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Guida ai luoghi misteriosi d’Italia

di Umberto Cordier

metrie, la casa dalle mura inclinate, il tempio,


L’itinerario iniziatici ed altro ancora.
del «Sacro Bosco»
Così ne scrive la guida regionale del T.C.I.:
Bomarzo fu antica località etrusca e in epo- «[…] complesso monumentale di notevole
ca tardoromana si chiamò Polimartium; nei suggestione, unico nel suo genere, situato al-
primi secoli del Cristianesimo ebbe sede ve- le pendici di un anfiteatro naturale. Si com-
scovile. pone di una serie di terrazze digradanti verso
Vicino Orsini, singolare personalità di uomo il fondovalle dove, entro una vegetazione ri-
gogliosa, sono scolpiti, direttamente nei mas-
d’armi e letterato, nel Cinquecento vi fece co-
si di peperino di cui è cosparso il terreno, gi-
struire un importante Palazzo (oggi sede co-
gantesche figure di animali mostruosi e fan-
munale), e il famoso «Parco dei Mostri» o
tastici, di colossi favolosi e grotteschi; poco
«Bosco Sacro».
chiari sono la destinazione e il significato
È questo uno dei «monumenti» misteriosi delle raffigurazioni. […]. Scarse notizie si
italiani più conosciuti; un luogo veramente possiedono su di esso: fu ideato e fatto co-
interessante e singolare, notevole per i pro- struire da Vicino Orsini, singolare personalità
blemi di interpretazione che presenta. di uomo d’armi e letterato, presumibilmente

Si tratta in sostanza di un vasto insieme di dal 1552 fin oltre il 1580. Numerose iscrizioni
che accompagnano il visitatore e i sedili di-
grandi sculture «rupestri» di età moderna, che
sposti lungo l’itinerario ne fanno un luogo di
raffigurano esseri mitici, oggetti emblematici,
passeggio e di meditazione».
architetture simboliche: il gigante che rove-
scia la donna, il drago e le fiere, l’orco con le Parecchi elementi del Parco sono tuttora vi-
fauci abitabili, le sensualissime sirene, divini- sibili, ma molti altri dettagli sono andati pro-
tà fluviali e marine, spazi con suggestive geo- babilmente perduti in secoli di abbandono,

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compresa l’esatta successione di «lettura» gannatrici), fino a giungere nel punto più alto,
delle figure di pietra sparse nel bosco. Certo dove troverà sereno compimento e superiore
sarebbe molto interessante compiere ricerche armonia (un elegante tempietto in un’amena
documentarie per tentare di risalire ai proget- radura).
ti originali del complesso.
Al lettore curioso interesserà sapere che un
Per il visitatore, i motivi di ammirazione so- altro «orco», simile a quello di Bomarzo (e
no parecchi: le colossali dimensioni delle scul- probabilmente da questo ispirato), si trova
ture ricavate nella viva pietra, lo strano e nella Villa Aldobrandini di Frascati (RM), nel
stretto connubio fra natura e opera umana, boschetto sopra il ninfeo. E un intero percor-
l’aspetto arcano e simbolico dei giganteschi so «esoterico» paragonabile a quello del Sacro
manufatti. Oltre a tutto questo, si intuisce pe- Bosco si può vedere a Saonara.
rò che l’insieme offre un significato che deve
essere decifrato. Recitano infatti alcune delle
Una scoperta di notevole interesse venne
riferita da Dino Orlandi sul mensile «Il Gior-
iscrizioni:
nale dei Misteri». Nella primavera-estate del
«Voi che pel mondo gite errando, vaghi / 1991, un gruppo di ricerca guidato dal geom.
di vedere meraviglie alte e stupende / Giovanni Lamoretta, assessore al Comune di
venite qua, dove son faccie orrende, / Bomarzo, ha rinvenuto in questa zona un
elefanti, leoni, orsi, orchi et draghi»; arcaico altare rupestre che presenta una chia-
ra lavorazione artificiale e che mostra alvei,
un’altra:
incisioni e simboli.
«Tu ch’entri qua pon mente parte a parte Il reperto, in duro peperino, è situato «nella
e dimmi poi se tante meraviglie sien fatte zona boschiva occidentale, che si estende sul
per inganno o pur per arte?»; fianco della collina di Bomarzo, dove questa,
e un’altra, ancora più palese: nel prolungarsi verso sud, piega ad occidente,
creando una grande ansa attigua all’attuale
«Colui che non si dirigerà verso questo Sacro Bosco.
luogo con gli occhi spalancati e le labbra
serrate non ammirerà i sette famosi
Si tratta di un grande blocco di pietra che
monumenti dell’Universo». nella parte emergente dal suolo occupa un
volume di poco meno di quattro metri cubi,

