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riodo in cui egli si trovò ad agire, non solo come storico, ma anche come
oratoriano, cardinale, confessore del pontefice Clemente VIII, suddito del
re di Napoli e quindi di Spagna. La ricerca di una migliore comprensione
di tale complessità di ruoli e di situazioni appare indispensabile per la rico-
struzione di un’epoca segnata da una contrapposizione profonda a livello
politico e religioso: prospettiva che, se da un lato ci riporta in quello che
è stato definito “il secolo di ferro” dallo storico britannico Henry Kamen,
mutuando, per l’arco cronologico dal 1550 al 1650, una definizione che
la storiografia aveva elaborato per il secolo X,1 dall’altro ci permette di
considerare la centralità politica che la Curia romana rivestiva all’interno
del “teatro del mondo”, in un complesso sistema di costruzione e di elabo-
razione di linguaggi politici alimentati dalla cultura barocca.2
1. H. Kamen, The Iron Century. Social Change in Counter Reformation Europe. 1550-
1650, London 1971 (trad. it.: Il secolo di ferro, 1550-1650, Roma-Bari 1985³).
2. I linguaggi del potere in età moderna, a cura di F. Cantù, 2 voll., Roma 2009; La
corte di Roma tra Cinque e Seicento teatro della politica europea, a cura G. Signorotto,
M.A. Visceglia, Roma 1998; sul complesso sistema della cerimonialità romana si vedano
anche Cérémoniel et rituel à Rome (XVIe-XIXe siècle), a cura di C. Brice, M.A. Visceglia,
Rome 1997; M.A. Visceglia, La città rituale. Roma e le sue cerimonie in età moderna,
Roma 2002.
3. F. Ruffini, Perché Cesare Baronio non fu papa. Contributo alla storia della Monar-
chia Sicula e del Jus Esclusivae, Perugia 1910, p. 9.
Considerazioni su Cesare Baronio e la Spagna 343
adottati dal giurista spagnolo, anche quando trattava dell’analisi della natu-
ra giuridica della Monarquía Hispana.16
La disapprovazione della Corona di Spagna nei confronti degli scritti
del Baronio è legata alle conseguenze di natura politica che alcune delle
posizioni contenute nelle opere del Sorano comportavano. Proprio l’au-
torevolezza internazionalmente riconosciuta allo studioso amplificava il
timore che alcune delle sue affermazioni potessero essere utilizzate come
leva contro gli interessi politici della Monarquía nel complesso gioco po-
litico e diplomatico che veniva in quegli anni costruendosi tra i principali
poli della cristianità. Inoltre, l’importante ruolo che il cardinale ricopriva
all’interno della Curia romana giustificava i timori spagnoli che le sue af-
fermazioni fossero espressione di posizioni maturate e condivise ai massi-
mi livelli nella corte papale.
Non si tratta tanto di una ostilità alle opere del cardinale in quanto tale,
ma di alcune contestazioni puntuali, anche se di carattere non trascurabile,
che vennero sollevate in seguito ad alcuni dei suoi scritti. Fermo restando
l’apprezzamento che ebbero i suoi testi, nella penisola iberica e nel mon-
do culturale ad essa collegato, la questione delle controversie sorte tra il
Sorano e la Monarchia di Spagna rimane una delle chiavi di lettura della
mancata elezione dell’Oratoriano, nei due Conclavi del 1605.17 Tuttavia,
si tratta solamente di uno degli aspetti della questione, che nell’insieme
appare più complessa e articolata.
16. F. Cantù, Monarchia cattolica e governo vicereale tra diritto, politica e teologia
morale: da Juan de Solórzano Pereira (e le sue fonti italiane) a Diego de Avendaño, in
Las cortes virreinales de la Monarquía española: América e Italia, a cura di Eadem, Roma
2008, p. 566. Su Solórzano Pereira si veda, tra gli altri, il recente E. García Hernán, Con�
sejero de ambos mundos. Vida y obra de Juan de Solórzano Pereira (1575-1655), Madrid
2007.
17. Ruffini, Perché Cesare Baronio non fu papa.
Considerazioni su Cesare Baronio e la Spagna 347
del Convegno tenutosi a Sora nel 1979 e pubblicato nel 1982, negli atti
curati da Romeo De Maio, Luigi Gulia e Aldo Mazzacane.18
Il saggio di Borromeo è, infatti, molto documentato e ben articolato.
In esso, l’autore offre una grande ricchezza di fonti e di letture nel com-
plesso difficilmente superabile, arricchendo notevolmente la prospettiva
dell’analisi rispetto agli studi antecedenti. Esso, tra l’altro, ha il pregio di
smentire su base documentale (grazie ad una accurata indagine archivistica
condotta in Vaticano e in Spagna) alcuni luoghi comuni in precedenza ac-
cettati dalla storiografia e che avevano confermato l’ostilità spagnola alla
candidatura del Baronio al soglio di Pietro in occasione dei Conclavi del
1605, che avrebbero poi visto emergere prima papa Leone XI Medici, can-
didato considerato filo-francese, il cui magistero durò soli 27 giorni, poi,
papa Paolo V Borghese, pontefice più gradito alla Spagna.
