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Il termine jazz-movie anni ottanta un nuovo termine viene coniato: il jazz-movie o jazz-film.
NO genere specifico, fenomeno trasversale alla produzione audiovisiva dove la musica afro-americana
il jazz è la massima espressione + mischiandosi in varie forme alle immagini in movimento del
cinema creerà questo fenomeno.
1. due grandi fenomeni che in meno di cento anni hanno compiuto sul piano evolutivo
un'accelerazione che non ha paragoni, il cui cammino è apprezzabile su istanze molto più
lunghe: il jazz ha percorso quanto la musica classica ha fatto in cinque secoli, il cinema ha
addirittura percorso quasi mille anni di storia della pittura coniugandosi spesso al teatro e
alla letteratura.
2. nascono dalla sintesi di modelli diversi con i loro svariati codici espressivi arti collettive.
3. conciliano le pratiche basse con quelle alte della cultura, l'animo popolare, la crescita
avanguardista
4. influenzati e in parte hanno influenzato le principali svolte epocali di tutto il XX secolo.
"diabolico marchingegno" dei famosi fratelli Lumière aveva già incominciato a creare i primi
lungometraggi + basso Mississippi e il suo punto focale a New Orleans, nasce un nuovo tipo di
musica, un incrocio tra ragtime, blues e fanfare europee che in seguito sarà chiamato jazz.
grazie queste due nuove forme di espressione artistiche, Cinema e Jazz, il Nuovo Continente
riuscirà ad esprimere qualcosa di autonomo e originale rispetto al dominio culturale europeo:
una propria identità culturale dopo quella già raggiunta, politica ed economica
Il 6 ottobre 1927 a New York, viene proiettato in anteprima assoluta The Jazz Singer (Il cantante di
jazz) (il debutto del jazz sul grande schermo) di Alan Crosland, che è il primo film sonoro della
storia del cinema.
TRAMA: del tutto convenzionale riscattata dal protagonista, il cantante bianco Al Jolson, ultimo dei
grandi minstrels. La pellicola, in realtà cantata e non ancora parlata (dialoghi, infatti, apparivano
ancora sotto forma di didascalia come nel poco precedente cinema muto) vecchia parodia
divertente e canzonatoria del jazzista nero, in un momento in cui per il perbenismo americano, il
jazz della gente di colore è ancora una musica proibita ed immorale.
salva la Warner Bros dalla bancarotta e da imporre all'industria cinematografica vitaphone, vale a
dire il sonoro inciso su disco.
Il 1927 Charleston di Jean Renoir un mediometraggio sperimentale ancora muto, che manifesta
però l'inizio di quei rapporti tra la filmografia d'autore, la musica afro-americana e il rapporto delle
avanguardie europee e i miti americani.
inizio degli all negroes movies, sottogenere cinematografico che insieme ai race records [2] nella
distribuzione discografica, ha creato prodotti destinati ad un pubblico quasi esclusivamente nero. A
parte pochi casi, tra questi:
- 1929 Halleluja! (Alleluja) di King Vidor resoconto forte e disperato sugli spirituals a metà tra il
documentario e la narrazione, interpretato interamente da attori di colore,
- Verdi pascoli di William Keighley e Mark Connely del 1935
- Stormy Weather di Andrew L. Stone del 1943
- Cabin in the Sky (Due cuori in cielo) di Vincente Minnelli del 1943, un musical sull'aspetto folk
della chiesa nera con l'importante partecipazione di jazzisti famosi l'omaggio più serio e
tenero che il cinema dei bianchi aveva fatto fino ad allora al mondo dei neri.
Del 1930 è The King of jazz (Il re del jazz) di John Murray Anderson uno dei primi technicolor
hollywoodiani interpretato dal compositore Paul Witheman e dalla sua orchestra momenti
jazzistici sono brevissimi mentre tutto il resto è composto da una serie di balletti, gags e trovate
completamente estranei al jazz NASCE LA confusione tra il vero jazz e tutto quello che si definisce
tale, che si è protratta nel tempo e che ancora oggi stenta a scomparire.
CINEMA SONORO SU LARGA SCALA INIZIA nel 1929 e coincide con la crisi economica!!! la maggior
parte dei locali chiudono.