Non posso qui dilungarmi con una descri- con un andamento irregolare, superfici alter-
ne, alcune disposte scalarmente, con compli-
zione dettagliata delle numerose figure e del-
cate simbologie alla base e grandi segni solari
le architetture, della loro disposizione reci-
- o indefiniti - nel prospetto occidentale. Al
proca, delle simbologie, delle iscrizioni; ri-
vertice dell’ara è stato scavato un profondo
mando il lettore interessato alla bibliografia.
alveo rettangolare.
Molto sommariamente, dirò solo che il per-
corso si può interpretare come il racconto di In alcuni punti delle superfici verticali sono
un itinerario iniziatico, vale a dire una se- state aperte delle nicchie di notevoli propor-
quenza di «operazioni» psicologiche ed esi- zioni, profonde una quindicina di centimetri,
stenziali: il «viaggiatore», che aspira al perfe- probabilmente destinate ad accogliere stru-
zionamento del proprio essere, deve superare menti rituali e di culto. Il lavoro risulta ese-
con fede e tenacia prove terrifiche e tenta- guito non con scalpelli a taglio, ma con uten-
zioni lascive (i mostri spaventosi, le sirene in- sili a punta, specie di grandi bulini, che hanno

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lasciato evidenti tracce sulle pareti delle nic- Il Museo si è recentemente arricchito di un
chie stesse.
reperto archeologico del tutto eccezionale,
Il simbolo più evidente, un sole con raggi un antico oggetto di probabile origine greca,
curvi verso sinistra - il che indicherebbe una dotato di sorprendente contenuto scientifico.
rotazione destrorsa - è sul fronte occidentale Si presenta come una sfera di marmo del dia-
dell’ara, a circa 80/90 centimetri dal piano di metro di quasi 30 cm, del peso di 35 kg, ed è
campagna, ma l’allegoria solare deve essere chiamato - per la sua forma - il "globo di
presa con una certa prudenza. Il senso gene- Matelica".
rale dell’impianto sembra più rivolto a una Dell'importante ritrovamento riferirono i
dedicazione uranica, che pare confermarsi nel
giornali locali; in seguito l'oggetto venne pre-
complesso simbolico degli altri segni incisi.
sentato nel corso di una trasmissione tele-
Gli affossamenti del piano superiore mostra-
visiva RAI della serie "Alla ricerca dell'arca",
no le tracce di un esercizio sacrificale che, vi-
condotta da Mino Damato.
sta l’ambientazione generale, sembra an-
ch’esso di natura uranica. Si sarebbe così in Il "globo di Matelica" è stato accuratamente
presenza di un culto indirizzato a potenze studiato da un esperto del settore: Francesco
cosmiche, che sopravanzano il senso planeta- Azzarita, coordinatore della Sezione Qua-
rio e solare del simbolo più evidente. dranti Solari dell'Unione Astrofili Italiani; egli

