MILLE PIANI

Introduzione Un libro non ha né oggetto né soggetto, è fatto di mate-

l'il' diversamente formate, di date e velocità molto differen-
Rizoma II. Non appena si attribuisce il libro a un soggetto, si tra-
l'lira questo lavoro delle materie e l'esteriorità delle loro
l'l'lazioni. Si fabbrica un buon Dio per dei movimenti geo-
lo tici. In un libro, come in ogni cosa, ci sono linee di arti-
"olazione o di segmentarietà, strati, territorialità, ma anche
1111 'e di fuga, movimenti di deterritorializzazione e di de-
tratificazione. Le velocità comparate di scorrimento deri-
v mti da queste linee comportano fenomeni di ritardo rela-
tlvo, di viscosità, o al contrario di precipitazione e di rottu-
I lo Tutto questo, le linee e le velocità misurabili, costituisce
lIIl concatenamento. Un libro è un concatenamento e co-
nle.' tale inattribuibile. È una molteplicità - ma non si ~a an-
Abbiamo scritto Danti-Edipo in due. Poiché ciascuno di
'ora quel che il molteplice implica quando cessa di essere
n~i :ra parecchi, si trattava già di molta gente. Qui abbiamo
tlributo, ossia quando è elevato allo stato di sostantivo. Un
utIlIzzato tutto quello che ci avvicinava, il più vicino e il più
un atenamento macchinico è volto verso gli strati che ne
lontano. Abbiamo distribuito abili pseudonimi per renderci
lino una specie di organismo, una totalità significante o
irriconoscibili. Perché abbiamo conservato i nostri nomi?
HHI determinazione attribuibile a un soggetto, ma è volto
Per abitudine, unicamente per abitudine. Per renderci a no-
u1l'he verso un Corpo senza Organi che continua a disfare
stra volta irriconoscibili. Per rendere impercettibile, non tan-
1'llI'ganismo, a far passare e circolare particelle asignifican-
to noi :!es~i, ma ciò che ci fa agire, sentire o pensare. E poi tI. Intensità pure, e ad attribuirsi i soggetti ai quali non la-
perche e pIacevole parlare come tutti, dire che sorge il Sole,
-la più che un nome come traccia di un'intensità.
quando ognuno sa che è soltanto un modo di dire. Non ar-
Qual è il Corpo senza Organi di un libro? Ce ne sono mol-
rivare al punto in cui non si dice più: ,<Io», ma al punto in cui
lI. 'he derivano dalla natura delle linee considerate, dal lo-
non ha più alcuna importanza dire o non dire: "lo». Non sia-
1'11 I 'nore o dalla loro densità, secondo la loro possibilità di
mo più noi stessi. Ognuno riconoscerà i suoi. Siamo stati
ollvergenza su un piano di consistenza che ne assicura la
aiutati, aspirati, moltiplicati.
lezione. Qui, come altrove, 1'essenziale sono le unità di mi-
lira: quantificare la scrittura. Non c'è differenza tra ciò di
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.t,o" • .w uu ' II i un libro parla e la maniera in cui è fatto. Il libro non ha
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6 ph 1 nemmeno oggetto. In quanto concatenamento, è se stes-
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I 'pporto con altri Corpi senza Organi. Non ci si domande-
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Il', non si cercherà niente da capire in un libro, ci si doman-

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ul'rà con che cosa funziona, in connessione a che cosa fa o
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1l1)J1 fa passare le intensità, in quali molteplicità introduce

l'ome metamorfizza la propria, verso quali Corpi senza
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li fuori e al di fuori. Così, poiché il libro è esso stesso una
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pl' ola macchina, in quale rapporto a sua volta misurabile
SYlVANQ BUSS O l 1 411' ta macchina letteraria si porrà rispetto a una macchi-

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 GILLES DELEUZE - FÉLIX GUAITARI
na da guerra, una macchina d'amore, una macchina rivolu-
zionaria, ecc. - e rispetto a una macchina astratta che le con-
tiene? Ci è stato rimproverato di chiamare troppo spesso in
causa degli scrittori. Ma, quando si scrive, la sola questione
importante è sapere con quale altra macchina la macchina
lette:-aria può e~sere collegata, e deve essere collegata per
funZIOnare. Klelst e una folle macchina da guerra, Kafka e
una macchina burocratica inaudita ... (e se si diventasse ani-
male o vegetale tramite letteratura, che non significa di cer-
to «letterariamente»? Non è in primo luogo attraverso la
voce che si diventa animale?). La letteratura è un conca-
tenamento, non ha niente a che vedere con !'ideologia non
c'è e non c'è mai stata dell'ideologia. ' o cinque, ma sempre a condizione di disp~rre dI una. f<?rte
Non parliamo d'altro: le molteplicità, le linee, gli strati e
le segmentarietà, le linee di fuga e intensità, i concatena-
menti macchinici nelle differenti tipologie, i Corpi senza
• cotomia con relazioni biunivoche tra cerchi successivi. La
~rgani e la loro costruzione, la loro selezione, il piano di con-
sLStenza, le unità di misura in ogni caso. Gli stratometri, i de-
leometri, le unità CsO di densità, le unità CsO di convergenza
non producono solamente una quantificazione della scrit-
tura, ma la definiscono come la misura di altro. Scrivere non
ha niente a che vedere con il significare, ma con il misura-
re territori, con il cartografare, perfino contrade a venire.
U~ primo tipo di libro è il libro-radice. L'albero è già !'im-
magme del m<?ndo, oppure la radice è l'immagine dell'al-
bero-mondo. E il libro classico, con una bella interiorità
organica, significante e soggettiva (gli strati del libro). Il li-
b:o imi~a il m~ndo, come l'arte la Natura: attraverso proce-
dImentI che glI sono propri, che portano a compimento ciò
che la Natura non può o non può più fare. La legge del libro
è qu~lla della riflessione, l'Uno che diventa due. Ma la legge
del lIbro come potrebbe essere in Natura, dal momento che
presiede alla divisione stessa tra mondo e libro, Natura e ar-
te? Uno diventa due: ogni volta che incontriamo questa for-
m~la, p~r enunciata strategicamente da Mao o intesa il più
«dIalettIcamente» possibile, ci troviamo di fronte al pen-
siero più classico e riflesso, più vecchio e stanco. La Natura
non agisce così: anche le radici sono a fittone, a ramifica-
z~on~ più.ricca, laterale o circolare, non dicotomica. Lo spi-
nto e m ntardo sulla Natura. Anche il libro come realtà na-
turale è fittonante, con il suo asse e le foglie intorno. Ma il
libro come realtà spirituale, l'Albero o la Radice in quanto
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MILLE PIANI
immagine, non cessa di sviluppare la legge dell'Uno che .di-
venta due, poi dei due che diventano quattro ... La logIca
binaria è la realtà spirituale dell'albero-radice. Anche una
disciplina «avanzata» qual è la linguisti~a conserva c.ome
immagine di base l'albero-radice, che la ncollega alla nfles-
sione classica (Chomsky e l'albero sintagmatico, che comin-
cia in un punto S e procede per dicotomia). Si può tranquil-
lamente affermare che questo pensiero non ha mai com-
preso la molteplicità: ha bisogno di presupporre una fort~
unità principale per anivare a due seguendo un metodo SpI~
rituale. E dalla parte dell' oggetto, con il metodo naturale, SI
può di sicuro passare direttamente dall'Uno a tre: a quattro
unità principale, quella del fittone c~e sostIene l~ radICI s~­
condarie. Non che le cose vadano pOI tanto megho. In defi-
nitiva, ci si è limitati a rimpiazzare la logica binaria della di-
radice a fittone non comprende la molteplicità più della ra-
dice dicotoma. L'una opera nell'oggetto, l'altra nel soggetto.
La logica binaria e le relazioni biunivoche dominano an-
cora la psicoanalisi (l'albero del delirio nell'interpre~azio­
ne freudiana di Schreber), la linguistica e lo strutturalIsmo,
anche l'informatica.
Il sistema-radicella, o radice fascicolata, è la seconda fi-
gura del libro, a cui la nostra modernità si rifà volentieri.
Questa volta la radice principale ha abortito o si sfalda ver-
so la sua estremità. Su di essa si innesta così una moltepli-
cità immediata e qualsiasi di radici secondarie che produ-
cono un grande rigoglio. Questa volta, la realtà naturale ap-
pare nell' aborto della radice principale, ma la sua uni~à. con-
tinua a sussistere come passata o futura, come pOSSIbIle. E
ci si deve domandare se la realtà spirituale e riflessa non
compensi questo stato di cose mani.festando a s,!a volt.a l'e-
sigenza di un'unità segreta ancora pIÙ comprensIva o di un~
totalità più estensiva. Per esempio, il met,odo del cu~-up' dI
Burroughs: il piegamento di un testo sull altro, cOStItutIVO
di radici molteplici e anche awentizie (si direbbe una ta~
le a) implica una dimensione supplementare a qu~l.la del
testi considerati. L'unità continua il suo lavoro spintuale
in questa dimensione supplementare del piegamento. In
questo senso, l'opera più parcellare può essere present~ta
a ragione come Opera totale o Grande Opus. La maggIOr
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 GILLES DELEUZE - FÉLIX GUAITARI
parte dei metodi moderni per fare proliferare le serie o fare
crescere una molteplicità funziona perfettamente, per e-
sempio, in una direzione lineare, mentre un'unità di totaliz-
zazione si afferma tanto meglio in un'altra dimensione, quel-
la di un cerchio o di un ciclo. Ogni volta che una moltepli-
cità rientra in una struttura, la sua crescita è compensata
da una riduzione delle leggi di combinazione. Gli abortisti
dell'unità sono dunque in questo caso fabbricatori d'angeli,
doctores angelici, poiché affermano un'unità propriamente
I
angelica e superiore. Le parole di Joyce, dette per l'appun-
I to «a radici molteplici», non spezzano l'unità lineare della
parola, o anche della lingua, se non nel porre un'unità cicli-
ca della frase, del testo o del sapere. Gli aforismi di Nietz-
sche non spezzano l'unità lineare del sapere se non rinvian-
do all'unità ciclica dell'eterno ritorno, presente come un
non-saputo nel pensiero. Si può quindi affermare che il si-
. stema fascicolato non rompe veramente con il dualismo,
con la complementarietà di un soggetto e di un oggetto, di
una realtà naturale e di una realtà spirituale: l'unità conti-
nua a essere contrastata e scongiurata nell'oggetto, men-
tre un nuovo tipo di unità trionfa nel soggetto. Il mondo ha
perduto il suo perno, il soggetto, impossibilitato a porsi in
maniera dicotomica, accede tuttavia a una più alta unità, di
ambivalenza o surdetenninazione, in una dimensione sem-
pre supplementare a quella del suo oggetto. Il mondo è di-
ventato caos, ma il libro resta immagine del mondo, Cosmo-
radicella, invece di Cosmo-radice.
