro, volendo essere gentile, si
disse contento che il commodoro Aubrey avesse perso così pochi uomini in combattimento: avrebbe
potuto andargli peggio. « È vero, ho perso pochi uomini », replicò Jack, « ma l'equipaggio era ridotto
all'osso. La squadra è a corto di uomini, soprattutto la Pomone; francamente prima di sapere della
vostra situazione avevo intenzione di farvi avvicinare dalle sue scialuppe nella speranza di ottenere
qualche bravo marinaio. Vi sarei grato se mi cedeste due o tre gabbieri e un secondo nocchiere
capace e affidabile. Quando avete preso il largo nessuno di voi poteva sapere che la guerra sarebbe
scoppiata di nuovo, perciò è probabile che una cinquantina di uomini del convoglio siano disposti ad
arruolarsi e a prendere il premio d'ingaggio. » Nel breve silenzio che seguì i capitani cercarono di
guardare il capo del convoglio con fare inespressivo, ma questi li conosceva bene, sapeva cosa
stavano pensando: Jack avrebbe potuto procedere a un arruolamento forzato, se avesse voluto, e
dopotutto gli erano debitori; perciò, rispose: «Avete ragione, signore, ne sono certo e sono certo che
nessuno di noi verrebbe meno al proprio dovere mettendovi in difficoltà. Tutte le navi appartenenti al
convoglio verranno informate, qualsiasi uomo voglia unirsi a voi avrà il suo libro paga fino a oggi.
Sarò io stesso a contrassegnarlo. In quanto ai vostri due o tre bravi gabbieri, ve ne cederò quattro, ma
per quanto riguarda i secondi nocchieri, sono a corto di uomini. D'altro canto potrei offrirvi un
commissario di bordo, un gentiluomo intelligente e qualificato. Come volontario », soggiunse
vedendo il commodoro dubbioso, non soltanto per la stranezza dell'offerta (in se stessa non era
affatto sgradita, anche se Jack non riusciva a capirne il motivo), ma per le formalità burocratiche
richieste nel caso della nomina di un commissario di bordo su una nave della marina britannica, le
garanzie di ogni tipo, i colloqui, le scartoffie. «Unica63 mente come volontario, solo per qualche
mese, se preferite; o per lo meno finché i suoi affari personali non verranno sistemati. C'è una
questione di bambini nati mentre era in viaggio, un viaggio di tre anni in Cina. Lo ha saputo al Capo,
e non gli piace l'idea di tornare in patria finché gli avvocati non avranno sistemato la faccenda: non
riesce a pensare di rientrare a casa con dei piccoli bastardi che sgambettano qua e là, se così posso
esprimermi. È abituato alla marina da guerra, signore, è stato segretario del comandante sulla Hebe,
poi commissario di bordo sulla Dryade sulY Hermione prima di entrare nella Compagnia, dove suo
fratello ha un mercantile per il commercio con la Cina. » Per la spedizione idrografica Jack voleva
svolgere personalmente la funzione di commissario, ma già a Funchal aveva cominciato a trovarlo un
compito tedioso e ora che aveva avuto quel comando era essenziale avere qualcuno che lo sollevasse
da simili incombenze. Aveva cercato di parlarne a bordo della Royal Sovereign tre volte, ma si era
lasciato sfuggire l'occasione. « Garantite per lui? » domandò. « Senza riserve, signore. » «Allora
sarò felice di vederlo; e anche i suoi compagni, naturalmente. Ora, non credo che quei pirati se ne
stiano a Salé a torcersi le mani e a lamentarsi delle loro perdite. Perciò, nel caso dovessero farsi
vedere di nuovo quando la squadra se ne sarà andata, manderò la Dovere rinforzo della scorta. Non
affronteranno un'altra volta la vostra artiglieria, sostenuta da quella di una fregata da trentadue
cannoni. E c'è sempre la possibilità di incontrare qualche corsara francese o una loro nave da guerra
nella Manica. » « Bene! Udite, udite! » gridarono i capitani, battendo le mani sulla tavola. Una volta
seppelliti i morti, una faccenda rapida date le circostanze, e aver riparato i danni più seri, convoglio
e squadra si separarono nei migliori termini, le navi della Compagnia e la 64 loro scorta verso nord-
ovest e la squadra verso Gibilterra, navigando sui bordi. Stephen e Jacob avevano qualche uomo
gravemente ferito oltre alle consuete distorsioni, fratture, contusioni e ustioni; e in quelle circostanze
il dottor Maturin imparò ad apprezzare il valore di una donna nell'infermeria, di una brava
infermiera. Poli Skeeping e la signora Cheal avevano quella dedizione peculiare al loro sesso e una
leggerezza di mano, una destrezza quando si trattava di medicazioni che Stephen non aveva mai visto
al di fuori di un ordine religioso. Era impegnato, ma non come lo era stato dopo combattimenti con
spargimento di sangue maggiore e poté quindi accettare l'invito di Jack a pranzare con comandanti e
ufficiali della squadra. Era seduto tra Hugh Pomfret e il signor Woodbine, il nocchiere, una vecchia
conoscenza tutta presa da una discussione con il capitano Cartwright della Ganimede a proposito di
osservazioni lunari, una discussione iniziata prima di pranzo e alla quale Stephen non era
minimamente interessato. Il capitano Pomfret, anche se stanco e abbattuto, era una persona educata e
seppe conversare come si conveniva; il loro lato della tavola, però, non avrebbe potuto essere
definito allegro o brillante e Stephen non rimase sorpreso quando Pomfret, dopo che la compagnia si
sciolse, gli chiese un consulto, un consulto medico o quasi, appena avesse potuto. « Sarò felice di
aiutarvi », rispose Stephen, che da quanto aveva potuto vedere stimava molto il giovane ufficiale e
conosceva i limiti del chirurgo della Pomone. « Ma solo con il consenso del signor Glover. » «
Senza dubbio il signor Glover è un ottimo medico », obiettò Pomfret, « sfortunatamente non siamo in
buoni rapporti e questo è un problema personale... » « Facciamo un giro in coperta. » Là, sotto il
cielo, con la nave che correva di bolina stretta con mure a sinistra, Stephen spiegò i rudimenti
dell'etichetta medica. « Capisco perfettamente », disse Pomfret alla fine, « ma si tratta di una
questione che potrebbe essere definita morale o spirituale, più che medica... qualcosa di simile alla
distinzione tra bene e male. » 65 « Siate più preciso, così potrò dirvi se sarò in grado di aiutarvi. » «
IL mio problema è questo: la Pomone, sotto il mio comando, ha distrutto a cannonate una galea dei
mori e ne ha deliberatamente investite altre due nella mischia, fendendole a metà, così che dopo un
minuto sono affondate. Ho sempre davanti agli occhi quelle decine di uomini, schiavi cristiani
incatenati ai remi, che guardavano in su inorriditi, forse chiedendo pietà; ma io ne ho distrutta
un'altra. È stato giusto? Può essere giusto? Non riesco a dormire... quegli occhi che mi fissano... Ho
sbagliato quando ho scelto questa professione? » « Direi di no », rispose Stephen. « Capisco
perfettamente il vostro stato d'animo, ma... No. Dovrei fare appello a maggiori poteri di quanti io
possa trovare in me in questo momento per giustificare una guerra, perfino una guerra contro un
sistema tirannico, una palese negazione della libertà; dirò soltanto che sento che deve essere
combattuta. E, dal momento che deve essere combattuta, meglio che lo sia, almeno da una parte, con
tutta l'umanità che una guerra consente e da ufficiali come voi. Sono un dottore, vi manderò una
scatoletta di pillole che vi daranno due notti di sonno pesante. Se, dopo aver dormito, vorrete sentire
le mie ragioni, spero di averle più chiare nella testa; dopo di che dovrete essere medico di voi
stesso. »

CAPITOLO III
Quella notte il vento continuò a girare in senso antiorario finché ai due colpi della seconda
comandata fu leg-germente a sud di ponente, dove si stabilizzò, rinfrescando e portandoli dritti
attraverso lo stretto: niente più fischietto del nostromo che chiamava gli uomini in coperta a ogni
clessidra o due, ma una facile traversata fino alla Rocca e agli ormeggi. Stephen e Jack ne furono
sollevati, perché tre dei feriti più gravi stavano peggiorando: in un caso avrebbero dovuto amputare
una gamba, in un altro si era resa necessaria una resezione e nel terzo una trapanazione su un solido
tavolo operatorio era di certo meglio di un intervento sul ponte in movimento. Tutti i feriti gravi
furono trasportati all'ospedale, dove furono necessari altri chirurghi: su una squadra di operai era
crollata una delle immense gru del molo in costruzione, carica. I chirurghi avevano terminato il loro
lavoro, si erano tolti i grembiuli insanguinati e si stavano lavando le mani, quando si presentò un
allievo della Surprise con un biglietto del commodoro che li pregava di tornare subito a bordo. Fu
una lancia silenziosa, seria e frettolosa a portarli alla nave; l'allievo, il giovane Adams, era
stranamente taciturno: anche i due chirurghi parlavano poco, stanchi com'erano, ma Stephen notò il
segnale di partenza in testa all'albero della Surprise, così come notò l'aspetto curioso, disordinato
della Pomone, in genere in un assetto più che perfetto, ma ora con i pennoni disposti irregolarmente,
le vele mal serrate, cime che pendevano qua e là. Non aveva mai visto una nave da guerra in uno
stato così miserando. Mentre si avvicinavano all'ammiraglia, videro la lancia di un comandante
all'altezza del barcarizzo di dritta, perciò continuarono, portandosi sull'altro lato. Quando Stephen
raggiunse il ponte, faccenda lunga senza guardamano, l'ufficiale si era congedato dal commodoro e la
sua lancia si era già scostata. « Ecco il nostro dottore », lo salutò Jack. « Beviamo qualcosa. Come
stanno gli uomini? » 67 « Purtroppo devo darti la solita risposta, amico mio: come è normale che
stiano dopo essere stati tormentati dal mare grosso. Il povero Thomas ha perso una gamba. Abbiamo
amputato in fretta, quasi senza un lamento. » « Ben fatto. Avrà un posto di cuoco di bordo, se io e i
miei amici abbiamo ancora qualche influenza. Vorrei che le mie notizie fossero altrettanto buone.
Mentre eri all'ospedale, sulla Pomone c'è stato un grave incidente. Il povero Hugh Pomfret stava
pulendo le sue pistole - abbiamo l'ordine di salpare immediatamente — e per qualche strano motivo
una era carica. Gli ha fatto saltare le cervella. Poi l'ammiraglio mi ha fatto chiamare. Ha lodato la
squadra e ci renderà pienamente giustizia nel suo dispaccio, lo manderà con lo stesso corriere che gli
ha portato l'ordine di farci salpare all'istante: il governo è molto preoccupato per l'atteggiamento dei
musulmani dei Balcani. L'ammiraglio è rimasto duramente colpito dalla morte di Pomfret; ma ha
sottomano un giovane, John Vaux, che si è distinto nella presa e soprattutto nell'armamento di
Diamond Rock nel 1804 e che avrebbe dovuto essere promosso capitano di vascello da molto tempo:
era l'ufficiale che hai visto lasciare il cassero quando sei salito a bordo. La sua lancia trasporterà il
corpo di Pomfret al cimitero, ma i nostri ordini sono così urgenti che saranno l'ammiraglio e i suoi
uomini a occuparsi del funerale. Non appena la lancia sarà rientrata, salperemo e procederemo per
Mahón, dove imbarcheremo la fanteria di marina. Nel frattempo il periodo di lutto sulla Pomone sarà
passato e il capitano Vaux l'avrà rimessa in ordine: sono sicuro che hai notato i pennoni e la sua
mezzana imbrancata... Non poteva essere altrimenti, ma è orribile a vedersi. » I danni della squadra
furono riparati da nostromi e carpentieri in un giorno, con qualche aiuto dall'arsenale; e prima di
sera, sostituito il cannone distrutto, la Surprise approfittò del vento favorevole da nord-ovest per fare
vela per Mahón, dove si sarebbe provveduto a un raddobbo migliore, a caricare le prowi68 ste e
soprattutto a raccogliere informazioni sulla situazione nell'Adriatico, nel Mediterraneo orientale e sui
convogli da proteggere. Quando avvistarono terra il vento da ovest nord-ovest teso da gabbie piene
era così forte che la fregata correva a più di dieci nodi, senza mai toccare una scotta o un braccio; e
dopo la ritirata il circolo dei fumatori si riunì nella cucina, l'unico ambiente della nave dove fosse
permesso fumare. La maggior parte degli uomini della Surprise navigava insieme da molto tempo, ma
tra loro c'era chi preferiva masticare tabacco o pescare dall'impavesata, mentre alcuni erano troppo
timidi per partecipare a quelle riunioni, che non erano certamente accessibili a qualsiasi mozzo,
terrazzano o marinaio semplice — non che ve ne fossero molti a bordo — e nemmeno a chi non
sapeva partecipare a una conversazione, in particolare una conversazione vivace, ricca di aneddoti.
Eppure quella serata cominciò con il piede sbagliato. Poli Skeeping, per niente maldestra sul lavoro,
riuscì a inciampare sul cuscino di stoppa che le serviva da sedile e a rovesciare la teiera piena di
acqua bollente sul grembo e sul petto di Joshua Simmons. Si scusò, lo asciugò come meglio poté,
appese il suo panciotto alle griselle e disse, con una risata, che ora si poteva dire che in certi punti
Joshua Simmons era pulito; il panciotto, poi, era tornato come nuovo; ma Simmons, soprannominato
Vecchio Mugugno e tollerato soltanto perché aveva prestato servizio con Jack Aubrey ad Abukir, con
Nelson a Copenaghen e a Trafalgar, non parve divertito né confortato dalle sue parole; e nemmeno
rabbonito. Dopo un po' sbottò: « Be', si comincia bene davvero, una squadra iellata... Quegli
stradannati mercantili non hanno cacciato un soldo bucato, anche se noi gli abbiamo salvato la pelle e
i quattrini; e ora sulla Pomone c'è quello che si ammazza. Come fa questa spedizione a finire bene?
Condannata dal fottuto principio ». « Coglionerie », commentò Killick. « Andiamo, Preservato
Killick! » esclamò Maggie Cheal, la cognata del nostromo, togliendosi di bocca la piccola pipa di
gesso così che le parole uscirono mescolate al fumo. «Niente parolacce, se non vi dispiace, ci sono
delle signore. » 69 « E tu come sai che si è ammazzato? » domandò il cuoco, indicando Simmons con
un cenno del capo. « Non c'eri. » « No, per esserci non c'ero. Ma è logico. » « Fanfaluche! » sbottò
Killick. « Se si fosse ammazzato, lo avrebbero seppellito a un incrocio con un piolo piantato nel
cuore. E l'hanno seppellito a un incrocio con un piolo piantato nel cuore? No, cari miei, non l'hanno
seppellito così. L'hanno messo sottoterra in un camposanto con il pastore che recitava le preghiere e
l'ammiraglio, la bandiera sulla bara e la salva dei moschetti. Perciò andate all'inferno, Vecchio
Mugugno, voi e la vostra iella. » Simmons sbuffò con sarcasmo, prese il panciotto e se ne andò,
tastandosi deliberatamente le tasche e girandosi per lanciare un'occhiata ai compagni. « In ogni caso
», continuò Killick, « anche se si fosse ammazzato una dozzina di volte, noi abbiamo a bordo uno che
la fortuna la porta a carrettate. Fortuna? Mai visto niente del genere. Ha un corno di unicorno nella
sua cabina, tutto quanto intero, un corno di unicorno che serve contro tutti i veleni del mondo, come
qualcuno sa bene » - e qui lanciò un'occhiata a Poli, che annuì con enfasi, da persona che ne capiva -
« e che vale dieci volte il suo peso in oro zecchino. Dieci volte! Ve lo immaginate? E non solo, cari
miei. Ha pure una mano di gloria! Eccove-la, la fortuna. » Silenzio sbalordito, interrotto solo dal
canto regolare della nave. « Che cos'è una mano di gloria? » domandò una voce incerta. « Bestia che
non sei altro, non sai nemmeno che cos'è una mano di gloria? Be', te lo dico io, te lo dico. Sarebbe il
più importante conquibus del boia. » « Conquibus? » « Non sai che cos'è un...? Sei un ignorante, un
ignorante fatto e finito. » Una voce: « Sarebbe come un beneficio ». Un'altra: « Tipo una mancia ». «
C'è la corda, naturalmente. Ci si può ricavare mezza coro70 na a pollice da una corda che è servita a
impiccare un vero delinquente. E ci sono i vestiti, li comprano quelli che pensano che un paio di
brache pisciose e immerdate... » « Suvvia, Killick! » lo interruppe Poli, « non siamo in un'osteria di
Wapping o in un bordello, perciò tappatevi il boccaporto. 'Biancheria sporca', volete dire. » «...
valga una ghinea, per via della fortuna che porta. Al boia piace tanto il suo lavoro per via della mano
di gloria. E come perché? Perché anche quella vale tanto oro quanto pesa... be', argento. » « Che
cos'è una mano di gloria? » domandò di nuovo la voce incerta. « Sarebbe che è la mano che ha fatto
l'opera, che ha squartato la ragazza o tagliato la gola al vecchio signore, è la mano che il boia taglia e
fa vedere alla gente. E il nostro dottore ne ha una in un barattolo che tiene nascosto nella cabina e di
notte lui e il suo aiutante se la guardano e parlano a voce bassa. » IL silenzio carico di disagio fu
rotto dal grido della vedetta sul castello: « Terra in vista! Terra al mascone di dritta ». Era l'isola di
Alborán, quasi esattamente dove avrebbe dovuto essere, ma avvistata un attimo prima di quanto Jack
si aspettasse. Modificò appena la rotta e puntò dritto su Mahón. La squadra di Jack Aubrey era
formata da velieri piuttosto lenti e soltanto il martedì pomeriggio doppiò l'isola di Aire; la squadra si
diresse su capo Mola e lo stretto imbocco, con un vento appena a proravia del traverso e le mure di
sinistra tesate. Il commodoro conosceva bene Port Mahón e prese l'iniziativa, dando il via al saluto
alla giusta distanza dalle possenti batterie costiere e continuando ad avanzare finché
dall'imbarcazione del comandante del porto non lo ebbero salutato, dicendogli di ormeggiarsi al suo
vecchio posto, con le altre navi sulla poppa. « Non è affatto cambiata! » osservò Jack, guardandosi
intorno con vivo piacere mentre scivolavano sull'acqua della lunga insenatura e alzando la voce per
farsi udire al di sopra del rimbombo fragoroso della risposta dal forte, un rimbombo che riecheggiò
di cala in cala. « E più bella di quanto la ricordassi », convenne Stephen. 71 Oltrepassarono l'isola
del Lazzaretto, l'isola dell'ospedale: a quel punto, però, la brezza tiepida, incontrando il fianco di La
Mola, girò a poppa, soffiando così debolmente che perfino con i velacci spiegati occorse più di
un'ora per raggiungere gli ormeggi in fondo al porto, proprio sotto la città inerpicata sulla collina e a
una gomena di distanza dalla banchina, dove i gradini Pigtail scendevano dalla piazza principale.
Un'ora abbondante di navigazione sotto un cielo limpidissimo, di un azzurro intenso allo zenith che
passava attraverso gradazioni impercettibili fino a un morbido blu lapislazzuli a contatto con la terra.
Una facile corsa o piuttosto la più bella scivolata che si potesse immaginare. In genere l'aspetto del
lato settentrionale della grande rada era aspro, perfino ostile, ma ora, al culmine della primavera
mediterranea, era rigoglioso, una varietà infinita di verdi, tutti freschi e deliziosi: perfino le austere
querce che crescevano sul terreno arido e roccioso parevano felici. E, voltandosi a contemplare i
terreni a sinistra, assai più vicini e coltivati, si vedevano gli aranceti, con gli alberelli dalla chioma
arrotondata, a uguale distanza l'uno dall'altro a formare il ricamo più grazioso che si potesse
immaginare; il profumo dei fiori giungeva a tratti: fiori e frutti insieme. Nessuno dei due parlò, se non
per indicare di tanto in tanto una casa o una locanda o un falco della regina (fu Stephen ad
avvistarlo); quando furono vicini all'estremità dell'imponente banchina riservata alle navi da guerra,
Jack, scambiando un sorriso con Stephen, disse: «Attracchiamo, signor Woodbine». «Aye-aye, Sir»,
rispose Woodbine, ruggendo al nostromo, per altro vicinissimo: « Tutti gli uomini a ormeggiare la
nave! » IL nostromo e i suoi secondi ripeterono l'ordine a voce a più alta, sottolineandolo con trilli
dei fischietti particolarmente acuti, come se l'intero equipaggio non fosse già pronto per eseguire la
manovra da quando erano state avvistate le boe d'ormeggio; ruggiti e trilli di fischietto vennero
ripetuti lungo tutta la linea della squadra e perfino sulla piccola Ringle a un tiro di galletta
sottovento. « Vele ben imbrogliate, signor Woodbine: e pennoni brac-ciati con bracci e mantigli. » 72
Incrociando lo sguardo interrogativo di Bonden, Jack annuì e disse a Stephen: « Mi accompagnerai,
spero? Devo porgere i miei omaggi al comandante spagnolo ». Era cosa risaputa sulla Surprise che il
dottore parlava correntemente le lingue straniere e che veniva spesso chiamato a scambiare le
cortesie d'uso in caso di bisogno: quel giorno avrebbe dovuto presentare i complimenti di rito del
commodoro all'ufficiale più alto in grado, rappresentante del sovrano della nazione, una sovranità
puramente nominale, visto che la marina reale della Gran Bretagna con il pieno accordo del suo
alleato spagnolo continuava a usare senza restrizioni la magnifica base navale. Mentre la lancia
veniva calata in mare, Jack, sul cassero, osservava le altre navi che serravano elegantemente le vele
e brac-ciavano i pennoni. Un'operazione complessa, ma ben eseguita, che, sperava, avrebbe riscattato
in qualche modo la lentezza dell'entrata in porto. «Sarebbe che è tutto pronto, signore», disse Killick
al suo fianco, « anche la spada da cerimonia. Ma, signore, il dottore non può scendere a terra in quel
modo. Un disonore per la nostra barchetta. » In effetti, Stephen indossava una vecchia redingote nera
che usava senza grembiule per operare o dissezionare e, sebbene la sera precedente Killick gli
avesse sottratto di nascosto camicia e cravatta accanto alla branda, evidentemente il dottore le aveva
trovate. Qualche anno prima l'Ufficio malattie e infortuni aveva stabilito che i chirurghi di bordo
dovessero indossare un'uniforme speciale: giacca di panno blu con risvolti, polsini e colletto
ricamati, tre bottoni sui polsi e sulle tasche, fodera bianca come il panciotto e le brache; tali
indumenti erano a bordo, erano stati confezionati dal sarto navale che si era sempre occupato di Jack,
ma Stephen aveva rifiutato ostinatamente di indossarli, perfino quando il quadrato aveva offerto un
pranzo di benvenuto per il nuovo commissario, il signor Candish. A quel punto, intervenne Jack.
Sostenne che, per amore della missione nell'Adriatico e di tutto ciò che comportava, i due chirurghi
dovevano presentarsi all'ammiraglio Fanshawe, al suo segretario e al suo consigliere politico, dopo
la visita allo spa73 gnolo, con l'aspetto di persone serie e responsabili: era importantissimo
mantenere buoni rapporti, affermò Jack con grande calore. Così riuscì a superare la riluttanza di
Stephen ed entrambi i chirurghi scesero nella lancia in sobria magnificenza. « Signore Iddio »,
esclamò Jack fermandosi a riprendere fiato in cima ai gradini, «devo ricominciare a salire in testa
d'albero tutte le mattine: sto diventando vecchio, sbuffo e fatico. » « Stai diventando obeso: o meglio,
sei diventato obeso. Mangi troppo. Ho notato in particolare il modo spudorato in cui ti sei buttato
sulla testina di maiale in salamoia al banchetto in onore del signor Candish. » « L'ho fatto
deliberatamente, per incoraggiarlo. E un po' timido, ma un eccellente acquisto. Sono felice di averlo
a bordo. Ma non so spiegarmi come mai al signor Smith sia venuto in mente di proporlo. » « Se ben
ricordi, quando i capitani del convoglio sono saliti a bordo le candele scarseggiavano. » « Be', e con
questo? » « Forse il signor Smith può aver sentito un marinaio dire: 'Con un vero commissario non ci
sarebbe tutto questo manicomio di correre su e giù e di gridare ogni volta che c'è bisogno di una
candela'. E un ufficiale del mercantile domandare: 'Ma come, non avete un vero commissario?' » «
Be', comunque sia, sono molto contento di averlo a bordo. E se solo avessi un secondo nocchiere
altrettanto competente sarei ancora più contento. Povero Wantage. Uno dei giovani più promettenti
che abbia avuto, un navigatore nato, sapeva a memoria le tavole orarie, poteva darti la posizione
senza guardarle. E conosceva perfettamente la Surprise e quel che le piaceva e non le piaceva. Come
lo rimpiango! E tutto per colpa di quella vile femmina. » Durante la pace del 1814 la Surprise, diretta
apparentemente a esplorare le coste del Cile, aveva preso il largo con un equipaggio molto ridotto,
senza nessun allievo o mozzo. Nel primo trat74 to aveva ospitato a bordo Sophia Aubrey e i suoi
bambini, Diana Maturin e la figlia diretti a Madera per una vacanza, finita la quale le signore e i
bambini avrebbero fatto ritorno in Inghilterra su un postale, mentre la Surprise avrebbe proseguito la
navigazione verso l'America del Sud. Ma il giovane Wantage, nel corso della sosta a Madera,
esplorando le montagne aveva incontrato una pastorella; quando era giunta la notizia della fuga di
Napoleone dall'Elba e la fregata aveva ricevuto l'ordine di salpare immediatamente per Gibilterra,
alcune squadre erano state inviate a rintracciare i dispersi, erano stati sparati colpi di cannone e il
segnale di partenza aveva sventolato in testa d'albero fino all'ultimo minuto. Tutti erano tornati a
bordo in tempo tranne Wantage: l'opinione generale era che il pastore fosse rientrato inaspettatamente
nella sua casetta di montagna e lo avesse ucciso. « Sì, era un giovane gradevole », convenne Stephen.
« Credo che la grande casa con le sentinelle davanti sia la residenza di Don José», soggiunse. Lo era,
e Don José era là. Li ricevette con grande gentilezza, scambiando con Stephen garbati convenevoli
alla spagnola mentre Jack si inchinava di tanto in tanto, e accompagnandoli personalmente alla porta.
Furono ricevuti con pari cortesia dall'ammiraglio Fanshawe e dal suo segretario. Jack presentò
Stephen. « Come state, signore? » disse l'ammiraglio. « Vi ricordo bene dai tempi di quell'orribile
faccenda di Algeciras, siete stato così buono con mio fratello William. » Stephen chiese come stava
il suo paziente. « Molto bene, grazie, dottore », gli rispose l'ammiraglio. « Ormai si muove agilmente
anche senza grucce e si è fatto fare una sella che gli permette di saltare in un modo che vi stupirebbe.
» Quasi immediatamente intervenne il segretario: « Credo, signore, che dovrei accompagnare il
dottor Maturin dal signor Colvin». « Ma certamente, il commodoro e io parleremo di convogli. »
«Vogliate scusarmi, signore», disse Jack all'ammiraglio e, abbassando la voce rivolto a Stephen: «
Nel caso la vostra conversazione duri a lungo, vediamoci al Crown ». 75 # Mentre seguiva il
segretario dell'ammiraglio lungo i corridoi, Stephen si domandò come mai Colvin si trovasse lì
anziché a Malta. Aveva avuto a che fare spesso con quell'uomo, quasi sempre a Londra o a Gibilterra
e, per quanto non fossero amici, i due si conoscevano bene. Probabilmente Colvin avrebbe voluto
limitare la conversazione al servizio informazioni, alla questione dell'Adriatico, ma non poté evitare
una certa ansietà nella domanda - « State bene, spero? » - e una stretta di mano calorosa. Dopo che il
segretario dell'ammiraglio li ebbe lasciati soli, si sedettero e Colvin esordì in un ostentato tono
allegro: «Anche se al ministero sono sempre più preoccupati della lentezza dei russi, del tempo che
passa e della possibilità di questo imprevisto intervento, sono contento di poter dire che siamo per lo
meno partiti con i cantieri dell'Adriatico. Da Ancona a Bari il nostro amico banchiere, uomo di
un'energia straordinaria per la sua età, non ha solo provveduto a esigere il rimborso dei prestiti dai
cantieri piccoli e fuori mano che hanno a che fare con la costruzione di navi per i francesi, ma ha
anche avvertito i fornitori di insistere per essere pagati in contanti: niente tratte, niente promesse di
pagamento. Come i suoi associati lungo la costa ha rapporti strettissimi con le poche banche locali
sulla sponda turca e queste non faranno storie a riguardo, così come i vari bey o pascià. Il signor Dee
sa perfettamente che quei piccoli arsenali non hanno capitale proprio, lavorano con denaro preso in
prestito; e sa che quando arriva il giorno di paga e non ci sono soldi, gli operai diventano cattivi.
Quei cantieri si servono per lo più di manodopera specializzata itinerante, soprattutto italiana. Non
so, signore, se avete qualche scrupolo morale a trattare con i carbonari... o con i frammassoni;
insomma, nell'allearvi con certa gente. O forse dovrei dire nel servirvi di loro ». Colvin e Stephen
erano cattolici e, come la maggior parte dei cattolici, erano cresciuti con qualche idea bizzarra:
durante l'infanzia, coloro che amavano e rispettavano li avevano convinti che ogni volta che i
frammassoni si riunivano formalmente tra loro c'era il diavolo in persona, più o meno travestito;
do76 pò una breve pausa Stephen rispose: « In quanto ai carbonari, Lord William non ha nessuna
esitazione nel trattare con loro in Sicilia... » « Da queste parti si dice che siano stranamente legati ai
frammassoni: alcuni loro riti si assomigliano. » Stephen scosse il capo. « Ho conosciuto soltanto un
massone dichiarato », disse, « un membro del mio club; e dopo aver votato per l'esecuzione del re,
suo fratello, gli era stato chiesto di dare le dimissioni. Certe cose portano a pregiudizi del tutto
irrazionali. Ciò nonostante, dovrei avere davvero dei grossi scrupoli morali per rifiutare un qualsiasi
mezzo che ponga fine a questa guerra sciagurata. Deduco da quanto avete detto che, secondo voi,
questa gente potrebbe esserci utile... » « Certamente. Molti artigiani italiani che lavorano nei cantieri
e perfino alcuni del posto fanno parte della Carboneria. E i nostri amici ad Ancona e Bari hanno un
grande ascendente sui loro confratelli massoni nei porti dell'Adriatico, i banchieri e i finanzieri,
intendo dire; e faranno in modo che gli armatori non vengano aiutati. Ora, il legno è per sua natura
infiammabile e quando saranno trascorsi due giorni senza che la paga sia stata corrisposta, non
dovremmo sorprenderci di qualche incendio nei cantieri navali. I carbonari si vendicano spesso in
questo modo - credo che abbia a che fare con le loro credenze mistiche - e basterebbe una
piccolissima spinta o un incoraggiamento tangibile alle teste calde... L'esito è praticamente
assicurato. » L'antipatia di Stephen per Colvin andava crescendo, tuttavia continuò senza darlo a
vedere: « Da quanto mi risulta, in alcuni cantieri gli ufficiali francesi che sovrintendono i lavori sono
ardenti bonapartisti, in altri esitanti o decisamente realisti. Soltanto i primi sono potenzialmente
pericolosi per i nostri commerci, come corsari in proprio o come rinnegati in appoggio ai pirati della
Barbería. E comunque un conflitto sarebbe contro il nostro interesse: dovete tener conto del fatto che
alcuni bastimenti potrebbero unirsi a noi spontaneamente in appoggio al re di Francia e a questo
punto perfino poche navi da guerra francesi nostre alleate sarebbero utili qui, nel Mediterraneo. E
poi, se 17 ci fosse un incendio nei cantieri non avremmo la possibilità di impadronirci di navi
equipaggiate o raddobbate al comando di bonapartisti risoluti. E difficile per un terrazzano capire
l'entusiasmo del marinaio per la cattura di una preda, il valore e l'intraprendenza di cui danno prova
in questi casi... Ma, a proposito di alleanze, avete qualche informazione? » « No, mi dispiace. A
causa di una grossolana indiscrezione commessa da un agente dell'altra organizzazione subito prima
del mio arrivo, non si è ritenuto opportuno farmi passare sulla sponda turca. D'altro canto
conosciamo bene la posizione geografica e finanziaria dei cantieri e dei doni che i bey, i pascià e i
funzionari locali si aspettano di ricevere per la collaborazione e per chiudere un occhio o tutti e due.
» M altra organizzazione era una sorta di servizio informazioni o meglio un raggruppamento di
servizi che dipendeva dall'esercito; e spesso i suoi agenti cacciavano di frodo nelle riserve navali,
talvolta causando gravi danni e sempre un alto grado di risentimento. « Se poteste farmi avere questa
informazione, ve ne sarei grato », disse Stephen. « Certamente. L'avrete questa sera stessa... » Colvin
esitò, poi riprese: «...anche se, ripensandoci, non sono affatto sicuro di avere con me le carte». Fece
una pausa, poi disse: «Immagino che vi abbia sorpreso trovarmi qui anziché a Malta o a Brindisi...»
« Niente affatto », assicurò Stephen. « La situazione è precipitata in seguito all'indiscrezione cui ho
accennato e io sto andando a Gibilterra o forse addirittura a Londra per chiarire ogni cosa; e,
sapendo che la squadra del commodoro Aubrey avrebbe fatto scalo qui, ho pensato di aspettarvi, per
mettervi al corrente del quadro generale nell'Adriatico. Naturalmente quei particolari saranno a
vostra disposizione quando sarete approdati a Malta. » Stephen ringraziò come di dovere e per un po'
la conversazione si spostò sui colleghi di Whitehall fino a quando non si congedò, dicendo che
doveva raggiungere il commodoro: mai fare aspettare il commodoro.
78 « Bene, signore », disse Jack Aubrey, alzando gli occhi dai suoi appunti e contando i tagliandi
che avrebbero permesso ai responsabili della base di rifornire la squadra di viveri e attrezzature, di
ogni genere di oggetti di cui poteva avere bisogno, dalle pietre focaie alle bigotte cieche. « Credo
che con questo siamo veramente a posto, molte grazie. E ora, signore, se possibile, vorrei chiedere il
permesso di congedarmi. Ho un appuntamento con il mio chirurgo di bordo al Crown e non sia mai
che si debba irritare chi si potrebbe dover rivedere nell'infermeria, distesi sulla schiena mentre
quell'uomo se ne sta in piedi davanti a noi con un coltello in mano. In genere non è una persona
irascibile, ma so che oggi non vede l'ora di far visita al vostro ingegnere. » «James Wright, quel
prodigio di scienza? Darei cinque sterline per vederli insieme! » In realtà sarebbe stata una somma
eccessiva, almeno all'inizio: il dottor Maturin, con in mano il suo biglietto da visita, stava per
bussare alla porta del signor Wright, quando fu spalancata dall'interno e una voce incollerita gridò: «
Che cosa volete? Eh? Che cosa volete da me? » « IL signor Wright? » domandò Stephen con un
sorriso amichevole appena accennato. « Mi chiamo Maturin. » « Potete chiamarvi anche Belzebù, ma
non mi scucirete un soldo bucato prima della fine del mese, come ho già detto a quel bastardo
impiccione del vostro superiore! » « Mio caro signore! » esclamò Stephen. « Mi sono permesso di
farvi visita in quanto membro di una società erudita, non sono certamente un esattore, parola d'onore.
» « Siete membro della Royal Society? » domandò Wright, sporgendosi verso Stephen e scrutandolo
con sospetto. « Sicuro », disse Stephen, con calore. « E stato il signor Watt a presentarmi a voi, un
vero onore. Gli ero seduto accanto e dall'altro lato c'era il vecchio signor Bolton. Era la sera in cui
avete letto la vostra relazione sulle forme elicoidali. » « Oh. » Wright pareva alquanto sconcertato. «
Prego, entra79 te... chiedo venia... non trovo più gli occhiali e mi era parso, da quel poco che ho
visto, che la vostra uniforme fosse simile a quella di un ufficiale giudiziario. Domando scusa. Prego,
accomodatevi. » Condusse Stephen in una stanza grande e ben illuminata, alle pareti e su tavoli alti
mappe eseguite con precisione; e rotoli di disegni che raffiguravano ogni angolo del porto o
dell'arsenale. Trovò gli occhiali tra i molti che giacevano su sedie e scrivanie e dopo averli inforcati
osservò attentamente Stephen. « Signore », disse in tono più civile, « posso chiedervi di che uniforme
si tratta? Non credo di averne mai vista una. » « Signore », rispose Stephen, « è l'uniforme creata per
i chirurghi della marina reale qualche tempo fa: viene usata di rado. » Dopo aver considerato la cosa,
piegando la testa di lato come un cane intelligente, il signor Wright domandò in che cosa potesse
essere utile al visitatore, che ora ricordava di aver conosciuto al Club dei Filosofi Reali prima della
seduta formale. « Mi sono permesso di disturbarvi, signore », spiegò Stephen, « perché qualcuno dei
nostri colleghi più eminenti, in particolare i più eminenti nelle scienze matematiche e meccaniche, mi
ha assicurato che siete il maggiore esperto di proprietà fisiche delle sostanze, della loro forza
intrinseca e dei mezzi per accrescerla, della loro resistenza agli elementi; e, se possibile, vorrei
domandarvi se nel corso delle vostre ricerche abbiate mai avuto l'occasione di studiare il dente del
narvalo. » Mentre pronunciava quelle ultime parole Stephen notò una totale assenza di attenzione
sulla faccia dell'anziano signore e non fu sorpreso nell'udirlo esclamare: « II dottor Maturin! Ma
certo, il dottor Maturiti. Ogni giorno che passa divento più smemorato, ma ora ricordo perfettamente
il nostro incontro. E quel che più conta, ricordo di aver ricevuto una lettera dalla mia giovane cugina
Christine, Christine Heatherleigh, ora vedova del governatore della Sierra Leone, Wood. Era la
solita lettera di auguri per il mio compleanno e tra le altre cose mi diceva di aver preparato le ossa
delle articolazioni di una creatura che vi interessava - ha sempre avuto la passione dell'anatomia fin
da bambina — e mi domandava se dovesse inviare i campioni a Somerset House ». « Com'è gentile!
Ho un carissimo ricordo della signora 80 Wood. Senza dubbio si tratta del mio potto senza coda, uno
dei primati più interessanti, ma di vita breve, ahimè. » «Le ho risposto di sì: Robertshaw e i suoi
collaboratori si prendono cura dei campioni dei soci. Ma voi avete nominato un narvalo, mi pare.
Prego, che cos'è un narvalo? » « Un cetáceo dei mari settentrionali, artici, una balena di dimensioni
modeste, lunga all'inarca cinque iarde. Il maschio ha un dente, un corno, che può arrivare a due iarde.
Lo chiamo 'corno' perché è il termine che si usa comunemente, ma in realtà è avorio. » « E solo il
maschio lo l'ha? » «Così mi hanno detto i balenieri e quei pochi che hanno avuto la fortuna di
dissezionarne uno. » « Allora condividono la nostra stessa sorte: anche nel genere umano sono
soltanto i maschi ad avere le corna! » Dopo un istante il signor Wright cominciò a ridere, un suono
basso e aspro senza fine. « Perdonatemi », disse, togliendosi le lenti e pulendole, « a volte esagero.
Dicevate che è avorio? » « Sì, signore, un avorio duro e compatto. Il piccolo del narvalo ha soltanto
due denti, entrambi nella mascella superiore. Quello sulla destra in genere rimane allo stadio
rudimentale, mentre l'altro si sviluppa diventando una colonna affilata che può allungarsi fino a sei o
sette piedi e pesa anche più di quattordici libbre. » « Qual è la sua funzione? » « Non si sa. Sembra
non serva come arma - nessuna imbarcazione è mai stata attaccata - e sebbene siano stati avvistati
narvali che incrociavano i corni al di sopra della superficie del mare, non c'è mai stato alcun
combattimento; forse è una forma di gioco. Qualcuno sostiene lo usino come fiocina, ma un animale
senza mani non potrebbe portare alla bocca una preda che ha infilzato: inoltre le femmine, che non
hanno quel dente, non muoiono certo di fame. Sono tante le supposizioni, tutte fondate su poche
conoscenze; ma esiste un indiscutibile dato di fatto che è sotto gli occhi di tutti: la curiosissima forma
del dente. Non soltanto ha un gran numero di spirali parallele ascendenti in cinque o sei curve
sinistrorse dalla base fin quasi alla punta 81 nuda e liscia, ma anche parecchie escrescenze più
grandi e ondulate che crescono nella stessa direzione. Sono alquanto perplesso, sebbene io sia un
fisiologo di una certa capacità, appassionato di osteologia comparata; mi piacerebbe sapere da voi
se queste caratteristiche servano a rafforzarlo senza aumentarne le dimensioni, già considerevoli, per
aiutare l'animale, un nuotatore veloce, a diminuire la turbolenza che incontra a ogni spinta. So che la
turbolenza è uno dei più importanti fenomeni fluidodinamici studiati dai gentiluomini della vostra
professione. » « Turbolenza. Già », disse il signor Wright scuotendo la testa. « Chiunque voglia
costruire un faro o un ponte o un molo deve riflettere attentamente sulla turbolenza e la forza
esercitata dall'acqua in un moto violento. Ma, oh, quanti calcoli laboriosi, quanta incertezza! A prima
vista, sembra abbiate ragione: una superficie corrugata accresce la resistenza a certe forme di
tensione; ed è possibile che quelle protuberanze aiutino a dirigere un flusso a spirale lungo il corpo
che avanza e nel contrastare la forza di rotazione... perché il vostro animale avanza spingendosi con
la coda, non è così? » « Certamente. Una coda orizzontale, come negli altri esemplari della specie. »
« Un problema interessante: ma qualsiasi mia ipotesi, fondata unicamente su una descrizione verbale,
per quanto precisa, non varrebbe nulla. Se potessi vedere il dente, misurarne lo spessore e l'angolo
delle spirali e delle circonvoluzioni maggiori, forse avrebbe qualche modesto valore. » « Se voleste
farmi l'onore di pranzare con me, diciamo, domani sera », disse Maturin, « sarei felice di mostrarvi il
dente, un esemplare piccolo, ma perfetto. » # Jack e Stephen si incontrarono quasi sulla porta del
Crown. « Ben trovato! » lo salutò Jack da lontano. Stephen studiò la faccia del commodoro e la sua
andatura: era sobrio? « Sembri stranamente allegro, amico mio », gli disse, guidandolo verso i
gradini Pigtail. « Spero tu non abbia conosciuto qualche giovane r 82 compiacente, attratta
dall'abbondanza di ricami dorati che ti ricopre. » « Mai sia », disse Jack. « Sono noto in tutta la
marina come Aubrey il Casto. In effetti ho incontrato qualcuno, ma qualcuno che si fa la barba,
quando può permetterselo. Stephen, ricordi che ti ho parlato del fatto che ci mancavano gli aiuti
nocchiere e di come io agognassi a trovare un sostituto del povero Wantage? » « Non mi pare che tu
abbia menzionato la cosa più di dieci volte al giorno. » « Non si tratta di quegli allievi che sono
promossi aiuto nocchiere per poter diventare ufficiali alla fine del periodo di servizio, ovviamente
sai che devono presentare un certificato per dimostrare di avere servito come aiuto nocchiere per due
anni; no, no, io parlo del vero aiuto nocchiere, il secondo nocchiere della nave, la cui unica
ambizione è di diventare nocchiere a sua volta, esperto nella navigazione e nelle manovre, ma con un
brevetto dell'Ufficio della marina più che con una nomina regia. Sì, abbiamo Salmon, ma io volevo
un altro aiuto nocchiere per dare una mano al povero Woodbine, vecchio e stanco com'è. I nostri
allievi sono bravi giovani, ma non sanno nulla di matematica e come navigatori sono delle vere
bestie. » Un occhio vigile a bordo della Surprise aveva colto l'ampio gesto del commodoro inteso a
illustrare la vastità dell'ignoranza degli allievi quanto a navigazione, e la lancia si diresse
immediatamente nella sua direzione sulle acque del porto affollate di imbarcazioni: la squadra si
stava riallestendo a ritmo accelerato, così la lancia impiegò un po' tempo per arrivare. Jack continuò:
« Ebbene, ho incontrato John Daniel ». Scrutò il volto di Stephen per cercarvi una traccia, un lampo
di comprensione: nessun lampo di nessun genere. «John Daniel», ripete Jack, «è stato con noi sulla
Worcester. E ha navigato sull’Agamemnon: Woodbine lo conosce bene, come molti altri ufficiali.
Era stato congedato durante la pace e si era imbarcato su una nave armata per la guerra di corsa... » «
Signore, signore, oh, signore, prego! » strillò un ragazzo arrivato di corsa, rosso in faccia per lo
sforzo. « Gli omaggi delL 83 l'ammiraglio; per cortesia, potete dare questo al dottor Ma-turin? » « I
miei rispetti all'ammiraglio », disse Jack, prendendo la missiva e consegnandola a Stephen, « potete
riferirgli che i suoi ordini sono stati eseguiti. » Scendendo i gradini fino alla lancia in attesa Stephen
rigirò la lettera tra le mani con aria dubbiosa. « Non badare a me, ti prego », continuò Jack, ma il
vogatore di poppa, un vecchio marinaio che conosceva bene Stephen, era già pronto ad aiutare il
dottore a scavalcare la falchetta. Bonden scostò non appena il commodoro si fu seduto, e gridò: «Via
così! » La lancia si mosse tra le imbarcazioni senza urtarne nemmeno una finché non si affiancò
sottobordo con la solita perfezione. Nella cabina di poppa Stephen si rivolse al commodoro: « Jack,
temo di essere stato così indiscreto da invitare a pranzo sulla Surprise il signor Wright senza
nemmeno consultarti. Voglio sapere che cosa ne pensa dell'azione dell'acqua sul dente di narvalo che
mi hai regalato tempo fa, della natura della turbolenza originata dalle spire o circonvoluzioni e
dell'effetto delle spirali ascendenti, più delicate ». « Niente affatto », lo rassicurò Jack. « Mi
piacerebbe ascoltarlo, mi piacerebbe moltissimo. Per quanto io abbia vissuto sull'acqua la maggior
parte del tempo, non so nulla di idraulica, se non in un modo elementare, pragmatico. Potremmo
invitare anche Jacob e fare un po' di musica. Sono certo che il signor Wright, come altri matematici
membri della Royal Society, apprezzerà una fuga. Oh, Stephen, lascia che ti finisca di parlare di John
Daniel, il sostituto di Wantage: ha un aspetto talmente trasandato che sarebbe crudele introdurlo così
nell'alloggio degli allievi. E un tipetto basso, curvo, magro, bruttino, che assomiglia molto a... cioè,
tu sei l'unico adulto a bordo che potrebbe prestargli un abito. Te lo ridarà non appena si sarà
procurato qualcosa di adatto. » « Killick», chiamò Stephen quasi senza alzare la voce; sapeva che il
famiglio stava origliando alla porta (Killick aveva il raffreddore e il suo respiro pesante si sarebbe
sentito da lontano), 84 « una camicia bianca decente, per cortesia, la giacca blu alla quale stavate
attaccando i bottoni, una cravatta, un paio di pantaloni di tela, calze, scarpe — scarpe con la fibbia -
e un fazzoletto. » Killick aprì la bocca per replicare, ma la richiuse e, dopo una pausa, disse: « Aye-
aye, Sir: camicia bianca decente, giacca blu, cravatta, pantaloni di tela, calze, scarpe con la fibbia,
fazzoletto », e corse via. Stephen non ne fu affatto sorpreso: non era che un esempio della singolare
deferenza riservata alla sua situazione, come anche ai condannati a morte. « Per favore, Jack, dimmi
del tuo aiuto nocchiere. » « Si chiama John Daniel e viene da Leominster; il padre aveva una piccola
libreria. Si è fatto un'istruzione nella bottega del genitore oltre che nella scuola pubblica della città,
ma il signor Woodbine - la sua famiglia era di lì — mi ha detto che nella cittadina si leggeva poco e,
con il declino dei commerci, i clienti non pagavano i conti; così la libreria aveva cominciato ad
andare male e il giovane Daniel, per salvare il padre dalla prigione per debiti aveva incassato il
premio d'ingaggio e si era imbarcato su una nave caserma a Pompey. Poi è stato inviato sull’Arethwa
con un così misero contingente che Daniel era l'unico a saper scrivere il suo nome. Nicholls, Edward
Nicholls, comandante in seconda dell'Arethwa, non lo vedeva di buon occhio: non era un marinaio,
era troppo esile per alare, non sapeva fare nessun mestiere manuale e stava per classificarlo
terrazzano e destinarlo ai lavori di pulizia in coperta, quando per caso gli chiese se pensasse di poter
essere utile a bordo di una nave. Daniel aveva risposto di aver studiato matematica e di saper fare i
conti. Nicholls gli aveva fatto qualche domanda e si era convinto che stesse dicendo la verità.
Ammesso che sapesse scrivere in una bella grafia, Daniel avrebbe potuto dare una mano al
commissario o al segretario del comandante e forse anche al nocchiere. E così fece, ma una volta
fuori della Manica non ci fu più nulla da fare per lui e Daniel passò la maggior parte del tempo con il
nocchiere, Oakhurst. Tu ricordi Oakhurst, non è vero, Stephen? Era sull’Euryalus al largo di Brest, un
grande sostenitore delle distanze lunari per determinare la longitudine. Una volta aveva pranzato con
noi e aveva 85 inveito contro gli ignoranti fannulloni che si affidano ai cronometri. » « Era un tipo
istintivo, perfino collerico. » « Sì. Però è stato gentile con Daniel, che era affascinato dalla
navigazione, dall'orologio celeste, dal moto circolare delle stelle, dai pianeti, dalla luna e che si
dedicava di continuo, con un vecchio quadrante che gli era stato prestato, a rilevare altezze e
misurare distanze tra la luna e le diverse stelle. Un giovane attratto dalla bellezza della matematica,
dei numeri in quanto tali... Poi l'equipaggio deiïArethusa fu trasferito sulY Inflexible e Daniel,
classificato marinaio semplice, essendo mingherlino e leggero venne assegnato alla coffa di maestra.
» « Deve essere stato molto duro, per lui. » « Sono sicuro di sì. Non riesco a immaginare che cosa
avesse in mente il primo ufficiale: certamente erano a corto di uomini, ma anche così... Comunque
sia, sopravvisse. Aveva vissuto sul mare a lungo, prendendo il suo posto quando tutti gli uomini
venivano chiamati in coperta e si era abituato agli usi della marina: non era più un estraneo, a bordo,
ma un uomo simpatico a tutti e i compagni non mancavano di aiutarlo. Imparava in fretta, e dopo un
anno o giù di lì si era fatto un'idea chiara delle manovre di una nave e della navigazione e fu molto
felice quando l’Inflexible venne portata nell'arsenale per il raddobbo e Oakhurst pregò il suo
comandante di prendere Daniel come aiuto nocchiere sulla vecchia Behemoth. Poi, come la maggior
parte delle navi da guerra, durante la pace la Behemoth fu messa in disarmo e dopo un po' di tempo
sulla terraferma - tutto pur di avere un imbarco - si fece ingaggiare da una nave corsara che avrebbe
dovuto fare guerra ai pirati della Barbería, ma che non era adatta a questo scopo. Una delle prime
navi di pirati che incontrarono, una nave di Tangeri, la ridusse così male che riuscì a malapena a
raggiungere Orano dove si incagliò e imbarcò acqua. Una tartana genovese gli permise di
guadagnarsi il passaggio fino a Mahón, dove sperava di trovare qualche conoscente, ma fu derubato
di tutto ciò che possedeva. Quando l'ho incontrato era seduto sotto un portico in maniche di camicia.
Per tornare al nostro pranzo, parlerò con il cuoco; e, se il signor 86 Wright vorrà, potremmo
suonargli la fuga di Zelenka che abbiamo ripassato domenica: un pezzo insolito. »
IL pranzo fu un successo: il cuoco del comandante, con tutte le delizie di Minorca a portata di
mano, si fece onore con nobili vivande e tutti bevvero una gran quantità di rosso locale di For-nells e
di vecchio Madeira; Stephen fu particolarmente contento: il grande ingegnere, solitamente un ospite
difficile e incline al malumore, simpatizzò con Jack e ancor più con Jacob. I due discussero
animatamente sulle varietà del greco moderno e sulle curiose versioni di turco che si erano
sviluppate tra le nazione soggette dell'immenso impero ottomano. «A scuola, me la cavavo
abbastanza bene con Omero », disse Wright alzando il bicchiere, « athésphatos oinos, a proposito,
ma quando mi è stato chiesto di costruire moli e frangiflutti a Hyla, ho scoperto che il mio greco non
serviva a niente, assolutamente a niente! Sono stato costretto a prendere un interprete. Senza dubbio,
voi eravate meglio preparato per il Mediterraneo orientale... » « Be', non si è trattato di preveggenza
o di virtù, ma della buona sorte che mi ha fatto trascorrere l'infanzia, gli anni nei quali si apprende
più facilmente una lingua, fra turchi, greci e genti che parlavano molte varietà di arabo e di berbero,
così come l'ebraico arcaico degli ebrei Beni Mzab. I miei erano mercanti di gioielli: vivevano per lo
più in Libano, ma viaggiavano molto, persino fino a Mogador sulla costa atlantica da una parte e fino
a Baghdad dall'altra. » «Deve essere un'attività rischiosa», intervenne Jack, «viaggiare tra montagne
e deserti con un sacchetto di pietre preziose in tasca o nella borsa della sella. Intendo dire, oltre alle
bestie feroci, ai leoni in cerca di prede, ci sono i banditi, no? Si sentono raccontare brutte storie sugli
arabi: ricordo che in Terra Santa, dove la gente senza dubbio stava meglio di oggi, il Buon
Samaritano aveva incontrato sulla strada un poveretto malmenato, ferito e derubato. E nel corso di
questo turno di guardia io farò partire due convogli armati per far arrivare sani e salvi 87 sul Tamigi
alcuni mercantili che trasportano fichi di Smirne: non una perla o un diamante. Non oserei mai
avventurarmi senza scorta in un deserto con un carico di gemme. » « E io, a meno di avere una tripla
corazza di bronzo sul cuore, non mi sognerei mai di prendere il largo su un fragile guscio di legno
sbattuto di qua e di là dal vento; ma, come sapete meglio di me, signore, l'abitudine fa sembrare certe
cose quasi sicure, perfino normali. È vero che montagne e deserti possono essere fatali per chi non vi
è abituato, ma dopo un po' non sembrano più pericolosi di un viaggio a Brighton. » Un allievo si
avvicinò al commodoro Aubrey, presentò a bassa voce i rispetti del signor Harding e riferì che
l'ufficiale al comando del convoglio chiedeva licenza di fare vela. « Vogliate scusarmi, signori »,
disse Jack alzandosi. « Non mi assenterò a lungo. » Così fu, ma la conversazione non si era nel
frattempo interrotta; Jacob stava ripetendo con una certa enfasi la parola « mzab » al signor Wright, il
quale si era sporto in avanti, la mano a coppa dietro l'orecchio. « Mi perdoni, signore », si scusò
Jacob, « stavo solo spiegando come generazioni di commercio nomade di pietre preziose insegnino a
sopravvivere: la rete di associati di fiducia, spesso imparentati, l'abitudine di spostarsi in piccoli
gruppi familiari con donne di mezz'età e bambini, poche guardie a una certa distanza, una piccola
quantità di mediocri cavalli e cammelli come unica proprietà visibile. Stavo dicendo che la presenza
di bambini, soprattutto se sporchi e semi nudi, cancella ogni idea di ricchezza. Volevo spiegare al
dottor Maturin come ho potuto imparare il dialetto zeneta dei berberi e l'ebraico arcaico di Mzab. » «
Una conoscenza che vi invidio », disse Jack. Jacob accennò un inchino e continuò: «Alcuni miei
cugini di Alessandria mi avevano portato con loro e facevo la parte del bambino sudicio alla
perfezione; ma una volta arrivati alla solita tappa di riposo tra i Beni Mzab un cammello mi dette un
morso, un brutto morso che non voleva guarire, e così dovettero lasciarmi con una prozia e
proseguire. Fu allora che imparai la doppia gutturale dell'ebraico Beni Mzab e che finii per trovarmi
a mio agio con le radici triconsonantiche della lingua berbera». Fece molti esempi dell'ebraico in
questione e delle regole grammaticali della lingua berbera, illustrandole con citazioni da Ibn
Khaldun. « Con il vostro permesso, signore! » chiamò Killick, con sollievo di Jack: non soltanto non
vedeva l'ora di divorare il budino di ribes, ma temeva che l'interesse del signor Wright per l'ebraico
arcaico, mai molto vivo, si stesse spegnendo rapidamente. Anche il signor Wright, a dispetto dell'età,
sembrava interessato al budino, e dopo un po' disse, in tono autorevole: « I francesi possono dire
quello che vogliono e Apicio, con le sue murene nutrite di schiavi, sapeva certamente il fatto suo, ma
io credo che la civiltà raggiunga il punto più alto con la forma luccicante e delicatamente maculata di
un budino come questo, colorata dal suo sugo oleoso ». « Sono d'accordo! » esclamò Jack. «
Permettetemi di tagliarvi una fetta dall'estremità di dritta, così traslucida. » « Se proprio devo... »
disse Wright, allungando il piatto con avidità. Piano piano il budino finì, le bottiglie di cristallo
fecero il loro giro maestoso e Jack Aubrey portò la conversazione sulla musica. « Fino a poco tempo
fa », osservò, « non avevo mai sentito parlare di un compositore boemo, un certo Zelenka. » «
Dismas, mi pare. » Jack si inchinò e proseguì: « Poi mi hanno dato una copia del suo Ricercare per
Tre Voci, che ormai abbiamo suonato parecchie volte e che pensavo di offrirvi con il caffè; a meno
che preferiate il trio in do maggiore di Locatelli ». « A dire il vero, caro commodoro, preferirei il
Locatelli. Quel trio è così distaccato, per così dire geometrico, che mi fa impressione, un po' come la
vostra relazione sulla nutazione e sulla precessione degli equinozi dal punto di vista del navigatore
pubblicata su Transactions. Ma prima vorrei vedere il dente di narvalo del dottor Maturin. Mentre
ascolto, con in mano quell'improbabile dente, forse l'intuito mi aiuterà a trovare la soluzione, come
mi è già successo in due o tre felicissime occasioni. » Jack Aubrey aveva parlato di caffè, certo come
il tramonto 89 del sole, ma per il momento gli stornaci più robusti intorno alla tavola erano ancora
impegnati con i resti del budino, mentre tutti bevevano Madeira: assolutamente tutti, dal momento che
Killick, il suo aiutante e il mozzo di terza classe che lo assistevano amavano quel vino antico e
generoso e avevano imparato a sostituire rapidamente la bottiglia non del tutto vuota con una piena
alla fine di ogni giro: il minuscolo mozzo aveva già prelevato la prima bottiglia, per vuotarla in
bicchierini che i tre si erano scolati frettolosamente. Stephen se ne era accorto, e d'altronde
conosceva bene la tendenza di Killick a finire tutto ciò che veniva lasciato o a incoraggiare a
lasciarlo, sebbene non si fosse mai spinto così oltre. Non aveva gran che da obiettare dal punto di
vista morale, ma gli sembrava che il mozzo di terza classe, un soldo di cacio alto non più di cinque
piedi, fosse ormai al limite, avendo più occasioni di bere dei suoi compagni e meno resistenza
all'alcol. Si sentì dunque sollevato quando l'ultima bottiglia di cristallo, con cui avevano brindato al
re, venne portata via mentre Jack, il signor Wright e Jacob lo guardavano in attesa. «Killick»,
chiamò, « per cortesia, fate un salto nella mia cabina a prendere la custodia per archetto appesa
dietro la porta. » «Aye-aye, Sir!» disse Killick, più bianco in faccia di quanto Stephen avrebbe
voluto e con gli occhi sgranati. « Custodia per archetto. » Ma la custodia per archetto non arrivò.