La vicinanza, in una stessa area boschiva, di scrisse della scoperta sulla rivista dell'Unione,
e dallo scritto è possibile apprezzare la sor-
questo altare arcaico e dell’itinerario esoteri-
prendente conoscenza e genialità dell'ignoto
co del «Sacro Bosco» è un fatto suggestivo
antico costruttore. Ne riporto qualche brano.
che può suggerire interessanti considerazioni.
Un globo di marmo bianco, reperto archeo-
logico di grande attrattiva per la presenza di
incisioni, segni e scritture greche, ha rivestito
il ruolo di una significativa scoperta: un sin-
golare modello di orologio solare giunto a
noi dall'antichità. E' questa la storia che vo-
gliamo raccontare, cioè quella del Globo di
Matelica, oggetto di studi, confronti e molte
considerazioni, durante il primo Seminario
Nazionale di Gnomonica, organizzato dalla
Sezione Quadranti Solari lo scorso dicembre a
Sant'Elpidio a Mare. Apriamo la storia facendo
conoscenza con il reperto.

Il globo in oggetto fu rinvenuto a Matelica


nel 1985, durante le operazioni di scavo che
Il globo i Matelica
interessarono le fondamenta del Palazzo Pre-
Il globo di Matelica torio, risalente al XIII secolo. Per interessa-

L’importante raccolta ebbe origine nella


mento di Danilo Baldini, esponente del locale
Archeoclub, la sfera di marmo fu depositata
prima metà del Settecento dalle collezioni di nel Museo cittadino. Essa ha un diametro di
monsignor Filippo Piersanti. 29 cm e presenta un grosso foro conico, pro-

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babile sede di un sostegno inferiore che la queste linee sono incise lettere e parole gre-
sorreggeva in posizione adatta al suo funzio- che. Il polo in oggetto risulta distare 43° dal
namento. cerchio dell'orizzonte: si tratta probabilmente

Sulla superficie del globo sono incise due della latitudine d'impiego dell'oggetto in esa-
me.
grandi curve: una, di forma circolare, doveva
venire a trovarsi in giacitura orizzontale A quest'ultimo proposito è da notare che la
quando la sfera si trovava sul suo sostegno, latitudine di Matelica è proprio di circa 43°.
sul quale la immagineremo durante la se-
guente trattazione. L'altra, semicircolare e
Azzarita quindi accenna alla storia degli
strumenti di questo tipo, per poi evidenziare
perpendicolare alla prima, si doveva trovare
le particolarità di quello trattato.
in posizione verticale, a dividere il semiglobo
superiore in due quarti di sfera. Per rendere Prima di prendere in esame il Globo di Ma-
significative le considerazioni che faremo, telica, è opportuno premettere ancora che, a
supporremo che questi due quarti di sfera ri- quanto ci risulta, esso è il secondo orologio
sultino orientati uno verso est e uno verso solare conosciuto a forma di globo, dopo il
ovest. Pertanto le due curve descritte assu- cosiddetto Globo di Prosymna, rinvenuto nel
mono il ruolo di orizzonte, la prima, e di arco 1939 da W. Blegen in quella località del-
meridiano, la seconda. l'Argolide e attualmente custodito a Nafplion,
nella stessa Grecia. E' bene dire, però, che
detto globo ha in comune con il nostro solo i
fori identificati da lettere greche e possiede,
invece, due reticolati di linee curve con iscri-
zioni zodiacali. Il Globo di Matelica non pos-
siede reticolati di linee, ma solo l'orizzontale,
la meridiana e l'insieme delle tre circonferen-
ze parallele e dei tredici fori: singolare e im-
portante particolarità che, nella rarità dei
congeneri, lo rende assolutamente unico.