Strana mistificazione, quella del libro, tanto più totale
quanto più frammentato. Il libro come immagine del mon-
do, che idea insulsa. In realtà, non basta dire: «Viva il mol-
teplice», anche se si tratta di un grido difficile da lanciare.
Nessuna capacità tipografica, lessicale o anche sintattica
basterà a farlo echeggiare. Il molteplice bisogna farlo, non
aggiungendo sempre una dimensione superiore, ma al con-
trario il più semplicemente possibile, a forza di sobrietà, al
livello delle dimensioni di cui si dispone, sempre n-l (l'uno
fa parte del molteplice solamente così, venendo sottratto).
Sottrarre l'unico dalla molteplicità da costituire. Scrivere in
n-l. Questo sistema potrebbe essere chiamato rizoma. Un
rizoma, come stelo sotterraneo, si distingue assolutamente
dalle radici e dalle radicelle. I bulbi, i tuberi sono rizomi. Le
piante a radice o radicella possono essere rizomorfe sotto
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MILLE PIANI
altri aspetti. Ci si dovrebbe chiedere se pe~ caso la ?otanic~,
nella sua specificità, non sia interamente nzomorfica. Perfi-
no certi animali lo sono, nella loro forma di muta: i topi so-
nOrizomi. Le tane lo sono, in tutte le loro funzioni di habi-
tat, di immagazzinamento, di spostamento, di schivata e di
rottura. Il rizoma in se stesso ha forme molto diverse, dal-
l'estensione superficiale ramificata in tutti i sensi fino alle
solidificazioni in bulbi e tuberi. Come quando i topi scivola-
no gli uni sotto gli altri. C'è il meglio e il peggio nel rizoma: l~
patata e la gramigna, l'erbaccia. Animale e pianta, la grami-
gna è il crab-grass. Siamo consapevoli che non riusciremo
a convincere nessuno se non enumeriamo almeno alcuni
catatteri approssimativi del rizoma:
1) e 2) Princìpi di connessione e di eterogeneità:. q~alsia­
si punto di un qzoma può essere co~esso a qualsiasi al~ro
c deve esserlo. E molto differente dalI albero o dalla radice
che fissano un punto, un ordine. Lalbero linguistico alla
maniera di Chomsky comincia ancora in un punto S e pro-
ede per dicotomie. In un rizoma, al contrario, il tratto non
rinvia necessariamente a un tratto linguistico: anelli semio-
lic:i di ogni natura si trovano connessi a modi di cod~fi.cazio­
n' molto diversi, anelli biologici, politici, economiCi, ecc.,
mettendo in gioco non soltanto regimi di segni ~ifferen~i:
ma anche statuti di stati di cose. I concatenamentl collettlvl
d'enunciazione, infatti, funzionano direttamente nei conca-
tenamenti macchinici, tanto che non si può stabilire una
r()ttura radicale tra i regimi di segni e i loro oggetti. Nella
linguistica, anche quando si preten~e di att~nersi all:~spli­
-ito e di non supporre niente della lmgua, Si resta all mter-
Il delle sfere di un discorso che implica ancora modi di con-
':\tenamento e tipi di potere sociali particolari. La gramma-
li alità di Chomsky, il simbolo categoriale S che domina
llitte le frasi, è innanzitutto un contrassegno di potere pri-
Illa di essere un contrassegno sintattico: costituirai frasi
prammaticalmente corrette, dividerai ogni enunciato in sin-
Iilgma nominale e verbale (prima dicotomia ... ). Il proble-
Illa di tali modelli linguistici non è quello di essere troppo
ustratti, ma al contrario di non esserlo abbastanza, di non
luggiungere la macchina astratta c~e. opera la c~n.n~ssione
i una lingua con contenuti semantici e pragmatlCl dI enun-
~iati, con concatenamenti collettivi di enunciazione, con tut-
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 GILLES DELEUZE - FÉLIX GUATTARI
ta una micro-politica del campo sociale. Un rizoma, invece,
non cessa mai di collegare anelli semiotici, organizzazioni
di potere, occorrenze rinvianti alle arti, alle scienze, alle lotte
soci~i. Un anello semiotico è come un tubero che agglome-
ra attI molto diversi, linguistici, ma anche percettivi, mimi-
ci, gestuali, cogitativi: non c'è una lingua in sé, né un'univer-
I salità del linguaggio, ma un concorso di dialetti, vernacoli,
gerghi, lingue speciali. Non esiste un locutore-uditore idea-
le, come d'altronde una comunità linguistica omogenea. La
lingua è, secondo una formula di Weinreich, «una realtà es-
senzialmente eterogenea». Non esiste una lingua madre,
ma solo il sopravvento di una lingua dominante in una mol-
teplicità politica. La lingua si stabilisce intorno a una par-
rocchia, un vescovato, una capitale. Essa fa bulbo. Evolve
per gambi e flussi sotterranei, lungo le vallate fluviali o le li-
nee ferroviarie, si stende a macchia d' olio l . Sulla lingua si
possono sempre operare decomposizioni strutturali inter-
ne: non è sostanzialmente molto diverso da una ricerca del-
le ra~ici. C'è sempre qualcosa di genealogico nell'albero,
non e un metodo popolare. Un metodo di tipo rizomatico
può invece analizzare il linguaggio solo decentrandolo su
altre dimensioni e altri registri. Una lingua non si richiude
mai su se stessa, se non in una funzione di impotenza.
3) Principio di molteplicità: il molteplice solo quando è
effettivamente trattato come sostantivo, molteplicità, non
manifesta alcun rapporto con l'Uno come soggetto o ogget-
to, come realtà naturale o spirituale, come immagine e mon-
do. Le molteplicità sono rizomatiche ed evidenziano la loro
distanza dalle pseudo-molteplicità arborescenti. Non esi-
ste alcuna unità che faccia da perno nell'oggetto o si divida
nel sogget~o, nessuna unità neanche per abortire nell'ogget-
to o per «ntornare» nel soggetto. Una molteplicità non ha né
soggetto né oggetto, ma soltanto detelminazioni, grandez-
ze, dimensioni che non possono crescere senza che essa
cambi natura (le leggi di combinazione crescono allora con
la molteplicità). I fili della marionetta, in quanto rizoma o
molteplicità, non rinviano alla volontà, supposta unica, di
un artista o di un burattinaio, ma alla molteplicità delle fi-
bre nervose che a loro volta fOlmano un'altra marionetta se-
guendo altre dimensioni connesse alle prime:
I fili o gli steli che muovono le marionette, chiamiamoli «la
trama». Si potrebbe obiettare che la sua molteplicità risiede
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MILLE PIA NI
nella persona dell'attore che la proietta nel testo. Va bene, ma
le sue fibre nervose formano a loro volta una trama. Ed esse si
immergono attraverso la massa grigia, la griglia, fino nell'in-
differenziato [ ... ]. il gioco si avvicina alla pura attività dei tes-
sitori, quella che i miti attribuiscono alle Parche e alle Nome' .
Un concatenamento è precisamente questa crescita di di-
mensioni in una molteplicità che cambia necessariamente
natura man mano che aumenta le proprie connessioni. Nel
rizoma non esistono punti o posizioni, come in una strut-
tura, albero o radice. Non ci sono che linee. Quando Glenn
Gould accelera 1'esecuzione di un pezzo, non agisce sempli-
'cmente da virtuoso, ma trasfOlma i punti musicali in linee,
fa proliferare l'insieme. Il numero ha smesso di essere un
oncetto universale che misura degli elementi secondo la
loro collocazione in una dimensione qualsiasi, per divenire
sso stesso una molteplicità variabile che segue le dimen-
Ioni considerate (primato del campo sul complesso di nu-
meri fissato a questo campo). Ci troviamo di fronte non a
unità di misura ma a molteplicità o varietà di misura. La no-
lione di unità appare solo quando in una molteplicità si pro-
duce una presa di potere da parte del significante o un pro-
, O corrispondente di soggettivazione: è il caso dell'uni-
t -perno che fonda un insieme di relazioni biunivoche tra
I menti o punti oggettivi, oppure l'Uno che si divide se-
u ndo la legge di una logica binaria della differenziazione
n l oggetto. Sempre l'unità opera in seno a una dimensio-
nl' vuota, supplementare a quella del sistema considerato
(surcodificazione). Ma, per l'appunto, un rizoma o molte-
plicità non si lascia surcodificare, non dispone mai di una
dimensione supplementare al numero delle sue linee, cioè
Ila molteplicità dei numeri fissati a queste linee. Tutte le
molteplicità sono piatte in quanto riempiono, occupano
n~n i loro dimensione: si parlerà dunque di un piano di con-
,isfenza delle molteplicità, anche se si tratta di un «piano»
dimensioni crescenti in funzione del numero di connes-
Ioni che su di esso si stabiliscono. Le molteplicità si de-
finiscono attraverso il di fuori, in riferimento alla linea a-
Il'alla, di fuga o di detenitorializzazione seguendo la qua-
I t'sse cambiano natura connettendosi ad altre. Il piano di
cOlIsistenza (griglia) è il di fuori di tutte le molteplicità. La li-
nl'U di fuga contrassegna contemporaneamente la realtà di
un numero di dimensioni finite che la molteplicità riempie
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 GILLES DELEUZE - FÉLIX GUATTARI
effettivamente, l'impossibilità di ogni dimensione supple-
mentare, senza che la molteplicità si trasformi seguendo
questa linea, la possibilità e la necessità di appiattire tutte
queste molteplicità su uno stesso piano di consistenza o di
esteriorità quali che siano le loro dimensioni. L'ideale per
un libro sarebbe stendere ogni cosa sopra un tale piano di e-
steriorità, su una sola pagina, su una stessa superficie: even-
ti vissuti, determinazioni storiche, concetti pensati, indivi-
dui, gruppi e formazioni sociali. Kleist inventò una scrittu-
ra di questo tipo, un concatenamento spezzato di affetti a
velocità variabili, a precipitazioni e trasformazioni, sempre
in relazione con il fuori. Anelli aperti. I suoi testi, di conse-
guenza, si oppongono sotto ogni aspetto allibro classico e
romantico, costituito dall'interiorità di una sostanza o di un
soggetto. il libro-macchina da guerra contro illibro-appara-
to di Stato. Le molteplicità piatte a n dimensioni sono asigni-
. ficanti e asoggettive. Le si designa per mezzo di articoli inde-
finiti o piuttosto partitivi (è della gramigna, del rizoma ... ).
4) Principio di rottura asignificante: contro i tagli trop-
po significanti che separano le strutture o le suddividono.