Killick aveva deciso di tirar fuori il dente di narvalo e ora, alla luce della porta spalancata, lo si
vedeva fare gesti bizzarri puntandolo contro il mozzo, che stava trangugiando i resti del Madeira. «
Oh, oh! » farfugliò il mozzo, quasi strozzandosi, prima di lanciarsi in avanti in un parossismo di
ubriachezza adolescenziale, spruzzando Madeira da tutte la parti e afferrandosi alle ginocchia di
Killick che trascinò giù con sé sul pagliolo. Il famiglio cadde disteso, stringendo al petto il dente di
narvalo che si spezzò in due con uno schianto secco; una lunga scheggia finì nella cabina. Si
trovavano nella parte antistante la cabina di poppa, quei piccoli ambienti a proravia e a sinistra che
in genere venivano usati in tali occasioni. Jack scavalcò i due corpi, chiamando a 90 gran voce il
nostromo, i marinai addetti alla pulizia e il capitano d'armi. Bonden prese in mano la situazione e con
furia fredda e silenziosa condusse l'ammutolito Killick a prua, mentre il capitano d'armi trascinava lo
sciagurato e inerte ragazzo fino alla pompa più vicina. Gli addetti alla pulizia, gente esperta, si
misero al lavoro senza dire una parola, e con una rapidità straordinaria lavarono, pulirono e ancor
prima che il pagliolo fosse completamente asciutto riordinarono la cabina, riportandola all'onor del
mondo. Il signor Wright era seduto sul comodo stipo che correva sotto la grande vetrata della cabina
di poppa, quando Stephen rientrò portando il violoncello e gli spartiti. Il vecchio gentiluomo aveva
sistemato con cura i pezzi del dente di narvalo, le parti rotte l'una accanto all'altra e la scheggia lunga
diciotto pollici sistemata al suo posto con tale precisione che a prima vista il dente sembrava intatto.
«Caro dottor Maturin, siete rimasto male?» « No, signore », assicurò Stephen, « non m'importa. »
Dopo un po' di esitazione, Wright continuò: « Credetemi, questa è una delle poche cose che so fare
bene. La scheggia provvidenziale mi ha mostrato la natura della sostanza interna; le rotture sono nette
e io ho un cemento che le salderà perfettamente: sarà come nuovo. Si tratta di un mastice che farebbe
la fortuna dei dentisti, se non fosse così nocivo. Volete affidarmi il dente e permettermi di portarlo a
casa mia? » «Ve ne sarei grato, ma... » «L'ho già fatto molti anni fa con gli scheletri della cugina
Christine. E mentre voi suonate penserò alla parte inferiore del dente, alle sue circonvoluzioni e
spirali. Un vero enigma. » « Te la senti di suonare? » bisbigliò Jack all'orecchio di Stephen. « Ma
certo! » « Bonden! » chiamò Jack. « I leggii e il mio violino, avete sentito? » « Aye-aye, Sir: leggii e
violino, sissignore. »

CAPITOLO IV
Le batterie salutarono di nuovo la squadra del commodoro Aubrey impegnata nella pericolosa
manovra per uscire dal porto di Mahón: brevi bordi lungo la stretta Cala San Esteban contro raffiche
di vento da sud e la corrente di marea del Mediterraneo in quel momento fortissi-ma. Una piccola
squadra, dal momento che la Briséis, la Rainbow, e la Ganimede erano state mandate a proteggere il
traffico orientale e la Dover stava ancora scortando i mercantili della Compagnia delle Indie in
patria. La Ringle era in testa, più agile e rapida a virare come era normale per una goletta della sua
classe, a suo agio in quelle acque proprio come la Surprise, governata da un uomo che l'aveva
comandata nei migliori anni della sua vita e che l'amava teneramente: una nave con la fortuna di
avere a bordo una percentuale elevata di marinai eccellenti che la conoscevano bene, come
conoscevano bene il suo comandante. Non che l'equipaggio avesse un'aria felice mentre il canale si
faceva più stretto e le grida di « Tutti gli uomini in coperta! » più frequenti: i fanti di marina appena
imbarcati (almeno uno per ogni squadra ai cannoni) erano maldestri, e la regola voleva che si
rispondesse al saluto delle batterie costiere alla nave ammiraglia con precisione, il che richiedeva
una grande attività a bordo. Tuttavia il disagio degli uomini della Surprise, benché si facesse sentire,
non poteva essere paragonato a quello dell'equipaggio della Pomone, un equipaggio raccogliticcio,
con un comandante che non aveva mai governato una fregata, un primo ufficiale scontento e un
secondo fresco di nomina - in quel momento di guardia — che non conosceva nemmeno un marinaio a
bordo e dava ordini confusi, che venivano spesso fraintesi e talvolta ripetuti da aiutanti del nostromo
esasperati e spaventati, troppo impegnati a usare la verga; e tutto ciò su una fregata poco
maneggevole che beccheggiava pesantemente, con troppe vele a prua che la rendevano poggiera. Il
commodoro e i suoi ufficiali, che la osservavano dal casse92 ro, sembravano sul punto di fischiare
con disapprovazione e scuotevano la testa tutti con lo stesso movimento grave e di cattivo augurio. Se
non fosse stato per lo zelo furibondo del vecchio cannoniere e dei suoi aiutanti, la Pomone non
avrebbe contribuito a un decimo delle salve di saluto, una ben misera cosa. « Riuscirò mai a usarne
come si deve i cannoni sull'Adriatico? » mormorò Jack. « O in qualunque altro luogo, se è per
questo? Terrazzani malfatti e buoni a nulla... tutti e trecento!» La Pomone per poco non mancò la
virata, sfiorando la roccia impietosa con l'asta di fiocco. Per quanto potesse sembrare impossibile,
perfino la Cala San Esteban aveva una fine: la Ringle doppiò la punta per prima, virò mettendosi al
lasco, seguita dalle altre. Il giovane capitano Vaux, ufficiale coscienzioso, sebbene con ogni
probabilità fosse sfuggito a un naufragio, non si lasciò andare a manifestazioni di sollievo e di
soddisfazione come alcuni dei suoi uomini, ma gridò con voce degna della marina: « Silenzio a prua
e a poppa! » soggiungendo nella quiete improvvisa: « Signor Bates, finché i cannoni sono caldi e i
paravampe in funzione approfittiamone. Segnalate Permesso di sparare qualche volata ». Per fortuna
il signor Bates, le cui scarse capacità non lo avrebbero raccomandato a nessuno, aveva un secondo e
un addetto ai segnali molto efficienti che fecero uscire rapidamente dallo stipo le bandiere,
composero il segnale e lo inviarono a riva. Pochi minuti dopo, un brillante aiuto nocchiere, il recente
acquisto della Surprise ]oh.n Daniel, mormorò al terzo ufficiale Whewell: « Domando scusa, signore,
la Pomone chiede il permesso di sparare alcune volate ». Il signor Whewell scrutò nel cannocchiale,
corse da Jack e, togliendosi il cappello, disse: « Signore, prego, la Pomone chiede il permesso di
sparare alcune volate ». « Rispondete: Quante potete permettervene ma con cariche ridotte e a
poppavia del traverso. » IL capitano Vaux, che proveniva da una famiglia ricca e di manica larga,
odiava si pensasse che era stato promosso prima di altri grazie alle sue conoscenze: voleva fare
della sua nave una macchina da guerra efficiente come la Surprise ed era disposto a 93 pagare
qualche centinaio di libbre di polvere di tasca propria, se fosse servito allo scopo; avrebbe potuto
rinnovare le scorte a Malta. Qualche minuto dopo il segnale del commodoro, i tiri ricominciarono, a
partire dai cannoni prodieri, uno alla volta, e da qualche carronata per continuare poi con i cannoni
della parte centrale delle batterie in bordate via via più coordinate che avvolsero la fregata in una
bella nube di fumo. Il fuoco e il frastuono di un'esercitazione ai cannoni quasi sempre mettevano gli
uomini di buonumore: bastava il fragore a esaltarli e l'esaltazione portava allegria. Eppure,
nonostante i cannoni della Pomone ruggissero e tuonassero magnificamente, a bordo della vicina
Surprise c'era ben poca allegria. Perfino dopo pranzo (due libbre di carne di manzo fresca di
Minorca a testa) e l'eccellente grog, nonché dopo cena l'atmosfera a bordo rimase cupa. Tutti
sapevano del guaio capitato a Killick, non si raccontava altro che le prodezze dell'infelice mozzo: la
caduta terribile, la rottura del prezioso corno... Nei due giorni seguenti le cose non cambiarono,
anche quando Mahón fu lontana a poppa, invisibile all'orizzonte occidentale dalla testa dell'alberetto
di controvelaccio mentre la squadra procedeva verso Malta con un vento costante e moderato al
giardinetto di dritta. Nessuna allegria a bordo della Surprise, la fortuna aveva abbandonato la nave
insieme al corno rotto: che cosa ci si poteva aspettare da un corno rotto, per quanto aggiustato alla
perfezione? Più di una volta i marinai anziani borbottarono qualcosa a proposito di verginità, di
illibatezza; e quelle parole, accompagnate da un malinconico movimento del capo, dicevano tutto ciò
che c'era da dire. Nessuna allegria nemmeno tra gli uomini della Pomone: non soltanto il nuovo
comandante era un vero tiranno che li teneva ai cannoni mattina, pomeriggio e sera, togliendo il grog
a un'intera squadra per errori da nulla, ma alcuni, feriti dal rinculo o ustionati dalla polvere da sparo
o con escoriazioni causate dalle cime, erano stati trasbordati sulla Surprise, perché il chirurgo della
Pomone era malato e non voleva arrischiarsi a trattare i casi delicati, e là avevano appreso l'in94
tera faccenda. L'umore a bordo della Ringle non era diverso, dato che il loro comandante aveva
pranzato con il commodoro e gli uomini del suo armo avevano trascorso il pomeriggio
sull'ammiraglia con amici e cugini. Nessuna allegria. Ora si dava il caso che l'ufficiale al comando
dei fanti di marina della Surprise, il capitano Hobden, avesse un cane dal pelo gialliccio, dalle
zampe lunghe e semi zoppo di nome Naseby, la cui madre era appartenuta all'artiglieria a cavallo e
che andava pazzo per l'odore della polvere da sparo, perfino quello debole e vago che proveniva
dalla Pomone, l'affaticata Pomone. Era una creatura amichevole, abituata alla vita a bordo di una
nave e pulitissima anche se in certo modo dedita al furto; ma allegra, per davvero. Naturalmente
amava i fanti di marina e la loro uniforme così familiare, ma anche i marinai; e dal momento che il
capitano Hobden suonava spesso il flauto tedesco (un'abominazione per i cani), mentre i suoi
sottoposti trascorrevano il tempo libero a pulire le armi e a lustrare, spazzolare e a imbiancare col
gesso il loro equipaggiamento, Naseby aveva individuato rapidamente il circolo dei fumatori nella
cucina. Un circolo non molto gioviale, in quei giorni, ma gentile: le donne arrivavano ad allungargli
una galletta o perfino uno zuccherino, e in ogni caso erano di compagnia. «Bravo, Naseby, eccoti
qua», disse Poli, quando erano ormai lontani dalla terraferma e le stelle cominciavano a
occhieggiare. « Per lo meno non sei tu il colpevole. » Gli dette un pez-zettino di torta e riprese: «...
erano là, il dottore e il suo assistente, anzi dovrei dire i due dottori, erano là che andavano su e giù
agitatissimi e pronunciavano parole che non ripeterò davanti a gente, sembravano due leoni in
gabbia». Killick entrò con un'inverosimile pila di camicie sulle braccia, tenuta ferma dal mento
puntuto, da stendere nella cucina quando i fuochi fossero stati spenti. Aveva lavato, stirato,
pieghettato dove necessario tutte le camicie di Jack e di Stephen, le cravatte, i fazzoletti, i panciotti,
le mutande e i pantaloni di tela e lucidato l'argenteria della cabina di poppa fino a farla brillare nella
speranza di essere perdonato: ma dall'alloggio del comandante fino alla cucina e addirittura fino alle
latrine veniva anco95 ra guardato dall'alto in basso con antipatia e delusione: nessuna delle donne e
nemmeno i mozzi di bordo lo chiamavano più signor Killick. Ma pur essendo così abbattuto da aver
perso l'appetito, il piacere del tabacco e del sonno, la sua naturale curiosità non lo aveva
abbandonato, e domandò il motivo per cui i due dottori imprecassero così. « Killick», disse Poli
Skeeping, « come mai non lo sapete, visto che si tratta della vostra cosiddetta 'mano di gloria' che
doveva farci diventare tutti ricchi? » « Oh, no », bisbigliò Killick. « Oh, sì! » esclamò Poli scuotendo
la testa, « come sapete i dottori la tenevano in un vaso pieno di spirito di vino raffinato due volte in
modo da conservarla fresca e pulita: e che cosa è successo? Ve lo dico io che cosa è successo, se
proprio avete bisogno che qualcuno ve lo dica. Qualche maledettissimo farabutto — o farabutti — ha
cominciato a sostituire lo spirito di vino con l'acqua e così ora è tutt'acqua, dannatissima acqua, e al
diavolo tutto quanto... la mano sembra frolla. I tessuti superficiali sono andati. L'hanno messa all'aria
ad asciugare e domani sera sperano di salvare i tendini e di riattaccare insieme le ossa. » Speranza
delusa. Quando in uno dei pochi momenti liberi (le esercitazioni sulla Pomone si erano rivelate
straordinariamente cruente e una incredibile quantità di foruncoli, affini in modo inquietante al
bottone di Aleppo era comparsa a bordo della Surprise) i due uomini di medicina si avvicinarono
all'asse accanto a un portellino di murata dove la povera mano era stata messa ad asciugare — a
essiccarsi, in verità — non trovarono nulla se non una debolissima traccia di sangue, la tavola per
dissezionare e l'impronta della zampa anteriore destra di un grosso cane sullo sgabello imbottito. « IL
vostro bel regalo assolutamente dissacrato, sprofondato nelle fauci di quel miserabile cane bastardo!
» « Tutto il nostro lavoro andato in fumo! » esclamarono i due dottori, ingiuriando l'animale con
estrema violenza in lingua berbera e gaelica. Stephen trovò Hobden nel quadrato con il suo infelice
flauto mentre i due ufficiali di riposo giocavano a tavola reale. « Si96 gnore », disse pallido per la
collera, « devo avere il vostro cane. Ha rubato la mia mano e io devo operarlo oppure
somministrargli un potente emetico prima che sia troppo tardi. » « Come sapete che è stato il mio
cane? La nave è piena di gatti, ladri dal primo all'ultimo. » « Venite con me nella cucina e ve lo
mostrerò. » Naseby era in effetti in cucina, comodamente installato tra le donne, che si alzarono di
scatto. Stephen afferrò il cane, gli sollevò la zampa destra segnata da profonde cicatrici, la mostrò a
Hobden e affermò: « Ecco la prova! » « Non hai mai rubato niente, non è così, Naseby? » domandò
Hobden. Naseby era un cane intelligente, sapeva stanare una lepre e fare ogni sorta di cose, come
contare fino a otto colpi della campana e aprire una porta chiusa con il paletto, ma non sapeva
mentire. Perfettamente consapevole dell'accusa, lasciò cadere le orecchie e la coda, si leccò il naso e
confessò tutto. « Bisogna che lo apra per recuperare la mano oppure che gli somministri un potente
emetico; nel caso l'emetico non dovesse funzionare, dovrò intervenire con il bisturi. » « La colpa è
vostra, perché lasciare quella roba in giro?! » esclamò Hobden. «Voi non toccherete il mio cane,
bastardo dogmatico che non siete altro! » « Intendete ritirare queste parole? » disse Stephen dopo una
breve pausa, la testa reclinata sulla spalla. « Mai, fino alla morte! » affermò Hobden a voce un po'
troppo alta. Stephen lasciò la cucina sorridendo. Sul castello trovò Somers, il secondo ufficiale, che
contemplava il bianco abbagliante delle vele di prua nel sole, appena smorzato nelle zone d'ombra. «
Signor Somers, mi dispiace disturbarvi - uno spettacolo glorioso, davvero - ma ho avuto un diverbio
con il capitano Hobden: mi ha insultato in pubblico e non ha voluto scusarsi: addirittura in cucina,
per amor del cielo! Volete essere il mio padrino? » « Certamente, mio caro Maturin. Come mi
dispiace! Andrò subito da lui. » 97 « Avanti! » gridò Aubrey alzando lo sguardo dalla scrivania. «
Scusate il disturbo, signore », disse Harding, il comandante in seconda della fregata, « ma è urgente.
» Parlava a bassa voce e Jack lo condusse a poppa, allo stipo sotto la vetrata dove l'ufficiale avrebbe
potuto parlare tranquillamente: in una nave lunga centoventi piedi dove si accalcavano duecento
uomini la riservatezza era un privilegio, come Jack sapeva bene. « Signore », esordì Harding,
evidentemente a disagio nel ruolo dell'informatore. « IL dottor Maturin ha sfidato Hobden, perché il
cane di Hobden ha mangiato la mano sotto spirito e Hobden, quando si è sentito dire che la mano
doveva essere recuperata con il bisturi o con il purgante, lo ha insultato. Ve lo riferisco perché gli
uomini sono preoccupati. Non ho bisogno di dire a voi, signore, che i marinai, per lo meno i nostri
marinai, sono più superstiziosi di un mucchio di donnicciole. Pensavano che il dente di narvalo
portasse fortuna e dopo il dente, forse persino prima, quella mano di gloria... lo sapete, non è vero? »
« Certo. Grazie, Harding, è stato corretto da parte vostra. Per favore, dite a Hobden che voglio
vederlo. Immediatamente. Non perda tempo con l'uniforme. » Un minuto più tardi invitò a entrare un
Hobden in maniche di camicia e pantaloni di tela. « Capitano Hobden », gli disse Jack in tono grave,
« mi risulta che il vostro cane abbia mangiato la mano sotto spirito del dottor Maturin e che messo di
fronte al fatto abbiate dato del bugiardo o peggio al dottore. Dovete ritirare l'insulto e permettergli di
recuperare la mano o lasciare la nave a Malta. Vi concedo cinque minuti per riflettere, non di più, la
capacità digestiva dei cani è quella che è. Mentre riflettete, però, ricordate questo: nell'impeto della
collera chiunque può lasciarsi andare, ma dopo un po' chiunque valga qualcosa come essere umano
deve chiedere scusa. Basterà un biglietto, se pensate che le parole non vogliano uscire. » Hobden
cambiò colore un paio di volte, una gamma di emozioni si susseguì sul suo volto, tutte di grande
infelicità. « Se preferite scrivere ora, ho carta e penna », concluse Jack, indicando con un gesto la
scrivania e la sedia. 98 # Mentre affilavano i loro strumenti su coti e pietre di Candia alla luce di una
lampada Argand, Jacob e Stephen Maturin parlarono della piacevole serata con il signor Wright.
Dopo aver finito di conversare sull'esecuzione distaccata e geometrica del pezzo di Locatelli, Jacob
disse: « Temo, però, di avere annoiato, con i miei esempi del dialetto zeneta e delle doppie gutturali
dell'ebraico locale; ma per lo meno non l'ho fatto con la storia dei Beni Mzab, curiosa, ma difficile
da esporre in modo succinto. Intendo dire il fatto che non soltanto i musulmani ibaditi sono eretici,
ma che molti ebrei sono cainiti, entrambi in errore secondo l'ortodossia». Stephen continuò ad
affilare il suo strumento, poi disse: « Credo di non sapere nulla dei cainiti ». « Sostengono di
discendere dai keniti, che hanno Caino, il fratello di Abele, come antenato; gli iniziati portano ancora
il suo marchio, anche se lo nascondono per via dei pregiudizi, così diffusi. Il marchio di Caino è il
legame più forte che si possa immaginare, superiore a quello tra i massoni e più antico. » « Me lo
immagino. » « Quando si diffuse il cristianesimo alcuni di loro fondarono una setta gnostica, ma poi i
Beni Mzab tornarono all'antica via, sostenendo che l'esistenza di Caino fosse dovuta a un potere
superiore e quella di Abele a uno inferiore; e che Caino fosse l'antenato di Esaù, di Korah e dei
sodomiti. » « Avanti! » disse Stephen. Il capitano Hobden entrò chinandosi per non battere la testa. «
Non volevo interrompervi, dottor Maturin. Ecco qui le mie scuse », disse porgendogli la lettera, « ed
ecco il mio cane. » « Siete davvero buono », esclamò Stephen alzandosi e stringendogli la mano. «
Non abbiate paura per Naseby, sono interventi facili da eseguire, e io non gli farei mai del male. » 99
IL dottor Maturin sapeva bene che i marinai, più della gente comune, amavano i rimedi con effetto
immediato e la cassa dei medicinali della Surprise era ben fornita di potenti emetici. « Ormai, ci
sono poche speranze », disse Stephen facendo scivolare la pozione nella gola remissiva di Naseby. «
Se mai esistono. » « E anche vero che l'animale è stato trovato presto e sembrava sapere di essere
nei guai e questo potrebbe aver compromesso, perfino arrestato la digestione. » « Reggete il
bugliolo, così. State indietro. » IL cane vomitò, stando male come un cane, appunto, ma era troppo
tardi. « Per lo meno abbiamo le ossa », disse Stephen, rimovendole con un paio di divaricatori. « E
sono quasi intatte. Il resto è inutilizzabile, ma quando avremo fatto bollire le ossa per ripulirle,
potremo riattaccarle insieme: la mano avrà l'aspetto di una mano, forse più di prima, il che sarà di
conforto per l'equipaggio. Poll, Poll, laggiù! Siate così gentile da far venire un paio di uomini con le
redazze; intanto io riporterò questo poveretto dal suo padrone. » L'aver rimesso insieme le ossa in
modo convincente, con l'aiuto dei trapani più piccoli del carpentiere, e prima che finisse il secondo
gaettone, fu realmente di conforto per l'equipaggio. Gli uomini fecero la fila per vedere le dita di un
bianco cadaverico innalzarsi dritte dalle filiere carpali disposte con precisione e bloccate dalla pece
nera e luccicante, il tutto dietro il vetro di una lanterna di poppa. Ogni gruppo, dopo aver
contemplato per il minuto regolamentare, ritornava di corsa in fila per vedere la mano di nuovo: tutti
riconobbero che non esisteva una mano di gloria più gloriosa di quella. Nessuno fu tanto stolto da
nominare la fortuna, ma sulla Surprise le facce contente rivelavano molto più di qualsiasi gesto di
esultanza. Il giorno seguente, durante la chiamata ai posti di combattimento, gli uomini erano
insolitamente allegri e pieni di energia nonostante il vento stesse scemando e girasse verso est, al
punto che avrebbe potuto divenire contrario prima della fine dell'esercitazione, con banchi di nebbia
e scrosci di pioggia. Ma nep100 pure una nevicata avrebbe raffreddato il loro spirito: le squadre
facevano rientrare e portavano in batteria i cannoni con vigore. Poi, poco prima che il tamburo
battesse la ritirata e il bran-dabbasso, una voce acuta e penetrante dall'albero di parrocchet-to gridò:
« Ponte! Ponte, ehilà! Due vele di navi, quattro quarte al traverso di dritta. Rotta a sud-est. Scafi
appena visibili! » « Signor Daniel », disse Jack al secondo nocchiere, « prendete nella mia cabina il
cannocchiale notturno e seguitemi a riva, per favore. » Era seduto sulle crocette di velaccio quando
Daniel lo raggiunse, ma mentre il commodoro ansimava, Daniel non ansimava affatto. « Eccole,
signore! » gridò la vedetta, più avanti sul pennone. « Proprio a poppavia del controstrallo. » Solo per
un istante, si vide una chiazza bianca, forse due. Poi una nuvola bassa le nascose completamente.
«Joe», disse il commodoro che conosceva la vedetta dall'infanzia, « che cosa ne pensate? » « Quando
ho chiamato, signore, erano piuttosto chiare. Avrei detto una nave da guerra, una fregata media, un
bell'assetto, per quanto straniera. E forse un mercantile sulla sua scia. Velatura ordinaria. Ma quando
le ho riviste avevano cambiato rotta per portarsi sopravvento e sono abbastanza sicuro di una
bandiera bianca sulla fregata, come per parlamentare, direi. » Jack annuì, sorridendo: la bandiera
bianca, che faceva mostra di sottomissione e di assenza di ostilità o voleva segnalare il desiderio di
parlamentare, veniva usata spesso come ruse de guerre per ottenere informazioni o vantaggi tattici,
ma Jack non aveva nessuna intenzione di lasciare la squadra sottovento a un potenziale nemico. Stava
per dare gli ordini che li avrebbero tolti dall'impiccio, quando uno squarcio nella nube bassa e un
chiaro di luna diffuso gli mostrarono le due navi sconosciute. Non stavano certamente forzando le
vele, ma ne avevano a riva più della Surprise o della Pomone ed erano senza alcun dubbio su una
rotta che avrebbe dato loro molto presto il vantaggio del vento con tutte le conseguenze che ciò
comportava: la facoltà di attaccare o di rifiutare il combattimento e un generale senso di sicurezza.
Vide anche, seppure in modo vago, la bandiera 101 bianca di cui aveva parlato Joe Willett, ma non
vi prestò attenzione: la sua niente era impegnata a fare in modo che con quelle brezze variabili,
quelle correnti e le carenze della Pomone, le prime luci dell'alba trovassero la squadra molto
sopravvento a quelle navi straniere. Sotto di lui, il tamburo dei fanti di marina batteva la ritirata, le
brande venivano portate sottocoperta e agli otto colpi la guardia salì sul ponte; tutte le operazioni
eseguite in modo corretto, ma a cuor leggero: battute scherzose, risate, gesti burleschi con le brande.
Il turno di guardia toccò al nocchiere, il signor Woodbine. Jack gli disse che la squadra avrebbe
dovuto aumentare la velatura gradualmente, senza mostrare ansia o fretta, e continuare a portarsi
sopravvento in modo che all'alba avessero il vantaggio del vento. Poi chiamò la Ringle e disse al suo
comandante: « William, non voglio chiedere alla Pomone di avvicinarsi a portata di voce con questo
mare in prora, perciò portatevi alla sua anca sinistra e dite al capitano Vaux, con i miei complimenti,
che a est nord-est sono state avvistate due vele sconosciute... le avete viste? » « Sì, signore, le
abbiamo intraviste un paio di volte, con questa bruma. » « Che ne pensate? » « Credo siano fregate.
Su una sventolava la bandiera bianca per parlamentare. » « Parlamentare un corno, William, quei
perfidi bruti stanno cercando di prendere il sopravvento. Ovviamente noi dobbiamo fare lo stesso e
che il diavolo si porti chi resta indietro. » « Amen, signore. Così sia. » « Perciò correte a riferire gli
ordini alla Pomone, volete? È una discreta boliniera nonostante quei masconi a natiche di macellaio.
Poi filate verso il sopravvento e cercate di sapere di più su quelle navi. » La Ringle mise a segno le
vele e ruotò su se stessa; Jack entrò nella cabina e, chino sulle carte nautiche, studiò le correnti locali
con quel tempo e in quel periodo dell'anno. Le osservazioni di mezzogiorno erano state buone ed
entrambi i suoi crono102 metri andavano magnificamente d'accordo; con il buio e la pioggia non
poteva sperare in una conferma dall'esterno, ma era abbastanza sicuro della posizione della nave e in
ogni caso in quelle acque non c'erano coste pericolose né bassi fondali. Con un vento così o perfino
due volte più forte avrebbe potuto manovrare contro il potenziale nemico fino al mezzogiorno
seguente: la sua unica preoccupazione era la Pomone, e il suo equipaggio inesperto. Non voleva
usare le lanterne di coffa o di poppa, avrebbero potuto rivelare la posizione della nave, ma per far sì
che il povero Vaux, con la sua banda di terrazzani, non perdesse del tutto la nave ammiraglia aveva
fatto calare a poppa una scialuppa robusta e ben rifornita, con Bonden e cinque o sei uomini che
avrebbe guidato la fregata con una luce da pescatore, se si fosse smarrita. Fatto questo, dette
un'ultima occhiata al mostrarombi e al giornale di chiesuola, tracciò con la matita la posizione
stimata a quell'ora e ritornò in coperta al compito familiare e gradito di portare la nave sopravvento,
approfittando di ogni mutamento favorevole del mare e della brezza. Grazie ai suoi uomini, attenti a
ogni suo comando e bravi nell'eseguirlo con intelligenza e rapidità, avanzò così velocemente che due
colpi della campana più tardi Harding, titubante, domandò scusa e osservò che la Pomone stava
rimanendo molto indietro, mentre la barcaccia a rimorchio a poppa correva il rischio di essere
sommersa. Quell'interruzione non fu gradita a quanti si trovavano a portata di voce, ma girandosi
indietro Jack esclamò: « Santo cielo, Harding, avete ragione... la sto facendo correre troppo ». Alzò
la voce per ordinare di rallentare la corsa, un comando eseguito con lentezza e facce cupe, ma in
pochi minuti la voce dell'acqua sul tagliamare, lungo le murate e sotto il timone mutò passando da un
suono fremente di eccitazione a uno sciabordio assolutamente normale. « Con rispetto parlando,
signore », annunciò Killick, « la cena è in tavola a vostro comando. » Stephen, già nella cabina di
poppa, stava cercando di suonare un motivo, pizzicando il violino meno pregiato dei due che Jack
portava con sé sul mare. « L'avevo sentito molto tempo fa a 103 una riunione campestre, da qualche
parte a nord di Deny o forse sul confine della contea di Donegal, il genere di riunioni dove si suona,
si canta e soprattutto si balla e che noi chiamiamo un ceilidh; ma non ricordo la melodia finale. » « Ti
tornerà in mente nel cuore della notte », disse Jack. « Per favore, avvicina la tua sedia e mettiamoci a
tavola: sto morendo di fame. » Consumarono una grande quantità di brodo di coda di bue che Jack
ingurgitò con l'ingordigia di un ragazzo, poi un mezzo tonnetto pescato alla traina e infine il quasi
invariabile piatto di formaggio alla griglia, un formatge duro molto simile al Cheddar. « Com'è bello
soddisfare le voglie », osservò Jack alla fine. Vuotò il bicchiere, posò il tovagliolo e disse: « Non
vuoi ritirarti ora, Stephen? E molto tardi. Io non farò altro che portarmi sopravvento, non ci sarà
nessuna emozione fino a molto dopo la diana, quando spero di trovare quei mascalzoni sottovento ».
Parole confortanti, ma le brande erano appena state portate all'impavesata (ai sei colpi, essendo
domenica) e il fracasso della loro sistemazione nei bastingaggi si era appena aggiunto a quello del
lavaggio dei ponti, quando non lontano si sentì qualcosa che assomigliava a una battaglia, un rombo
di cannoni inizialmente lontano, poi più cupo e profondo. Tuttavia le operazioni di pulizia in coperta
continuarono, il ponte già immacolato venne portato a uno stato di asciutto candore, non vi fu nessun
grido eccitato, nessun comando e soprattutto nessuna chiamata ai posti di combattimento; e quando i
cannoni della Surprise fecero sentire la loro voce Stephen si svegliò, non senza difficoltà, ancora in
certo modo immerso in un vivido sogno, un sogno a colori in cui legava insieme lo scheletro di un
piccolo primate, con Christine Wood che dirigeva o eseguiva i movimenti più delicati; e Stephen si
rese conto che non si trattava affatto di un combattimento, ma della risposta tranquilla, regolare e
perfettamente distaccata a una salva di saluto. Un giovane gentiluomo entrò come una furia nella
cabina e accanto alla branda di Stephen strillò con voce acuta: « Signore, "I prego, se siete sveglio il
comandante vi invita a salire in coperta, in uniforme». Evidentemente gli era stato raccomandato di
sottolineare quelle ultime parole, perché lo fece con tale forza che la voce si elevò di un'ottava al di
sopra del tono abituale. Raccomandazioni in tal senso erano arrivate anche a Killick, che spalancò la
porta gridando: « Col vostro permesso, signor Spooner, devo occuparmi del dottore. Ordini del
comandante. Non c'è un momento da perdere, demonio e niente pece ». Che cosa intendesse dire con
ciò non era affatto chiaro, ma Killick spinse fuori il ragazzo e con uno zelo pari soltanto al suo
desiderio di essere perdonato, sfilò a Stephen la camicia da notte e gli passò la spugna sulla faccia,
la insaponò con il pennello e gli fece la barba con una precisione da giorno di nozze; poi lo vestì con
mutande pulite, camicia di percalle e l'uniforme regolamentare. Fischiettando come per calmare un
cavallo nervoso, gli aggiustò la cravatta, gli sistemò sulla testa la parrucca migliore lisciata, il tutto
senza rispondere alle domande di Stephen, stizzito, ma con un'espressione intensa che imponeva
rispetto; solo allora lo condusse sul cassero consegnandolo con una spintarella finale a Harding, in
piedi accanto al cabestano. «Ah, dottore!» lo salutò Jack, girandosi dall'impavesata di dritta, « buona
giornata! Che spettacolo superbo! » Strizzando gli occhi abbagliati dal sole del mattino Stephen seguì
con lo sguardo il dito puntato e vide una bella fregata seguita da una nave più piccola e d'aspetto
modesto, probabilmente una corvetta da ventidue cannoni: tutte e due inalberavano i colori dei
Borboni, una bandiera bianca con una croce bianca e, ormai a più di metà distanza dalla Surprise,
avanzava, con regolarità la lancia del comandante. Stephen era riemerso da un sogno così profondo
che perfino dopo essere stato strigliato con tanta energia, e nonostante la luce viva dell'alba, non
riuscì a concentrarsi sulla spiegazione di Jack: «...perciò ecco che trasborda con la sua lancia, per
fare colazione con noi. Non l'hai riconosciuto, Stephen? Non puoi non riconoscerlo, prendi il
cannocchiale ». Stephen prese lo strumento, mise a fuoco e là, disegnata nettamente nella luce
mattutina, vide la faccia contenta e familiare 105 del capitano Christy-Pallière, il comandante che li
aveva catturati poco prima della battaglia di Algeciras nel 1801, poi loro anfitrione a Tolone durante
la breve pace che era seguita. « Come sono felice di rivederlo! » esclamò. « Sì. Si è schierato con il
re, come tutti i suoi ufficiali. Aveva quasi terminato il raddobbo in un piccolo cantiere a sud di Ca-
stelnuovo, mancava qualche asta e una certa quantità di cordame; ma numerosi altri ufficiali di
marina lungo la costa si sono dichiarati a favore di Napoleone o sono propensi a mettersi per proprio
conto e qualcuno di loro si sta preparando a salpare. Voleva dirigere su Malta, dove aveva amici, ma
il vento non lo ha favorito, così come non favorisce noi, perciò è passato da Messina e nello stretto
ha raccolto quella corvetta, al comando di un suo cugino. » I fanti di marina stavano cominciando a
schierarsi sul cassero; il nostromo aveva pronto il fischietto da cerimonia, i mozzi alla banda si
stavano infilando i guanti. Stephen si strappò al suo intontimento, ma non rapidamente come avrebbe
voluto, ancora disturbato dal suo sogno. Lanciò uno sguardo a poppa, dove la Pomone in panna si
sollevava e si abbassava sull'onda morta e quella vista, sebbene la nave non gli piacesse
particolarmente, contribuì a riportarlo nel presente. La Ringle, con la modestia di un battello di
servizio, era sottovento all'ammiraglia. La lancia francese si agganciò, i mozzi alla banda scesero di
corsa con i loro guardamano imbottiti e quando il capitano Christy-Pallière mise piede sullo scalino
il trillo del fischietto si levò acuto e il comandante venne accolto a bordo. « Comandante Christy-
Pallière! » lo salutò Jack, tendendogli la mano. « Come sono felice di vedervi e così in forma! Non
c'è bisogno che vi presenti il dottor Maturin, non è vero? « Certo che no! » rispose Christy-Pallière
in perfetto inglese. « Caro dottore, come state? » I due si strinsero la mano e Jack continuò:
«Permettetemi, però, di presentarvi il mio comandante in seconda, il signor Harding. Signor Harding,
il comandante Christy-Pallière della fregata Caroline di Sua Maestà cristianissima». 106 « Molto
lieto, signore », dissero entrambi, inchinandosi; Jack condusse l'ospite sottocoperta. « In primo
luogo, commodoro », disse Christy-Pallière, prendendo posto alla tavola della prima colazione, «
lasciate che mi congratuli con voi per la vostra insegna. Non ne ho mai salutata una con altrettanto
piacere in tutta la mia vita. » « Siete gentile: e posso dire quanto sia piacevole avervi qui come
amico e alleato? So che il povero ammiraglio Fanshawe, a Mahón, è a corto di uomini, anzi di navi.
Vi accoglierà a braccia aperte, non fosse che per scortare qualche mercantile fino all'imboccatura
occidentale della Manica. » « Mi darete una lettera di presentazione? » « Certo. Posso servirvi
un'altra salsiccia? » « Oh, grazie. Non ho più avuto sotto il naso pane abbrustolito, bacon, salsiccia e
caffè dal tempo in cui ero ospite dei miei cugini a Laura Piace. Una combinazione divina. »
Parlarono di cugini e di Bath per qualche momento prima di fare colazione. Grimble, l'aiutante di
Killick, sulla terrafer-ma era stato salumiere e quando aveva sottomano un bel maiale sapeva
produrre salsicce di Leadenhall di primissima qualità. Alla fine, dopo il pane tostato, la marmellata
di arance e la terza caffettiera, Jack Aubrey disse: « I miei ordini mi portano nell'Adriatico. Con il
vento favorevole farò un breve scalo a Malta per possibili, ma improbabili, rinforzi e aggiornamenti,
poi procederò per Durazzo e oltre per dare man forte ai realisti e catturare o distruggere le navi
bonapartiste o corsare. Quai è la situazione lungo la costa? Intendo dire: quali sono i cantieri che
possono interessarmi? » « Mio caro Aubrey », rispose Christy-Pallière, « vi dirò tutto ciò che so, ma
la situazione è complessa: schieramenti incerti, motivazioni nascoste, errori grossolani a Parigi...
Dovrei riordinare le idee, concentrarmi... se potessi guardare le vostre carte...» Stephen capì che
Christy-Pallière non voleva trattare questioni del genere in una conversazione conviviale e due tazze
di caffè più tardi si scusò: non soltanto aveva le visite del mattino, ma lo aspettava anche un piccolo
intervento chirurgico. 107 «Ci vediamo nell'infermeria verso la fine della rivista», gli disse Jack; e
al suo ospite: « Sono contento che siate qui di domenica, perché potrò mostrarvi una cerimonia
particolare della nostra marina: noi la chiamiamo rivista generale ». « Davvero? » esclamò Christy-
Pallière. « In questo caso, il segretario della Caroline potrà assistere? Ama queste cose e sta
scrivendo uno studio comparato sulle diverse economie navali, metodi di disciplina, cerimonie e
simili. » « Parla inglese? » «Nemmeno una parola», rispose ridendo Christy-Pallière, esilarato
all'idea. « Richard parlare inglese? Oh, povero me, no! Conosce perfettamente il latino, ma
l'inglese... » « Forse il dottor Maturin potrebbe unirsi a noi all'inizio della rivista», propose Jack,
rivolto a Stephen. « Volentieri », assicurò il dottor Maturin, assolutamente tranquillo, dal momento
che Jacob sarebbe stato nell'infermeria, e tutto quanto in perfetto ordine al momento dell'ispezione
del commodoro e del suo ospite. E così, quando risuonarono i cinque colpi della guardia del mattino
il dottor Maturin si presentò immacolato a tal punto da far quasi onore alla fregata. Il fischietto del
nostromo dette il via alla rivista generale e il commodoro, con il suo ospite e il signor Harding si
avviarono lungo il cassero, seguiti da Stephen e Richard. I fanti di marina della Surprise, allineati
con la stessa precisione di pezzi su una scacchiera nonostante il movimento della nave sull'onda
morta, erano disposti per madiere all'estremità della poppa, con il loro ufficiale, il sergente, il
caporale e il tamburino, tutti nelle loro belle giubbe rosse, i gilet bianchi, le brache candide attillate
e le ghette. Le cravatte nere, perfette e strette intorno al collo, permettevano loro a malapena di
respirare, moschetti, armi bianche e bottoni scintillavano. Di norma, quando davano una mano nelle
manovre o facevano parte di una squadra ai cannoni, indossavano pantaloni da marinaio, talvolta una
vecchia giubba o il berretto dell'uniforme: quello splendore era riservato al turno di guardia o a
quella cerimonia domenicale; mosso da carità cristiana Jack li ispezionò per pri108 mi, in modo che
potessero rompere i ranghi e non soffrire più a lungo sotto il sole. Fatto questo, tra un bel battere di
tacchi, rumore di armi e rullo di tamburo, il commodoro si dedicò al lato puramente nautico. « Come
vedete », bisbigliò Stephen, « le varie squadre, ognuna agli ordini di un ufficiale particolare, con le
sotto squadre comandate da allievi o da aiuti nocchieri, sono disposte lungo determinate linee sul
ponte. Indossano i loro abiti migliori, si sono appena fatti la barba e hanno legato con precisione il
codino, operazioni che hanno richiesto due ore e mezzo: e sono stati ispezionati con cura da ufficiali
e allievi. E ora, vedete, il commodoro li passa in rivista di nuovo... guardate, sta rimproverando un
allievo che non ha i guanti. Ma nell'insieme capita raramente... le occasioni di biasimo sono molto
poche con un equipaggio esperto e competente come questo. » « Nessuno sarà frustato? » « No,
signore, non durante una rivista generale. » « Meno male. È uno spettacolo penoso. » Jack aveva
finito l'ispezione della prima squadra: disse qualche parola gentile all'ufficiale e all'allievo più
anziano e proseguì. Il gruppo che aveva appena passato in rivista era composto di poppieri e di
uomini destinati ai lavaggi, ma in una nave come la Surprise erano veri marinai, anche se non agili
come un tempo. Stephen li conosceva bene, tranne quelli che avevano sostituito i caduti di recente;
ma anche tra questi, uno era stato suo compagno di navigazione sulla Worcester. Scambiò qualche
parola quasi con tutti, specialmente con quelli che aveva curato, chiamandoli per nome, fino a circa
metà dell'allineamento, quando si trovò davanti alla tipica faccia del marinaio di mezz'età, pelle
scura, rugosa, cerchietto d'oro all'orecchio, alla quale tuttavia non riuscì a dare un nome. Ma il
marinaio lo sapeva bene, ci era abituato, e lo aiutò: « Walker, signore, e in forma dopo la vostra
pozione ». Risero entrambi; Stephen disse: « Devo prenderne un po' anch'io, per rinfrescarmi la
memoria ». « E normale questa familiarità in marina? » domandò il segretario della Caroline. 109 «
Solo tra gli uomini che hanno prestato servizio insieme a lungo. » «Su una nave russa una simile
osservazione...» cominciò il segretario, il quale però si trattenne avvicinandosi al gruppo successivo,
al comando di Whewell, il terzo ufficiale e a tre allievi o aiuti nocchiere con esperienza. Quei
marinai, tutti eccellenti, servivano ai pezzi di mezza nave con una perizia e una rapidità di cui Jack
era orgoglioso: molti di loro provenivano dal curioso porticciolo di Shelmerston, erano stati
imbarcati quando la Surprise era una nave armata per la guerra di corsa. Stephen conosceva loro e le
loro famiglie, li aveva curati spesso, per ferite gravi, scorbuto, emorroidi e le solite malattie dei
marinai. Chiamava molti, se non la maggior parte, con il nome di battesimo. «Allora, Tom, come ve
la passate? » IL commodoro, il comandante francese e il signor Harding erano già molto avanti e
alcuni tra i compagni più svegli di Tom risposero per lui in rauchi bisbigli - Tom aveva messo
incinta l'ennesima ragazza - e non mancarono le risatine soffocate. La cerimonia continuò, il piccolo
corteo superò il castello e i suoi marinai, i più vecchi ed esperti della nave, passando poi ai mozzi, i
pochi a bordo, sotto il capitano d'armi, e così di seguito fino alla cucina con i suoi calderoni e le sue
pentole di rame scintillanti sui quali Jack passò come di rito il fazzoletto che rimase immacolato; e
fino all'infermeria, che Poli Skeeping e i suoi amici avevano portato a un tale stato ultraterreno di
pulizia che i due ricoverati (emorragia), schiacciati alle brande dalle lenzuola tirate fino allo
spasimo e senza una piega, non osavano parlare, né muoversi, ma giacevano immobili come se il
rigor mortis li avesse già raggiunti. La visita nell'infermeria, per quanto gratificante, era soltanto un
preliminare della rivista generale e quando Jack, Stephen e Christy-Pallière ritornarono sul cassero
trovarono tutto già predisposto, con le sedie per gli ufficiali e, per il comandante, una specie di
leggio fatto con una rastrelliera per le armi ricoperta da una bandiera. «Marinai», disse Jack con
un'espressione significativa, «questa domenica non leggerò un sermone, ma canteremo 110 L’Old
Hundredth, il Vecchio Centesimo. Signor Adams», disse rivolto al segretario, « prego, date la nota. »
IL segretario tirò fuori da sotto la giacca il diapason a fiato, la nota si levò alta e chiara e tutto
l'equipaggio si unì senza esitazioni al suo comandante nel Salmo 100 in un bel coro profondo. La
fregata aveva un vento moderato al giardinetto di sinistra, con la Pomone non molto distante a poppa;
e quando dalla Surprise sì levò l'amen sonoro, l'inno li raggiunse al di sopra del tratto di mare,
mirabilmente chiaro. Jack rimase in ascolto per un momento, poi raddrizzò il leggio, aprì il volume
che il segretario gli aveva portato e lesse con voce profonda e forte gli Articoli di guerra, tutti fino al
XXXV: « 'Chiunque, in servizio effettivo e a paga intera sulle navi e bastimenti di Sua Maestà,
commetta sulla terraferma in qualsiasi luogo e località al di fuori dei domini di Sua Maestà un
qualsivoglia crimine punibile secondo i summenzionati articoli e ordini, sarà passibile di processo e
condanna come se il crimine fosse stato commesso in mare a bordo di una qualsiasi nave da guerra
della marina reale britannica'». E fino all'articolo XXXVI, quello per tutte le stagioni: « 'Tutti gli
altri crimini commessi da persona o persone appartenenti alla flotta e dei quali non si fa menzione nel
presente atto o per Í quali non è stabilita una punizione saranno puniti secondo le leggi e i costumi
seguiti in casi simili sul mare ». Durante la lettura della ben nota serie di articoli (ventuno dei quali
prevedevano la pena di morte) Stephen riflette su quella mattina felice e sul palese benvolere che lo
aveva circondato mentre percorreva i ponti. Raramente gli capitava di vedere tanti suoi compagni di
navigazione tutti insieme e da molto tempo ormai coloro con i quali veniva in contatto nell'inferme-
ria o nei momenti di ozio erano sempre stati molto seri con lui e, se non proprio riservati, almeno
contegnosi, preoccupati soltanto di parlare della questione del momento, riluttanti a fermarsi a lungo,
perfino imbarazzati, nessuna aperta manifestazione di simpatia e ancor meno parole di condoglianza e
tutto ciò fino al giorno in cui era stato rotto il dente di narvalo, quando Bonden, Joe Plaice e qualche
altro marinaio che Stephen conosceva da tempo gli avevano detto che la morte di sua Ill moglie era
stata « una cosa crudele, una cosa dura — erano molto dispiaciuti per lui ». Quel giorno Stephen
pranzò nel quadrato, con Richard come suo ospite. La sensazione di benessere continuò. Al di sotto
rimaneva una nera desolazione, come egli sapeva bene, ma le due emozioni potevano coesistere. In
parte la cordialità del quadrato poteva essere dovuta alla presenza dell'ospite, ma forse la sua
contentezza era dovuta al fatto che parlava per lo più francese (una lingua nella quale era stato
follemente felice, innamorato e perfino politicamente entusiasta quando era studente a Parigi), e al
pranzo squisito; ma restava qualcosa che poteva attribuire soltanto al ritorno a quello che dopo tutti
quegli anni era ormai il suo Paese, la sua nave, quell'entità complessa più facile da avvertire che da
descrivere: il suo habitat naturale. Nella lunga pausa che seguì il pranzo Jack e Christy-Pallière
continuarono la loro conversazione nella cabina, mentre Stephen e Richard discussero di questioni
mediche. « Non intendo in alcun modo criticare il vitto della marina britannica», disse Richard
quando furono soli, « un pasto eccellente, parola mia, e un ottimo vino. Ma che cos'era
quell'ammasso servito come dessert? Sembrava colla eppure era croccante in superficie, e ricoperto
di salsa dolce... » «Era il budino di prugne, un piatto prelibato per la marina. » « Be', sono certo che
lo sia per chi vi è abituato, ma temo che un cibo così pesante non sia adatto al mio apparato
digerente, delicato fin dall'infanzia. Francamente, credo che potrei morire. » Dopo le solite domande,
palpazioni e altre manipolazioni, Stephen suggerì un emetico che fu rifiutato con un brivido, ma un
bicchierino di brandy migliorò le cose e il resto del tempo venne trascorso giocando a picchetto,
tenendosi svegli con il caffè. Alla fine, però, si udì il trillo del fischietto e gli uomini vennero
disposti alla banda, poi un allievo scese sottocoperta recando i complimenti del capitano: la lancia
della Caroline era sottobordo. 112 Tra i due comandanti i saluti furono cordiali, ma entrambi erano
rauchi per il gran parlare e quando Jack Aubrey si allontanò dall'impavesata dopo aver stretto la
mano a Christy-Pal-lière aveva l'aria stanca. « Hai un minuto? » chiese a Stephen. « Come vorrei che
tu fossi stato con noi! » disse quando furono davanti alla vetrata di poppa con la nave francese che
stringeva il vento diretta su Mahón, seguita dalla sua misera nave di conserva. «Non era il caso. » «
No, suppongo di no... ma se solo avessi avuto con me qualcuno per prendere appunti! E un caro uomo
e un marinaio eccellente, ma tende a divagare quando parla e a seguire false piste; come ha detto e
ripetuto, la situazione nell'Adriatico è complicata, fedeltà incerte, uomini perbene dalle due parti, e
molti che stanno a vedere come si mettono le cose o, come dice Christy, cercano di 'cascare in piedi'.