La letteratura e il cinema non diedero quasi mai un'immagine appropriata vero jazz si suonava nei
quartieri bassi di Harlem e Chicago e bisogna sottolineare che le vere radici del jazz-movie di quel
periodo, le troviamo in una serie di corto e mediometraggi.
Corto: intervallare come riempitivo, i programmi delle sale cinematografiche tra un lungometraggio
e un notiziario di brevi interventi di solisti, orchestre o cantanti di successo, ripresi in studio,
durante la performance (talvolta ai musicisti si sovrapponevano attori o ballerini, con tanto di
scenografia per creare una sorta di drammatizzazione)
Apprezzati per l'innesto di soluzioni avanguardistiche -considerando che escono subito dopo la nascita
del sonoro- sia per come è riconsiderato lo stereotipo razziale, sia come documento di artisti famosi:
1929 1) St. Louis Blues di Dudley Murphy apparizione sul grande schermo di Bessie Smith e il gruppo
di James P. Johnson
2) Black and tan fantasy sempre di Dudley Murphy l'orchestra di Duke Ellington maggiore
libertà artistica.
3) Yamecraw di Murray Roth antinaturalista ed espressionistico dal punto di vista del
montaggio, delle luci, del posizionamento della m.d.p. e della scenografia echi del
astrattismo europeo.
1933 4) Symphony in Black, di Fred Waller bianco e nero, con l'orchestra di Duke Ellington.
1944 5) Jammin' the blues (NOTA 5) di Gjon Mili prodotto dal grande discografico Norman Granz,
precursore e dell'attuale videoclip: tenor-sassofonista Lester Young e i grandi musicisti
della Jazz At The Philarmonic vanta il maggior numero di recensioni entusiastiche e il
primato della critica di jazz-film del secolo.
NB la voce over annuncia che sta per cominciare una jam-session, questo film, dal punto di
vista figurativo è lontanissimo dal concetto di improvvisazione estemporanea
elaboratissima costruzione dell'immagine in rapporto alla spontaneità del suono.
L'altra protagonista, oltre alla musica è la fotografia bianco e nero rigorosissimo, lavora
con perfezione sui netti chiaroscuri.
+ occhio del regista sulla negritudine no luoghi comuni di quella teatralità greve e di quel
folclorismo falso che all'epoca accentuava spesso un'idea razzista della realtà del mondo dei
neri
+ a breve il concetto di jazz come arte.
Lungometraggio molti musicisti (soprattutto bianchi) che nella loro veste parteciperanno ai film o
ne doppieranno comunque gli attori allo strumento.
1) New Orleans (La città del jazz) di Artur Lubin con Louis Armstrong, Billie Holiday e Woody
1946
Herman da un lato appare debole e pecca di faciloneria e schematismo, con grandi
ipocrisie sul piano della credibilità sulle vicende dei due protagonisti, dall'altro è una
pellicola importantissima nell'iter evolutivo del jazz-film
fino allora nessuno aveva raccontato attraverso il cinema la storia del jazz in seguito
sull'argomento non vi si è più cimentato alcuno solo periodi limitati o i singoli protagonisti
se per metà questo film sceglie la vicenda convenzionale con i pro e soprattutto i contro che in
questa convergono ma utilizza i veri protagonisti del jazz, gli artisti che hanno vissuto in parte
o completamente le storie raccontate usa le jazz-star a metà strada tra i testimonial di sé
stessi e le figure che recitano un copione da attori;
2) A Song is Born (Venere e il professore) di Howard Hawks (anche in Italia notevole successo):
numerose stelle del mondo del jazz come Louis Armstrong, Benny Goodman, Tommy
Dorsey, Lionel Hampton, Charlie Barnet, Mel Powell, Golden Gate Quartet e tanti altri che
nel ruolo di sé stessi:
remake di un film dello stesso regista, che l'aveva girato quattro anni prima con il
titolo Ball of Fire (Colpo di fulmine, 1942) e che annoverava tra le sue stelle solo Gene
Krupa e la sua orchestra.
TRAMA sophisticated comedy (intrecci comici interagiscono con una trama di tipo giallo-
rosa): storia d'amore, di gangster e di un polveroso mondo accademico di cui sette studiosi
del linguaggio musicale ne sono i protagonisti.
Il jazz nel film diventa simbolo di gran vitalità I musicisti porteranno insieme allo swing e
all'intera tradizione afro-americana, anche libertà di pensiero e d'azione contagiando gli altri
personaggi.