Un rizoma può essere rotto, spezzato in un punto qualsia-
si, ma poi si riprende seguendo una delle sue linee e seguen-
done altre. Non è mai finita con le formiche, in quanto for-
mano un rizoma animale di cui una parte significativa può
essere distrutta senza che esso smetta di ricostituirsi. Ogni
rizoma comprende linee di segmentarietà a partire dalle qua-
li è stratificato, territorializzato, organizzato, significato,
attribuito, ecc., ma anche linee di deterritorializzazione per
mezzo delle quali fugge incessantemente. Vi è rottura nel ri-
zoma ogni volta che linee segmentarie esplodono in una li-
nea di fuga, ma la linea di fuga fa parte del rizoma. Si tratta
di linee che continuano a rinviare le une alle altre. Per que-
sto non può mai darsi dualismo o dicotomia, anche sotto la
forma rudimentale del buono e del cattivo. Si produce una
rottura, si traccia una linea di fuga, ma si rischia di ritrova-
re su di essa organizzazioni che ristratifichino !'insieme, for-
mazioni che ridiano il potere a un significante, attribuzioni
che ricostituiscano un soggetto - tutto ciò che si vuole, dalle
risorgenze edipiche fino alle concrezioni fasciste. I gruppi e
gli individui contengono micro-fascismi sempre pronti a
cristallizzare. Sì, la gramigna è anche rizoma. Il buono e il
cattivo non possono essere che il prodotto di una selezione
attiva e temporanea, da riattivare continuamente.
42
MILLE PIANI
In che modo i movimenti di deterTitorializzazione e i pro-
, si di riterritorializzazione sono relativi, perennemente
connessi, intrecciati gli uni agli altri? L'orchidea si deterri-
\orializza formando un'immagine, un calco di vespa, ma la
v \ pa si riten itorializza su questa immagine. La vespa, non-
dimeno , si deterritorializza diventando un pezzo nell'appa- .
l'lI to di riproduzione dell'orchidea, ma allo stesso tempo n-
Il'lTÌtorializza l'orchidea, trasportandone il polline. La vespa
l' rchidea fanno rizoma in quanto sono eterogenee. Si po-
Il' 'bbe dire che l'orchidea imiti la vespa di cui riproduce l'im-
magine in maniera significante (mi~esi, mi~etisn:o, illu-
me, ecc.). Ma ciò è vero soltanto a hvello degli stratI: paral-
I Iismo tra due strati, con l'organizzazione vegetale sull'uno
h \ imita l'organizzazione animale sull'altro. Nello stesso
t mpo si tratta di tutt'altra cosa: non imitazione, ma cattu-
t di codice, plusvalore di codice, aumento di valenza, vero
Iv 'nire, divenire-vespa dell' orchidea, divenire-orchidea de~­
v \ pa, con entrambi i divenire che assicurano la deterrI-
tnl'lalizzazione di uno dei termini e la riterritorializzazione
d i'altro e si concatenano e si danno il cambio secondo una
Irl' lazione di intensità che spinge la deterritorializzazio-
nl' s 'mpre più avanti. Non ci si trova di fronte a un'imita-
'/. 0 11 o a una somiglianza, ma all'esplosione di due serie e-
t 1'0 nee nella linea di fuga composta da un rizoma comu-
n Il n attribuibile o subordinabile ad alcunché di signifi-
IIl le. Rémy Chauvin lo dice molto bene: «Evoluzione apa-
mlMa di due esseri che non hanno assolutamente niente a
Ill' v dere l'uno con l'altro»3.
Pill generalmente, può avvenire che gli schemi evolutivi
III\() portati ad abbandonare il vecchio modello dell'albe-
I Il d 'lla discendenza. In certe condizioni, un virus può con-
fI Il 'l'Si a cellule germinali e trasmettersi come gene cellula-
I di lI na specie complessa. Anzi, potrebbe fuggire, passare
, llule di una specie del tutto diversa, non senza porta-
I lon é «informazioni genetiche» provenienti dal primo
III ' (come illustrano le ricerche di Benveniste e Todaro
11111 virus di tipo C, nella sua doppia connessione con il DNA
habbuino e di certe specie di gatti domestici). Gli sche-
tll'volutivi non si stabilirebbero più soltanto in base ai mo-
(Ii discendenza arborescente, che vanno dal meno al più
Ifll'I'('l1ziato, ma secondo un rizoma che opera immediata-
Ill' nell'eterogeneo saltando da una linea già differenzia-
li \l1I'altra' . Anche in questo caso, quindi, evoluzione apa-
43
 GILLES DELEUZE - FÉLIX GUATTARI
rallela del b~?buino e del gatto, dove il primo con ogni evi-
de?za non ~ Il ~odello del secondo né questo la copia del
pnI?o (un dlven~re-babbuino nel gatto non significa neces-
sanamente che Il gatto «faccia» il babbuino). Facciamo ri-
zoma con i nostri virus, anzi i nostri virus ci fanno fare rizo-
ma con altre bestie. Come dice J acob, i trasferimenti di ma-
ter~ale.g~netico tramite virus o altri processi, così come le
fusIOn~ dI cell.ule provenienti da elementi differenti, produ-
cono nsultatI analoghi a quelli degli «amori abominevoli
cari all'Antichità e al Medioevo»5. Comunicazioni trasversa-
li tra linee differ~nziate scompigliano gli alberi genealogici.
Cercare sempre il mole colare o perfino la particella submo-
lecolare con la quale si stringe alleanza. Evolviamo e moria-
mo per le.nostre !eb~ri polimorfe e rizomatiche, più che per
l~ malattIe ~redItane o dotate di una loro discendenza. Il
nzoma è un anti-genealogia.
. La stessa cosa succede per il libro e il mondo: il libro non
è un'immagine del mondo basata su una credenza radica-
t~. Fa rizoma con il mondo, si dà evoluzione aparallela del
lIbro e del mondo, il libro assicura la deterritorializzazio_
ne del mondo, ma il mondo opera una riterritorializzazio_
ne del libro, che si deterritorializza a sua volta in se stesso
e nel mondo (se ne è capace e può farlo). Il mimetismo è un
p~ssimo concett?, ~ipe~dente da una logica binaria, per in-
dIcare fenomem dI tutt altra natura. Il coccodrillo non ri-
produce un tronco d'albero più di quanto il camaleonte ri-
produca i colori dell'ambiente. La Pantera Rosa non imita
niente, non riproduce niente, dipinge il mondo del suo co-
lore, rosa su rosa, è il suo divenire-mondo in modo da di-
venire impercettibile, asignificante, da ope;are la sua rottu-
ra, la sua linea di fuga, da portare fino in fondo la sua evolu-
zione ap~rall~la. Saggezza delle piante: perfino quando so-
no a radice, c ~ sempre un fuori dove fanno rizoma con qual-
che cosa:. CO? Il ~ento, un animale, l'uomo (e anche un aspet-
to per CUI glI ammali fanno rizoma, e gli uomini, ecc.). «LU-
bnac~ezza com~ un'inuzione trionfale della pianta in noi».
SegUIre sempre ~l rizoma per rottura, allungare, prolunga-
re, ~ltern~:e la lmea di fuga, farla variare, fino a produrre
la. lmea. plU astratta e tortuosa a n dimensioni , dalle dire-
ZIOm s'pezzat~. Coniugare i flussi detenjtorializzati. Segui-
re leYlante: S.l comincerà fissando i limiti di una prima li-
nea m base aI cerchi di convergenza attorno a singolarità
44
MILLE PIANI
successive. Poi si vedrà se, all'interno di questa linea, si sta-
biliscono nuovi cerchi di convergenza con nuovi punti situa-
ti fuori dai limiti e in altre direzioni. Scrivere, fare rizoma,
accrescere la linea di fuga fino al punto in cui essa copre tut-
to il piano di consistenza in una macchina astratta:
Innanzitutto va' alla tua prima pianta e là osserva atte~ta­
mente come scorre l'acqua a partire da questo punto. ~~ p~og­
gia ha dovuto trasportare le sementi lontano: Segl!ll ~lga­
gnoli che l'acqua ha scavato, così ~onoscer~l la dlreZll:me
dello scorrimento. Cerca allora la pIanta che, m questa dIre-
zione, si trova più lontano dalla tua. "!:utte q~elle che cresco-
no tra queste due ti appartengon<:>. PlU tard~, quando quest.e
ultime a loro volta produrranno l loro semI, tu, segu.endo 11
corso delle acque a partire da ciascuna di esse, potraI accre-
scere il tuo territorio'.
La musica ha sempre fatto passare le sue linee di fuga co-
me altrettante «molteplicità di trasformazione», anche ro-
vesciando i codici che la strutturano o la arborificano. P~r
questo la forma music~le, p~rsino ~elle sue :ottur~ e prolI-
ferazioni, è paragonablle alI erbaccia, a un nzo~a . .
5) e 6) Principio di cartografia e decalcomama: un nzo-
ma non è soggetto alla giurisdizione di nessun modello st:ut-
turale o generativo. È estraneo a ogni idea di as~e g~netIco,
così come di struttura profonda. Un asse genetICO e analo-
go a un'unità-perno oggettiva sulla qu~e.si <;>rganizzano sta-
di successivi, una struttura profonda e simile a una succes-
sione di base scomponibile in costituenti immediate, men-
tre l'unità del prodotto passa in un'altra dimensio.ne, tran-
sfonnazionale e soggettiva. In questo modo, non Si esce dal
modello rappresentativo d~ll'~lbero o della rad~ce - a per-
no o fascicolata (per esempIO l «albero» chomsk!ano, asso-
ciato alla successione di base che rappresenta Il processo
della propria generazione secondo una logica bi~aria). Va-
riazione sul più antico pensiero. Dell'ass~ gen~tIco o de~la
struttura profonda diciamo che sono pnma di t~tto pr,m-
'lpi di calco, riproducibili all'infini~o. Tutt~ la logica dell al-
bero è una logica del calco e della nproduzIOne. Tanto nella
linguistica quanto nella psicoanali~i, ess~ ha I;'er og~etto un
inconscio a sua volta rappresentativo, cnstalllZzato m com-
piessi codificati, ripartito ~u un asse ~enetico o distribuito
i n una stru ttura sintagmatlca. Tale logica ha per scopo la de-
45
 GILLES DELEUZE - FÉLIX GUATTARI
scrizione di uno stato di fatto, il riequilibrio di relazioni in-
tersoggettive o l'esplorazione di un inconscio già dato, cela-
to nei recessì oscuri della memoria e del linguaggio. Essa
consiste nel ricalcare qualche cosa di precostituito, a partire
da una struttura che surcodifica o da un asse a cui è affida-
ta una funzione strutturale. L'albero articola e gerarchizza i
calchi, i calchi sono come le foglie dell'albero.