Alcuni, ovviamente, vogliono cogliere l'occasione di fare la guerra di corsa per proprio conto o con i
rinnegati algerini. I più pensano che vincerà Boney; ha raccolto molti seguaci... Christy era rimasto
impressionato dal caos che regnava a Parigi. Era là, lo scorso anno, e dopo aver reso le dichiarazioni
appropriate e prestato più volte giuramento all'ammiragliato, dopo aver protestato con chi di dovere
per i continui ritardi nel pagamento per il raddobbo della Caroline a Ragusa, aveva assistito a
un'udienza mattutina presso il sovrano. C'era molta gente, e parecchi sconosciuti con l'uniforme della
marina - anche di grado elevato - lo fissavano... un'atmosfera strana, fatta di cautela e di manovre per
farsi avanti. Sapevano che Christy era appena rientrato dall'Adriatico e gli è sembrato che qualche
ufficiale di marina volesse evitarlo. Ma il re gli ha parlato con gentilezza e ha detto a un servitore di
pregare il signor Lesueur di ricevere Christquel giorno stesso, dopo di che le cose sono cambiate:
conoscerlo non era più potenzialmente pericoloso. Ma non al ministero: là ha trovato nuovi fun-
zionari che non sapevano nulla di lui o della sua nave — Come si chiamava? Che tipo di nave era? -,
e che lo fissavano con insistenza: gli hanno fatto ripetere le formalità. Il signor Lesueur non era
disponibile, hanno detto, ma forse Christy lo avrebbe 113 incontrato il pomeriggio seguente. Così è
stato: Lesueur si è scusato di averlo fatto aspettare per un'ora e tre quarti; Christy doveva capire che
in tempi come quelli non si era liberi, che il ministero avrebbe apprezzato un rapporto dettagliato
sulla situazione nell'Adriatico, dove si temeva che le cose fossero sfuggite di mano. E avrebbe fatto
bene a fare visita all'ammiraglio Lafarge. « Christy-Pallière ha prestato servizio sotto Lafarge in
gioventù: allora non si sono piaciuti e non si piacciono nemmeno adesso. Lafarge era ancora rosso di
collera per il colloquio precedente e ha domandato a Christy, nello stesso tono arrabbiato, chi
diavolo gli avesse dato il permesso di venire a Parigi. Senza tener conto delle sue spiegazioni gli ha
detto che Sua Maestà non lo pagava per sollazzarsi nella capitale e per fare i suoi interessi: il suo
preciso dovere era tornare immediatamente alla sua nave per occuparsi del raddobbo e aspettare
nuovi ordini. L'ammiraglio non ha voluto starlo a sentire né rivederlo. « Christy mi ha detto che
l'ammiraglio Lafarge ha un fratellastro e un cugino nell'Adriatico: si diceva che fossero stati in
contatto con Bonaparte all'Elba e questa potrebbe essere una spiegazione. Ma non so di che cosa! Oh,
Stephen... Ho le idee confuse: non soltanto ho paura di dimenticarmi buona parte di quanto mi ha
detto Christy, ma come lui non sono capace di tirare le fila; più di lui, anzi. Ricorderai che ha detto
di poter spiegare meglio la situazione nell'Adriatico, ammesso che lo si possa fare, davanti a una
carta nautica. Vogliamo provarci anche noi? » « Volentieri. » «Allora... qui c'è Castelnuovo, sulla
punta settentrionale delle Bocche di Cattaro: la Caroline è stata in raddobbo in un ottimo cantiere
subito dietro il promontorio. All'interno della baia dovrebbero trovarsi due brigantini da guerra
praticamente finiti. Ora passiamo a Ragusa, dove abbiamo una fregata da trentadue cannoni pronta o
quasi a prendere il largo dopo un lungo raddobbo in due diversi cantieri, a parte le carenze che ho
avuto anch'io e una mancanza quasi totale di cime e di gomene: è comandata da un bonapartista
convinto, un certo 114 Charles de La Tour, un tipo bizzarro. Christy dice che è simpatico, in un certo
senso. Un bravo marinaio e niente affatto timoroso, si è distinto in parecchie azioni: è quasi riuscito a
catturare la Phoebe in porto. Ma è un uomo estremamente romantico e un grande ammiratore di
Byron: ha imparato l'inglese apposta. La sola cosa di lui che Christy non sopporta è la sua passione
per Bonaparte: La Tour sa tutto delle sue campagne e si dice che porti un guanto dell'imperatore sul
petto. Ma proviene da una famiglia altolocata e ha ricevuto un'ottima educazione. Tra parentesi, gli
ufficiali dislocati lungo la costa sono per la maggior parte a favore di Napoleone, ma pochi si sono
dichiarati apertamente. Questa nave che si trova a Ragusa, stando alle voci, è stata pagata da un
gruppo di algerini. È ormeggiata sotto le rovine del castello. Se ora ci spostiamo verso le isole a
nord, troviamo almeno cinque o sei piccoli cantieri che costruiscono cutter, sciabecchi e brigantini
destinati alla guerra di corsa, anche se i lavori vanno a rilento per mancanza di fondi e di materiali.
Ma a Spalato c'è la Cerbère, pronta a prendere il largo, e il suo comandante, che non ha mai
apprezzato l'impero o l'imperatore fino in fondo, sarebbe disposto ad arrendersi agli alleati di Luigi
XVIII, se comparissero in forze tali da salvargli la faccia e facendo un gran baccano. Christy è
preoccupato: c'è troppa gente in attesa di vedere da che parte tiri il vento; potrebbero essere
d'intralcio se le cose si mettessero un po' meglio per Napoleone, distruggerebbero i rifornimenti per
gli arsenali di La Valletta: legname, cordame e tutto quanto arriva dalla costa dalmata. » Fece una
pausa. « E non so di quale piano ha sentito parlare, di seconda o terza mano, ma né lui, né il suo
informatore hanno capito gran che: il suo informatore conosceva ben poco l'inglese, e il greco e la
lingua franca di Christy sono ancora peggio. Per quanto incompleta, l'informazione lo ha colpito.
Sembra che i musulmani della regione si stiano preparando a inviare a nord mercenari agguerriti per
impedire l'unione degli eserciti russo e austriaco — possibilmente facendo credere a un tradimento
reciproco — e in ogni caso ritardarne la marcia verso ovest, così che Napoleone abbia il tempo di
far arrivare gli aiuti 115 da sud-est e dare battaglia con forze superiori. Christy ha la sensazione che
la questione sia urgente, per questo ha preso il largo lasciando a terra quasi tutta l'acqua e metà
cordame. » «Credo abbia ragione», confermò Stephen. «Anche l'ammiragliato è d'accordo. Perciò
siamo qui. Sai che Jacob, nominalmente mio assistente, mi è stato assegnato da Sir Joseph? Lavora
nel nostro dipartimento da anni, parla correntemente le lingue di queste regioni: vorrei che lo
trasferissi sulla Ringle e chiedessi a William di portarlo il più velocemente possibile a Kutali -
abbiamo amici sinceri in quella bella città - per informarsi sulla situazione presso Sciahan Bey e il
suo visir, il vescovo ortodosso e quello cattolico e quanti conosce personalmente, e poi di tornare
con la stessa rapidità da noi a Malta o, se posso suggerirlo, sulla rotta per la costa dalmata. » Jack
Aubrey fissò l'amico per un minuto, poi annuì. « Molto bene », disse. « Chiama Jacob e dagli le
presentazioni che ritieni opportune; io penserò alla Ringle. » Toccò il campanello e disse a Killick: «
I miei omaggi al dottor Jacob; vorrei vederlo appena possibile». « Dottor Jacob », disse qualche
minuto più tardi, « prego, sedete. Il dottor Maturin vi spiegherà il perché di questa convocazione
piuttosto brusca; nel frattempo io salirò in coperta. » Sul ponte si rivolse all'allievo addetto ai
segnali: «Alla Ringle. Comandante a rapporto a bordo ». William Reade salì a bordo, l'uncino
scintillante, sulla faccia un'espressione da cane da caccia intelligente che avesse sentito qualcuno
estrarre un fucile. Jack lo condusse sottocoperta. « Dunque, William », gli disse guidandolo al tavolo
delle carte nautiche, « qui c'è Kutali, una bella città che si arrampica sulla collina come la scala
all'interno del Monument a Londra; almeno era così l'ultima volta che l'ho vista. L'accesso è facile e
il fondo è buono, quindici, venti braccia da qui a qui. Però, se soffia la bora, bisogna afforcarsi con
una gomena molto lunga. Dovete sbarcare qui il dottor Jacob. Con ogni probabilità ci supererete in
velocità, perciò, a meno di ordini contrari, procederete per Spalato non appena il dottor Jacob sarà
tornato a bordo, sempre a tutta velocità. » 116 «Kutali, signore, e poi Spalato a tutta velocità», ripete
Reade. « IL gentiluomo è pronto? » Pronto o meno, Jacob fu scaraventato sulla Ringle con le lettere
di presentazione che Stephen aveva scritto agli amici di Kutali, una camicia pulita che Killick gli
aveva infilato nella borsa, il suo abito migliore e le parole di Stephen: « Dobbiamo sapere se i
messaggeri della fratellanza sono partiti e, in tal caso, se possono essere intercettati. Non abbiamo
problemi di denaro ». La Ringle superò effettivamente la Surprise e la Pomone, ma non quanto
avrebbe potuto se il capitano Vaux non si fosse ormai abituato ai modi della sua nave e non ne avesse
regolato l'assetto, appoppandola un po', tanto da farle guadagnare velocità in quell'andatura al lasco
con vento moderato. All'alba, doppiato il capo di Santa Maria, la goletta era appena visibile dalla
testa d'albero, ma scomparve con il sorgere del sole, che si alzò dalle alture del Montenegro
lasciando nell'ombra la costa lontana, sebbene allo zenit il cielo fosse già di un azzurro chiaro e
luminoso. Jack e Stephen conoscevano bene quella costa, avevano risalito lo Ionio e parte
dell'Adriatico con quella stessa nave. Si avvicinarono alla terraferma con un bel vento da velacci al
giardinetto sinistro e ben presto il mare si popolò di feluche, di trabaccoli, di mercantili di varie
attrezzature e dimensioni diretti alle Bocche di Cattaro o provenienti da quella splendida baia,
nonché di pescatori, alcuni su veloci sciabecchi attrezzati per la pesca al palangaro, le lunghe canne
sporgenti ai lati come antenne di insetti giganteschi. Uno di quei pescatori salutò la Surprise e,
accostandosi, mostrò il pescato, un unico tonno, ma così grande da occupare il fondo
dell'imbarcazione, un pesce sufficiente a nutrire duecento uomini. Il padrone della barca, un tipo
gioviale, gridò a Jack: « Buon mercato, oh, molto buon mercato! » e fece il gesto di mangiare con
gran gusto. « Passa parola al cuoco », disse Jack e al cuoco che si puliva le 117 mani sul grembiule,
in piedi davanti a lui: « Franklin, fate un salto su quella barca, accertatevi che il tonno sia fresco e
concordate un buon prezzo ». Franklin era ritenuto un intenditore di pesce e conosceva la lingua
franca. « Freschissimo, signore! » gridò Franklin dalla barca. « E ancora caldo! » « Parlate in modo
figurato? » domandò Stephen. « Sarebbe a dire, signore? » « Caldo nel senso di appena ucciso, come
si direbbe di un coniglio? » IL cuoco parve confuso e non rispose, così Stephen discese con fatica
lungo la murata, incespicò nella falchetta dello sciabecco e cadde in ginocchio nel sangue del tonno.
« Signore! » esclamò il cuoco, rimettendolo in piedi, « ora vi siete rovinato i pantaloni, non verranno
mai più puliti, tanto vale che mettiate la mano nel posto dove l'hanno fiocinato e da dove esce tutto
questo sangue. » « Perdio! Avete ragione, è caldo! » riconobbe Stephen, rialzandosi e stringendo la
mano esitante di Franklin. « Una cosa contro natura, sono stupefatto, stupefatto e deliziato. » IL cuoco
fissò il prezzo in una discussione animata di cinque minuti, riferì al commissario, il quale fece segno
di sì, poi si rivolse a Stephen: « Con il vostro permesso, signore! » Una ghia doppia scendeva dal
pennone di maestra per issare a bordo l'enorme creatura. Stephen salì a bordo lasciando ovunque
tracce di sangue e, liberandosi dalle mani zelanti di Killick, si precipitò sottocoperta: «È
meraviglioso, meraviglioso! Devo assolutamente prendere un termometro! » L'equipaggio pranzò con
quel tonno gigantesco ed essendo giovedì, giorno di cucito e di rammendo, gli uomini indugiarono in
coperta, alcuni russando sonoramente, godendosi beati la brezza tenue che temperava il calore del
sole. « Non ricordo una giornata più piacevole », disse Stephen alzando lo sguardo dai suoi appunti,
« e vedo là, proprio al di sopra dell'altura alle spalle di Castelnuovo, una coppia di aquile anatraie
maggiori, quasi dove ho avvistato le mie prime. Mi di118 spiace soltanto che Jacob non sia qui per
constatare la temperatura del sangue di quel tonno. Ma ne riferirò alla Royal Society, ah, ah... »
Intinse la penna, bevve un sorso di caffè e riprese a scrivere. « I complimenti del signor Harding,
signore », annunciò un allievo, « il cutter è sottobordo. » Jack lo seguì e guardando in basso si
congratulò per l'aspetto squallido dell'imbarcazione. « Bel lavoro, signor Whewell, non credo che
qualcuno potrebbe mai collegarla alla marina britannica. » « Spero di no, signore », disse Whewell,
a bordo del cutter, guardando il grasso, il sudiciume, il disordine a prua e a poppa, il sartiame pieno
di nodi e gli uomini semi nudi dall'aspetto poco raccomandabile. « Non ho voluto salire a bordo così
conciato. » « IL quadrato sarebbe arrossito di vergogna», convenne Jack. « Bene, ora scostate, signor
Whewell, per cortesia. Fortunatamente il vento sta girando e non credo che avrete bisogno di vogare
tornando alla nave. » E così fu. All'alba il cutter fu avvistato mentre doppiava la punta di bolina
stretta e a una velocità di almeno cinque nodi. L'equipaggio aveva trascorso gran parte del tempo a
lavarsi e a ripulire la barca; le vele e l'attrezzatura non avrebbero potuto rendere onore alla fregata
fino a quando il nostromo e il mastro velaio non le avessero prese in mano, ma Whewell non esitò a
salire a bordo e nemmeno a fare colazione con il commodoro e il suo chirurgo. « Sì, signore », riferì,
« era proprio là davanti al vecchio castello, come avevate detto, ma era accompagnata da due
polacche armate o, meglio, da una polacca e da una saettia; direi entrambe algerine. » « Quanti
cannoni avevano? » « È difficile dirlo, signore, perché i portelli erano chiusi e vele e cordame
pendevano ai due lati: probabilmente dodici su una e otto sull'altra. Da nove libbre, anche se non ne
sono sicuro. C'era moltissima gente a bordo. » «Batterie costiere, immagino...» Jack non sapeva
fingere. 119 Stephen capì che non voleva preoccuparli, e continuò a fissare il caffè nella tazza. « Sì,
signore: una a ogni estremità del molo. Non volevo darmi troppo da fare con il cannocchiale, ma mi è
parso di vedere sei piazzole in ciascuna. Non so dire nulla sul tipo di cannoni. » « No, naturalmente.
» Una pausa. « Signor Whewell, prego, prendete del bacon. Alla vostra destra, il piatto coperto. »

CAPITOLO V
Quando il capitano Vaux rispose al segnale e si presentò a bordo dell'ammiraglia, nella cabina
aleggiava ancora l'aroma del caffè, del bacon e del pane abbrustolito. «Buongiorno, Vaux», lo salutò
il commodoro offrendogli una sedia. « IL signor Whewell mi ha appena aggiornato su Ra-gusa, dove
è all'ancora la fregata bonapartista. Come sapete è ormeggiata al molo di fronte al vecchio castello.
Era a corto di scorte e di cordame, ma ora sembra che sia stata rifornita dagli amici algerini: in
questo momento è affiancata da una polacca e da una saettia, entrambe armate con una ventina di
cannoni, da nove, al massimo dodici libbre. Ci sono anche due batterie costiere da sei cannoni, non
sappiamo di quale potenza. Ora, se, come sembra probabile, ha cime e gomene sufficienti, salperà
con le due compagne algerine. Vista la situazione attuale si mormora che Napoleone tornerà presto al
potere, perciò credo che dovremmo occuparci di questa fregata senza indugio, saliamo la costa,
pronti per l'azione, e intimiamo la resa alfrance-se: se non lo farà, tanto peggio per lui. O per noi,
visto che ha cannoni da diciotto libbre. Oggi sarebbe giorno di magro, ma ho ordinato di servire
carne di manzo anziché piselli secchi: dobbiamo essere in forze per la battaglia. Potreste prendere in
considerazione la cosa... » « Ordinerò il manzo, signore », convenne Vaux. « Con questo vento e a
una velocità costante dovremmo raggiungere Ragusa ai quattro o cinque colpi della guardia del
pomeriggio. Ma c'è la faccenda delle batterie costiere. Il signor Whewell riferisce di una batteria
alle due estremità del molo. Venite a vedere sulla carta. Ecco qui. Non sa che tipo di cannoni
fossero, ma perfino pezzi da nove libbre, ben usati - in generale l'artiglieria francese è eccellente -
potrebbero disturbarci mentre ci avviciniamo, portandoci via aste e addirittura alberi. La vostra
fanteria di marina è al completo, non è vero? » « Sì, signore. Al comando di un bravo ufficiale, il
luogotenente Turnbull. » 121 « Bene, in tutto abbiamo sessantacinque uomini. Ho pensato che,
sbarcandoli qui », disse Aubrey indicando una piccola baia a sud molto vicina a Ragusa, «potrebbero
passare facilmente nella spiaggia adiacente al di là di questa cresta e attaccare alle spalle le batterie.
Il molo li proteggerebbe dai cannoni della fregata, una volta che lo avranno raggiunto. Parliamone
agli ufficiali della fanteria di marina e sentiamo che cosa ne pensano. Il vostro signor Turnbull è il
più anziano, mi pare. » « Sì, signore: e ha comandato azioni brillanti sulla terrafer-ma. » « Molto
bene. Mentre noi ci occuperemo delle munizioni e predisporremo le attrezzature da battaglia,
esamineranno il piano. Credo che dovremo levare l'ancora ai quattro colpi, così potremo pranzare e
sgombrare i ponti senza fretta. » Nessuna fretta, tanto che Stephen, quando un po' prima dell'ora
stabilita giunse a poppa dopo aver osservato dai masco-ni il volo di pellicani della Dalmazia, forse
provenienti dal lago di Scutari, trovò Jack Aubrey che suonava il violino: la cabina era piuttosto
spoglia, ma non era ancora stata sgombrata per la battaglia. Jack ascoltò il resoconto sui pellicani,
centinaia di pellicani, e sulle loro curiose evoluzioni, tipiche della stagione degli accoppiamenti, poi
disse: « Non so nulla di volatili, come sai, ma permettimi di darti un esempio di umanità: gli ufficiali
della fanteria di marina sono venuti da me per dirmi cosa ne pensano del piano di attacco. Lo hanno
definito eccellente: l'idea di avanzare sotto la protezione del molo è piaciuta, ma hanno chiesto che,
visto il gran caldo, i loro uomini potessero indossare pantaloni invece delle brache attillate e delle
ghette, e togliersi la cravatta ». Quattro colpi della campana, forti e chiari; e la voce del signor
Harding, ancora più forte e più chiara, dette il comando di mettere in forza le barre del cabestano. Da
quel momento in poi non fu più il caso di suonare il violino o di conversare, poiché le barre in forza,
anche se il cabestano non si trovava direttamente sopra le loro teste, si spingevano all'indietro fin
quasi alla ruota; una volta assicurato il viradore alla gomena, quando 122 questa fu in tensione e il
nostromo ebbe gridato « Vira! » mentre un vecchio marinaio prodiero dall'aspetto rinsecchito, in
piedi sulla testa del cabestano con il suo piffero, suonava il motivo di « Vira e vira e vira ancora,
forza ragazzi, l'ancora affiora», lo spazio sottocoperta fu riempito da un frastuono dominato dallo
scalpiccio ritmico degli uomini al cabestano, punteggiato da innumerevoli grida e dal rumore
indescrivibile dell'enorme gomena che rientrava a bordo impregnata d'acqua, attaccata al viradore
con salmastre, e una volta liberata sprofondava pesantemente nella stiva dove uomini robusti
l'addugliavano ordinatamente. La fregata scivolò rapidamente sull'acqua, poi più lentamente fino a
quando il nostromo non gridò: «Ancora a picco, signore! » e l'ufficiale di guardia non rispose: «
Pronti a salpare! » La voce straordinariamente penetrante di Eddie Soames, l'eunuco della nave,
sempre pronto a una battuta, fece riecheggiare il grido nelle profondità della fregata. Gli uomini della
Surprise, che avevano compiuto quei gesti centinaia di volte, agganciarono l'ancora al capone e la
rizzarono, poi si affrettarono a raggiungere i posti di manovra. Ma da poppa non arrivò alcun
comando. Jack e Somers si erano accorti che gli uomini della Pomone, meno esperti, non riuscivano a
caponare l'ancora; alcuni erano addirittura caduti in mare. « Pronti a salpare e ripescare! » gridò
Eddie Soames, « ah, ah, ah!» Furono ripescati in fretta, e poco dopo la Pomone spiegò le vele,
assumendo la posizione corretta a una gomena di distanza dalla poppa dell'ammiraglia. Le due navi
risalirono la costa con facilità, entrambe completamente sgombrate per l'azione, ogni cosa ben
sistemata nella stiva, le rastrelliere delle munizioni riempite, gli schermi piazzati sopra i depositi, la
coperta cosparsa di sabbia bagnata, le sciabole corte affilate e a portata di mano con le asce da
abbordaggio e le pistole, mentre nel ventre della nave il tavolo operatorio di Stephen (casse degli
allievi legate insieme e coperte di tela da vele numero otto ben tesa) era pronto, la lanterna appesa,
garze, tamponi di ovatta e rotoli di bende che coprivano le catene rivestite di cuoio necessarie per
123 alcune operazioni. Da un lato si trovavano lugubri seghe, divaricatori, pinze, bisturi (affilati e
dalla punta smussata), forcipi, trapani e coltelli per amputazioni a taglio singolo e doppio che Poli e
l'amica, la cognata del nostromo, avevano messo in ordine, tutte e due in grembiuli inamidati,
pettorine e maniche, e con le cuffie candide. Infine buglioli e la consueta abbondanza di redazze.
Navigavano con il vento in poppa, non l'andatura migliore per la Surprise, ma un'andatura che
eliminava quasi la sensazione del movimento e questo, in aggiunta alla perfetta regolarità del moto
ondoso, contribuiva all'impressione di irrealtà. Il tempo sembrava non esistere, se non per la
successione dei colpi della campana e, a dispetto dell'aspetto marziale, gli uomini ben rimpinzati
contemplavano la costa piana e deserta che scorreva a poca distanza o sonnecchiavano. A quella
velocità la nave era silenziosa e si udiva distintamente Naseby, rinchiuso nella stiva, ululare di noia.
Jack, Stephen e il nocchiere erano a prua, quest'ultimo con una bussola azimutale in mano. «Mi
sembra che una volta doppiata la punta, ci troveremo in una piccola baia poco profonda e si
dovrebbe vedere Ragusa», disse Jack. « IL nostro dottore è stato qui due volte. Che cosa ne pensa? »
« Se nella baia c'è una bassa isola, piena di sterne in questo periodo dell'anno, allora sì », confermò
Stephen. « Si può vedere la cima della torre del castello in rovina, a metà del pendio laggiù. » « IL
mio strumento non è così preciso », disse il signor Woodbine, « ma sono d'accordo con voi. » Le due
navi doppiarono la punta e davanti a loro, a dritta, si aprì una baia poco profonda, con un'isoletta
bassa al centro; perfino a quella distanza videro innumerevoli uccelli andare e venire, mentre
Stephen, impossessatosi del cannocchiale del commodoro con un semplice « col tuo permesso » e
appoggiatolo al capone ne elencava i nomi: « Sterna zampenere... sterna maggiore, che bellezza!
Un'altra... Beccapesci... molte sterne comuni, care creature... fraticello... mignattino... credo, sì, credo
che sia un mignattino alibianche. Stupefacente». Si voltò 124 per condividere con gli altri il suo
stupore, e scoprì di essere solo. Entrambe le navi calavano già in mare le scialuppe e i fanti di
marina, con i moschetti scintillanti e le giubbe rosse che brillavano nel sole, stavano per imbarcarsi.
Le scialuppe si allontanarono, cariche fino alle falchette, la pinaccia della Pomone aveva addirittura
smorzato il cigolio dei remi, e si diressero verso la costa sotto la punta, dove la torre del castello in
rovina spezzava il profilo regolare dell'orizzonte. Gli uomini sbarcarono, smovendo appena la sabbia
del fondo; poi, mentre le scialuppe facevano rotta verso l'estremità settentrionale della baia, Jack
fece vela per recuperarle. Cinque minuti più tardi comparve Ragusa, un antico agglomerato a nord
del castello; e in fondo alla baia, la fregata e le sue due compagne algerine. Sull'acqua calma
scivolavano alcune imbarcazioni, e il buon vento da velacci spirava ancora da sud sud-ovest. La
Surprise e la Pomone chiamarono gli uomini ai posti di combattimento, Jack ordinò di alzare la
bandiera e disse al nocchiere: « Signor Woodbine, portatemi a venticinque iarde dal suo mascone di
sinistra, poi mettete a collo le gabbie. Il dottore mi farà da interprete ». La fregata francese ferveva di
attività: sembrava che volesse levare gli ormeggi. La polacca aveva già salpato l'ancora e la
compagna lo stava facendo. La Surprise si portò tra le due e la fregata, mise a collo le gabbie e
rimase là a dondolare dolcemente. Jack chiamò il francese, il grido consueto sul mare: « Che nave? »
Stephen tradusse. Sul cassero un giovane particolarmente avvenente — uniforme di capitano di
vascello e tricorno, che sì tolse - rispose: «Ardent, della marina imperiale ». A quelle parole sulla
nave francese si levò un'acclamazione generale e impressionante: « Vive l'Empereur!» « Mio caro
signore », continuò Jack ricambiando il saluto, « la Francia è attualmente governata da Sua Maestà
cristianissima Luigi XVIII, alleato del mio sovrano. Devo chiedervi di issare i colori appropriati e di
accompagnarmi a Malta. » 125 « Mi dispiace deludervi », ribatte il capitano delY Ardent, pallido
per la collera, « ma sarebbe contrario al mio dovere. » « Mi addolora dover insistere, ma se non
acconsentirete saremo obbligati a usare la forza. » Durante lo scambio, reso più lungo dalla necessità
di tradurre, con bordi corti gli algerini si erano portati al fianco sinistro della Surprise e sulle
polacche si gridavano ordini. « Cannoni in batteria su entrambi i lati », gridò Jack. Le squadre ai
cannoni erano pronte e i portelli pitturati di rosso si alzarono, mentre due secondi dopo le bocche da
fuoco venivano portate in batteria con un rombo cupo. La nave francese fece lo stesso. «Messieurs
les Anglais, tirez les premiers!» ordinò il capitano dell’Ardent. Non fu mai accertato chi avesse
sparato il primo colpo: quando sulla saettia vi fu un'esplosione casuale, entrambe le fregate fecero
fuoco il più rapidamente possibile, un fragore enorme, assordante che riecheggiò dal castello e dal
molo, un fuoco che ricoprì la spiaggia limitrofa con una densa nube di fumo bianco lacerato da lampi
rossastri. All'inizio il fuoco della Surprise fu piuttosto lento, la fregata non aveva uomini sufficienti a
servire i cannoni dei due bordi contemporaneamente, ma ben presto i leggeri velieri algerini
scoprirono di non poter reggere il peso dei suoi colpi e si portarono fuori tiro. Il ruggito dei cannoni
dell1Ardent era stato potenziato all'inizio dalle batterie costiere che sparavano con pezzi da diciotto
libbre, ma nonostante il tumulto della battaglia la Surprise notò che il fuoco di queste andava
scemando: gli uomini si scambiarono cenni e sorrisi, dicendo: « Fanti di marina! » I fanti di marina
avevano appena fatto tacere l'ultimo cannone delle batterie costiere che tre tiri ben diretti dai cannoni
poppieri della Surprise, mentre la nave si abbassava nel rollio, sfondarono la murata deiYArdent,
raggiungendo la santabarbara. Una piccola esplosione, un principio di incendio e poi, a qualche
secondo di distanza una seconda esplosione più grande. Nel cielo s'innalzò un'enorme colonna di
fumo e fiamme, che oscurò il sole. 126 Un terzo della fregata, a poppa, era saltato in aria: i relitti si
inabissarono lentamente, seguiti dal resto della nave, e ciò che restava della fregata giacque sul
fondo, solo l'albero di parroc-chetto visibile, il mare sconvolto e sferzato dalla caduta dei rottami,
l'intera coffa di maestra con parecchi piedi dell'albero, grandi aste quasi intatte, innumerevoli
bozzelli ed enormi pezzi di legno in fiamme, quasi irriconoscibili: per la maggior parte ricaddero
vicino alla costa, ma i detriti più piccoli continuarono a piovere dal cielo per qualche minuto, alcuni
ancora fumanti. « Cessate il fuoco! » gridò Jack nel silenzio ovattato che seguì. « Ritirate i cannoni.
Signor Harding, mettete in mare le scialuppe che ci sono rimaste» - la lancia sulle taccate era stata
completamente sfondata - « e chiamate la Pomone a portata di voce. » Scese rapidamente
sottocoperta, dove Stephen si stava raddrizzando dopo aver steccato un braccio rotto e ferito che Poli
bendava con rapidità ed efficienza. « IL dottore vi rimetterà in sesto in un baleno, Edwardes », disse
al paziente e, prendendo Stephen da parte, gli chiese quanto fosse urgente la loro missione a Spalato.
« Oh, è urgentissima », rispose Stephen e Jack annuì. « D'accordo. Quali sono i danni? » « Harris
ucciso da una pallottola di moschetto, sei ferite da schegge, una grave e due da bozzelli caduti. » Un
modesto conto del macellaio. Jack disse una parola a ognuno degli uomini in attesa di essere
medicati e ritornò in coperta. La Pomone si era già affiancata. « Capitano Vaux, avete avuto molti
danni? » « No, signore, per un combattimento così accanito, anche se breve. Quattro ustionati, un
cannone ribaltato, quattro paia di sartie tranciate e danni alle manovre correnti. Qualche contuso per
la caduta di bozzelli e legni. Ma le scialuppe sono intatte. » « Allora calatele in mare, per favore.
Raccogliete quanti naufraghi potete e recuperate i nostri fanti di marina. Sbarcate i prigionieri a
Ragusa, Ragusa Nuova, più a nord lungo la costa, e poi seguitemi a Spalato senza perdere un
momento. » 127 Durante l'ultima parte della navigazione verso Spalato (ostacolata da un vento
capriccioso, a tratti una bora furiosa, così forte da strappare il gratile della vela di straglio di
trinchetto, seguita da una brezza tenue in poppa, spesso spenta in una calma piatta; anche la natura
difficile della costa dalmata, con le sue molte isole, aveva fatto la sua parte, per non parlare delle
perfide scogliere), Stephen trascorse la maggior parte del tempo a riva, sulle crocette dell'albero di
gabbia. Grazie ad anni di pratica era riuscito a salire fino alla coffa di maestra, sebbene a nessuno
piacesse vederlo lassù, per quanto il mare fosse piatto; e asseriva di poter salire ancor più in alto,
fino alle crocette, in tutta sicurezza, ma Jack aveva ordinato a John Daniel di accompagnarlo ogni
volta che avesse voluto contemplare qualcosa da un'altezza superiore a quella dell'affusto di un
cannone in caccia. Daniel aveva navigato in quelle acque su una nave della squadra di Hoste e una
volta vinta la timidezza non soltanto ne aveva indicato a Stephen promontori, capi e isole, ma gli
aveva descritto alcune azioni navali alle quali aveva partecipato, spesso con il numero dei colpi
sparati e il peso della polvere consumata. A Stephen il giovane piaceva, così aperto, cordiale e
sincero e un giorno, mentre erano appollaiati lassù, gli disse: « Signor Daniel, credo che per voi i
numeri contino molto, non è così? » « Sì, signore, è vero. Il numero è al centro di tutto. » « L'ho
sentito dire da altri: e un gentiluomo che ho conosciuto in India mi diceva che i numeri primi
possiedono una qualità particolare. » « Sì », convenne Daniel annuendo. « Danno un vero piacere. »
« Quale genere di piacere? » « Non saprei spiegarlo, signore... » « Vedere il numero solo come
percezione della quantità è come limitarne la natura... ma, secondo voi, quanti piedi ci sono da qui al
ponte? » « Be', signore », rispose Daniel guardando in basso, « direi centododici. O è meglio
centotredici, che è un numero pri128 mo? » Guardó Stephen, aspettandosi di vedere in lui lo stesso
piacere per i numeri, ma Stephen si limitò a scuotere il capo. « Ad alcuni la musica non da alcun
piacere: io temo di non provare nulla della gioia che danno i numeri primi e le quantità irrazionali, o
la matematica nel suo complesso. Vorrei che non fosse così. Mi piacerebbe far parte della schiera di
matematici come Pascal, Cardano... » « Oh », esclamò Daniel, « io non sono un matematico così, a
me piace semplicemente giocare con i numeri: stabilire la posizione della nave con una serie di
osservazioni per quanto possibile precise, calcolare la velocità, l'interesse di dieci sterline investite
mille anni fa al due e tre quarti per cento, giochi così. » « Una volta un antiquario », disse Stephen
dopo una lunga pausa, « mi ha mostrato l'illustrazione di un amphisbaena, un serpente con una testa a
ogni estremità. Ho dimenticato il significato morale della creatura, ma ne ricordo la forma, la sua
invidiabile capacità di guardare contemporaneamente a prua e a poppa », disse sottolineando
leggermente l'espressione nautica. « È dall'ultimo colpo della campana che mi contorco come
un'anima dannata per vedere la Pomone e la Ringle, che Dio la benedica, nonché la favolosa città di
Spalato. Ho le natiche doloranti. » «Be', signore», suggerì Daniel, «credo di potervi aiutare; quale
volete vedere per prima? » « Oh, la Ringle, senza alcun dubbio. » « Allora mi girerò per guardare a
poppa e se la Pomone comparirà all'orizzonte prima del tramonto, o nel caso vogliate ridiscendere
sul ponte, vi avvertirò. Ma prima che mi giri, vorrei che osservaste ancora Brazza, la grossa isola al
di là della punta di Lesina; alla sinistra di Brazza, c'è una terra bassa e quando saremo un po' più
vicini potrete vedere uno stretto passaggio tra le due. Lo si vede già, con il cannocchiale. » « E vero:
molto scuro e molto stretto. » « Be', dal modo in cui sta regolando l'assetto delle vele, credo che il
signor Woodbine voglia portarci là, nonostante il vento al traverso. Conosce benissimo queste acque.
Non è un passag129 gio molto lungo, grazie a Dio, e noi abbiamo una nave bolinie-ra. Una volta
usciti, avrete davanti a voi Spalato. » Spalato era in effetti davanti a loro, gli orrori del passaggio
strettissimo e scurissimo dimenticati e con il sole al tramonto che avvolgeva di una gloria indistinta,
ma meravigliosamente emozionante, l'enorme rettangolo del palazzo di Diocleziano. E prima che la
Surprise fosse del tutto uscita dal canale la voce della vedetta in testa all'albero di trinchetto gridò: «
Ponte! Ponte! La Ringle al mascone di dritta! » Immediatamente Jack impartì gli ordini e non appena
entrata in acque libere la fregata, a secco di vele, si mise alla fonda con un ancorotto nella lieve
corrente verso il largo. Era già buio e si vedevano le lucciole sullo stretto quando la Ringle si
affiancò e Reade salì a bordo della Surprise seguito dal dottor Jacob. Jack condusse entrambi
sottocoperta, ma Jacob sanguinava così abbondantemente da una ferita che si era procurato salendo
lungo la murata, probabilmente su un tratto di frisata scheggiato, che Stephen dovette portarlo via:
mise le sue brache in acqua fredda, ricucì lo squarcio e pregò Poli di fasciarlo e di trovare un paio di
pantaloni che gli andassero bene. Nel frattempo Jacob domandò: « Non avete ricevuto i miei
dispacci, non è vero? » « Nemmeno uno. I messaggeri della fratellanza si sono mossi?» « Tre giorni
fa. I vostri amici di Kutali mi hanno accolto magnificamente e mi sono stati d'aiuto: lasciate che vi
riassuma. In primo luogo, lo sceicco di Azgar ha promesso la somma richiesta per i mercenari, la
notizia è di almeno una settimana. I russi e gli austriaci stanno ancora tergiversando, sospettano l'uno
dell'altro, mentre cresce l'ardore dei bonapartisti musulmani: un pellegrino di ritorno da un santuario
sciita dell'Atlante ha riferito di aver visto, attraversando Azgar, pesare l'oro alla presenza di Ibn
Hazm. I capi della fratellanza si sono incontrati in 130 un villaggio musulmano, hanno risolto le
antipatie personali e le rivalità e hanno inviato a Durazzo cinque dei loro membri più autorevoli, due
dei quali molto influenti a Costantinopoli; cambiano i cavalli nei luoghi di sosta dei pascià. Là
prenderanno uno dei veloci battelli di Selim per Algeri. Una volta ad Algeri dovranno pregare il dey
di trasportare il denaro, il tesoro, promesso dallo sceicco. Possiamo intercettarli tra Pantelleria e
Kelibia. » Jack si affacciò alla porta dell'infermeria. « Chiedo scusa per l'interruzione, volevo solo
sapere dal dottor Jacob dove si trova la fregata francese. » « Sul lato della Marsa, signore,
all'estremità settentrionale. Alcuni mercantili provenienti dalla costa della Barberia sono lì vicino. »
« Quanti cannoni ha? » «Mi dispiace, non lo so, signore; secondo il segretario, un numero tale che
non avrebbe potuto arrendersi salvando la faccia a una piccola fregata con cannoni da nove libbre. »
« Capisco », disse Jack. « Grazie. » « Temo di averlo offeso », si rammaricò Jacob quando la porta
si chiuse. « Mai sia, collega », lo rassicurò Stephen. « Prego, continuate. » Ma Jacob era rimasto così
male per quell'occhiata gelida, che impiegò del tempo a riordinare le idee. « Sì », disse alla fine, «
be', mi sono permesso di avvertire il nostro amico di Ancona e di organizzare un incontro con i capi
carbonari non appena foste stato qui. Spero non vi dispiaccia. » « Niente affatto. A che ora? » «
Subito dopo il sorgere della luna. » « Ovvero? » « Penso sia di notte, ma non so essere più preciso di
così. » « Ho visto la luna anche di giorno, è così strano con il sole. Tuttavia domanderò al
commodoro. » « Mio caro commodoro », disse poco dopo, « sapresti dirmi a che ora sorge la luna
stanotte? » « Trentatré minuti dopo la mezzanotte; è esattamente a cinque gradi sotto il pianeta Marte.
E, Stephen, lascia che ti dica 131 una cosa: la Pomone è nel canale, a non molta distanza a poppa. Se
potessi decidere da solo, manderei a bordo della fregata un ufficiale che parlasse francese per
riferire al suo comandante che la Pomone, una fregata da trenta cannoni da diciotto libbre e la
Surprise, con cannoni da dodici libbre, entreranno nella rada domani alle prima luci dell'alba,
spareranno una mezza dozzina di bordate a salve a distanza ravvicinata, alle quali la fregata francese
risponderà allo stesso modo e poi, salvata la decenza, faremo tutti vela uscendo attraverso il
passaggio più ampio a nord-ovest, se questo vento tiene, e procederemo per Malta. Ma questo
interferisce con i tuoi piani? » « Niente affatto: se vuoi, andrò io a bordo della Cerbère. » « Sarebbe
bello, Stephen. Vuoi che metta la proposta per iscritto? » « Grazie. » Jack scribacchiò qualcosa, gli
porse il foglio e disse: « Noterai che ho sottolineato a salve: ma nella confusione il poveretto
potrebbe dimenticarsi di scaricare i cannoni prima di sparare la sua bordata. Ricordaglielo, per
favore... Ma con tatto, con molto tatto, d'accordo? » « Quando è meglio che vada? » domandò
Stephen quasi non avesse ascoltato, ma riflettendo sulla grafia grande, chiara, in certo modo rotonda
e femminile dell'amico, sulla sua capacità di reagire tempestivamente nei momenti di crisi e sulle sue
non poche manchevolezze. « Non appena avrai indossato l'uniforme, e Killick ti avrà portato la
parrucca migliore. Scialuppa e bansigo saranno pronti. » IL comandante e gli ufficiali della Cerbère
erano persone intelligenti e, dal momento che un comandante sceglie in genere uomini che la pensano
come lui, erano tutti d'accordo. Volevano uscire da quella situazione e quando videro la luce di
un'imbarcazione che vogava con stile navale provenendo dalla stretta imboccatura del porto di
Spalato tirarono un sospiro di sollievo. 132 La osservarono attentamente con i cannocchiali notturni
e, quando fu chiara la sua intenzione di accostarsi alla fregata, l'ufficiale di guardia ordinò di
predisporre un bansigo: avevano già assistito al tragico tentativo del dottor Jacob di salire a bordo.
Salutarono la scialuppa per amore della forma e furono alquanto sorpresi quando la risposta « Un
messaggio da parte del commodoro inglese » non fu data nel francese di Jacob. Tuttavia, calarono il
bansigo e Stephen salì a bordo con la dignità concessa da un tale mezzo, ma per lo meno asciutto,
pulito e in ordine. Ricambiò il saluto del comandante in seconda, disse che avrebbe voluto parlare
con il comandante e venne introdotto nella cabina di poppa. Il capitano Delalande lo ricevette con un
inchino grave, ascoltò in silenzio ciò che aveva da dire e quando Stephen ebbe finito disse: « Siate
così gentile da riferire al commodoro, con i miei omaggi, che accetto tutte le sue proposte e
risponderò alle sue bordate a salve e a quelle della nave di conserva con un ugual numero di tiri
parimenti a salve, lo seguirò attraverso il canale di Spalato e poi faremo rotta verso Malta». Dette un
colpo di tosse, si rilassò e gli offrì un caffè. Dopo che ebbero bevute due tazze e gustato biscotti
dalmati alle mandorle, ogni tensione tra loro sparì, e Stephen domandò se avesse mai saputo di tiri a
salve per un saluto o simili nei quali fosse partito per errore un proiettile perché si era dimenticato di
scaricare i cannoni. « No, signore. In caso di saluto o cose del genere ci piace che i cannoni facciano
rumore, per questo ritiriamo il proietto, in se stesso abbastanza prezioso, ve lo assicuro, il ministero
ne fa un gran conto; lo sostituiamo con altra borra e talvolta con un disco di legno o due. » Dopo
averlo ringraziato Stephen si congedò e uscì, scortato da un ufficiale; notò sguardi di approvazione,
perfino amichevoli, non soltanto sul cassero, ma anche tra gli uomini a mezza nave: non solo nella
marina britannica, concluse, la segretezza era un bene raro a bordo di una nave. 133 « Mio caro
William », disse, al sicuro sul ponte della Ringle, « possiamo dire che la luna sorgerà presto? » «
Tra mezz'ora, signore », disse Reade. « In questo caso, siate così gentile da prestarmi la vostra
piccola scialuppa e un marinaio serio, affidabile, sobrio per portare me e il dottor Jacob a terra
diciamo... tra venti minuti. » « Certamente, signore, con piacere. » «Jack», disse entrando nella
cabina dove il commodoro e il suo segretario erano impegnati con i registri dei conti, « chiedo
venia... » «A domani, signor Adams. » « ... volevo riferirti che il capitano Delalande ha accettato: vi
aspetta domani alle prime luci dell'alba. » « Oh, sono davvero... » « D'altro canto i messaggeri della
fratellanza sono già in viaggio per Algeri. Ora devo scrivere una minuta per Malta e poi scendere a
terra per un incontro. A domani, fratello. » « I dottori vanno a terra », disse Joe Plaice al suo vecchio
amico Barrett Bonden. « Non gli do torto », commentò Bonden. « Non dispiacerebbe neanche a me
dare un'occhiata a Spalato. Probabilmente accenderanno una candela a qualche santo. » « Un modo
fine di mettere la cosa », osservò Plaice. Ai sei colpi della seconda comandata, quando tutti i cannoni
di sinistra e la maggior parte di quelli di dritta erano stati scaricati e ricaricati con la polvere che
Jack usava per il saluto, i dottori rientrarono, aiutati a risalire a bordo da possenti marinai, e
sgattaiolarono stanchi e curvi verso le rispettive brande. « Tutti e due a pezzi », commentò l'aiuto
cannoniere. « Santo cielo, non stanno neanche in piedi. » 134 « Be', sono anche loro esseri umani »,
disse il quartiermastro alle scotte. « Eccovi qua, signori », li salutò il commodoro. « Di nuovo a
bordo, a quanto vedo. Vi suggerisco di dormire, finché potete, tra poco ci sarà un gran chiasso. » «
Ancorotto a picco! » gridò Whewell dai masconi. « Sbrigarsi a salpare, signor Whewell », disse
Jack; e dirigendo la voce a poppa: « Siete pronto, cannoniere? » « Pronto, signore », rispose il capo
cannoniere, biblico toro di Bashan. « Signor Woodbine », disse Jack al nocchiere, « avviciniamoci:
solo le gabbie. Riuscite a vedere le luci del francese, non è vero? » « Oh, sì, signore. » « Allora
dirigete su un punto a una gomena di distanza dalla sua poppa, poi risalite a cinquanta iarde dalla sua
murata sinistra. Per allora sarò di nuovo in coperta. » Andò a poppa e chiamò al di sopra dell'acqua
nera: «Pomone!» « Signore? » rispose il capitano Vaux. « Sto per muovermi. » « Molto bene,
signore. » « Uomini a fare vela», disse il nocchiere al nostromo; e subito si udì il trillo del fischietto.
« Gabbie », disse il nostromo. In un silenzio quasi assoluto gli uomini ai matafioni, alle scotte, ai
caricascotte e agli imbrogli, ai manti, alle drizze e ai bracci si diedero da fare quasi senza una parola
e con rapidità: un bell'esempio di tempismo, coordinazione ed esperienza, se mai qualcuno non lo
avesse dato per scontato. Le gabbie furono spiegate e bordate a segno: la nave cominciò a muoversi,
con un vento tiepido e costante al giardinetto di sinistra. Pochi minuti dopo aveva acquistato abbrivo
e l'acqua mormorava lungo le murate, tenue come la brezza fra le sartie. Uscita dal ridosso di Brazza,
cominciò a beccheggiare e rollare leggermente: la vita riprendeva dopo la lunga sosta in panna. Era
buio, solo un confuso chiarore di luna dietro una nuvola molto alta, nemmeno una stella, e qua e là
lanterne lontane in 135 testa agli alberi del naviglio in distanza al mascone di dritta, grappoli di luci
sulla banchina. Buio e silenzio: così buio che perfino le gabbie, verso le crocette, erano invisibili.
Lungo tutto il bordo di dritta gli uomini ai cannoni aspettarono in silenzio, qualche volto appena
visibile al di sopra delle lanterne cieche, allievi o aiuti nocchiere alle loro spalle, ufficiali dietro
ogni squadra. Il signor Woodbine aveva gli occhi fissi sulla poppa illuminata della Cerbère da
quando erano usciti dal canale, illuminata e sempre più vicina, le luci sempre più vive. Lanciò
un'occhiata al commodoro, il quale fece segno di sì. « Prua al vento », disse Woodbine al marinaio
alla ruota; poi, dopo che la Surprise fu parallela alla Cerbère, «Alla via così », e la stabilizzò sulla
rotta. Quando il mascone fu all'altezza dell'anca della nave francese il nocchiere mise a collo la
gabbia, togliendo abbrivo alla fregata e Jack gridò: « Fuoco! » All'istante la fiancata della nave
eruttò un enorme rombo di tuono e un immenso banco di fumo illuminato da lampi che raggiunse ben
presto la Cerbère; la nave francese rispose con un ruggito ancor più grandioso ma, notò Jack con
soddisfazione, non altrettanto uniforme. Stephen Maturin, afflosciato come un paio di calze vecchie e
sudice dopo interminabili ore di trattative, per lo più in lingue slave che non conosceva più del turco
e che dovevano essere tradotte, in un'atmosfera soffocante, con gente che suonava all'esterno, per
impedire che qualcuno potesse origliare, una musica in nessuna chiave o intervallo a lui noti, si era
buttato sulla branda, ed era sprofondato all'istante in uno stato di torpore più che in un sonno da
cristiani. Il suo corpo saltò su al primo fragore e quando mente e corpo si furono riuniti, scoprì di
essere seduto accanto alla porta, le membra tese come quelle di un gatto spaventato. Comprensione e
memoria ritornarono al ruggito della successiva bordata, e Stephen riconobbe l'ambiente male
illuminato che lo circondava e trovò a tentoni la via per salire in coperta. Vi arrivò nel momento
della risposta della nave francese. Al di sopra del fumo l'intero arco basso del cielo era illuminato a
136 giorno, si vedevano i mercantili algerini fare vela freneticamente, sulla terraferma innumerevoli
Ìucì correvano di qua e di là, l'intera città visibile in un bagliore accecante. La Surprise si portò fuori
tiro e fu la volta della Pomone, i suoi cannoni da diciotto libbre ancora più assordanti, un rombo di
incredibile potenza: più volte, da entrambi i lati, i lampi quasi simultanei rischiararono il cielo e
Stephen vide il volo incerto, folle, di numerosi uccelli marini. « Allora », disse il commodoro
accanto a lui, « mi dispiace che tu abbia dormito così poco, ma ci sbrigheremo presto... Signor
Woodbine, credo che possiamo virare. » E a Stephen, a bassa voce, mentre il fischietto del nostromo
chiamava Tutti gli uomini ai posti di manovra: « Guarda quel grosso sciabecco di Kutali che fugge
all'impazzata, come se fosse la fine del mondo! » « Già, sembra proprio la fine del mondo a
giudicare dal baccano e dai lampi », convenne Stephen, borbottando poi tra sé: «... Solvet saeclum in
favilla ». Sull'altro bordo scivolarono lungo la murata della Cerbère; fu la volta dei cannoni di
sinistra ed erano così vicini che qualche borra incandescente volò sul ponte dalla nave francese,
subito spenta tra grandi risate e le grida indignate, spesso furiose, degli allievi: « Silenzio a prua e a
poppa! » Un altro bordo, un'altra apocalittica serie di bordate - di nuovo lo strepito, il rombo cupo,
l'agitazione frenetica sulla terraferma, con tamburi e trombe lontani, suono di campane a stormo, e
dopo aver dato il comando di ricaricare i cannoni con munizioni e proiettili veri e di ritirarli, Jack
procedette verso il canale di Spalato, seguito dalla Cerbère e dalla Pomone, con la Ringle
sottovento. Fece accendere le lanterne di poppa e le luci sulle coffe, chiese a Harding di congedare
la guardia di dritta non appena spiegati i trevi e scese sottocoperta, in punta di piedi. Trovò Stephen
intento a scrivere nella cabina condivisa per tanti anni. « Spero di non disturbarti », si scusò. « Per
carità, sto solo stendendo un resoconto succinto della mia conversazione con certe organizzazioni a
Spalato, a beneficio del funzionario del servizio informazioni dell'ammiragliato 137 a Malta; e,
quando avrò finito, il mio dovere, per come la vedo io, è di volare ad Algeri, ammesso che una nave
possa volare. » « Che cosa pensi che dovremmo fare? » « Non posso dare ordini a un commodoro
ma, dato che il nostro scopo è sventare l'intervento di mercenari bonapartisti, 'estremamente
pericoloso', così lo ha definito il segretario di Stato, credo che dovremmo scendere lungo la costa
guardando attentamente nei cantieri che ospitano bastimenti in costruzione, e poi, non appena
perlustrata Durazzo, procedere per Algeri, sorvegliando le acque tra Pantelleria e Kelibia alla
ricerca di un lugro. Dopo di che, supponendo che il lugro ci sia sfuggito, io mi dirigerei ad Algeri
sulla Ringle per dissuadere il dey dal trasporto del tesoro, mentre tu rimarrai in vista, potente e
famosa fregata, visibile da tutto il naviglio in entrata e in uscita. » « Niente Pomone} » « I suoi pezzi
da diciotto sono un'ottima cosa, ma non si tratta più di forza fisica. Noi abbiamo già sistemato due
temibili fregate pesanti e io, con una spesa enorme, posso ben dire, ho messo in moto una serie di
misure che ci libereranno da parecchi bastimenti più piccoli ma pur sempre pericolosi, in riparazione
o in fase di costruzione: brigantini, corvette, tre barche cannoniere. Lasciar tornare a Malta la
Pomone con la sua compagna mi sembra un colpo da maestro. » Jack riflette. « D'accordo », disse
alla fine, « faremo come dici tu. Non appena avrai finito, manderò il resoconto alla Pomone che lo
porterà a La Valletta. » Un acquazzone violento di dieci minuti aveva ripulito il cielo senza far
scemare il vento da velacci, a oriente il giorno si annunciava chiaro e limpido e guardando le due
navi di conserva a sud Jack vide che la Cerbère aveva issato la bandiera reale francese. « Signor
Rodger », disse all'allievo addetto ai segnali, « alla Ringle: Inviare scialuppa all'ammiraglia. » IL
ragazzo si era esercitato spesso ai cannoni, ma non si era mai trovato in niente di simile a una
battaglia ed era ancora sordo per tre quarti, nonché istupidito dalla mancanza di sonno. Jack ripetè
l'ordine a voce più alta, ma l'anziano quartiermastro 138 aveva sentito perfettamente e le bandiere di
segnalazione erano, se non pronte, in bella mostra. « Stephen », disse Jack, « non voglio metterti
fretta, ma non appena avrai finito, una scialuppa porterà il resoconto alla Po-mone. Devo inviare
anche un messaggio per informare Vaux dei nostri piani? » «Perché no? Potrebbe essere solo 'è stato
concordato che...' Il tuo in un plico separato. » Avvicinò la candela, fece sciogliere la cera e sigillò
il resoconto, poi, con noncuranza, lo avvolse in seta oleata, infilò il tutto in un sacchetto di tela da
vele, sigillò anche questo e lo diede a Jack. Mi chiedo come faccia una creatura così maldestra a
essere precisa come una ricamatrice quando si tratta di plichi: o di aprire una pancia, se è per questo,
pensò Jack osservandolo. « L'esercizio fa il maestro », osservò Stephen. «Mai detta una parola»,
protestò Jack, «muto come un cigno! » La scialuppa della Ringle si affiancò, il giovane ufficiale
ricevette il pacchetto con reverenza e Jack dette il comando di virare, mettendo la prua in direzione
della costa e procedendo di buon braccio. Mentre passavano accanto alle fregate dirette a Malta, vi
fu uno scambio di saluti, alcuni formali, altri, dai portelli aperti, ironici o addirittura osceni. Il
commodoro avrebbe voluto osservare un'antica tradizione navale e issare un segnale con la citazione
del libro, del capitolo e del versetto: « Oh, se le mie parole fossero ora scritte, oh, se fossero scritte
in un libro », gli aveva segnalato una volta nel Baltico l'ammiraglio Gambier quando Jack era stato
lento nel restituire alcune scorte; ma prima che potesse ricordare le parole con esattezza, si diffuse
sul cassero un aroma paradisiaco di caffè e di aringhe affumicate. « Signor Rodger », disse
all'allievo addetto ai segnali, « volete fare colazione nella cabina? » « Oh, sì, signore, grazie! » « I
miei omaggi al signor Harding, vorrei che ci facesse compagnia. » Fu una colazione allegra e
abbondante, come lo erano sempre quelle di Jack Aubrey quando si trovava nei pressi di una 139
costa civilizzata; e il suo attuale cuoco, Franklin, era un vecchio lupo del Mediterraneo, un vero
esperto nel fare acquisti in lingua franca, gesticolando e ripetendo ogni cosa a voce sempre più alta
finché il povero forestiero, in quel caso della Dalmazia, riusciva a capire. Le aringhe erano state
portate da casa, ma le uova erano fresche, il burro, la panna e le cotolette di vitello venivano
dall'isola di Brazza, mentre un'amichevole nave turca al largo delle Bocche di Cattaro aveva fornito
un nuovo sacco di vero caffè Moka. Harding era stato nell'Adriatico con Hoste nel 1811, aveva
prestato servizio come secondo ufficiale suìì'Active, da trentotto cannoni, e dal momento che l'isola
di Lissa era visibile dalla vetrata di poppa, al giardinetto di sinistra, non fu necessario insistere per
fargli descrivere con trasporto la famosa battaglia navale, una delle poche tra fregate della guerra,
dieci fregate impegnate in combattimento insieme a navi più piccole: illustrò persino i movimenti
della squadra con pezzetti di pane. La prima colazione durò a lungo quel giorno e il resoconto
dettagliato di un'azione con tante navi in movimento la fece durare ancora di più. La Favorite si era
appena incagliata quando un allievo entrò e, scusandosi con il commodoro, domandò il permesso di
dire al dottor Maturin che il dottor Jacob voleva parlargli. « Spero di sbrigarmi in un minuto », disse
Stephen, « non vorrei perdere nemmeno una manovra. » « Non dovevo chiamarvi? » domandò Jacob.
« Pensavo voleste constatare i primi risultati delle nostre conversazioni di Spalato. » In quel sole
brillante le fiamme non potevano essere distinte con chiarezza, ma la grandiosa scia di fumo che si
disperdeva a ovest nord-ovest la diceva lunga. « IL cantiere di Berto-lucci, naturalmente», disse
Jacob. «Avevano quasi terminato la Néréide, una... che c'è di più piccolo di una fregata? » « Una
corvetta. » « Proprio così, una corvetta. Gli operai non venivano pagati da più di tre settimane...