Altra visuale del globo di Matelica


Lo scritto di Azzarita prosegue con minute
considerazioni geometriche e astronomiche
La sfera porta inoltre, incisi sulla superficie, sulla concezione e il funzionamento dei tre-
due curiosi sistemi di riferimento. Il primo dici fori, giungendo a stabilire che avevano la
che si impone all'attenzione è una sequenza funzione di indicare le ore del giorno, e che
di 13 fori, ognuno del diametro di 5 mm, la loro particolare disposizione consentiva il
incisi sull'emisfero superiore a formare due funzionamento in ogni stagione. Discutendo
archi simmetrici che si estendono da est a poi della funzione dei tre cerchi, così scrive-
ovest: ogni foro è contrassegnato da una let- va: "Se le circonferenze citate descrivessero
tera greca. Il secondo sistema è formato da effettivamente il comportamento del Sole du-
tre circonferenze, parallele tra loro e giacenti rante l'anno, vi dovrebbero corrispondere
su una porzione dell'emisfero superiore, che delle scritture in qualche modo legate ai se-
supponiamo rivolta a nord. Queste tre cir- gni zodiacali. In altre parole, se queste corri-
conferenze sono intersecate da un arco di spondono in qualche modo a un calendario,
cerchio passante per il loro polo; anche su vi dovremmo trovare scritti i nomi dei mesi.

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Non è solo con il desiderio, ma con tutta l'e- citare l'interessante reperto litico che si con-
mozione della scoperta, che riusciamo a de- serva presso il Museo Civico Archeologico di
cifrare - nella giusta collocazione - le lettere Bologna. Si tratta di un “solarium” dei tempi
PART (cioè Partenos = Vergine) e DIDIMOI di Giulio Cesare: è un blocco di calcare grigio,
(cioè Gemelli). Non rimane quindi alcun dub- nel quale è scavata una parziale superficie
bio: le tre circonferenze hanno funzione di sferica del diametro di circa 35 cm; vi sono
calendario e il Globo di Matelica è un qua- tracciate linee orarie che indicavano l'ora (e la
drante solare completo!". stagione) mediante l'ombra di uno gnomone
Interessante è anche la descrizione del glo- applicato sul bordo.

bo dovuta a Danilo Baldini, pubblicata dalla


rivista "L'Aurora" di Camerino (MC). Lo scritto Chi fece visita ai
di Baldini si conclude con una proposta di cavernicoli?
datazione del reperto: "La costruzione dell'o-
rologio solare di Matelica dovrebbe risalire al
In alcune delle sale sono conservati materiali
IV secolo a.C., quindi l'analisi di questo stru- provenienti dalla caverna delle Arene Candi-
mento ci permette di capire a che livello fos- de, presso Finale Ligure (SV).
sero le conoscenze astronomiche e geome- Sulla riviera ligure di ponente, nei pressi
triche degli uomini di 2300 anni fa. Inoltre, della Punta di Caprazoppa, ancora un secolo
per noi archeologi di Matelica, il globo costi- addietro esisteva un luogo di grande e parti-
tuisce una nuova autorevole prova dei forti colare bellezza naturale. Ora ne rimane sola-
rapporti culturali e commerciali che esisteva- mente il nome: le «Arene Candide».
no nel IV secolo a.C. tra la nostra antica città
e la Grecia, in un contesto di traffici commer-
Qui erano infatti grandi dune di bianca e
ciali che intercorrevano tra il mondo etrusco sottile sabbia eolica, che dal mare salivano
e quello ellenistico". sulle falde del monte fino a circa 80 metri di
altezza. Le sabbie vennero poi progressiva-
Il singolare reperto è stato esaminato da e- mente asportate per l’industria vetraria, ed
minenti studiosi, tra i quali il prof. Archie Roj
ora anche la roccia calcarea è profondamente
del dipartimento di astronomia fisica dell'U-
scavata da una devastante attività estrattiva.
niversità di Glasgow, il dott. Andrea Carusi,
astrofisico del reparto planetologia di Roma, Nella montagna si aprono numerose grotte,
il prof. Giuliano Romano, esperto di archeo- la più famosa delle quali è detta appunto del-
astronomia. le «Arene Candide»: quando le bianche sabbie

