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La scelta di adottare come strumento dʼindagine la Teoria di Formatività Audiotattile (TFA) è

scaturita dallʼimportanza accademica ormai riconosciuta ed applicata in ambito nazionale ed


internazionale1. Essa adotta come discriminante fenomenologico il principio audiotattile (PAT) col
fine pratico di ricavare delle categorie riferite a procedure e processi di realizzazione musicale ben
precisi e delineati.

Cosʼè il PAT?

Abbiamo definito il principio audiotattile come un medium costituito dal sistema


sistema sensomotorio del performer «che da luogo ad una modulazione fisico-
gestuale di energie sonoro-musicali, agendo in modo determinante ai fini della
strutturazione del testo musicale. Esso sancisce in senso estetico, lʼinsorgenza
comportamentale aptico-corporea, di natura extratestuale, nel tradizionale dominio
della Forma.» (CAPORALETTI 2000, p. 161)

Attraverso il principio audiotattile possiamo ricavare una prima macro-classificazione


allʼinterno del mondo della musica, prendendolo come discriminante. Possiamo delineare due
grandi gruppi: musiche in cui il PAT agisce e musiche ad esso indifferenti.

Abbiamo visto, in una prospettiva teorica basata sulla funzione cogente del
medium, come una delle polarità in cui si oggettiva in musica lʼopposizione scritto
Vs orale. (CAPORALETTI 2005, p. 98)

Ad esser immune dallʼazione di questo medium è la musica che poggia le sue radici culturali
nel medium2 della notazione scritta; la produzione di tale musica non vede nella corporeità un
fattore determinante per la funzionalità formale del “suono” e dello “strutturarsi” del fenomeno, ma
il corpo è vuotato dalla sua funzione mediologica e funge da semplice strumento esecutivo.

La notazione, considerata come medium, è la risultante del principio di linearità


sequenziale e della ripetibilità uniforme […]; il Pat sʼinserisce in (e agisce
isomorficamente a) un sistema discontinuo non basato sulla ripetibilità uniforme
meccanica, modellato sulla scrittura tipografica […]. (Ibid., p. 102)

Le musiche di tradizione orale e le loro relative emanazioni, dʼaltro canto, vivono


dellʼinterazione tra PAT e una fenomenologia testuale evanescente.

Lʼattività creativa ex tempore delle culture orali si svolge allʼinterno del precario

1 In Italia è stato emanato un decreto ministeriale in cui è attestata la validità scientifica del modello della Formatività
Audiotattile (Il Decreto Ministeriale 483 del 22/01/08 del Ministero dellʼUniversità e della Ricerca).
Successivamente a questo decreto si sono istituiti corsi ad in varie Università che prendono il nome dalla
categorizzazione delle Musiche Audiotattili. I termini impiegati nellʼapparato teoretico della TFA sono entrati a far
parte di un linguaggio accademico che viene spesso usato per lʼanalisi del jazz e musiche ad esso connesse.
2 Medium inteso nellʼaccezione tecnica che viene ad assumere nella tradizione di studi mediologica; cioè come
induttore di cognitività/percezione e formatore di esperienza.
equilibrio tra mantenimento della forma e spinta alla sua modificazione […]. (Ivi.)

Alla luce di queste considerazioni, assumono posizione del tutto specifica, sotto il profilo
dellʼantropologia del testo, tutte le produzioni musicali della cultura elettronica che vengono
trasmesse attraverso il medium di Registrazione/Riproduzione Fonografica (sotto le forme
differenziate e derivate di disco in vinile, nastro magnetico, cd e formati digitali). In esse agisce il
Pat?

