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Nota sui dazi USA su

acciaio e alluminio
aggiornamento luglio 2018

Background
A fine marzo, Donald Trump ha ufficializzato l’imposizione di dazi sulle importazioni di acciaio e
alluminio, rispettivamente del 25% e del 10%. Nella prima fase della crisi, la risposta della
Commissione, coadiuvata da una posizione ferma e unitaria del Consiglio, è stata tempestiva e
fondamentale per evitare il coinvolgimento delle importazioni europee. Le misure, ufficialmente
giustificate da motivi di sicurezza nazionale, promuovono un aumento della capacità produttiva
americana. L’UE è riuscita a ottenere, insieme ad altri partner come Messico e Canada, un periodo
di esenzione durante il quale l’amministrazione americana ha auspicato il raggiungimento di un
accordo. L’Unione ha quindi aperto il tavolo di confronto che ha visto la Commissaria Malmström,
recatasi in diverse occasioni a Washington e impegnarsi in prima persona. Il mandato ricevuto
dagli Stati membri e dal Parlamento ha condizionato l’apertura dei negoziati all’esenzione
definitiva dalla misura. Il messaggio è stato molto chiaro: sì ai negoziati ma non con una pistola
puntata alla tempia.
A maggio, l’esenzione è stata prorogata per un altro mese entro il quale Trump intendeva
concludere un accordo che garantisse condizioni più favorevoli per le esportazioni statunitensi e
una quota che limitasse quelle europee di acciaio e alluminio. A seguito di un mancato
avvicinamento fra le due parti, nel mese di giugno sono stati imposti i dazi di cui sopra.
Il contesto internazionale, i precedenti e gli effetti
Nonostante le dichiarazioni a mezzo stampa, le misure non colpiranno direttamente la
Cina. Dalla Repubblica Popolare, infatti, originano solo l’1% delle importazioni di acciaio e
alluminio americane. Almeno inizialmente a subirne maggiormente gli effetti sono alcuni
fra gli alleati storici degli USA: Canada, Giappone, Corea del Sud e Unione Europea.
Tuttavia, le misure colpiranno indirettamente anche la Cina. I regolamenti
dell’Organizzazione Mondiale del Commercio prevedono infatti che, in seguito a un
innalzamento unilaterale dei dazi, i Paesi membri possano a loro volta alzare i propri,
tramite clausole di salvaguardia, per evitare un aumento delle importazioni causato dalla
chiusura di un mercato. A subirne gli effetti saranno, quindi, l’acciaio e l’alluminio cinesi
utilizzati nelle filiere di produzione in Europa e altrove.
Nel 2002, Bush propose dazi simili per le stesse categorie, ma fu costretto a pochi mesi
dalla loro implementazione a ritirarli sotto la pressione degli stessi lavoratori a cui aveva
promesso protezione. Nel settembre del 2003, uno studio della Commissione Americana
per il Commercio internazionale certificò una perdita netta per il PIL americano.
Analogamente, uno studio sulle misure proposte da Trump di Harbor Alluminium, centro
di ricerca che monitora l’industria dell’acciaio USA, ha stimato che un dazio del 10% sulle
importazioni di alluminio permetterebbe all’industria correlata di crescere di circa 1,9
miliardi di dollari. A subirne le conseguenze sarebbe il settore manifatturiero americano
che subirebbe un calo di profitto fra i 12 e i 45 miliardi di dollari nei prossimi 24 mesi. In
termini di posti di lavoro, i dazi su acciaio e alluminio, secondo uno studio realizzato da
Trade Partnership Worldwide, aumenterebbero l’occupazione nelle acciaierie creando
circa 33 mila posti di lavoro. A farne le spese, anche in questo caso sarebbero gli operai
dell’industria manifatturiera che subirebbe una perdita di posti di lavoro di circa 180 mila
unità. Le misure determinerebbero, quindi, una perdita netta di 146 mila posti. A questi
effetti, si sommerebbero poi le conseguenze delle contromisure adottate dai Paesi colpiti.

Le contromisure europee
Le misure di bilanciamento
LL’OMC prevede che all’innalzamento unilaterale dei dazi da parte di un Paese membro,
gli altri possano reagire imponendo a loro volta nuove tariffe sulle importazioni
provenienti da quel Paese. All’unanimità, gli Stati membri hanno appoggiato la proposta
della Commissione che prevede una risposta proporzionata ma ferma. Le contromisure
tariffarie colpiranno infatti 2,8 miliardi di euro, valore inferiore all’effetto dei dazi USA. I loro
effetti si concentreranno per un terzo sui prodotti del settore agroalimentare, come riso,
burro d’arachidi, e bourbon, e per la restante parte sui prodotti manifatturieri in acciaio e
alluminio, come griglie per barbecue, infissi, motociclette e lavandini. A subirne maggiori
effetti saranno i settori dell’economia agroalimentare rurale americana degli stati
meridionali e centrali, ove il sostegno a Trump è più manifesto, e le aziende al fondo della
catena produttiva di oggetti in acciaio e alluminio che, oltre a dover sostenere prezzi più
alti per la materia prima a causa della stretta sulle importazioni, vedranno calare la loro
competitività sul mercato europeo. La lista dei prodotti colpiti è stata decisa seguendo le
indicazioni dei governi nazionali al fine di escludere i prodotti intermedi utilizzati nelle
filiere di produzione europee. Tuttavia, le guerre commerciali creano soltanto perdenti e
in ogni caso alcuni settori dovranno sostenere prezzi intermedi più alti. È questo il caso
dei produttori di conserve alimentari e di verdure in scatola. Diverse aziende nostrane,
per esempio, acquistano fagioli americani per procedere alla loro trasformazione e
inscatolamento in Italia.