Tutt'altro è il rizoma, carta e non calco. Fare la carta e non
il calco. L'orchidea non riproduce il calco della vespa, fa car-
ta con la vespa all'interno di un rizoma. La carta si oppone
al calco, è interamente rivolta verso una sperimentazione
in presa sul reale. La carta non riproduce un inconscio chiu-
so su se stesso, lo costruisce. Concorre alla connessione dei
campi, allo sblocco dei Corpi senza Organi, alla loro massi-
ma apertura su un piano di consistenza. Fa a sua volta parte
del rizoma. La carta è aperta, è connetti bile in tutte le sue
•
dimensioni, smontabile, reversibile, suscettibile di costanti
rimaneggiamenti. Può essere strappata, rovesciata, può a-
dattarsi a montaggi di ogni natura, attivata da un individuo,
un gruppo, una formazione sociale. La si può disegnare so-
pra un muro, concepirla come un'opera d'arte, costruirla co-
me azione politica o meditazione. Forse uno dei caratteri
più importanti del rizoma consiste nel fatto che è sempre a
molteplici entrate. La tana in questo senso è un rizoma ani-
male e comporta talvolta una netta distinzione tra la linea
di fuga come COl ridoio di spostamento e gli strati di riserva
o di abitazione (per esempio nel caso del topo muschiato).
Una carta ha molteplici entrate, contrariamente al calco che
ritorna sempre allo «stesso». Una carta è legata alla perfor-
matività, mentre il calco rinvia sempre a una pretesa «com-
petenza». All'opposto della psicoanalisi, della competenza
psicoanalitica, che ripiega ogni desiderio ed enunciato su
un asse genetico o una struttura surcodificante, che stampa
all'infinito i calchi monotoni degli stadi su questo asse o dei
costituenti in questa struttura, la schizoanalisi rifiuta ogni
idea di fatalità ricalcata, non importa quale nome le si dia,
divina, anagogica, storica, economica, strutturale, eredita-
ria o sintagmatica. (Si può notare come Mélanie Klein non
comprenda il problema di cartografia di uno dei suoi bam-
bini pazienti, il piccolo Richard, e si accontenti di ricorrere
a calchi preconfezionati - Edipo, il buono e il cattivo papà,
la cattiva e la buona mamma - mentre il bambino tenta di-
46
MILLE PIANI
speratamente di perseguire un risultato che la psicoanalisi
disconosce nel modo più assoluto)8. Le pulsioni e gli oggetti
parziali sono non stadi su un asse genetico o posizioni in una
struttura profonda ma opzioni politiche relative a specifici
problemi, entrate e uscite, vicoli ciechi, che il bambino vive
politicamente, ossia con tutta la forza del suo desiderio.
Tuttavia non si ricadrebbe in un semplice dualismo oppo-
nendo le carte ai calchi, come un lato buono e uno cattivo?
Non è specifica di una carta la possibilità di essere ricalcata?
Non è specifico di un rizoma la possibilità di incrociare ra-
dici, confondendosi talvolta con esse? Una carta non com-
porta forse fenomeni di ridondanza che rappresentano i
suoi calchi? Una molteplicità non ha i suoi strati dove si
radicano unificazioni e totalizzazioni, massificazioni, mec-
canismi mimetici, prese di potere significanti, attribuzioni
soggettive? Perfino le linee di fuga non tendono forse a ri-
produrre, grazie alla loro eventuale divergenza, le forma-
zioni che dovrebbero dissolvere o sconvolgere? Ma è vero
anche !'inverso, è una questione di metodo: si deve sempre
riportare il calco sulla carta. E questa operazione non è per
niente simmetrica alla precedente. Perché a rigore di ter-
mini non è esatto che un calco riproduca la carta. Piuttosto
è come una foto, una radiografia che comincia a scegliere
e isolare ciò che ha intenzione di riprodurre ricorrendo a
mezzi artificiali, a coloranti o ad altri processi di costrizio-
ne. È sempre !'imitatore che crea il suo modello e l'attira. Il
calco ha già tradotto la carta in immagine, ha già trasfor-
mato il rizoma in radici e radicelle. Ha organizzato, stabi-
lizzato, neutralizzato le molteplicità seguendo gli assi di
significanza e soggettivazione che gli sono propri. Ha gene-
rato, strutturato il rizoma, e il calco non riproduce altro che
se stesso quando crede di riprodurre un' altra cosa. Per que-
sto è così pericoloso. Inietta ridondanze e le propaga. Ciò
che il calco riproduce della carta o del rizoma sono solamen-
l'i vicoli ciechi, i blocchi, le virtualità di pemo o i punti di
strutturazione. Guardate la psicoanalisi e la linguistica:
l'una non ha mai eseguito che calchi o foto dell'inconscio,
l'altra, calchi o foto del linguaggio, con tutti i tradimenti che
dò comporta (non è sorprendente che la psicoanalisi abbia
I 'gato la sua sorte a quella della linguistica). Si pensi a ciò
d1C era già accaduto con il piccolo Hans, in puro stile «psi-
l'oanalisi infantile»: si è continuato A SPEZZARGLI IL RIZOMA, a
47
 GILLES DELEUZE - FÉLIX GUATIARI
MACCHIARGLI LA CARTA, a rimettergliela a posto, a sbarrargli
ogni via di uscita, fino a fargli desiderare la vergogna e il
senso di colpa, fino a radicare in lui la vergogna e il senso di
colpa, FOBIA (gli si sbarra il rizoma dell'edificio, poi quello
della strada, lo si radica alletto dei genitori, lo si arborifica
perfino nel suo corpo, lo si blocca sul professor Freud). Freud
prende in considerazione esplicitamente la cartografia del
piccolo Hans, ma sempre e soltanto per ripiegarla su una fo-
to di famiglia. E guardate quel che fa Mélanie Klein con le
carte geopolitiche del piccolo Richard: ne estrae delle foto ,
ne fa dei calchi, mettetevi in posa o seguite l'asse, stadio ge-
netico o destino strutturale, si romperà il vostro rizoma. Vi
si lascerà vivere e parlare, a condizione di sbarrarvi ogni via
d'uscita. Quando un rizoma è otturato, arborificato, è fini-
ta, del desiderio non passa più niente, perché è sempre per
rizoma che il desiderio si muove e produce. Ogni volta che
il desiderio segue un albero, si verificano ricadute interne
che lo precipitano e lo conducono alla morte, ma il rizoma
opera sul desiderio per spinte esteriori e produttive.
Per questo è cosÌ importante tentare l'altra operazione,
inversa ma non simmetrica. Reinnestare i calchi sulla car-
ta, rapportare le radici o gli alberi a un rizoma. Lo studio
dell'inconscio, nel caso del piccolo Hans, dovrebbe porsi
nella prospettiva di mostrare come egli tenti di costituire
un rizoma, con la casa familiare, ma anche con la linea di
fuga del palazzo, della strada, ecc.; come queste linee si tro-
vino precluse, con il bambino che viene radicato nella fa-
miglia, fotografato sotto il padre, ricalcato sopra il letto ma-
terno; poi come l'intervento del professor Freud assicuri
una presa di potere del significante nella forma di una sog-
gettivazione degli affetti; come il bambino non possa più
fuggire se non sotto la forma di un divenire-animale assi-
milato alla vergogna e alla colpa (il divenire-cavallo del pic-
colo Hans, una vera e propria opzione politica). Sulla carta
si devono sempre ricollocare le impasse, e da lì aprirle sulle
possibili linee di fuga. Lo stesso dovrebbe avvenire per una
carta di gruppo: mostrare in quale punto del rizoma si for-
mino fenomeni di massificazione, di burocratizzazione, di
leadership, di fascistizzazione, ma anche quali linee conti-
nuino, magari sotterraneamente, a fare oscuramente rizo-
ma. Il metodo Deligny: fare la carta dei gesti e dei movimen-
ti di un bambino autistico, combinare più carte per lo stes-
48
MILLE PlANI
so bambino, per più bambini9 ••• Se la carta o il rizoma han-
no per natura entrate molteplici, si dovr~ consi.derar~ il fatt~
che ci si può entrare per il cammino del CalChI o la VIa degh
alberi-radice, tenuto conto delle precauzioni necessarie (qui,
ancora, si rinuncerà a un dualismo manicheo) . Per esem-
pio, si può essere spesso costretti a vagare in vico~i ciechi, a
passare per poteri significanti e affezioni soggettIve, ~d ap-
poggiarsi su formazioni edipiche, paranoiche o peggIO an-
cora su ten itorialità indurite che rendono possibili altre o-
perazioni transfonnazionali. Può anche darsi che la psicoa-
nalisi si riveli utile, senza dubbio suo malgrado, come pun-
to di appoggio. Al contrario, in altri casi, si farà leva diretta-
mente su una linea di fuga che permetta di far esplodere gli
ti, di spezzare le radici e di operare nuove connessioni.
Esistono, dunque, concatenamenti molto differenti: car-
te-calchi, rizomi-radici, con coefficienti di deterritorializ-
zazione variabili. Esistono strutture ad albero o radice nei
fizomi, ma inversamente un ramo d'albero o un fittone di
radice possono mettersi a germogliare in rizoma. La loca-
lizzazione dipende non da analisi teoriche implicanti gli ~­
niversali, ma da una pragmatica che compone le molteph-
cità o gli insiemi d'intensità. Nel cuore di un albero, nel ca-
vo di una radice o nell'ascella di un ramo, può formarsi un
nuovo rizoma. Oppure è in un elemento microscopico del-
l'albero-radice, una radicella, che si avvia la produzione del
rizoma. La contabilità, la burocrazia procedono per calco:
s e possono tuttavia mettersi a germogliare, a lanciare ste-
li di rizoma, come in un romanzo di Kafka. Un tratto inten-
Nivo si mette a lavorare per conto proprio, una percezione
lIucinatoria, una sinestesia, una mutazione perversa, un
gioco di immagini si distaccano e l'egemonia del significan-
tl' 'i trova rimessa in questione. Le semiotiche gestuali, mi-
miche, ludiche nel bambino riprendono la loro libertà e si
razzano del «calco », cioè della competenza dominante
dl'lla lingua dell'istitutore: un evento microscopico sconvol-
l'equilibrio del potere locale. Così gli alberi generativi, co-
Iruiti sul modello sintagmatico di Chomsky, potrebbero a-
'O
prir i in ogni senso, fare rizoma a loro volta , Essere rizo-
nl<w(o significa produrre steli e filamenti che sembrano ra-
dlri, o meglio ancora si connettono con esse, penetrando nel
tronco, a rischio di servirsene per nuovi usi imprevisti. Sia-
mo slaUchi dell' albero. Non dobbiamo più credere agli albe-
49
 GILLES DELEUZE - FÉLIX GUATTARI
ri, alle radici o alle radicelle, ci hanno già creato abbastanza
problemi. Tutta la cultura arborescente è fondata su di essi,
dalla biologia alla linguistica. Invece, niente è bello, niente
è innamorato, niente è politico, al di fuori degli steli sotter-
ranei e delle radici aeree, il selvatico e il rizoma. Amsterdam,
città per nulla radicata, città-rizoma con i suoi canali-steli,
dove l'utilitarismo si connette alla più assoluta follia, nel suo
rapporto con una macchina da guerra commerciale.
