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La povertà evangelica
1. Anzitutto chiariamo che la povertà evangelica non è l’indigenza, che è da combattere, ma una
libertà dalle cose in vista di una libertà per Dio, e questa è la povertà da coltivare. La povertà
evangelica non è stato di necessità, ma condizione di maggiore libertà. Poi certo, la logica del
Vangelo insegna che non si può essere e avere tutto, che per avere di più occorre saper
rinunciare al meno, che nuovi affetti richiedono alcuni distacchi, che trovare se stessi è anzitutto
rinnegare se stessi, che mani piene di beni mondani non sono libere per accogliere e trafficare i
doni di Dio. Non si può mai separare l’annuncio del Vangelo dall’appello alla conversione: Dio non
ci trova mai in situazione di equilibrio, ma sempre un po’ scompensati da una parte o dall’altra.
2. Più semplicemente, la povertà evangelica non è tanto non avere, ma non attaccare il cuore:
si può essere ricchi col cuore povero, distaccato, generoso, e si può essere poveri con il cuore ricco,
avaro, egoista, desideroso di possedere e timoroso di perdere. Caso mai, il Vangelo suggerisce
che le ricchezze del mondo vanno trafficate con industriosità e furbizia, e che saper trattare
saggiamente le cose del mondo è condizione perché ci possano essere affidate le cose del cielo.
Poi certo, va anche detto che l’esempio di Gesù e dei santi ci insegna che il distacco effettivo
aiuta grandemente il distacco affettivo: i beni del mondo sono ingombranti, e, col tempo, senza
accorgersene, rende insensibile il cuore! Ce ne rendiamo conto dall’enorme fatica che facciamo a
liberare il cuore e a snellire la vita quando abbiamo concesso troppo a una rilassatezza, a una
pigrizia, a una comodità, a un’agiatezza, a un bene futile o inutile. Ad ogni modo, nel Vangelo, Gesù
non esalta la povertà intesa come indigenza, mancanza dei mezzi fondamentali per una sussistenza
decorosa. Non è un idealista che fa della povertà una bandiera per unire in un unico partito i disperati
della terra. Il Vangelo presenta Gesù come una persona concreta, che conosce e comprende i
problemi, anche quelli legati alla mancanza di cibo, di salute, di denaro, per recare sollievo, operare
guarigioni, ridare speranza.
3. Va infine detto che il rapporto con i beni va pensato e vissuto sullo sfondo della verità cristiana
dell’universale destinazione dei beni nella sua storica tensione con la proprietà privata: qui
l’insegnamento cristiano è l’elemosina, intesa in senso ampio, come effettiva partecipazione alla
pietà di Dio che ama tutti i suoi figli, ed è particolarmente sensibile ai più poveri. Ma qui gli ostacoli
culturali sono ancora grandi: per farla breve, una paio di considerazioni: 1. la forbice fra i pochi
ricchi e i molti poveri è sempre più spalancata: l’1% della popolazione mondiale detiene la stessa
quantità di beni del restante 99%!?! 2. L’uomo occidentale è un homo consumens: tutto il
sistema produttivo è orientato a fare di noi dei consumatori 1, e non è facile remare controcorrente
rispetto alla logica di mercato, che col suo avanzare rende proporzionalmente insensibili alla
ricchezza di Dio e alla povertà di popoli (v. EG 1). Su questo la Dottrina sociale della Chiesa è
abbondante e abbondantemente disattesa.
1 L’espressione è del famoso sociologo Z. BAUMAN, recentemente scomparso: Homo consumens: lo sciame inquieto dei consumatori
e la miseria degli esclusi, Erikson 2007. Egli mette in evidenza la logica perversa del “consumismo”, che deve indurre, soddisfare,
esaurire in breve la soddisfazione per ricreare nuovi bisogni, rendendo l’uomo schiavo. È una logica che tratta gli uomini come individui,
indebolendo il legame sociale, ed inoltre i poveri, poiché non sono consumatori, subiscono una doppia emarginazione rispetto agli
standard del sistema sociale. Al limite, il povero diventa colpevole.