Se, come abbiamo visto, sin dal 1605 si sostenne che tra le cause del-
la mancata elezione al soglio pontificio del Baronio la controversia sulla
Legazia di Sicilia abbia rivestito un ruolo considerevole,19 per una piena
comprensione del rapporto tra Baronio e il mondo ispanico è necessario
ampliare la prospettiva, considerando ulteriori aspetti e tracciando giudizi
meno netti. Il rapporto tra Baronio e la Spagna, come abbiamo anticipato,
non può esser letto solamente in chiave di aperta ostilità e focalizzando
l’attenzione sulle due infelici circostanze nelle quali il cardinale oratoriano
vide sfuggirgli l’opportunità di salire al soglio di Pietro,20 elemento che
emerge anche nel saggio di Borromeo, che, spingendosi oltre, illustra ul-
teriori aspetti e questioni rilevanti per la comprensione del tema. Tuttavia,
tale contributo, proprio grazie a tutti i pregi ricordati, non può esser con-
siderato come approdo finale della questione, quanto piuttosto come un
significativo punto di partenza, dal momento che presenta una serie consi-
derevole di risposte indicando alcune linee interpretative, ma, allo stesso
tempo, suscitando anche una serie di nuovi interrogativi che non sembrano
trascurabili.
Un aspetto su cui occorre soffermare l’attenzione, a nostro parere, è
quello della doppia fedeltà. Sappiamo che in tutto l’ancien régime si ebbe
la compresenza di quelle che possono essere definite “fedeltà multiple”, al
proprio sovrano, al proprio signore locale, alla propria chiesa o credo re-
ligioso, alla propria comunità cittadina, al proprio ordine di appartenenza,
e così via.21 L’Oratoriano si trovava diviso tra una doppia lealtà: quella del
suddito o “vassallo” (come giustamente ci fa notare Agostino Borromeo,
impiegando la terminologia utilizzata allora in Spagna) verso il suo sovra-
no, in quanto suddito del Re di Napoli (quindi di Filippo II e Filippo III),
e la fedeltà alla Chiesa, al papa, al proprio magistero e ai propri voti; un
doppio vincolo che in quel momento si dimostrava essere per alcuni aspetti
insostenibile per il divergere dei reciproci interessi.22 Inoltre, la famiglia
di Baronio era stata nobilitata dagli Angiò e tale elemento potrebbe, forse,
rappresentare un legame ulteriore con l’orbita francese rispetto ai succes-
sori di Ferdinando d’Aragona, che erano stati la dinastia rivale al trono di
Napoli.
Il caso di Baronio può essere interessante proprio perché tale fedeltà
multipla si trova ad entrare in conflitto con se stessa, sollecitata dagli even-
ti e da una delle parti che la reclama nei confronti dell’altra. Benché il car-
dinale oratoriano avesse ormai dimostrato nei fatti, con la sua pluridecen-
nale attività di Curia, di sentirsi impegnato soprattutto nei confronti della
Chiesa di Roma – al punto da essere giunto a rivestire incarichi che per
loro natura erano una dichiarazione di adesione assoluta, quali ad esempio
il ruolo di confessore del pontefice – la Corona di Spagna si indignava che
un proprio suddito esplicitasse così apertamente posizioni difformi rispetto
23. Si veda X. Gil Pujol, Un rey, una fe, muchas naciones. Patria y nación en la
España de los siglos XVI-XVII, in La Monarquía de las naciones. Patria, nación y natura�
leza en la Monarquía de España, a cura di A. Álvarez-Ossorio Alvariño, B. García García,
Madrid 2004, pp. 39-76.
24. Cfr. Borromeo, Il Cardinale Cesare Baronio, pp. 111-121.
350 Manfredi Merluzzi
del regno, mentre nel caso della Legazia sicula erano coinvolte le relazioni
internazionali della Corona con la Curia romana.
pi, tra i tanti possibili, di come si potessero seguire diversi percorsi biogra-
fici all’interno di quelle che abbiamo chiamato fedeltà multiple senza che
ciò destasse particolari turbamenti nel contesto in cui essi si trovavano ad
agire.