Il pensiero non è arborescente e il cervello non è una ma-
teria radicata o ramificata. Quelli che a torto vengono chia-
mati «dendriti» non assicurano una connessione di neuroni
in un tessuto continuo. La discontinuità delle cellule, il ruolo
degli assoni, il funzionamento delle sinapsi, l'esistenza di
miero-fessure sinaptiehe, il passaggio di ogni messaggio al
di sopra di queste fessure fanno del cervello una molteplici-
tà che irrora nel suo piano di consistenza o nel suo flusso di
c€llule un sistema probabilistico incerto, uncertain nelVOUS
system. Molta gente ha un albero piantato nella testa, ma il
cervello stesso è più erba che albero. «Lassone e il dendrite
si awolgono uno attorno all'altro come il convolvolo
, intorno
al rovo, con una sinapsi per ogni spina»l l. E come per la me-
moria ... I neurologi, gli psicofisiologi distinguono una me-
moria lunga e una memoria corta (dell'ordine di un minu-
to). La differenza non è soltanto quantitativa: la memoria
corta è del tipo rizomatieo, diagramma, mentre quella lunga
è arborescente e centralizzata (impronta, engramma, calco
o foto). La memoria corta non è per nulla sottomessa a una
legge di continuità o di immediatezza rispetto al suo ogget-
to' essa può essere a distanza, andare o ritornare molto tem-
po dopo, ma sempre in condizioni di discontinuità, di rottu-
ra e di molteplicità. Ancor più, le due memorie non si distin-
guono come due modi temporali di percezione della stessa
cosa, non è la stessa cosa, non è lo stesso ricordo, non è nep-
pure la stessa idea che colgono. Splendore di un'Idea corta:
si scrive con la memoria corta, dunque con idee corte, anche
se si legge e rilegge con la lunga memoria dei lunghi concet-
ti. La memoria corta comprende il processo della dimenti-
canza, non si confonde con !'istante, ma con il rizoma col-
lettivo, temporale e nervoso. La memoria lunga (famiglia,
razza, società o civiltà) ricalca e traduce, ma ciò che traduce
continua ad agire in essa, a distanza, in contro tempo, in
modo «inattuale», non istantaneamente.
50
MILLE PIANI
Lalbero o la radice ispirano un'immagine, triste. ,
del pen-
.
siero che imita il molteplice a partire da un umta supeno-
re di centro o di segmento. Infatti, se si considera l'insieme
ra'mi-radici il tronco assume il ruolo di segmento opposto
per uno dei 'sottoinsiemi per.corsi dal basso in alto:.un tale
segmento sarà un «dipolo dI colleg~men~o » , per dI~eren­
za dai «dipoli-unità» che formano I raggI eI?ana~tI da.un
solo centro I 2 • Ma i collegamenti possono eSSI steSSI prohfe-
rare come nel sistema a radicelle, non si esc~ mai da~l'U~o­
Due, e dalle finte molteplicità. Neppure le ngenerazlOm, l~
riproduzioni, i ritorni, le idre e le med.use ce ne. f~nno USCI-
re. I sistemi arborescenti sono sistemI gerarchICI che com~
portano centri di significanza e di soggettivazi?ne, a~tomi
centrali come memorie organizzate. I modellI corns~on~
denti sono tali che un elemento non vi riceve infonnazI<;>m
se non da un'unità superiore, e una destinazione soggettIva
da collegamenti prestabiliti. Lo si vede bene.nelle probl~­
matiche legate all'informatica e alle ma.cchme elett~om­
che , che conservano il più vecchio penSIero . nella mIsura
in cui conferiscono il potere a una memona o a u~ org~no
centrale. In un bell' articolo che denuncia «la fabbnca d II?-
magini delle arborescenze. di comando» .(sistemi centr~h o
trutture gerarchiche), PIerre Rosenstlehl e Jean Petltot
osservano:
Ammettere il primato delle strutture gerarchiche significa
privilegiare le struttur~ arb~rescenti. [ .. .) La forma arb?re-
scente ammette una spIegaZIOne topologlCa. [ ... ] In un ~I~te­
ma gerarchico, un individuo non ammette ch~ u~ solo ~CI?O
attivo, il suo superiore gerarchico. [ ... ] I ~anall ,~I t~a~mIssIo­
ne sono prestabiliti: l'ar~~rescenza p~ee~l~te aH mdiVlduo ~he
vi si integra in uno speCIfico ruolo (slgmficanza e soggettIva-
zione).
I due autori segnalano a questo proposito che, an~he quan-
do i crede di giungere a una molteplicità, pu~ darsI che q~e-
la molteplicità sia falsa - ciò che noi chiamiamo «del ~IPO
rndicella» - perché la sua presentazione o il suo enunCIato
In apparenza non gerarchico ammette, di fatto, solo una s,o-
IlIzi ne totalmente gerarchica: così il famoso teorema del! a-
micizia, «se in una società due individui q~alunq~e ~~nno
"altamente un amico in comune, allora eSIste.un mdIVl?UO
Ili o di tutti gli altri » (come dicono Rosenstlehl e Petltot,
51

GILLES DELEUZE - FÉLIX GUATTARI
chi è l'amico comune? «L'amico universale di questa società
di coppie, padrone, confessore, medico? Tutte idee che so-
no stranamente lontane dagli assiomi di partenza». L'amico
del genere umano? Oppure il filosofo come appare nel pen-
siero classico, anche se è l'unità abortita valida soltanto per
la propria assenza o la sua soggettività, che dice io non so
niente, io non sono niente?). I due parlano a questo propo-
sito di teoremi di dittatura. Tale è proprio il principio degli
alberi-radici o lo sbocco, la soluzione delle radicelle, la strut-
tura del Potere •l3
A questi sistemi centrati Rosenstiehl e Petitot oppongo-
no sistemi acentrati, reticoli di automi compiuti, dove la
comunicazione si effettua da un vicino a un vicino qualun-
que, dove gli steli o i canali non preesistono, dove gli indivi-
dui sono tutti interscambiabili, definendosi solamente per
uno stato in un momento dato, di modo che le operazioni
locali si coordinino e il risultato finale globale si sincroniz-
zi indipendentemente da un'istanza centrale. Una trasdu-
zione di stati intensivi prende il posto della topologia, e «il
grafo che regola la circolazione di informazione è in qual-
che maniera l'opposto del grafo gerarchico [ ... ]. Il grafo non
ha nessuna ragione di essere un albero» (chiamiamo carta
un tale grafo). Problema della macchina da guerra, o del
Firing Squad ('plotone d'esecuzione'): è necessario un gene-
rale perché n individui giungano contemporaneamente a
fare fuoco? La soluzione senza generale viene raggiunta at-
traverso una molteplicità acentrata che comporta un nu-
mero finito di stati e segnali di velocità corrispondente, dal
punto di vista di un rizoma di guerra o di una logica della
guerriglia, senza calco, senza riferimento a un ordine cen-
trale. Si dimostra persino che una tale molteplicità, conca-
tenamento o società macchinica rifiuta come «intruso aso-
ciale» ogni automa centralizzatore, unificatore l4 • N, quin-
di, è proprio sempre n-l. Rosenstiehl e Petitot insistono
sul fatto che l'opposizione centro-acentrato si riferisca me-
no alle cose designate che ai metodi di calcolo che applica
alle cose. Degli alberi possono corrispondere al rizoma o in-
versamente germogliare in rizoma. Ed è generalmente ve-
ro che una stessa cosa ammette i due metodi di calcolo o i
due tipi di regolazione, ma non senza cambiare di stato in
un caso e nell' altro. Per esempio, chiamiamo in causa anco-
ra la psicoanalisi che, non soltanto dal punto di vista teori-
52
•
MILLE PIANI
co ma anche nella pratica di calcolo e di trattamento, sot-
tomette !'inconscio a strutture arborescenti, a grafi gerar-
chici, a memorie ricapitolatrici, a organi centrali, fallo, al-
bero-fallo. La psicoanalisi non può cambiare metodo sotto
questo aspetto: essa fonda il proprio potere dittatoriale su
una concezione dittatoriale dell'inconscio. Il margine di ma-
novra della psicoanalisi è così molto limitato. C'è sempre
un generale, un capo, nella psicoanalisi come nel suo og-
getto (generale Freud). Trattando !'inconscio come un siste-
ma acentrato, cioè come un reticolo macchini co di automi
finiti (rizoma), la schizoanalisi invece raggiunge un altro
stato dell'inconscio. Le stesse considerazioni valgono in lin-
guistica: Rosenstiehl e Petitot considerano giustamente la
possibilità di un'«organizzazione acentrata di una società
di parole». Per gli enunciati come per i desideri, la questio-
ne non è mai quella di ridurre !'inconscio, di interpretarlo,
né di farlo significare seguendo un albero. Il problema fon-
damentale è quello di produrre inconscio e, con esso, nuovi
nunciati, altri desideri: il rizoma coincide con questa stes-
sa roduzione d'inconscio.
strano come l'albero abbia dominato la realtà dell'Oc-
cidente e tutto il suo pensiero, dalla botanica alla biologia,
passando per l'anatomia, ma anche la gnoseologia, la teolo-
gia, l'ontologia, tutta la filosofia ... : il fondamento-radice,
Grund, roots e fondations. L'Occidente ha un rapporto pri-
vilegiato con la foresta e con il disboscamento. I campi strap-
pati alla foresta sono popolati da graminacee, oggetto di una
'oltura di lignaggio basata sulla specie di tipo arborescen-
te, L'allevamento a sua volta, fondato sul maggese, selezio-
na discendenze che formano un'arborescenza animale. L'O-
riente presenta un'altra figura: il rapporto con la steppa e il
lardino (in altri casi, il deserto e l'oasi) piuttosto che con
foresta e il campo, una coltura di tuberi che procede per
Irummentazione dell'individuo, una messa in disparte, una
ml~ a tra parentesi dell'allevamento confinato negli spazi
hiusi o respinto nella steppa dei nomadi. Occidente, agri-
,,\tura di una stirpe scelta con molti individui variabili.
riente, orticoltura di un piccolo numero di individui che
tlnvia a una grande gamma di «clonÌ». Non vi è forse in 0-
il'nte, e precisamente in Oceania, una specie di modello
t I1',0 m atico che si oppone da ogni punto di vista al modello
)l'l'identale dell'albero? Haudricourt vi vede perfino una
53
 GILLES DELEUZE - f'EUX GUATIARI
ragione dell'opposizione tra le morali o le filosofie della tra-
scendenza care all'Occidente, e quelle dell'immanenza in
Oriente: il Dio che semina e falcia, in opposizione al Dio che
inietta e dissotterra (l'iniettare contro il seminare) 15 . Tra-
scendenza, malattia propriamente europea. E non è la stes-
sa musica, per la terra non è la stessa musica. E non è per
•
I niente la stessa sessualità: le graminacee, anche quelle che
I
• riuniscono i due sessi, sottomettono la sessualità al model-
lo della riproduzione. Il rizoma al contrario è una libera-
zione della sessualità rispetto non solamente alla riprodu-
zione, ma anche alla genitalità. Da noi, l'albero si è pianta-
to nei corpi, ha indurito e stratificato anche i sessi. Abbia-
mo perduto il rizoma o l'erba. Henry Miller:
La Cina è la cattiva erba nell'aiuola di cavoli dell'Umanità.
