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ITALIANI
«È come innamorarsi. Nel momento in cui la vedi sai che la tua vita non sarà più la
stessa: è quell’idea capace di colonizzarti la mente e di cui è impossibile liberarsi.
L’esperienza di un’opera d’arte è qualcosa che ti segna per sempre, tanto quanto un
colpo di fulmine per una persona che non conosci. L’arte, come l’amore, è un
elemento che non si può replicare con l’intelligenza artificiale: più queste
sperimentazioni si affineranno, più capiremo quanto non sia possibile arrivare
all’esperienza estetica tramite la riproduzione artificiale».
Si presenterà alla cerimonia con la fronte affittata. Con i soldi dello sponsor —
Huawei —, donerà venti borse di studio agli studenti della scuola...
«Come molte cose, è iniziato da un gioco stupido: mi succede ogni tanto di
acconsentire a andare a un evento con qualche stupidaggine scritta addosso. Ho
pensato che invece di farlo per scherzo poteva rivelarsi utile: vendendo la mia fronte
a un marchio avrei potuto fare una buona azione coi soldi ricevuti in cambio. Solo
dopo ho realizzato che, in fondo, è un cerchio che si chiude con il lavoro presentato
in Biennale nel ’93, quando vendetti lo spazio di un billboard a un marchio di
profumi. Oggi il billboard sono io. La dimostrazione vivente che l’arte può essere
stupida, ma anche utile».
«Si dice che i libri che il mondo chiama immorali siano i libri che mostrano al mondo
la sua vergogna. La provocazione funziona esattamente allo stesso modo: non è
altro che un cavallo di Troia per mettere sulla bocca di tutti argomenti che si vogliono
tacere. La cosa interessante è che quello che troviamo provocatorio è totalmente
soggettivo, un po’ come quando racconti una barzelletta divertentissima ma nessuno
ride. Non puoi prevedere se gli altri la troveranno divertente, puoi solo decidere di
correre il rischio di esporti».
«Da bambino desideravo con tutte le mie forze liberarmi dell’autorità dei miei
genitori. Sono scappato di casa e andato a lavorare per poter vivere da solo. A quel
punto il desiderio era diventato far fuori i miei datori di lavoro, e ho cominciato a fare
l’artista. Quando sono andato in pensione, è perché stava nascendo lo stesso
desiderio verso i galleristi: fare l’artista era diventato un mestiere come gli altri,
aveva perso il sapore anarchico e proibito che lo rendeva gustoso e desiderabile.
Quel desiderio è l’unico motore che abbia mai avuto».
Ci sono dei bivi che se non avesse preso avrebbero cambiato, forse, la sua
carriera?
«È stato ricorrente nella mia vita: il cambiamento equivale a una fuga in avanti, un
po’ come nel ciclismo. Prima di approdare a Milano ho fatto cinque anni di limbo.
Quello che mi ha portato a Milano è la determinazione, il volere una vita diversa da
quella che avevo vissuto fino a quel momento. Mi ero ripromesso che non avrei mai
più lavorato alle dipendenze di qualcuno, e Milano è stato dove per la prima volta ho
capito come potevo riuscirci. Era una città aperta al nuovo, e tutti erano pronti a
incoraggiare i giovani artisti. Non mi guardo indietro di solito, ma le poche volte che
l’ho fatto mi sono detto che se fossi rimasto dov’ero probabilmente a quest’ora sarei
in galera: avrei applicato la creatività alle rapine».
Le sue case sono vuote, legge moltissimo ma regala tutti i libri e anche su
Instagram pubblica un solo post al giorno che poi cancella. Non è curioso
specie per chi, fondamentalmente, produce oggetti?
«Gli oggetti sono ricordi che hanno preso una forma nella realtà. Sono lì a farti
presente in ogni momento che il tempo scorre inesorabile e che esiste un passato in
cui quegli oggetti hanno significato qualcosa. Vivere senza la pesantezza di questo
bagaglio di cose e di pensieri mi permette di guardare in avanti con leggerezza e
lucidità. E poi mi piace l’idea di essere sempre pronto a trasferirmi dall’altra parte del
mondo, senza guardarmi indietro».
«Più che le opere avrei voluto conoscere gli artisti: passare un pomeriggio al
Jamaica (uno storico locale di Milano, ritrovo degli artisti, ndr.), chiacchierare con
Piero Manzoni davanti a uno spritz, vedere arrivare Mondino a cavallo di un
cammello... avrei voluto conoscere il lato non artistico di molti di loro, per guardare
alle opere sotto una luce meno storica e più vitale».
La luce che illumina tutte le sue opere è l’ironia. Cosa rappresenta per lei?