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Puoi possedere ricchezze senza esserne avvelenata; questo se le hai in casa o nel portafoglio,
ma non nel cuore!
2. Ci sono due pericoli da evitare e verso i quali mantenere grande vigilanza. Il primo è il vizio
dell’avarizia:
Nessuno vorrà mai ammettere di essere avaro! Tutti negano di essere contagiati da questo
tarlo che inaridisce il cuore. Non si possiede mai abbastanza; si scopre sempre un motivo per
avere di più. L’avarizia è una febbre maligna che più è forte e bruciante e più rende insensibili.
Il secondo è desiderare la roba degli altri: dal desiderio si può infatti passare molto presto ad
azioni non sempre oneste per avere di più, come ha fatto Acab con la vigna di Nabot. È cosa buona
avere cura di accrescere il patrimonio, ma sempre con giustizia, calma e carità:
Non desiderare con una brama travolgente il bene che non hai; non impegnare troppo il cuore
in quello che possiedi; non disperarti per i rovesci che potranno colpirti!
3. Non dimentichiamo che Francesco era nobile e proveniva da una famiglia “ricca”: su questo tema
sembra che parli della sua esperienza personale e offre alcuni consigli su come tenere insieme,
mediante l’elemosina, povertà e ricchezza:
Vorrei mettere contemporaneamente nel tuo cuore la ricchezza e la povertà, una grande cura
e un grande disprezzo dei beni temporali
Dobbiamo avere cura nel rendere i nostri beni utili e fruttuosi e questo perché non sono nostri, ma
è Dio che ce li ha affidati e quindi dobbiamo lavorare con un impegno sereno, dolce e tranquillo.
Dobbiamo praticare una povertà reale ed effettiva, pur vivendo circondati da tutte le ricchezze
che Dio ci ha dato. Segno di questo distacco del cuore è l’elemosina: comincia a disfarti di un
po’ dei tuoi beni dandoli di tutto cuore ai poveri. Niente rende gli affari tanto prosperi quanto
l’elemosina. Ama i poveri e la povertà; è questo amore che ti farà sinceramente povera. Vuoi
fare di più? Non accontentarti di essere povera con i poveri, ma sii più povera di poveri. E
come? Fatti serva dei poveri. Gli esempi di S. Luigi di Francia e di Elisabetta d’Ungheria
illustrano quanto detto.
4. E quando manca qualcosa, accontentarsi di queste situazioni:
Accetta serenamente la diminuzione dei beni, adattati con pazienza ad avere qualcosa in meno.
Quando i nostri beni sono legati al cuore, se la grandine, i ladri o gli imbroglioni ce ne strappano
una parte, che urla, che agitazione, che tormento ne abbiamo!
Infine, “se sei povera di fatto, Filotea, cerca di esserlo anche nello spirito”. E come? Ci si lamenta
soltanto di ciò che ci dispiace:
Voler essere poveri e non volerne patire gli inconvenienti è una pretesa assurda. È pretendere
l’onore della povertà e gli agi delle ricchezze.
Modello anche in questo campo è la Madonna:
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ricordati spesso del viaggio che fece in Egitto per portare in salvo il Figlio e quanto disprezzo,
povertà e miseria dovette sopportare! Se vivrai così sarai molto ricca nella tua povertà.