[ ... ] L'erbaccia è la Nemesi degli sforzi umani. Tra tutte le esi-
• stenze immaginarie che prestiamo alle piante, alle bestie e
alle stelle, forse è l'erbaccia che conduce la vita più saggia. È
vero che l'erba non prod)lce fiori, portaerei o Discorsi della
montagna [ ... ]. Ma in fin dei conti è sempre l'erba ad avere
l'ultima parola. In fin dei conti tutto ritorna alla condizione
della Cina. È quel che gli storici chiamano comunemente «le
tenebre del Medioevo ». Non c'è altra uscita che l'erba. [ ... ]
L'erba esiste soltanto tra i grandi spazi non coltivati. Colma i
vuoti. Cresce nel mezzo e fra le altre cose. TI fiore è bello, il ca-
volo è utile, il papavero rende folli. Ma l'erba è straripamen-
to, è una lezione di morale'6.
Di quale Cina parla Miller, dell'antica, dell'attuale, di un'im-
maginaria, oppure di un'altra ancora che farebbe parte di
una carta in movimento?
Un discorso a parte andrebbe fatto per l'America, che
naturalmente non è esente dalla dominazione degli alberi
e dalla ricerca delle radici. Lo si vede perfino nella lettera-
tura, nella ricerca di un'identità nazionale e anche di un'a-
scendenza o genealogia europea (Kerouac riparte alla ricer-
ca dei suoi antenati). Resta il fatto che tutto quello che è ac-
caduto d'importante, tutto quello che accade d'importante
procede per rizoma americano: beatnik, underground, sot-
terranei, bande e gang, spinte laterali successive e in con-
nessione immediata con un fuori. Differenza del libro ame-
ricano dal libro europeo, anche quando l'americano si mette
alla ricerca degli alberi. Differenza nella concezione del li-
bro, Foglie d'erba. E le direzioni, in America non sono le stes-
54
MILLE PIANI
~ : all'E~st si svolge la ricerca arborescente e il ritorno al Vec-
d lio Mondo, mentre l'Ovest è rizomatico, con i suoi india-
Ili senza ascendenza, il suo limite sempre in fuga, le sue fron-
I!l're in movimento costantemente ridislocate. La «carta»
rnericana è all'Ovest, dove anche gli alberi fanno rizoma.
I:Ameriica ha invertito le direzioni: ha messo il suo Oriente
Il'Ovest, come se la Terra fosse divenuta rotonda proprio in
mcrica: il suo Ovest è la frangia stessa dell'Est ' 7. (Non è l'In-
dia, come credeva Haudricourt, che svolge il ruolo di inter-
nll'diariio tra l'Occidente e l'Oriente, è l'America che costitui-
il perno e il meccanismo d'inversione). Patti Smith can-
t la bibbia del dentista americano: non cercate la radice,
il canale ...
Non esistono forse anche due burocrazie, perfino tre (o
di più)? La burocrazia occidentale: la sua origine
raria" catastale, le radici e i campi, gli alberi e il loro ruo-
lo d i frontiere, il grande censimento di Guglielmo il Con-
u istatore, la feudalità, la politica dei Re di Francia, conso-
lidare lo Stato sulla proprietà, spartirsi le terre con la guer-
l, i processi e i matrimoni. I Re di Francia scelgono il giglio
In quanto si tratta di una pianta a radici profonde, avvin-
hiata alle scarpate. Avviene la stessa cosa in Oriente? Cer-
to, sarebbe troppo facile presentare un Oriente di rizoma e
Immanenza, tuttavia non si può ignorare che lo Stato non
vi agisce secondo uno schema di arborescenza corrispon-
dl'lHe a classi prestabilite, arborificate e radicate. All'opera
inratti una burocrazia di canali, per esempio il famoso
o lere idraulico «a proprietà debole», dove lo Stato genera
lussi che canalizzano e sono canalizzate (in proposito si
"lIlsideri ciò che non è mai stato confutato nelle teorie di
Wi lt[ogel). Il despota vi agisce come fiume, e non come una
lrgente che sarebbe ancora un punto, punto-albero o ra-
11c" sposa le acque più di quanto non si sieda sotto l'albe-
m, l'albero di Buddha diviene esso stesso rizoma, il fiume
di Mao e l'albero di Luigi. Anche in questo caso l'America
non ha forse svolto un ruolo di intermediaria? Perché essa
is e sia per sterminio, liquidazioni interne (non soltanto
I indiani, ma anche i coloni, ecc.), sia per spinte successi-
Vl' • terne di migrazioni. Il flusso del capitale vi produce un
Immenso canale, una quantificazione di potere, conquan-
III immediati in cui ciascuno beneficia a suo modo del pas-
Il rgio del flusso-denaro (da cui il mito-realtà del povero che
55
 GILLES DELEUZE - FÉLIX GUATTARl
diventa miliardario per ritornare povero): tutto si riunisce
così
. nell'America, di volta in volta albero e canale , radice c
nzon: a . ~on esi~te ~apitalismo universale e in sé, il capitali-
smo e all mcroclO dI tutte le specie di formazioni, è sempre
p~r n,atu~a neo-capitalismo, inventa per il peggio, la sua fac-
CIa d Onente e la sua faccia d'Occidente, e il rimaneggia-
mento di entrambe.
Tutte queste distribuzioni geografiche ci conducono su
una cat.ti~a strada. In un vicolo cieco, tanto meglio. Se si
tratta dI dImostrare che i rizomi manifestano anche un lo-
ro dispotismo, una loro gerarchia, magari ancora più duri ,
molto bene, perché non si intende avanzare nessun duali -
smo, non vi. è dualismo assiologico di buono e cattivo, e nem-
meno meltmg-pot o sintesi americana. Nei rizomi si trova-
no n.odi ?i arborescenza, e nelle radici spinte rizomatiche.
AnzI, eSIstono formazioni dispotiche, di immanenza e di
cànalizzazione proprie dei rizomi, e deformazioni anar-
chi~he nel sistema trascendente degli alberi, radici aeree e
stelI sotterranei. Ciò che conta è che l'albero-radice e il ri-
zoma-canale non si oppongano come due modelli: l'uno a-
gisce come modello e come calco trascendente, anche se ge-
?era le proprie linee di fughe, l'altro opera come processo
Immanente che rovescia il modello e abbozza una carta an-
che se costituisce le sue gerarchie e suscita un canal~ di-
sI;Jotico. Non si tratta di questo o quel luogo sulla Terra, né
dI un momento nella Storia, ancora meno di questa o quel-
la categoria dello spirito. Si tratta del modello che continua
a erigersi e sprofondare e del processo che non cessa mai di
protrarsi, rompersi e ripartire. Non un altro o nuovo duali-
smo. Problema della scrittura: sono assolutamente neces-
sarie espressioni anesatte per designare qualche cosa esat-
tame~te. E non perché sia necessario usare questo meto-
d? e ~sulterebbe possibile procedere solo per approssima-
ZlOm: anesattezza non significa affatto approssimazione,
n: a al con~rario si riferisce al passaggio esatto di quello che
SI fa. Non mvochiamo un dualismo se non per rifiutarne un
altro. C:i serviamo di un dualismo di modelli solamente per
pervemre a un processo che rifiuti ogni modello. Ogni vol-
ta occorrono correttori cerebrali per dissolvere i dualismi
che.non abbiamo voluto fare, attraverso i quali passiamo.
Arrivare alla formula magica che cerchiamo tutti: PLURALI-
SMO = MONISMO, passando per tutti i dualismi che sono il ne-
56
MILLE PIANI
mico, ma il nemico assolutamente necessario, il mobile che
non cessiamo mai di spostare.
Riassumiamo i caratteri principali di un rizoma: a diffe-
renza degli alberi o delle loro radici, il rizoma connette un
punto qualunque con un altro punto qualunque e ognuno
dei suoi tratti non rinvia necessariamente a tratti della stes-
sa natura, mette in gioco regimi di segni molto differenti e
anche stati di non-segni. Il rizoma non si lascia riportare
né all'Uno né al molteplice. Non è l'Uno che diventa due,
né che diventerebbe direttamente tre, quattro o cinque,
ecc. Non è un multiplo che deriva dall'Uno, né a cui l'Uno
si aggiungerebbe (n + 1). Non è fatto di unità, ma di dimen-
sioni o piuttosto di direzioni in movimento. Non ha inizio
né fine, ma sempre un centro, dal quale cresce e deborda.
Costituisce molteplicità lineari a n dimensioni senza sog-
getto né oggetto, estendibili su un piano di consistenza e da
cui l'Uno è sempre sottratto (n -l). Una tale molteplicità
non varia le sue dimensioni senza cambiare natura in se
stessa e metamorfizzarsi. All' opposto di una struttura che si
definisce per un insieme di punti e posizioni, di rapporti bi-
nari tra i punti e di relazioni biunivoche tra le posizioni, il
rizoma è costituito soltanto da linee: linee di segmentarietà,
di stratificazione, come dimensioni, ma anche linee di fu-
ga o di deterritorializzazione come dimensione massima-
le, a partire dalla quale, nel seguirle, la molteplicità entra in
metamorfosi cambiando natura. Non si confonderanno ta-
li linee, o lineamenti, con le discendenze di tipo arborescen-
te, che sono soltanto collegamenti localizzabili tra punti e
posizioni. All'opposto dell' albero, il rizoma non è oggetto di
riproduzione: né riproduzione esterna come l'albero-im-
magine, né riproduzione interna come la struttura-albero. li
rizoma è un' anti -genealogia. È una memoria corta o un' an-
ti-memoria. li rizoma procede per variazione, espansione,
conquista, cattura, iniezione. Al contrario del grafismo, del
disegno o della fotografia, al contrario dei calchi, il rizoma
si riferisce a una carta che deve essere prodotta, costruita,
sempre smontabile, connettibile, rovesciabile, modificabi-
I " con molteplici entrate e uscite, con le sue linee di fuga.