Anni Quaranta molto prolifico il jazz nel cinema hollywoodiano ma ancora molto di contorno o al
massimo di ambientazione e il jazz utilizzato nel il cinema è ancora molto diverso da quello che si
sente nei locali dove si esibiscono quegli artisti che contemporaneamente stanno attuando una
rivoluzione musicale e di costume.(6)
1947 The Fabulous Dorseys diretto da Alfred E. Green una biografia -chiaramente romanzata- di
due famosi musicisti i fratelli Tommy e Jimmy Dorsey che furono gli unici musicisti a interpretare
come protagonisti sé stessi. C'erano anche il grande pianista Art Tatum e il sassofonista Charlie
Barnet negli anni Cinquanta sulla scia di questa biografia, molti film s'ispirarono alla vita di
musicisti celebri ma ad interpretare il ruolo del protagonista erano quasi sempre chiamati grandi
attori.
Cartoons: questo genere di animazione americano vive la stagione più fertile della sua lunga storia,
con i cortometraggi della Disney Productions, della MGM, della Universal e della Warner.
Tra i piccoli film d'animazione di quel periodo, definiti tra l'altro jazz-toons o negroes-toons:
1932 1) Minnie the moocher di Dave Fleischer dall'omonima canzone di Cab Calloway con l'ormai
1936 conosciutissimo personaggio di Betty Boop o
2) I love to singa di Tex Avery (sfrenati personaggi zooformi impegnati nella parodia di Jazzmen
1937 neri)
3) Clean pastures di Friz Freleng,
1941 4) Scrub me mama with a boogie beat di Walter Lantz
1942 5) Coal Black and de Sebben Dwarfs di Robert Clampett
Prima metà…..
jazz-film come prodotto hollywoodiano dove il jazz diventa l'elemento essenziale per costruire
nuove storie per il grande schermo. Il jazz è entrato a pieno diritto nel mondo delle arti.
Ma poche pellicole non risultano ipocrite, ridondanti o smielate scontate happy-end, cronache
romanzate e ricostruzioni mistificanti prevalgono quasi sempre sulle problematiche di tipo artistico,
razziale, estetico e sociale
l'interesse di Hollywood per la musica nera è quasi esclusivamente di tipo commerciale il jazz
vende dischi ed è entrato a far parte della cultura popolare e americana e Hollywood non può
lasciarsi sfuggire un fenomeno così fortemente generalizzato, allora lo fa suo, ma in maniera spesso
stravolta, leggera e banale non è il jazz in quanto tale che interessa l'industria cinematografica ma
il gusto di produttori, registi e grande pubblico.
Seconda metà…..
l'attenzione degli intellettuali americani, sembra spostarsi verso un jazz più moderno più in
accordo con i temi politici e sociali del momento (ancora privilegiati i musicisti bianchi a quelli neri).
1) Otto Preminger film in cui ha inserito il jazz sia come tematica che come score con delle
splendide colonne sonore, cosa rara anche per la nascente Hollywood progressista
+ l'inventore del jazz-film opera, un incrocio tra il cinema, il melodramma e le tradizioni
afro-americane
L'uomo dal braccio d'oro (1956)
Anatomia di un omicidio (1959), un film giallo dove la musica diventa estensione della
personalità del protagonista colonna sonora originale firmata da Duke Ellington.
Biopic: le biografie che tendono a raccontare e a rendere in qualche modo, epici i grandi
personaggi del balletto, della musica classica, dell'opera e anche del jazz.
