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In seguito alla riforma costituzionale del 2001, la potestà legislativa generale appartiene allo Stato e alle Regioni,
posti sullo stesso piano; la competenza è attribuita per materie.
concorrente.
L'art. 117 Cost. infatti definisce nel suo secondo comma le materie per le quali lo Stato ha competenza esclusiva,
nel terzo le materie per le quali la competenza tra Stato e Regioni è di tipo concorrente, mentre il quarto comma
stabilisce la competenza residuale delle Regioni su tutte le altre materie.
Prima di questa legge di riforma costituzionale (l. cost. n. 3/2001) le Regioni a Statuto ordinario (quelle speciali già
avevano poteri esclusivi) potevano esercitare il potere legislativo solo nelle materie tassativamente indicate
nell’art. 117 Cost. e soltanto nei limiti di una legge-cornice statale ovvero dei principi fondamentali della materia
(cosiddetta competenza concorrente).
Da ultimo la legge 131-2003, la così detta legge La Loggia, precisa che rimangono in vigore le leggi dello Stato
nelle materie in cui la competenza è passata alle regioni, fino a che le stesse non legifereranno sull'argomento; lo
stesso vale per le materie su cui la competenza è passata dalle regioni allo stato, per cui rimarranno in vigore le
leggi regionali fino a diversa statuizione dello Stato.
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di
asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema
tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono
essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
o) previdenza sociale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati
dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
d) istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della
formazione professionale;
e) professioni;
h) alimentazione;
i) ordinamento sportivo;
l) protezione civile;
s) armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione
dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato... Spetta alle Regioni la potestà legislativa in
riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla
legislazione dello Stato; per questa fattispecie si parla di competenza residuale delle Regioni come dispone l'art.
117 comma 4 della Costituzione.
nella costituzione;
nelle leggi-quadro o leggi-cornice, nel caso di materie in cui la competenza è concorrente tra Stato e
Regioni;
nella costituzione;
Il principio di sussidiarietà è regolato dall'articolo 118 della Costituzione italiana il quale prevede che "Stato,
Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati,
per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarità". Tale principio implica
che le diverse istituzioni debbano creare le condizioni necessarie per permettere alla persona e alle aggregazioni
sociali di agire liberamente nello svolgimento della loro attività. L'intervento dell'entità di livello superiore, qualora
fosse necessario, deve essere temporaneo e teso a restituire l'autonomia d'azione all'entità di livello inferiore.
in senso verticale: la ripartizione gerarchica delle competenze deve essere spostata verso gli enti più
vicini al cittadino e, quindi, più vicini ai bisogni del territorio;
in senso orizzontale: il cittadino, sia come singolo sia attraverso i corpi intermedi, deve avere la possibilità
di cooperare con le istituzioni nel definire gli interventi che incidano sulle realtà sociali a lui più vicine.
Sussidiarietà significa che le attività amministrative devono essere svolte in via ordinaria dall’entità territoriale
amministrativa più vicina ai cittadini (i comuni) mentre i livelli amministrativi territoriali superiori (Stato, Regioni,
Province, Città metropolitane, Comunità montane ed isolane e Unioni di comuni) intervengono solo come sussidio
(dal latino subsidium, aiuto) nei casi in cui il cittadino o l’entità sottostante siano impossibilitati ad agire per conto
proprio.
in senso verticale: la ripartizione gerarchica delle competenze deve essere spostata verso gli enti più
vicini al cittadino e, quindi, più vicini ai bisogni del territorio;
in senso orizzontale: il cittadino, sia come singolo sia attraverso i corpi intermedi, deve avere la possibilità
di cooperare con le istituzioni nel definire gli interventi che incidano sulle realtà sociali a lui più vicine.
Differenziazione significa che la distribuzione delle funzioni non deve necessariamente avvenire in modo
uniforme fra enti territoriali dello stesso livello. Di conseguenza, per procedere nell'attribuzione delle funzioni
occorre tener conto delle dimensioni e di diverse caratteristiche, anche associative, demografiche, territoriali e
strutturali degli enti riceventi.
L’adeguatezza, infine, richiede che l’attribuzione delle funzioni avvenga nel modo più adeguato per lo svolgimento
delle stesse; si tiene, quindi, conto che l’ente, da solo o in associazione con altri enti, abbia a disposizione
un’organizzazione adatta a garantire l'effettivo esercizio delle funzioni.
