Il ponte Motta sul Secchia a Cavezzo
Anno XXIV n. 27
Mingotti: un’opera ben
progettata e curata
“avvisa” prima del crollo
MODENA – 28 ottobre 2016 vicino Lecco; 9 marzo
2017 nei pressi di Ancona; 18 aprile 2017 nel cu-
neese: ecco le date e i luoghi in cui tre ponti sono
crollati poco tempo fa, talvolta seminando vitti-
me. Quali sono state le cause? Era possibile pre-
vedere simili disastri? Abbiamo posto queste e
altre domande all’ingegnere Gianni Mingotti (a
lato) che, pur svolgendo la sua attività prevalen-
temente nel bolognese come progettista strut-
turale, direttore dei lavori, collaudatore e consu-
lente in materia di antincendio e progettazione
strutturale, conosce bene la zona di Carpi e del-
le aree limitrofe, perché ha collaborato con ar-
chitetti e imprese del territorio per la ricostruzione post-sisma.
Quali collaudi vengono effettuati dopo la costruzione di un ponte? 
«La prima normativa in materia di opere di conglomerato cementizio armato,
normale e precompresso e a struttura metallica fu emanata nel 1971 e da
allora tutte le opere strutturali devono essere sottoposte a collaudo statico.
Prima del rilascio del certificato le infrastrutture più importanti (quali i ponti,
i viadotti, eccetera) vengono sottoposte a prove di carico molto severe, a
discrezione del collaudatore, con carichi equivalenti a quelli previsti durante
la “vita” dell’opera. Inoltre il collaudatore ha anche i compiti di verificare e
avallare l’operato di tutti gli attori in gioco (Progettista, Direttore dei lavori
e Costruttore); per tale ragione tale figura, pur essendo nominata dal com-
mittente (Ente Pubblico), deve essere estranea alla progettazione e priva di
alcun legame con l’impresa esecutrice»
Quali elementi ne minano la sicurezza?
«Bisogna considerare a parte un paio di situazioni: errori di progettazione,
che possono emergere dopo anni dalla costruzione, quando l’opera (supe-
rando il collaudo del tempo) può mettere in luce eventuali difetti, ma non ha
mai un improvviso deficit di sicurezza; possibili eventi accidentali (sisma,
urti, incendio, eccetera) che, per definizione, hanno effetti irreversibili
sull’opera e che ne impongono una revisione complessiva. Però la sicurezza
di un’opera infrastrutturale esistente da più di 10 anni è fortemente influen-
zata dal livello manutentivo; ogni opera strutturale viene progettata per
resistere ai carichi che probabilmente la interesseranno durante la sua vita
utile e con una durabilità ben precisa. La Vigente Normativa impone che il
progettista debba prevenire il degrado che colpirà la costruzione durante
la sua vita nominale (per i ponti 50 o 100 anni, a seconda dell’importanza)
mediante specifici accorgimenti (copriferro delle barre d’armatura nel
cemento armato, cicli protettivi per i profili in acciaio, e così via) in modo
che “...purché si adotti la normale manutenzione ordinaria” tale degrado non
pregiudichi la resistenza dell’opera. L’attenzione ai dettagli costruttivi e al
loro rispetto in fase esecutiva (più stringente dall’attuale quadro normativo
in accordo con il contesto europeo) è uno degli aspetti più importanti per
garantire la durabilità dell’opera, anche in considerazione della spiccata
aggressività dell’ambiente in cui tali opere infrastrutturali sono immerse
come cicli di gelo/disgelo, utilizzo di sostanze antigelo, piogge acide e altro
che, nel giro di alcuni anni, sono in grado di corrodere le armature interne
al calcestruzzo, pregiudicandone le stabilità»
Per l’antisismica, come sono messi i nostri cavalcavia?
«La Pianura Padana è stata inserita solo di recente (ottobre 2005) fra le aree
a rischio sismico d’Italia. Premesso che, in generale, le opere infrastrutturali
venivano progettate anche in passato per azioni orizzontali analoghe al sisma
(vento, impatto automezzi, frenata...), azioni normalmente non considerate
per le semplici costruzioni abitative, è vero altresì che una riverifica delle
opere esistenti in termini antisismici potrebbe non dare esito pienamente
positivo. Le opere più vulnerabili, da questo punto di vista, sono quelle in
muratura (ponti ad arco), anche di dimensioni non particolarmente impo-
nenti. Normalmente, nel caso dei ponti in cemento armato e, ancora meno
nel caso di quelli metallici (più leggeri), il livello di “ingegnerizzazione”
che ha portato alla loro costruzione li rende piuttosto sicuri sotto questo
aspetto e in grado di resistere ad azioni non previste in origine (robustezza
strutturale). Comunque sia la normativa vigente ha imposto che tutte le
opere strategiche esistenti vengano verificate con le nuove azioni sismiche,
in modo da avere un quadro completo del livello di vulnerabilità delle opere
più importanti (appunto definite strategiche: ponti, ospedali, scuole...) e,
compatibilmente alle disponibilità economiche, adeguarle sismicamente
nel più breve tempo possibile»
Ci sono elementi di preavviso che permettono di capire se un ponte
sta per crollare?