Due relazioni di studio sul globo di Matelica ancora esistevano, il loro livello giungeva in
pendenza fino alla soglia della grotta. La ca-
vennero presentate da Francesco Azzarita e
vità ha un sviluppo complessivo di circa 700
Girolamo Fantoni nel corso del Colloquio In-
metri.
ternazionale di Archeologia e Astronomia te-
nutosi a Venezia nel maggio 1989. Questa caverna ha guadagnato notorietà in-
In Italia si conoscono ben pochi strumenti ternazionale per la sua importanza come sta-
zione preistorica, abitata dall’uomo già nel
simili: se ne conserva uno a Riva Valdobbia
paleolitico superiore; a più riprese vi si tro-
(VC), in casa Bello, ma si tratta di un oggetto
varono infatti numerosi e rilevanti reperti. L’i-
più semplice e più recente (è datato 1690).
niziatore di questi studi fu Arturo Issel, che
Senza troppo uscire dal tema, si può anche avviò gli scavi nel 1864.

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Nel corso degli anni emersero numerosi La singolare conchiglia esotica non poteva
dettagli di grande interesse, non privi di a- avere provenienza locale, perché all’epoca
spetti curiosi e persino strani. della frequentazione umana della caverna il

Lo stesso Issel, nel 1886, riferì che negli


Mediterraneo non era un mare più caldo del-
l’attuale. Nemmeno era un fossile, trovato dai
scavi si trovarono numerose conchiglie mari-
cavernicoli in remoti strati geologici e quindi
ne di specie rare, assenti in Liguria e carat-
portato nella grotta, perché aveva caratteri-
teristiche invece delle zone calde del Mediter-
stiche di conchiglia fresca.
raneo. L’anno seguente, ancora Issel diede
notizia di un ritrovamento anche più insolito. L’interessante caso assunse in seguito
Si rinvenne infatti un esemplare - non fossile maggiore evidenza, poiché negli scavi della
- di conchiglia marina (Mitra oleacea, Reeve) grotta don Morelli trovò poco dopo altri quat-
del tutto estraneo alla fauna del Mediterra- tro esemplari della stessa conchiglia, e nel
neo, e proprio invece dell’Oceano Indiano. Pur 1892 se ne contavano ben quindici.
trattandosi di un oggetto di origine naturale,
la sua presenza è da interpretarsi come fatto
Lo stesso Issel concluse che la presenza del-
la Mitra oleacea testimoniasse dunque un
«culturale», dovuto all’intervento umano.
contatto fra gli antichi abitatori liguri e genti
Il dottor N. Morelli raccolse un esemplare di provenienti da lontano, probabilmente dalle
questa Mitra negli scavi da lui eseguiti alla e- coste africane.
stremità occidentale della grotta. L’esemplare
è di media grandezza ed ha l’apice mozzato;
Chi fece visita ai cavernicoli?
ma, prescindendo da questa circostanza, è in Un secolo dopo i ritrovamenti dell’Issel,
buono stato di conservazione. Vi sono ben giungono altre interessanti scoperte che sem-
manifesti, tra gli altri caratteri, il color bruno brano rafforzare l’ipotesi di contatti fra popoli
e la lucentezza smaltoide propri alla conchi- preistorici lontanissimi della Liguria e dell’A-
glia fresca. frica meridionale.
Io riconobbi a tutta prima nell’oggetto di cui Ha scritto infatti nel 1992 Franco Tornatore:
si tratta, allorché mi fu comunicato dal racco- «Recenti scoperte di pitture rupestri di origine
glitore, una specie estranea al mare Ligure, ed preistorica, avvenute nell’Africa australe evi-
anche al Mediterraneo, ma non mi riuscì de- denziano una notevole ed interessante affini-
terminarla, mancandomi gli opportuni mate- tà di stile, dei soggetti e di impostazione, «di
riali di confronto. Alla M. oleacea fu ascritto scuola» con le analoghe forme artistiche esi-
dal dottore E. von Martens di Berlino, cui l’a- stenti in quella parte dell’Europa meridionale,
vevo mandato in esame. Questo naturalista, abitata da tribù di Liguri, che fu la culla della
di cui è nota la grande autorità in materia di nostra civiltà e propongono l’ipotesi di una
conchiologia, mi avvertiva come fosse ora dipendenza culturale tra il nord ed il sud del
accertata l’ubicazione che il fondatore della mondo.
specie stessa, Lowell Reeve, non conosceva, e
soggiungeva che tutte le Mitra appartenenti al
Questi affreschi e quei bassorilievi [dei Li-
medesimo tipo, tra le altre la M. acuminata, guri] risalgono tutti al Paleolitico superiore e