Credo di aver visto marinai francesi che cercavano di spegnere l'incendio. » 140 «Volete salire su
quella piattaforma lassù con un cannocchiale? » « No, no, per carità. E poi abbiamo le visite del
mattino ed è già tardi. Non avete dimenticato il signor Daniel, il vostro angelo custode, vero? »
Uomini tanto esperti come quelli della Surprise potevano sparare una rapida serie di bordate senza
problemi, ma quella volta, per colpa dell'allegria e della spensieratezza che regnavano a bordo,
nell'infermeria erano stati ricoverati tre o quattro uomini, che si erano ustionati mentre cercavano di
controllare il rinculo del pezzo o contusi per non essersi ritirati in tempo. John Daniel era l'unico
vero infortunato: il capitano Delalan-de, così come l'avversario, aveva voluto fare un gran baccano e
anch'egli aveva fatto usare dischi di legno per calcare le cariche. Uno di questi, sospinto dalla borra,
aveva colpito il povero Daniel al petto, spezzandogli la clavlcola e procurandogli un enorme livido.
Stephen non lo aveva dimenticato; ma più tardi nel corso della mattinata, con tutti i pazienti medicati,
fasciati e curati (nel caso di Daniel con una confortevole dose di laudano), fu contento di potersi
inerpicare fino alla coffa di maestra senza scorta mentre la fregata correva (o meglio avanzava
lentamente, dato che il vento era scemato) tra Sabbioncello e Meleda. Il cantiere di Papadopoulos e
quello di Pavelic erano già stati distrutti: dalle velerie, dalle corderie e dagli scafi anneriti si levava
solo una spirale di fumo. Scrutò nella lente la punta meridionale di Sabbioncello dove, stando al suo
elenco, si trovava un piccolo cantiere appartenente a un certo Boccanegra, ma dato che questi, un
siciliano, aveva un suocero di una certa importanza tra i carbonari e i loro alleati, talvolta molto
strani, Stephen non era sicuro che quel cantiere facesse parte dell'accordo. Continuò a fissare la costa
mentre la fregata procedeva placida sulle acque calme dell'Adriatico, mettendo ripetuta-mente a
fuoco il cannocchiale di Jack, una parte remota della sua coscienza consapevole dei rintocchi della
campana, otto colpi, del gruppetto di ufficiali riunito per le osservazioni di mezzogiorno, dell'allegria
degli uomini chiamati alle mense; 141 poi, a un colpo della campana, il piffero segnalò che il grog,
sempre molto gradito, era pronto. Le acclamazioni e il rumore dei piatti di legno battuti sulle mense
per accogliere l'arrivo del rum erano ancora udibili laggiù, in basso, quando un mozzo in preda
all'agitazione, in giacchetta azzurro vivo, nominalmente al servizio del dottor Ma-turin, si affacciò
alla coffa e disse: « Oh, signore, prego... oh, signore, per favore... il signor Killick mi ha ordinato di
dirvi che il commodoro, Sua Eccellenza, deve pranzare nel quadrato e voi siete tutto sporco. Ha
incipriato la vostra parrucca migliore ». « Grazie, Peter, digli che hai riferito il messaggio », lo
ringraziò Stephen. Si guardò le mani. « Non direi sporco », mormorò. « Ma è vero, lo avevo
dimenticato. » Sebbene rendesse la vita dura a Peter, Killick non aveva ancora riconquistato la sua
autorità, la stima e l'importanza di un tempo, quando non aveva ancora rotto il corno, né nella cabina
di poppa né sul ponte di batteria; tuttavia poteva ancora far notare con voce abbastanza petulante che
i gentiluomini erano già riuniti, che si stava aspettando solo il commodoro e che le brache pulite del
dottor Maturin, la sua giacca buona spazzolata e la parrucca appena incipriata erano su quella sedia:
c'era solo il tempo di lavarsi la faccia con l'acqua calda in quel catino lì e come aveva fatto a ridursi
in quello stato? «Non arriveremo mai in tempo, oh, povero me, povero me... » Arrivarono in tempo:
cinque o sei secondi prima che il commodoro entrasse nel quadrato, Stephen era già al suo posto tra
Whewell e il nocchiere, il suo servitore dietro la sedia e il dottor Jacob di fronte a lui. Senza
intenzione, si scambiarono uno sguardo calmo quando la porta si aprì ed entrò il commodoro. Tutti si
alzarono. « Seduti, prego, signori! » esclamò Jack. « Ho rischiato di arrivare in ritardo e non merito
una tale cortesia. Per chi sostiene a spada tratta che la puntualità conta più della fede, della speranza
e della carità, è davvero imperdonabile. È assurdo, ma stavo cercando il mio cannocchiale: ho
guardato dappertutto, ma niente cannocchiale. Ho una consolazione, però... » disse bevendo d'un
sorso l'eccellente sherry. 142 Stephen sentì il gelo nelle vene: senza chiedere il permesso aveva
preso il cannocchiale di Jack e, mettendoselo a tracolla in modo marinaresco o quasi, se l'era portato
sulla coffa di maestra. E là, impressionato dall'annuncio di Peter, lo aveva lasciato, posato su un
mucchio ordinato di coltellacci. Per nascondere la sua colpa, disse: « Spesso sentiamo di genitori
che hanno chiamato le fàglie Fede, Speranza o Prudenza; mai Giustizia, Fortezza o Temperanza; e
nemmeno Puntualità, per quanto io lo trovi un nome affascinante». Si servì la minestra mentre la
conversazione continuava. Nessuno disse niente di spiritoso o profondo o realmente memorabile in
quanto a idiozia, ma fu una conversazione gradevole, amichevole, accompagnata da cibo discreto e
da vini più che discreti. Dopo il brindisi al re, Stephen si scusò: aveva «dimenticato una cosa »,
disse all'ufficiale che presiedeva alla mensa, evitando lo sguardo di Jack. Aveva detto la verità: ma
non aveva affatto pensato alla difficoltà, per chi non era imparentato con la specie più agile di
scimmia, di salire a riva in brache attillate, scarpe con la fibbia e giacca elegante con le code. Nella
fretta continuava a scivolare, perché la nave, quasi abbonacciata a ridosso di un promontorio, stava
rollando, dondolando in modo insolito. Talvolta rimaneva appeso con entrambe le mani, cercando
freneticamente di ritrovare l'appoggio per i piedi sulle griselle, talvolta con una mano sola. Era in
quella ridicola posizione, molto turbato nell'animo, quando Bonden salì di corsa a riva e lo afferrò
con decisione, facendolo ruotare verso il mare e, alle sue richieste pigolanti, lo sospinse fin sulla
coffa, dove gli mise in mano la scarpa con la fibbia che aveva lasciato cadere sul ponte. Non fece
domande, non dette consigli, ma osservò pensieroso il cannocchiale del commodoro: dopotutto era il
timoniere di Jack Aubrey. « Barrett Bonden », disse Stephen, quando ebbe ripreso fiato. « Vi sono
obbligato, davvero. Parola mia. Ma non c'è biso143 gno di raccontare del cannocchiale al
commodoro. Glielo porterò io stesso e spiegherò... » « Ma è il mio cannocchiale! » esclamò il
commodoro, sollevando la sua possente struttura al di sopra del bordo della coffa. « L'ho cercato
dappertutto. » « Mi dispiace, non avrei dovuto farti preoccupare, assolutamente no... Grazie, Bonden,
per l'aiuto: per cortesia, dite al dottor Jacob che forse ritarderò di qualche minuto. » Quando Bonden
se ne andò, Stephen continuò: «Quel caro uomo mi ha dato una mano, molto gradita: ho trovato le
brache attillate e le scarpe molto fastidiose. La verità è che... » Esitò un istante. « La verità», riprese
con più convinzione, « è che volevo osservare la costa: non ero sicuro di trovare quello che mi
aspettavo, perciò, quando ho visto il tuo cannocchiale appeso al solito gancio mentre tu non c'eri, mi
sono permesso, cosa inammissibile, di prenderlo e di salire rapidamente a riva; e, parola mia, ne è
valsa la pena. Anche se non è corretto dirlo... » Durante tutto quel tempo, parecchio, dato che il
disagio aveva ridotto il piccolo galoppo dell'eloquio di Maturin a un passo lento ed esitante, con
pause frequenti, Jack aveva esaminato con occhio geloso il prezioso cannocchiale, un capolavoro
acromatico di Dollond, e trovandolo intatto, disse: « Bene, sono contento che tu abbia visto ciò che
volevi. Un'aquila reale a due teste, immagino ». « Vedi quel filo di fumo sopra il promontorio, un
poco a sinistra? » « Sì. Sembra stiano bruciando delle stoppie: anche se la primavera non mi sembra
il momento più adatto. Capo San Giorgio, credo. Hai notato come gli stranieri non riescano a
pronunciare correttamente i nomi inglesi? » « Poveretti; spero che questo nome, anche se distorto,
possa essere di buon augurio. Sul lato opposto del promontorio c'è Sopopeia, il villaggio con le
sorgenti ferruginose; e in un'insenatura profonda e riparata, diciamo un furlong a sud del paese, il
cantiere navale di Simone Maccabeo, un vero furfante: stava costruendo una barca cannoniera, ma
non pagava gli operai, così loro hanno incrociato le braccia. Credo che abbiano incen144 diato il
cantiere qualche ora fa e quel fumo residuo, diminuito da quando l'ho avvistato la prima volta, viene
da lì. » Stephen non sapeva che cosa pensasse Jack di quella forma di guerra. Quando la nave doppiò
il capo, scoprendo il cantiere, Jack osservò con attenzione le rovine annerite attraverso la lente del
cannocchiale, poi, richiuso lo strumento, disse: «Whewell ha visto un cantiere incendiato sulla costa
di Curzola. Non era sulla nostra lista, ma questo sì, e io avrei dovuto dare un'occhiata, mandarci la
Ringle ole. scialuppe, se necessario ». «Avresti dato alle fiamme la barca cannoniera in costruzione.
Anche se ne avessimo avuto il tempo, e no, non ce l'abbiamo, non ne sarebbe valsa la pena per una
preda così meschina. Jack, devo dirti in gran segreto che a terra abbiamo degli alleati che possono
occuparsene, piuttosto curiosi, lo ammetto. Spero vedrai altri cantieri in fiamme, prima di arrivare a
Durazzo. So che questo non è il tuo genere di guerra, fratello, non ha nulla di glorioso. Ma, come
vedi, è efficace. » « Stephen, non prendermi per un uomo assetato di sangue, per un gradasso tutto
gloria-o-morte. Credimi, preferirei veder bruciare fino alla linea di galleggiamento un vascello di
prima classe piuttosto che un mozzo ucciso o mutilato. » Sporgendosi dal bordo della coffa impartì
gli ordini e la fregata si allontanò dalla costa. Poi disse: « Scendiamo e confrontiamo l'elenco di
Christy-Pallière con le tue aggiunte. E posso pregarti di slacciarti la fibbia al ginocchio, di lasciare
la giacca su quei coltellacci per farla portare giù dal mozzo e di scendere dalla buca del gatto? Ti
guiderò io ». L'elenco era stato arricchito grazie alle informazioni private di Stephen e di Jacob, e
con il vento da ovest sud-ovest che diventava da velacci, la nave discese lungo la costa a una buona
andatura. Non passò notte senza un incendio, grosso o piccolo, a sinistra; e Stephen notò che Jack e il
nocchiere calcolavano con più precisione del solito la distanza percorsa e che Jack Aubrey, ogni
volta che la nave si trovava al largo di una località dove un cantiere era stato dato alle fiamme,
saliva sulla coffa di trinchetto, mentre Reade se ne stava appollaiato sulle sartie della goletta a
guardare le rovine con cupa soddisfazione. Notò 145 inoltre che nel quadrato regnava un certo
disagio, un certo riserbo: tutti sapevano che era all'opera qualcosa che riguardava il servizio
informazioni, qualcosa di cui non si doveva parlare; anche se Somers, appassionato pescatore, disse,
a proposito della carcassa in fiamme di una corvetta quasi ultimata, che era un po' come comprare un
salmone dal pescivendolo invece di pescarlo. Tuttavia, l'equipaggio era soddisfatto, una
soddisfazione che raggiunse il culmine a Durazzo, con i suoi sette cantieri navali (compresi quelli dei
sobborghi) illuminati a giorno dal fuoco, gli alberi e i pennoni di una piccola fregata e di due
corvette che ardevano come gigantesche torce. « Be' », disse Jack, « non sarà un modo molto glorioso
di fare la guerra, ma, perdio, Stephen, i tuoi alleati hanno ripulito la costa! E anche se abbiamo perso
una piccola fortuna in quanto a denaro delle prede, abbiamo risparmiato un mucchio di tempo. Forse
dobbiamo ringraziare il tuo san Giorgio e i suoi auspici, dopotutto. »

CAPITOLO VI
Da Durazzo si diressero verso il largo, lasciando il bagliore degli incendi all'anca sinistra e
correndo su un mare calmo sospinti da un buon vento da velacci. Ma dopo due giorni, appena suonati
i sette colpi del secondo gaettone, il mite vento settentrionale che li aveva portati fin lì esalò l'ultimo
respiro; quanti conoscevano bene quelle acque dissero: « Colpo di vento di levante, marinai ». Jack
osservò il cielo, a loro volta gli ufficiali, il nostromo e i marinai più anziani osservarono Jack e
nessuno si stupì quando il commodoro, un attimo prima che il fischietto del nostromo chiamasse gli
uomini alle brande, prese il comando in coperta e fece mettere in forza i controstralli, i paranchi di
rollio, ammainare i velacci, inferire i fiocchi da tempesta, e rizzare i cannoni così saldamente contro
le murate che gli affusti cigolarono, tutti tranne quello prodiero di bronzo per il colpo della sera. Gli
uomini approvarono, per quanto quegli ordini fossero poco graditi alla guardia di riposo, e si dettero
da fare, eseguendoli senza bisogno di istruzioni: i vecchi marinai della Surprise erano perfettamente
addestrati. Finirono alla svelta, un po' perché la guardia di sinistra voleva scendere sottocoperta
dopo una lunga giornata, un po' perché tutti sapevano quanto i venti del Mediterraneo potessero
essere insidiosi, violenti, improvvisi. Quando finalmente il cannone della sera tuonò e il fischietto
del nostromo chiamò gli uomini alle brande, la prima raffica del vento di levante investì la superficie
del mare, sollevando una bassa nube di spruzzi e, colpendo violentemente la poppa della Surprise,
inondò la coffa di trinchetto. La fregata reagì in modo brusco, come un cavallo che stesse saltando
una siepe e scoprisse che il terreno dall'altra parte era molto più in basso di quanto si fosse
aspettato: Stephen e Jacob furono scaraventati sul pagliolo in fondo al quadrato, insieme alla tavola
reale, ai dadi e ai pezzi. « E stata la temutissima folgore », disse Stephen. « Non sono in una
posizione che mi permetta di contraddir147 vi, collega, sono un vostro subordinato », ribatte Jacob, «
ma penso che si tratti del colpo di vento di levante. E credo che Shakespeare ne parlasse. » « Non
sono un'autorità su Shakespeare », convenne Stephen. « Nemmeno io. Tutto ciò che so è che aveva un
secondo letto. » « Perdere due volte di seguito vi ha irritato così tanto? Chissà perché i giochi
competitivi hanno resistito sino a oggi, considerato il risentimento che creano... Anche a me non
piace essere battuto a scacchi. » Jacob, dopo aver raccolto l'ultimo dado, stava per rispondere in
modo tagliente, quando comparve Somers. « Bene, signori, vi consiglio di non salire in coperta senza
cerate e berretti. Sono inzuppato come un'aringa, devo cambiarmi subito. » Si diresse alla sua cabina
mentre Jacob gli domandava: « Sta piovendo? » « No, no. È solo una gigantesca massa di spuma,
sollevata da questo colpo di vento di levante. Arriva a secchiate! » « Chiedo scusa, signore », disse
Killick a Stephen (di rado degnava l'assistente chirurgo della sua attenzione), «Daniel ha fatto un
ruzzolone. Di nuovo la clavicola, secondo Poli. » Si trattava proprio della clavicola, e il giovane era
intontito per una caduta dalle taccate: aveva battuto la testa e una spalla sull'affusto di un cannone.
Stephen lo fasciò stretto, gli diede qualcosa per il dolore e lo fece trasportare da due uomini robusti
della sua squadra (era benvoluto, nonostante fosse un nuovo arrivato) fino a una branda dove avrebbe
potuto riposare in pace, per quanto lo permetteva la nave. Non era poco. La fregata, infatti, correva
di buon braccio e, a parte lo scroscio dell'acqua lungo le murate, era silenziosa; e dal momento che
l'equipaggio era poco numeroso e sano, Daniel ebbe tutto per sé un angolo dell'infermeria. Ma
Stephen era preoccupato per la clavicola, per il suo stato di confusione e il suo aspetto generale.
Perciò rimase con lui fino a quando il giovane non si tranquillizzò, perfino sonnecchiò; allora disse a
Poli di dargli da bere quanto voleva, un uovo sbattuto dentro il brodo al cambio della guardia e 148
che nessuno lo disturbasse con i consigli su ciò che avrebbe dovuto fare. Stephen tornò nel quadrato,
e trovò Jacob che guardava So-mers e Harding giocare a scacchi su una scacchiera da cattivo tempo,
con i fori per bloccare i pezzi. Lo prese da parte: «Voi conoscevate Laennec meglio di me, vero? » «
Credo di sì. Discutevamo a lungo dell'auscultazione, ho letto il suo primo trattato e ho proposto
alcuni suggerimenti che è stato tanto gentile da adottare nella versione definitiva. » « Allora, per
favore, venite a visitare uno dei nostri pazienti. » « IL cuoco ustionato? » « No. Il signor Daniel, un
aiuto nocchiere. Il commodoro lo ha preso a bordo a Mahón. Non mi piace il suono del suo torace e
vorrei un altro parere. » Batterono con i polpastrelli e auscultarono, batterono e auscultarono,
cercando di distinguere tra gli echi prodotti e i rumori della nave. Correva ancor più veloce, ora, con
il rinfrescare del vento, e la vibrazione delle sartie tesate che arrivava allo scafo riempiva
l'infermeria di un insieme di suoni, tra lo stridere e lo sbattere di innumerevoli bozzelli. Anche Jacob
non aveva un parere certo in merito, ma era più pessimista. « Quel vostro amabile giovanotto è in una
brutta condizione, come sapete: malnutrito, troppo magro. Non posso dire con certezza che si tratti di
tisi incipiente, ma se si manifestasse una polmonite domani o il giorno dopo, non mi sorprenderebbe.
E quella contusione potrebbe trasformarsi in qualcosa di molto brutto. Non abbiamo sanguisughe,
vero? » « Gli allievi le hanno rubate per usarle come esca. » Ai quattro colpi del primo gaettone
Stephen si ricordò del suo solito appuntamento con il commodoro e il formaggio alla griglia e si
affrettò su per le scale, aiutandosi con tutte e due le mani: mentre saliva, si rese conto di come ormai
gli venisse naturale. Ma che cosa avrebbe fatto il giovane Daniel con il cattivo tempo, con una sola
mano per aggrapparsi? Si disse che sarebbe rimasto seduto nella sala nautica a fare i calcoli
necessari per una buona navigazione. Il signor Woodbine aveva detto
149 che era una manna dal cielo avere un secondo nocchiere bravo con i numeri come Newton o
Assuero. Una volta tanto arrivò presto, anche se non prima dell'odorino appetitoso del formaggio
negli eleganti piatti d'argento. Killick lo scrutò attraverso una fessura della porta: Stephen ebbe modo
di riflettere sull'intervallo infinitesimale di tempo che intercorre tra la percezione di un aroma
gradevole e l'inizio della salivazione, controllandolo con il suo preciso Breguet, orologio dalla
bellezza austera, prima che la porta si spalancasse e il commodoro avanzasse con piede sicuro sul
pagliolo in movimento, spruzzando acqua di mare in ogni direzione o quasi. « Eccoti qua, Stephen! »
esclamò, la faccia rossa e i brillanti occhi celesti colmi di gioia - pareva ringiovanito di dieci anni -«
Mi dispiace averti fatto aspettare: ma non ho mai goduto tanto di un vento di levante. Si è stabilizzato
magnificamente ora, per essere un vento così, siamo con le gabbie e i trevi terzarolati eppure
facciamo quattordici nodi! Quattordici nodi! Non ti piacerebbe salire in coperta a vedere l'onda
prodiera? » « Con permesso, signore », annunciò Killick in un tono ferito o offeso, « è in tavola. »
Entrò, sobrio come una roccia e altrettanto fermo sui piedi, portando l'elaborato vassoio per il
formaggio alla griglia, con le sue lampade a spirito dalla fiam-mella azzurra, e seguito da Grimble, il
suo aiutante parimenti sobrio e grave, con una bottiglia di cristallo di Romanée-Conti. Posò il
vassoio con fare cerimonioso e disse: « Sarebbe che bisogna mangiarlo subito immediatamente»,
lasciando intendere che il commodoro era in ritardo. In effetti si trattava di uno splendido oggetto,
cinque o sei piccoli piatti rettangolari coperti disposti su un supporto sotto il quale bruciavano le
lampade a spirito, il tutto realizzato da un argentiere di Dublino, non lontano da St Stephen's Green.
Ma entrambi erano troppo affamati per farci caso prima di aver vuotato due piatti ciascuno, puliti a
dovere con ciò che restava del pane fresco della Dalmazia; solo allora contemplarono l'argento con
un certo compiacimento, tenendo il bicchiere in modo che la luce delle candele vi brillasse
attraverso. « Non mi piace decantare le qualità della nave », disse Jack, 150 « ma, toccando legno ed
escludendo incidenti, errori e omissioni, dovremmo coprire più di duecento miglia in ventiquattro
ore, come abbiamo fatto qualche volta con gli alisei; e, se non ci viene portato via niente e se questo
caro colpo di vento di levante non si esaurisce in un solo giorno, come può succedere, venerdì
dovremmo avvistare Pantelleria e capo Bon, che ricordi così spesso. Per questo vento vale la regola
del tre: tre, sei, nove giorni...» « È lo stesso per la tramontana di casa mia. Ma, Jack, non temi gli
orrori di una costa sottovento? » « Signore, Stephen, che tipo che sei! Ci troviamo già nello Ionio,
con il capo Santa Maria lontano a poppa e nessuna costa sottovento per un centinaio di miglia
marine! » « Che differenza c'è tra le miglia marine e quelle terresti? » « Oh, non molta, a parte il fatto
che il miglio marino è più lungo e molto, molto più umido. Ah, ah, ah! Santo cielo, questa è buona! »
disse, asciugandosi gli occhi dopo aver smesso di ridere. « Molto più umido, sì. A parte gli scherzi,
altri tre giorni e, se non perderemo tempo facendo scalo a Malta, saremo a ovest di Pantelleria. »
Giunsero al largo di Pantelleria prima che il vento di levante si spegnesse in una manciata di sordi
muggiti: i due chirurghi contemplarono dal coronamento la costa occidentale dell'isola e il
porticciolo. «Ci ho riflettuto», disse Stephen Maturin, « non importa sapere se i messaggeri siano
passati o no, la nostra missione rimane la stessa: dissuadere il dey dal trasportare ciò che ancora non
possiede. Il signor Aubrey dice che con questo vento nessuna imbarcazione può essere uscita dal
porto di Algeri, nemmeno se il dey avesse avuto già in mano il tesoro. E poi è alquanto improbabile,
ha detto, che un piccolo veliero sia sopravvissuto a una tempesta simile: un lugro non è uno
sciabecco. Ma potrebbe aver cercato riparo in quel porto laggiù », sentenziò indicando Pantelleria,
«e siccome credo sia meglio sapere che ignorare, vi pregherei di scendere a terra con il com151
missario, con la scusa di comprare cuoio, sego, corregge e cose del genere, e chiedere notizie di un
lugro da Durazzo: parlate italiano meglio di me. Solo allora potremo proseguire, passando da capo
Bon: sono curioso di vederlo in questa stagione dell'anno. Non avete problemi a scendere nella
scialuppa, vero? » «Assolutamente no, caro collega. Chi potrebbe affermare che il mio spirito sia
turbato da onde alte sei piedi? E, a proposito, che differenza c'è tra un lugro e uno sciabecco? » « Oh!
Le varietà regionali sono tante, è impossibile spiegarlo chiaramente senza ricorrere a interminabili
dettagli tecnici, ma detto in parole povere lo sciabecco è più lungo, più robusto e molto più piatto.
Ecco la scialuppa. Per favore, insistete perché non perdano nemmeno un momento. » Non persero
nemmeno un momento: il signor Candish e il dottor Jacob, dopo aver comprato del cuoio e due
barilotti del famoso vino locale, fecero ritorno alla nave, senza avere nulla tra le mani riguardo al
lugro da Durazzo. Il comandante del porto, che aveva venduto loro il cuoio e il vino, non sapeva
nulla dello scalo o del passaggio di un simile bastimento, e dubitava che un mezzo così leggero
avesse potuto sopravvivere a una burrasca del genere. Ma, aveva detto, non dovevano preoccuparsi:
non ci sarebbe stato un vento come quello per almeno tre giorni, solo leggere brezze occidentali che
avrebbero portato pioggerelle gradite. Se i signori avessero voluto compagnia mentre erano in panna
al largo, avrebbe mandato a bordo qualche giovane donna. Le sue previsioni risultarono esatte:
rimasero un giorno dopo l'altro al largo dell'isola, talvolta visibile attraverso la cortina di pioggia
fine, e l'equipaggio trascorse il tempo cucendo e rammendando, facendo la coda di ratto alle cime,
rinnovando il rivestimento di cuoio delle trozze del boma e del picco e pescando dall'impavesata.
L'acquerugiola impedì di ballare sul castello, ma ci furono molte visite e Jack, con tutti gli ufficiali
che potevano trovare posto alla mensa della Ringle, pranzò con William Reade. Al contrario, le
previsioni di Jacob si rivelarono infondate. Fu il primo a riconoscere che nel torace di Daniel non si
sentivano più i sinistri rumori che avevano allarmato en152 trambi i medici, ma continuò a sostenere
che la clavlcola avrebbe impiegato molto tempo ad aggiustarsi e che doveva evitare qualsiasi sforzo
fisico, come l'arrampicarsi in testa d'albero. « Non che abbia bisogno di insegnare a voi qualcosa su
una cla-vicola ribelle », disse a Stephen. « Chiedo scusa. » « Sono d'accordo », lo rassicurò Stephen.
« Quando un giovane è convalescente occorre tenerlo sotto controllo e quando Poli o le altre donne a
bordo, per non parlare dei suoi compagni di mensa, non potranno stare con lui, lo farò io. È facile
annoiarsi in un'infermeria vuota, e questo può diventare un problema serio. » In effetti il commodoro,
il nocchiere, gli altri ufficiali e gli allievi si affacciavano spesso nell'infermeria per impedire che la
noia diventasse insopportabile; ma la spalla continuava a dolere e, una volta spente le lanterne, il che
significava non poter leggere, il giovane era contento di aver vicino Stephen. Quando la tremenda
bonaccia al largo di Pantelleria cessò, sostituita da brezze leggere e variabili, spesso foriere di
pioggia, e la Surprise fece rotta verso Algeri approfittando di ogni cambiamento favorevole del
vento, Daniel non provava più soggezione davanti al dottore. Capo Bon fu un'amara delusione: lo
superarono prima del sorgere del sole e quando il giorno comparve, riluttante, si vide soltanto la
lontana costa dell'Africa per una ventina di piedi d'altezza sotto una cortina sottile di nubi grigie; e
pur udendo le voci degli uccelli migratori che volavano in stormi, lo strepito delle gru, il
chiacchiericcio incessante dei fringillidi, non ne videro nessuno, sebbene capo Bon fosse un noto
punto di partenza per qualche raro esempio di tardi migratori di quel periodo dell'anno. « Spero che
abbiate potuto avvistare le vostre gru, signore », disse Daniel quella sera, quando Stephen si fu
seduto accanto alla sua branda. « Be', per lo meno le ho sentite: un grido aspro e sonoro tra le nuvole.
Avete presente il verso della gru, John Daniel? » « No, signore, ma credo di aver sentito o visto
quasi tutte le specie di uccelli delle nostre parti, tanti aironi e qualche tarabu153 so. Il signor
Somerville, nostro curato e maestro, ce li indicava: a qualcuno di noi, per lo più figli di contadini,
dava un penny per ogni nido che portava... voglio dire, nidi di uccelli particolari, non di colombacci
o di corvi. E non dovevamo mai toccare le uova. Era molto buono. » « Volete parlarmi della vostra
scuola? » « Oh, signore, era una costruzione vecchissima, uno stanzo-ne lungo e dal soffitto così alto
che quasi non si vedevano le travi. La dirigeva il pastore con il figlio e la figlia, e il signor
Somerville, il curato. Non è che si imparasse molto. La bella signorina Constance insegnava ai
piccoli a leggere e scrivere in una stanzetta privata: come le volevamo bene! Poi passavamo nell'aula
grande dove si svolgevano tre lezioni diverse contemporaneamente. I ragazzi erano quasi tutti figli di
agricoltori e di bottegai; e, nonostante la confusione, a chi frequentava abbastanza a lungo
insegnavano un bel po' di latino e anche la storia e le Scritture; e anche la matematica. In latino non
ero gran che, ma ero portato per la matematica e per quelle che chiamavamo le misurazioni: anche
allora mi piacevano i numeri e non dimenticherò mai quando il signor Somerville mi insegnò l'uso
dei logaritmi! » « È l'ora della farinata, signor Daniel », annunciò Poli Skee-ping. « Su, prendete. »
Lo sollevò sulla branda con mano esperta — il giovane pesava poco - e lo imboccò con abilità e
rapidità, fermandosi solo quando la scodella di farinata d'avena fu vuota e il cucchiaio l'ebbe pulita
perbene. « Grazie, Poli », le gridò dietro Daniel, lasciandosi ricadere sul guanciale senza fiato. «I
logaritmi», riprese dopo un po'. « Già, ma questo fu dopo, quando mio padre dovette togliermi dalla
scuola per lasciarmi in bottega mentre lui catalogava i libri nelle biblioteche di alcuni gentiluomini o
girava per i mercati. Il signor Somerville mi dava lezioni private e, come per una specie di scambio,
io gli copiavo in bella i suoi saggi di matematica; aveva una calligrafia incomprensibile e faceva
moltissime correzioni, mentre la mia era abbastanza chiara. Abitava da noi, al primo piano, come
credo di aver già detto; eravamo arrivati alle sezioni coniche quando morì. » 154 « Vi deve aver
causato molto dolore. » « Sì, signore, molto, molto dolore. » Dopo una pausa continuò: « E anche se
può sembrare crudele dirlo, non poteva capitare in un momento peggiore. Il commercio non andava
bene e senza i suoi pochi scellini eravamo diventati davvero poveri. Io me ne stavo seduto tutto il
giorno nella libreria e non entrava mai nessuno. Leggevo, leggevo... Cielo, quante letture in quel
periodo infelice! » « Che cosa leggevate? » « Oh, per quanto potevo i libri di matematica del signor
So-merville, ma per la maggior parte erano al di sopra delle mie possibilità. Quasi sempre leggevo
libri di viaggi, come avevo fatto sin dall'infanzia. Mio padre ne aveva rilevato una collezione:
Harris, Churchill, Hakluyt... Avevo imparato a leggere su quei volumi pesanti, bei libri, pieni di
meraviglie; eppure non li comprava nessuno. La gente non acquistava più libri e se mai entrava un
cliente era per vendere e non per comprare. Nel periodo in cui le cose andavano un po' meglio, mio
padre aveva venduto libri a credito, crediti lunghi, eppure non venivamo pagati lo stesso. E poi un
vecchio signore al quale mio padre aveva catalogato la biblioteca, un lavoro impegnativo durato
molto tempo, e che doveva una grossa somma sulla quale mio padre contava, morì. Gli eredi
litigarono tra loro e nessuno volle saldare il conto del mio povero genitore: avrebbe deciso il
tribunale, avevano detto. In città si parlava del processo, sarebbe durato anni, e si diceva che mio
padre fosse rimasto senza un soldo. Alcuni commercianti minacciarono di farci causa, perché
dovevamo grosse somme, e nessuno ci faceva più credito. Così vivevamo miseramente, vendendo
qualcosa qua e là, tirando avanti come potevamo. Un giorno un libraio di Londra che aveva dato a
mio padre parecchi libri di architettura costosi e volumi del genere per clienti che non ci avevano
ancora pagato, venne da noi, si rese conto di come andavano le cose e disse che doveva avere i suoi
soldi. Proprio quando dovevamo pagare l'affitto e le tasse. Era vero che un signore irlandese nostro
debitore aveva scritto che avrebbe saldato il conto alla fine del trimestre, ma non ci credeva nessuno
e nessuno volle più prestarci 155 un centesimo. Mio padre sarebbe finito presto in prigione per
debiti, non mi restava che andare a piedi fino a Hereford, all'appuntamento, come lo chiamano, e
arruolarmi volontario in marina: non erano molto convinti, ma era difficile trovare uomini, così mi
presero e mi dettero il premio d'ingaggio, tutto in oro. Permise ai miei di tirare avanti per più di un
anno, vivendo modestamente, e saldare i debiti; lo mandai a casa tramite un corriere che conoscevo
bene. Poi la piccola squadra di arruolati di forza e... » « Oh, signore! » chiamò Poli. « Il dottor Jacob
dice che il capitano Hobden ha avuto un colpo, per favore venite a vederlo!» Era evidente che Jacob,
un medico eccellente sulla terrafer-ma, non aveva prestato servizio sul mare abbastanza a lungo da
poter diagnosticare all'istante un coma etilico, non raro sulle navi di Sua Maestà, dato che gli
ufficiali, contrariamente ai marinai, potevano portarsi a bordo le quantità di vino e di liquori che
volevano, secondo i gusti e le tasche. E in ogni caso aveva esercitato principalmente tra ebrei che
bevevano poco e musulmani che, in teoria, non bevevano affatto. Hobden fu trasportato fino alla
branda da due marinai ammirati e invidiosi e rimase lì, immobile, respirando (ma flebilmente), il
volto senza espressione a parte quella abituale di scontentezza. « Possiamo lasciare qui il nostro
sofferente », disse Stephen. « O, meglio, il futuro sofferente: non ricordo come si chiami lo stato in
cui si troverà domattina... » «Crapula», suggerì Jacob. «Una condizione detestabile che ho constatato
di rado nei miei pazienti. » Stephen ritornò nella cabina di poppa, dove Jack stava dettando una
lettera al segretario; il signor Candish, il commissario, gli era seduto accanto con una pila di registri
da controllare e controfirmare. Era quasi l'ora del giro di visite serali, un paio di ostinate gonorree e
un tenesmo, e quando ebbe finito disse a Jacob: « Mi aiuterà Poli, con Daniel; voi rimanete al
capezzale del vostro paziente comatoso a prendere nota del polso, della frequenza del respiro e della
sensibilità alla luce ». 156 Non era un'operazione complicata, ma quando Poli passò la mano sulla
spalla di Daniel, esclamò: « Ci siamo, signore! » « Brava, Poli », si congratulò Stephen, « ci siamo
davvero. Portatemi un bisturi e le pinze sottili e l'estrarremo in un istante. » Poli corse al deposito
dei medicinali e tornò in un lampo. « Ecco », disse Stephen a Daniel, mostrandogli una scheggia
d'osso, « questo farà sì che guariate rapidamente, e senza dolore. Congratulazioni. Anche a voi, Poli.
Allora », continuò mentre Poli arrossiva, chinava la testa e portava via la vecchia fasciatura e gli
strumenti, « poco fa mi parlavate della bellezza e del fascino dei numeri: è come il piacere della
musica? » « Forse, signore, ma ne ho ascoltata così poca che non posso dirlo per certo. Riguardo alla
scheggia, signore », disse Daniel tenendola alta, « può darsi che le mie ossa siano come legni
traballanti, facili da spezzare, perché mi è già capitato qualche anno fa. Ero sulla Rattler, sedici
cannoni, e stavamo correndo dietro una corsara francese uscita da La Rochelle che aveva catturato
due mercantili delle Indie Occidentali, nel Golfo: si stava dirigendo in porto, a pieno carico, con tutte
le vele che poteva portare e il nostro capitano forzava la nave e l'equipaggio e, per quanto avessimo
la carena sporca dopo esserci trascinati per settimane nel golfo del Benin, stavamo per raggiungere la
preda quando abbiamo perso l'alberetto di velaccio. Io ero a riva e sono piombato giù. Sono rimasto
a lungo privo di conoscenza e quando sono rinvenuto ho trovato i miei compagni abbattu-tissimi. La
preda ci era sfuggita, ma la Dolphin l'aveva catturata la mattina seguente e l'aveva portata a
Dartmouth. Era stata giudicata buona preda e il suo valore, scafo, merci, premio a uomo e tutto
quanto era di centoventimila sterline e non so quanti pence. Centoventimila, signore! Riuscite a
immaginare una somma simile? » « Solo con grande difficoltà. » « E dal momento che eravamo a
corto di uomini per via delle febbri nel golfo del Benin, la mia parte sarebbe stata di set-
tecentosessantotto sterline. Settecentosessantotto. Per fortuna non me lo dissero fino a quando non mi
fui ripreso dalla ferita - fu mentre mi stavano radendo la testa che uscì la scheggia at157 traverso il
cuoio capelluto -, altrimenti credo che sarei impazzito. Ma anche così, quella somma fu una specie di
ossessione. Settecentosessantotto sterline. Non era un premio straordinario e nemmeno quella che si
dice una fortuna, ma per me significava o, meglio, avrebbe potuto significare, la libertà dal duro
lavoro manuale e soprattutto dall'ansietà continua che tormenta la vita della gente comune: la perdita
dell'impiego, la perdita dei clienti, perfino la perdita della libertà fisica. Al cinque per cento avrebbe
reso trentotto sterline e otto scellini l'anno o due sterline, diciotto scellini e undici pence al mese,
mese lunare, alla maniera della marina: laddove un marinaio scelto non guadagna più di una sterlina,
tredici scellini e sei pence. No, non era quello che si dice una fortuna, ma avrebbe voluto dire una
vita tranquilla a casa, poter leggere e approfondire la matematica, pescare qualche volta: mi piaceva
pescare. Buon Dio, quando quel paradiso fu perduto non riuscii a pensare ad altro che alle
settecentosessantotto sterline e a quanti pence conteneva quella somma: rischiai di impazzire, anche
se, certamente, ero un po' disorientato dalla febbre, che mi assaliva un giorno sì e uno no. Ma,
signore, ho abusato della vostra pazienza, non ho fatto che compatirmi e chiacchierare inutilmente. »
« Niente affatto, John Daniel: spiegatemi in poche parole la questione del denaro delle prede prima
che me ne vada... Ne ho sempre sentito parlare, ma non ho mai afferrato i principi sui quali si fonda.
» « Be', al comandante vanno due ottavi del valore della preda; ma se sopra di lui c'è un ufficiale
superiore deve cedere all'ammiraglio un terzo di quanto riceve. Gli ufficiali, il nocchiere e il
capitano dei fanti di marina si dividono un ottavo in parti uguali, poi gli ufficiali della fanteria di
marina, il chirurgo, il commissario, il nostromo, il capo cannoniere, il carpentiere, gli aiuti nocchiere
e il cappellano, parti uguali di un altro ottavo, mentre tutti gli altri si dividono la metà rimanente, ma
non in parti uguali, perché i gabbieri ricevono quattro quote e mezzo ognuno, i sottufficiali di grado
inferiore, come il cuoco e gli altri, tre quote; i marinai comuni e scelti una quota e mezzo, i terrazzani
e i famigli una e i mozzi mezza quota ciascuno. » 158 « Grazie, signor Daniel, cercherò di
ricordarmelo. Ora vi mando Poli: buonanotte. » Capo Bon era stato una delusione. Algeri e la baia di
Algeri non lo furono. Il commodoro Aubrey mandò uno dei ragazzi che aveva dovuto prendere a
bordo a Gibilterra per fare un favore a qualche vecchio compagno di navigazione, una creatura dalle
gambe corte e le braccia lunghe, molto simile a un primate, a svegliare Stephen Maturin alle prime
luci dell'alba: doveva salire subito in coperta, in camicia da notte, in vestaglia o in qualsiasi altro
abbigliamento. « Santo cielo, come abbaglia! » esclamò Stephen salendo in modo maldestro la
scaletta del cassero, gli occhi semi chiusi per difendersi dalla luce sfolgorante. Jack gli porse la
mano per aiutarlo sull'ultimo scalino, e disse: « Guarda! Guarda! » « Dove? » « All'anca di dritta, a
circa una gomena dall'anca di dritta. » Mani poderose lo fecero ruotare gentilmente su se stesso, i
lembi della camicia da notte svolazzante nel vento, e davanti a sé Stephen vide uno splendido,
grandioso stormo di garzette bianche come la neve, così vicine che si distinguevano i piedi gialli; e
al di là di quello uno stormo ancora più numeroso, una miriade di uccelli in volo diretti a nord,
presumibilmente verso qualche stagno delle Baleari. In mezzo al primo, volava un rilucente ibis
assurdamente nero in quella luce e in quella compagnia, che emetteva un verso irritato, allo stesso
tempo schiamazzante e gracidante: ogni tanto si lanciava in avanti attraversando la rotta degli uccelli
in testa allo stormo con uno strillo ancora più sonoro. Stephen aveva l'impressione che l'ibis fosse
indignato per la condotta delle garzette; e in effetti una migrazione così tardiva, a maggio inoltrato,
era insolita, poco saggia, contraria a ogni solida tradizione. Ma i magnifici uccelli bianchi non se ne
curarono e poco dopo l'ibis li lasciò con un'ultima protesta gracidante, per affrettarsi verso lo stormo
più lontano: forse avrebbe dato retta ai suoi consigli. Stephen non seppe mai come fosse andata a
finire, perché Jack lo condusse al mascone di dritta — la nave scivolava dolce159 mente sull'acqua
con i trevi e una trinchetta — dove si dominava una vasta distesa di un azzurro splendido sul quale
navigava un grandioso convoglio di mercantili, forse un centinaio di vele, inglesi, olandesi,
scandinave, americane, adunate da Tripoli, da Tunisi e da più lontano a oriente; sopravvento videro
le corvette che Jack aveva inviato loro come scorta, e ancora più lontano, dove solo un occhio
esperto poteva arrivare, lunghe corsare basse sull'acqua in attesa di una buona occasione. « Da
un'idea di che cosa sia il commercio, non credi? » osservò Jack. « Prodigioso. Ma vieni da questa
parte, c'è dell'altro. » Passò dietro alla trinchetta e guidò Stephen al capone di sinistra, dove tutti e
due rimasero a contemplare l'acqua ancora più blu che si stendeva fino alla costa africana. La baia si
apriva davanti alla Surprise e i raggi del sole stavano sfiorando le montagne che circondavano la
città su entrambi i lati, di un verde brillante dopo le piogge primaverili, per illuminare pochi istanti
dopo gli splendidi edifici più alti in cima alla collina arrotondata sulla quale era costruita la città. «
Quella è la Casbah, è là che risiede il dey », disse Jack. Con il passare dei minuti la luce brillante si
muoveva sempre più verso il basso, rivelando numerose casette bianche dal tetto a terrazza, l'una
attaccata all'altra, minareti svettanti, vicoli, nessuna vera strada, alcuni spazi vuoti che, visti dall'alto,
si sarebbero rivelati grandi piazze. File di case digradanti, fino alle superbe mura di pietra, al mare,
all'enorme molo e al porto interno. «Impressionante, di una bellezza misteriosa», osservò Stephen. «
Non vedo l'ora di conoscerla meglio. » « Sì », convenne Jack. « E quando saremo più vicini,
chiederò al dottor Jacob di scendere a terra, per presentarsi al console inglese e accertarsi che si
risponda al saluto di una nave della marina britannica. In tal caso, chiederà se sia possibile
organizzare un tuo incontro con il dey il prima possibile. » «Se non ti dispiace, fratello, preferirei
andare io stesso; il dottor Jacob mi mostrerà la strada. Ho un biglietto che deve essere consegnato
nelle mani del console. Mi lascerai la Ringle, per pavoneggiarmi un po'? » 160 « È possibile che tu
debba aspettare la brezza di terra della sera per tornare a bordo. Nella baia di Algeri c'è quasi
sempre bonaccia sottocosta. » A dispetto delle obiezioni di Jack, fu la maestosa Ringle a condurli in
porto, con l'accordo che la sua scialuppa avrebbe riportato alla nave la risposta del console a
proposito del saluto, mentre la Ringle avrebbe aspettato al molo Stephen e il vento favorevole.
Entrarono in porto come si conveniva a una nave di Sua Maestà, la bella goletta che si accostava
dolcemente al molo e si ormeggiava, ammirata dagli astanti; ma la magnificenza finì lì. Il dottor
Maturin aveva eluso la vigilanza di Killick, il quale aveva supposto che i due medici fossero andati a
terra solo per incontrare degli amici e non aveva badato alla giacca nera vecchia e malandata di
Stephen, alle brache sbottonate al ginocchio, alla cravatta sgualcita macchiata di sangue dopo un uso
maldestro del rasoio. Inoltre, Killick aveva avuto una mattina veramente sgradevole. Forte del suo
stato di famiglio del comandante, aveva dato una spinta a Billy Green, aiutante del-l'armaiolo, mentre
si dirigeva a poppa lungo il passavanti, una spinta che gli venne restituita con tale forza da farlo
scivolare tra le taccate fino al ponte sottostante, farlo cadere su due marinai al lavoro e sui loro
strumenti che erano volati qua e là; quando Killick aveva rimproverato Green - che aveva replicato:
« Tu e il tuo maledettissimo corno di unicorno » —, quei marinai lo avevano strapazzato, arrivando a
minacciarlo, dandogli del « rettile schifoso » e invitandolo a starsene zitto, da quello iettature,
iettature di un figlio di vecchia troia che era. E sebbene l'ufficiale di guardia avesse messo fine al
battibecco, Killick si era reso conto che tutti a bordo gli erano ancora ostili. Era dunque afflitto e
arrabbiato e lo sarebbe stato assai di più se avesse visto il dottor Maturin camminare sul molo con
Jacob e un mozzo della Ringle, ai piedi le scarpe comode, mal-conce e dalle suole consumate che
Killick aveva nascosto, ma non abbastanza bene, la parrucca storta e gli occhiali dalle lenti blu sul
naso; e il suo compagno non era da meno. L'abbigliamento del dottor Jacob avrebbe potuto
appartenere alla sponda 161 occidentale od orientale del Mediterraneo: consisteva di un vecchio
caffettano grigio con molti bottoni di stoffa, di uno zucchetto grigio e ciabatte grigie senza tacchi.
«Magnifiche mura», affermò Stephen. «Alte quaranta piedi », disse Jacob. « Le ho misurate due
volte, molto tempo fa, con uno spago. » Entrarono in città attraverso la porta fortificata e con
sorpresa di Stephen senza nessuna formalità: le guardie turche lo guardarono curiose, ma si
accontentarono della breve dichiarazione di Jacob sulla loro provenienza dalla nave inglese e si
fecero da parte annuendo. Qualche stretta stradina, una piccola piazza con un mandorlo al centro e il
mozzo della Ringle gridò: « Oh, signore! Signore! C'è un cammello! » « Sì », confermò Jacob. « Un
cammello femmina. » Li fece girare intorno all'animale e li guidò attraverso un labirinto di vicoli fino
a una piazza più grande: era il mercato degli schiavi, disse con noncuranza, ma non si sarebbero visti
né schiavi né mercanti se non più tardi. E il ragazzo doveva fare attenzione alla strada, dal momento
che sarebbe dovuto ritornare al porto da solo. « Sì, signore », assicurò il mozzo. Nonostante
l'affermazione di Jacob, un vecchio stanco che trascinava lentamente le sue catene attraversò la
piazza del mercato, fino alla fontana. Lo spettacolo colpì moltissimo il mozzo, che continuò a fissare
il vecchio, camminando perfino all'indietro per vedere meglio, così Stephen decise che avrebbe
chiesto al console che un servitore lo riaccompagnasse al molo. Un altro ampio rettangolo e Jacob
indicò la casa dove aveva vissuto. «Abitavo con un'amica, la figlia dell'ultimo discendente di
un'antica famiglia di unni grigi, ma sfortunatamente nessuno dei due corrispondeva alle aspettative
dell'altro. All'angolo, a sinistra, c'è un caffè tranquillo, dove sarebbe meglio bere qualcosa, perché ci
aspetta una salita di circa cinquecento gradini, quasi fino alla Casbah. Entriamo? » Entrarono e dopo
uno scambio di saluti cortesi, Jacob e Stephen si accomodarono su cuscini di pelle accanto a un
tavolo alto nove pollici, vicino all'ingresso del locale affollato, che vendeva anche hashish e
tabacco, mentre il ragazzo fu felicissi162 mo di sedere per terra. « Forse il nostro giovanotto
preferisce un sorbetto? » domandò Jacob. « Oh, sì, signore, grazie! » esclamò il mozzo; lo gustò
estasiato, mentre osservava una lunga fila di cammelli passare lentamente, con panieri colmi di
datteri e coperti con foglie di palma. C'era molta più gente in giro, soprattutto arabi, ma anche
africani neri e altri che Jacob segnalò come ebrei di varie etnie, greci e libanesi. Ma quando
cominciarono la salita, dopo una seconda tazza di cafre e un altro sorbetto e dopo aver declinato
l'offerta di un narghilè, non trovarono quasi nessuno. « È per caso un giorno di festa per i musulmani,
o di digiuno? » domandò Stephen. « Pensavo che Algeri fosse una città piena di gente. » «
Normalmente lo è », rispose Jacob. « Credo che quanti hanno potuto farlo siano andati in campagna o
nei paesi vicini. Gli uomini seduti dietro di noi parlavano di un probabile bombardamento inglese; e
non ho mai visto mercati così deserti, nemmeno durante una pestilenza. » Respirava affannosamente
e, fatto qualche altro passo, indicò un recesso e disse: « Qui, in genere, mi riposo quando salgo alla
Casbah ». Riposarono tutti e tre seduti sulla panchina di pietra, resa liscia da innumerevoli natiche
stanche, e a un tratto il ragazzo gridò: « Oh, signore! Avete visto quegli enormi uccelli? Quegli
uccelli colossali? » « Certo », gli rispose Stephen. « Sono avvoltoi, comuni grifoni... » Si interruppe
bruscamente, non volendo deluderlo e soggiunse: « Ma le ali sono davvero splendide. Guarda come
volteggiano! » « Ho visto un avvoltoio! » disse il ragazzo, parlando più o meno a se stesso, con
infinita soddisfazione. Altri duecento gradini e Jacob svoltò a destra. « Ecco il consolato », annunciò,
indicando una casa di dimensioni notevoli con un giardino pieno di palme da dattero. «Volete
riprendere fiato prima di entrare? » Stephen si tastò la tasca, sentì il rassicurante scricchiolio della
lettera ministeriale e disse: « Mai sia. Non dobbiamo perdere 163 nemmeno un momento. Ragazzo,
vuoi aspettarci qui, seduto all'ombra di una palma? » Entrarono da una porta laterale riservata a
visite di affari, e nell'ufficio trovarono un giovanotto seduto, i piedi sulla scrivania. « Chi diavolo
siete? » domandò. « E che cosa volete? Cittadini inglesi in difficoltà, suppongo. » « Mi chiamo
Maturin, dottor Stephen Maturin, chirurgo a bordo della fregata Surprise, della marina britannica: ho
una lettera e un messaggio per il console. » « Non potete vedere il console. È malato. Datemi la
lettera e riferitemi il messaggio », disse il giovanotto, senza togliere i piedi dalla scrivania. « La
lettera è del ministero e può essere consegnata soltanto nelle mani del console. Il messaggio è
parimenti riservato. Potete mostrargli il mio biglietto da visita, se credete, deciderà il console se
ricevermi o no. » Tirò fuori il biglietto, vi scrisse qualcosa sul retro e lo posò sulla scrivania. Il
giovane cambiò colore. « Lo dirò alla signora. » « Dottor Maturin! » lo salutò la moglie del console
entrando di corsa, una donna di notevole bellezza sui trentacinque anni. «Voi non vi ricorderete di
me, ma ci siamo conosciuti nella Sierra Leone, quando Peter era con il povero governatore Wood;
eravamo seduti di fronte a tavola... Ma certo che potete vedere il console, non v'importa che sia a
letto, non è vero? Un tremendo attacco di sciatica, soffre terribilmente... » Le si riempirono gli occhi
di lacrime. « Cara Lady Clifford, vi ricordo bene. Indossavate un vestito grigio perla e la signora
Wood aveva osservato che vi stava splendidamente. Posso presentarvi il mio collega, il dottor
Jacob? Ha più esperienza di me di sciatica e di malattie affini. » « Molto lieta», disse Lady Clifford,
e li precedette in una camera da letto molto disordinata. « Caro dottor Maturin, mi dispiace ricevervi
così », disse il console, « ma non oso alzarmi: il dolore si è appena attenuato e ho il terrore che
possa aumentare... » Rivolse a Jacob un'occhiata cortese, ma interrogativa. Stephen spiegò la
presenza del collega e come il ministero avesse piena fiducia in lui, poi gli porse 164 la lettera. Sir
Peter sorrise cordialmente a Jacob, disse: « Scusatemi », e ruppe il sigillo. « Sì, è tutto chiaro. Ma
credo che qui la situazione sia cambiata. Avete avuto notizie da Algeri dopo l'inizio di aprile? »
Stephen riflette un momento, cercando di ricordare. «No. Tra qui e Durazzo abbiamo fatto scalo
soltanto a Pantelleria. Non avevano niente da dirci, se non che nessun lugro era passato di lì, e
nessuno avrebbe potuto sopravvivere alla burrasca che ci ha investiti. Non abbiamo avuto contatti
con altre navi, anche se forse il commodoro potrebbe aver parlato con qualcuno dei comandanti che
ha inviato a proteggere i mercantili provenienti da oriente... signore, prima di proseguire, posso
rivolgervi alcune domande? Il commodoro chiede se, dovendo entrare in porto con una parte della
sua squadra e salutare il castello, il saluto verrebbe ricambiato. » « Santo cielo, sì, senza dubbio
dopo quello che ha combinato nell'Adriatico. » « Allora posso pregarvi di prestarmi un servitore che
accompagni il mozzo al molo? Deve riferire la vostra risposta al commodoro, ma è la prima volta
che esce da Stow-on-the-Wold, vede meraviglie a ogni angolo, e potrebbe perdersi. » « Certamente.
Manderò una guardia, un turco discreto dalla barba grigia», rispose il console. Suonò e quando la
guardia gli ebbe risposto, gli ordinò di accompagnare il ragazzo al molo con il biglietto sul quale
Stephen aveva scritto Il saluto sarà ricambiato. « Ah », disse il console adagiandosi con cautela sui
guanciali, « abbiamo sentito dire tali cose! Navi francesi che si sono unite a voi, altre affondate,
bastimenti algerini semi distrutti, cantieri in fiamme: gli unici corsari in mare provengono
dall'estremo oriente e i nostri sono tutti al sicuro nel porto interno. Ma torniamo a noi: se non siete
stato aggiornato, non potete sapere che la situazione è cambiata e che non ho più alcuna influenza
sull'attuale dey. Il precedente è stato strangolato dai giannizzeri, che qualche giorno dopo hanno
eletto come nuovo dey il loro agha, Omar Pascià. Lo conosco appena. Sua madre era turca e il dey
parla turco e arabo correntemente, oltre a un po' di gre165 co: un uomo ignorante in tutte e tre le
lingue, ma intelligente e dal carattere forte: d'altronde non lo avrebbero eletto, se non fosse così. » «
La cosa mi preoccupa. Avete qualche notizia sull'avanzata degli alleati? » « Da quel che so, russi e
austriaci procedono a rilento, ancora divisi da vasti tratti montagnosi, da fiumi e da terreni paludosi;
e da una forte diffidenza reciproca. » « Credete, signore, di poter organizzare al più presto un
incontro col dey? Domani? » « No. Nemmeno in un prossimo futuro. Il dey è partito per la caccia al
leone dell'Atlante, la sua preferita; e il vizir, se non è con lui — la caccia al leone non è di suo gusto
- sarà certamente nell'oasi più vicina. » « Console », disse Stephen dopo una pausa, «vi sembra
prudente per un usurpature andare a rincorrere leoni a poche settimane dalla presa al potere,
lasciando la capitale ai nemici e rivali che sicuramente si sarà fatto? » « Sembra poco sensato, quasi
assurdo; ma Omar è un caso a sé. E cresciuto tra i giannizzeri, li conosce perfettamente, e anche se
illetterato è stato un bravissimo capo di ciò che si potrebbe definire il servizio informazioni del
precedente agha. Credo sia andato nell'Atlante per sapere chi tra i giannizzeri possa mettersi a capo
di qualche fazione in sua assenza. Ha informatori dappertutto e sono convinto che quando lo riterrà
opportuno farà ritorno silenziosamente, raccoglierà intorno a sé quanti gli sono fedeli e taglierà una
ventina di teste ambiziose. » Jacob non aveva aperto bocca, solo cenni di approvazione e sorrisi
dicevano che stava ascoltando, ma a quelle ultime parole esclamò con enfasi: « Proprio così! » «
Quanta influenza ha il vizir? » riprese Stephen. « La mia impressione è che sia molto grande. Era
l'equivalente del capo di stato maggiore dell'attuale dey e suo principale sostenitore, un uomo
intelligentissimo e colto con relazioni importanti a Costantinopoli. E vero che i dey, come sapete,
sono fedeli alla Sublime porta solo formalmente, ma i titoli concessi dal sultano, gli ordini e le
decorazioni hanno un reale va166 lore qui, in particolare per gli uomini come Omar; e a parte questo,
Hashin conosce benissimo i personaggi più importanti degli Stati musulmani dell'Africa e del
Levante. E parla correntemente francese. » « In questo caso », concluse Stephen, « mi sembra che il
dot-tor Jacob e io dovremmo dirigerci verso l'Atlante il prima possibile per parlare, se non con lo
stesso dey... » «Avvicinare il dey senza una presentazione ufficiale o senza averlo conosciuta prima è
contrario all'etichetta locale: posso suggerirvi di tentare con il vizir? » « Con il vizir, allora:
dobbiamo impedire la spedizione che per noi potrebbe risultare fatale. È incorruttibile? » «
Sinceramente non lo so. Ma da queste parti, come sapete, una regalia raramente giunge sgradita. L'ho
visto con un'acquamarina sul turbante. Oh, oh...» Il console si piegò in avanti, una smorfia di dolore
sulla faccia. Lo voltarono su un fianco, lo spogliarono, cercarono e trovarono l'origine dello spasmo.