«Uno strumento per mettere in evidenza le contraddizioni del mondo in cui viviamo:
penso che l’ironia sia la quintessenza della reazione umana alla paura della morte,
quindi la sua natura è decisamente tragica».
A un certo punto della sua carriera, l’arte la stava «soffocando», tanto da non
riuscire più a dormire la notte.
«Sì, finché fai un mestiere che non ti piace, o un lavoro che nessun altro vuole fare».
«Per fare quel lavoro devi avere la vocazione, come per fare il prete: il tuo contributo
non è solo in quello che fai, ma in quello che dai come apporto umano. È una sfida
continua con te stesso, perché devi mettere da parte i tuoi problemi, e al tempo
stesso non farti influenzare la giornata da quelli degli altri. Dopo un po’ mi avevano
spostato in terapia intensiva. Lì ovviamente nessuno parla, non c’è uno scambio
emotivo, è pieno di strumenti che fanno migliaia di rumori elettronici, è come vivere
nel regno delle macchine. Poi, dal mondo dei vivi che stanno morendo, ero stato
trasferito al piano di sotto, ai morti. In entrambi i casi, ho imparato che se lavori con i
vivi non puoi indulgere a malumori: è probabilmente per questo che per me la vita è
molto più seria della morte».
Dice di essere interessato al dibattito che le sue opere suscitano nel pubblico.
Perché? È importante essere «capito»?
«Il contesto di un’opera fa parte del suo significato, così come lo è il punto di vista
dello spettatore. L’arte è un territorio che tutti sono in grado di esplorare, perché non
è coinvolto nessun alfabeto, ma allo stesso tempo nessuno avrà le stesse
sensazioni o esperienze del suo compagno di viaggio. È il regno dell’interpretazione
soggettiva. Quando penso a un’opera non penso alla reazione del pubblico. Come
un genitore con un figlio, evito di proiettare le mie aspettative sull’opera: ogni artista
deve accettare che una volta cresciuta e diventata indipendente non si può
controllare se l’opera frequenterà le giuste compagnie. Qualcuno una volta ha detto
che le nostre teste sono tonde in modo che i nostri pensieri possano volare in
qualsiasi direzione: non esiste un modo specifico di interpretare un’opera, la sua
forma è rotonda come le nostre teste. Le persone possono trovare un percorso
personale, ogni modo è percorribile».
Spesso, dell’arte contemporanea c’è chi dice: questo lo saprei fare anche io...
«Credo che il dovere dell’arte sia di fare domande, non fornire risposte. Se davanti a
un’opera vuoi una risposta chiara e univoca, sei nel posto sbagliato. Se sei capace
di creare domande attraverso un’opera, puoi considerarti un artista: è un compito
rischioso, puoi scoprire cose su di te e sugli altri che avresti preferito non sapere. Se
fosse facile le opere potrebbero essere progettate da macchine».
Come si descriverebbe?
«In un modo così terribile che non si può dire ad alta voce. Se fossi capace di manie
di grandezza mi definirei il più grande statista dopo Giulio Cesare. Ma purtroppo o
per fortuna l’autostima non è il mio forte».
«La franchezza».
«Tornare da dove sono venuto. Mai guardare indietro a meno che tu non voglia
andare in quella direzione. Io mi guardo bene dal farlo».
SPONSOR
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Bullismo, la maglia
come cancellino Ma
anche tante botte e
umiliazioni
IL DOSSIER
LONGEVITÀ
Era nata il 4 agosto del 1900. Nipponico anche l’uomo più anziano ancora vivente, 112
anni. Il record accertato è quello di Jeanne Louise Calment, che ha raggiunto i 122 anni
LA RAGAZZA PAKISTANA
La 25enne pakistana residente a Brescia. La polizia pakistana: non è stato omicidio, mai
fermati i familiari
L’INTERVENTO
Chiara G., insegnante di Lettere in una scuola lombarda, ha scritto una lunga lettera al
«Corriere» toccando numerosi temi come la disparità e l’abbandono scolastico. Le
situazioni più gravi negli indirizzi più «umili» dove il degrado è vissuto come normalità.
CONFESSIONI
Angelo Gugel parla per la prima volta: ha assistito anche Luciani e Ratzinger. «Giovanni
Paolo II ha fatto un miracolo per me e per la mia famiglia»
AD AVIANO (UDINE)
lI conducente, un operaio di 24 anni, del posto, è stato arrestato dai carabinieri con le
accuse di guida in stato di ebbrezza: la ragazza ha fatto un volo di una decina di metri
VIOLENZA A SCUOLA
L’isola, nella laguna nord di Venezia, compie 800 anni: nel 2020 ricorrerà l’ottavo
centenario dell’arrivo e della permanenza di san Francesco d’Assisi di ritorno dalla quinta
crociata. Ora i frati chiedono aiuto per gli interventi di manutenzione