Swainson, strettamente affine alla oleacea, sono databili tra 35 mila e 8 mila anni fa. I

non furono fin qui incontrate che nell’Oceano reperti dell’Africa australe: Namibia e Botswa-

Indiano e nelle sue dipendenze. nia risalgono invece al Paleolitico inferiore, tra

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i 50 mila ed i 35 mila anni fa. Ebbene, sia gli giorno quando piacerà al Dio Eterno, padrone
uni, sia gli altri appaiono opere di una stessa dei secoli passati ed avvenire…”. Se questo è
scuola, come se un invisibile filo culturale vero, il parroco di San Pancrazio ritiene che
collegasse l’arte delle tribù Khoisan con quel- l’ara sia murata proprio sotto l’altare della
le Liguri, suggerendo quasi un’origine, non Santa Croce dove è esposto alla devozione dei
etnica, ma artistica comune, con i primi pro- fedeli un antico e artistico Crocifisso».
genitori dei secondi».
Su un balzo erboso a pochi metri di distanza
Le stele della Lunigiana dalla pieve, tutti gli anni, la sera del 2 mag-
gio, viene acceso un altissimo e spettacolare
Il Museo ha sede nel Castello, sopra il pog- rogo di fascine, al suono delle campane; se-
gio del Piagnaro, attorno a cui è addensato condo certe memorie manoscritte della pieve
l’abitato più antico. stessa, il rito vuole appunto ricordare «che

La sua nascita è dovuta all’opera del prof. furono bruciati gli idoli del tempio» e quindi
la conversione al cristianesimo degli ultimi
Augusto Cesare Ambrosi, sindaco del comune
pagani. Da notare che l’usanza viene consu-
di Casola in Lunigiana (MS), dove molti dei
mata intorno a Calendimaggio, una delle date
materiali erano in origine conservati (alcune
«magiche» dell’antico calendario.
statue-stele si trovano ancora presso il Muni-
cipio di Casola). Un altro interessante elemento di folclore

Dopo quello della Spezia, il Museo di Pon- probabilmente collegato agli antichi idoli è
rappresentato dai «pipin», piccoli bambocci di
tremoli è la più importante raccolta delle
legno di fabbricazione locale: quelli attuali –
strane statue-stele della Lunigiana, originali o
anche se abbastanza vetusti - assomigliano a
in copia.
statuine di presepe, ma si pensa che antica-
Un’interessante stele-menhir si trova anche mente questi bambocci raffigurassero davve-
nel cortile del Palazzo Bocconi, che prospetta ro degli idoletti; e si suppone che in origine
sulla piazza inferiore di Pontremoli. anche la cerimonia del rogo fosse stata diffe-