Jacob stava per aprire la porta quando comparve Lady Clifford, con un'espressione ansiosa sul viso.
Le chiese dove avrebbe potuto trovare la cucina e preparò un cataplasma bollente, lo applicò e si
affrettò a uscire, tornando poco dopo con una fiala. «Tintura tebaica», mormorò a Stephen, il quale
annuì e chiese un cucchiaio, poi, sollevando la testa del povero console, gli somministrò il farmaco e
lo adagiò di nuovo con delicatezza sul guanciale. Pochi minuti dopo il console disse: « Grazie,
grazie, signori! Sento che sta già diminuendo... oh, Dio, che sollievo! Mia cara Isabel, non ho mai
avuto un attacco che durasse così poco: credi che potremmo avere tutti quanti una tazza di té? Ó di
caffè, se questi gentiluomini preferiscono ». Stavano sorseggiando il té quando dalla baia giunse il
rombo di una serie ben scandita di colpi di cannone, ventuno: il commodoro Aubrey salutava il
castello. L'eco del ventunesimo colpo non si era ancora spento sulle mura, le torri e le batterie di
Algeri che da tutte le fortificazioni sul mare eruppe in risposta un tuono colossale, volate che si
fondevano nelle successive mentre un prodigioso banco di fumo si allargava sull'acqua. 167 « Santo
cielo! » esclamò Lady Clifford, staccando le mani dalle orecchie. « Non ho mai sentito niente di
simile. » « IL nuovo agha dimostra il suo zelo: se avesse dimenticato di sparare un solo colpo, il dey
lo avrebbe fatto impalare. » « Quanti cannoni saranno stati? » domandò Stephen. « Dagli ottocento ai
mille », rispose il console. « Li stavo facendo contare, ma il mio uomo è stato fermato prima di
arrivare alla batteria della Mezzaluna, il che è stata una fortuna per lui, dal momento che là ci sono
leoni e leopardi e solo i cannonieri sanno domarli. Per quanto ricordo, era arrivato a contare
ottocentoquaranta bocche da fuoco. Posso farvi avere una copia del suo elenco, se vi interessa. » «
Grazie, siete molto gentile, ma preferisco non correre il rischio che mi trovino con quella carta:
rischierei di essere impalato e dato in pasto ai leoni e ai leopardi. Visto poi che stiamo andando
proprio dai leoni, per di più nel loro habitat naturale. Se non siete troppo stanco, signore, dopo quel
crudele attacco di sciatica, anche se forse potrebbe essere qualcosa di più transitorio e meno
maligno, possiamo parlare di mezzi, destinazioni, muli, perfino - che Dio ce ne scampi - di cammelli,
guardie, equipaggiamento e di qualsiasi altra cosa la vostra esperienza possa suggerire? » « Non
sono affatto stanco, dopo il vostro medicinale e il formidabile cataplasma, ancora piacevolmente
caldo, e soprattutto dopo le vostre parole rassicuranti. Ma non credo che abbiate nominato un
interprete... » « No. Il dottor Jacob parla arabo e turco fin dall'infanzia. » « Oh, molto bene », disse il
console con un inchino. « Meglio così. In quanto ai mezzi, potrete attingere ai fondi del consolato per
un migliaio di sterline, se pensate che sia prudente viaggiare con tanto denaro. Per quanto riguarda la
destinazione, e la guida, dobbiamo vedere sulla carta. Cavalli, muli e per qualche tratto anche
cammelli possono essere noleggiati: ne parlerò con il mio capo stalliere. Potreste fare a meno delle
guardie, dato che il dey e la sua scorta sono passati di lì di recente, ma non vorrei vedervi partire
senza. » « Posso suggerire guardie turche? » disse Jacob, parlando 168 quasi per la prima volta. «
Forse non brillano come governanti, ma il turco medio è affidabile. Ho viaggiato spesso con loro in
Oriente. » « Sono d'accordo con voi, signore », convenne il console. « IL turco è un uomo di parola.
La maggior parte delle mie guardie sono turche. E ora che ci penso uno dei nostri impiegati conosce a
fondo la regione dell'Atlante: quando non era occupato qui con rapporti, registri e corrispondenza,
dava la caccia ai grossi cinghiali e ad altri animali. E conosce bene la regione intorno allo Shatt el
Khadna, credo che il dey voglia andare lì. » « Parlate del giovane che ci ha ricevuto oggi? » «Mio
Dio, no. Il gentiluomo in questione era il segretario del consolato. Mi dispiace che abbiate dovuto
avere a che fare con il giovane che avete visto: molti degli impiegati algerini hanno accompagnato le
famiglie fuori città e io ho dovuto mettere lui a ricevere i visitatori. E il figlio di un amico intimo, un
amico defunto, mi dispiace dirlo. Non assomiglia neanche lontanamente al padre: è stato espulso
dalla scuola perché poco intelligente, ubriacone e presuntuoso; lo hanno cacciato anche se l'avevano
frequentata il padre e il nonno. La famiglia voleva fargli seguire la carriera diplomatica - suo padre
era stato ambasciatore a Berlino e a San Pietroburgo — perciò mi hanno pregato di tenerlo qui per un
po', perché imparasse almeno i rudimenti della diplomazia: sua madre, che Dio la benedica, era
convinta che nei Paesi maomettani non fossero permessi né vino né liquori e nemmeno la birra. No,
no: l'ex segretario di cui parlavo era uno studioso oltre che un cacciatore e un botanico. » « Credete
che vorrà accompagnarci almeno per un tratto? » « Di sicuro vorrebbe farlo, ma un enorme cinghiale
che aveva ferito gli ha maciullato una gamba al punto che è andata in cancrena, e hanno dovuto
amputargliela. Vi indicherà una brava guida. »

CAPITOLO VII

Che aria di casa, quanto mi è familiare! » osservò Stephen Maturin. Erano seduti su un ripido
pendio di erba alta affacciato sulla regione che avevano appena attraversato, Stephen a sinistra,
Jacob al centro accanto alla guida, un uomo del tutto affidabile. « Le stesse specie di cisto, di timo,
di rosmarino, di ginestre, le stesse peonie dal profumo dolce e là, sulla falda detrítica tra i cespugli,
gli stessi codirossoni, culbianchi, gli stessi fringuelli. » «IL signore ha detto di casa?.» domandò la
guida in tono scontento. Frequentava da tempo il consolato e parlava un ottimo inglese, ma era così
abituato a stupire gli stranieri con le meraviglie della sua terra che l'assenza di meraviglia lo irritava.
« Credo di sì », gli rispose Jacob. «A casa sua ci sono questi uccelli enormi? » domandò la guida,
indicando un gruppo di grifoni che roteavano su una corrente ascensionale. « Oh, sì », confermò
Stephen, « abbiamo molti avvoltoi, avvoltoio degli agnelli, capovaccaio... » « Aquile? » « Sì,
parecchie specie. » « Orsi? » « Naturalmente. » « Cinghiali? » « Anche troppi, ahimè. » « Scimmie?
» « Di sicuro. » « Scorpioni? » « Sotto ogni pietra piatta. » « Dove vivete? » domandò la guida
indignata. « Spagna. » «Ah, la Spagna! Il mio quarto bisnonno veniva dalla Spagna, da un piccolo
paese vicino a Cordova. Aveva quasi sedici acri di terra irrigata e parecchie palme da dattero: un
secondo paradiso. » 170 « Già, proprio così », confermò Stephen, « e nella stessa Cordova c'è
ancora la moschea di Abd ar-Rahman, gloria del mondo occidentale. » « Domani, signore », disse la
guida, sporgendosi in avanti e parlando a Stephen, « spero di mostrarvi un leone o un leopardo, forse
tutti e due, se Dio vorrà: o quanto meno le loro tracce lungo il torrente Arpad che sfocia nello Shatt,
dove di sicuro si trova il dey. » « Dobbiamo muoverci », intervenne Jacob, « il sole ha quasi
raggiunto la cima delle montagne. » Raggiunsero la scorta e quando fu superata la riluttanza dei
cammelli ad alzarsi, proseguirono lungo la pista ormai battuta, superarono un passo molto freddo e
ridiscesero verso Khadna e i suoi campi, ultimo villaggio prima dell'oasi, dello Shatt e del deserto.
Arrivarono poco prima che calasse l'oscurità e quasi non videro la figura di una bambina ferma
all'esterno del recinto di piante spinose; ma non poteva dirsi lo stesso della piccola, che quando
uscirono allo scoperto chiamò: « Sara! » A quel richiamo un cammello alto e ossuto, una creatura
particolarmente goffa e di pessimo carattere che aveva portato Stephen per un ampio tratto di terreno
argilloso e di sabbia, si mise a galoppare sobbalzando e arrivata davanti alla bambina abbassò il
grosso muso per farsi abbracciare. I cammelli appartenevano al villaggio e si diressero al loro posto
ancor prima che il loro carico leggero fosse smontato, mentre le guardie e i servitori predisponevano
l'accampamento. Stephen e Jacob furono accompagnati nella casa del capo villaggio, dove vennero
offerti loro caffè e biscotti così inzuppati di miele che era difficile non farlo colare sui bei tappeti sui
quali erano seduti. Jacob, perfettamente a suo agio, parlò il dovuto, bevve il numero appropriato di
minuscole tazze e distribuì i piccoli regali d'uso, benedicendo la casa mentre usciva, seguito da
Stephen. Stavano attraversando il buio recinto diretti alla tenda, quando si udì il verso di una iena. «
Da ragazzo le imitavo e qualche volta mi rispondevano », disse Jacob con soddisfazione. Il giorno
seguente il percorso fu duro, con parecchie salite e qualche discesa, il terreno pietroso e spoglio:
spesso furono co171 stretti a guidare i cavalli per la briglia. Lì la natura era meno familiare: Stephen
vide un uccello simile a un culbianco che non riuscì a identificare, qualche tartaruga e un numero
sorprendente di rapaci, averle e piccoli falchi, quasi uno per ogni cespuglio o alberello in una
regione straordinariamente desolata. In cima al pendio deserto, mentre i turchi accendevano il fuoco
per preparare il caffè, Stephen osservò un corvo africano dal collo rossastro volare dritto nella
vasta, pura distesa celeste, gridando per tutto il tempo con la sua voce profonda e aspra alla
compagna che lo precedeva di almeno un miglio. « Ecco un uccello che ho sempre voluto vedere »,
disse alla guida, « in Spagna non c'è. » La guida ne fu compiaciuta più di quanto Stephen si aspettasse
e volle condurre i due uomini affidati alle sue cure fino a un punto a una cinquantina di iarde di
distanza, dove la parete rocciosa scendeva a picco e il sentiero serpeggiava a fondo valle, un terreno
arido con una sola macchia verde: un'oasi, bagnata da una sorgente solitaria. Il terreno a fondo valle
riprendeva a salire, ma più lontano a sinistra brillava un'immensa distesa d'acqua, lo Shatt el Khadna,
alimentato sulla destra da un piccolo torrente appena visibile prima che la montagna lo nascondesse.
« Guardate laggiù, in fondo, prima della piana, non c'è un uomo a cavallo? » domandò Stephen,
prendendo il suo piccolo cannocchiale. « Non rischia di rompersi l'osso del collo? » « È Hafiz sulla
sua ottima puledra. L'ho mandato avanti per avvertire il vizir del nostro arrivo mentre voi stavate
contemplando il corvo. Una cortesia che si usa da queste parti. » « Bene. Che Dio lo assista. Non mi
avventurerei mai giù per quella discesa a un'andatura del genere, a meno di non avere Pegaso come
cavalcatura. » « Stavo pensando », disse Jacob un furlong dopo, quando la discesa era meno paurosa
e l'oasi più vicina. «... che ora siamo su un terreno calcareo, con un'altra vegetazione, il timo, il cisto
così diversi? » « Sì. Ma ho anche pensato che forse sarebbe meglio se mi facessi passare per un
semplice interprete. Dato che il vizir parla perfettamente francese la mia presenza non sarà
necessaria; e 172 raggiungerete più rapidamente un'intesa trovandovi da soli. Un uomo che ha di
fronte due interlocutori si sente in certo modo in svantaggio, ha la sensazione di doversi far valere.
Sono sicuro che lo abbiate notato. Così vestito potrei essere chiunque. Vi troverete meglio,
soprattutto se vi concilierete la sua benevolenza con la spilla di lapislazzulì da turbante, un cabochon
con granelli d'oro che non passa inosservato, e che mi ha fatto avere un mio cugino cainita, mercante
in Algeri: ha la bottega accanto alla farmacia. Mi ha parlato di un altro cainita, uno dei Beni Mzab,
calligrafo al seguito del vizir; e questa è un'altra delle ragioni per cui in quest'occasione voglio
impersonare la parte di un semplice interprete. » « Posso vedere la spilla? » « Ve la mostrerò prima
che il vizir ci riceva, quando vi darò la lettera di presentazione del console: avrete modo di
guardarla con discrezione, perché è in una scatoletta europea che si apre e si chiude a scatto. » «
Avete scritto voi la lettera, non è vero? » « Sì: è in turco e vi si dichiara che la vostra missione è di
natura riservata e confidenziale, intrapresa su richiesta del governo. I soliti convenevoli al principio
e alla fine: occupano quasi tutto il foglio. » « D'accordo. Mi devo esporre pubblicamente, non l'ho
mai fatto nei miei anni nel servizio informazioni: la cosa mi precluderà azioni future, ma la posta in
gioco è alta. » « Altissima. » Avevano raggiunto la piana e cavalcarono in silenzio fino a quando una
pernice non si levò in volo rumorosamente quasi sotto il loro naso, facendo recalcitrare i cavalli, ma
non troppo dopo una giornata così faticosa. « Quella è una tortora dal collare africana? » chiese
Stephen, indicando un altro uccello. Il dottor Jacob non seppe che cosa rispondere, a parte: « Di
sicuro avete ragione». Ma, girandosi sulla sella, soggiunse: « Forse dovremmo aspettare che gli altri
ci raggiungano, così faremo il nostro ingresso con un certo stile ». Un certo stile, sì, dato che le
guardie turche e le loro cavalcature erano consce del ruolo: cavalcarono attraverso i campi col173
tivati dell'oasi, di un verde brillante sotto le torreggianti palme da dattero, girarono intorno allo
specchio d'acqua al centro con le inevitabili gallinelle d'acqua, fino a una costruzione bassa che si
estendeva tra granai e stalle. « IL padiglione di caccia del dey», annunciò Jacob. « Sono stato qui da
ragazzo. » Un funzionario e alcuni stallieri uscirono dal portone; il funzionario gridò qualcosa che
Stephen prese per un saluto. Notò anche l'occhiata che si scambiarono Jacob e l'uomo, un'occhiata
rapida e fuggevole di cui si sarebbe accorto soltanto chi conosceva molto bene il dottore e stava
guardando in quella direzione; poi gli stallieri condussero via i cavalli e i muli mentre Stephen e
Jacob entravano nella corte esterna. «Vi presento Ahmed ben Hanbal, sottosegretario del vizir »,
disse Jacob. Stephen si inchinò, e il sottosegretario fece lo stesso, portandosi la mano alla fronte e al
cuore. « IL primo segretario è con il dey. Vogliamo entrare? » Quando furono nel curioso patio
circondato da un portico e chiuso da elaborate griglie in ferro battuto, Jacob disse qualcosa ad
Ahmed, il quale annuì e si allontanò in fretta. « Ecco la lettera», disse Jacob porgendola a Stephen, «
ed ecco la scatolina. » Stephen l'aprì, contemplò ammirato lo splendido blu della pietra, che aveva la
forma di un uovo tagliato a metà per il lungo e le stesse dimensioni: sorrise a Jacob, il quale disse: «
Ora vi lascio solo. Il - come posso dire? - servo preposto ad annunciarvi al vizir entrerà da quella
porta», e gliela indicò, « tra un minuto o due». I minuti tendevano ad allungarsi e Stephen ne
approfittò per guardare di nuovo la pietra con discrezione: raramente aveva visto un colore così
puro, e l'oro della montatura riprendeva in modo mirabile quello delle pagliuzze all'interno della
pietra. Senza volerlo, fece un paragone doloroso. Diana aveva avuto un diamante di un blu
straordinario, era stata sepolta con quello addosso; era un blu di natura diversa, ma Stephen avvertì il
gelo che lo aveva accompagnato per tanto tempo, quella sorta di terribile indifferenza a tutto, e provò
sollievo quando la porta si aprì. Si affacciò la barba grigia di un uomo molto alto dall'aria
corrucciata, l'altezza accresciuta da un imponente turban174 te bianco, il quale gli fece
imperiosamente segno di seguirlo e lo precedette in una stanza dove su un basso divano fumava il
narghilè un uomo di mezz'età, seduto a gambe incrociate. « IL cristiano », disse Barbagrigia a voce
alta e ufficiale: si inchinò profondamente e si ritirò camminando all'indietro. « Buongiorno a voi,
signore », disse Stephen in francese. « Ho una lettera di presentazione per Sua Altezza il dey da parte
del console di Sua Maestà britannica ad Algeri, ma prima di consegnarla e portare a termine il mio
compito, ho ritenuto doveroso porgere a voi i miei rispetti e forse, se l'uso lo consente, mostrarvi la
lettera. Mi è stato detto che parlate correntemente francese, per questo il mio interprete non è con me.
» IL vizir si alzò, si inchinò e disse: « Siete il benvenuto. Prego, accomodatevi », soggiunse battendo
la mano sul divano. « Come voi, anch'io parlo correntemente il francese: è la mia lingua materna,
dato che una moglie di mio padre era di Marsiglia. E in verità l'uso vuole che qualsiasi documento
indirizzato al dey sia mostrato al suo primo ministro. Vi prego, fumate, se lo desiderate, mentre io
leggo. » Raramente la sua buona educazione era stata messa a così dura prova, ma dopo aver scelto il
bocchino meno consumato Stephen fumò in modo composto. Non a lungo, tuttavia, poiché il vizir
saltò l'elaborata formula iniziale e quella finale e disse: « La lettera parla di una missione riservata e
confidenziale: dal momento che il dey discute tali questioni con me, se voleste spiegarmene la natura
risparmieremmo tempo e molti viaggi faticosi, poiché temo che la vostra cavalcata di oggi lo sia
stata». « Certamente. Prima, però, vi prego di accettare questo piccolissimo segno della mia stima. »
Posò la scatolina a portata di mano; il vizir l'aprì e la sua espressione cambiò: prese la spilla con
cautela e la portò sotto una lama di luce. « Che pietra! » esclamò. « Non ne ho mai vista una così
perfetta. Vi ringrazio. La porterò sul turbante venerdì. » Stephen negò il valore del dono con gesti e
mormorii appropriati, e tornando alla giornata trascorsa a cavallo disse che per 175 quanto stancante,
quale naturalista dilettante era stato ampiamente ricompensato dalle piante, dagli uccelli e, se non dai
mammiferi stessi, dalle tracce di grossi animali che aveva visto. « Vi piace la caccia? » « Sì, per
quanto me lo consentono le mie deboli capacità. » « Anch'io amo la caccia, sebbene non come Sua
Altezza: forse sapete che in questo momento è sulle tracce del leone nella valle del Khadna. Quando
avremo discusso e vi sarete riposato, potremmo andare a caccia insieme. Ora, però », disse il vizir,
dando un'ultima occhiata alla pietra, « possiamo tornare alla ragione della vostra graditissima
presenza in queste lande deserte? » « Ebbene, signore, in primo luogo devo dirvi che il governo
britannico è venuto a conoscenza del fatto che parecchie confederazioni e fratellanze sciite lungo le
coste dell'Adriatico e dello Ionio, nonché nell'interno della Serbia, tutte quante favorevoli a
Bonaparte, hanno deciso di allearsi e intervenire in suo aiuto, facendo tutto ciò che possono per
impedire o quanto meno ritardare il congiungimento degli eserciti russo e austriaco, in marcia per
raggiungere gli alleati. Ma hanno bisogno di uomini e di armi: i mercenari sono ben armati,
formidabili e decisi a battersi, ma non lo faranno senza un compenso. Hanno cercato la somma
necessaria in queste terre e l'hanno trovata. Un sovrano marocchino è disposto a donare due mesi di
paga in oro e sono stati inviati messaggeri da Durazzo ad Algeri per pregare il dey di far trasportare
il tesoro così che i mercenari possano procedere. Visto il brutto tempo è probabile che non siano
ancora arrivati, in ogni caso il governo di Sua Maestà britannica non vuole che quelle persone
vengano aiutate. » IL vizir lo fissò con benevolenza, perplesso. « Certamente, mio caro signore »,
disse alla fine, « un uomo della vostra ammirevole perspicacia non crederà a simili sciocchezze! Sua
Altezza è un sunnita ortodosso, mentre in Erzegovina e in quelle regioni, delle quali spesso ho sentito
parlare, sono sciiti fanatici: e si sono rivolti a un famigerato sceicco sciita del Marocco. Non riesco
a immaginare che possano chiedere al dey ortodosso di aiutarli: sarebbe come se una banda di
calvinisti chiedesse aiuto al Vaticano. Come è possibile che il nostro dey voglia appog176 giare la
loro causa? Anche se non odiasse Napoleone fin dal tempo della sua vile condotta a Jaffa, ad Acri e
ad Abukir, anche se non stimasse e fosse amico di re Giorgio, la cui marina reale di recente ha avuto
tanto successo nell'Adriatico, un re che nessun dey di Algeri offenderebbe mai volontariamente... Ve
lo confermerà il dey stesso quando lo vedrete: e credo che la sua schiettezza burbera e soldatesca
sarà molto più convincente di qualsiasi cosa possa dirvi io. Suvvia, ora lasciate che ordini per voi un
bagno ristoratore e faccia venire il mio massaggiatore personale; poi, quando avrete riposato, sarete
mio ospite a tavola, dopo di che spareremo un po'. Ho due fucili inglesi bellissimi, e qui abbiamo
una grande quantità di pernici quasi addomesticate. E domattina darò a voi e al vostro dragomanno
cavalli decenti e vi affiderò a uno dei guardacaccia del dey che vi guiderà sulla strada privata di Sua
Altezza attraverso le montagne e la foresta sull'altro versante fino all'Arpad, il fiume che alimenta lo
Shatt el Khadna. Vi mostrerà ogni sorta di fiori, uccelli, animali, quanto meno le loro tracce. È una
vastissima riserva di caccia, le gente comune non può entrarvi senza un permesso: chi vi si avventura
ugualmente viene impalato. L'ultimo dey ha fatto impalare in una sola volta cinque giovani e un
ermafrodita, come deterrente. » # La mattina di buonora Stephen e Jacob cavalcarono verso sud
attraverso l'oasi, seguendo gli strettissimi sentieri fra i campi coltivati (orzo, per lo più, con qualche
cece). Le pernici non mancavano, ma la notte era stata umida e all'alba la foschia era ancora spessa,
così preferivano restare sui rami, gonfiando le piume. Il vizir non sparava agli uccelli in volo e
Stephen, quando lo aveva capito, aveva aspettato che uno dei numerosissimi volatili si posasse su un
ramo, forse per tenere d'occhio i due tiratori. Gli addii erano stati cordiali, nonostante fosse mattino
presto e il vizir sembrasse sfinito (aveva tre mogli e un postulante per un posto importante gli aveva
inviato di recente una concubina circassa). Aveva dato istruzioni alla loro guida perché mo177
strasse a Stephen tutto ciò che poteva interessare un filosofo naturale, compreso le club des lions, e
aveva inviato al dey i suoi omaggi. Cavalcarono nell'alba umida, addirittura nebbiosa, Stephen e
Jacob su robusti castroni di taglia normale non più giovani, e la guida su un solido e servizievole
pony. Quando arrivarono nella zona arida, non appena usciti dal verde dell'oasi, un passero si levò in
volo da un cespuglio spinoso. « Uccello, uccello! » « Dice che è un uccello », tradusse Jacob. « Non
posso pretendere che sappia distinguere le specie di Arklow da quelle di Algeri. Potete pregarlo di
segnalarci soltanto i rettili, i quadrupedi e le loro tracce? » Jacob lo fece, ma con molta gentilezza, e
non erano trascorsi dieci minuti da quando avevano lasciato l'oasi che il giovane aveva mostrato loro
le impronte di parecchi sciacalli, di una iena e la traccia di un grosso serpente lungo da cinque a sei
piedi. « Sono quasi certo che sia un malpolon monspessulanus. Ne ho addomesticato uno, da ragazzo.
» « Vi piaceva come animale domestico? » « In un certo senso mi riconosceva e mi tollerava, niente
di più. » La strada si fece più ripida, serpeggiando in tornanti faticosi scavati nella roccia: con il
sole ormai alto uomini e bestie si stancavano facilmente e quando Ibrahim indicò una curva a sinistra
furono felici di lasciare la carreggiata e fermarsi su una piccola piattaforma dove un'improbabile
sorgente, come capitava di trovare in terreni calcarei, sgorgava da una fessura e l'acqua creava una
striscia verde lungo il pendio per oltre un centinaio di iarde. Mentre riposavano videro un uomo su
un magnifico destriero che avanzava a fatica, là dove avevano faticato anche loro; lo osservarono
mentre mangiavano datteri e a un tratto udirono un rumore di zoccoli più in alto, sulla strada: un altro
cavaliere. I due uomini giunsero alla svolta insieme e si scambiarono un saluto, senza tuttavia tirare
le redini. Evidentemente erano corrieri del dey. Salirono ancora, fino alla sommità vera e propria
della catena montuosa, e poi attraverso una rigogliosa foresta e, nono178 stante le cime degli alberi
fossero piegate dal vento, dopo soli cinque minuti di discesa la strada si snodò tra nobili querce,
intervallate da betulle, castagni e ogni tanto un incongruo tasso comune; dove il sentiero si
restringeva per insinuarsi tra alti dirupi, videro un cancello con garitte per i soldati a destra e a
sinistra, e al di là una piccola piana. Ibrahim li precedette e mostrò il lasciapassare del vizir; le
guardie aprirono il cancello e salutarono in quel modo elegante tipico dei musulmani. Sulla piccola
piana, più o meno dieci acri d'erba, i cavalieri si fermarono per contemplare la vasta distesa dello
Shatt el Khadna, al di sopra delle cime degli alberi. Una catena montuosa irregolare nascondeva alla
vista la valle in cui scorreva l'affluente; ma il lago era una vista superba, ancor di più per gli uccelli
che erano ovunque e che esaltavano il senso di altezza., distanza e immobilità. Si trattava per la
maggior parte di avvoltoi con due aquile in lontananza e qualche piccolo nibbio bruno; volteggiavano
alti e lontani, liberi in un cielo senza confini, e il gruppo più vicino (tutti grifoni) saliva in spirali
sulle correnti ascensionali scaturite dalla roccia calda della montagna, in un costante e lento moto. «
Ibrahim dice che questi sono i pali usati per le esecuzioni », disse Jacob. «Già. E dal momento che
gli avvoltoi sono abitudinari, quando si tratta della loro sopravvivenza, mi stavo chiedendo se
qualcuno di quelli lassù non sarebbe sceso in picchiata alla ricerca di cibo. I grifoni sono troppo
cauti, ma c'è un avvoltoio degli agnelli, un amico della mia infanzia, che sono davvero felice di
vedere, insieme con ì nibbi bruni, quegli audaci predatori... » «Mi sembrano tutti uguali, solo enormi
creature nere che roteano sopra di noi. » « L'avvoltoio degli agnelli è quello all'estrema destra.
Guardate, si sta grattando la testa. In spagnolo lo chiamiamo 'rompi ossa'. » « Voi avete il
cannocchiale, siete avvantaggiato. » « Sta riflettendo... Sì, perde quota! Piomba giù! » IL maestoso
uccello si posò tra le ossa sparse sotto i pali, i m 179 scartò qualche costóla spoglia, afferrò un osso
sacro semi spolpato con i possenti artigli e si alzò in volo battendo con forza le ali, con il chiaro
intento di lasciarlo cadere dall'alto su una roccia. Ma non era ancora perfettamente sostenuto dall'aria
che due nibbi bruni gli piombarono addosso, l'uno attaccandolo alle spalle e l'altro sfiorandogli la
testa. L'osso sacro cadde in una macchia impenetrabile, perduto per sempre, senza speranza.
«Assolutamente tipico del nibbio bruno: avido, precipitoso, ingordo! » esclamò Stephen. « E stupido.
Perfino un volatile che avesse il cervello piccolo come quello di un pavone avrebbe attaccato
quando l'avvoltoio era a cinquanta piedi da terra: la sua compagna avrebbe potuto afferrare l'osso a
mezz'aria. » Ibrahim non aveva capito una sola parola, ma aveva intuito la frustrazione e la delusione
di Stephen, e puntando il dito verso un punto molto lontano a nord-est indicò altri uccelli che
roteavano. Jacob tradusse: « Dice che laggiù un'altra cinquantina di mangiatori di carogne sta
aspettando che gli uomini del dey finiscano di spellare la cacciagione di ieri sera: ma prima vi
mostrerà lo Shatt, ha centinaia di uccelli rossi. Dobbiamo scendere per quella via, costeggiando il
lago e risalendo lungo la sponda del fiume, un po' perché il pendio sarebbe troppo ripido e un po' per
non disturbare i cervi, i cinghiali, i leoni e i leopardi che il dey vuole esclusivamente per sé ». « Un
musulmano devoto può mangiare carne di cinghiale? » domandò Stephen mentre cavalcavano. « Oh,
povero me, sì. I Beni Mzab la mangiano senza problemi, tra loro ho gustato ben più di uno squisito
civet de sanglier. Ma il cinghiale deve essere selvatico, capite, selvatico e coperto di setole,
altrimenti sarebbe impuro. Se è per questo non osservano nemmeno il Ramadan o... » « Un falcone di
Barberia! » gridò Stephen. « Già », fu il commento di Jacob, irritato perché il suo resoconto sui Beni
Mzab passava in secondo piano per amore di un volatile e perché la sella gli pizzicava l'interno delle
cosce. Cavalcarono in silenzio per un po', sempre scendendo, cosa che aggravava il disagio di Jacob.
Ma improvvisamente Ibrahim si fermò e, mettendosi un dito sulle labbra, indicò in silen180 zio due
impronte rotonde, recenti, sul margine fangoso del sentiero. Bisbigliò qualcosa all'orecchio di Jacob,
il quale, chinandosi verso Stephen, mormorò: « Leopardo ». Il leopardo era là, una splendida
creatura maculata allungata insolentemente su un ramo orizzontale coperto di muschio: li guardò per
alcuni minuti con signorile indifferenza, ma quando Stephen fece un movimento circospetto in
direzione del suo cannocchiale, il leopardo scivolò giù dal ramo senza rumore e svanì. Proseguirono.
Ora che la discesa era più facile, la sella tormentava meno Jacob che tornò di buonumore, almeno in
parte. Tuttavia, disse: « Mio caro collega, penserete che io sia rozzo, ma quando si tratta di uccelli,
quadrupedi e fiori m'importa soltanto sapere se sono pericolosi, utili e buoni da mangiare». « Mio
caro collega! » esclamò Stephen. « Vi chiedo scusa, temo di essere stato di una noia mortale. » «
Niente affatto », disse Jacob, vergognandosi di se stesso. E là a sinistra, a una distanza che non
riuscirono a determinare, un leone emise quello che poteva essere definito un ruggito: un
profondissimo ringhio gutturale ripetuto quattro, forse cinque volte, che non incuteva timore, ma
soggezione. « Questo intendo dire », osservò Jacob dopo un momento di silenzio, « vorrei sapere
tutto di quell'animale, non di un curioso piccione sconosciuto alla scienza. » IL terreno si andava
facendo pianeggiante e poco dopo si inoltrarono in un boschetto di tamerici alte e ben sviluppate che
finiva sulla sponda del lago. Superatolo, si trovarono din-nanzi, vicinissimi, migliaia di fenicotteri,
la maggior parte con le zampe per metà nell'acqua, le teste dal lungo collo ritorto immerse, mentre
altri si guardavano intorno e ciarlavano con i vicini emettendo un verso simile a quello delle oche.
Tutti gli uccelli in un raggio di venti iarde si levarono in volo, uno spettacolo magnifico, glorioso, di
nero e di rosso, e volarono, teste e zampe allungate, fino al centro del lago. I fenicotteri rimasti, la
maggioranza, continuarono a cercare cibo nello Shatt. Stephen era rapito. Con íl cannocchiale,
individuò innumerevoli nidi, dei monticelli di fango, alcuni con gli uccelli che covavano, e 181 una
folla di piccoli, goffi, chiari e dalle zampe lunghe. Vide anche qualche folaga crestata e un falco di
palude in volo, una femmina, nonché qualche garzetta, ma era imbarazzato per aver parlato a non
finire e non aprì bocca. Jacob, però, girandosi verso di lui con il volto raggiante, esclamò: «Se
questo glorioso, indicibile spettacolo è ornitologia, allora sono un ornitologo. Non avevo idea che
esistesse un simile splendore. Dovete dirmi di più, molto di più». Ibrahim domandò a Jacob se il suo
compagno avesse visto gli uccelli rossi e quando ebbe ascoltato la traduzione, Maturin sorrise al
giovane, confermando con gesti appropriati; dopo essersi frugato per un po' addosso, riuscì a trovare
una delle poche ghinee che teneva in un taschino. Quando Stephen ebbe finito la sua disquisizione
sull'anatomia del becco del fenicottero, sugli intricati processi che permettevano al volatile di
procurarsi il cibo, sulle sue esigenze riguardo alla salinità e alla temperatura, sull'apparente
disinteresse per la prole allevata in gruppi nutriti e accuditi dall'intera comunità, sulla necessità di
saperne di più, di acquisire ulteriori informazioni, Ibrahim si avvicinò e parlò con Jacob, indicando
il lago con grande enfasi. « Se non v'importa di fare una deviazione alquanto fangosa, per altro, dice
che vi mostrerà uno spettacolo che apprezzerete: vi considera una creatura superiore, e ha ragione. »
« Possa egli vivere a lungo. Dobbiamo certamente vedere questo spettacolo. » Capirono a cosa si
riferisse quando furono vicini a una zona del lago che riceveva le acque del fiume, un piccolo delta
di fango e di sabbia che conservava un numero straordinario di impronte con mirabile chiarezza:
quello era un luogo eccellente dove abbeverarsi per sciacalli, cervi di varie dimensioni, iene,
leopardi, un unico orso, ma soprattutto per i leoni. Videro grosse e perfino grossissime impronte da
varie direzioni che convergevano tutte verso la pozza profonda dove il corso d'acqua scorreva
veloce tra le rocce nude per tuffarsi nello Shatt. Lì erano quasi esclusivamente di leoni, si
incrociavano e si confondevano. 182 « Ibrahim dice che a volte, la sera, i leoni che vivono su questa
sponda del fiume scendono a bere e a incontrare i leoni dell'altra sponda, quelli che vivono nella
zona pianeggiante a sud. E quando sono tutti riuniti, i due gruppi ruggiscono a turno verso l'altro
gruppo. Li ha osservati stando su quell'albero. Dice che è emozionante. » « Lo credo bene », disse
Stephen. « Quanti leoni su ogni sponda, all'incirca? » « Qualche volta fino a otto. » «Anche leonesse
lo fanno? » « No, no, povero me, no », asserì Jacob. Anche Ibrahim scosse la testa con
disapprovazione, ma si mise a parlare per qualche minuto. « Ma dice che qualche volta una strana
leonessa, una leonessa che viene da lontano, si avvicina a quelle di qui che però l'attaccano ruggendo
come veri leoni maschi. E dice che dovremmo sbrigarci: siamo già in ritardo e il dey non tollera
ritardi. » Riguadagnarono il sentiero e mentre cavalcavano Stephen osservò: «Allora è questo che il
vizir chiamava 'le club des lions . Presumo che i leoni non si arrampichino sugli alberi, ma vorrei
averne la conferma dal nostro amabile giovane, per favore ». « Sì. I leopardi, sì. I leoni, no. »
«Allora credo che dovrò vedere questo club, se ne avremo il tempo. » # Pareva che il tempo non
mancasse nell'accampamento di caccia del dey, una quantità di piccole tende nascoste in una Valletta
quasi invisibile, a qualche distanza dal fiume e dalla pista naturale lungo il corso d'acqua, strada
maestra per tutte le creature della regione. Da lì si dipartivano vari sentieri diretti all'accampamento,
uno per ogni giorno della settimana, affinchè il luogo non divenisse troppo accessibile, e quel giorno,
essendo martedì, Ibrahim prese quello che attraversava un piccolo bosco di querce, dove, nonostante
ci fossero uomini nelle vicinanze, i cinghiali avevano rivoltato il terreno alla ricerca di tuberi e di
183 ghiande in un tratto di circa quindici, venti acri, tanto da farlo sembrare un campo arato.
All'ingresso della Valletta, Ibrahim mostrò di nuovo alle guardie il lasciapassare e Stephen e Jacob
furono condotti in una tenda dove erano ammucchiati alcuni tappeti, quello più in alto con un
incantevole motivo i cui colori brillavano come pietre preziose quando il sole li sfiorava. Nell'attesa
Jacob e Stephen passarono il tempo a discutere di malattie croniche, delle misure che avevano
adottato per alleviarle, del successo ottenuto, in genere così raro, ma in un paio di casi straordinario
e gratificante. Erano presi da due casi eccezionali, inesplicabili di remissione dalla tisi e dalla
tetraplegia, remissione duratura, quando il capo caccia del dey venne ad avvertirli che Omar Pascià
li stava spettando. Trovarono il dey sporco di grasso e piuttosto allegro. Stephen si inchinò. « Posso
porgere i saluti e gli auguri del governo di Sua Maestà britannica a Sua Altezza Omar Pascià? »
Jacob tradusse, ma non proprio letteralmente, secondo Stephen, dato che il nome di Dio fu ripetuto
più volte. Omar si alzò, si inchinò — si inchinarono tutti - e disse di essere compiaciuto
dell'amichevole messaggio del cugino inglese, il primo che avesse ricevuto da un sovrano europeo: li
invitò a sedersi e ordinò caffè e narghilè. « Sono appena riuscito a rimontarli», disse vedendo che
Stephen era attirato da un bel paio di fucili da caccia a canna doppia. « Avevo tolto le guance per
vedere il dente d'arresto del cane e non riuscivo più a rimontarle con la molla del cane. Ma con
l'aiuto di Dio, ce l'ho fatta, ah, ah! Benedetto sia il nome di Dio. » Jacob pronunciò la formula di rito
e Stephen si unì in un bisbiglio: il pascià pareva così soddisfatto del suo successo che Stephen
domandò se potesse dare un'occhiata al fucile più da vicino. «Ma certo», assicurò il dey, mettendogli
l'arma in mano, molto più leggera di quanto il dottore avesse immaginato; riuscì a imbracciarlo con
facilità, come un comune, solido fucile da caccia alle oche o alle anatre. « Siete abituato, a quanto
vedo », osservò il dey sorridendo. 184 « Lo sono, sì, signore. Ho sparato a molte creature, in parte
per sport e in parte per studio. » Caffè e narghilè arrivarono e dopo una pausa durante la quale
bevvero e fumarono, Maturin disse: « Non credo di aver mai bevuto un caffè migliore e più gradito:
ma ora, col vostro permesso, vi riferirò il messaggio che mi ha affidato il ministro di Sua Maestà. Si
è a conoscenza del fatto che parecchie fratellanze e confederazioni sciite lungo la costa
dell'Adriatico e dello Ionio, e nell'interno della Serbia, sostenitrici di Napoleone... » «Napoleone,
quel figlio di un cane», lo interruppe il dey, fattosi scuro per la collera e con un'espressione torva.
«... si sono accordate per intervenire in suo favore, facendo tutto ciò che è in loro potere... » Stephen
continuò, pur sapendo che il dey non lo stava ascoltando: lo aveva irritato. « IL vostro re deve avere
consiglieri inetti », disse il dey quando Stephen ebbe finito, « se possono credere questo dopo che la
marina britannica ha strapazzato gli amici di Bonaparte nell'Adriatico. Io amo la marina britannica,
ho conosciuto Sir Smith ad Acri... ma certe cose le lascio al mio vizir, un esperto di politica. Per
quanto mi riguarda, mi occupo dei soldati e del loro destino. Che vi sia del vero in questo presunto
complotto, che abbia successo o no non ha alcuna importanza: Napoleone cadrà. È scritto. Ha
superato i limiti del lecito e perciò deve cadere. È scritto. » Gettò indietro il capo borbottando, con
un'espressione sgradevole sulla faccia; ma subito il suo sguardo si posò sui fucili e con aria più
amabile disse: « E così vi piacciono gli animali? La caccia e lo studio degli animali? » «
Precisamente. » « Vi piacerebbe venire con me a caccia di leoni? Ho intenzione di abbatterne uno in
particolare domani sera. » « Mi piacerebbe più di qualsiasi altra cosa, ma non ho con me nemmeno
uno schioppo. » « Se è per questo, potete scegliere uno dei miei due fucili, quello che preferite. Vi
eserciterete a usarlo nel pomeriggio, non mancano certo munizioni e polvere da sparo
nell'accampamento, ve lo assicuro, e poi, verso sera, con il fucile ancora 185 caldo, scenderemo
lungo la sponda del fiume con le scarpe impregnate di sangue. » « Scarpe impregnate di sangue,
Pascià? » « Ma certo, non lo sapete che il sangue di cinghiali, di cervi, elimina l'odore dell'uomo?
Seguiremo la riva fino alla gola di Ibn Haukal; a qualche piede d'altezza, nella parete della gola, si
apre una caverna, la grotta di Ibn Haukal: era il luogo dove Ibn Haukal si fermava a meditare durante
i suoi viaggi; c'è spazio sufficiente per due uomini e rimane nascosta dall'erba alta e dalle piante che
ricadono dall'alto. Più a monte, nella stessa roccia, c'è un'altra caverna molto più grande dove il
leone Mahmud e la sua compagna tengono i loro piccoli. Anche se i cuccioli sono ormai cresciuti il
leone li nutre ancora e, naturalmente, lo fa anche la leonessa. Il maschio scende lungo il corso
d'acqua fino ai cespugli radi che crescono dove gli animali vengono ad abbeverarsi e là attende un
cinghiale o un cervo o qual-siasi altro cibo gli si offra: l'anno scorso ha divorato uno dei miei uomini
che stava mettendo trappole per i porcospini. Intendo aspettare che torni alla caverna, perché trascina
la preda tenendola a sinistra, il che permette di sparargli dietro l'orecchio destro e forse di ucciderlo
al primo colpo. A Dio piacendo, avremo una luna magnifica all'andata e al ritorno. » « L'avremo, sì,
a Dio piacendo. » « Se sarete soddisfatto del fucile e se ve la sentirete di aspettare in silenzio, senza
quasi respirare, per mezz'ora, forse per altrettanto tempo al ritorno del leone, tireremo a sorte per
decidere chi sparerà per primo. » Furono portate le paglie e Ornar, che celava a fatica la
soddisfazione, prese la più lunga. Immediatamente cominciò a spiegare a Stephen il funzionamento
del fucile, un'arma americana che Maturin non conosceva, e quando uscirono all'aperto, dapprima per
sparare qualche colpo in aria, poi mirando a una candela, un leone lontano, forse sulla sponda del
lago, ruggì con vigore e quel suono si propagò nell'aria immobile della sera. 186 La mattina seguente
Stephen e Jacob si portarono dietro un po' di pane e di carne di agnello e trascorsero la giornata sulla
riva dello Shatt: Jacob cercava di migliorare la rudimentale conoscenza di Stephen dell'arabo, del
berbero e del turco e Stephen spiegava a Jacob i primi elementi di ornitologia con l'aiuto di qualche
volatile a portata di mano. Naturalmente gli splendidi fenicotteri erano presenti a miriadi; rari al
contrario gli altri uccelli di palude, e il falco o il passero che passavano di lì non si fermavano
abbastanza da permettere un'osservazione ravvicinata. I fenicotteri, però, erano una vera festa per gli
occhi e si lasciarono osservare in tutte le loro attività, mentre mangiavano, si lisciavano le piume, si
alzavano improvvisamente in volo in stormi grandiosi, roteando in tutto il loro splendore, scendendo
di nuovo, fendendo la superficie dell'acqua o nuotando placidamente. E nel corso della giornata
Jacob familiarizzò con il grifone, con il nibbio bruno e il capovaccaio e forse avvistò un avvoltoio
orecchiuto. Ma il motivo per cui avevano raggiunto la riva dello Shatt era sperimentare la natura, il
temperamento e la potenza del fucile. Stephen sparò a bersagli fissi e alla fine dichiarò che era il
fucile più « sicuro e piacevole » che avesse mai provato. « Non posso dire altrettanto », disse Jacob,
« data la mia scarsissima esperienza, ma parecchie volte ho colpito quello che volevo colpire e in
un'occasione da lunga distanza. » Dopo una pausa continuò: « Non so se lo domanderei ad altri, ma
sono sicuro che voi non vi prenderete gioco di me: a che cosa servono le spirali all'interno delle
canne del fucile? » « A imprimere un movimento rotatorio al proiettile, che esce girando sul suo asse
a una velocità impressionante; questo cancella gli inevitabili difetti di calibratura nel peso e sulla
superficie del proiettile, dandogli una precisione straordinaria. Gli americani sparavano da lunga
distanza agli scoiattoli, prede piccole e diffidenti, con i fucili leggeri che maneggiavano sin
dall'infanzia; e nella guerra d'indipendenza erano tiratori eccezionali. Credo che i fucili di Omar
Pascià siano fucili da scoiattoli un po' più grandi. » Al crepuscolo, sulla via del ritorno, incontrarono
Ibrahim: li 187 stava cercando. « Omar Pascià aveva paura che vi foste persi e che l'agnello
scuocesse », disse. « Per favore, camminate in fretta. Posso portare il fucile? » « Eccovi qua! »
esclamò il dey mentre scendevano nella vai-letta e nel suo aroma di fumo di legna e di agnello
arrosto. « Nell'ultima mezz'ora non vi ho sentito sparare. » « No, signore », rispose Stephen
attraverso Jacob, « stavamo contemplando un gruppo di scimmie, di macachi, che stavano
tormentando un giovane e sciocco leopardo; saltavano di ramo in ramo e gli lanciavano sassi, e
strillavano, e il povero animale è scappato via fuggendo in terreno scoperto. » « Bene, avete avuto
modo di studiare gli animali », disse Ornar. « Ne sono contento. Ma ora venite a lavarvi le mani, poi
mangeremo subito per poter digerire prima che sia tempo di muoversi. Ditemi, come avete trovato il
fucile? » « IL migliore tra quelli con cui sino a ora ho sparato », affermò Stephen. « Con una buona
luce e in un giorno senza vento, credo che potrei colpire un uovo a duecentocinquanta passi. È un bel
fucile. » IL dey rise compiaciuto. « È quanto disse Sir Smith della mia spada », osservò. Tre
servitori portarono tre bacinelle; si lavarono le mani e il dey continuò: « Ora sediamoci e mentre
mangiamo vi racconterò di Sir Smith. Ricordate l'assedio di Acri? Be', il cinquantaduesimo giorno di
assedio, quando i rinforzi al comando di Hassan Bey erano in vista, l'artiglieria di Bonaparte
aumentò il fuoco e prima dell'alba la sua fanteria attaccò, lanciandosi nella breccia attraverso il
fossato asciutto, riempito a metà di pietre per il crollo dei bastioni e cominciò un furioso corpo a
corpo da una parte all'altra delle rovine. Sir Smith era con noi, nel pieno della battaglia, con quasi
mille marinai e fanti di marina delle sue navi. Mio zio Djezzar Pascià era seduto su un masso un po'
arretrato, passava le munizioni e ricompensava gli uomini che gli portavano la testa di un nemico,
quando all'improvviso pensò che se Sir Smith fosse stato ucciso, i suoi uomini sarebbero fuggiti e
non ci sarebbe più stato niente da fare. Mentre gli mostravo la testa di un nemico mi disse di chiedere
all'ufficiale inglese di ritirarsi e mi accompa188 gnò per costringerlo a farlo, prendendo Sir Smith
per un braccio. In quel momento un francese, facendosi largo tra la calca, si lanciò contro di lui. Io
parai il colpo e con un rovescio della mia lama gli tagliai di netto il capo. Riuscimmo a condurre Sir
Smith fino alla postazione di mio zio; mentre si sedeva mi prese una mano e indicando la mia
scimitarra disse: 'È una bella spada', ma ora mangiamo: l'agnello tiepido è peggio di una donna
tiepida». « Non avevo idea che Sir Sidney parlasse turco », disse Stephen a Jacob a bassa voce
mentre Omar faceva a pezzi l'agnello. « Viveva a Costantinopoli con il fratello, Sir Spencer, il
ministro; in effetti, credo che fossero entrambi ministri. » Quando l'agnello si ridusse a un mucchio di
ossa ripulite e Ornar, il suo capo caccia e i due ospiti ebbero gustato dolci di fichi e datteri,
ammorbiditi con miele e seguiti dal caffè, quando il chiarore della luna illuminò il cielo dietro la
montagna, il dey si alzò, pronunciò una preghiera rituale e ordinò che fossero portate le bacinelle
piene di sangue. « Di capra, non di porco », disse con enfasi, battendo la mano sulla spalla di
Stephen per incoraggiarlo: e così, armati e con le scarpe rosse, si misero in cammino, risalendo il
pendio per uscire dalla Valletta, poi lungo il sentiero del mercoledì fino al corso d'acqua e alla
sponda quasi priva di vegetazione e ben battuta. Ormai gli occhi di Stephen si erano abituati
all'oscurità, quasi stesse camminando in una strada maestra dietro a Omar Pascià. Per essere così
grosso il dey si muoveva con passo agile e sciolto, quasi senza rumore: si fermò due volte, si mise in
ascolto e per così dire fiutò l'aria come avrebbe fatto un cane. Non parlava, ma ogni tanto si voltava
e si vedevano i denti brillare tra la barba. Avrebbe potuto essere un cacciatore di professione, pensò
Stephen, con quel passo silenzioso e l'abbigliamento scuro, se non fosse stato per il fatto che la luna,
ora alta tra gli alberi, faceva scintillare a tratti la canna del fucile che il dey teneva in spalla. Quello
di Stephen era nascosto sotto il mantello leggero, il calcio più 189 basso del ginocchio: il chirurgo
aveva trascorso tanti anni in Paesi freddi e umidi e il dovere di mantenere asciutta la polvere era
diventato una sorta di rito sacro. Stava ricordando passate spedizioni notturne e pensando con
soddisfazione che riusciva a tenere il passo senza troppa fatica, nonostante il dey, alto sei piedi,
avesse una falcata più lunga, quando Omar si fermò, si guardò intorno e, indicando una parete di
roccia nuda che emergeva dagli alberi, bisbigliò: «Ibn Haukal». Stephen annuì e si inerpicò con
infinita cautela fino alla piccola grotta dal soffitto basso. Ornar, che lo precedeva, smosse una
piccola quantità di terriccio che franò sul sentiero, producendo l'effetto di un'enorme valanga. Erano
ancora immobili, quando una civetta, che Stephen conosceva sin dall'infanzia come civetta di Ate-na,
produsse un sonoro Tyu tyu, seguito da un altro, a un quarto di miglio di distanza: Tyu tyu. Omar,
dopo essere stato in ascolto e non avendo udito altri suoni, entrò, piegato in due, nella grotta. Non
potevano stare in piedi, ma l'apertura sul fiume era ampia a sufficienza per due persone e si sedettero
comodamente, i fucili sulle ginocchia, tenendo d'occhio il sentiero sempre più visibile sotto una luna
grandiosa che saliva alta nel cielo, spegnendo le stelle. L'aria era tiepida e immobile, e Stephen udì
una coppia di succiacapre ripetere il loro verso invariabile, volteggiando a caccia di falene più in
basso, forse addirittura sullo Shatt. In alto la luna brillava e il sentiero, in certo modo ristretto nella
gola di Ibn Haukal, era ben visibile ora che Omar aveva scostato con molta delicatezza parte delle
fronde che ricadevano dall'alto; e su quel sentiero videro una iena, il mantello a strisce, intenta a
seguire una pista come un cane da caccia, la loro traccia, in effetti, o meglio l'odore delle loro scarpe
insanguinate. Si fermò dove loro avevano svoltato, emise un verso stridulo (Stephen notò che la
criniera si rizzava) e corse dritta verso la caverna. Per un attimo rimase pietrificata sull'ingresso, poi
si voltò e fuggì, la sua risata folle che riecheggiava nella valle. Omar non si mosse, né parlò, Stephen
non fece commenti. Seguì una lunga pausa, interrotta soltanto dal passaggio di un porcospino, e
nell'attesa silenziosa che cominciava a stan190 carlo, Stephen ebbe il conforto del suo orologio, un
elegante Breguet, che aveva viaggiato con lui e lo aveva confortato per un numero di anni maggiore
di quanti potesse ricordare. Ogni quarto d'ora, più o meno, premeva un pulsantino e una lieve voce
argentina diceva l'ora al suo orecchio attento. Omar non aveva dato segno di aver udito quel debole
suono; dopo venti minuti esatti si irrigidì, cambiò la posizione del fucile e Stephen vide la forma
grande e incolore di un leone attraversare rapidamente il suo campo visivo da destra a sinistra. La
curva della pista lungo il corso d'acqua, unita ai radi cespugli bassi, lo nascose dopo pochi secondi,
ma Stephen rimase con l'immagine vivissima di una maestosa creatura che si muoveva silenziosa e
incolore, con la criniera e le scapole che sporgevano alternativamente su una massa di muscoli. Un
animale perfettamente sicuro di sé, autonomo, lungo tra nove e dieci piedi, alto forse tre piedi e
mezzo (sebbene la testa si allungasse verso l'alto) e di almeno quattrocento libbre di peso, con un
petto enorme. « Mahmud », bisbigliò Omar sorridendo; Stephen annuì e ritornarono tutti e due al loro
silenzio. Ma non a lungo: molto prima di quanto Stephen si aspettasse, sulla sinistra si udì un rumore
di rami spezzati, un'agitazione frenetica, qualche urlo disperato e stridente, poi un ringhio cupo e
prolungato. I minuti passarono lentamente: entrambi gli uomini erano tesissimi e quando Stephen
apriva la bocca per trarre un respiro profondo udiva il battito del suo cuore. Poi, finalmente, giunse il
verso degli sciacalli, quasi sempre presenti dove il leone uccideva la preda, e il ringhio profondo e
furioso quando osavano avvicinarsi troppo; dopo un'attesa estenuante carica di emozioni, si udì un
movimento tra i cespugli a valle. Mahmud giunse in vista, trascinando la carcassa di un grosso
cinghiale, tenendola ben alta sul suo fianco sinistro per avere libertà di movimento. Sempre più
vicino; e quando il leone ebbe superato la metà del tratto davanti alla caverna e cominciò ad
allontanarsi da loro, Omar si alzò e gli sparò mirando alla testa, dietro l'orecchio destro. Il leone
cadde ma si rialzò subito, 191 ruggendo infuriato. Omar fece fuoco di nuovo e questa volta la belva
crollò in avanti, immobile. Ma la leonessa stava arrivando. Abbassò la testa e leccò la ferita mortale
del maschio con un verso lamentoso. Poi guardò dritto verso l'imboccatura della grotta e si lanciò
contro i cacciatori in cinque balzi prodigiosi. Stephen vide chiaramente i suoi occhi alla luce della
luna: era un semplice colpo da tiro a segno e con dolore fece fuoco contro la leonessa, abbattendola
mentre spiccava l'ultimo balzo. I cacciatori del dey sapevano bene che la preda designata era
Mahmud e quando nella notte immobile udirono tre fucilate anziché una, capirono che qualcosa
doveva essere andato storto. Cinque di loro si precipitarono giù per il sentiero più vicino
all'accampamento con le torce accese e trovarono il dey e il suo ospite che difendevano le prede
dagli sciacalli e dalle iene, accorsi al primo odore di morte. Alla luce di un grande falò i cinque, con
l'aiuto del secondo capo caccia e della sua squadra, scuoiarono Mahmud e la femmina, mentre il
capo caccia scortava il dey e il compagno all'accampamento, con Omar che porgeva premurosamente
la mano a Stephen ogni volta che il terreno si faceva leggermente ripido. Non appena arrivati, Omar
mandò a chiamare Jacob nella sua tenda affinchè traducesse a Stephen le espressioni di gratitudine e
le congratulazioni. Stephen, a sua volta, pregò Jacob di dire quanto si conveniva al caso, sorrise e si
inchinò, cercando di fare capire a gesti che non aveva nessun merito; ma la potenza di un'emozione
così forte e recente, avvertita pienamente solo ora, cominciava a pesare su di lui tanto da fargli
desiderare soltanto il silenzio e il suo letto. «E il dey dice», continuò Jacob, «che domani mattina
sarà mandato un mulo per trasportare le pelli; in quanto ai piccoli di Mahmud, sono perfettamente in
grado di badare a se stessi -hanno già ucciso parecchi piccoli cinghiali - nondimeno il dey 192
promette che saranno nutriti per qualche mese con una pecora o due ogni settimana. In quanto alla
sciocca fola dell'oro destinato agli eretici sciiti, vi assicura che nemmeno mezza oncia passerà da
Algeri finché lui ne sarà il dey; e manderà subito ordini al vizir in tal senso, nel caso vi fossero mai
stati equivoci o incomprensioni. » Stephen annuì, sorrise e si inchinò di nuovo. Omar lo guardò con
benevolenza e disse a Jacob: « IL mio salvatore ha bisogno di essere salvato a sua volta: prego,
conducetelo via in silenzio, lontano dalla confusione». Abbracciò Stephen, gli impresse un bacio
brusco sulle guance e si ritirò con un inchino. Per quasi tutto il giorno seguente Stephen e Jacob
cavalcarono in testa, distanziando i loro compagni, perché non soltanto volevano scambiarsi le
impressioni sul dey, cosa che avrebbero potuto fare meglio senza il continuo vociare degli altri e il
rumore dei molti zoccoli, ma perché speravano di accelerare l'andatura del gruppo e di arrivare
all'oasi del vizir prima che facesse notte: il dey aveva ordinato un banchetto di addio, così erano
partiti molto più tardi di quanto avrebbero voluto. Credevano di poterci riuscire, avevano già
percorso quella strada (il fatto di essere nota la rendeva più corta, e non avrebbero perso tempo a
osservare nuove meraviglie) ed erano presi dalla conversazione. In qualche momento discussero la
possibile origine della malformazione della mano che Jacob aveva portato all'amico. « So che
qualche collega di Dupuytren l'attribuisce all'uso delle redini, e forse c'è del vero in questo »,
osservò Jacob. « È possibile », convenne Stephen. « Tuttavia non è mai stata descritta prima di
Smectymnus e nemmeno Senofonte ne parla; e pochi uomini hanno maneggiato le redini più di
Senofonte. » « Be'... » cominciò Jacob, e dopo una pausa durante la quale i suoi pensieri si
spostarono su un argomento di interesse più 193 immediato continuò: « Non mi avete detto quale
opinione vi siete fatto del dey». « Di primo acchito credevo fosse un bruto, un semplice soldato; un
bruto allegro in quel momento, perché era appena riuscito in un compito di meccanica, ma
perfettamente capace di diventare un tiranno. Poi, quando siamo rimasti in attesa del leone, il suo
silenzio e la sua capacità di sopportazione mi hanno costretto ad ammirarlo. Così come i suoi elogi
schietti quando ho sparato alla leonessa, e la sua fermezza prima che l'animale caricasse. Come ben
sai, conosco qualche parola di arabo e di turco e non posso dimenticare ciò che ha detto mentre mi
aiutava durante la salita. E mi è piaciuto anche il discorsetto preparato che mi avete tradotto: un
animo volgare non avrebbe potuto esprimersi così bene. Perciò, sono dell'idea che sia un compagno
ideale per andare a caccia, molto equilibrato, esperto, coraggioso e gioviale quando la giovialità è
opportuna; ma, a parte questo, un uomo poco intelligente. Non voglio dire stupido, come altri uomini
d'arme di alto grado, probabilmente acuto per quanto riguarda la politica militare, ma non
particolarmente interessante, seppur simpatico. » « E che mi dite del supplizio degli uomini impalati?