, ono i calchi che devono essere riportati sulle carte e non vi-
e 'versa. Contro i sistemi centrati (anche policentrati), a co-
municazione gerarchica e collegamenti prestabiliti, il rizo-
ma è un sistema acentrato non gerarchico e non significan-
57
 GILLES DELEUZE - FÉLIX G UATTARI
P~rché ~ così ?if?cile? Per il fatto che si tratta già di una que-
stlO-?e dI semlOtlca percettiva. Non è facile percepire le cose
per Il mezzo, e non dall'alto in basso, da sinistra a destra o
mversamente. Provate e vedrete che tutto cambia. Non è fa-
cile vedere l'erba nelle cose e nelle parole (alla stessa manie-
ra Nietzsche diceva che un aforisma doveva essere «rumi-
nato» e che un piano non è mai separa bile dalle vacche che
lo popolano, e che sono anche le nuvole del cielo).
Si scrive la Storia, ma lo si è sempre fatto dal punto di vi-
sta dei sedentari, e in nome di un apparato unitario di Stato,
pres~pposto.co~e almeno possibile anche quando si parla-
va dI nomadI. ClO che manca è la nomadologia il contrario
della Storia. Eppure, anche in questo campo, 'sono rare le
operazioni riuscite, per esempio La crociata dei bambini il
libro di Marcel Schwob che moltiplica i racconti come ta~ti
piani dalle dimensioni variabili. li libro di Andrzejewski, Le
perte del Paradiso, fatto di una sola frase ininterrotta flusso
d~ ~am?ini, flusso di marcia con scalpitio, distensio~e, pre-
clpltazlOne, flusso semiotieo di tutte le confessioni dei bam-
bini che parlano al vecchio monaco posto alla testa del cor-
teo, fl~sso di desi~erio e sessualità, ognuno partito per amo-
re e plU o meno dIrettamente guidato dal nero desiderio po-
stumo e pederasta del conte di Vendòme, con cerchi di con-
vergenza -l'importante non è che i flussi facciano «Uno o
molteplice», non siamo più a questo punto: c'è un concatena-
mento collettivo d'enunciazione, un concatenamento mac-
c~~co di d~siderio, l'uno nell'altro, e innestati sopra un pro-
dlglOSO fuon c~e ~a mol~eplicità in ogni maniera. E poi, più
r~centeme.nte, Il ~lbro d Armand Farrachi sulla quarta cro-
cIata, La dzslocazwne, dove le frasi si divaricano e disperdo-
no, oppure si urtano e coesistono, e le lettere, la tipografia si
mette a danzare, via via che la crociata delira 21 • Ecco alcuni
modelli di ~crittura nomade e rizomatica, la scrittura sposa
una J?acchma da guerra e delle linee di fuga, abbandona gli
stratI, le segmentarietà, la sedentarietà, l'apparato di Stato.
Ma perché occorre ancora un modello? Il libro non resta
forse un'«immagine» delle crociate? Non c'è ancora un'u-
nità custodita, come unità rotatoria nel caso di Schwob co-
me unità abortita nel caso di Farrachi, come unità del éon-
te funereo nel caso più bello de Le porte del Paradiso? Oc-
corre un nomadismo più profondo di quello delle crociate
quello dei veri nomadi, oppure il nomadismo di coloro ch~
neppure si muovono e non imitano più niente? Essi con-
60
MILLE PIANI
catenano soltanto. Come riuscirà a trovare il libro un fuori
sufficiente con il quale possa concatenarsi nell'eterogeneo,
piuttosto che un mondo da ripro~~rr.e? Culturale, il libro ~
necessariamente un calco: calco gIa dI se stesso, calco del h-
bro precedente dello st~sso a~tore, c~lco .di al.tri libri qual~
ne siano le differenze, ncalco mtermmablle dI concettI e dI
parole già fatte, ricalco del mondo presente, passato o fu-
turo. Ma il libro anticulturale può ancora essere attraversa-
to da una cultura troppo pesante: oppure ne farà un uso at-
tivo di dimenticanza e non di memoria, di sottosviluppo e
non di progresso da sviluppare, di nomadismo e non di se-
dentarietà di carta e non di calco. RrZOMATICA = POP/ANALISI,
anche se ii popolo ha altro da fare che legge~e, a.n~~e, se i
blocchi di cultura accademica o di pseudo-sClentlficlta re-
stano troppo asfissianti,o pesanti. Perché la scienza sarebbe
completamente folle, se la si lasciasse fare, gua~d~te la ma-
tematica, non è una scienza, ma un gergo prodlglOso e no-
madico. Anche e soprattutto nel campo teorico, una qual-
siasi impalcatura precaria e pragmatica vale più del rical~o
dei concetti, con i loro tagli e i loro progressi che n<;m can:bl~­
no niente. La rottura impercepibile piuttosto che Il taglIo SI-
gnificante. I nomadi hanno inventato una macchin~ da guer-
ra contro l'apparato di Stato. La Storia non ha mal compre-
so il nomadismo, il libro non ha mai compreso il fuori. Nel
corso di una lunga Storia, lo Stato è servito come modello del
Libro e del pensiero: illogos, il filosofo-Re, la .trascen?e~z~
dell'Idea, !'interiorità del concetto, la repubblIca deglI spm-
ti il tribunale della ragione, i funzionari del pensiero, l'uo-
~o legislatore e soggetto. Pretesa dello Stato di es~ere Fim-
magine interiorizzata di un ordine del mondo, e dI radICar~
l'uomo. Ma il rapporto di una macchina da guerra con Il
fuori non è un altro «modello», è un concatenamento che
fa diventare il pensiero stesso nomade, il libro un pezzo per
tutte le macchine mobili, uno stelo per un rizoma (Kleist e
Kafka contro Goethe).
Scrivere in n, n-l, scrivere slogan: fate rizoma e non ra-
dice, non piantate mai! Non seminate, i.n~e~tate! No~ siate
né uno né molteplice, siate delle molteplIClta! Fate la ]mea e
22
mai il punto! La velocità trasfonna il punto in linea ! Siate
rapidi, anche stando sul posto! Ligne de chance, l~gne ~e han-
che 13 , linea di fuga. Non suscitate un general~ ID ~Ol! Non
delle idee giuste, giusto un'idea (Godard). AbbIate Idee cor-
I . Fate carte, non foto o disegni. Siate la Pantera Rosa, e che
61
 GILLES DELEUZE - FÉLIX GUATTARI
i vostri amori siano come la vespa e l'orchidea, il gatto e il
babbuino. Si dice del vecchio uomo-fiume:
Re don 't plant tatos
Don 't plant cotton
Them that plants them is soon forgotten
24
But old man river he just keeps rolling along •
Un rizoma non comincia e non finisce, è sempre nel mez-
zo, tra le cose, inter-essere, intermezzo. Lalbero è filiazione
ma il rizoma è alleanza, unicamente alleanza. Lalbero im~
pone il verbo «essere», ma il rizoma ha per tessuto la con-
giunzione «e ... e ... e ... ». In questa congiunzione c'è abba-
stanza forza per scuotere e sradicare il verbo essere. Dove
andate? Da dove partite? Dove volete arrivare? Sono do-
mande davvero inutili. Fare tabula rasa, partire o ripartire
?a z~ro, cercare un inizio o un fondamento, tutto questo
ImplIca una falsa concezione del viaggio e del movimento
(metodica, pedagogica, iniziatica, simbolica ... ). Ma Kleist,
Lenz o Biichner hanno un'altra maniera di viaggiare come
di muoversi, partire nel mezzo, per il mezzo, entrare e usci-
re, non cominciare né finire 25 • Ancora di più, è la letteratu-
ra americana, e già quella inglese, che hanno manifestato
questo senso rizomatico, hanno saputo muoversi tra le co-
se: i~sta.urare una logica dell' «E», rovesciare l' ontologia, de-
stItUIre Il fondamento, annullare inizio e fine. Hanno sapu-
to fare una pragmatica. Perché il mezzo non è affatto una
media, al contrario è il luogo dove le cose prendono veloci-
tà. Tra le cose non designa una relazione localizzabile che
va da una cosa a un'altra e viceversa, ma una direzione per-
pendicolare, un movimento trasversale che le trascina, l'u-
na e l'altra, ruscello senza inizio né fine che erode le due ri-
ve e prende velocità nel mezzo.
Note
1. Cfr. ~. ~almberg, Les nouvelles tendances de la linguistique,
P.U.F., ParI?), ~ 97~, p. 97 e sgg. (l'esempio del dialetto castigliano).
Seguendo l cnten della traduzione del primo volume di Capitali-
smo e schizofrenia, L'anti-Edipo (Einaudi, Torino, 1975, a cura di A.
Fontana), si preferisce tradurre direttamente dai testi in versione
francese che usano gli autori, ndt.
62
MILLE PIANI
2. E. JUnger, Approches drogues et ivresse, Table ronde, Parigi,
I Y74, p. 304, par. 218 [trad. it. Avvicinamenti. Droghe ed ebbrezza,
(,lInnda, Parma, 2006].
. R. Chauvin, Entretiens sur la sexualité, Plon, Parigi, 1969, p.
205.
4. Sui lavori di R.E. Benveniste e G.J. Todaro, cfr. Y. Christen,
lA' rale des virus dans l'évolution, «La Recherche», n. 54, marzo
\1J75: <<1 virus possono, dopo integrazione-estrazione in una cellu-
III, prelevare, in seguito a errore di scissione, frammenti di DNA del
loro ospite e trasmetterli a nuove cellule: si tratta d'altronde della
hllse di quella che si chiama ingegneria genetica. Ne risulta che in-
lormazioni genetiche proprie di un organismo potrebbero essere
trl.ls(erite a un altro organismo grazie ai virus. Se si ha interesse
pt'r le situazioni estreme, si può addirittura immaginare che que-
lo trasferimento d'informazione potrebbe effettuarsi da una spe-
il' più evoluta verso una specie meno evoluta o generatrice della
Questo meccanismo andrebbe dunque in senso con-
a quello che l'evoluzione utilizza in una maniera classica. Se
trasferimenti di informazioni avessero avuto una grande
portanza, si sarebbe addirittura portati in certi casi a sostituire
'O li schemi reticolari (con comunicazioni tra branche che seguono
/,.Ioro differenziazioni) gli schemi in forma di cespuglio o albero che
,,.,vono oggi per rappresentare l'evoluzione» (p. 271).
5. F. Jacob, La logique du vivant, Gallimard, Parigi, 1976, pp.
:\ 12 e 333 [trad. it. La logica del vivente, Einaudi, Torino, 1971].
6. C. Castaneda, L'herbe du diable et la petite fumée, Ed. du So-
I il Noir, Parigi, 1972, p. 160 [trad. it. A scuola dallo stregone. Una
viII Yaqui alla conoscenza, Astrolabio, Roma, 1970].