[…] abbiamo posto il basilare Principio Audiotattile come attribuzione formante


cardinale e specifico elemento distintivo nel processo di produzione segnica delle
musiche, come il jazz o il rock o la cosiddetta popular music […]. (CAPORALETTI
2005, p. 69)

Codifica neoauratica

In linea di principio, lʼopera dʼarte è sempre stata riproducibile. Una cosa fatta
dagli uomini ha sempre potuto essere rifatta da uomini. […] la riproduzione tecnica
dellʼopera dʼarte è invece qualcosa di nuovo […]. Anche nel caso di una
riproduzione altamente perfezionata, manca un elemento: lʼhic et nunc dellʼopera
dʼarte - la sua esistenza unica è irripetibile nel luogo in cui si trova. […] Lʼhic et
nunc dellʼoriginale costituisce il concetto della sua autenticità. […] Ciò che vien
meno è insomma quanto può essere riassunto con la nozione di “aura”; e si può
dire: ciò che vien meno nellʼepoca della riproducibilità tecnica è lʼ“aura”
dellʼopera dʼarte. (BENJAMIN 1936, pp. 21-23)

Per spiegare il concetto di codifica neoauratica (CNA), il prof. Caporaletti instaura un


dialogo con Walter Benjamin in merito ai valori assunti “dallʼopera” sotto lʼinfluenza del principio
della riproducibilità e della conseguente possibilità di riproduzione relativi allʼopera dʼarte.
Secondo Benjamin lʼopera dʼarte smette di esser tale nel momento in cui il medium della
registrazione, inteso nella sua più ampia natura, riesce a riprodurla, privandola così dellʼ hic et nunc
e della sua individualità, che sono i veri valori intrinseci allʼaura dellʼopera dʼarte. Con riferimento
allʼambito della RRF (medium della registrazione/riproduzione fonografica) il prof. Caporaletti
concorda nella perdita di questʼoriginale aura incarnata nellʼopera, ma teorizza lʼacquisizione di
unʼaltra aura, propria delle opere mediate dalla RRF, con valore antifrastico alla prima.
Sullʼazione del medium della RRF infatti il professore afferma:

In tal modo, si conferisce agli esiti dellʼimpatto del PAT lo status di tangibili
riferimenti formali, rendendoli costitutivi della forma sonora, ma anche prioritari
rispetto ai tradizionali parametri melo-ritmici, storicamente preminenti nella
musica occidentale. (CAPORALETTI 2005, p. 122)

Gli “esiti dellʼimpatto del PAT” sarebbero proprio quegli elementi materico-timbrici e
microritmici propri delle musiche di tradizione orale che, originalmente, smettevano di esistere col
terminare dellʼesecuzione; grazie alla possibilità di riproduzione, invece, questi elementi
acquisiscono uno statuto ontologico.
Nelle musiche trasmesse con il medium della RRF, quindi, il PAT è uno dei valori fondanti
che agisce trasversalmente ad ogni singola unità ritmica, sonora, timbrica, materica e gestuale,
poiché si son conservate appieno tutte le sfumature che rendono le musiche di tradizione orale così
intimamente legate al corpo e alla corporeità.

Abbiamo visto che il processo di codifica neoauratica riconduce a livello estetico


elementi dellʼontologia oggettuale, sottraendo il processo dellʼestemporizzazione
alla pura evenemenzialità orale […]. (Ibid., p. 141)
Il curioso incrocio di queste connotazioni eurocolte con la fenomenologia del
Principio Audiotattile è, in gran parte, allʼorigine del fascino delle musiche che
diciamo audiotattili (Ibid., p. 143)

Tutte le musiche in cui sia il PAT, sia la CNA trovano valore costitutivo verranno definite
come Musiche Audiotattili.
Cʼè da precisare che questa classificazione non ha nessun tipo di valore assiologico, ma
esclusivamente valore tassonomico. Attraverso lʼidentificazione dei principi costitutivi e fondanti di
ogni atto performativo possiamo sviluppare una metodologia di analisi formulata ad hoc per ogni
campo, che risulti il meno fraintendibile e il più rigorosa ed esatta possibile sul piano scientifico.
Così facendo non correremo lʼerrore di attribuire, ad esempio, alle musiche di tradizione scritta (o
viceversa) proprietà estetiche e meccanismi di produzione segnica estranei alla loro logica
fenomenologica.
Spesso, nel passato, si è incappati nellʼerrore metodologico di voler classificare e studiare
stilemi musicali non appartenenti alla cultura occidentale (fortemente permeata del medium della
scrittura) ricorrendo alla notazione musicale scritta come unico strumento dʼindagine; purtroppo si è
rivelata incapace di restituire i caratteri peculiari di tali musiche (ad es. tradizioni del gamelan e
raga) e quindi di trascrivere gli aspetti microritmici e diastematici che scaturiscono la produzione
di groove e swing 3.