» « L'ho odiato, anche se in alcune parti del mondo è comune come l'impiccagione pubblica in
Inghilterra. Ma non è stato questo a farmi cambiare idea: dopotutto, da noi la sodomia è punita con
l'impiccagione e in altri Paesi con il rogo, mentre qui è materia di ironia come lo era nell'antica
Grecia. No: dopo un po' ho cominciato a domandarmi se la semplicità del dey fosse autentica e la
divisione di compiti tra il dey e il vizir davvero totale in materia di affari esteri. Ma sapete quanto
me che nella nostra professione è molto comune essere diffidenti e sospettosi: e talvolta, l'eccesso
raggiunge livelli grotteschi. » « E vero. Due nostri colleghi di Marsiglia sono stati rinchiusi in un
manicomio vicino ad Aubagne, erano convinti che le loro amanti li stessero avvelenando per conto di
una potenza straniera. » « Nel mio caso non è stato necessario ricorrere a catene, pagliericcio e
frustate, ma ci è mancato poco: quando abbiamo 194 fatto una sosta alla sorgente per mangiare, sono
andato a cercare qualcosa nel mio bagaglio sul mulo e ho trovato il bellissimo regalo del dey, offerto
con meravigliosa discrezione, e cioè il fucile americano col quale avevo ucciso la leonessa. Ma
quando mi sono ripreso dallo stupore, prima di ringraziarlo di tutto cuore, qualcosa dentro di me mi
ha costretto a controllare con molta attenzione il cane, il calcio e la canna, le due canne. Un uomo che
conoscevamo tutti e due fu ucciso dall'esplosione di un fucile da caccia, scoppiato non appena
premuto il grilletto: un regalo, naturalmente. » «William Duran. Fu incauto, avendo a che fare con una
donna come quella, ma esistono dei limiti. Non si può vivere dentro una sfera di cristallo, come quel
meraviglioso personaggio di Bruegel. Io credo sia più sottile e intelligente di quanto pensate, perché
mentre con voi è stato taciturno, limitato al ruolo del cacciatore, con me ha parlato molto, usando
parole scelte, in particolare in turco, e con espressioni così felici per un uomo d'armi! Ma non so se
sia tanto intelligente da saper manovrare i giannizzeri, i corsari e il suo bizzarro vizir. Che opinione
vi siete fatto del vizir? Siete stato in sua compagnia più a lungo di me. » « Un politico, naturalmente,
con un lato simpatico. Non mi fiderei di lui per questioni importanti. » Udirono dei richiami alle loro
spalle e un suono di corno: si voltarono e videro le guardie turche in sella alle migliori cavalcature
affrettarsi verso di loro, mentre il grosso della compagnia era rimasto indietro. Jacob tradusse le
parole ansimanti: « Dice che gli altri non riescono a tenere il passo e teme, tutti quanti temono, che
prima di due ore arrivi lo scirocco ». Guardando a sud, soggiunse: « Se non avessimo spettegolato
così tanto sul carattere di altre persone, me ne sarei accorto da un bel pezzo. Vedete quella striscia
scura sopra la terza catena di montagne alle nostre spalle? È l'avvisaglia. Ben presto comincerà a
soffiare il vento da sud-est e poi arriverà lo scirocco, molto più forte, aria calda piena di sabbia
finissima. Dovrete tenervi un panno di stoffa dalla trama fitta sulla bocca e sul naso ». 195 « Voi
conoscete queste regioni: dite che cosa dobbiamo fare. » « Non credo che sarà uno scirocco violento,
probabilmente non raggiungeremo l'oasi e il nostro alloggio prima di notte, ma credo che dovremmo
proseguire. Spesso il vento cessa dopo il tramonto e il chiaro di luna ci aiuterà a orientarci. In ogni
caso, penso sia meglio che accamparci nel deserto senza il necessario, con poca acqua e con i cavalli
preda degli animali selvatici. » « Credo abbiate ragione », disse Stephen: fece girare la sua
cavalcatura e con gli altri due tornò senza fretta dal gruppo, che li accolse con un'acclamazione. «
Chiedete a Ibrahim se può guidarci di notte, se è in grado di riconoscere la pista anche in queste
condizioni. » Ibrahim ascoltò la domanda incredulo, poi con divertimento appena dissimulato. « Dice
che è bravo come sette cani », riferì Jacob. « Allora, per favore, ditegli che se riuscirà avrà sette
monete d'oro, in caso contrario dovrà essere impalato. » Verso la fine del viaggio, più arduo ogni
cento iarde percorse, con la nube densa di sabbia finissima che nascondeva la luna e penetrava sotto
i panni che avrebbero dovuto proteggerli e con il vento caldo che cresceva di forza, perfino i sette
cani esitavano. Ibrahim dovette pregarli di fermarsi e di rannicchiarsi l'uno accanto all'altro, mentre
cercava di orientarsi; ma riuscire a farli rialzare e ad abbandonare la poca protezione offerta dagli
animali era un'altra questione. Stephen fu ripetutamente preso a calci, a pizzicotti, rimbrottato ed era
ormai in lacrime quando uno squarcio nel velo di sabbia rivelò l'oasi e le rare lanterne. Rare, perché
quasi tutti erano andati a dormire e a parte le due all'ingresso principale dell'alloggio, l'unica luce
accesa era nella stanza di Ahmed, dove il sottosegretario stava finendo di scrivere una lettera. I
guardiani erano riluttanti ad aprire la porta, ma Ahmed, udendo la discussione e avendo riconosciuto
la voce di Jacob, li indusse ad aprire. Chiese a Jacob se dovesse svegliare il vizir. « No », gli
rispose Jacob, « ma vi saremmo grati se voleste rifocillare questi uomini e permettere a me e al
dottor Maturin di fare un bagno. » «Sarà fatto. Sveglierò qualche servo. Ma dopo il bagno, temo che
dovrete dormire nella mia stanza. » Sprofondare, sprofondare sempre di più in un sonno beato:
Stephen, lavato, senza più traccia di sabbia nemmeno nei capelli, nutrito, abbeverato, con indosso
della biancheria pulita, piombò nell'abisso perfetto dove nemmeno l'ululato discontinuo dello
scirocco poteva disturbarlo. Nulla, tranne mani forti e decise, avrebbero potuto trascinarlo di nuovo
in superficie, ma così fu e sul fare del giorno l'insopportabile Jacob era lì, a domandargli se
ricordasse ciò che gli aveva detto sui cainiti, insistendo sulla parola « cainiti », e perfino
scuotendolo con vigore finché non si svegliò del tutto. « Che possiate marcire all'inferno, Amos:
datemi un sorso d'acqua, per amor di Dio. » Dopo aver bevuto e ritrovato il respiro, disse: « Certo
che ricordo quanto mi avete detto dei cainiti, dei Beni Mzab e altro, di come siano stati creati da una
potenza superiore e portino il segno di Caino ». « Sì. Be', ora ascoltatemi: anche Ahmed è cainita. Ci
siamo riconosciuti subito. Sa perché siamo qui, sa che non viaggiamo per ragioni mediche o per
conoscere il mondo. Vuole esserci d'aiuto, è dalla nostra parte e ci offre i suoi servigi. » «Amos,
amico mio, siete stato un agente del servizio informazioni per molto tempo: ditemi, è attendibile? Che
informazioni può darci e a che prezzo? » « È una fonte sicura: in quanto alle informazioni, mi ha
mostrato una copia del messaggio del vizir allo sceicco di Azgar, Ibn Hazm, in cui gli dice di
richiamare immediatamente la carovana e di caricare il tesoro su uno sciabecco veloce diretto ad
Arzila, un piccolo porto di pescatori dal fondale basso in territorio sciita, a nord di Laraish: Yahya
ben Khaled, il capitano dello sciabecco e il corsaro più capace e fortunato di Algeri aspetterà con
una scorta numerosa che il vento giri a ovest e poi farà vela attraversando lo stretto di Gibilterra di
notte, aiutato dal vento e dalla corrente che lo sospingerà a gran velocità verso 197 oriente. Verso
Durazzo seguendo le rotte che conosce meglio, le più veloci. » Stephen rimase seduto a riflettere, poi
annuì e disse: « Non ha menzionato una ricompensa? » « No. Credo che la sua offerta sia
disinteressata, ma forse alla fine, non certo come diretta conseguenza di questa faccenda, gli sarebbe
gradita una buona parola al governatore di Malta che gli permettesse di trasferirsi a La Valletta, dove
vivono i suoi cugini. Non è in nessun modo una condizione, né potrebbe esserlo. » « Molto bene.
Ditemi, quando pensate che potremmo partire da qui? A proposito, non sento più il vento. » « È
cessato alle quattro e mezzo. Ovviamente non possiamo muoverci prima della preghiera del mattino:
non solo sarebbe scortese, ma potrebbe insospettirli. Però, non appena sarà giorno, dirò alle guardie
turche di prepararsi alla partenza. » « Speriamo davvero che questo sciagurato vento non abbia
strappato la Ringle dai suoi ormeggi o fatto fuggire la Surprise verso qualche lido riparato oltre la
Sardegna. » Dopo che si fu alzato, lavato e fatto la barba, Stephen dovette attendere che il vizir
sbrigasse le formalità degli addii; per fortuna, nella parte verde dell'oasi, aveva avvistato ancora una
volta il suo anomalo picchio muratore: non era un uccello particolarmente timido e poté seguirlo
discretamente, prendendo appunti, finché Jacob non sopraggiunse in tutta fretta per informarlo che il
vizir era pronto, ma che il regalo del dey sembrava essersi dissolto nel nulla; le guardie turche erano
fuori di sé e volevano sapere che cosa fare. « Non credo che qualcuno della nostra scorta lo abbia
rubato; ma so quanto Omar Pascià tenesse a quei fucili, e potrebbe essersi pentito di avermelo
regalato», disse Stephen. «Mi dispiace, quell'arma mi piaceva, era un bel ricordo... Ma può darsi che
le cose siano andate diversamente. Non dirò a nessuno della perdita. » 198 Non la nominó nemmeno;
ma perfino un uomo meno accorto del vizir si sarebbe reso conto dalla brevità delle risposte di
Stephen, pur cortesi, che qualcosa non andava. Le prime parole che disse senza essere stato
sollecitato furono: « Temo che dovremo lasciarvi, una volta bevuto questo eccellente caffè ». «Mi
dispiace non essere stato avvertito del vostro arrivo, avrei potuto godere della vostra compagnia per
molte ore ancora », disse il vizir. « Ma confido che siate soddisfatto del vostro incontro con il dey...
» « Sì, signore, grazie. » Stephen vuotò la tazza e si alzò. « Ma ora, se volete scusarci, ci attende un
tragitto molto lungo. Prima, però, lasciate che vi ringrazi della vostra magnifica ospitalità e
permettetemi di pregarvi di trasmettere a Sua Altezza i miei rispetti e la mia riconoscenza per la sua
gentilezza. »

CAPITOLO VIII
Fu una cavalcata lunga e faticosa, con uno spesso strato di sabbia fine che li copriva ogni volta
che fa- cevano una sosta; gli orti alla periferia di Algeri, quando finalmente l'ebbero raggiunta, erano
l'immagine della desolazione, la vegetazione afflosciata, sparpagliata sul terreno e inaridita, quando
non giaceva in mucchi avvizziti. E a una svolta che offrì una vista chiara del porto e delle due rade, il
cannocchiale di Stephen rivelò senza ombra di dubbio che la Ringle non era ormeggiata a ridosso del
molo e non era nemmeno nella rada. Gli mancò quasi il coraggio di scrutare l'orizzonte in cerca delle
vele più grandi della Surprise t dopo che l'ebbe fatto, per più di un minuto abbondante, chiuse lo
strumento con uno scatto deluso. «Mio caro Amos», disse poco dopo, «vorrei pregarvi di regolare i
conti con questi bravi turchi, di omaggiarli e offrire loro un banchetto di addio in un luogo adatto e
poi di raggiungermi al consolato. Vedo il tetto e l'asta della bandiera. » Jacob parve dubbioso sulla
capacità di Stephen di arrivare a destinazione, ma non fece obiezioni, e al bivio successivo i due si
separarono. Era difficile che Stephen potesse perdersi, nonostante l'ansia crescente, che ne avesse o
no le ragioni: la cavalla conosceva bene la via di casa e si mise a un piacevole ambio, passando con
facilità tra asini, cammelli, buoi e cavalli, e si fermò soltanto davanti al cancello dell'ambasciata,
dando a Stephen il tempo di smontare prima di dirigersi da sola alla sua scuderia. A dispetto dei
pensieri che gli occupavano la mente, Stephen aveva avuto modo di notare l'aria di eccitazione che
regnava in città mentre cavalcava tra gruppi di uomini che parlavano a voce alta, guardandosi
intorno, facendo gesti dei quali non capiva il significato, gruppi così numerosi che gli bloccavano
quasi la strada, tanto che la placida cavalla procedeva a fatica; non c'era astio nei suoi confronti, ma
era vero che l'eccitazione superava ogni altra emozione: dopotutto Stephen, ancora in tenuta da
scirocco, non sembrava diverso dagli altri. 200 Lo sciagurato giovane nell'atrio dell'ambasciata lo
riconobbe, però, e lo invitò ad accomodarsi: avrebbe avvertito subito Lady Clifford. « Caro dottor
Maturin, come sono contenta di rivedervi! È stata una cavalcata orribile? Temo proprio di sì. Uno
scirocco spaventoso come questo vi fa sentire la nostalgia dello Yorkshire e delle sue brughiere. »
«Avete ragione. Come sta Sir Peter? » « Oh, molto bene, vi ringrazio; non ho mai visto un
cambiamento simile in lui, e nemmeno una pillola cosi prodigiosa. Ne prendo due anch'io, una la
mattina e una prima di andare a dormire. Ma non volete venire a vederlo? Rimane in camera sua,
perché ha tanto da fare e la gente lo disturba troppo. Per giunta il suo segretario si è ammalato. » IL
console saltò su dalla sedia, non proprio con un balzo da leone, ma molto più agilmente di quanto
Stephen si sarebbe aspettato da un uomo che aveva sofferto di recente di sciatica, se di sciatica si era
trattato. « Dottor Maturin! » esclamò il console stringendo entrambe le mani di Stephen, « come vi
sono obbligato, a voi e al vostro collega, per i preziosi rimedi! Da tre giorni non penso quasi più al
dolore e - perdonami, mia cara -che purgante benefico e salutare! Sedete, prego! Avete affrontato un
duro viaggio. Avete incontrato due o tre squadroni a cavallo sulla via del ritorno? » « No, signore. »
« Devono aver preso la strada inferiore. Ditemi, come è andata? Mia cara », disse rivolto a Lady
Clifford, « vuoi scusarci? » « Certamente; se qualcuno vuole una tazza di té, non deve fare altro che
suonare il campanello. » « Prima di tutto », cominciò Stephen dopo aver aperto la porta a Lady
Clifford, « posso chiedervi che ne è della Ringle? Ho informazioni della massima importanza da
riferire al commodoro. » « Purtroppo, durante quella tremenda burrasca, il commodoro ha richiamato
la goletta da un'immensa distanza. Chi ha parlato con i corsari rientrati in porto dice che una nave
della nostra marina era stata disalberata e aveva subito gravi danni, e 201 Aubrey aveva bisogno
della goletta per poter salvare la nave e rimorchiarla, a Mahón, credo. Mi dispiace di avervi dato
una brutta notizia. » « Bruttissima, sì. Sarà ancora peggio dopo che vi avrò riferito della mia
missione, vedrete. Con il dottor Jacob abbiamo raggiunto la residenza di caccia nell'oasi: come mi
avevate detto, il dey era andato più a nord sui monti dell'Atlante per cacciare i leoni, ma c'era il
vizir. Gli ho mostrato la vostra lettera e gli ho spiegato la ragione della mia visita: parla francese
perfettamente, a proposito. Ha detto che le voci erano assolutamente infondate, ha sottolineato le
differenze religiose e l'odio del dey per Bonaparte; alla fine ha suggerito che io parlassi direttamente
con Omar Pascià perché me ne convincessi, cosa che ho fatto tramite Jacob. Anche il dey ha detto che
era tutta una grossa sciocchezza, ha insultato Bonaparte e ha parlato della sua inevitabile caduta.
Ammira Sir Sidney Smith e la marina britannica; e mi ha invitato ad accompagnarlo la sera seguente
a caccia di un leone, usando un paio di fucili molto belli che aveva acquistato di recente. Non è
accaduto niente di interessante dal punto di vista politico fino al giorno successivo, quando il dey ha
effettivamente ucciso il leone, ma solo con il suo secondo tiro, così, quando la leonessa ci ha
caricato inaspettatamente era disarmato: io l'ho abbattuta da distanza ravvicinata. Il dey è stato
gentile, mi ha fatto i suoi complimenti e ha detto che avrebbe inviato subito al vizir un ordine diretto
affinchè da Algeri non passasse dell'oro. Mentre stavamo tornando all'oasi, guardando per caso nel
mio bagaglio, ho trovato il fucile che avevo usato nascosto sotto una camicia di ricambio. Poco dopo
ha cominciato a soffiare lo scirocco ed è diventato così forte che siamo arrivati alla residenza di
caccia solo molto tardi: il vizir dormiva già. Il dottor Jacob era alloggiato presso un suo vecchio
conoscente, un cainita come lui, il quale gli ha mostrato la copia di una lettera del vizir allo sceicco
Ibn Hazm... » « Lo sceicco che doveva provvedere alla paga dei mercenarIl » « Proprio lui. Nella
lettera gli chiedeva di richiamare la carovana e di caricare l'oro a bordo di uno degli sciabecchi del
dey ad Arzila, a sud-ovest di Tangeri; lo sciabecco era già in mare e ........ 202 gli ordini del capitano
erano di caricare il tesoro e attraversare 10 stretto di Gibilterra di notte, approfittando della forte
corrente orientale e di un vento favorevole, facendo poi rotta per Durazzo con tutta la forza di vele: è
lo sciabecco più veloce della Barbería. Volevo riferirlo al commodoro, in modo che potesse
intercettare lo sciabecco: conosce benissimo queste acque. » « Mi dispiace che il commodoro non
sia raggiungibile. E di dovervi dire che questa sera o al più tardi domani sarà proclamato un nuovo
dey: a quell'ora Omar Pascià sarà stato strangolato dai giustizieri inviati nella valle del Khadna con
gli squadroni che ho nominato prima, strangolato come lo è stato il suo predecessore. Ha fatto
impalare un giovane di troppo, un errore di cui io non avevo tenuto conto. » Sir Peter toccò il
campanello: il té comparve e quando ne ebbe bevuto un sorso, Stephen domandò: « Supponete che il
vizir sia coinvolto? » « È possibile. I due non andavano d'accordo: il vizir disprezzava Omar Pascià
ritenendolo un bruto illetterato e il dey disprezzava il vizir in quanto cotquean a dispetto del suo
harem ben fornito, la sua collezione di fucili e la sua posizione di importante azionista nelle maggiori
associazioni di corsari. Inoltre il vizir, di nascosto, ammira Bonaparte e di nascosto dovrebbe
ricevere una grossissima commissione sull'oro di Ibn Hazm. Ma perfino in una corte piccola come
quella di Algeri, la riservatezza non esiste. Ogni tanto riesco a fare qualche favore e ho un certo
numero di informatori. » « Che cosa significa cotqueanì » chiese Stephen. « Forse non si usa più, ma
noi vivevamo in una parte remota dello Yorkshire e mio nonno la usava spesso: diceva che la
maggior parte dei suoi vicini erano cotquean, in particolare quelli che non volevano cacciare la
volpe o la lepre. Intendeva dire che erano effeminati, dediti al ricamo e probabilmente alla sodomia:
poco meglio di Whigs. » Stephen riflette per qualche momento. «Mi dispiace per Omar Pascià »,
disse alla fine. « Aveva delle qualità, era generoso; e io sono stato vergognosamente ingiusto con lui.
» « Avanti! » chiamò il console. 203 « Signore », disse il messaggero, « mi avete detto di avvertirvi
non appena la goletta fosse stata in vista. Moussa crede di aver visto lo scafo a nord. » «Vogliamo
andare a vedere?» propose Sir Peter. «Ho un cannocchiale sul tetto. » « La vostra povera gamba vi
sosterrà? » « Lo ha sempre fatto da quando la Ringle è svanita. » IL tetto a terrazza, come quasi tutti
gli altri in città, era bianco contro il calore del sole, e l'insieme dei tetti candidi, a calce o di
piastrelle, dava l'impressione di una massa sovrumana di biancheria stesa ad asciugare; ma
l'attenzione di Stephen era totalmente concentrata su un bel telescopio solido fissato su un treppiede
di bronzo, reso più pesante e stabile da lingotti di piombo. Accanto al telescopio un ragazzo nero con
un fez rosso in testa sorrideva trionfante. Sir Peter si affrettò, piegato in due contro il vento, ma
addirittura più agilmente di quando aveva salito la scala e dentro di sé Stephen giurò di non fidarsi
più di una diagnosi ovvia per tutto il resto della sua vita. « Ha vele auriche, non c'è dubbio », disse
Sir Peter, « ma questo dannato vento offusca la vista. Venite a vedere: si mette a fuoco con questa
manopola. » Stephen scrutò nella lente, a testa bassa, facendosi schermo con entrambe le mani: il
vento disturbava molto. Comparve una macchia bianca, si fece quasi nitida, poi si dissolse
completamente nel tremolare dell'aria. « Vorrei avere uno strumento più piccolo », si rammaricò Sir
Peter, « il vento non ci consente di mettere a fuoco... » « Eccola! » esclamò Stephen. « Ecco, la
vedo... ma purtroppo non è la Ringle. Ha una vela latina e non riesce ad avvicinarsi. » « Come mi
dispiace! Sono desolato: ma per lo meno dimostra che non è impossibile avvicinarsi alla costa.
Andiamo a dormire con questa speranza e probabilmente domattina la troveremo ormeggiata al molo.
» « Sir Peter! » chiamò una testa a livello del pavimento, l'uomo pericolosamente in piedi sulla scala
battuta dal vento. « IL dottor Jacob porge i suoi omaggi e chiede se potete riceverlo. » 204 «Sir
Peter», intervenne Stephen, «vi domando scusa per l'intromissione, ma il mio collega, sebbene sia un
bravissimo medico (Che Dio ci perdoni entrambi, si disse) e un linguista non è certamente un
marinaio. Scendiamo, vi prego, per parlare con lui. » « Ma certo », convenne il console, dando la
mano a Stephen per aiutarlo a scavalcare il parapetto e a superare il vuoto tra questo e la cima della
scala a pioli. « Sir Peter! » esclamò Jacob, balzando in piedi. « Perdonatemi l'intrusione, ma ho
pensato che avreste voluto conoscere la sorte toccata ad Ali Bey. » « Non a Mustafà? Sono stupito. »
«Anche Mustafà era sorpreso, signore, e temo verrà giustiziato: è stato portato via. Ma ho osato
presentarmi in questo modo informale per informarvi che Ali sarà proclamato immediatamente dopo
la preghiera della sera. » « Grazie, dottor Jacob. Come ho già detto sono sbalordito: di tutti i
candidati Ali era il più favorevole agli alleati e contrario a Bonaparte. Forse ho interpretato male la
situazione... » Riflette, poi riprese: «Vi sarei grato se voi e il dottor Maturin voleste rappresentarmi -
si pensa ancora che il mio stato di salute mi costringa a restare in casa - per essere i primi a
congratularvi con il nuovo dey. Vi darò l'abbigliamento da cerimonia. E dopo spero che vorrete
essere miei ospiti, miei e di Lady Clifford, finché questo ventaccio meridionale non calerà e le vostre
navi potranno entrare in porto. Uno scirocco così forte è molto raro, ma quando comincia a soffiare
in genere dura sei o sette giorni. Ripensandoci, verrò con voi. Prenderò un bastone e voi mi
sosterrete: sarà un colpo formidabile ». Jacob lanciò un'occhiata a Stephen, lesse il consenso nel suo
sguardo e, dopo un colpetto di tosse, rispose: « Signore, saremmo contenti di sostenervi, siamo i
vostri medici, ma in quanto al vostro squisito e graditissimo invito, per parte mia potrei declinarlo?
Dopo essermi congratulato con il dey, vorrei ritirarmi in una locanda vicino alla Porta della
Sventura, una casa dove i meno presentabili dei miei amici algerini e berberi non susciterebbero
commenti, a differenza di una residenza ufficiale ». 205 « Ma certamente », affermò il console. « E il
dottor Maturin farà esattamente ciò che vuole, potrà cenare e dormire da noi e passeggiare con voi di
giorno per incontrare i vostri amici, senza dubbio interessanti; e controllare il barometro e scrutare
l'orizzonte con uno zelo pari a quello di Isabel e mio o forse anche maggiore... il divan avrà luogo
verso le sette, suppongo... » « Esattamente: entro mezz'ora dalla proclamazione. » La città, in
fibrillazione anche se in certo modo tenuta a freno, si fece silenziosa per la preghiera della sera,
quasi non si udiva un suono se non quello del vento tra le palme, ma le ultime parole devote erano
appena state pronunciate, i piccoli tappeti arrotolati, che tutte le batterie di Algeri salutarono il nuovo
dey con un rombo colossale; e non appena l'eco dell'ultima cannonata cessò migliaia di giannizzeri e
tutti i cittadini che tenevano al loro quieto vivere gridarono il nome di Ali con quanto fiato avevano
in gola, facendo concorrenza alle molte trombe stridenti e ai tamburi. A quel punto la gente si lasciò
andare all'allegria, alla gioia, alle conversazioni interminabili per le strade e da un capo all'altro
delle poche piazze grandi; e il tiro a quattro di Sir Peter avanzò lentamente, ma con magnificenza
discreta, verso il palazzo. Là i medici del console entrarono in scena, splendenti nei loro abiti da
cerimonia, e sostennero Sir Peter fino alla camera del consiglio, dove il nuovo dey accolse con
grande gentilezza il primo rappresentante di una nazione estera che si fosse presentato a porgere i
suoi omaggi, facendo venire per lui un sedile particolarmente ben imbottito e ascoltando con
soddisfazione grave le congratulazioni nel turco fluente, sonoro e senza dubbio elegante di Jacob,
cosparso di citazioni di versi persiani e proverbi. Un magnifico discorso, che non durò a lungo;
quando Stephen presentò la spada come voleva il rituale, il dey ringraziò, invocando la benedizione
del cielo e la pace su re Giorgio. Poi battè le mani e quattro uomini di colore poderosi trasportarono
Sir Peter con il suo sedile imbottito fino :. , = ..... ? Ih, ;.;,,, i ¡ ,,t L 11! I 206 alla carrozza,
accompagnato da un triplo squillo di tromba prolungato: Stephen non ne aveva mai sentito uno del
genere. Ormai era sceso il buio e i bravi cavalli passarono attraverso fuochi d'artificio, folle
plaudenti, falò che i bambini si divertivano a scavalcare con un salto e a una quantità di spari in aria,
con il fumo che continuava a dirigersi a nord, forse anche più velocemente di prima. « Mio Dio »,
disse Stephen a Jacob nella residenza del console, mentre scendevano a cena con indosso abiti più
semplici, « non credo che di aver mai visto una tale ricchezza di colori, di luci, di baccano e di
emozioni, mi hanno sopraffatto; e nemmeno avrei immaginato che esistesse tanta gente in tutta l'Africa
Minor. Nonostante sia in ansia per la Surprise e la Ringle, e per il tempo che passa, scopro che tutto
questo tumulto non mi ha fatto perdere l'appetito. » « Le notizie che vi porto vi avrebbero aiutato
comunque. Si-di Hafiz, che conosco da moltissimi anni, mi ha detto che l'esercito russo, fanteria,
cavalleria e artiglieria, è stato rallentato dalle inondazioni in Podolia. L'avanguardia lo sta
aspettando, perciò l'attacco dei nostri assassini, dei nostri musulmani balcanici bonapartisti, a russi e
austriaci che dovrebbe cambiare le sorti della battaglia e creare malevolenza reciproca, ritardi,
diffidenza, è rimandato di almeno una settimana. La notizia è arrivata via terra dalla Turchia da fonte
certa. » « Grazie a Dio! » esclamò Stephen. « Non ho fatto che controllare il calendario, con questo
mese sciagurato che passava così in fretta... e a ogni nuova fase della miserabile luna sentivo una
stretta al cuore. » « Effettivamente siete dimagrito, in questi ultimi giorni. » « Stasera mangerò come
un leone. Un'intera settimana guadagnata! Vi ringrazio, mio caro Amos. Chissà, forse avremo montone
per cena. » # La cena di Lady Clifford incluse effettivamente montone, lesso alla maniera inglese, con
salsa di capperi, abbastanza gradito a 207 un palato abituato a simili pietanze (e seguito, dopo
parecchie altre delizie, da un pudding compatto, solido, del quale poteva dirsi la stessa cosa), ma
nulla in confronto all'agnello tenero, arrosto o alla griglia, servito nell'oscuro appartamento di Jacob
vicino alla Porta della Sventura. Di giorno, quando Stephen non scrutava l'orizzonte o percorreva a
piedi le vie di Algeri con Jacob, pranzava lì; ma di sera tornava al consolato per cenare con i
Clifford. In uno di quei giorni di libertà, per così dire, che il fato benigno aveva aggiunto per loro al
calendario, mentre passeggiavano nel mercato degli schiavi, ora rianimato e attivo, Jacob aveva visto
un conoscente e pregato Stephen di aspettarlo. Per retaggio familiare Jacob era un mercante di
gioielli e l'istinto del mestiere, rimasto allo stato latente, era sempre pronto a risvegliarsi: non solo
sapeva ancora riconoscere le pietre preziose, ma aveva una vera passione per alcune gemme e
voleva scambiare qualche piccolo diamante che teneva in un involucro di carta molto ben nascosto
con una piccola ciotola di diaspro di ottima fattura. « Non ci metterò molto », disse, « incontriamoci
al caffè con la cupola azzurra, laggiù, a quell'angolo. » «Va bene», gli rispose Stephen; e stava
attraversando quella desolazione, quell'infelicità assoluta, resa appena tollerabile dal fatto di essere
una consuetudine, un evento quotidiano, come un mercato di bestiame, quando udì una voce perduta
nel dolore dire in gaelico: « Oh, per amor di Dio! » una voce niente affatto acuta, senza nessuna
enfasi. Si voltò e vide due bambini piccoli, un maschietto e una bambina, brutti, sporchi e magris-
simi. Erano troppo piccoli per essere incatenati, ma erano legati insieme per le braccia con un pezzo
di corda. L'allegro mercante chiamò Stephen, prima in arabo, poi in una lingua franca che ricordava
lo spagnolo, dicendo che il gentiluomo avrebbe potuto averli per una sciocchezza, erano sanis-simi e
in pochi anni, se nutriti, sarebbero stati in grado di lavorare sodo: perfino ora, avrebbero potuto
rendersi utili come spaventapasseri e potevano sempre essere usati per il piacere. « Parlerò con loro
», disse Stephen. Erano gemelli, rispose il maschietto, Kevin e Mona Fitzpatrick di Ballydonegan, il
padre lavorava per il signor MacCarthy: erano andati sull'isola di 208 Dursey con il cugino Rory,
con la barca per la pesca dei gambe-ri e, non sapevano come, ma quel vento fortissimo e la pioggia
da nord avevano fatto andare la barca alla deriva mentre Rory era con la sua bella trascinandoli al
largo. La mattina seguente i corsari mori li avevano presi a bordo. I corsari avevano fatto razzie
lungo la costa, ma avevano portato via soltanto un uomo, Sean Kelly: e il signore là, disse il bambino
indicando il mercante, lo aveva venduto il giorno prima. Sean aveva detto che la gente di Dungarvan
e di qualche altro posto a nord aveva ammazzato una ventina di mori. Un individuo che faceva
pensare a scartoffie e libri, una persona che forse Stephen aveva visto tra il seguito del nuovo dey,
parlò in privato con il mercante, il quale lo ascoltava con evidente rispetto; quando se andò, Stephen
chiese nel tono indifferente tipico di un mercante di cavalli: «Vorrei sapere che prezzo si richiede
per mercé del genere in questa città». Il mercante si affrettò a rispondere: « Quattro ghinee per il
ragazzo, signore, il prezzo consueto per il riscatto, e la bambina ve la do in più per onorare i vostri
costumi ». « Molto bene », disse Stephen frugandosi in tasca. « Ma dovete darmi una ricevuta. » IL
mercante si inchinò, scrisse qualcosa su un pezzo di carta, lo sigillò e consegnò i bambini
formalmente, con la benedizione d'uso e un secondo inchino. Stephen ricambiò il saluto, disse ai
bambini che li aveva comprati e di prenderlo per mano. Ubbidirono senza dire una parola e Stephen
li condusse al caffè con la cupola azzurra in fondo al mercato. «Amos», disse, «credete che la gente
di questa casa avrà qualcosa da mangiare per questi bambini? Li ho appena comprati. » « Hanno i
denti? » « Kevin e Mona, avete i denti? » Annuirono gravemente e aprirono la bocca, mostrando
denti sani, con i soliti vuoti tipici della loro età. « Allora ordinerò yogurt zuccherato e focaccia.
Prego, in che lingua avete parlato a questi bambini? » « In gaelico, la lingua che si parla in gran parte
dell'Irlanda. » 209 Jacob fece un segno con la mano, ordinò il cibo e domandò: « Non parlano
inglese? » «Me lo farò dire dopo che avranno mangiato. Potrebbero mettersi a piangere se li
interrogassi ora. » Come sparirono in fretta yogurt e focaccia fresca! Qualche minuto dopo i due
bambini avevano un aspetto più umano. E, dopo una seconda porzione, alla domanda Mona rispose
che sapeva recitare quasi tutta l'Ave Maria, anche se non molto altro. Kevin si limitò ad abbassare la
testa. « La donna della Porta della Sventura vorrà lavare e vestire in modo decente questi bambini e
forse pettinarli? » « Chi? Fatima? Sono sicuro di sì. Potrebbe anche trovargli un paio di scarpe. » «
Dubito che ne abbiano mai portate. » Stephen lo domandò ai piccoli, che scossero la testa. «
Nemmeno per andare a messa? » Di nuovo cenni di diniego e un'avvisaglia di lacrime. « So che cosa
ci vorrebbe », disse Stephen. « Quelle calzature che noi chiamiamo espardenyas, di stoffa da vele,
con suole di corda e nastri per allacciarle. Pensate che si possano trovare? Non vorrei portarli al
consolato a piedi nudi. » « Certo, proprio all'angolo in fondo alla piazza. » Con quelle ai piedi, rosse
per l'una, blu per l'altro, saltellarono con un orgoglio che aveva del comico fino all'equivoco
alloggio di Amos Jacob: camminavano ormai con facilità e le loro faccette affamate avevano
un'espressione più umana e quasi pronta al sorriso. Fatima, una donna capace e intelligente, li
osservò con dolore più che con disapprovazione; li prese con sé e una volta lavati, vestiti, pettinati,
nutriti di nuovo e quasi irriconoscibili, ma disposti a fare amicizia, li ricondusse da Stephen. «
Hanno ritrovato le forze », commentò Stephen, « a proposito, avete notato che l'urlo del vento si è
attenuato? Non so se riusciranno a salire tutti quei gradini infernali. Pensate che si possa avere un
mezzo di trasporto? » « Certamente. Manderò Achmet a cercarne uno, se volete. » «Ve ne prego. » «
E sì, ho notato la diminuzione di questo perpetuo ruggito 210 che stringe il diaframma, il plesso
solare, il pericardio in una morsa, ora allentata. Dovendo andare al consolato con una vettura,
dovremo fare un lungo giro e per due terzi del percorso vedremo il mare... » Mare, una vasta
estensione di azzurro punteggiato di bianco, con l'orizzonte sempre più lontano man mano che
salivano, ma che continuò a essere deserto anche quando la carrozza ebbe raggiunto il consolato.
Stephen lasciò sotto le palme i bambini in compagnia di Jacob ed entrò: quando gli venne detto che
Sir Peter era a una riunione, sorrise e pregò di avvertire Lady Clifford. « Oh, dottor Maturin, mi
dispiace tanto che Peter non sia qui: è a una di quelle odiose riunioni che durano in eterno senza
nessuno scopo. » « Sono desolato per lui; ma sono qui per voi. Ho comprato un paio di bambini
stamani al mercato degli schiavi, un maschio e una femmina, due gemelli, di sei o sette anni, credo.
Anche se non parlano inglese - sanno solo l'Ave Maria - sono sudditi britannici in difficoltà. Erano
su una barca alla deriva e sono stati raccolti da una corsara algerina che stava razziando la costa del
Munster: li hanno portati qui e venduti. Posso pregarvi di ospitarli per due o tre giorni, finché non
avrò organizzato il loro rientro in patria? » « Dottor Maturin », rispose Lady Clifford senza cambiare
espressione o tono di voce, « vorrei potervi rendere il favore, ma Sir Peter detesta i bambini: non li
può soffrire. » « Mi dicono che capiti spesso tra gli uomini. » « È come per i gatti: c'è chi non ne
tollera la presenza, in casa. Ma se, come suppongo dalla loro origine e da quanto avete detto, sono
cattolici, allora credo che i padri redentoristi possano aiutarvi. » «Vi ringrazio molto. I miei omaggi
a Sir Peter», salutò Stephen alzandosi. All'esterno, accolto allegramente dai suoi schiavi che gli
mostrarono una fronda di palma staccata da una pianta, constatò con piacere che Jacob aveva
trattenuto la carrozza. « Sono ve211 ñuto per niente », spiegò. « Lady Clifford non può ospitarli. Mi
ha stupito la sua franchezza. » « Davvero? » disse Jacob, osservandolo con curiosità. « Staranno
benissimo nel nostro alloggio, ma mi dispiace che siate rimasto deluso. » Una vera delusione, sì, che
fece dubitare a Stephen della sua capacità di giudizio. Fece recapitare un biglietto al consolato per
scusarsi della sua assenza a cena e trascorse una piacevole serata dando da mangiare ai bambini,
creature candide, assistito da Fatima. Jacob era in visita a un cugino libanese, anch'egli mercante di
gemme sebbene su scala molto più grande e negoziatore di prestiti. Al suo ritorno, quando Stephen
era già a letto, gli domandò se dormisse. « No », rispose Stephen. «Allora permettetemi di riferirvi le
notizie che mi ha dato mio cugino: la carovana di Ibn Hazm ha iniziato il viaggio di ritorno soltanto
ieri. La regione è difficile e impiegherà almeno dieci giorni per raggiungere Azgar, per non parlare
del portic-ciolo di cui ora mi sfugge il nome. » «Arzila, mi pare. » «Arzila, sì: perciò, aggiungendo i
nostri beati giorni di grazia, abbiamo due settimane di tempo. » « È davvero una buona notizia. » « E
Abdul Reis, il capo di una delle fazioni di corsari, dice che domani il vento diminuirà. Nel caso
desiderassimo vedere le sue galee, sarà felice di accoglierci nel porto interno, ma solo il mattino
presto, perché, se il vento dovesse calare come crede, prima di mezzogiorno salperà per la Sardegna.
Esistono dei vantaggi nell'essere ben visti dal dey. » « Certamente. Ascoltatemi: avete presente
quell'autore che diceva 'Mai sottovalutare la capacità di gelosia di una donna, per quanto illogica o
inconsistente o addirittura autopunitiva'? » « No, ma è un'idea molto diffusa tra quanti pensano che
uomini e donne appartengano a due mondi, tra quanti vogliono sembrare profondi. » Stephen non
riusciva a non pensare al comportamento di Lady Clifford e ci rimuginò sopra finché non si fu
addormenta212 to, senza arrivare a una conclusione soddisfacente. Fu svegliato all'alba, non dai
rumori consueti di una casa disordinata e nemmeno dal russare regolare e insistente del dottor Jacob,
ma dalla vocetta acuta di una bambina che domandava se ci fossero vacche da mungere. Non c'erano,
ma c'era l'acqua da attingere con l'aiuto di Fa-tima, facce da lavare, preghiere da recitare e, in un
piccolo cortile sul retro, una squisita colazione: banane e datteri che lasciarono strabiliati i bambini,
pane abbrustolito e spalmato col miele e, a una certa distanza, il braciere con il caffè caldo. «Non
avete freddo, bambini, con la sola camicia addosso?» chiese Stephen. « No, no. E non sono camicie
normali, ma veri vestiti: Ach-met, anche se è vecchio, non aveva altro », risposero. « Ecco l'altro
signore. Buongiorno, signore, Dio vi benedica. » Jacob ricambiò con una benedizione in ebraico e,
quando ebbe bevuto un sorso di cafre, disse a Stephen: « Dopo che vi eravate addormentato è
arrivato un pacco per voi. Ho preferito non svegliarvi e l'ho lasciato nella nostra stanza. Lo andrò a
prendere subito, appena sarò di nuovo un essere umano. Che cambiamento hanno fatto questi bambini
dopo una notte di sonno! Ora sarebbe difficile scambiarli per scimmiette affamate». Dopo un po',
ritornato quello di sempre, Jacob andò a prendere il pacco che proveniva dal consolato: non era
proprio un pacco, niente carta, né spago, ma una veste di magnifica seta che racchiudeva il fucile col
quale Stephen aveva ucciso la leonessa. Vi era anche una lettera in cui il vizir spiegava nel suo stile
elegante che gli uomini della scorta avevano scambiato i bagagli, si scusava con bei giri di parole ed
esprimeva la speranza che, nel caso la scomparsa fosse stata segnalata all'attuale dey, potesse essere
segnalato anche il ritrovamento. E alla firma in caratteri latini seguiva uno scritto in arabo assai più
bello. « Per favore, volete leggermelo? » domandò Stephen. « E una benedizione, una serie di
benedizioni per voi e per la vostra famiglia, in cui si ricordano molti attributi di Dio, il clemente, il
misericordioso... La mia impressione è che il vizir fos213 se certo dell'elezione del suo amico
Mustafà al punto di fare ciò che voleva impunemente e che ora si sia consegnato a voi, mani e piedi
legati. » Stephen riflette, annuì, poi tirò fuori un altro foglio e disse: « Posso pregarvi di tradurmi
anche questo? » « E una ricevuta di pagamento di quattro monete d'oro inglesi per due giovani, un
maschio e una femmina, sigillata e contrassegnata nella debita forma. » « Grazie. Non volevo che
potessero essere ripresi, reclamati: hanno sofferto già abbastanza. » Per qualche momento contemplò
il fucile con ammirazione, poi domandò quando avrebbero potuto incontrare Abdul Reis, il corsaro. «
Quando volete. Il porto interno è a pochi passi dalla Porta della Sventura. » « Allora possono venire
anche i bambini. Lo affiderò alle cure della buona Fatima », disse Stephen, battendo qualche col-
petto affettuoso sul fucile avvolto nel panno, « e poi potremo andare. » La strada strettissima, dove i
balconi ai due lati quasi si toccavano, era a tratti ingombra di pecore, capre, uomini a cavallo e
bambini che giocavano correndo e strillando. Molti di quei bambini assomigliavano a Mona e a
Kevin, irlandesi del tipo bruno, e indossavano la stessa tunica. Dopo aver girato intorno a tre
cammelli stracarichi e di temperamento irritabile, Stephen, Jack e i bambini si trovarono
all'improvviso fuori della porta, con un cielo grandioso sopra di loro e il mare che si stendeva
lontano, ancora imbiancato dal vento, ma in misura minore. E proprio al limite dell'orizzonte
settentrionale, appena visibile dal muro del porto interno, Stephen scorse la Ringle: si stava
dirigendo a terra e chi la conosceva bene non poteva sbagliare. I bambini, impauriti alla vista delle
galee nel porto interno, si fecero silenziosi e si aggrapparono a Stephen. Il Reis, una figura maestosa,
formidabile, dalla barba rossa, fu decisamente affabile con Jacob mentre gli mostrava la
sistemazione e l'organizzazione del suo bel bastimento, che avrebbe sicuramente fatto vela per la
Sardegna non appena il mastro velaio avesse portato la nuova vela latina. 214 « Non intendono
vogare allora? » domandò Stephen, quando tutto questo gli fu tradotto. « Oh, no, usano i remi soltanto
quando il vento è contrario, mentre ora è favorevole per qualsiasi rotta un poco a nord-est, a nord o
un po' a nord-ovest; e il mare si fa più calmo di mezz'ora in mezz'ora. » «Amos, vi prego, chiedete se
quel veliero all'orizzonte che sta stringendo il vento così coraggiosamente riuscirà mai ad arrivare in
porto. » La domanda di Jacob al Reis fu interrotta dall'arrivo del mastro velaio, nero come il
carbone, accompagnato da due schiavi dalla pelle chiara e dalle catene leggere ma dal carico
pesante; alla fine, però, quando la nuova vela latina fu inferita alla sua lunghissima antenna
rastremata, Abdul scrutò il mare, sorrise alla vista della vela che si metteva così rapidamente mure a
sinistra e disse: « La piccola goletta americana, sì, l'ho già vista, accompagna la fregata: be', con il
vento che cala così dovrebbe entrare in porto al sorgere della luna, in ogni caso non prima della
notte». «Jacob», disse Stephen, «se non sbaglio, presto si troverà sulla rotta della galea verso la
Sardegna: se il Reis ci prendesse a bordo gli darò qualsiasi somma riteniate appropriata. Queste
poche ore sono così preziose. » « Sono sicuro che lo farà; corro a sistemare i conti con Fati-ma e a
prendere le nostre cose », ribattè Jacob. Rivolse la preghiera al Reis a mani giunte, ricevette un
sorriso amabile e scappò via. Ordini, grida, simili nel tono perentorio a quelle in uso nella marina
britannica, ma talvolta con l'aggiunta di bizzarri ululati moreschi e non appena Jacob, aiutato da
Achmet, ebbe issato a bordo il loro magro bagaglio, la galea cominciò a scivolare agilmente verso
l'imboccatura del porto: i bambini silenziosi rimasero aggrappati a Stephen, perché, sebbene quella
non fosse una spedizione di razzia lungo le coste con un equipaggio di predoni, ma una semplice
navigazione per il trasporto di merci, l'equipaggio era composto da veri corsari e l'abituale brutalità
faceva parte del corredo quanto i coltelli e le pistole alla cintura. 215 Quando furono in mare aperto,
il Reis mise la barra al centro, sciolse la vela e attese un'ulteriore spiegazione da parte di Jacob. La
barba rossa si aprì in un sorriso: « Se il vostro amico garantisce che la goletta non sparerà su di noi
», disse alla fine, « vi porterò là, a Dio giacendo ». Quando gli furono tradotte queste parole Stephen
si inchinò ripetutamente al Reis e disse a Jacob: « Posso salire su una coffa o su qualcos'altro per
sventolare un fazzoletto che lasci intendere le nostre intenzioni pacifiche? » «Se riuscirete a trovare
un punto abbastanza alto e ad aggrapparvi saldamente a qualcosa, in questo infernale beccheggio...»
Stephen si guardò intorno ed esaminò l'attrezzatura poco familiare: in testa all'albero, verso poppa, si
vedeva una specie di coffa, ma non capiva come salirvi, se non con la levitazione. Le sartie avevano
le griselle da usare come un biscaglino, ma tra l'ultimo gradino e la coffa c'era troppa distanza:
l'avrebbero superata senza difficoltà una scimmia o un corsaro incallito, non certo un dottore in
medicina. « Starò a prua con il cannocchiale e quando saremo abbastanza vicini, mi metterò a
gesticolare freneticamente. » Non fu una buona idea stare sulla prua di una galea che correva col
vento in poppa, i bambini, che si erano rifiutati di restare indietro, inciamparono nelle trincature
dello spigone; perciò tutti e tre si rannicchiarono contro la piccola impavesata e Stephen mostrò ai
due le meraviglie del cannocchiale. Si tennero occupati fino a quando i due velieri furono cosi vicini
che Stephen poté vedere lo scintillio dell'uncino di acciaio di William Reade, con il quale il giovane
si teneva attaccato alle sartie di dritta dell'albero di trinchetto della Ringle. Pregò che nulla andasse
storto, e sventolò il fazzoletto: l'aiuto nocchiere alle spalle del capitano della goletta, con un buon
cannocchiale, lo riferì immediatamente a Reade, il quale rispose subito agitando la mano. Stephen
disse ai bambini di alzarsi - la loro presenza avrebbe chiarito la situazione — e solo per grazia di
Dio riuscì a impedire a tutti e due di cadere in mare nel beccheggio.
Le camicie di tessuto robusto resistettero e Stephen li tirò su, ansimanti e vergognosi. Le ore
tediose che fino a quel momento si erano trascinate apparentemente senza avanzare assunsero un
ritmo più rapido, i volti si fecero riconoscibili, le voci sonore. Stephen si affrettò verso poppa,
disfece il suo pacco, avvolse il fucile in qualche camicia e in una lunga sciarpa di lana e prese la
veste sontuosa del vizir, tenendola stretta sul petto. Quando le due navi furono bordo contro bordo,
gli uomini della Ringle agganciarono la galea e lanciarono una passerella per il piede poco sicuro
del chirurgo, il quale, prima di awenturarvisi camminando a mo' di granchio con i bambini per mano,
offrì la magnifica veste ad Abdul, sommergendolo di ringraziamenti sinceri, prontamente tradotti da
Jacob. « Eccovi qua, signore! » esclamò Reade aiutandolo a salire a bordo. « Che bello vedervi! Il
commodoro sarà contento! Si è letteralmente mangiato il fegato a Mahón. Addio, signore», disse poi
rivolto al Reis, « e molte grazie a voi e alla vostra bella galea. » Quelle ultime parole e la risposta
del Reis si persero nella crescente distanza tra i due velieri, la Ringle sulla rotta per Minorca e la
galea per la Sardegna, ma i saluti con la mano continuarono finché fu possibile vedersi. « Questi
bambini », spiegò Stephen, « sono Mona e Kevin Fitzpatrick, del Munster... Mona, fai la riverenza al
comandante: Kevin, l'inchino. » Parlò loro in gaelico. « I corsari li hanno trovati in una barca alla
deriva al largo della costa irlandese e li hanno portati ad Algeri e venduti come schiavi. Li ho
comparti e intendo rimandarli a casa su una nave di qualche amico diretta alla baia di Cork. Non
appena saremo a bordo della Surprise, Poll penserà a loro: ma qui, dove li mettiamo? E che cosa
possono mangiare? » « Oh, abbiamo latte in abbondanza, uova e verdura, tutta roba fresca... be',
quasi, dopo il tempo che abbiamo passato a bordeggiare con questo vento diabolico; ma di sicuro
commestibile. In quanto a dormire, appenderemo una branda nella cabina: ci staranno ben comodi. »
217 « Forse c'è ancora qualcosa, in cucina, e bisognerebbe ac-( ompagnarli in bagno. Mi sto
accorgendo che provano un di-s.igio che ricordo bene, mi è familiare dall'infanzia... » « Sicuro »,
assicurò Reade. « Parlano inglese? » « Poco o niente, ma hanno imparato un bel po' di arabo »,
rispose Stephen, guardando Jacob, lie annuì. « Allora passerò parola per Ber V: ha dei bambini ed è
stato schiavo in Marocco per qualche anno. » Così fu, e dopo che i lumbini vennero condotti via da
un marinaio gentile, piuttosto anziano, Stephen disse: «Vi prego di scusarmi, William, ma per me era
una priorità. Ora ditemi tutto della Surprise e del i ommodoro». « IL caffè è pronto, signore: devo
servirlo nella cabina? » domandò a quel punto il famiglio di Reade. « Certamente. Signori, vogliamo
scendere sottocoperta? » Reade raccolse le idee mentre versava il caffè, poi disse: « Quel lardo
pomeriggio in cui è cominciata questa orribile burrasca, il commodoro si era portato molto al largo
per aiutare una nave in difficoltà, la Lion, totalmente disalberata a parte una decina di piedi
dell'albero di mezzana, e noi abbiamo visto a fatica i suoi segnali che ci chiedevano di raggiungerlo.