«Un’opera strutturale, se ben progettata, deve “avvertire” il suo utilizzato-
re di quanto sta avvenendo: il comportamento si dice “duttile” se questo
avviene, mentre si dice “fragile” in caso contrario. La buona progettazione
impone che il collasso fragile (che non dà preavviso) sia sempre preceduto
da un collasso duttile: ad esempio l’eventuale cedimento di una mensola
d’appoggio di un ponte sarà preceduta da un accentuato inarcamento della
trave del piano stradale, che metterà in guardia l’utilizzatore che il carico è
eccessivo. Tuttavia può capitare che a causa della scarsa manutenzione tale
“preavviso” possa in alcuni casi non essere così chiaro, se non ad un’attenta
ispezione effettuata da tecnici esperti; normalmente, in caso di ponti in
cemento armato, il copriferro delle barre attaccate dalla corrosione tende a
staccarsi e a cadere a terra: questo è sintomo che il ponte ha urgente bisogno
di manutenzione straordinaria».  l’influenza di sottili tecniche di marketing che finiscono
PERSONE E STORIE 15
PERSONE - Alla Cornell University studierà le scelte alimentari dei consumatori
Sogari studioso dei cibi
è approdato a Ithaca (Usa)
CARPI – Su un migliaio di candidati che ne
avevano fatto richiesta alla Commissione eu-
ropea presentando progetti per essere am-
messi a una borsa di studio del programma
Horizon 20.20 di fondi europei per la ricerca,
da Bruxelles ne hanno selezionati cento, dei
quali dieci Italiani. Fra quei dieci c’è Giovanni
Sogari, 32 anni, carpigiano, laurea in Scienze
gastronomiche completata da un Dottorato di
ricerca per il Sistema agroalimentare all’Uni-
versità del Sacro Cuore di Piacenza e assegni-
sta di ricerca all’Università di Parma.
Sabato scorso, dunque, Sogari ha potuto imbarcarsi
su un volo per Ithaca, centro di 30 mila abitanti, capoluo-
go della contea di Topkins nello Stato di New York, città da
cui dista 400 chilometri. A Ithaca – dove si passa dai più
30 gradi dell’estate ai meno 30 dell’inverno – sorge la Cor-
nell University, uno dei più rinomati atenei privati degli
Stati Uniti, partner della State University di
New York. E proprio intorno alla Cornell è
cresciuta la cittadina, prendendo per que-
sto il nome dell’isola greca, a connotare la
locale università e l’annesso college come
un ideale punto di approdo per migliaia di
studenti di tutto il mondo, come per dieci
anni fu Ithaca nei pensieri di Ulisse.
Moderno Ulisse, dunque, il giovane
ricercatore carpigiano diventerà per due
anni – un terzo lo trascorrerà in Italia
– visiting fellow (ricercatore a progetto)
distaccato dall’Università di Parma pres-
so l’ateneo statunitense, nell’ambito del
progetto europeo “Marie Curie” denomi-
nato Consume Health: «Sarò aggregato a
un Food and Brand Lab, un laboratorio in
cui si studiano le scelte alimentari dei consumatori, con
l’obiettivo di portarli a stili di vita sani e salutistici – ci
ha spiegato alla vigilia della partenza –. In questi anni,
i termini “sano”, “organico”, “a basso contenuto o privo
di grassi”, “sostenibile”, eccetera sono diventati perfino
abusati in riferimento ai cibi. Ma che cosa ne sappiamo
realmente? A che cosa guardano i consumatori quando
scelgono un prodotto alimentare? E che cosa sarebbe
meglio per la loro salute? Non esiste una risposta univo-
ca – sottolinea –: la scelta dei cibi è il risultato di fattori
psicologici e sociali e di una quantità di informazioni,
spesso contraddittore e frammentarie. Senza contare
13 luglio 2017
La Cornell University
Sotto, Giovanni Sogari
per contare più delle informazioni contenute nelle eti-
chette. Ecco perché c’è un interesse crescente verso la
possibilità di cambiare attitudini e comportamenti verso
il cibo, modificando l’architettura delle scelte. Ed è com-
prensibile che a questo tema siano molto sensibili negli
Usa, dove l’obesità e il sovrappeso sono un problema. Il
mio obiettivo di ricerca – conclude – sarà trasferire qui da
noi le loro esperienze in questo ambito». Per Sogari, che è
stato anche collaboratore di Voce con la rubrica “Dispen-
sa alimentare”, il soggiorno negli States, che viene dopo
conferenze e brevi soggiorni di studio in
Irlanda, Regno Unito e Francia, rappresen-
ta il terzo capitolo della sua intensa vita
di ricercatore, essendosi dedicato prima
al problema della sostenibilità nel settore
vitivinicolo e poi all’entomofagia con il
libro “A tavola con gli insetti” (2014): un
ambito che fa arricciare il naso a molti,
ma che per il potere proteico degli insetti
sta diventando sempre più interessante
nel settore dei mangimi e per l’alimenta-
zione umana.
Questa terza avventura, invece, lo
coinvolge sia come esperto di alimen-
tazione, ma anche sotto il profilo della
comunicazione: «Per questo mi ha subito
attirato l’idea di andare negli Usa dove
sono maestri della comunicazione – commenta –. La vita
da ricercatore va bene, ma poi occorre saper trasmettere
e divulgare i risultati del proprio lavoro al di fuori della
cerchia degli addetti ai lavori, specialmente in un ambito
come quello dell’alimentazione. Mi familiarizzerò con i
media e con i social, in particolare. E intanto, nel mio
piccolo, ho predisposto un blog, giovannisogari.com,
dove metterò un po’ tutto quello che mi capiterà di fare
negli States: studi, interviste, partecipazione a convegni».
In attesa di diventare l’Alberto Angela dell’educazio-
ne alimentare? «Perché no?», sorride Giovanni Sogari,
volato a Ithaca.
f.m.