7. P. Boulez, Parvolonté et par hasard, Ed. du Seui!, Parigi, 1975,
. 14 [trad. it. Per volontà e per caso. Conversazioni con Celestin De-
Il g', Einaudi, Torino, 1977]: «Voi la piantate in un certo terrel!0,
,di colpo, essa si mette a proliferare come l'erbaccia». E passlm,
lilla proliferazione musicale, p. 89: «Una musica che galleggia,
LI. IVC la scrittura stessa pone lo strumentista in un'impossibilità di
Illantenere una coincidenza con un tempo pulsato».
8. Cfr. M. Klein, Psychanalyse d'un enfant, Tchou, Parigi, 1973
tInld. it. L'analisi di un bambino, Bollati Boringhieri, Torino, 1984]:
Il 111010 delle carte di guerra nelle attività di Richard.
9. F. Deligny, Voix et voir. Cahiers de l'immuable, «Recherches»,
prile 1975.
IO. Cfr. D. Wunderlich, Pragmatique, situation d'énonciation et
/Jcoixi , «Langages», n. 26, giugno 1972, pp. 50 e sgg.: i tentativi di
Ma Cawley, di Sadock e di Wunderlich per introdurre le «proprie-
1 pragmatiche» negli alberi chomskiani.
Il . S. Rose, Le cerveau conscient, Ed. du Seui!, Parigi, 1975, p. 97
, suDa memoria, pp. 250 e sgg.
63
 GILLES DELEUZE - FÉLIX GUATTARI
12. Cfr. J. Pacotte, Le réseau arborescent, schème primordial de
la pensée, Hermann, Parigi, 1936. Questo libro analizza e sviluppa
diversi schemi della forma d'arborescenza, che non è presentata
come un semplice formalismo, ma come <<il fondamento reale del
pensiero formale». Spinge fino al limite il pensiero classico. Rac-
coglie tutte le forme dell'« Uno-Due», teoria del dipolo. L'insieme
tronco-radici-rami dà luogo allo schema seguente:
- --+t-·- - - - > . )
ti
Più recentemente, Michel Serres analizza le varietà e sequenze
d'alberi nei campi scientifici più differenti: come l'albero si forma
a partire da un «reticolo» (La traduction, Ed. de Minuit, Parigi, 1974,
pp, 27 e sgg.; Feux et signaux de brume, Grasset, Parigi, 1975, pp.
35 e sgg.).
13. P. Rosenstiehl e J. Petito~, Automate asocial et systèmes acen-
trés, «Communications», n. 22, 1974. Sul teorema dell'amicizia,
cfr. H.S. Wilf, The Friendship Theorem in Combinatorial Mathema-
tics, Welsh Academic Press; e, su un teorema dello stesso tipo, det-
to «d'indecisione collettiva», cfr. K.J. Arrow, Choix collectif et pré-
férences individuelles, Calmann-Lévy, Parigi, 1974.
14. Ibidem. Il carattere principale del sistema acentrato consi-
ste nel fatto che le iniziative locali sono coordinate indipendente-
mente da un'istanza centrale, poiché il calcolo si effettua nell'in-
sieme del reticolo (molteplicità). «Perché il solo luogo dove può
essere costituito uno schedario delle persone è presso le persone
stesse, le sole capaci di fornire la loro descrizione e di tenerla ag-
giornata: la società è il solo schedario possibile delle persone. Una
società acentrata naturale respinge come intruso asociale l'auto-
I ma centralizzatore» (p. 62). Sul «teorema del Firing Squad», pp.
51-57. Succede anche che dei generali, nel loro sogno di appro-
priarsi delle tecniche formali di guerriglia, facciano appello a mol-
teplicità «di modelli sincroni», «a base di cellule leggere, numerose
ma indipendenti», che comportano teoricamente solo un minimo
di potere centrale e di «ricambio gerarchico»: così G. Brossollet,
Essai sur la non-bataille, Belin, Parigi, 1975.
15. Sull'agricoltura occidentale delle graminacee e l'orticoltura
orientale dei tuberi, sull'opposizione seminare-scavare, sulle dif-
ferenze in rapporto all'allevamento animale, cfr. A. G. Haudricourt,
Domestication des animaux, culture des plantes et traitement d'au-
trui, «L'Homme», 1962, e L'origine des clones et des clans, «L'Hom-
me», gennaio 1964. Il mais e il riso non costituiscono obiezioni:
64
MILLE PIANI
sono cereali «tardivamente adottati da coltivatori di tuberi» e trat-
tati in maniera corrispondente. È probabile che il riso «apparve
come un'erbaccia dei fossati di scolo».
16. H. Miller, Hamlet, Corréa, Parigi, 1956, pp. 48-49.
17. Cfr. L. Fiedler, Le retour du Peau-rouge, Ed. du Seui!, Parigi,
1971 [trad. il. Il ritorno del pellerossa. Mito e letteratura in America,
Rizzoli, Milano, 1972]. Si trova in questo libro una bella analisi del-
la geografia, del suo ruolo mitologico e letter~o in ~erica, e d~l­
l'inversione delle direzioni. A Est, la ricerca dI un codIce propna-
mente americano, e anche di una ricodificazione con l'Europa
(Henry James, Eliot, Pound, ecc.). La surcodificazione schiavista
al Sud, con la propria rovina e quella delle piantagioni nella Guer-
ra di Secessione (Faulkner, Caldwell). La decodificazione capitali-
stica che viene dal Nord (Dos Passos, Dreiser). Il ruolo dell'Ovest
come linea di fuga, dove si coniugano i! viaggio, l'allucinazione, la
folla, l'indiano, la sperimentazione percettiva e mentale, la moven-
za delle frontiere, il rizoma (Ken Kesey e la sua «macchina da neb-
bia», la generazione beatnik, ecc.) .. Ogni grande .aut?r~, americano
fa una cartografia, anche col suo stile. Al contrano dI CIO che. succ~­
de da noi, prepara una carta che connette direttamente con I moVI-
menti sociali reali che attraversano l'America. Per esempio la loca-
lizzazione delle direzioni geografiche in tutta l'opera di Fitzgerald.
18. G. Bateson, Vers une écologie de l'esprit, Ed. du Seui!, Parigi,
1977, I, pp. 125-126 [trad. it. Verso un'ecologia~~lla r:z ente , AdelI;>hi,
Milano 1972]. Si noterà che la parola plateau e ImpIegata claSSIca-
mente ~ello studio dei bulbi, tuberi e rizomi: cfr. H. Baillon, Diction-
naire de botanique, Hachette, Parigi, 1876-92, voce «Bulbe».. .
19. Cfr. J. de la Casinière, Absolument nécessaIre, Ed. de MmUlt,
Parigi, 1973: un libro veramente nomade. Nella stessa direzione,
cfr. le ricerche del Montfaucon Research Center.
20. F. Kafka, Journal, Grasset, Parigi, 1945, p. 4 [trad. it. Confes-
sioni e diari, Mondadori, Milano, 1976].
21. M. Schwob, La croisade des enfants, Mercure de France, Pa-
rigi, 1896 [trad. it. La crociata dei bambini. Il mare e il ~ramon.to, SE,
Milano, 2004]; J. Andrzejewski, Les portes du Paradls, Galhmard,
Parigi, 1959 [trad. it. Le porte del Paradiso, Sellerio, Palermo, 1988];
A. Farrachi, La dislocation, Stock, Parigi, 1974 [trad. it. La disloca-
zione. Il Graal polverizzato, Fandango, Roma, 2003]. A proposito
del libro di Schwob, P. Alphandéry, in La chrétienté ell'idée de croi-
wlde, Albin Miche!, Parigi, 1954, II, p. 116 [trad. it. La cristianità e
l'idea di crociata, Il Mulino, Bologna, 1974], diceva che la letteratu-
ra, in certi casi, poteva rinnovare la Storia e imporgli «delle vere
ti irezioni di ricerche».
22. Cfr. P. Virilio, Véhiculaire, in Nomades et vagabonds, 10-18,
Parigi, 1975, p. 43: sul sorgere della linearità e lo sconvolgimento
della percezione per effetto della velocità.
65
 GILLES DELEUZE - FÉLIX GUATTARI

una me~l~nca». . Il nt?mello di una canzone intonata da Bel- 1914

ci
mon o e .na nel film Pzerrot le fou di Jean-Luc Godard ndt Uno solo o molti lupi?
24. «~on pIar:ta patate / non pianta cotone / quelli che l; pia~ta­
no s<;>no ImmedIatamente dimenticati / ma il vecchio uomo-fiume
contmua sempre a scoIrere », ndt.
~5: Cfr·dJ·c. Ba~ly, La légende dispersée, 10-18, Parigi, 1976· 1a de-
scnZlOne el mOVImento nel Romanticismo tedesco , pp . 18·e sgg.

Quel giorno l'Uomo dei lupi scese dal divano particolar-

m en te stanco. Sapeva che Freud aveva un particolare ta-
• lento nel rasentare la verità e passare di lato, per poi colma-
re il vuoto tramite associazioni. Sapeva che Freud ignora-
• va tutto dei lupi, come degli ani del resto. Freud comprende-
va soltanto quel che è un cane, e la coda di un cane. Questo
non era sufficiente, non sarebbe stato sufficiente. L'Uomo
dei lupi sapeva che Freud l'avrebbe dichiarato ben presto
guarito, ma non era vero, e quindi avrebbe continuato ad
C sere analizzato per l'eternità da Ruth, Lacan e Leclaire. In-
somma, sapeva che stava acquistando un vero nome pro-
prio, l'Uomo dei lupi, molto più proprio del suo, poiché ac-
cedeva alla più alta singolarità nell'apprensione istantanea
di una molteplicità generica - i lupi - ma che questo nuovo,
questo vero nome proprio sarebbe stato sfigurato, scritto
male, ritrascritto in patronimico.
Freud, da parte sua, si apprestava a scrivere delle pagine
slraordinarie. Pagine assolutamente pratiche, nell'articolo
dcl1915 sull'inconscio, concernente la differenza tra nevro-
si e psicosi. Freud dice che un isterico o un ossessivo sono
p 'rsone capaci di comparare globalmente un calzino a una
vugina, una cicatrice alla castrazione, ecc. Probabilmente,
1\ -Ilo stesso tempo, essi percepiscono l'oggetto come globale
( 'ome perduto. Ma cogliere eroticamente la pelle in quanto
nl lleplicità di pori, di piccoli punti, di piccole cicatrici o di
piccoli buchi, cogliere eroticamente il calzino in quanto mol-
kplicità di maglie, ecco ciò che non verrebbe mai in mente
III nevrotico, mentre lo psicotico ne è capace:

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