[…] fondamentali componenti formali nella musica afroamericana (ad es. lo swing
e il groove nel Jazz) sono modellizzabili solo a partire dalla teoria del Principio
Audiotattile […]. (Ibid., p. 100)

Concetto di Opera

Come prima dimostrazione che da culture “in-formate” da diversi medium si producano


3 Cfr. CAPORALETTI (2000): gli studi presenti in questo volume, pongono bene in primo piano il problema della
scrivibilità dei fenomeni musicali legati al mondo delle musiche di tradizione orale.
segmentazioni della realtà e sistemi di valori totalmente differenti, ci rivolgiamo al prodotto
musicale di ogni categoria e alla ricezione da parte dei produttori degli stessi.
Per concetto di opera intendiamo la capacità di conferire statuto testuale e individuabile ad
una determinata produzione artistica e fenomenica; tale concetto diventerà quindi il conseguente
discriminante anche dei concetti di individualità creativa e mobilità della forma estetica.
Nelle culture di tradizione orale non rinveniamo tracce del concetto di opera, principalmente
perché il prodotto di tale cultura, eminentemente performativo, non possiede uno statuto fisico che
ne permette la conservazione. La mobilità della norma formale è anche interdetta, poiché ne
comprometterebbe la sopravvivenza congiunta agli stessi valori e connotati, riformulando così
anche lʼidea di individualità creativa che assume valore di patrimonio condiviso dalla comunità e
apparentemente immutabile nel tempo.
Nelle altre culture (di tradizione scritta ed elettronica), invece, il concetto di opera e di
autore è molto chiaro e definito; la trasmissibilità non è più un problema legato allʼesecutore, ma
delegato al testo, così da permettere singole variazioni e manipolazioni sul piano dellʼesecuzione e
sopratutto liberando energie creative sul piano della composizione.
Perciò nelle culture mediate dalla RRF il prodotto della registrazione assume il ruolo di testo
codificando con precisione ancor maggiore i valori dellʼesecuzione connessi al timbro, al suono, al
ritmo e ad altri aspetti performativi; inoltre inserisce anche ad una mutata concezione della forma
globale.

Il criterio di personalizzazione individualizzata che deriva dalle estrinsecazioni


dellʼinterfaccia somato-psichica del performer rispetto alla costituzione
fenomenologica del suono si traspone, così, sulla dimensione sovraordinata della
costruzione di più larghe unità di organizzazione della materia sonora. (Ibid., p.
101)

Dal momento in cui lʼesecutore è esonerato dalla responsabilità di conservare la tradizione,


il PAT è libero di agire attivamente e consapevolmente attraverso la pratica dellʼesecuzione
musicale, e agisce su piani distinti e caratterizzati da proprietà ben precise.

Come esiti diretti abbiamo la possibilità da parte del performer di trasformazione di


elementi rispetto al modello di riferimento con permutazioni di cellule, oltre che
con modificazione di altri componenti più rilevanti: in altre parole, promozione
delle attività che si polarizzalo attorno alla nozione di libertà manipolativa del testo
[…].
Nelle culture in cui la pratica musicale è indipendente dal medium della notazione
occidentale […] il PAT agisce in modo isomorfo sulla modalità costruttiva del testo
stesso, sul modo stesso di trattarne la costituzione, promuovendone una
personalizzazione modificante costante. (Ivi.)
estemporizzazione e improvvisazione

Le molteplici attività del Principio audiotattile possono essere analizzate, in un primo


momento, a partire da due livelli: livello microstrutturale e livello macrostrutturale.
Il primo livello di attività del PAT, quello microstrutturale, si esprime transculturalmente
attraverso i concetti di groove, swing, laya, lokans ecc.