Il Ricorso all’Organizzazione Mondiale del Commercio


L’UE ha poi adito l’organo di risoluzione delle controversie dell’Organizzazione Mondiale
del Commercio per chiedere l’annullamento delle misure. Il procedimento legale,
minacciato dal veto espresso dagli USA sulla nomina di nuovi giudici in sostituzione di
quelli uscenti, potrebbe però richiedere fino a 3 anni. Il 7 luglio, la Russia è diventato il
settimo Paese, dopo Cina, Messico, Canada, Norvegia, Ue e India, a unirsi al
procedimento contro gli USA. Il Giappone dovrebbe seguire nel prossimo futuro.

Le clausole di salvaguardia
Nel frattempo, la Commissione ha notificato all’OMC il lancio di un’indagine tesa a
identificare un aumento delle esportazioni conseguente alla chiusura del mercato
americano e, quindi, all’attivazione di clausole di salvaguardia che ne prevengano un
aumento. Le clausole di salvaguardia, previste dai regolamenti OMC, permetteranno
all’Ue di imporre a sua volta dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio provenienti da
Paesi terzi. Il valore delle misure sarà deciso sulla base dell’esito delle indagini. Esse
preserveranno l’equilibrio del mercato interno imponendo dei dazi che controbilancino
l’effetto di diversione commerciale provocato dagli USA. Questo bilanciamento garantirà
la stabilità dei prezzi contro eventuali shock. La tenuta di questo equilibrio sarà
fondamentale per garantire le acciaierie e allo stesso tempo assicurare prezzi accessibili
per le aziende che dipendono dall’acquisto di acciaio e alluminio per le proprie
produzioni.

Investigazione sulle auto


Sull’onda dell’eccitazione creatasi nel suo elettorato tradizionale a seguito
dell’imposizione dei dazi su acciaio e alluminio, il Presidente Trump ha dato il via alla
stessa indagine per il settore automobilistico. Molto probabilmente la procedura sarà
accelerata rispetto a quella su acciaio e alluminio - durata più di un anno -, ma
verosimilmente si arriverà alla decisione sull’imposizione dei dazi sulle auto nei primi
mesi autunnali. Se possibile, la nuova investigazione ha avuto la conseguenza di irritare
ancor di più la Commissione Europea che ha diramato alcuni commenti a latere della
procedura dai quali emerge non solo che le esportazioni di auto UE non creano alcun
problema ai produttori americani, ma al contrario che le principali conseguenze di un
eventuale innalzamento delle tariffe saranno subite in primis dai consumatori americani
e dalle risorse umane USA coinvolte nelle catene di valore.
Il governo tedesco, che pure in questo periodo ha altre priorità e che da sempre nutre
una forte preoccupazione per il settore automobilistico, sta cercando in maniera
informale di discostarsi dalla linea dura di Bruxelles seppure al momento si trovi in totale
isolamento rispetto agli altri governi nazionali.
Negli ultimi giorni alcuni media specializzati hanno riportato l’idea che in occasione di
un viaggio a Washington previsto per la fine di luglio, il Presidente della Commissione
Europea Jean-Claude Juncker potrebbe offrire agli Stati Uniti un accordo plurilaterale
per abbassare le tariffe a livello globale nel settore automobilistico. Al momento non vi
sono conferme ufficiali da parte della Commissione.

I posizionamenti
Se da una parte l’Unione Europea, con la parziale eccezione della Germania, ha
dimostrato grande comunanza di intenti, lo stesso non si può dire del “fronte” americano.
A partire dall’imposizione delle misure di bilanciamento dell’Unione Europea sempre più
congressmen repubblicani si sono discostati in maniera esplicita dalle decisioni
presidenziali.
La recente decisione del gruppo Harley Davidson di delocalizzare parte della produzione
fuori dagli USA ha provocato da un parte le ire di Trump, e dall’altra una serie di reazioni
solidali da varie altre grandi aziende USA. Nelle ultime settimane stanno aumentando le
uscite di politici e imprenditori americani a favore di un miglioramento dei rapporti
commerciali tra UE e USA che acuisce sempre di più l’isolamento di Donald Trump.
Conoscendo pero l’imprevedibilità dell’inquilino della Casa Bianca risulta difficile trarre
indicazioni rispetto all’atteggiamento che potrà tenere nel prossimo futuro.

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