Abbiamo levato j-Ji ormeggi immediatamente, abbiamo ammainato gli alberetti di velaccio, inferito
le vele da tempesta e siamo usciti dalla rada. Molto presto ci siamo ridotti a una trinchetta e a pochi
altri filacci a riva. Quando siamo arrivati, guidati da un colpo di i .unione ogni minuto, non
riuscivamo a vedere quasi nulla per vi.i della sabbia portata dal vento e degli spruzzi, ma siamo riu-
iciti a capire che la Surprise aveva potuto passare un tonneggio .ilia Lion per farle mettere la prua al
vento in modo che potesse recuperare parte dei relitti e, con un'attrezzatura di fortuna, avere almeno
abbrivo sufficiente a governare. Io mi sono messo sottovento per ricevere gli ordini e mentre il
commodoro mi si.iva dicendo che cosa fare, ci è piombato addosso un grosso mercantile olandese
che aveva fatto parte di un convoglio disperso, quasi a secco di vele; ci ha visto all'ultimo momento,
ha messo la barra sottovento, ha tranciato il cavo da rimorchio e investito la Surprise giusto a
poppavia del capone di dritta, por218 tandole via il bompresso, le palmette, il tagliamare, gran parte
delle rizze delle imbarcazioni e sconnettendo Dio solo sa quanti corsi del fasciame ». Stephen e
Jacob erano senza parole: entrambi avevano abbastanza esperienza del mare e di quella particolare
burrasca da immaginare la situazione. Scossero la testa, ma non dissero nulla. «Non so come siamo
sopravvissuti per Dio solo sa quanti giorni, per lo meno la Ringle poteva andare e venire e tutti
avevamo provviste in abbondanza. E per fortuna, per quanto orrendo fosse il tempo, non faceva
freddo: perché a bordo della Surprise avevano dovuto usare tutti i materassi per tappare le aperture
nel fasciame che avevano lasciato entrare l'acqua a fiotti per i primi due giorni, nonostante si fosse
cercato di turare le falle. Le falle nei masconi di una nave ben costruita sono difficili da turare. Sono
stati giorni durissimi, con le pompe sempre in azione: non ho mai visto bere così tanto grog senza
ripercussioni. E gli uomini, per lo meno i nostri, si sono comportati molto bene, mai una parola
aspra. Finalmente la Lion è riuscita ad attrezzare un'alberatura di fortuna che le ha permesso di fare i
cinque nodi, il vento e l'acqua imbarcata sono diminuiti e martedì mattina siamo entrati zoppicando
nel porto di Mahón, un attcrraggio perfetto. Abbiamo sbarcato i feriti — per 10 più strappi
muscolari, ernie e bozzelli caduti -, il commodoro ha fatto revisionare la Ringle che è stata giudicata
in buone condizioni, abbiamo caricato a bordo qualche provvista e, con il vento che era girato in
modo appena sufficiente a farci uscire da Mahón, siamo venuti a prendervi, mentre il commodoro
faceva lavorare di giorno e di notte tutti i carpentieri che non erano impegnati sulla Lion per il
raddobbo della Surprise. Abbiamo fatto vela con il cuore grosso, ancora di più quando il vento è
girato di nuovo a sud: pensavamo che non avremmo più rivisto le coste dell'Africa. Non credevo che
avrei benedetto un vento meridionale, ma per ora è il meglio che ci si possa aspettare. » 219 Nella
tarda mattina del giorno seguente una magnifica brezza li sospinse nella lunghissima insenatura di
Port Mahón, dove nel cantiere navale rimbombavano i colpi del mazzuolo dei calafati sullo scafo
della Lion. Nel canale di navigazione la Surprise appariva in perfette condizioni, con il suo
comandante in una scialuppa sotto la prua pitturata di fresco che dava istruzioni al suo ebanista sul
punto esatto dove mettere gì ''ultimi rettangoli di foglia d'oro sulla parte superiore del tagliai jare.
Quando si accorse della Ringle rimandò l'ebanista alla fregata, fece ruotare l'imbarcazione e vogò
rapidamente attraverso il porto. Indossava degli abiti da lavoro malconci, ma gli uomini della Ringle
lo avevano riconosciuto da lontano e fu quindi ricevuto con tutti gli onori ai quali aveva diritto un
commodoro e con un piacere e una benevolenza che non tutti i commodori si conquistavano. «
Benvenuti! Benvenuti di cuore! » li salutò Aubrey. « Non avrei mai pensato di rivedervi così presto
con questa burrasca da sud che non vuoi finire. » « E non ci avreste visto così presto, signore »,
replicò William Reade, « se non fosse stato per un colpo di fortuna. Non riuscivamo ad avanzare, per
un giorno e anche più siamo stati in vista di Algeri, ma non abbiamo fatto altro che allontanarci, poi
una galea corsara è arrivata velocissima col vento in poppa, le vele latine a farfalla, e aveva a bordo
il dottor Maturin con i suoi schiavi e il dottor Jacob. » « Dottori, come sono contento di vedervi! »
esclamò Jack stringendo loro la mano. « Venite con me alla nave, pranzeremo insieme; c'è anche
qualche ospite, compreso l'ammiraglio, e la Surprise è tutta in ghingheri. » «Mona», disse Stephen,
«fai la riverenza al commodoro. Kevin, l'inchino. » Jack si inchinò a tutti e due. « Sono i tuoi
schiavi? » « Proprio così. Posso farli salire a bordo e affidarli a Poli? » « Sicuro. William, sarà
meglio portare la Ringle ad affiancarsi anziché trasbordare con la scialuppa. » Fu molto simile a un
ritorno a casa e, contemplando il ponte immacolato, la precisione impeccabile dei pennoni e la
pittura 220 brillante, per non parlare dello scintillio di ogni pezzo di metallo che potesse essere
convinto a scintillare, Stephen ebbe l'impressione di trovarsi sulla fregata appena uscita dal cantiere
di Sepping e ormeggiata al molo nuovo di Madera in attesa della visita del comandante in capo e di
Lady Keith, più che su una nave sopravvissuta a una prova così dura che aveva rischiato di affondare
con tutto l'equipaggio. Ma era vero che Jack Aubrey, molto dimagrito, pareva invecchiato di
vent'anni, che le tracce evidenti delle fatiche inenarrabili erano su tutti i volti sorridenti che vedeva a
bordo, e che non riconobbe la figura grigia, curva che si stava avvicinando, e si toccava il cappello
dicendo: « Sono felice di vedervi, signore » finché non ebbe parlato. « Killick! » esclamò,
staccandosi da Mona e stringendo la mano al famiglio. « State bene, spero? » « Non posso
lamentarmi, signore; voi avete l'aria vispa, con tutto rispetto. Sarebbe che ho preparato gli abiti nella
cabina. » « Devo cambiarmi? » « Non vorrete certo portare il disonore sulla barchetta, con tutto
questo sudiciume addosso. » Killick puntò il dito contro alcune macchie di grasso del fucile sparse
qua e là. « L'ammiraglio pranza a bordo. » Stephen chinò il capo e disse: « Killick, fatemi un'altra
cortesia: portate questi bambini da Poli con i miei omaggi; pregatela di lavarli, spazzolarli e
abbigliarli in modo decente, di far loro mangiare qualcosa e soprattutto di essere molto dolce e
gentile. Non parlano ancora inglese, ma Geoghegan potrà fare da interprete». « Dolce e gentile,
signore? » Killick sbuffò con disprezzo, poi disse: « Be', riferirò il messaggio ». Stephen spiegò tutto
ai bambini, ma dubitava che capissero anche solo in parte le sue parole, con le esperienze
straordinarie, le cose nuove che avevano visto, tanta gente strana intorno. Tuttavia dettero la mano a
Killick e si lasciarono condurre al boccaporto di poppa, dal quale lanciarono a Stephen uno sguardo
smarrito e ansioso. Trovò Jack e Harding intenti a osservare il nuovo barcarizzo 221 messo in forza
per gli illustri ospiti. «Jack», disse, « perdonami, ma dovrei parlarti. Volete scusarmi, signor
Harding? » Nella cabina continuò: « Non posso più aspettare, devo darti la notizia: a bordo della
Ringle non abbiamo avuto un solo momento adatto. Come sai, uno dei principali scopi della nostra
missione era di impedire all'oro di arrivare ai musulmani dell'Adriatico». Jack annuì. «Il dey si era
detto deciso a non far passare il tesoro da Algeri, ma è stato assassinato e tradito: l'oro si trova a
bordo di un bastimento molto veloce nel porto di Ar-zila, se non vi è già lo sarà presto. Questo
bastimento, una galea, se ben ricordo, deve attraversare lo stretto di Gibilterra di notte con un vento
favorevole. E giusto restare in porto? L'ho saputo ad Algeri e l'impossibilità di parlare con te per via
di quel crudele ventaccio meridionale mi ha quasi ucciso; e con i giorni che passavano... » « Capisco
», disse Jack, posandogli una mano sulla spalla. « Ma devi renderti conto che questa stessa burrasca
da sud ha imperversato anche altrove, addirittura fino alle Canarie. Ha tenuto in porto quasi tutto il
naviglio sulla costa occidentale della Spagna e del Portogallo e fino a lunedì scorso perfino le navi
di linea più solide e di nuova costruzione non hanno osato attraversare lo stretto, con la sua perfida
costa sottovento. La tua galea araba o il tuo sciabecco non avrebbero mai potuto avventurarsi in mare
con un tempo simile. Stai tranquillo, fratello, bevi un bicchierino di gin per ritrovare l'appetito e
goditi il pranzo. Verrà l'ammiraglio e il suo 'politico' e il tuo amico, il signor Wright: ha chiesto di te.
» « Mi hai risollevato lo spirito, Jack. » Stephen rimase seduto, respirando affannosamente, ed era
così pallido che Jack si affrettò a versargli il gin, vi aggiunse un po' di succo di limone e insistette
per farglielo bere a piccoli sorsi prima di cambiarsi d'abito. Il bicchiere non era ancora vuoto
quando qualcuno bussò alla porta della cabina. Era Simpson, il barbiere, con un grembiule bianco e
una brocca d'acqua calda. « Simpson, signore », disse. « Killick dice che il dottore forse vuole farsi
la barba. » Stephen si portò la mano al mento, come fanno gli uomini 222 in simili occasioni - si sa
che perfino i papi hanno fatto lo stesso gesto — e acconsentì. Fu quindi un dottor Maturin rasato,
spazzolato e ben vestito a presentarsi in coperta poco prima dell'ora stabilita, per mettersi alle spalle
del commodoro, del suo comandante in seconda e dell'ufficiale della fanteria di marina, tutti
parimenti lustri e in gran splendore, blu e oro per i marinai, scarlatto e oro per i soldati. Mentre gli
orologi più coscienziosi di Mahón si apprestavano a battere l'ora, l'ammiraglio Fanshawe scese da
una carrozza, seguito dal suo segretario e dal consigliere politico; e prima che mettesse piede sul
ponte, i tricorni si sollevarono, il fischietto del nostromo trillò e i fanti di marina presentarono le
armi con clangore perfettamente sincrono. Poco dopo un gentiluomo attempato e dagli abiti sgualciti
appartenenti a un'altra epoca, seguito da due facchini che trasportavano un tubo di rame, avanzò con
esitazione verso il barcarizzo, salì a bordo con una certa difficoltà e disse all'ufficiale di guardia: «
Signore, mi chiamo Wright: il comandante Aubrey è stato tanto gentile da invitarmi, ma temo di
essere in ritardo ». «Niente affatto», lo rassicurò Whewell. «Posso accompagnarvi nella cabina di
poppa e prendere in consegna il vostro carico? Wilcox, Price, prendete il tubo! » « Siete gentile »,
disse il signor Wright, e seguì Whewell a poppa. Ma i due facchini si rifiutarono di consegnare il
carico ed entrarono con il loro tubo nella cabina affollata, gettandolo sulla tavola senza alcun
riguardo per la tovaglia, i bicchieri e l'argenteria e dicendo a voce forte e chiara: « Uno scellino e
quattro pence, signore ». « Eh? » gridò Wright già immerso in una conversazione con il commodoro e
il dottor Maturin. « Uno e quattro, o lo riportiamo via. » Harding si precipitò verso di loro, dette ai
due una mezza corona, invitandoli a voce bassa e in maio modo a sparire di lì. Kil-lick e il suo
aiutante Grimble, insieme con i migliori famigli del quadrato, lisciarono la tovaglia candida,
riordinarono bicchieri e argenteria e rimasero a guardare mentre il signor Wright, del 223 tutto ignaro
del trambusto sconveniente e inopportuno che aveva creato, rompeva il sigillo a un'estremità del
tubo, dava l'altra estremi' ¿ al commodoro e tirava fuori il dente del narvalo, rilucente £ perfetto nelle
sue curve e spirali, senza alcuna traccia di riparazione. « Non vedo giunzioni! » esclamò Stephen. «
E un capolavoro! Grazie, davvero. » Tutto questo, con grande dispiacere del cuoco, aveva ritardato
l'inizio del pranzo; ma alla fine ognuno prese posto a tavola. Jack a un capo, con l'ammiraglio
Fanshawe alla sua destra, poi Reade, l'ufficiale della fanteria di marina, il segretario
dell'ammiraglio, Harding all'altra estremità, Stephen e il signor Wright accanto a lui, il consigliere
politico dell'ammiraglio e per ultimo il dottor Jacob: una brigata piuttosto numerosa per una fregata
così piccola, ma la mensa era disposta per madiere e i cannoni erano stati trasferiti nella cabina
anteriore e in quella dove dormiva il commodoro. La notizia del perfetto stato del dente di narvalo,
che sembrava più bello di prima (il signor Wright, lucidando e levigando delicatamente, gli aveva
conferito la brillantezza di un bell'avorio antico) si era sparsa rapidamente in tutta la fregata: la
fortuna della nave era di nuovo a bordo. La faccia sgradevole e arcigna di Killick si fece raggiante, i
suoi compagni di mensa, che quasi avevano smesso di parlargli, gli sorrisero, ammiccando e
facendogli cenni di approvazione mentre era nella cabina e dandogli grandi pacche sulle spalle
quando andava e veniva dalla cucina. Il buonumore, un piacevolissimo stato contagioso, lo era in
particolare su una nave che di recente aveva subito una prova durissima e che ora si trovava in porto,
ormeggiata di poppa e di prua. Ben presto la conversazione a tavola riempì l'aria e il signor Wright
fu costretto e sforzare la sua vecchia voce tremolante per riferire a Stephen i molti calcoli matematici
e gli esperimenti avanzati di fisica in una forte corrente d'acqua per determinare l'effetto delle spirali
e delle protuberanze del dente del narvalo sul movimento dell'animale, il tutto senza risultato: almeno
per il momento. Ma quelle protuberanze dovevano avere una funzione, quasi certamente
idrodinamica, e grazie alle fatiche della scienza, a una di quelle magnifiche intui224 zioni - forse il
signor Wright avrebbe dovuto dire illuminazio-ni improvvise — si sarebbe arrivati alla soluzione.
Harding e il segretario dell'ammiraglio andavano perfettamente d'accordo e, sebbene l'ufficiale dei
fanti di marina trovasse difficile andare oltre un «Una giornata eccezionalmente bella» quando si
trattava del suo vicino di sinistra, William Reade, dopo un po' i due scoprirono di aver frequentato
entrambi la scuola del signor Wills, da piccoli; da quel momento in poi, tranne quando le buone
maniere richiedevano di rivolgersi anche agli altri vicini di posto o di bere alla salute di un
conoscente seduto di fronte, fu una serie di « Ricordi il vecchio Thomas e il bulldog pazzo? Come
erano gentili le domestiche che ci passavano il pudding del giorno prima dalla finestra della cucina?
Le famose frustate che Smith aveva dato a Hubble? » L'ammiraglio conosceva Jack da molto tempo e
i due avevano una grande quantità di notizie navali e di ricordi da scambiarsi, mentre Jacob e il
consigliere politico conversarono abbastanza piacevolmente, una volta fissato un terreno neutrale sul
quale potevano parlare senza tema di compromettere qualcuno e dove nessuna parola incauta poteva
far danno. « Dio ci assista », disse Joe Plaice rilassandosi sul cassero, un po' a poppavia della ruota,
« che baccano fanno! Sembra la saletta del William a Shelmerston il sabato sera. » « Non
prendertela, marinaio », ribattè suo cugino Bonden, « il Porto è arrivato sulla tavola e una volta che
avranno brindato alla salute del re, si calmeranno. Si sono divorati due porchette intere, un peso da
nulla sullo stomaco. » In effetti, dopo che tutti ebbero brindato con il tradizionale « Che Dio lo
benedica » e vuotato il bicchiere, si fece silenzio; e quando la conversazione fu di nuovo un brusio
moderato, Jacob disse al consigliere politico: « Credo che il mio collega voglia parlarvi». « Anch'io
a lui, come potete immaginare: da quando il mare è impazzito non abbiamo avuto più notizie o quasi
dall'altra sponda. » In un modo sottile, che gli altri, i loro vicini e i famigli in piedi dietro le loro
sedie, non afferrarono, si accordarono per 225 un incontro privato più tardi, ma la loro astuzia
professionale risultò del tutto inutile, perché l'ammiraglio, a pranzo finito, domandò apertamente a
Stephen di accompagnarlo per parlargli delle coste della Barbe jl e della stessa Algeri. Stephen lo
fece nel modo più semplice e diretto e l'ammiraglio Fanshawe lo ascoltò gravemente, con attenzione,
senza mai interromperlo. « Bene », disse quando Stephen ebbe finito, « mi dispiace per Omar Pascià:
un simpatico ruffiano. Ma è uno dei rischi dell'essere un dey: e dal punto di vista politico credo che
il comandante in capo troverà che abbiamo guadagnato nel cambio. Ali Bey ha sempre avuto un
occhio di riguardo per noi e molti mercanti inglesi devono essergli grati per la sua moderazione e per
la sua gentilezza. Ma temo che per voi sia stato molto duro, laggiù. » « Be', signore, anche questo è
uno dei rischi della mia professione; ma ho visto meraviglie sui monti dell'Atlante. L'unica cosa che è
stata dura da sopportare, durissima in verità, è la vista della goletta della Surprise che cercava
invano di bordeggiare contro quel vento impetuoso quando avevo un disperato bisogno di portare le
mie notizie a Mahón. Ma è tutto svanito quando il comandante Aubrey mi ha assicurato che quella
stessa burrasca doveva aver bloccato la galea araba in porto e che non dovevo preoccuparmi. » «È
stata una burrasca terribile. Tutte le navi dirette in Oriente e in Turchia sono rimaste ferme a Lisbona
e Lord Bar-mouth è riuscito a fatica a raggiungere Gibilterra. » « Lord Barmouth? » « Ma sì, ha preso
il posto di Lord Keith; è a lui che dovrete indirizzare il vostro rapporto. » « Lord Barmouth! »
esclamò Stephen, strappato alla sua abituale flemma dalla sorpresa. «Ah, sì, ora ricordo: Lady Keith
aveva detto al comandante Aubrey che suo marito non voleva mantenere l'incarico a lungo e che si
sarebbero ritirati in una casa vicino alla villa del governatore finché il tempo a Londra non fosse
migliorato, ma non pensavo che sarebbe stato così presto. E non mi aspettavo Lord Barmouth. » 226
« Vi dispiace, dottor Maturin? » chiese l'ammiraglio sorridendo. « Chiedo scusa. Non ho nessun
diritto di avere un'opinione in proposito: ma so che Lord e Lady Keith sono amici di lunga data del
comandante Aubrey e speravo che l'ammiraglio avrebbe fatto il possibile per rinforzare la sua
squadra dispersa e catturare la galea di Arzila. » « Oh, sono certo che Lord Barmouth farà del suo
meglio », disse l'ammiraglio Fanshawe. « Ma, come sapete, ha poche forze a disposizione. Tuttavia
», soggiunse dopo una pausa, alzandosi, « vi auguro ogni successo; per lo meno avrete il vento a
vostro favore. »

CAPITOLO IX
Stephen amava navigare così: sospinta da una brez- za leggera un poco a nord-est, la Surprise,
con la sua compagna sottovento, procedeva a quattro nodi e mezzo con la velatura ordinaria o di
poco minore, mentre beccheggio e rollio quasi non si avvertivano. Al’ilnizio si era stupito
dell'assenza delle vele più alte, sopra i controvelacci, dell'assenza dei coltellacci in tutta la loro
interessante varietà, e l'andatura placida della fregata lo aveva reso estremamente ansioso, ma poi si
disse che Jack Aubrey conosceva perfettamente il suo mestiere, le posizioni di Arzila e di Gibilterra
e che i suoi piani dovevano prendere in considerazione la luna: nessun corsaro al comando di una
galea zavorrata d'oro si sarebbe azzardato ad attraversare lo stretto con la luna piena o quasi. Eppure
la sua parte irrazionale, non certo la meno importante in lui, si preoccupò quando al cambio del turno
di guardia furono ammainati i velacci. Quella sera era salito in coperta per respirare una boccata
d'aria fresca, lasciando alle cure di Jacob l'infermeria (affollata più del solito a causa delle malattie
spesso causate da una sosta prolungata in porto e da qualche caso di febbre miliare), e seduto su un
rotolo di cima all'estremità della prua udiva gli strilli dei bambini sulla coffa di maestra: allievi e
marinai li viziavano troppo; stavano imparando in fretta, l'inglese, e fino a quel momento non si erano
fatti mai male seriamente. Mentre era seduto là, meditabondo, non pensava però a loro, ma al nuovo
comandante in capo a Gibilterra. L'ammiraglio Lord Bar-mouth - il suo cognome era Richardson - era
stato un famoso capitano di fregata con parecchie azioni brillanti a suo credito. Anche Jack Aubrey
era famoso, ormai, e una o due delle sue azioni erano perfino più brillanti di quelle dell'ammiraglio.
All'inizio della carriera Jack aveva prestato servizio sotto il comandante Richardson come secondo
nocchiere sulla Sibille: non erano sempre andati d'accordo, contrasti non seri, ma che avevano
indotto il capitano Richardson a non chiedere a Jack 228 di seguirlo nel suo nuovo comando, una
fregata pesante con la quale, insieme a una nave di conserva di forza pressoché uguale, aveva
distrutto una nave francese sulle coste della Bretagna. A Jack era dispiaciuto non aver potuto
partecipare al combattimento, ma questo non gli aveva impedito di prendere a bordo della fregata al
suo comando il giovane Arklow Richardson e perfino di nominarlo secondo nocchiere, un allievo
con anzianità di servizio. Ma nel giovane Arklow tutti i lati del padre (ora Lord Barmouth) che a Jack
non piacevano si erano riprodotti in scala maggiore e in modo più offensivo; nella dura disciplina
navale anche un secondo nocchiere poteva dimostrarsi brutale, crudele e tirannico e Arklow sfruttava
ogni occasione di esserlo. Un comandante doveva in qualche modo sostenere i suoi ufficiali e con
riluttanza Jack aveva ammonito, abolito il grog o imposto qualche altra piccola punizione. Ma ben
presto era divenuto evidente che Arklow non aveva intenzione di seguire i consigli del suo
comandante, spesso espressi con parole molto ferme; inoltre a bordo tutti, nessuno escluso, si
rendevano conto che Arklow, a differenza del padre, non era un marinaio. Così Jack si era liberato di
lui, ma lo aveva fatto con molto tatto, al punto che il giovane, ben raccomandato, era stato promosso
rapidamente ufficiale. Gli era stato assegnato il comando di una nave dove aveva potuto usare il gatto
a nove code a suo piacimento; l'equipaggio si era ammutinato e le responsabilità del giovane erano
così evidenti che Arklow non aveva avuto più nessun incarico in marina. Barmouth non nutriva
rancore contro Jack per questo, erano membri dello stesso club a Londra ed erano cortesi l'un l'altro
quando si incontravano, ma i poteri di un comandante in capo erano grandi e se la Surprise non fosse
arrivata a Gibilterra in perfette condizioni, Barmouth avrebbe potuto certamente affidare a un'altra
fregata che non aveva subito danni il compito di intercettare la galea. A Mahón la Surprise non era
stata ispezionata a dovere e giudicata idonea: Stephen non sapeva come fosse stato possibile, ma
supponeva che l'ammiraglio Fanshawe, che si rendeva conto dell'urgenza del caso ed era molto
affezionato a Jack, si fosse 229 fidato della sua parola sulle condizioni della fregata. A rafforzare
tale supposizione, c'era stata l'attività insolita del carpentiere e della sua squadra, impegnati tutto il
giorno e perfino dopo il coprifuoco all'estremità della prua e molto in basso nel gavone di prua,
smartellando, segando, inserendo e fissando parecchi cunei. Stephen aveva fatto presente che non
andava bene così vicino ali'infermeria, ma notando l'imbarazzo di Jack, il suo disagio ed dopo
essersi sentito dire che « non era niente, e che comunque sarebbe finito presto », cosa non vera, non
aveva insistito, anche perché Jacob era con loro, occupato ad accordare un violino comprato a
Mahón, per poter tentare insieme il pez zo di Haydn in re maggiore. Anche il carpentiere era stato
reticente, come se vi fosse qualcosa di scorretto o perfino di illegale nel lavoro al gavone, con un
atteggiamento quasi furtivo, rifugiandosi nei termini tecnici: « Dobbiamo solo sistemare i gambilli e
gli apostoli », e Stephen si stava appunto domandando fino a che livello nella catena di comando del
carpentiere si estendesse quell'atteggiamento, quando un paio di mutandine di cotone cadde ai suoi
piedi e Poli gridò: « Nooo, signore! È una vergogna. Quella piccola pagana di Mona sta correndo di
qua e di là nuda come l'ha fatta sua madre, con indosso solo la camicia di Algeri: e ha buttato via le
mutande. Ho cercato di insegnarle un po' di pudore e anche la signora Cheal l'ha fatto, ma non è
servito a nulla. Dice solo 'Niente inglese, ah, ah', scappa a riva e getta al vento le mutandine». « Mi
dispiace, Poli, mia cara. Ma ora vi dico quello che farò. Barrett Bonden è un buon uomo e una mano
eccezionale con l'ago e con il filo. Gli chiederò di cucirle un paio di pantaloni, facciamo due, con la
tela da vele numero otto, stretti in vita e larghi in fondo e con le cuciture rifinite in verde. Quando li
avrà indossati, di sicuro non li getterà via, ve lo garantisco. E li faremo anche per Kevin. » Poll
scosse la testa: « Quando penso a tutto quel bel calicò, taglia, misura, cuci di fino... guardate queste
balze! Davvero mi viene voglia di farla frustare e rinchiudere nella sentina a pane e acqua». 230 I
pantaloni furono un successo: entrambi i bambini se ne vantarono e non li sfilarono più; nascosero le
parti intime di tutti e due di giorno e di notte, tranne quando andavano alla latrina, e li resero ancora
più agili e spericolati, tanto che in un giorno di cucito e rammendo, con brezze leggere che soffiavano
da ogni quadrante della bussola e con quasi tutti gli uomini in coperta occupati con forbici e ditali sul
castello e al centro della nave, salendo in testa all'albero di maestra, Kevin avvistò una vela a ovest.
In parte spinto dal buon senso, in parte perché non ricordava il termine inglese per ovest, salì gli
ultimi pochi piedi e lo disse a Geoghegan, di vedetta, il quale era impegnato a osservare a poppa un
paio di barche per la pesca del tonno, ma che a quel punto passò l'allarme al ponte: « Ponte! Una vela
a tre quarte al mascone di dritta! » Poi, qualche minuto più tardi: « Una fregata, signore, credo ». Una
pausa. « Sì. La Hamadryad; e sta aumentando la velatura. » « Che gioia! » disse Jack a Stephen. «
Sarà Heneage Dundas, da Gibilterra. Non mi sono ancora congratulato con lui per il suo nuovo
comando; lo inviteremo a cena... Abbiamo pollame e ci restano ancora maialini da latte in
abbondanza. Killick! Killick! Passa parola per Killick. » E quando il famiglio arrivò, con la sua
solita espressione arcigna, con l'aria di chi era pronto a respingere ogni accusa che potesse essergli
mossa, disse: « Killick, volete mettere in fresco qualche bottiglia di champagne? » « Sarebbe che non
ce n'è più, signore », rispose Killick, contenendo a fatica la soddisfazione. « Non ce n'è più da
quando l'ammiraglio ha pranzato a bordo. Oh, povero me. » « Del Borgogna bianco, allora, e calatelo
in mare con venti braccia di cima. » IL Borgogna era finito, ma Killick sapeva anche godersi un
trionfo in privato e si limitò a ripetere: « Venti braccia di cima, sissignore». « Signor Hallam », disse
Jack all'allievo addetto ai segnali, «finita la segnalazione ordinaria, invitate, prego, il capitano
Dundas e il signor Reade a cena. Dottore, saliamo sulla coffa di trinchetto a osservare la Hamadryad
che aumenta la velatura. » Non era un'ascensione realmente pericolosa, e Stephen era 231 stato visto
salire anche più in alto da solo, ma era stato trovato così spesso aggrappato con le unghie a parti
improbabili del sartiame che Jack e Bonden si scambiarono un'occhiata sollevata e riconoscente
quando lo ebbero spinto e issato sulla coffa attraverso la buca del gatto. Sebbene la coffa di
trinchetto non fosse così in alto, da lì si godeva di una splendida vista del Mediterraneo occidentale;
erano un po' in ritardo per le manovre della Hamadryad, intese ad aumentare la forza di vele, ma
rimanevano ancora molte cose da ammirare: coltellacci alti e bassi ai due lati dell'albero di
trinchetto e maestro, e perfino contro velacci e coltellaccini di contro velaccio, abbastanza alti, come
osservò Jack, poi un coltellaccio volante sopra il controvelaccio. « Guarda, Stephen! » gridò Jack. «
L'audace serpente ha spiegato una colomba, vedi? La vela di straglio al di sopra di tutto: prendi il
mio cannocchiale e riuscirai a riconoscerla. Avete mai visto niente del genere, Bonden? » « No,
signore. Ma una volta, quando ero sulla Melpomene nelle calme equatoriali abbiamo spiegato una
vela sopra il controvelaccio: anche se era quadra la chiamavamo controstraglio. » Quel prodigioso
spiegamento di vele portò la Hamadryads. un tiro di pistola dalla Surprise prima del crepuscolo.
Venne all'orza, scivolò in una curva elegante, sventò le vele, serrò le vele di straglio in un assetto
preciso e impeccabile come nella flotta della Manica e il suo comandante trasbordò sulla sua lancia
attraverso lo stretto braccio di mare. « Carissimo Hen! » esclamò Jack, accogliendolo sul cassero
con una cordiale stretta di mano. « Conosci il dottor Maturin e i miei ufficiali, vero? » IL capitano
Dundas salutò con cortesia. «Scendiamo sottocoperta», propose Jack, « e bagniamoci il becco: devi
avere la gola asciutta dopo quel frenetico spiegamento di vele. Quanto hai fatto? » « Solo poco più di
otto nodi, anche con tutta la biancheria stesa», rispose Dundas ridendo. « Ma i gabbieri sono contenti.
» « I miei sono rimasti a bocca aperta. Sherry o un sorso del buon gin di Plymouth? » « Oh, gin, per
favore! Due dei nostri mezzi di rifornimento I 232 sono rimasti bloccati sulle Berlings in quella
tremenda burrasca e non ne abbiamo più avuto da allora, trasportavano tutto il nostro gin. Il vento è
arrivato anche da voi? » « Sì, e fino ad Alessandria, credo: una terribile burrasca. Ma dimmi, Hen »,
continuò Jack riempiendo il bicchiere di Dundas e parlando con una finta indifferenza che non
ingannò nessuno, « come sta Lord Barmouth a fregate? » « Non ne ha», rispose Dundas. « Ha qualche
vascello malandato da settantaquattro cannoni, qualche mediocre corvetta e ovviamente l'ammiraglia.
Ma la Hamadryad era l'ultima delle sue fregate, le altre sono state inviate a Malta e a oriente; anche
se riceverà rinforzi fra due o tre settimane, forse prima. Hanno subito grossi ritardi a causa del
tempo: la nuova moglie del comandante in capo era a bordo e si sono rifugiati a Lisbona. » Jack
bevve il suo sherry soddisfatto, dopo di che si misero a tavola per una buona cena. Prendendo la
forchetta, Jack disse: « Hai detto che Lord Barmouth si è risposato? Non lo sapevo ». « Proprio così.
Con la bella e giovane vedova dell'ammiraglio Horton. È a causa della sua assenza che è più
arrabbiato del solito. » Jack annuì in modo vago e tra una pietanza e l'altra domandò: « Hai fatto
visita a Lord Keith? » « Sì. Avevo un messaggio per lui da parte di mio padre; ma sarei andato a
trovarlo comunque. Ho un grande rispetto per l'ammiraglio. » «Anch'io. Come stava Lady Keith? » «
Bella, affabile ed erudita come sempre: è stata tanto gentile da invitarmi a cena e non ha fatto che
chiacchierare con il cappellano di un vascello da settantaquattro cannoni su non so quale peculiarità
dell'ebraico della comunità di Gibilterra. » « Ebraico? » si stupì Stephen. « Ho sempre pensato che
parlassero nel loro spagnolo arcaico. » « Da quanto ho capito parlavano ebraico con gli ebrei
provenienti da Paesi remoti, Paesi dove il persiano o l'arabo avevano soppiantato lo spagnolo. Un
po' come le persone più colte di me parlano latino quando sono in Polonia o, Dio ce ne scampi, in
Lituania. » 233 « Se ricordo bene, dovevano prendere una casa nelle vicinanze della villa del
governatore. » « SProprio così: Ballinden. È un po' in alto, ma non lontano dalla città. Un posto pieno
di fascino, con una vista magnifica dello stretto e un bel giardino tenuto da un uomo della Scorpion:
forse un po' grande per loro e temo che le scimmie gli diano fastidio. Ma sembrano entrambi molto
contenti. » « Che Dio li benedica », disse Jack, alzando il bicchiere. « Sono stati straordinariamente
buoni con me. » IL budino arrivò in tavola dopo il brindisi ai Keith, un onesto budino navale del
genere che piaceva a Jack e a Dundas e al quale Stephen era abituate intrariamente a Jacob. « Grazie
», disse Dundas, rifiutando una seconda porzione, « ma temo di dover...» Prima che potesse
pronunciare le parole «lasciare la compagnia», la campana della Surprise batte gli otto colpi, la
porta della cabina si aprì e l'allievo della lancia del capitano Dundas disse: « Signore, mi avevate
detto di... » «Giustissimo, Simmons», lo ringraziò Dundas. «Jack, grazie della splendida cena; ma se
non mi affretto sulla mia rotta, sarò frustato davanti alla flotta. Signori », inchinandosi a Stephen e a
Jacob, « servo vostro. » Sulla tavola sparecchiata rimase solo il brandy. Jacob si era ritirato. Nella
cabina era sceso un silenzio curioso. « Vedere Dundas affrettarsi a compiere i suoi doveri con una
solerzia che oso definire navale», disse Stephen, «mi porta a una domanda indiscreta, che avrei
voluto rivolgerti da tempo: e dal momento che in fondo sono coinvolto anch'io nella missione, la farò
ora. Se Heneage Dundas teme di essere frustato davanti alla flotta per aver indugiato e tergiversato,
non pensi di correre lo stesso rischio, visto che la tua andatura da lumaca ti porta a Gibilterra e al
nuovo comandante in capo, non proprio tuo amico? » « Stephen », gli rispose Jack, « probabilmente
avrai notato che la luna di tanto in tanto cambia forma e sorge e tramonta a orari diversi... » « L'ho
notato, sì: un'orbita incostante. A volte una semplice falce rivolta a sinistra, altre a destra; e a volte
nessuna luna. La
234 luna nuova! Ricordi quando mi hai sbarcato sulla costa francese con la luna nuova? Ma non
sono un esperto: un prete della contea di Clare me ne aveva spiegato il moto, ma temo di non aver
afferrato pienamente il concetto. » «Ti aveva convinto del fatto che si trattava di un processo
regolare, che i mutamenti potevano essere previsti? » « Sono sicuro che abbia tentato di farlo. » « E
così, Stephen, te lo assicuro. E il primo novilunio, in certe stagioni, è di grande importanza per gli
ebrei e per i musulmani. Ora tu sai che il capitano della galea di Arzila deve essere o l'uno o l'altro,
quasi certamente un musulmano, e in ogni caso un marinaio. Un marinaio sano di mente, immagino;
perciò, vento e tempo permettendo, deve necessariamente attraversare lo stretto con la luna nuova,
una notte che può prevedere tanto quanto noi. Dunque, visto che entrambi la pensiamo allo stesso
modo, spero di incontrarlo da qualche parte a sud di Tarifa. » « Be', certamente questo getta nuova
luce sulla faccenda. » « Inoltre, non voglio perdere qualche asta correndo a tutta velocità o starmene
per giorni sotto gli occhi di un comandante in capo che non mi ha in simpatia. E un marinaio
eccellente, lo riconosco, e ha una buona reputazione come combattente; però, come ammiraglio è
stato meno fortunato... È stranissimo, ma qualcosa intorno al tavolo del consiglio dell'ammiragliato
produce un curioso effetto su chi lo presiede, anche se si tratta di uomini ragionevoli in grado di
strappare la loro nave da una costa sottovento ruggente o portarsi via un'enorme bellezza spagnola
come la Santísima Trinidad e. restare persone civili e modeste fino a quel punto, fino a quel tavolo
del consiglio. Non è sempre così, ma ho già prestato servizio sotto qualcuno che, divenuto Lord
dell'ammiragliato, soprattutto Primo Lord, si gonfiava fino a trasformarsi in un'enorme creatura, alla
quale ci si doveva avvicinare camminando carponi e rivolgere con regale reverenza. No. Lord
Barmouth avrà un monumento nell'Abbazia di Westminster dove saranno iscritte molte belle azioni
belli-che, ma è perfettamente capace di azioni meschine, e io preferisco prostrarmi quando manca
poco alla luna nuova e poi andar235 mene per i fatti miei, probabilmente travestito da mercantile in
difficoltà. » Era un buon piano; avrebbe salvaguardato la nave dalle tensioni di una traversata
frettolosa, permettendole di essere pronta per l'incontro tanto atteso. Ma si fondava sul presupposto
falso che il comandante in capo sarebbe rimasto a Gibilterra. Di fatto stava esercitando le navi al suo
comando, le navi da guerra a sinistra, le corvette e il naviglio minore a dritta, in un allineamento
frontale; e molto arretrato dietro di loro procedeva un lungo convoglio di mercantili. Una nave dopo
l'altra, la sorprendente armada fu avvistata dalla testa d'albero allo spuntare del giorno; e Jack ebbe
il tempo di spiegare molte altre vele al vento da nord-est prima che in coperta giungesse il grido
della vedetta: « Ponte! Ammiraglia a due quarte al mascone di dritta! » Per fortuna la Surprise era in
perfetto ordine - ponti già asciutti dopo il lavaggio, cannoni allineati con precisione, tutti gli uomini
presentabili e assolutamente sobri; ma ciò non impedì a Harding, a Woodbine e all'ufficiale dei fanti
di marina di darsi un gran da fare o a Killick di controllare ancora una volta l'uniforme di
contrammiraglio che Jack indossava nelle occasioni formali come commodoro. Il giorno si fece più
chiaro. L'allievo addetto ai segnali e il secondo segnalatore osservavano la serie quasi continua di
bandiere che salivano a riva mentre Lord Barmouth faceva eseguire alla sua flotta una varietà di
manovre ed esprimeva una varietà di commenti, per lo più negativi. Finalmente comparve il
nominativo della Surprise unitamente a Commodoro a rapporto a bordo. Bonden e i suoi uomini
erano già pronti a mettere in mare la lancia e quando Jack emerse dalla cabina in tutta la gloria della
feluca numero uno, della spada da cerimonia e di una grande quantità di ricami d'oro, il timoniere
dette il comando e la lancia scivolò in mare, seguita immediatamente dall'anno e da un aiuto
nocchiere al timone. « Non appena saremo a una gomena k 236 di distanza iniziare il saluto », disse
Jack a Harding. « Sono sicuro che non dimenticherete un paio di cartucce in più per ogni evenienza. »
Detto questo scese rapidamente nella lancia e come di regola Bonden scostò, dicendo agli uomini
dell'armo: « Voga asciutto, laggiù! Voga asciutto». E quando la lancia fu a una gomena dalla nave, la
Surprise cominciò il saluto al comandante in capo, diciassette colpi di cannone: era la prima volta
che la fregata lo incontrava nelle sue nuove funzioni. Dopo il diciassettesimo,l’ Implacable rispose,
esitando però al tredicesimo, come se fosse in dubbio sul diritto di Jack di averne di più, sebbene la
fiamma fosse chiaramente visibile, fino a quando una voce inferocita non ebbe ruggito dal cassero:
gli ultimi due colpi furono sparati quasi contemporaneamente. Il comandante dell'Implacable, Henry
James, un vecchio compagno di navigazione, ricevette Jack cordialmente: i fanti di marina
presentarono le armi e l'aiutante di bandiera disse: « Posso accompagnarvi dal comandante in capo,
signore? » « Sono felice di vedervi, signor Aubrey», lo salutò Lord Bar-mouth accennando ad alzarsi
dalla sedia con una stretta di mano fredda. «Lo sono anch'io, parola mia», disse Sir James Frere,
comandante della flotta, la cui stretta di mano fu molto più cordiale. « Ma non capisco come mai vi
troviate in queste acque. Prego, sedete mentre mi riferite. » « Signore, il precedente comandante in
capo mi ha affidato una squadra con gli ordini di procedere verso lo Ionio e l'Adriatico e, dopo aver
avviato i mercantili sulla rotta verso la madrepatria, di mettere fine alla costruzione di navi
bonapartiste, di persuadere le navi francesi presenti a passare dalla parte degli alleati e di catturare,
affondare o distruggere quelle che non lo avessero fatto. Un emissario di Sir Joseph Blaine mi ha
riferito che il governo teme che una confederazione musulmana voglia impedire il congiungimento
delle forze russe e austriache in marcia verso occidente con le truppe britanniche e prussiane; o
quanto meno che lo ritardi, così che l'esercito di Napoleone, a 237 quel punto numericamente
superiore, affronti e sconfigga separatamente gli eserciti alleati. Ma questo piano richiede
l'arruolamento di parecchi mercenari, che devono essere pagati. Il denaro doveva arrivare da uno
Stato musulmano al confine con il Marocco e avrebbe dovuto essere trasportato passando per Algeri:
i nostri servizi informazioni sono riusciti a impedirlo, ma ora il tesoro sta viaggiando per mare, attra'
¿rso lo stretto, come ho spiegato a Lord Keith in ripetuti dispacci, non sapendo che era stato
sostituito. Forse dovrei aggiungere che Sir Joseph Blaine ha affiancato al mio consigliere politico un
esperto locale, un gentiluomo che parla correntemente arabo e turco e che ci è stato di grande aiuto:
abbiamo potuto arruolare una fregata francese, distruggerne altre due e incendiare una ventina di
cantieri navali e le navi che vi si stavano costruendo. » « Sì », disse l'ammiraglio, « ho sentito
qualcosa in proposito; e mi rallegro con voi per il vostro successo, certamente... («Ah, se li avete
martellati! » mormorò Sir James). Avete preparato un rapporto? » « Non ancora. » « Allora potete
tornare con noi a Gibilterra e farmelo avere al più presto. Avete parlato del vostro consigliere
politico e del suo collega? » « Sì, signore. » «Vi sarei grato se voleste mandarmeli per conferire con
il mio consigliere. E, Aubrey, anche se Lord Keith vi aveva affidato una bella squadra consistente,
questa squadra si è ormai dis-solta per le scorte ai convogli e simili. Che cosa mi dite della goletta
che avete con voi? » « Appartiene al mio chirurgo, signore, ha funzioni di appoggio. » « Bene, è un
piccolo veliero, davvero bello, ma non lo si può definire una squadra, perciò sarebbe più corretto se
ammainaste l'insegna e tornaste a essere una nave privata. » Jack avrebbe voluto domandare al
comandante in capo se avesse notizie dell'esercito francese e degli alleati, ma quelle ultime parole
erano state così volutamente scortesi che si congedò. In coperta, tuttavia, trovò il comandante
dell'Implacable,
238 il quale gli disse che non c'era nulla di certo: si vociferava di un'insurrezione in Irlanda e
dell'invasione francese del Kent, ma senza fondamento; la sola cosa certa era l'esasperazione delle
truppe per la lentezza dei russi. Jack annuì soddisfatto, poi disse: « Lord Barmouth mi ha ordinato di
mandare qui il mio chirurgo e un consigliere politico, tutti e due linguisti eccezionali e uomini
coltissimi, ma nessuno dei due sa bene come salire lungo una murata, perciò, se voleste predisporre
un bansigo, ve ne sarei grato ». Tornato sulla Surprise, si tolse l'uniforme di gala, ammainò l'insegna,
disse a Harding di seguire l'ammiraglia a Gibilterra e mandò a prendere i diari di bordo. Stava
ancora decidendo le basi del rapporto con Adams, ovviamente con grossi vuoti che solo Stephen e
Jacob avrebbero potuto riempire, quando udirono la scialuppa accostare, poi le grida ansiose, le
vocette dei bambini: « Benvenuti a bordo, cari dottori, benvenuti, oh, sì, benvenuti! » Sottocoperta,
Stephen scrutò attentamente l'amico, sprofondato nelle sue carte. « IL tuo spirito è abbattuto, fratello.
» « Sì. Che resti tra noi, temo che ci porteranno via la nostra galea: battuti sul traguardo, spodestati.
Sono stato ingenuo, e ho detto al comandante in capo che avrebbe attraversato lo stretto e che
intendevo intercettarla. Ho lasciato capire che stavo ancora agendo secondo gli ordini ricevuti da
Lord Keith, ma ho paura che verrò messo da parte e che l'incarico sarà affidato a qualcuno più
gradito di me. » « Rinfranca il tuo animo, amico mio », disse Stephen con convinzione. «Jacob e io
abbiamo appena conferito con il comandante in capo e con il suo consigliere politico, poi solo con
quest'ultimo: Matthew Arden, un uomo intelligente e molto influente a Whitehall. Il ministero ritiene
che questo sia un teatro di guerra di eccezionale importanza e ha mandato qui uno dei suoi cervelli
migliori, una persona che ha rifiutato un'alta carica, un'altissima carica. È un amico intimo di Lord
Keith, il quale si offenderebbe se le sue esplicite istruzioni venissero ignorate. Arden io ci
conosciamo da moltissimi anni, non siamo mai stati in disaccordo su qualcosa di importante e anche
239 questa volta la pensiamo allo stesso modo. Inoltre, sono felice di poter dire che Lord Barmouth,
nonostante i suoi modi autori tari, ha un certo timore reverenziale per Matthew... Stai stilando un
rapporto sulla nostra piccola campagna, vedo... compito non facile. Ti aiuterò con qualche
osservazione sulla politica algerina e sul mio soggiorno in Africa. Ma vorrei che avessi potuto
ascoltare Arden decantare le tue imprese nell'Adriatico e vedere come abbia costretto l'ammiraglio a
riconoscere l'importanza di ciò che hai fatto... No, Jack: Lord Barmouth è certamente coraggioso, ma
non credo che oserebbe trattarti male in simili circostanze. » « Grazie, Stephen! Se me lo avesse
detto qualcun altro, non gli avrei dato ascolto, ma tu... » Gettò da un lato la penna che aveva
masticato fino a quel momento, attraversò la cabina, prese il violino e suonò una serie selvaggia di
trilli rapidissimi e sempre più acuti che finirono per non essere quasi più percepiti dall'orecchio. Poi
tornò alla scrivania e con una penna nuova scrisse rapidamente parecchi elenchi, mandò a chiamare il
capo cannoniere e gli chiese quale fosse lo stato della polvere e delle munizioni. « Potrò dirlo con
esattezza dopo che avrò passato cinque minuti nel deposito, signore », gli rispose il cannoniere. «
Molto bene. Poi scrivete le cifre negli spazi vuoti che ho lasciato per completare i rifornimenti e
portatevi dietro la lista. Qui c'è una ghinea per ungere le solite ruote in modo da accelerare la cosa. E
anche questo elenco è per il molo dei rifornimenti. » « Luci blu e rosse », mormorò il cannoniere
scorrendo lentamente la lista. « Ne abbiamo qualcuna, ma è meglio se sono fresche. Poi dei Congreve
altezza extra: non credo di sapere che cosa sono, signore. » « Sono razzi bianchi a stella; possono
rivelarsi utili in certe occasioni. Mezza ghinea per tutti i fuochi di artificio messi insieme dovrebbe
bastare, non è cosi? » « Oh, è più che sufficiente, signore. Sarà fatto. » Dopo quel colloquio ne
seguirono altri, che dimostravano quali fossero i pensieri che occupavano la mente del comandante
Aubrey. Stephen disse: « E io rifornirò il mio deposito: 240 siamo penosamente a corto di minestra
secca e, dopo l'infelice indugio a Mahón, anche di unguento blu. Dimmi, Jack, sono nel giusto
pensando che avremo quattro o cinque giorni in più di quanto speravi? » « Sì, è così. » « Allora farai
visita a Lady Keith? » « Certamente. E anche all'ammiraglio. » « Posso venire con te? » « Sicuro.
Queenie parla sempre di te con grande simpatia. » IL giorno della visita Stephen scese a terra presto,
comprò una parrucca nuova da Barlow e cercò in tutto il mercato un vaso di mughetti sul punto di
sbocciare. Tornato alla nave dette a Mona e a Kevin una tavoletta di cioccolata per denti forti e
stornaci di ferro; tuttavia, pur ringraziando educatamente, nessuno dei due l'assaggiò, né si mosse, ma
rimase a fissarlo con un'espressione sorpresa e allarmata insieme. Alla fine Mona osservò: « Vi siete
cambiato i capelli ». « Non preoccuparti, è solo una parrucca. » Se la tolse per mostrarla ai bambini,
che scoppiarono in lacrime. « Cara Lady Keith », disse mentre erano seduti nel salotto che dava sul
giardino e sullo stretto, l'Africa nella foschia in lontananza, « ricordate la prima volta che avete visto
un uomo senza parrucca? » « No. Papa se la toglieva sempre quando mi insegnava a nuotare a
Brighton e io ero così occupata a sguazzare e spruzzare che quasi non lo notavo. Una muda rapida, ,
ma del tutto naturale. » « Lo chiedo perché i miei due bambini, che ho comprato al mercato degli
schiavi di Algeri, un maschio e una femmina, gemelli, hanno pianto quando stamani mi sono tolto la
mia e non riuscivo a consolarli. » «Poverini... ecco di nuovo quelle dannate scimmie: Jack. Per
cortesia, un colpo sul vetro... Quanti anni hanno? » « Stanno perdendo i denti da latte. Una corsara
algerina li ha 241 portati via dalla costa del Munster; intendo rimandarli dai genitori, sono contadini
in un villaggio che conosco. Spero di trovare una nave della nostra marina diretta alla baia di Cork. »
« Non dovrebbe essere difficile. Lo chiederò all'ammiraglio. Ma che cosa farete di loro nel
frattempo? Se riceverete l'ordine di riprendere il mare, per esempio? Di fare rotta per le Indie
Occidentali ? » « Avevo sperato di trovare una famiglia perbene, gentile, che li tenesse in attesa di
una nave da guerra altrettanto perbene e gentile che li riportasse a casa, con una lettera per un prete
di Cork che conosco e un borsellino sufficiente a trasportarli a Ballydonegan in un carretto trainato
da un asino. » « Parlano inglese? » « Pochissimo e in modo rozzo: ma è incredibile con quanta
rapidità la mente infantile assorba una lingua attraverso l'orecchio. » « Be', se voleste affidarmeli,
potrei dire al nostro vecchio marinaio della Scorpion, il nostro capo giardiniere, di tenerli: ha una
brava moglie, una casetta spaziosa e i suoi figli sono ormai grandi. Parla inglese, inglese di
Gibilterra, ed è un uomo buono. In ogni caso li seguirei io. » « Siete così gentile, Lady Keith! Posso
portarveli più tardi? » « Sì. Non vedo l'ora di conoscerli. Ma ora ditemi, dottor Maturin, che volatili
avete visto sulle coste della Barberia? » « Verso l'interno c'era un vasto lago salato pieno di
fenicotteri e di diverse specie di uccelli di palude; avvoltoi delle specie consuete e un corvo
collobruno. Tra i normali quadrupedi, le iene, naturalmente, e un elegante leopardo. Ma a voi
sarebbe piaciuto uno strano picchio muratore. » « Mio caro Maturin! » esclamò Lady Keith che
amava particolarmente i picchi. « Strano in che senso? » « Be', lo si riconosceva immediatamente,
anche se era assurdamente piccolo, ma subito dopo ci si rendeva conto che non aveva quasi nessuna
stria nera, che il blu del piumaggio era più esteso del normale, che la coda era perfino più corta di
quella delle altre specie e che la voce assomigliava più a quella di un torcicollo che... » 242 La
descrizione fu interrotta bruscamente dall'ammiraglio, che entrò a precipizio al grido di « Stradannate
scimmie! Sono qui di nuovo! » Ma il tono indignato scomparve non appena Lord Keith vide gli
ospiti. «Aubrey! Siete davvero il benvenuto e anche voi, dottore. Signore Iddio, li avete fatti saltare
nell'Adriatico! Mi sono arrivati i vostri primi dispacci e sono stati molto apprezzati a Whitehall.
Spero che vorrete farci il piacere di essere nostri ospiti a pranzo, sabato. » « Ne sarei felicissimo,
ma devo portare a termine i vostri ordini. Spero di riuscirci poco dopo la luna nuova e allora sarò a
vostra disposizione. » Si udì il rumore di una carrozza, poi un'altra ancora, e le voci di due gruppi di
visitatori. Jack e Stephen si congedarono e per buona sorte riuscirono a evitare i nuovi arrivati, tutti
riuniti sulla ghiaia del vialetto per scambiarsi esclamazioni sulla straordinaria coincidenza
dell'arrivo proprio nello stesso momento. Tornarono a piedi in città e mentre percorrevano il
lungomare Stephen vide il battello quotidiano per Tangeri - quasi un traghetto - che si riempiva di
arabi, di ebrei di Gibilterra e di qualche vecchio mercante spagnolo. C'era anche Jacob, in caffettano
e zucchetto, difficile distinguerlo dagli altri. Sul momento non fece commenti, ma non fu sorpreso di
trovare un biglietto del collega che lo informava di essersi recato a Tangeri per incontrare certe
persone per un acquisto di gioielli di valore, messaggio chiaro solo a Stephen; più tardi, mentre
cenava con Jack, chiese: « Jacob non è ufficialmente sul registro della nave, vero? » «No: credo che
sia a bordo come soprannumerario, senza diritto a vitto, paga o tabacco. » « Chi lo mantiene, allora?