Nella dimensione microstrutturale, gli elementi riferibili, ad es., al concetto di


groove nel jazz, si organizzano secondo una deviazione infinitesimale (percepibile
attraverso attivazioni funzionali incontrollabili coscientemente per mezzo della
memoria a breve termine) rispetto allo schema matematico meccanico-razionale
della gerarchizzazione del sistema di durate sonore, conferendo loro unʼespressività
idiosincratica. (CAPORALETTI 2005, p. 101)

Nelle specifiche modalità di espressione si agisce sui singoli plessi energetici che
permettono la modificazione del risultante sonoro.
Nel livello macrostrutturale, invece, troviamo unʼinterazione diretta tra il PAT e la totalità
della materia sonora, con sua conseguente organizzazione e modificazione.
Con lʼestensione di queste primarie attività arriviamo alla formulazione di due concetti
basilari, e per alcuni versi contraddittori, nella pratica di personalizzazione delle forme musicali:
quello connesso al fenomeno dellʼestemporizzazione e, distintamente, dellʼimprovvisazione.

 Estemporizzazione:

[…] non esistendo per la musica tradizionale di Java il concetto di composizione


come unità testuale fissata su carta, non ne discende nemmeno […] la nozione di
improvvisazione. (Ibid., p. 106)

Ancora una volta ci si ripresenta con chiarezza la dicotomia cultura scritta- cultura
audiotattile richiedendoci esplicitamente un trattamento metodologico differente nel momento in
cui si vuole inquadrare culturalmente il concetto di improvvisazione. Per la musica impostata su una
matrice culturale di carattere oralistico, non facendo parte del bagaglio lessicale degli insiders il
concetto di composizione, non può esistere un termine corrispondente allʼoccidentale idea di
improvvisazione.
Come prima analizzato, però, troviamo congiunto allʼagire del PAT, che permette il
trattamento dei materiali musicali che non hanno vincoli di fissità materica ben precisi, unʼidea di
trattamento di un modello o referente comune non scritto. Questo tipo di emanazione del PAT la
chiameremo estemporizzazione.
Non esaurendosi solo allʼinterno di culture orali, lʼestemporizzazione si riverbera anche
attraverso le culture mediate dalla RRF, in forme differenti e pertinenti alle singole produzioni.

Lʼestemporizzazione non è semplicemente una variante espressiva del testo, come


lʼinterpretazione nella musica eurocolta degli ultime tre secoli, ma ha funzione
costitutiva, attraverso il PAT, del testo. (Ibid., p. 111)

 Improvvisazione:

Eʼ interessante come nellʼetimologia del termine occidentale di improvvisazione –


in-provideo […] - vi sia un riferimento alla “visività”, portato epistemologico che
McLuhan4 connette alla cultura della modernità. (Ibid., p. 112)

Lʼidea e la pratica dellʼimprovvisazione può aver luogo solo tra individui che si son formati
allʼinterno di una cultura in cui un medium ha opportunamente sancito lo statuto fenomenologico
dellʼopera (tramite la notazione scritta o RRF) ed in cui sia i ruoli interpretativi che quelli esecutivi
siano stati già fissati e stabiliti.
Nel tempo, il significato del termine, si evolve e acquista valori diversi ogni qual volta la
pratica richiede dei cambi di orizzonte necessari al paradigma dominante dellʼepoca.
Una definizione che riguarda da molto vicino questʼesigenza è stata delineata dal prof.
Caporaletti:

[…] nella seconda metà dellʼOttocento, gli elementi ideologici che nella cultura
occidentale si erano andati configurando col concetto di arte e di creazione poetica,
con le prerogative di individualità creatrice, originalità formativa e le nozioni
sacrali di genio ed aura artistica -che in musica facevano capo allʼintangibilità del
dettato semiografico, allʼatteggiamento devozionale nei confronti della partitura-,
raggiungono le estreme conseguenze e la piena attuazione. (Ibid., p. 121)

4 « […] un bambino in un qualsiasi contesto dellʼOccidente moderno è circondato da una tecnologia visiva, astratta ed
esplicita, di tempo e spazio continui ed uniformi in cui ogni causa è efficiente e sequenziale, le cose si muovono e
accadono su piani singoli in ordinata successione.» (MCLUHAN 1962 , p. 62)

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