2) Man with a Horn (Chimere) di Michael Curtiz nel 1950, ispirato alla vita del jazzista
bianco Bix Beiderbecke, dove Kirk Douglas ne ricorda la mitica figura,
3) The Glenn Miller Story (La storia di Glenn Miller) di Anthony Mann, 1954 sulla vita e la
band del grande leader, interpretato da James Stewart
4) I favolosi Dorsey (A.W. Green, 1947),
5) The Five Pennies (I cinque penny) di Melville Shavelson del 1959, che racconta la non facile
vita del trombettista Red Nicholson. l'industria hollywoodiana tenda in generale a
mistificare la realtà dandone una visione spesso distorta:
TRAMA: siamo nel 1924 in un locale dove sta suonando il più grande trombettista
e showmannero di quel momento, Louis Armstrong. Il protagonista ubriaco decide ad un
certo punto della serata di alzarsi dal suo tavolo per esibirsi con la sua cornetta al fianco
dell'artista. In una panoramica del locale, notiamo che tra il pubblico sono sedute due
eleganti signore nere -due comparse naturalmente- che danno l'idea allo spettatore di una
normale promiscuità tra la gente bianca e quella nera main realtà era assolutamente vietato
per la gente di colore entrare in svariati ambienti frequentati dai bianchi soprattutto nei
luoghi d'intrattenimento come i locali.[7]
6) Pete Kelly's Blues (Tempo di furore) di Jack Webb del 1955 possibile biografia di uno degli
innumerevoli capo orchestra nella Chicago degli anni Venti,
7) The Benny Goodman Story (Il re del jazz) di Valentine Davies, 1955,
8) La donna del gangster (The Strip) di Leslie "László" Kardos, 1951, importante in quanto sarà
la prima ad inscenare una biografia immaginaria e che vede tra gli interpreti i musicisti Louis
Armstrong, Jack Teagarden, Earl Hines, Barney Bigard e Cozy Cole
9) The Gene Krupa Story (Ritmo infernale) di Don Weis,1959 gli attori protagonisti (anche
nel numero 7) sono stati scelti fra quelli che potevano avere una maggiore somiglianza
con Gene Krupa e Benny Goodman e i due jazzisti doppiavano i loro personaggi allo
strumento.
UN'ECCEZIONE:
10) Saint Louis Blues (Allen Reisner, 1958) il protagonista è finalmente un jazzman nero la
cultura nera in questi anni vive una posizione ancora troppo subalterna, da un punto di vista
sia politico sia sociale (solo in anni recenti film che raccontano la vita dei grandi artisti neri in
tutta la loro grandezza, devastata quotidianamente dalla consapevolezza di essere
considerati, a livello sociale meno di niente)
La Hollywood che aveva parlato dei neri, era quella degli all negros movies sottogenere di
livello assolutamente mediocre per un pubblico esclusivamente nero.
Gli anni Cinquanta sono anche gli anni in cui il jazz si trasforma dal bebop al free jazz passaggio
decisivo sia da un punto di vista artistico che sociale, ma Hollywood sembrava non interessarsene
Furono l'anticamera della protesta, della rivolta giovanile, della violenza e questa musica
rappresentava tutto ciò, ma Hollywood sembrava coglierla solo nei suoi aspetti più superficiali
rendendola divertente, spensierato e lontano da quel dolore che irrompeva nei ghetti di quell'altra
America, l'America della cultura sottomessa.
Il jazzista bianco no, non gode della stessa considerazione del suo collega nero riceverà gli onori di
portare sul grande schermo quanto di più semplice e gradevole può offrire la cultura americana di
quegli anni.
utilizzare il jazz come elemento musicale attivo creando stretta collaborazione fra regista
e jazzman (un'immagine audiovisiva, doppia componente acustica e figurativa)
nasce con gli indipendenti e l'undergroud americano, con la nouvellevague francese e le
avanguardie europee in genere.
il musicista jazz reclama l'improvvisazione e il regista di questa nuova tendenza rifiuta la poesia
controllata dall'organizzazione industriale giovani registi francesi attratti sia dalla libertà e
dall'anticonformismo degli sviluppi del jazz, sia dei solisti locali e soprattutto di quelli d'oltreoceano.
(in particolare i neri, sceglieranno di stabilirsi in Europa in quanto questa terra così diversa dalla loro
li accoglierà come portatori di una grande voce artistica)
Ascenseur pour l'échafaud (Ascensore per il patibolo, 1957) emblema del connubio tra jazz
e nouvelle vague s'identifica nel film di Louis Malle .
Alla fine degli anni Cinquanta, Malle si avvalse della colonna sonora di Miles Davis per il suo film,
iniziativa che fu accolta con entusiasmo da molti suoi colleghi che, per il commento musicale delle
loro pellicole, contattarono i musicisti anche tra gli artisti emergenti. In questo film la grande
interpretazione di Miles Davis, che improvviserà il commento musicale sullo scorrimento delle
immagini, farà raggiungere al film momenti così alti che forse anche a detta della critica, senza
quella colonna sonora non avrebbe raggiunto.