chi sarà? 21 Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio» (Lc 12)
24 Quando Gesù lo vide, disse: «Quant'è difficile, per coloro che possiedono ricchezze entrare nel regno
di Dio. 25 È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno
di Dio!». 26 Quelli che ascoltavano dissero: «Allora chi potrà essere salvato?». 27 Rispose: «Ciò che è
impossibile agli uomini, è possibile a Dio». 28 Pietro allora disse: «Noi abbiamo lasciato tutte le nostre
cose e ti abbiamo seguito». 29 Ed egli rispose: «In verità vi dico, non c'è nessuno che abbia lasciato
casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, 30 che non riceva molto di più nel tempo
presente e la vita eterna nel tempo che verrà». (Lc 18)
Poi, nel tempo di deserto, prega il Sal 61, che invita a non attaccare il cuore ai beni corruttibili e a
riconoscere che solo Dio è l’unico bene che basta e resta. Solo così si trova vera pace:
2 Solo in Dio riposa l'anima mia; il mio saldo rifugio, la mia difesa è in Dio.
da lui la mia salvezza. 9 Confida sempre in lui, o popolo,
3 Lui solo è mia rupe e mia salvezza, davanti a lui effondi il tuo cuore,
mia roccia di difesa: non potrò vacillare. nostro rifugio è Dio.
4Fino a quando vi scaglierete contro un uomo, 10Sì, sono un soffio i figli di Adamo,
per abbatterlo tutti insieme, una menzogna tutti gli uomini,
come muro cadente, insieme, sulla bilancia, sono meno di un soffio.
come recinto che crolla? 11 Non confidate nella violenza,
5 Tramano solo di precipitarlo dall'alto, non illudetevi della rapina;
si compiacciono della menzogna. alla ricchezza, anche se abbonda,
Con la bocca benedicono, non attaccate il cuore.
e maledicono nel loro cuore. 12 Una parola ha detto Dio,
6 Solo in Dio riposa l'anima mia, due ne ho udite:
da lui la mia speranza. il potere appartiene a Dio,
7 Lui solo è mia rupe e mia salvezza, tua, Signore, è la grazia;
mia roccia di difesa: non potrò vacillare. 13 secondo le sue opere
8 In Dio è la mia salvezza e la mia gloria; tu ripaghi ogni uomo.
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In pratica…
Vorrei offrirti una rilettura della povertà, tenendo presente la sensibilità di oggi. Giudicherai tu se
l’operazione è riuscita o no. Propongo, in forma molto sintetica, un percorso a tre tappe, tre gradini
semplici e concreti, accessibili a tutti. Se vuoi vivere da povero
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del sacrificio è piena di vasi d’oro, mentre poi muore di fame nella persona del povero? Prima
sazia l’affamato, e solo in seguito orna l’altare con quello che rimane. Gli offrirai un calice d’oro
e non gli darai un bicchiere d’acqua? Che bisogno c’è di adornare con veli d’oro il suo altare,
se poi non gli offri il vestito necessario? Che guadagno ne ricava egli? Dimmi: se vedessi uno
privo del cibo necessario e, senza curartene, adornassi d’oro solo la sua mensa, credi che ti
ringrazierebbe o piuttosto non si infurierebbe contro di te? E se vedessi uno coperto di stracci
e intirizzito dal freddo, trascurando di vestirlo, gli innalzassi colonne dorate, dicendo che lo fai
in suo onore, non si riterrebbe forse di essere beffeggiato e insultato in modo atroce? Pensa la
stessa cosa di Cristo, quando va errante e pellegrino, bisognoso di un tetto. Tu rifiuti di
accoglierlo nel pellegrino e adorni invece il pavimento, le pareti, le colonne e i muri dell’edificio
sacro. Attacchi catene d’argento alle lampade, ma non vai a visitarlo quando lui è incatenato in
carcere. Dico questo non per vietarvi di procurare tali addobbi e arredi sacri, ma per esortarvi
a offrire, insieme a questi, anche il necessario aiuto ai poveri, o, meglio, perché questo sia fatto
prima di quello. Nessuno è mai stato condannato per non aver cooperato ad abbellire il tempio,
ma chi trascura il povero è destinato alla geenna, al fuoco inestinguibile e al supplizio con i
demoni. Perciò mentre adorni l’ambiente del culto, non chiudere il tuo cuore al fratello che
soffre. Questi è un tempio vivo più prezioso di quello.
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“Dove c’è meno del nostro, c’è più di Dio”! (III,16)