Secondo una radicata tradizione riferita da rente, consistendo proprio nella distruzione
degli idoletti di legno in un piccolo fuoco ac-
Giorgio Batini, uno dei più importanti e cele-
ceso all’interno della pieve, appunto per rie-
bri templi «pagani» della Lunigiana sorgeva a
vocare la fine del paganesimo.
Vignola, una frazione della stessa Pontremoli
(3 km a nord-ovest); il sito del tempio coin- L’usanza attuale che investe questi «pipin»
ciderebbe con quello dell’attuale pieve di San è invece piuttosto curiosa e rara: la mattina
Pancrazio. Il cronista pontremolese Vitale Ar- del tre maggio (cioè quella successiva al rogo
righi, raccoglitore e annotatore di tradizioni serale), i «massari» responsabili estraggono
paesane, ricordò che nel 1896, «durante certi oltre un centinaio di statuette dal vecchio
lavori fatti alla pieve, allorché fu demolito un mobile della sacrestia in cui sono conservate
muro e tolto un riempimento che si trovava e le espongono su un tavolo a disposizione
dietro un altare, si rinvenne una grossa pietra dei fedeli. Ogni abitante del paese che entra
cubica lavorata a martellina con una cavità nel nella chiesa preleva uno dei piccoli simulacri
mezzo, e l’opinione del tempo fu che si trat- e lo porta via con sé. A sera si svolge una
tasse, appunto, di un’ara pagana. Secondo processione, che si conclude in chiesa con la
questa cronaca “…la pietra dei sacrifici fu ri- funzione religiosa; i fedeli, prima di andarse-
murata nella nicchia per riveder la luce del ne, abbandonano i fantocci di legno sui ban-
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chi della pieve oppure sull’altare, proprio Non hanno pendenze che lascino sospettare
«dove l’antico Crocifisso sovrasta, forse, una scopi idraulici: non vi son tracce tombali o di
ara pagana». culto. E son chilometri e chilometri di setter-
raneo.
Gli enigmatici sotterranei A che servivano?
della Rupe
Adesso servono in parte come cantine; e
Con lo pseudonimo di «Toddi», Silvio Pietro muretti e cancelli separano la grotta di Tizio
Rivetta scrisse anche di curiosità italiane. Un da quella di Caio. Ma, poi che ogni proprie-
esempio: «[…] sta Orvieto sul rossigno masso tario di case ha preso abbondantemente il
che le forze plutoniche e alluvionali hanno sotterraneo che gli serviva, restano ancora
costruito e scontornato a bella posta». Ne han chilometri di cunicoli: corridoi i quali non rac-
fatto un imponente piedistallo dominatore chiudono che tenebre e il mistero della loro
della valle, un altare ciclopico sul quale - a origine.
memoria d’uomo, a traccia di storia e a testi-
monianza di ruderi - sempre fu onorata una
Non si sa neppure se siano di età etrusca o
medievale.
divinità.

Tra le poche cose certe che l’etruscologia


Ma proprio questo “non-si-sa” li rende an-
cora più interessanti.
può avallare è l’etimologia di Orvieto: fu per
gli Etruschi Hurtvi-Veltha, ossia “il recinto del È probabile che almeno una parte degli stra-
tempio di Vertumno”, massima divinità di ni cunicoli siano spiegabili come il risultato di
quel popolo. scavi operati per ricavare pietra da costru-
Dov’era il Fanum Voltumnae, veneratissimo zione, un po’ come si è verificato per il sor-
prendente labirinto che si estende nel sotto-
tempio, e ove più tardi fu onorato Giove Ci-
suolo di Napoli, tuttavia potrebbero esservi
mino, la fede e l’arte del trecento eressero il
altre ragioni meno banali e meritevoli di inda-
Duomo, che ogni secolo successivo volle ar-
gine.
ricchire, pur se non sempre abbellì. È la gloria
massima di Orvieto.

Toddi si sofferma sugli aspetti misteriosi


Un Moai pasquense
della città, e scrive: «Il più importante è quello in Italia
della strana capricciosa rete di sotterranei Di origine etrusca, è formato da un borgo
scavati in ogni senso nel gigantesco masso
medievale e da una parte cinquecentesca; è
orvietano. È quasi un’altra rete stradale, ma le
molto interessante per la sua conservazione
bizzarre vie buie che si intersecano nella roc-
ed è assai suggestivo per la posizione stra-
cia non coincidono con le superiori, le quali -
piombante sul precipizio tufaceo.
del resto - sono da 6 a 10 metri più in alto.