Pochissimo o niente era stato preordinato, si stabilisce per ogni brano il tempo, il centro tonale e
qualche elemento meritevole di venire evidenziato ciò che ne uscì fu un perfetto connubio tra
azione filmica e commento musicale perfetto equilibrio tra jazz e cinema è un'eccezione
……………………………………….
Sait-on jamais? (Un colpo da due miliardi) di Roger Vadim, 1957, con la colonna sonora di John
Lewis eseguita dal Modern Jazz Quartet.
motivazioni degli indipendenti e del mondo underground cinematografico americano, sono più o
meno le stesse dei colleghi europei, anche se però qui le collaborazioni tra sperimentatori del
cinema e quelle della musica sono rare. Vanno però sottolineate le operazioni di
John Cassavetes:
- Shadows (Ombre, 1960) usa un atteggiamento contestatario, esce dagli studios per portare in
strada la m.d.p. e filmare realtà marginali attraverso un gioco d'improvvisazione con una
sceneggiatura aperta e segnata dalla potente ritmica di Charlie Mingus o con vicende magari
sentimentali ma raccontate con le asprezze dell'hard bop o del free più politicizzato.
- Too Late Blues (Blues di mezzanotte, 1962) rendendo il cinema newyorkese piuttosto
politicizzato.
Negli anni Sessanta il jazz viene così esteso e generalizzato da diventare spesso mediocre e
ripetitivo.
- L'audace colpo dei soliti ignoti di Nanni Loy (Cagliari, 23 ott 1925 - Fregene, 21 ago 1995), 1961, con
la musica di Piero Umiliani (Firenze, 1926 - 14 feb 2001)
- Smog di Franco Rossi (Firenze, 28 apr 1919 - 5 giu 2000), 1962, che con la musica dello stesso
compositore e la magistrale tromba di Chet Baker, raggiungerà ottimi risultati.
- Una storia milanese di Eriprando Visconti 1962, con le musiche di John Lewis
- La notte di Michelangelo Antonioni con le musiche di Giorgio Gaslini,
- Noi insistiamo 1964, una traduzione filmata del disco antirazzista We insist: freedom now
suit di e con Max Roach,
- Appunti per un film sul jazz di Gianni Amico (1965) un interessante reportage sul VII Festival
del Jazz di Bologna
- Blow up (1967) di Antonioni dove oltre alle riprese del concerto blues-rock
degli Yardbirds viene aggiunto dal maestro il soul psichedelico di Herbie Hancock per
sottolineare l'euforia giovanile londinese.
- Apollon, una fabbrica occupata (Ugo Gregoretti, 1968) lo stato d'animo degli operai in
sciopero viene sottolineato dalla furiosa free-music di Mario Schiano.
- A Charlie Parker (Leo De Bernardinis, 1970) è un omaggio al grande sassofonista da parte di
un teatro che, in scena, collabora spesso con i talenti del jazz.
- Pasolini che nel suo Vangelo secondo Matteo (1964) affianca alla musica di Bach i negro-
spirituals
- Appunti per un'Orestiade africana (1970) introduce la performance al Folkstudio di Gato
Barbieri e di due cantanti che cercano di creare un oratorio jazzato, completando il pathos di
una tragedia attualizzata.
1.5. Gli Anni Settanta clima di violenza caratterizza ormai la società americana + il dislivello e
l'incomunicabilità tra la popolazione bianca e quella nera, si è ampliato.
Nel frattempo i pari avvenimenti europei, esplosi in concomitanza del maggio parigino, diedero la
chiara idea che il mondo stesse iniziando una nuova era i giovani si riconobbero per la prima volta
come gruppo sociale in totale antagonismo con la classe degli adulti ma anche da molti intellettuali
adulti stanchi del presente e desiderosi di un ribaltamento totale nasce una controcultura,
underground la musica ha un ruolo fondamentale, ma non il jazz, troppo difficile per essere amato
dalle masse, ma la potente musica rock, miscela esplosiva di musica elettronica, musica
folclorica, blues negro.
+ nella regia d'autore, ci sono film che creano dei “fenomeni” pellicole colonne sonore d'alta
qualità che s'impongono anche sul gusto musicale.
Un leitmotiv incisivo e distinguibilissimo, guida spesso dal successo del film a quello della colonna
sonora attraverso il disco.