Tornando a considerare la questione da un punto di vista cronologico,
sarebbe interessante impostarla sotto una prospettiva più ampia. Sino ad
oggi, infatti, è prevalsa una eccessiva focalizzazione sugli ultimi anni di
vita del Baronio, esponendoci al rischio di interpretare il mutare dell’at-
teggiamento del cardinale oratoriano verso la potenza spagnola e i suoi
dissidi con la corte di Madrid, quasi fossero principalmente un problema
legato alla senescenza del cardinale. Al contrario, sembrerebbe, a nostro
parere, che Baronio sviluppi progressivamente una posizione sempre più
distante dagli interessi della Corona spagnola e che questa si rifletta nel-
le sue opere: dagli Annales, all’Apologeticum, alle questioni di Milano e
Napoli, alla Monarchia sicula. Parallelamente, non pare si possa guardare
all’erudito oratoriano come ad un personaggio indifferente alle questioni
internazionali, dedito fondamentalmente allo studio e alla vita religiosa
e quindi indifferente agli effetti che i propri scritti potessero avere negli
ambienti politici e diplomatici. Al contrario, sembrerebbe che egli (forse
su richiesta diretta di Clemente VIII – come in parte sostiene- o, forse,
coinvolto negli eventi) si trovi a costruire un’articolata serie di strumenti
che vennero utilizzati dalla Santa Sede nella propria politica di relazioni
internazionali come strumenti efficaci per indebolire le posizioni della po-
tenza castigliana e progettare una nuova fase nelle proprie relazioni con la
Francia in un’ottica di rafforzamento delle ambizioni a un nuovo rilancio
dell’universalismo e della centralità politica della Chiesa di Roma. Il pon-
tificato di Clemente VIII, infatti, vide il tentativo di restituire alla Chiesa
romana la sua autorità universale: il progetto prevedeva non solo la difesa
delle immunità e dei privilegi della Santa Sede, ma soprattutto la riaffer-
mazione del suo prestigio politico e culturale. Tre personaggi di particolare
rilevanza, in quest’ambito, furono Cesare Baronio, Roberto Bellarmino e
Tommaso Bozio; essi si distinsero per l’affermazione della «monarchia
pontificia come elemento centrale di questa costruzione, con l’assimilazio-
ne nel sovrano pontefice del nuovo modello di sovranità».40
40. P. Prodi, Una storia della giustizia. Dal pluralismo dei fori al moderno dualismo
tra coscienza e diritto, Bologna 2000, p. 315.
Considerazioni su Cesare Baronio e la Spagna 355
41. Relazione del Duca di Sessa a Filippo III, 1 dicembre 1604, in AGS, Estado, 1870,
n. 100 (citata in Borromeo, Il Cardinale Cesare Baronio, pp. 109-110).
42. Consulta dell’agosto 1601, senza indicazione precisa di data, in AGS, Estado,
Leg. 1857, n. 39 (Borromeo, Il Cardinale Cesare Baronio, p. 108).
356 Manfredi Merluzzi
43. S. Giordano, Istruzioni di Filippo III ai suoi ambasciatori a Roma, Roma 2006,
p. 63.
44. Ibidem.
Considerazioni su Cesare Baronio e la Spagna 357
denti, di questa ampia produzione citiamo per brevità: D. Sella, Sotto il dominio della Spa�
gna, in Lo Stato di Milano dal 1535 al 1796, a cura di C. Capra, D. Sella, Torino 1984,
pp. 3-151; L’Italia degli Austrias. Monarchia cattolica e domini italiani nei secoli XVI e
XVII, a cura di G. Signorotto, in «Cheiron», 9 (1992); G. Galasso, La periferia dell’impero,
Torino 1993; Idem, Il sistema imperiale spagnolo da Filippo II a Filippo IV, in Lombardia
Borromaica. Lombardia spagnola, I, pp. 13-40; Nel sistema imperiale: l’Italia spagnola, a
cura di A. Musi, Napoli 1994; Idem, L’Italia dei viceré. Integrazione e resistenza nel siste�
ma imperiale spagnolo, Cava de’ Tirreni 2000; A. Spagnoletti, Prìncipi italiani e Spagna
nell’età barocca, Milano 1996; Sardegna, Spagna e Stati italiani nell’età di Carlo V, a cura
di B. Anatra, F. Manconi, Roma 2001; M. Fantoni, Carlo V e l’Italia, Roma 2000; L’Italia
di Carlo V. Guerra, religione e politica nel primo Cinquecento, a cura di F. Cantù, M.A.
Visceglia, Roma 2001; C.J. Hernando Sánchez, El reino de Nápoles en el Imperio de Carlos
V. La consolidación de la conquista, Madrid 2001.
56. L. von Pastor, Storia dei Papi, XI, Roma 1958, p. 486.
57. Il Breviario di Pio V diceva: «Mox peragrata Hispania ibique predicato Evangelio
redit Hierosolymam», cfr. Z. García Villada, Historia eclesiástica de España, I, Madrid
1929, p. 35; Borromeo, Il Cardinale Cesare Baronio, pp. 104-105.
362 Manfredi Merluzzi
6. Osservazioni conclusive