La principale differenza tra lo statuto speciale e lo Statuto regionale di una Regione a statuto ordinario, detto
invece statuto di diritto comune, è che mentre lo statuto ordinario è adottato e modificato con legge
regionale, lo statuto speciale è adottato con legge costituzionale, così come ogni sua modifica. La riforma
del Titolo V della Costituzione del 2001 ha accresciuto i poteri delle regioni a statuto ordinario, soprattutto
per un aumento delle materie con competenza concorrente tra Stato e Regione, tanto che si parla di una
riduzione (relativa) dell'autonomia delle regioni a statuto speciale.
La l. cost. 2/2001, per ovviare a questo inconveniente, ha previsto la possibilità per le Regioni a Statuto
speciali di deliberare leggi statutarie (o "di governo"). Questa categoria di atti si differenzia da una
normale legge regionale, perché:[7]
I principi stabiliti negli statuti speciali vengono definiti da una Commissione paritetica Stato-Regione con
i decreti legislativi di attuazione, che si differenziano dalla figura generale dei decreti legislativi ex art. 76
perché non necessitano di apposita legge di delega.
Legge quadro
La legge quadro, dette anche legge cornice, nel diritto italiano, sono delle leggi della Repubblica italiana, aventi
validità sull'intero territorio statale.
Caratteristiche
Esse contengono i principi, nelle materie indicate nel previgente testo dell'art 117 cost. III comma, entro cui poteva
esprimersi la funzione legislativa delle Regioni a statuto ordinario.
Dopo la riforma Costituzionale avvenuta con la legge 18 ottobre 2001 n. 3 ("Modifiche al titolo V della parte
seconda della Costituzione") la categoria delle leggi quadro formalmente non esiste più. Sono tuttavia ancora
vigenti numerose leggi-quadro emanate prima del 2001.
Disabilità
La legge quadro di tutela dei soggetti disabili è la Legge 5 febbraio 1992 n. 104 ("Legge-quadro per l'assistenza,
l'integrazione sociale e i diritti delle persone diversamente abili").
Principali obiettivi sono la rimozione delle cause invalidanti e la promozione dell'autonomia e della socializzazione.
Finalità sono: garantire il rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e autonomia; garantire la piena
integrazione familiare, scolastica, lavorativa e sociale; assicurare servizi e prestazioni per la prevenzione, la cura e
la riabilitazione e la tutela giuridica ed economica.
Il federalismo fiscale
Instaurare una proporzionalità diretta fra le imposte riscosse in una determinata area territoriale del paese - i
Comuni, le Province, le Regioni - e le imposte effettivamente utilizzate dall'area stessa. Questa la finalità del
federalismo fiscale previsto dalla riforma del titolo V operata con la legge cost. n. 3/2001 dall'art. 119 della
Costituzione, che ne contiene i princìpi ed è entrato in funzione a seguito dell'approvazione della Legge 42/2009
entrata in vigore il 21 maggio del 2009. Tale sistema, integrato e coordinato tra i vari livelli di governo dello Stato,
prende il nome di Fisco Federale. Un Fisco già attuato nell'Alto Adige e in Sicilia.
Principi fondamentali del federalismo fiscale sono - da una parte - il coordinamento dei centri di spesa con i centri
di prelievo - che comporterà automaticamente maggiore responsabilità da parte degli enti nel gestire le risorse – e
da un'altra parte la sostituzione della spesa storica, basata sulla continuità dei livelli di spesa raggiunti l'anno
precedente, con la spesa standard. Il federalismo fiscale per diventare operativo necessita di una serie di
provvedimenti che si snodano nell'arco di 7 anni: 2 anni per l'attuazione e 5 di regime transitorio.
Il finanziamento delle funzioni trasferite alle regioni, attraverso l'attuazione del federalismo fiscale, comporterà
ovviamente la cancellazione dei relativi stanziamenti di spesa, comprensivi dei costi del personale e di
funzionamento, nel bilancio dello Stato. A favore delle regioni con minore capacità fiscale - così come prevede
l'art.119 della Costituzione - interverrà un fondo perequativo, assegnato senza vincolo di destinazione.