» « Be', tu, suppongo: in ogni caso tutto ciò che mangia o beve o fuma verrà detratto dalla tua paga
fino all'ultimo spicciolo e con il massimo rigore. » « Scopro che mi sto dissanguando per un branco
di squali mercenari e dal cuore di pietra», osservò Stephen con un sorriso forzato. « Esattamente. E i
bambini che hai comprato ad Algeri han243 no ognuno un registro dove ogni scodella di pappa ti è
stata addebitata insieme con il vaso di terracotta che hanno rotto. Questa è la marina, dopotutto. » «
Suppongo che Jacob sarebbe frustato o messo ai ferri, se si assentasse senza una licenza formale? » «
No. In simili casi si applica una punizione conosciuta come 'giro di chiglia'. Ma non preoccuparti: in
genere, le vittime sopravvivono... be', abbastanza spesso. Perdonami, non è il momento di essere
faceti. Temo che i bambini ti manchino molto, erano creature simpatiche. Ti chiedo scusa. » « Sì, lo
ammetto; anche se Lady Keith è stata così buona e gentile: non potrebbero essere in mani migliori.
Quando hanno capito che cosa stava accadendo, hanno pianto in modo straziante. Ma poi li ho visti
così presi dalle frotte di scimmie che mi sono consolato, probabilmente hanno continuato a sospettare
che non facessi sul serio: li ho sentiti ridere allegramente quando ero quasi in fondo alla discesa,
mentre osservavo due serpi intrecciate che si drizzavano in quasi tutta la loro lunghezza in un
amplesso amoroso. » « Oh, signore! » gridò un messaggero del signor Harding, « per favore, il
dottore potrebbe venire a vedere Abram White? Ha avuto un colpo! » Abram White stava male, in
effetti: era privo di conoscenza, gonfio, con grosse contusioni. Ma non si trattava di apoplessia e
nemmeno di epilessia. Per ragioni che solo lui poteva conoscere, aveva portato a bordo di nascosto
tre otri di rum per berselo lentamente, in segreto, con godimento. Credendo, però, di essere stato
scoperto dall'aiutante del capitano d'armi, aveva eliminato la prova del suo misfatto tracannando tutto
il rum rimasto in una volta: si era quasi strozzato ed era caduto giù dal boccaporto di trinchetto. Ora
giaceva pallido, in stato di incoscienza, il respiro e il polso appena percepibili. Dopo gli anni
trascorsi sul mare, Stephen era abituato ai marinai pallidi e in stato di incoscienza, e dopo essersi
assicurato che gli arti, la colonna vertebrale e il cranio non avessero subito lesioni, indusse il vomito
e lo fece portare in infermeria. Quando Jacob ritornò a bordo, Abram White stava benissimo
244 ed era perfettamente in grado di svolgere Ì propri doveri. Se anche qualcuno aveva notato
l'assenza dell'aiuto chirurgo, probabilmente aveva pensato fosse dovuta a ragioni ufficiali o mediche,
un periodo di tempo all'ospedale o qualcosa del genere, dato che il suo ritorno non suscitò nessun
commento, soprattutto perché si era cambiato d'abito. Trovò Stephen intento a contare tavolette di
minestra secca dure come vetro. « Spero che la mia assenza non abbia causato problemi », disse. «
Avevo ricevuto un messaggio urgente da un amico sulla costa africana. » « No, nessuno. Il viaggio è
stato utile? » « Giudicate voi stesso. Sull'altra sponda hanno un diverso concetto della sicurezza e io
ho avuto l'informazione da non meno di tre fonti: tutte concordavano. » Parlavano in francese, come
facevano in genere quando si trattava di argomenti di medicina o di natura privata; tuttavia Jacob
abbassò la voce. « La galea di Arzila si trova a Tangeri, con il carico a bordo, equipaggiata e armata
pesantemente per quanto può esserlo una galea: due cannoni da ventiquattro libbre a prua e due a
poppa, con possibilità di un fuoco di moschetteria abbastanza nutrito quando procede a vela. Dicono
che i cannoni siano particolarmente efficienti, di bronzo, ben calibrati, con palle perfettamente
sferiche e lisce. A meno che non soffi un vento molto forte e contrario da est, Yahya ben Khaled, il
capitano, intende attraversare lo stretto venerdì notte, una notte senza luna, per fare rotta direttamente
su Durazzo, consegnare l'oro — in garanzia ha dato genitori, mogli e figli -, prendersi la sua decima
parte e ritornare, approfittando della sua potenza di fuoco per difendersi dai mercantili che
incontrerà. » « Un colpo audace. » « Sì. Murad Reis è ben noto per i suoi colpi audaci, gli riescono
quasi sempre. Non conta solo sulla fortuna e questa volta ha noleggiato due galee più piccole per
usarle come esche: una navigherà in prossimità della costa africana, l'altra al centro dello stretto,
mentre la sua aspetterà sotto Tarifa e tenterà l'attraversamento in prossimità della costa europea. »
«Amos », disse Stephen, « questa notizia non potrebbe farmi 245 più piacere. Volete venire con me e
ripetere tutto al comandante Aubrey? » « Certamente. » Jack lo ascoltò attentamente, con il volto che
andava assumendo l'espressione di un'aquila enorme che avesse avvistato la preda a breve distanza.
« Dottor Jacob », disse alla fine, stringendogli la mano, « vi ringrazio di tutto cuore per
l'informazione; credo di poterla definire senza pari. Dunque, se il vento sarà appena occidentale,
Murad Reis farà vela venerdì notte, rimarrà in panna sotto Tarifa, presumo fino all'inversione della
marea, poco dopo la mezzanotte, e tenterà l'impresa. Dovremo essere pronti. » Riflette qualche
istante. « E c'è da dire », riprese, « che se a Tangeri le notizie si spargono così in fretta e arrivano
qui tanto rapidamente, dobbiamo supporre che qualsiasi indiscrezione da parte nostra possa
attraversare lo stretto con la stessa velocità. Sospenderò tutte le licenze a terra, e dal momento che
per domani mattina avremo completato i rifornimenti, l'unica cosa che potrebbe tradire la nostra
intenzione di fare vela è il trasporto dei malati a terra. Con mia vergogna devo confessare che in
questo momento non ricordo la lista dei ricoverati nell'infer-meria. » « Oh, se è per questo », disse
Stephen, « abbiamo soltanto un paio di ostinate infezioni veneree e un'ernia; posso trasferire i
pazienti sulla Polyphemus venerdì sera, dall'impavesata, e affidarli al mio amico Walker. » « Bene.
Se qualche imbecille deciderà di chiacchierare troppo, con l'aiuto di Dio noi, saremo già lontano. »

CAPITOLO X

Il comandante Aubrey e i suoi ufficiali trascorsero il pomeriggio sulla Ringle navigando lungo lo
stretto, facendo rilevamenti e scandagliando il fondale; e durante la navigazione avvistarono lontane,
a occidente, due fregate pesanti,l’ Acasta e la Lavinia, con cui scambiarono i nominativi. Entrambe
erano malridotte per via della burrasca ed entrambe avevano le pompe in funzione: grossi e potenti
getti d'acqua si disperdevano sottovento. Rimasero al largo e lungo lo stretto, con il profilo familiare
della costa che si imprimeva nella memoria, e furono di ritorno nel tardo pomeriggio; parlando in
privato con Stephen nella cabina, Jack disse: « A freddo, l'informazione di Jacob, così perfetta in
tutto e per tutto, mi sembra troppo bella per essere vera». « Sì, è perfetta in tutto e per tutto. Ma credo
sia vera. Jacob e Arden sono le uniche due persone del servizio informazioni per le quali metterei la
mano sul fuoco. » « In questo caso, Stephen, mi cambierò d'abito, trasborderò sull'ammiraglia e
chiederò un colloquio o lascerò questo biglietto. » Lo passò a Stephen, che lesse: « 'IL comandante
Aubrey porge i propri omaggi a Lord Barmouth e, in seguito a informazioni recenti, chiede con la
massima urgenza il permesso di fare vela questa sera: si prende la libertà di aggiungere che il suo
consigliere politico è d'accordo' ». « Ben fatto, Jack. » Sorridendo, Aubrey chiamò: « Killick!
Uniforme ordinaria, brache decenti; e dite a Bonden che avrò bisogno subito della lancia». La lancia
lo trasbordò fino all'ammiraglia sull'acqua calma, dove, in risposta al richiamo, Bonden gridò:
«Surprise!» Dopo le formalità dovute a un capitano di vascello, Jack disse: « Mi dispiace disturbarvi
di nuovo, Holden, ma devo vedere l'ammiraglio oppure fargli recapitare questo biglietto ». Qualche
momento dopo l'aiutante di bandiera fece ritorno, 247 pregò il comandante Aubrey di seguirlo e lo
accompagnò nella cabina di poppa, dove Lord Barmouth, che sembrava ringiovanito di dieci anni, lo
ricevette con una cordialità cui Jack non era abituato, sebbene l'ammiraglio fosse noto per avere un
carattere volubile che passava da un estremo all'altro. « In quanto a questo biglietto », disse il
comandante in capo, « giudicate affidabile la fonte dell'informazione? » « Tanto affidabile da mettere
in gioco la vita. E il dottor Ma-turin è d'accordo. » «Allora dovete certamente andare. Ma, Aubrey,
non avevo idea che foste un amico d'infanzia di mia moglie, in effetti una specie di cugino, il Acasta è
entrata in porto questo pomeriggio, portandola qui, finalmente, in salute nonostante il brutto tempo:
mia moglie è un magnifico marinaio. Aveva un pacchetto per Lady Keith e siamo andati subito da
loro. Sono stati così gentili da ospitarci per cena, una semplice cenetta improvvisata, solo noi
quattro, e non so come è stato fatto il vostro nome. Abbiamo scoperto che le due signore vi
conoscevano fin da quando eravate un marmocchio: vi avevano seguito di nave in nave sulla Gazzetta
e sul Ruolo navale e quando hanno messo il piede in fallo, come per la data della vostra nomina sulla
Sophie, Lord Keith le ha rimesse sulla rotta giusta. Alla fine è stato deciso che i Keith, voi e il dottor
Maturin - Lord Keith lo stima molto - verrete a pranzo domani sull'ammiraglia. Ma temo che dopo la
vostra richiesta non possiate farlo. » « Temo di no; ma sono molto toccato dalla vostra bontà e sono
sicuro che lo sarà anche il dottor Maturin. » L'ammiraglio chinò il capo e riprese: « Ora, in merito
alla vostra richiesta, credete davvero che l'informazione sia fondata? » «Assolutamente: rischierei la
mia nave e me stesso, su questo. Vi ripeto, il dottor Maturin è d'accordo. » « E si tratta di una cosa
urgente? » « Non potrebbe esserlo di più. » « Dovete andare, allora. Ma al vostro ritorno Lady
Barmouth e io saremo molto felici di avervi qui entrambi, insieme con i Keith. » Suonò il campanello
e disse al famiglio di portare
248 il brandy invecchiato. Il famiglio tornò, e Barmouth riempì i bicchieri e brindò: «Alla
Surprisee al suo successo ». « Un brandy egregio, parola mia », si congratulò Jack; dopo una pausa
disse, con un certo imbarazzo: « Non ho mai avuto l'onore di prestare servizio sotto l'ammiraglio
Horton ed essendo spesso lontano dall'Inghilterra non ho mai saputo del suo matrimonio e nemmeno
della sua morte ». «Aveva sposato Isobel Carrington poco dopo aver ottenuto l'insegna. » « Isobel
Carrington! » esclamò Jack. « Avrei dovuto capirlo quando mi parlavate di Queenie e di lei. Isobel e
Queenie! Signore Iddio, che ricordi felici! Aspetterò con ansia il momento in cui potrò porgere i miei
rispetti a Lady Barmouth. E vi ringrazio di tutto cuore per il permesso di fare vela, signore. » IL
comandante in capo gli strinse la mano e i due si lasciarono in ottimi rapporti, migliori di quanto Jack
avrebbe mai pensato. Di nuovo a bordo della Surprises in abiti da lavoro, fece venire il carpentiere.
« Ditemi, quale delle nostre scialuppe credete sia più veloce e migliore boliniera? » « Oh, il cutter
blu, signore, senza alcun dubbio: il cutter blu con il signor Daniel alla barra. Riesce a fargli stringere
il vento di mezza quarta in più, fino a mezzo nodo in più, signore. » «Molto bene: per favore, date
un'occhiata al cutter e se manca qualcosa fatelo sapere al signor Harding. Il cannoniere vi darà
qualche luce blu e rossa e qualche razzo bianco a stelle. » Poi, rivolgendosi fuoribordo, chiamò: «
Ringle!Signor Reade, presto faremo vela verso lo stretto, perciò, se avete qualche donna a bordo,
sarà bene che sbarchi subito. E quando saremo al largo, vorrei parlarvi ». Parve così facile il
disormeggio dei due velieri poco dopo il cannone della sera! Quasi non ci fu bisogno di dare ordini.
Gli esperti marinai addugliarono le cime familiari, tesarono le boli-ne mentre le navi si staccavano
dal molo e assicurarono tutto quasi automaticamente. Ma Jack controllò che venisse issata la lanterna
della coffa e ordinò una sola luce a poppa. Gli uomini della Surprise û scambiarono strizzatine
d'occhio e cenni del ca249 pò con l'aria di chi la sapeva lunga: avevano capito che c'era sotto
qualcosa e poco dopo seppero di che cosa si trattava. Jack riunì i suoi ufficiali e Wlliam Reade sul
cassero. « Signori», disse, «come sapete questa missione mirava a scoraggiare Bonaparte sul mare:
ma c'è dell'altro. Dal punto di vista della guerra sulla terraferma i sostenitori di Napoleone in
Bosnia, Serbia e le regioni vicine pensavano che se avessero potuto impedire agli eserciti russo e
austriaco di unirsi agli inglesi e ai prussiani Bonaparte avrebbe potuto sconfiggere gli alleati
separatamente, uno alla volta. Per fare questo, era necessario arruolare un gran numero di mercenari
musulmani dei Balcani; noi abbiamo impedito al dey di Algeri di lasciar transitare attraverso il suo
Stato l'oro che serviva come ricompensa, ma ora il tesoro si trova a bordo di una grossa galea che ha
lasciato il Marocco e intende attraversare lo stretto questa notte. Secondo le nostre informazioni, la
galea aspetterà sotto Tarifa fino all'inversione di marea, poi, con il vento a favore, proverà a passare;
se il vento dovesse mancare, allora procederà a remi: possono fare sette e perfino otto nodi per un
tratto breve. E avranno anche il vantaggio della corrente orientale. Il capitano, un corsaro noto e
intraprendente, ha noleggiato altre due galee da usare come esche, facendole navigare l'una lungo la
costa africana e l'altra al centro del canale. Non ci occuperemo di loro, ma faremo rotta su Tarifa,
con la Ringle a sinistra e il signor Daniel sul cutter blu a dritta, ognuna a tre gomene di distanza dalla
Surprise, in allineamento frontale, il primo che avvisterà la galea sparerà una luce blu se il nemico
sarà a dritta, rossa se sarà a sinistra e un razzo bianco se a prua. » «Blu a dritta, rosso a sinistra,
bianco a prua», ripeterono a bassa voce e Reade tornò alla sua goletta, mentre il cutter blu veniva
messo in mare. Nessun chiaro di luna, ma uno splendido, grandioso cielo stellato: Orione in tutta la
sua gloria, la magnifica Vega scintillante al giardinetto di sinistra, con Deneb un poco oltre il
traverso, l'Orsa maggiore e minore e la stella polare, Arturo e Spica al mascone di dritta: e se la
trinchettina non lo avesse impedito, Stephen avrebbe visto Sirio; ma vide Procione. Infine, al 250
mascone di sinistra, Capella, bassa sull'orizzonte ma ancora brillante e Castore e Polluce. « Castore
è una superba stella multipla», disse Jack indicandogliela, «quando saremo a casa te la mostrerò con
il mio telescopio. » Poi, a voce più alta: « Signor Harding, credo che dovremmo ridurre la velatura».
I leg-gerissimi veli di vapore sotto le stelle, che difficilmente avrebbero potuto definirsi nubi, erano
a cinque o perfino sei gradi più a sud di quando Jack aveva cominciato a indicare le costellazioni a
Stephen. Il vento stava girando in senso antiorario e se avesse continuato così la Surprise si sarebbe
trovata molto sopravvento alla galea quando fosse stata all'altezza di Tarifa. Se Jack avesse
aspettato, era probabile che la galea cominciasse la sua navigazione e, sebbene potesse stringere il
vento di una quarta in più di una nave a vele quadre, una volta nello stretto, la Surprise avrebbe avuto
il vantaggio del vento e l'incontro sarebbe stato inevitabile. Nessun chiaro di luna, ma lo stellato
diffondeva un vago chiarore che permetteva a un occhio addestrato di distinguere la costa spagnola;
punta Carnero, punta Secreta, punta del Fraile e punta Achebuche erano ormai a poppa: Tarifa non
poteva essere lontana. « Solo le gabbie », disse Jack a voce molto bassa e la nave perse abbrivo. «
Quatttro nodi e due braccia, signore, prego », annunciò in un bisbiglio l'allievo addetto al
solcometro. A bordo si respirava aria di crisi imminente e il quartiermastro aveva suonato la
campana soltanto con le nocche. Quasi nessuno parlava, nessun mormorio in coperta, dove i cannoni
erano già stati portati in batteria e la miccia a combustione lenta si consumava nei recipienti. Fu
Daniel, nel cutter, ad avvistare per primo la galea, più vicina alla costa di quanto fosse lui e già con
le vele spiegate, due belle vele latine ben inferite e in forza. La luce blu si innalzò nel cielo e il suo
ultimo splendore mostrò chiaramente il nemico, il mare e lo stesso fumo del razzo che si andava
disperdendo a sud. La galea non si era ancora inoltrata nello stretto tanto quanto Jack avrebbe voluto,
ma era in una posizione buona. Jack se251 gnalò alla Ringle di recuperare il cutter e seguire la
fregata, poi spiegò tutta la velatura che la Surprise poteva portare, stringendo al massimo il vento
moderato, che andava rinfrescando mentre girava in senso antiorario. Quando la galea vide tre navi
da guerra, probabilmente seguite da altre all'estremità orientale dello stretto che erano già state
avvertite della sua presenza, abbandonò l'idea di una corsa veloce lungo il canale, ammainò le vele e
mise in forza i remi, dirigendosi direttamente nel letto del vento. La grande forza di vele bianche
della fregata la rendevano visibile nel chiarore delle stelle, così, quando la galea fu perfettamente
allineata con la Surprise, Murad Reis tentò un tiro lungo con il cannone prodiero di sinistra: i suoi
cannoni pesanti non potevano essere manovrati e dovevano essere puntati con il bastimento, agendo
sul timone con mano esperta. Un tiro lungo: ma la combinazione di una buona mira, polvere e
alesaggio eccellenti e del moto ondoso fecero sì che la palla da ventiquattro libbre centrasse il
secondo cannone del bordo di dritta della fregata, uccidendo Bonden, il capo pezzo, e il giovane
Hallam, l'allievo al comando della squadra. Una volta rizzato il cannone, Jack percorse rapidamente
la batteria, controllando che il puntamento fosse alla massima elevazione, sebbene la galea bassa
sull'acqua fosse poco più di una macchia confusa; poi, quando la fregata fu alta sull'onda, gridò: «
Fuoco! » Perfino con il cannocchiale notturno, dalla coffa di maestra non riuscì a capire se avesse
centrato il bersaglio; ma dopo qualche altro scambio di colpi a distanza, durante i quali la Surprise
ricevette soltanto una palla di rimbalzo debole e innocua, pensò di sì. In ogni caso dopo venti minuti
la galea rallentò l'andatura, forse perché i remi erano stati danneggiati (erano terribilmente
vulnerabili al fuoco di una bordata) o forse perché quel primo sforzo aveva esaurito i rematori.
Mentre il cannocchiale metteva a fuoco quella che quasi certamente era la galea - le loro rotte erano
convergenti - Jack ordinò di sparare un colpo da prua e nel lampo vide distintamente la nave spiegare
le vele. Era veloce e le vele latine le davano un vantaggio di bolina stretta, ma nelle loro posizioni
attuali e con il vento sempre più a sinistra, qualsiasi tentativo di tagliare la rotta della fregata a prua
o a poppa prima che il vento, girando, la ostacolasse, l'avrebbe esposta per lo meno a tre o quattro
bordate alle quali non avrebbe potuto rispondere: una galea, per quanto pesante, ben condotta e con
tiri esperti dei cannoni di prua e di poppa, non sarebbe stata in grado di sostenere il fuoco delle
bordate di un vascello che portava quattordici cannoni da dodici libbre per bordo, senza considerare
i cannoni a prua e a poppa, i cannoncini brandeggiabili sulle coffe e la moschetteria; per non parlare
dei legni più robusti. Murad Reis non poteva nemmeno andare all'abbordaggio, senza la certezza di
essere devastato a prua e a poppa prima di potersi affiancare; e sebbene avesse abbordato e catturato
mercantili più pesanti della Surprise, la rapidità e l'efficienza dei suoi cannoni lo avevano convinto
che non ce l'avrebbe fatta; aveva optato per l'unica via possibile: battere la fregata in velocità (una
galea poteva essere molto rapida su un mare calmo e con il vento a favore), e puntare gradualmente a
est in una lunghissima corsa, riguadagnando forse il vantaggio del vento e la libertà. Il sole del
mattino, innalzandosi sopra l'Africa, mostrò la galea esattamente dove Jack aveva previsto che fosse,
a circa due miglia di distanza a ovest, con le vele latine aperte a farfalla che traevano il massimo da
un vento da velacci da sud sud-ovest; fu così durante tutto quel giorno limpido, senza nuvole, e anche
il giorno seguente, con mare, vento e corrente più o meno invariati. La tensione del primo giorno,
quando tutti, a bordo, donne e ragazzi compresi, avevano cercato di sospingere la fregata contraendo
i muscoli addominali, e gli uomini avevano dimostrato uno zelo straordinario nel correre a riva e fare
tutto ciò che potevano per aumentare la velocità della nave, diminuì man mano che riprendevano i
lavori ordinari, lavaggio dei ponti, brande all'impavesata, uso dei tubi antincendio per bagnare le
vele e renderle più efficienti; l'equipaggio non si fermò più, di continuo, per osservare la preda. Un
mozzo arrivò perfino a riferire a Stephen di aver visto un uccello strano, una sula 253 dalla testa
bruna, e Stephen e Jacob poterono restare senza essere disturbati nel loro posto di osservazione
preferito, accanto al capone di dritta. Avevano ben poco da fare nell'infermeria e quel poco poteva
essere lasciato nelle mani di Poli e di Maggie. Jack, come ogni altro ufficiale, cercava di strappare al
vento un'ulteriore oncia di spinta; in ogni caso non era nello stato d'animo di fare niente altro.
Naturalmente era più che abituato alle morti improvvise, ma soffriva profondamente per la perdita di
Bonden, ammirevole marinaio, e del giovane Hallam, figlio di un suo vecchio compagno di
navigazione. Quel giorno faceva caldo e il successivo, un lunedì, il sole picchiò ancora di più: Jacob
si mise un turbante in testa, come se fosse la cosa più naturale del mondo, e Stephen si coprì il capo
con un fazzoletto bianco annodato. «Potrebbe durare in eterno », osservò prima di cena, seduto su un
rotolo di cima. « E vero, queste due lunghe scie e l'infinità del mare danno l'idea dell'eternità»,
convenne Jacob. «O del sogno. Ma non credo che durerà a lungo. Sono stato a bordo di una corsara
algerina e di una nave dei pirati di Salé e dal momento che il loro intento principale è andare
all'abbordaggio in genere sono stipate di uomini. Inoltre, a meno che intendano fare razzie su una
costa lontana - non è questo il caso della nostra galea, che voleva soltanto attraversare rapidamente
lo stretto e puntare su Durazzo - non hanno mai molte provviste a bordo. E quando la galea usava i
remi a una velocità straordinaria, ho notato l'eccezionale numero di rematori: tutte bocche da
sfamare. » Otto colpi: gli uomini furono chiamati alle mense, ma poco dopo erano di nuovo in
coperta, a prua, ancora masticando o con l'odore del rum addosso, per vedere che ne fosse della
preda. « Che ne pensate, Tobias Belcher? » domandò Stephen, rivolgendosi a un marinaio dai capelli
grigi di Shelmerston, suo compagno di navigazione in precedenti missioni e membro della comunità
degli adoratori di Set, noto per dire sempre il vero. Belcher osservò, riflette, poi rispose che c'era «
qualcosa di poco cristiano in questo tempo qui ». A quel punto arrivò il famiglio del quadrato per
avvertire i dottori che la cena sarebbe stata in tavola entro pochi minuti, 254 perciò tutti e due si
affrettarono a scendere sottocoperta, nell'animo una vaga apprensione per le parole del marinaio. La
Surprise, tornando al suo ruolo di nave privata, aveva perso l'ufficiale dei fanti di marina, ma con i
tre ufficiali, il nocchiere, il commissario e i due chirurghi, la mensa era affollata; parlarono a lungo
sul probabile esito della giornata, ma quando venne servito il budino furono interrotti da uno schianto
fragoroso a prua, l'impatto di un'altra palla di rimbalzo del cannone di poppa della galea. Sotto il
sole cocente cominciò una forma curiosa di guerra sul mare: un lieve rafforzamento del vento
raggiunse per prima la fregata portandola a tiro dei cannoni della galea, ma dal momento che le due
navi non erano esattamente allineate, quest'ultima, per puntare i cannoni, dovette agire sul timone,
esponendo l'anca al fuoco della Surprise. Le cose peggiorarono per via del vento, che mise in gioco i
cannoni del mascone della fregata puntati a prua, con il pericolo che la fregata stringesse ancor più il
vento e investisse i legni relativamente fragili della galea con una bordata da centosessantotto libbre
di ferro. I due comandanti, l'uno esattamente a prua, l'altro esattamente a poppa, si osservavano
attentamente, cercando di interpretare ogni più piccolo movimento per controbattere di conseguenza.
Gli uomini della Surprise ai cannoni di prua erano già pronti, per non tradire le intenzioni del
comandante, e quando una raffica favorevole portò la fregata più vicina alla galea di forse cinquanta
iarde, Jack disse a Daniel, al comando dei cannoni del mascone sinistro: « Signor Daniel, sto per
accostare al vento per fare fuoco con il cannone prodiero: fate fuoco contemporaneamente non
appena a tiro ». Si diresse al cannone prodiero di sinistra, un bel cannone di bronzo da nove libbre:
giudicò l'elevazione corretta e inginocchiandosi per prendere la mira gridò: «Vieni all'orza! Bene
così... ora». E quando la poppa della galea si mostrò chiaramente, fece fuoco. La palla rimbalzò sulla
scia della preda e le attraversò la vela di poppa, mentre i tre cannoni del mascone facevano volare
schegge, colpendola di rimbalzo. 255 Pochi momenti dopo la raffica che aveva portato la fregata ad
avvicinarsi favorì la corsara, mettendola fuori tiro. « Mio Dio, che caldo! » esclamò Jack, voltandosi
per bere dal barilotto di coperta, imitato da tutti gli uomini. Continuò così, una giornata afosa dopo
l'altra; perfino la luna sembrava emanasse calore. Le due navi fecero tutto ciò che l'ingegno umano, la
capacità, il mestiere e la malevolenza potevano fare per distruggersi a vicenda, ma nessuna delle due
ottenne un vantaggio decisivo pur infliggendo ferite al nemico, ben lungi dall'essere mortali. Alla fine
il vento li abbandonò e li lasciò alla misera ombra offerta dalle vele vuote a osservare la galea che
metteva in azione i remi, diretta a ovest, verso quella che avrebbe potuto definirsi una nuvola
all'orizzonte, se quel cielo impietoso avesse tollerato una sola, nube. Se Jack e Adams, il suo
segretario, non avessero tenfito il giornale di bordo con la registrazione della posizione esatta, delle
distanze percorse, delle variazioni del vento, delle osservazioni sul tempo, sui fenomeni naturali,
forse il comandante Aubrey non avrebbe saputo che era mercoledì, il primo mercoledì di giugno.
Quel giorno ci furono tre casi di insolazione e Jack, come prevenzione e per offrire una distrazione
agli uomini, fece calare una vela dalla murata, con i bordi ben rialzati al di sopra di quell'acqua
infestata da un numero impressionante di squali: si tuffò, per incoraggiare l'equipaggio, ma scoprì che
quel bagno quasi caldo offriva ben poco refrigerio. Nessuno dei due chirurghi si unì alla folla
sguazzante e, vedendo che nessuno li teneva d'occhio, Stephen guidò Jacob fin sulla coffa di maestra,
dalla quale avrebbero potuto vedere la galea con un cannocchiale preso in prestito dal quadrato, dato
che la nave aveva ruotato con la corrente. Non correvano un vero pericolo, ma Daniel e tre allievi,
nudi come vermi, risalirono di corsa a bordo e sul sartiame per dare ai due non solo dei consigli, ma
un sostegno nei momenti di difficoltà. Giunto sulla coffa Maturin li ringraziò, disse che sarebbero
stati in grado di ridiscendere senza altro aiuto che quello della 256 forza di gravita e li rimandò al
loro bagno; dopo aver ripreso fiato, disse: «Amos, non credo che siate stato quassù prima d'ora ». «
No, ma sono contentissimo di esserci ora. Che mare infinito, e come sembra vicina la galea! C'è
fermento a bordo. Posso avere il cannocchiale? Oh... » soggiunse in un tono di assoluto disgusto. «
Ma lo avevo previsto. » Diede a Maturin il cannocchiale. La brezza aveva fatto portare le vele e i
corsari stavano gettando in mare i rematori incatenati. Osservarono la scena con orrore, in silenzio,
poi Stephen si sporse e chiamò: «Aubrey, la galea ha il vento! Si sta dirigendo verso l'isola che si
vede da quassù ». La nuvola, infatti, era diventata un'isola conica, profondamente scavata nella sua
costa visibile, la costa orientale. Jack li raggiunse all'istante, madido. «Avevo sentito dire che
facevano così, per risparmiare viveri e acqua», disse. E dopo qualche momento di silenzio: « Non
conosco quell'isola. D'altronde siamo fuori da ogni tratto di mare frequentato ». « Credo di averla
vista su una vecchia carta nautica catalana a Barcellona», disse Stephen. «E se ben ricordo si
chiamava Cranc, granchio. » « IL vento ci sta raggiungendo », disse Jack dando ordine a tutti di
risalire a bordo: dopo pochi minuti la fregata era di nuovo fremente di vita, le vele in forza, l'onda
prodiera sempre più alta; e prima che il diabolico sole tramontasse erano arrivati all'isola del
Granchio. Tutti, a bordo, nessuno escluso, avevano visto almeno uno dei rematori, schiavo o
prigioniero senza possibilità di riscatto, urlare mentre veniva gettato in mare, nel mare insanguinato;
e tutti, nessuno escluso, detestavano coloro che lo avevano fatto. L'isola era presumibilmente di
origine vulcanica, un cono eruttivo il cui pendio orientale era esploso, lasciando una bassa laguna
circondata da un alto bastione roccioso, interrotto soltanto da uno stretto canale attraverso cui il mare
entrava e usciva. Dalle coffe si poteva vedere la galea ormeggiata sotto il bastione di roccia, accanto
a un molo semi distrutto e a qualche edificio abbandonato. Era assolutamente al riparo da tutto 257
tranne che dal fuoco dei mortai, ma la fregata non possedeva mortai e non poteva entrare in quelle
acque dai fondali così bassi per usare i cannoni. Il leggero vento da velacci la portò in un solo bordo
a fare il periplo dell'isola, scandagliando e perlustrando: acqua profonda, nessuna scogliera visibile,
quasi nessuna vegetazione nell'interno, non il minimo segno di acqua; e nemmeno, con stupore di
Stephen, di uccelli marini. Sulla costa occidentale, sotto pareti di roccia ripidissime, si vedeva una
piccola spiaggia grigiastra. Jack e Stephen si fecero portare là sulla scialuppa e mentre camminavano
su quel poco di sabbia esistente, Aubrey osservò che era la colma di marea: la risacca doveva essere
terribile dopo una burrasca da ovest; sperava che Stephen avesse trovato qualcosa di interessante
laggiù, disse. « Ho trovato qualcosa, sì », gli rispose. « L'assenza di vita. Siamo ormai a giugno e non
c'è traccia nemmeno di un nido di procelaria. Nessun uccello, nessun parassita, nessun acaro delle
piume. E ti dirò una cosa, fratello: da quella roccia fuoriesce un odore inquietante, proviene da
quelle fessure... metti il naso qui. Non sono un chimico, Dio ce ne scampi, ma sospetto si tratti di
un'emanazione tossica. Spiegherebbe l'assenza di vegetazione perfino a giugno. » Era immerso nei
suoi pensieri, quando arrivò Daniel. « Signore », disse a Jack, « abbiamo un uomo nella scialuppa,
McLeod, che nel 1804 era sulla Centaur: dice che la situazione qui gli ricorda quando il capitano
Hood ha preso Diamond Rock. McLeod è stato roof latore a Saint Kilda, in gioventù, e ha aiutato a
trasportare i cannoni sulla scogliera. » « Non lo avevo notato », disse Jack, « ma è vero, la situazione
è molto simile. Sarebbe in grado di portare una cima fin lassù? McLeod! » chiamò, e un marinaio
alto, di mezz'età, imbarcato di recente a Gibilterra si fece avanti, goffo e imbarazzato. « Credete di
poter portare una cima su quella scogliera? Fin lassù? » « Credo di sì, signore », rispose McLeod nel
suo inglese esitante, « con una piccozza ben temprata e con una caviglia robusta con un bozzello per
mandarmi su di altre venticinque brac 258 eia. Questa parete non è dritta come a Diamond Rock, ma
la roccia è più tenera e potrebbe darmi dei problemi, in cima. » « Volete provare? Se doveste
accorgervi che è troppo friabile, scendete: è solo una prova, un tentativo. » «Avevamo issato cannoni
da ventiquattro libbre», disse McLeod senza seguirlo veramente. « Torniamo alla nave », disse Jack
guidando gli altri alla scialuppa. Aiutati dalla corrente ed esaltati dai ricordi di Diamond Rock,
un'impresa straordinaria, vogarono velocemente fino alla Surprise, ancorata in modo che la sua
bordata avrebbe distrutto la galea colpendola a dritta se mai questa fosse uscita allo scoperto, mentre
la Ringle lo avrebbe fatto a sinistra. Il nostromo recuperò dalla stiva rotoli della più robusta cima
liscia, l'armaiolo portò la forgia all'incandescenza e fabbricò cunei di ferro forati per i bozzelli,
forgiò e temprò sotto la supervisione di McLeod una piccola piccozza, piccone da una parte e
martello dall'altra. Gli strumenti erano ancora troppo caldi quando la scialuppa fu di nuovo alla
spiaggia, nonostantee McLeod e suo cugino avessero avuto il tempo di cucire un paio di calzature da
roccia fatte con tela da vele. « Nei Pirenei ho inseguito la rupicapra pyrenaica, un camoscio, che Dio
mi perdoni; vive sulle cime più alte. Ma non ho mai visto un rocciatore così. Sembra un geco. » Era
straordinario, un uomo gagliardo di centosettanta libbre di peso che si muoveva verso l'alto su una
parete quasi perpendicolare, con fessure, ma che dal basso sembrava assolutamente liscia; quando
ebbe raggiunto un tratto con maggiori appigli, dove poté riposare, inserire la caviglia e assicurare la
cima, scoppiò un applauso fragoroso. Buttò giù la corda a doppino perché vi attaccassero un nuovo
rotolo di cima, lo sollevò, se lo mise in spalla e continuò, più rapidamente ora, fino a metà parete,
mentre suo cugino Alexander, servendosi della prima corda, cominciava la scalata. In breve tempo
furono in grado di affacciarsi con cautela dalla sommità, la laguna dispiegata sotto di loro. A quel
punto, mentre uomini audaci, ma non quanto i due rocciatori, scavavano appigli per i piedi nel tratto
lungo la prima 259 corda e al di sopra di questa, cominciò uno dei più elaborati intrecci di cime che
Jack avesse mai visto: sebbene non fosse nulla se paragonato alla vera e propria via aerea di
Diamond Rock, il nostromo era al settimo cielo; ben presto tutto fu pronto per issare un cannone da
nove libbre facendolo scorrere su un virado-re tesato al massimo fino a un punto da cui si poteva
dominare la laguna: e se un pezzo da nove non fosse bastato, avrebbero aggiunto due cannoni da
quattordici libbre. Al calare della notte la Surprise fece vela con la bassa marea, quando l'acqua era
troppo poco profonda perché la galea potesse uscire dalla laguna. E al largo, su un fondo buon
tenitore, calò due ancore e fece trasportare a terra i gherlini che furono sollevati con robusti paranchi
fino alla sommità, assicurati a un complicato sistema di pioli e tesati per mezzo del cabestano della
nave. «Via il cannone in caccia», disse Jack, e il suo pezzo da nove libbre venne appeso con anelli di
ferro al viradore. Al grido di « Via così, via così, ora », gli uomini al verricello superiore, al
comando di Whewell, cominciarono a fare forza: i lunghi gherlini con gasse impiombate a entrambi i
capi cominciarono a tendersi a gemere, a irrigidirsi e il cannone iniziò il suo lento cammino lungo il
viradore. Issare il cannone, il suo affusto, le sue munizioni fu una mole di lavoro impressionante, ma
quando il sole illuminò la laguna, con la galea ormeggiata al molo, nessuno era stanco. Jack
conosceva bene il suo cannone: la distanza non era un problema, per un pezzo ben calibrato, poco più
di un furlong, ma, come disse a Stephen, trasportato insieme a Jacob fin lassù a mo' di pacco,
raramente aveva fatto fuoco con quella inclinazione verso il basso. « Proverò con uno o due tiri di
aggiustamento », spiegò, « mirando alle costruzioni in rovina. In batteria, marinai. » IL cannone batte
con un tonfo contro il suo affusto. Jack spostò ulteriormente il cuneo, prese la mira, lo aggiustò
ancora un po' e abbassò la miccia, inarcando il corpo per permettere il rinculo del cannone. Mentre
la squadra si affrettava con lo scovolo, ricaricava e riportava in batteria il pezzo, Jack attese
sventolandosi e sorridendo soddisfatto: il tiro era
260 andato a segno. I mori correvano di qua e di là sulla galea e sul molo come formiche
impazzite. Erano corsari, uomini abituati a battersi: capirono immediatamente in che guaio si
trovavano e afferrarono Murad Reis, lo trascinarono fino all'estremità del molo vicina alla scogliera,
gli legarono le mani, lo costrinsero a inginocchiarsi e gridarono: « I nostri peccati sul suo capo! I
nostri peccati sul suo capo! » Con un solo colpo uno dei corsari tagliò di netto la testa di Murad, la
sollevò verso quanti stavano guardando dall'alto e gridò: « I nostri peccati sul suo capo! Dateci da
bere e saremo vostri schiavi per sempre, avrete la galea, avrete l'oro! » Qualcuno stava bevendo il
sangue, ma la maggior parte guardava in su, alzando le braccia in atteggiamento supplichevole. «
Volete rispondere, dottor Jacob? » domandò Jack. « Comprometterei la mia posizione
irrimediabilmente », disse Jacob. «Aspettiamo un po'. Credo che abbiano altre risorse. » Le avevano:
qualche momento più tardi oltre dieci marinai poderosi, semi nudi, bruciati dal sole, segnati dalle
cicatrici per le frustate, ma di pelle bianca, vennero sospinti in avanti e il loro capo, rivolto verso la
sommità della scogliera gridò con una voce roca da porto di Londra: « Che Dio benedica re Giorgio!
Siamo sudditi britannici, portati via dalla Three Brothers, dalla Trade's Increase e da altre navi: e
saremmo grati a vostro onore per un goccio di qualcosa da bere. Amen ». « Ascoltatelo! »
intervennero gli altri con le voci rauche. « Stiamo morendo di sete. Abbiamo bevuto piscio
quest'ultima settimana. » «Ascoltatemi », disse Jack con la sua voce possente che arrivava lontano, «
prendete le armi e ammucchiatele in fondo al molo, legate le mani ai mori e io segnalerò alla goletta
di mandarvi una scialuppa carica d'acqua e di viveri. » I sudditi britannici lanciarono
un'acclamazione aspra e discorde; Jack sparò tre o quattro colpi di cannone per mantenere alta la
tensione e le armi si ammucchiarono sul molo. 261 A poca distanza dalla laguna gli uomini della
Surprise, soddisfatti e di buonumore, trasportarono le piccole casse meravigliosamente pesanti dalla
galea nella stiva della Surprise dove il loro peso sarebbe stato utile come zavorra. I prigionieri mori,
nutriti e abbeverati furono rinchiusi nella cala delle gomene. Per il momento erano abbattuti, distrutti
moralmente, ma Jack conosceva bene la capacità di recupero, soprattutto degli uomini di mare, e
dopo aver fatto il punto della situazione con i suoi ufficiali, stabili una rotta verso il tratto di costa
africana più vicina: lì avrebbe fatto sbarcare i prigionieri. Per il momento, fece colazione con
Stephen in tutta tranquillità, contemplando compiaciuto l'isola Crane. «Jacob mi ha detto che nei
Paesi arabi chiamano quest'isola Quindicina», disse Stephen. « È stato un porto di pesca
moderatamente prospero e anche un porto corsaro, datteri, carrube, ostriche perlifere, corallo: ecco
il perché del molo e delle costruzioni in rovina. È stato cosi fino al tempo di Mulei Hassan, quando
una nuova eruzione ha distrutto le poche sorgenti, gli acquedotti e le cisterne e ha liberato lentamente
i vapori tossici. Sembra che si possano respirare per quattordici giorni senza altri disturbi se non mal
di testa e dolori gastrici, ma al quindicesimo giorno si muore. » « Chiedo scusa, signore », disse
Harding, « ma mi avete detto di informarvi quando il carico cosse stato completato. L'ultima cassa è
ormai nella stiva. » Men. ;e parlava il suo volto solitamente grave si distese in un sorriso contagioso:
quell'ultima cassa, trasportata a fatica da uomini robusti, pesava oltre cento-dodici libbre e Harding,
sebbene non fosse un uomo avido e attaccato al denaro, sapeva esattamente quante once di quella
massa gli spettassero come parte del bottino. Si diceva che i tre alberi della nave che era la marina
reale britannica fossero patriottismo, promozione e prede. Il denaro delle prede non era certo il più
importante, ma quando ebbero lasciato la costa piatta a nord di Ras Uferni in Marocco, dove avevano
sbarcato i prigionieri dopo una traversata tediosa con venti contrari, la suddivisione del bottino fu il
principale argomento di conversazione.
262 « Se porterete la galea a Gibilterra », disse Aubrey agli schiavi liberati, « dividerete con noi
come marinai scelti. » « Grazie, signore! » gli rispose Hallows, il loro portavoce. « Siete davvero
generoso: prometto che faremo il nostro dovere sulla vostra preda. » « Giusto, giusto! » affermarono
i suoi compagni. E manovrarono la galea magnificamente. Convinti, però, che facesse parte del loro
dovere, si affiancarono alla fregata in tre diverse occasioni, per pregare l'ufficiale di guardia di
ridurre la velatura: « Avete troppe uova nel paniere, rischiate di fare una frittata », era la formula
consueta, ritenuta insieme convincente e arguta. Quando successe l'ultima volta, Jack era in coperta. «
Hallows », disse, « se non manterrete la posizione vi farò sbarcare. » Lo disse con tale convinzione
che pur trovandosi a portata di voce dalla fregata Hallows e i suoi non si azzardarono nemmeno a
riferire di aver visto un fuoco enorme proprio sulla cima di capo Trafalgar e tennero la notizia per la
Ringle. Lungo tutto il litorale europeo dello stretto brillavano effettivamente numerosissimi fuochi
che suscitarono stupore a bordo, ma la vista di Gibilterra stessa incendiata da falò, del porto
affollato di navi che avevano alzato la gran gala, delle bande che suonavano, delle trombe che
squillavano, dei tamburi che rullavano all'impazzata, troncò ogni congettura e la Surprise, dopo aver
alzato il suo nominativo, scivolò silenziosamente al solito punto di ormeggio, seguita dalle
compagne. « L'aiutante di bandiera, signore, prego », disse un allievo al fianco del comandante
Aubrey. « Sono felice per la vostra splendida preda, signore! » esclamò l'aiutante di bandiera. «
Perdio, non potevate scegliere un momento migliore! » « Grazie, signor Betterton », disse Jack, « ma,
prego, che cosa sta succedendo? » Per un istante l'ufficiale lo fissò senza parlare, poi rispose con
aria grave: « Napoleone è stato sconfitto, signore. C'è stata una grande battaglia a Waterloo, nei
Paesi Bassi, e gli alleati hanno vinto. » 263 « Allora sono io a rallegrarmi », affermò Jack
stringendogli la mano. « Conoscete i dettagli? » « No, signore. Ma è arrivato il corriere e il
comandante in capo li avrà certamente. Quando gli è stato riferito che eravate entrato in porto, mi ha
mandato a ricordarvi il vostro impegno: Lady Barmouth è andata a prendere i Keith con la carrozza.
» « Per cortesia, dite a Lord Barmouth che il dottor Maturin e io saremo felicissimi di fargli visita,
soprattutto in un giorno come questo. » « Eccovi, finalmente, Aubrey! » esclamò il comandante in
capo, visibilmente sopraffatto dagli eventi e arrossato dalle libagioni. « Dottore, servo vostro:
veramente felice di vedervi. E così siete arrivato, Aubrey, e con una preda strabiliante al seguito.
Sono felice per voi, naturalmente... quel tipo deve avervi trascinato in un inseguimento dei più
infernali, vero? » «Verissimo. Si è rifugiato su un'isola di cui non conoscevo l'esistenza, l'isola
Cranc, con una laguna dal fondale basso, troppo per la Surprise, ma riparata, e ho dovuto stanarlo
con un trucco simile a quello di Diamond Rock, issando un cannone su una scogliera alta cinquecento
piedi e facendo fuoco dall'alto. » «Be', sono certo che si sia trattato di un'impresa degna di elogio e
mi congratulo con voi; ma vorrei tanto che aveste potuto farlo con un qualsiasi altro dey -al potere in
Algeri: questo dey l'ha presa malissimo, dice che la galea è sua con tutto quello che contiene. Mi ha
mandato una nota furibonda e giura che si rifarà sui mercantili se non avrà una restituzione, un
indennizzo e via dicendo. » « Ma la galea ha fatto fuoco per prima, questo l'ha resa nave pirata e una
preda legale! » « Non è quanto sostiene il dey. » « La parola di un dey appena nominato, che non era
là e che non sa niente vale più di quella di un ufficiale di marina che era sul posto? »
264 «... questo dey l'ha presa malissimo », ripete Barmouth. « IL mio consigliere politico è
pessimista in proposito e temo sia così anche per il governo. Hanno nominato una commissione
speciale, alcuni personaggi influenti che discuteranno le possibilità di un accordo, considerato che
Ali Bey è sempre stato dalla parte dell'Inghilterra... Si tratta di una grossa somma, Aubrey? » « Non
lo so: sono lingotti d'oro molto piccoli, hanno le dimensioni della falange superiore di un dito. Ma di
sicuro uno dei cofani pesa più di centoquindici libbre. » « Centoquindici libbre... quante casse sono?
» « Non le ho contate. » « Be', anche se fossero soltanto otto, il terzo che spetterebbe a me come
ufficiale superiore ammonterebbe a circa cinquemila sterline. C'è da strapparsi i capelli... » Jack fu
tentato di ribattere che non aveva agito sotto Barmouth, ma sotto Keith. Tuttavia, tenne la bocca
chiusa: Barmouth borbottò qualcosa per un po', infine disse: « Naturalmente per voi è molto peggio; e
come farete a spiegarlo ai vostri uomini, senza che vi sia un ammutinamento cruento? Ma, zitti, stanno
arrivando i Keith ». La porta si aprì ed entrarono le signore, splendenti per la gioia, l'esultanza per la
vittoria e i loro gioielli più belli, seguite da Lord Keith. «Jack! » esclamò l'ammiraglio. « Caro Jack!
» seguì sua moglie; e tutti e due lo baciarono con grande affetto. Ricambiando le espressioni di
affetto e con l'aria più t Uce del mondo Jack disse: « Queenie e Isobel, Isobel e Queenie, che bello
vedervi insieme e con questo aspetto meraviglioso, mie care! » «Vi ricordate...?» esclamò l'una, «Vi
ricordate...?» esclamò l'altra, e continuarono finché il comandante in capo non intervenne a
disperdere il gruppetto sconveniente, insistendo in un tono niente affatto cortese e nemmeno civile
perché prendessero posto. Sedette a capotavola con Queenie alla sua destra e con Arden, il
consigliere politico (arrivato in ritardo e ancora pallido per l'emozione) alla sua sinistra, Isobel
Barmouth all'altra estremità, con Lord Keith alla sua destra e il cugino Jack alla sinistra. 265 IL
consigliere politico era stato trattenuto dall'arrivo di ulteriori informazioni sulla battaglia o, meglio,
sulla serie di battaglie, che descrisse con precisione; dopo di che la conversazione languì. Le
emozioni erano state tante e gli ammiragli risentivano dell'età. Queenie e Stephen conversarono
piacevolmente sull'isola Cranc, ma dopo qualche tentativo infruttuoso per rallegrare il comandante in
capo, Queenie tacque, imitata da Stephen. Gli unici a godere del pranzo furono Jack e Isobel. Isobel
era molto più giovane di Queenie, non c'era grande differenza di età tra i due cugini, e quando erano
adolescenti vi era stata una certa ambiguità nella natura della loro amicizia: ora, era ancor più
evidente. Isobel, la voce squillante, era al settimo cielo e a Stephen, seduto di fronte a Jack, parve
che i due si tenessero la mano sotto il tavolo. Isobel era una donna leggera, riflette Stephen,
graziosissima e leggera. Ed era probabile che il suo anziano e corrucciato marito lo sapesse. Dopo
una battuta di Jack che fece scoppiare Iso-bel in una risata eccessiva, Lord Barmouth si raddrizzò
sulla sedia e disse a voce alta: « Aubrey, stavo appunto pensando che ora, visto che non avete più
niente da fare in marina, vi si potrebbe suggerire di levare gli ormeggi e fare vela per le regioni di
Capo Horn, per sondare le profondità dello stretto di Magellano: gli abitanti di quelle terre ve ne
saranno grati e sono certo che le dame di laggiù accoglieranno ben volentieri un compagno così
divertente ». Il tono in cui pronunciò quelle parole fece alzare Isobel di scatto: si diresse con
Queenie in salotto, lasciando dietro di sé un gruppo di uomini in piedi, a disagio, moralmente in
svantaggio. I servitori erano abituati a situazioni del genere e portarono il Porto; aveva fatto tre giri,
quando un domestico riferì a Stephen che il dottor Jacob chiedeva di parlargli. Stephen si scusò e
trovò Jacob all'ingresso. « Vogliate scusarmi », gli disse Jacob, « ma la staffetta di una delegazione
algerina mi ha dato la notizia della deposizione di Ali Bey - è stato strangolato nel mercato degli
schiavi - e dal momento che le nuove della sconfitta francese sono arrivate ad Algeri prima che 266
in Spagna, il nuovo dey Hassan sta inviando la delegazione per congratularsi con il comandante in
capo, annunciargli il suo insediamento al potere e per annullare l'assurda pretesa del suo
predecessore sul tesoro catturato; ma gradirebbe riavere la galea, come simbolo del suo ufficio, e
gradirebbe un prestito immediato di duecentocinquantamila sterline per consolidare la sua posizione
ad Algeri. » « Che sollievo », disse Stephen. « Dal momento che il comandante in capo, Lord Keith,
il consigliere politico e il comandante Aubrey sono qui, e non c'è nessun altro, credo che dovreste
riferirlo direttamente a loro. » « Benissimo: il capo della missione inglese può confermare quanto ho
detto. Devo mandarlo a prendere? » « No, dieci minuti sarebbero troppi. Queste notizie devono
essere servite calde. » « D'accordo. » Stephen lo accompagnò nella sala da pranzo. «Signore», disse
a Barmouth, « posso presentarvi il mio collega dottor Jacob, un gentiluomo molto noto a Sir Joseph
Blaine? » « Udite, udite », disse il consigliere politico. « Certamente », assicurò Barmouth. « Molto
lieto, signore. Prego, sedete. Posso offrirvi un bicchiere di vino? » « Lord Barmouth, Lord Keith,
signori », esordì Jacob, accennando a un inchino al di sopra del bicchiere di Porto, « devo riferirvi
che uno dei nostri agenti più fidati ad Algeri, accompagnato da un membro della commissione
speciale del ministero, il signor Blenkinsop, mi ha appena informato che domani mattina arriverà una
delegazione del nuovo dey Hassan, per congratularsi con il rappresentante di Sua Maestà per la
vittoria su Bonaparte, per annunciare il suo insediamento e regolare una questione in sospeso: la
questione della galea algerina e del suo carico. Rinuncia all'assurda pretesa del suo predecessore e,
pur desiderando di riavere la galea come simbolo del suo ufficio, riconosce pienamente che il
capitano della galea, facendo fuoco per primo, ha privato ogni altra persona che non sia il
comandante della nave di Sua Maestà britannica di ogni diritto. Gradirebbe, però, un prestito
immediato di duecentocinquantami267 la sterline per rafforzare la sua posizione attuale, un prestito
che restituirà a breve termine. » Seguì un silenzio, poi il comandante in capo disse: « Dottor Jacob,
vi siamo davvero grati della buona notizia e di averci avvertito così tempestivamente: saremo in
grado di accogliere quei signori in modo degno. Lord Keith, voi siete l'ufficiale più anziano presente:
posso chiedervi cosa ne pensate? » « Credo che dovremmo considerare questa proposta con assoluto
favore... » « Udite, udite! » interloquì il consigliere politico. «... e dal momento che sono io ad aver
dato per primo gli ordini al comandante Aubrey», continuò Lord Keith, «e dato che so molto bene
come funzionano i tribunali di preda, propongo di sottoporre immediatamente il caso al loro giudizio
e poi di chiedere all'arsenale di decorare la galea con un bel po' di foglia d'oro per farne un dono
presentabile. In quanto al prestito, ovviamente non sono più nella posizione di disporre delle finanze
della colonia, ma non ho dubbi che il governo riterrà la cosa ragionevole. » « Udite, udite », disse di
nuovo il consigliere politico. Il comandante in capo si limitò ad annuire, ma il suo volto, prima così
cupo e malevolo, era illuminato da un sole interiore: in pochi minuti la terza parte della sua quota del
bottino di Jack, che sembrava svanita per sempre, era tornata a essere una realtà, concreta e
magnifica. Lord Keith era un buon amico di Jack Aubrey: il giorno seguente, di primo mattino,
sorprese gli uomini intenti al lavaggio dei ponti e pochi minuti dopo una ventina di carretti erano sul
molo accanto alla Surprise. Sotto scorta armata le piccole casse pesanti furono trasportate nei locali
di tre grosse oreficerie di Gibilterra, dove l'oro fu trasformato in lingotti di peso definito e
controllato ben prima che la nave algerina entrasse in porto con la delegazione e alcuni struzzi adulti
in dono. Jacob assistette alle varie cerimonie, ma Jack e Stephen a ve 268 vano altro di cui
preoccuparsi: Jack dovette persuadere ufficiali, sottufficiali e marinai a spedire in patria almeno due
terzi del denaro della preda che spettava loro, nonché approvvigionare la nave per il primo tratto
della sua navigazione; Stephen fece più o meno la stessa cosa, oltre a scrivere un lunghissimo
rapporto in codice per Sir Joseph. Le cerimonie, a quanto pareva, erano state perfette, in particolare
la comparsa solenne del prestito su vassoi d'argento: ma quella sera, dopo la partenza degli algerini
salutati dal rombo dei cannoni, dal rullo dei tamburi e dagli squilli delle trombe, quando i Keith
vennero al molo per dire addio, accompagnati da una Mona e da un Kevin sovreccitati, a fatica
controllati dalla governante, Jack e Harding scoprirono con dispiacere che non tutti gli uomini della
fregata erano rimasti sobri. Niente di grave, perfino Queenie aveva visto marinai ubriachi; tuttavia
Jack tirò un respiro di sollievo quando gli ormeggi furono levati e la Surprise, spiegando la
trinchettina, scivolò via dal molo. « Che Dio vi benedica », gridò Lady Keith. « Liberate il Cile e
tornate a casa il più presto possibile! » gridò suo marito, mentre i bambini sventolavano fazzoletti e
strillavano. All'estremità del molo, quando la fregata mise la prua a ovest per attraversare lo stretto
con un vento teso, Jack vide una dama elegante accompagnata da una cameriera: sventolava il
fazzoletto, lo sventolava, lo sventolava...

Fine

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