Per percorrere i cunicoli bisogna curvarsi,


È interessante citare la presenza a Vitorchia-
no dell’unica statua-stele di tipo pasquense
tanto la volta è bassa: non potevano dunque
che esista al di fuori dell’Isola di Pasqua!
servire come vie di scampo nei periodi torbi-
di, ché disagevole è passarvi in fuga: né le ra- Per iniziativa della rete televisiva RAI3 e del-
mificazioni strane e la mancanza di sbocchi la popolare trasmissione «Alla ricerca dell’ar-
alla campagna si accordano con tale ipotesi. ca», condotta da Mino Damato, all’inizio del

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1990 è stata organizzata una singolare im- scolpiti in foggia di enigmatiche figure assai
presa. caratteristiche. Queste figure umane hanno

Si è infatti invitato in Italia dall’Isola di Pa- teste dai lineamenti molto pronunciati, men-
tre il resto del corpo è appena abbozzato fino
squa un clan familiare composto da 19 per-
all’altezza dell’ombelico; non vi sono le gam-
sone (11 uomini, 5 donne, 3 bambini); il
be. Nell’isola si sono contati circa seicento
gruppo si è stabilito per circa un mese nella
Moai, ma solo una piccola parte sono ancora
cittadina laziale di Vitorchiano, dove sono
in posizione eretta; alcuni portano una sorta
stati messi loro a disposizione spazi e mate-
di copricapo. Le statue furono forse rappre-
riali della locale cava Anselmi.
sentazioni di antenati divinizzati o numi tute-
Presso la cava stessa il gruppo pasquense lari della casta dominante, gli «uomini dalle
ha iniziato a lavorare un grande blocco di pe- lunghe orecchie»; intorno all’anno 1000 della
perino del peso di oltre trenta tonnellate, uti- nostra era, forse a causa di una crisi ecologica
lizzando piccole asce manuali e pietre abrasi- e sociale la classe dominante venne in conflit-
ve. to con un altro gruppo etnico, ed ebbe inizio

Per dare all’opera una precisa identità cul- la decadenza e la dispersione dell’antica cul-
tura.
turale, il lavoro è stato condotto con una par-
ticolare ritualità e le sue fasi principali sono Le stranezze e gli aspetti misteriosi della
state accompagnate da specifiche cerimonie. storia pasquense sono numerosi, e hanno da-

Al termine della faticosa operazione si è ot- to origine ad una cospicua letteratura scienti-
fica e parascientifica, ricca di ipotesi affasci-
tenuto un vero e proprio Moai dell’altezza di nanti. Purtroppo non è possibile accennarne
oltre sei metri, completo del copricapo. neppure di sfuggita; il lettore interessato tro-
La singolarissima stele-statua è stata in se- verà facilmente abbondante materiale docu-
guito innalzata (mediante una potente gru) mentario.
nella sua sede definitiva, al centro della piaz- Un importante studio etnografico, anche se
za Umberto I di Vitorchiano; l’enigmatico ormai datato, è dovuto ad Alfred Metraux,
sguardo del Moai italiano propone al visitato- L’Ile de Paques, pubblicato in Francia nel
re la suggestione di un mistero esotico, nella 1941; tradotto anche in italiano, è arricchito
cornice di una regione ben ricca di fascino e da una vasta bibliografia.
di misteri dell’alba della storia conosciuta.

Uno dei temi più ricorrenti e caratteristici


Gli articoletti sono tratti da “Guida ai luoghi
dell’archeologia misteriosa è indubbiamente
misteriosi d’Italia” di Umberto Cordier –
quello della famosa Isola di Pasqua.
Edizioni Piemme Pocket 2002. Riproduzione
Si tratta di un’isola di origine vulcanica, di autorizzata e limitata a questa occasione.
118 kmq, situata nell’Oceano Pacifico a circa
3500 km dalle coste del Cile, al quale appar-
tiene politicamente. Venne così chiamata per-
ché scoperta il giorno di Pasqua del 1722.
L’isola è particolarmente celebre per la pre-
senza di grandi statue-stele antropomorfe, i
di Umberto Cordier
Moai, monoliti di trachite alti dai 2 ai 7 metri
umberto@cordier.it

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