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La Corte dei conti fu istituita nel Regno di Sardegna a seguito della soppressione della
Camera dei conti (l. n. 3705/1859; l. n. 3706/1859). Le competenze di quest’ultima, infatti,
vennero divise tra il Consiglio di Stato e la Corte dei conti: mentre al primo fu devoluta la
competenza come giudice di appello del contenzioso amministrativo, alla seconda vennero
conferiti l’appello in materia di contabilità e le attribuzioni non giurisdizionali in materia
di contabilità. La funzione della Corte dei conti fu definitivamente istituzionalizzata con la
proclamazione del Regno d’Italia e ad essa fu conferito il compito di esercitare un controllo
preventivo sui Regi decreti comportanti una spesa e di riferire al Parlamento in ordine al
giudizio sulla «parificazione» del rendiconto generale dello Stato
In seguito, la Corte dei conti ha visto accrescere, in virtù di numerosi interventi normativi
le sue competenze e la sua importanza, tanto da essere definita dalla giurisprudenza
costituzionale come il garante imparziale dell’equilibrio economico-finanziario del settore
pubblico, e, in particolare, della corretta gestione delle risorse collettive. La Corte dei conti,
infatti, svolge una funzione giurisdizionale in materia contabile, di c.d. «responsabilità
amministrativa» e di pensioni pubbliche, ma ha anche una funzione di controllo
preventivo sulla legittimità degli atti del Governo, nonché di controllo successivo sulla
gestione del bilancio statale e sulla gestione finanziaria degli enti ai quali lo Stato
contribuisce in via ordinaria
La Corte dei conti si articola in sezioni, alcune delle quali hanno funzioni giurisdizionali e
altre funzioni di controllo.
Nello specifico, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro è organo di consulenza del
Governo e del Parlamento in materia di economia e di lavoro.
Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro è formato da centododici membri che
restano in carica per cinque anni, di cui novantanove in rappresentanza delle diverse
categorie produttive e dodici «esperti», ovvero «esponenti della cultura economica, sociale
e giuridica» (l. n. 936/1986), più il Presidente.
La legge 7 agosto 1990 n. 241 è una legge della Repubblica Italiana che ha rappresentato
una notevole innovazione per l'attività della pubblica amministrazione e più in generale per il diritto
amministrativo italiano.
Caratteristiche
La norma, nota anche come legge sulla trasparenza amministrativa, ha profondamente rinnovato ed
innovato il rapporto tra i cittadini e la pubblica amministrazione.
Da questo si comprende l'importanza della legge, che ha trasformato, almeno nei principi dell'attività
amministrativa, il rapporto tra amministrazione e cittadini da un rapporto di tipo autoritativo ad uno di tipo
paritario e collaborativo.
Importantissima, in tal senso, è stata l'introduzione del diritto di accesso agli atti amministrativi, accanto ad
altre disposizioni di rilievo, come una normazione generale dell'istituto della c.d.conferenza di servizi. Il diritto
di accesso è comunque escluso per documenti coperti dal segreto di stato.
sono stati introdotti diversi momenti e meccanismi tramite i quali il privato può intervenire nell'attività
della pubblica amministrazione;
introduzione di una disciplina generale dell'istituto della conferenza di servizi;
i provvedimenti amministrativi devono riportare obbligatoriamente la motivazione (ad eccezione degli atti
aventi portata generale ed astratta, come i regolamenti);
l'autorità amministrativa ha l'obbligo di dare comunicazione o notizia dell'avvio del procedimento
amministrativo;
la previsione dell'esistenza degli interessi legittimi collettivi;
l'individuazione della figura responsabile del procedimento amministrativo e la previsione dell'obbligo di
comunicazione del responsabile agli interessati dal provvedimento amministrativo;
l'istituto del silenzio-assenso, per cui nei casi previsti dalla legge, il silenzio dell'amministrazione assume
carattere di manifestazione di volontà;
l'istituto del denuncia di inizio attività nei casi in cui sia richiesta un'autorizzazione;
il diritto per i cittadini di avere accesso agli atti della pubblica amministrazione e di poterne ottenere una
copia (c.d diritto di accesso agli atti amministrativi).