- L'ultimo tango a Parigi (Bernardo Bertolucci, 1972) con la struggente melodia creata
da Gato Barbieri o
-
- La Stangata di George Roy Hill, 1973, con il rag di Scott Joplin
+ casi in cui, disaccordo tra regista eproduttore, fa sì che una colonna sonora pronta, venga scartata
e sostituita con un'altra
l'incremento dei jazzman nelle colonne sonore torna ad essere come negli anni Cinquanta-Sessanta
sempre più considerevole anche se non sempre fondamentale nel rapporto musica- immagine.
Fiction: grazie anche al rinnovamento dell'industria Hollywoodiana, che il jazz-film esprime la sua
pienezza artistica combinando agli interessi commerciali la qualità non è un fenomeno
esclusivamente americano, al contrario nell'Europa sia dell'est (prima del crollo dei muri) come in
quella dell'ovest importante lavoro di sviluppo e di reinterpretazione del concetto di jazz-film.
Documentari +crescita del mercato delle videocassette: alcuni addirittura ritenuti dei capolavori del
jazz-film dalla critica sia musicale che cinematografica ed è il caso di citare:
1. Notes from a jazz survivor di Don McGlynn, confessioni davanti alla macchina da presa del
grande Art Pepper, un'autobiografia dolorosa -anni di droga e carcere- limpida e innocente
verso un riscatto sia morale che artistico, fino al grande concerto di rappacificazione con il
pubblico e con sé stesso del 1982
2. Glenn Miller: America's musical hero del 1992,
3. Dexter Gordon: More Than You Know 1996,
4. Charles Mingus: triumph of the underdog, 1998,
5. Louis Prima: The Wildest!, 1999,
6. The Legend of Teddy Edwards, 2000,
7. The Howlin' Wolf Story, 2003)
10. Bruce Weber autore di Let's get lost del 1989: il protagonista questa volta è Chet
Baker altra figura carismatica della storia del jazz e a ritrarlo è la mano del fotografo in
un'attiva e incompiuta collaborazione con lo straordinario trombettista, a causa
dell'improvvisa morte di quest'ultimo. Materiali di repertorio, testimonianze di amici,
compagne, familiari avvicinati a momenti di intensa autocoscienza, in una scelta di bianco e
nero che ne sottolinea la drammaticità a volte e la poesia in altre.
14. Ben Webster: The Brute and the Beautiful (1989) di John Jeremey,
18. la trilogia di Frank Cassenti a metà fra il reportage e il film-concert che vede protagonisti
celebri artisti come
+ commistioni con altri linguaggi del campo della comunicazione e dello spettacolo si ritorna ad
improvvisare davanti alle immagini della pellicola che scorre come una sorta di ritorno alle origini
quando all'epoca del muto si accompagnava, a suon di jazz, il film improvvisando con gli strumenti.
Ma è nell'area della fiction o racconto filmato che il jazz film la massima espressione negli Stati
Uniti il jazz-film mette le radice nel cinema d'autore e con film come:
- Cotton club (Francis Ford Coppola, 1984) dove si romanzano i fasti del mitico locale di
Harlem degli anni Venti frequentato solo dai bianchi, dove si presentava il meglio dello
spettacolo e della musica nera passando da Duke Ellington per arrivare alla spettacolarità
di Cab Calloway;
- grande opera di Clint Eastwood Bird (1988) la dolorosa biografia di una delle figure che
contribuì alla svolta che portò al jazz moderno, quella di Charlie Parker appunto,
soprannominato Bird, vista attraverso un'analisi d'introspezione psicologica del suo travaglio
esistenziale
tra l'altro aperto le porte ad un paio di altre opere sul grande musicista:
- sempre dell'88 Bird now del belga Marc Huraux
- un'altra del norvegese Jan Holan The Bird: Charlie Parker (1990) documentari in realtà, ma
girati rispettivamente in stile cinematografico e televisivo.
Se negli anni Cinquanta gli americani hanno la meglio ora si specializzano gli europei:
- 'Round Midnight di Bertrand Tavernier del 1986 ambientato nella Parigi sul finire degli
anni '50 e che vede Dexter Gordon tra i protagonisti con le musiche di Herbie Hancock.
+ regie di Spike Lee ha contribuito fortemente allo sviluppo di una cinematografia nero-americana
studiando quasi antropologicamente la cultura della gente di colore: