Académique Documents
Professionnel Documents
Culture Documents
L'AGRICOLTURA E LA SCUOLA
Alessandro Cardarelli
Centro Internazionale Crocevia
Cooperazione e solidarietà internazionale
http://www.croceviaterra.it
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE............................................................................................................................................. 46
*Ricordiamo che il termine "specie" nella tassonomia è usato per raggruppare un gruppo di organismi così definiti: "Una unità
naturale, costituita da un gruppo di individui riproduttivamente isolati, cioè capaci di generare figli fecondi soltanto se accoppiati fra
loro".
Per le piante, -circa 250.000 specie, di cui molte fanno parte della dieta
mediterranea- sia spontanee, sia coltivate, la diminuzione della diversità avviene per più ragioni,
alcune inevitabili perché legate ai processi evolutivi agricoli e al mutamento del clima; altre
senza dubbio evitabili, come l'eccessivo sfruttamento, il degrado e la distruzione degli habitat
naturali o l'inquinamento di varia natura.
Nel tempo una reale protezione degli ecosistemi, come strategia volta a
salvaguardare l'eredità biologica mondiale, richiederà di per sé profondi cambiamenti nel modo
di vedere e di utilizzare il territorio da parte dell'uomo. La scomparsa delle specie di insetti,
piante ed altri organismi è un fenomeno rilevante per tutti noi: è quello che cercheremo di
dimostrare strada facendo. Per adesso, ricordiamo che ogni specie è il prodotto unico ed
insostituibile di circa 3.000 milioni di anni di evoluzione*, e costituisce pertanto un oggetto di
valore inestimabile per le indagini scientifiche, per le caratteristiche proprie e per le interazioni
cui può dare luogo. La specie umana interagisce ovviamente con le altre specie del sistema e ne
dipende strettamente, per cui un corretto approccio con esse risulta nel nostro interesse.
*Per quanto riguarda le piante agrarie, ai 3.000 milioni di anni vanno "aggiunti" 12.000 anni circa di agricoltura e di domesticazione.
*
La sistematica o tassonomia è la scienza che si occupa di classificare (dare un nome) gli organismi viventi secondo l'origine dei
diversi gruppi nella storia dell'evoluzione.
*
Durante il processo di selezione, operata sia dagli agricoltori sia dai genetisti, alcuni geni che esprimono caratteristiche
indesiderabili vengono accantonati a vantaggio dell'espressione di altri più richiesti.
Il termine si riferisce alla diversità che intercorre tra le specie: possiamo, infatti,
avere specie molto distanti tra loro, sia sistematicamente che morfologicamente, come la patata
ed il frumento, e specie più vicine, come il frumento e l'orzo. Un maggior numero di specie
all'interno del genere* (o di specie affini) conferisce maggior biodiversità.
Un esempio tipico è quello del proliferare della fauna selvatica erbivora nei
boschi, la quale impedisce lo sviluppo del novellame ed il rinnovo del bosco. Tra le specie che
interagiscono in questi processi annoveriamo, per gli scopi che ci prefiggiamo, anche quella
umana che interagisce con il resto.
Uno dei metodi di studio più interessanti delle comunità è quello che si basa
sull'esame dei flussi energetici e di materia, il quale offre la possibilità di cogliere il senso
generale dell'organizzazione del sistema. Spesso la natura delle comunità è influenzata dal
biotopo*, e tuttora anche un solo componente dei fattori abiotici può modificare radicalmente il
numero di forme di vita presenti in un determinato luogo. Così, ad esempio, uno stagno africano
avrà una diversità tutta sua, distinta da quella di uno stagno europeo o nordamericano.
*
Nella scala della sistematica rappresenta il gradino immediatamente superiore a quello della specie, così se il nome latino della
specie può essere considerato il nome il genere può rappresentare il cognome. Es Solanum Tuberosum (Genere Solanum Specie
Tuberosum).
*I
ll Biotopo costituisce l'ambiente fisico (o fattore abiotico) che accoglie la vita.
La biodiversità A.Cardarelli P.7
1.2.1.4. la diversità' degli ecosistemi
Si pensi al chicco di riso, che per essere reso commestibile, deve essere
raccolto, seccato e pulito delle glumette* che lo ricoprono. Questo medesimo ciclo di lavorazione
può variare da una società all'altra. Nella Pianura padana ed in Italia in generale il processo di cui
si parla è compiuto da grandi mietitrebbiatrici*, che entrano nei campi tagliando le spighe e
separando immediatamente i chicchi. Questi, poi, sono avviati al molino, dove sono essiccati
*
Gli esempi in materia sono vastissimi: nell'alveare le api ventilatrici modificano il microclima creando una corrente d'aria allo scopo
di ottenere la concentrazione del nettare in miele; nella formazione del terreno agrario assieme ai fattori fisici e chimici intervengono i
microorganismi e le piante inferiori che portano dalla roccia madre alla formazione di un substrato adatto alla vita delle piante
superiori.
*
La consociazione in agricoltura consiste nel coltivare, ad esempio a file alterne, sullo stesso appezzamento di terreno più di una
specie. Così facendo si ottiene un miglior sfruttamento del substrato ed un miglior equilibrio generale del sistema. Questo in
contrapposizione alla monocoltura che prevede la coltivazione di una sola specie su grandi appezzamenti.
*
Si tratta di foglie modificate e coriacee che ricoprono il grano di riso.
*Q
uesta macchina effettua due operazioni: la mietitura che consiste nel taglio dello stelo della pianta e la trebbiatura con la quale si
separano le cariossidi (chicchi) di riso dal resto della pianta che viene lasciato sul terreno.
La scelta della tecnologia, originata dal tipo di società che la deve utilizzare, a
sua volta esercita un'influenza sull'ambiente. Prendendo sempre il caso della raccolta del riso, nel
primo caso sopra analizzato, saranno privilegiate le varietà con altezza uniforme, maturazione
simultanea, glumette ridotte, ridotta quantità di paglia; nel secondo caso l'altezza non costituisce
un problema per il taglio manuale, e anche l'intervallo di maturazione potrà essere più ampio, le
glumette dovranno essere resistenti e la paglia in eccesso servirà per la nutrizione degli animali
che aiutano nel lavoro in campagna.
Per chiarire meglio tali aspetti e dare una chiara dimostrazione del problema ci
avvarremo dell'esempio di alcuni fatti reali (Stowe FAO 1993):
- Negli anni '70 il virus del rachitismo devastò le risaie dall'India all'Indonesia
compromettendo la più importante coltura alimentare del mondo. Dopo una lunga ricerca di
quattro anni che vide l'esame di circa 17.000 campioni di riso coltivato o selvatico, fu trovato un
tipo di riso resistente alla malattia. Solo una varietà della specie "Oryza nivara", che cresce
selvatica nel nord dell'India, aveva un gene capace di conferire la resistenza al virus del
rachitismo. Mediante il miglioramento genetico tale gene fu introdotto in tutte le varietà coltivate
nella zona.
- Nel 1970 negli Stati Uniti le coltivazioni di mais molto uniformi dal punto di
vista genetico furono attaccate dal fungo elmintosporium, o nebbia del granoturco, che distrusse
mais per un miliardo di dollari e ridusse la resa del 50 %. Alla fine il gene di resistenza a questa
malattia fu trovato in una varietà di mais africano, la Mayorbella. Mediante incroci, questa
caratteristica fu introdotta nelle varietà commerciali.
Il motore della Biosfera*, quello che continua a sollecitare oscillazioni dal punto
di equilibrio, è l'energia. L'energia, sulla Terra, è fornita dal Sole, dalle reazioni geochimiche
interne alla crosta terrestre al nucleo, dalla decomposizione degli isotopi radioattivi.
*La biosfera viene definita come l'insieme di tutti gli ecosistemi i quali formano un intreccio senza soluzione di continuità.
Altri esempi possono essere citati, quali quelli dell'introduzione dei conigli o
dei giacinti d'acqua in Australia, l'introduzione dell'Ailanto in Italia o la cocciniglia della manioca
che sta devastando i raccolti di quella radice in Africa. In tutti questi casi, l'introduzione di una
nuova specie in un ecosistema che non ha i mezzi per regolarne la presenza si è risolta in uno
sviluppo abnorme e a volte incontrollabile, visto che non ci sono nemici naturali che le si
contrappongano. Può anche verificarsi il caso opposto, cioè che la specie non riesca a
sopravvivere perché priva, di nutrimento, o perché assalita da parassiti dai quali non sa
difendersi.
*gli esempi in merito sono molteplici: le mosche e le zanzare resistenti agli insetticidi tipo DDT si riproducono più velocemente; la
Clorochina, un farmaco che ha sostituito il chinino nella lotta al Plasmodio della malaria trasmesso dalla zanzara anofele ha causato
una maggiore diffusione dei plasmodi resistenti a questo farmaco.
La biodiversità A.Cardarelli P.13
1.3.2. gli agroecosistemi e gli ecosistemi artificiali
E' interessante notare che esiste una teoria molto antica che, partendo dal punto
di vista della Biosfera, ipotizza che questa sia un unico enorme organismo* (che viene chiamato
"Gaia") in grado di autoregolarsi a proprio vantaggio attraverso processi geochimici al confronto
dei quali la stessa attività dell'uomo assume dimensioni irrilevanti: come altrettanto irrilevante
sarebbe la sua estinzione.
Per ora, esiste una coscienza diffusa che la perdita della biodiversità si stia
manifestando con una rapidità inaspettata, determinando la scomparsa di specie ad una velocità
molto maggiore di quella con cui altre nuove specie si differenziano. La perdita della diversità
genetica, specifica e degli ecosistemi, si riflette ed è originata anche nella perdita di diversità
culturale: le 6000 lingue parlate attualmente nel mondo potrebbero ridursi a 3000 entro i prossimi
100 anni.
*
Si tratta di una teoria molto antica che risale al tempo dei greci antichi. E' stata ripresa sia a livello letterario (Famoso il libro di Isaac
Asimov "Fondazione e Terra") sia a livello scientifico.
Con l'andar del tempo l'attività dell'uomo si rivolse sempre in maggior misura
alla modificazione della situazione esistente negli ecosistemi naturali, fino a raggiungere quella
odierna.
Gli inputs hanno quindi un ruolo importante nel determinare gli equilibri di
questo sistema semplificato, che, se mal amministrato, può finire per portare alla degradazione
del sistema stesso. La produttività del sistema, infatti, può essere inficiata sia da un uso
squilibrato degli inputs sia da un eccesso di esportazione di prodotto. Ad esempio, le azioni di
inputs che provocano erosione del suolo portano a lungo andare la caduta della produttività,
mentre altri inputs che vanno nel senso opposto portano al mantenimento di elevate rese che a
volte superano quelle degli ecosistemi naturali.
Grado Descrizione
0 grado di modificazione nullo o assai debole; riguarda poche zone con
interventi dell'uomo assai limitati
1 situazioni con sfruttamento del soprassuolo limitato senza alterazione dei
parametri fisico-chimici ambientali
2 sfruttamenti semi intensivi con sostituzione della flora naturale con
piantagioni (anche con specie esotiche)
3 sfruttamento intensivo del suolo con specie da reddito soprattutto legnose
o frutticole (macroclima intatto)
4 sfruttamento intensivo suolo con colture erbacee e ortive con elevati
imputs: irrigazione, concim. minerale ecc.
In questi gradi intermedi di quella che abbiamo definito "scala dei grigi"
gioca un ruolo fondamentale la biodiversità, perché è stato più volte dimostrato che gli
agroecosistemi, o ecosistemi che essi siano, risultano più stabili quando si è in presenza di
una variabilità genetica maggiore. Questo perché una maggiore variabilità è in grado di
fornire un numero di risposte maggiore alle domande poste dalle variazioni ambientali o dai
componenti vivi dell'ecosistema.
Vogliamo qui chiarire che ciò che ci preme non è tanto l'efficienza
produttiva di questi ecosistemi modificati quanto la loro stabilità.
In effetti se consideriamo l'efficienza produttiva* per quanto riguarda il mais
(specie molto studiata sotto questo aspetto e molto efficiente: v. Pimentel 1980) rileviamo
quanto segue (Pimentel 1984):
*vedi il caso della contaminazione delle falde freatiche e delle fonti di acqua minerale con atrazina, un diserbante utilizzato per il mais nella pianura padana.
*Un esempio chiaro è quello della lotta integrata, dove si alternano mezzi di lotta chimica ad altri mezzi di lotta meno aggressivi per l'ambiente.
*Q uesta affermazione va intesa in senso oggettivo: per ragioni socioculturali ed economiche la diffusione delle agricolture alternative è ancora limitata e per le stesse ragioni
stenta a diffondersi. Non è questo il contesto per scendere nel dibattito sul flusso di energia in entrata ed in uscita in questo tipo di agricoltura.
*In altre parole la potenziale produzione di cibo realizzabile e quindi la capacità di sfamare le popolazioni più disagiate. Viene espressa calcolando l'ammontare della biomassa
prodotta dalla coltura come risultato della cattura dell'energia radiante (emessa dal sole) da parte della pianta e dell'interazione con terra, acqua, lavoro ed energia fossile
consumata nel processo.
La biodiversità A.Cardarelli P.17
a) Utilizzando un ibrido altamente produttivo in
condizioni di crescita ideali, la produzione di mais può raggiungere le 20
tonnellate per ettaro, che corrispondono a circa 40 tonnellate di biomassa
per ettaro;
Da sottolineare che è soprattutto nei paesi del terzo mondo, dove il controllo
delle risorse è sovente esterno, che risulta estremamente più problematico mantenere stabili
siffatti sistemi.
*Questa legge dice che la quantità di prodotto ottenuto è funzione dell'elemente presente in minore quantità o meglio più indisponibile. L'evento si presenta sempre negli
agroecosistemi perchè risulta impossibile tenere sotto controllo tutti i fattori della produzione.
*vedi l'esempio dell'atrazina nella valle padana. Questo principio attivo usato per il diserbo del mais ha contaminato numerose fonti di acqua potabile nel Norditalia.
Coloro che hanno saputo superare i momenti difficili cui sono stati abituati
dalle disastrose politiche agricole lo hanno fatto grazie ad un principio economico semplice:
quello della diversificazione produttiva effettuata allo scopo di minimizzare le perturbazioni
esterne al sistema e, in tal modo, di garantire il reddito degli agricoltori stessi.
2) Nel caso di una famiglia dedita a una monocoltura (per esempio quella del
riso), l'effetto sarebbe piuttosto differente:
In caso di una riduzione del 20% del prezzo del riso, la diminuzione del reddito
procapite sarebbe:
Uno dei fatti più significativi che ha portato l'ambiente alla ribalta delle
cronache internazionali è il problema delle foreste tropicali. Si sente parlare spesso del problema
della deforestazione, in particolar modo di quella delle foreste tropicali in Amazzonia, in Africa
centrale e nel Sud-est asiatico.
Quanto abbiamo detto per le foreste è senza dubbio valido per le risorse naturali
in genere: così, l'industrializzazione dell'Europa è avvenuta proprio grazie all'uso, spinto fino
all'esaurimento, delle risorse minerarie dell'America latina (l'oro e l'argento delle regioni andine
hanno fornito i capitali necessari alla costruzione delle macchine).
E stata sollevata da qualche tempo una proposta di scambio del debito estero
in cambio della conservazione dell'ambiente. Nei paesi amazzonici, la questione del debito
estero e quella ambientale sono in realtà espressioni di uno stesso modello di sviluppo.
Quest'ultimo è stato imposto dai paesi più ricchi, che avevano convenienza a ridurre le
economie dei paesi più poveri a economie di mera produzione di risorse. Convenienza almeno
per due motivi: il primo, sinteticamente, è che le risorse servono ai paesi ricchi per i prodotti
finiti, il secondo è che per estrarre le risorse stesse i paesi poveri devono acquistare da quelli
ricchi i mezzi tecnologici necessari ovvero i prodotti finiti. Poiché le materie prime vengano
esportate ad un prezzo molto inferiore a quello in cui vengono importate le tecnologie, i paesi
poveri hanno dovuto ricorrere al credito delle banche estere, finendo per cadere in un vortice
vizioso di un debito crescente: per pagare gli interessi del debito contratto, infatti, dovevano
accendere nuovi debiti. Ecco allora che lo sfruttamento selvaggio dell'ambiente è stato
utilizzato come mezzo per far fronte al crescente debito con le banche.
La relazione con l'ambiente è stata, in altre parole, svenduta alle tecnologie,
il cui obiettivo è la massimizzazione dei profitti e non la compatibilizzazione delle necessità
umane con le possibilità di rigenerazione dell'ecosistema.
Le proposte che sono nate e portate avanti dagli abitanti delle foreste
tropicali attraverso i movimenti popolari vanno piuttosto nel senso di mantenere per se stessi
parte delle RISERVE ESTRATTIVE.
La proposta di convertire il debito estero dei paesi in via di sviluppo in
cambio della promessa di questi ultimi di conservare integralmente l'ambiente, non più visto
come risorsa economica, sarebbe l'errore opposto a quello che si sta perpetrando attualmente.
Significherebbe, infatti, considerare l'ambiente come museo in cui nulla può essere toccato
perché non deve essere modificato. Il concetto di museo, però, non prevede che qualcuno
debba viverci dentro, perché ci abita da sempre o perché quella è la terra verso la quale è
stato spinto dalla ricerca di un luogo di vita a lunga scadenza. E ciò stesso basta a capire
come, con tale tipo di proposte, si finirebbe comunque per svantaggiare i paesi poveri, ancora
una volta a scapito delle logiche approvate nei paesi ricchi.
Fonti: IUCN 1990 "United Nations List of National Parks NAD Protected Areas, Gland e
Cambridge; UN, FAO Production Yearbook 1989, Roma 1990.
Sul versante opposto , invece, gli studiosi dei paesi del Terzo mondo, non solo
dei paesi poveri, sottolineano la fondamentale importanza di assicurare una relazione non
distruttiva delle medesime aree con il processo di sviluppo. In pratica, si propone di comprendere
le zone e gli ambienti naturali nei processi di sviluppo, senza cancellarli.
Si sta verificando che ciò che una volta era "la natura" diventa un prodotto,
mentre il processo attraverso il quale la natura viene modificata diventa "naturale".
Per chiarire meglio questi concetti basta pensare che, sebbene la maggior parte
dei parchi nazionali sia stata istituita negli ultimi due decenni, è da migliaia di anni che molte
comunità svolgono opera di conservazione e protezione ambientale. In Asia gli agricoltori
rispettavano ed onoravano le foreste naturali ritenendole dimora di potenti divinità e per questo
assurgevano a luoghi di sacralità; così facevano e fanno gli indiani Kuna e Emberà-Chocò
dell'America centrale, ritenendo alcune foreste dimora di spiriti e strumento necessario per la
naturale rigenerazione della fauna selvatica; gli indigeni Tukano del Brasile proteggono e i fiumi
perché ritenuti luoghi sacri di rifugio dei pesci (Rush 1991, Chapin 1991, Clay 1988). Tali metodi
tradizionali di conservazione, che includono sia le aree protette sia le aree dove a vario titolo si
pratica la tutela della biodiversità, sono state in certi casi più efficienti dei luoghi di tutela imposti
per mezzo dei vincoli legali.
E' vero, si, che in molti casi le comunità native di determinati territori hanno,
purtroppo, dimostrato di saper esercitare una pressione esagerata sulle risorse naturali. Ciò non
toglie che la maggior parte degli ecosistemi ancora naturali o poco modificati si trovino in
massima parte in zone abitate da popolazioni indigene (Gomez Pampa, Kaus 1988, Mc Closkey,
Spalding 1989).
Sistemi principali:
- rotazioni di colture
- piantagioni (per esempio caucciù)
- orticoltura (largamente diffusa)
- pascolo estensivo (specialmente nell'America Latina)
Sistemi principali
- coltivazioni in collina (per esempio nell'Himalaya e nelle Ande)
- pascoli e produzione di latte e latticini (per es. nell'America Latina)
Sistemi principali:
- pianure a riso
- coltivazioni irrigate (diversi raccolti per anno)
- acquicoltura (meno importante)
- allevamento intensivo
- orticoltura
Sistemi principali:
- pascolo
- altopiani a cereali
- alcune piantagioni (per es. Sisal)
- orticoltura (su poche aree irrigate)
Prima della rivoluzione comunista del 1949, ogni anno nel paese morivano di
fame milioni di persone, il dissesto idrogeologico era diffusissimo e le piene, l'erosione e gli
smottamenti erano all'ordine del giorno. Questa situazione è oggi profondamente cambiata, tanto
da indurre a pensare che il modello cinese dovrebbe essere preso ad esempio dai paesi in via di
sviluppo, naturalmente non per ideologie politiche (che comunque giuocano un ruolo importante
nel fornire gli stimoli e gli entusiasmi necessari) ma esclusivamente per le tecniche agrarie e di
uso dell'ecosistema. Queste ultime, però, sono difficilmente esportabili, perché per ogni
situazione ambientale occorre una gestione diversa per la peculiarità di ogni ambiente: parlare di
"modello" è perciò senza dubbio eccessivo. Purtuttavia l'esperienza cinese rimane senza dubbio
un'esperienza singolare da conoscere e su cui riflettere.
Comparando ad esempio la Cina con una nazione limitrofa come l'India, che in
proporzione è dotata del doppio delle terre coltivabili*, si vede che quest'ultima ha molti più
problemi nello sfamare la popolazione e nel gestire il territorio stesso.
Acquicoltura
In questo campo i cinesi sono maestri. L'indice di conversione degli alimenti* in questa attività
è molto più alto di quello che si realizza nell'allevamento di bestiame. La Cina produce un terzo
della produzione mondiale di pesce ottenuto con questo metodo, circa 2.000.000 di tonnellate.
Ogni stagno costituisce un sistema produttivo stratificato efficientissimo, dove le "carpe a
specchio" e quelle "dalla testa grossa" occupano gli strati superiori: le carpe a specchio si
nutrono di piante acquatiche, foglie di canna da zucchero ed erba, le carpe dalla testa grossa
si alimentano di plancton e alghe. Negli strati più profondi vivono altre specie di pesci che si
cibano di scorie (ciprinodontiformi). In questo modo si riesce a produrre una elevatissima
quantità di proteine nobili (circa 4,5 Tonnellate/ettaro/anno). Si ottiene anche una fanghiglia di
scolo per la fertilizzazione dei campi.
Un paesaggio giardino
La struttura del paesaggio cinese in questi luoghi è molto frammentata, molto diversificata, ma
soprattutto ben curata per il grado elevato di antropizzazione.
*
Praticamente l'efficienza produttiva che consente la trasformazione del cibo in proteine animali.
b).il bilancio energetico tra output e input tra aziende agrarie e mercato è
di solito abbastanza in equilibrio (in molti casi nell'agricoltura
industrializzata non c'e equilibrio ma quest'ultima viene fortemente
assistita): vengono scambiati fattori della produzione con prodotti finiti
che mantengono la popolazione;
BOSCO
*
Entrate ed uscite energetiche dal sistema.
La biodiversità A.Cardarelli P.31
ferroviarie, altri bruciavano la legna per produrre carbone e altri, infine, si dedicavano alla
vendita della cenere per ottenere la potassa.
Questi diversi interessi convivevano con il bosco perché ne asportavano
equilibratamente diverse specie, che poi potevano riprodursi. Le loro specializzazioni si
riflettevano nell'organizzazione di gruppi di lavoro chiamati "partiti" e "compagnie" con proprietà
collettiva dei mezzi di produzione, istituite, per affrontare i mestieri a rischio maggiore.
PRODOTTI VEGETALI
Alimenti, Piante, Funghi, Erbe, Fogliame degli alberi, Piante selvatiche,
Profumi, Fibre, Orticoltura, Prodotti da estrarre, Medicine.
PRODOTTI ANIMALI
Mammiferi, Rettili, Pesci, Uccelli, Insetti, Prodotti degli insetti, Altri animali
selvatici, Commercio di animali vivi.
FUNZIONI DI SERVIZIO
Pascolo Libero, Impollinazione, Occupazione, Protezione delle piante e del
suolo, Arricchimento del suolo, Protezione dei sistemi fluviali, Ecoturismo, Patrimonio,
Divertimento, Paesaggio, Parchi e riserve.
PALUDE
In diverse zone umide del Globo però le popolazioni hanno imparato a sfruttare
questi ecosistemi senza distruggerli bensì mantenendoli. Ciò accade, ad esempio, in Messico,
dove vengono costituiti i cosiddetti chinampas. Sul lago di Xochimilco, i contadini, sin dal
Altro caso è quello dell'Egitto. Qui, le piene del fiume Nilo, come tutti noi
abbiamo studiato sui libri di scuola, assicuravano fiorenti raccolti perché le acque creavano zone
umide che venivano arricchite lentamente da limo contenente nutrienti in buona quantità. Oggi,
per mezzo di dighe si ottiene il controllo del fiume ma occorrono consistenti fertilizzazioni
chimiche per ottenere buoni raccolti.
3.1. Generalità
*
Per caratteristiche ambientali ottimali in questo contesto si devono intendere le caratteristiche ambientali in cui la specie si è
originata. Le varie specie sono poi state diffuse dall'uomo in varie parti del globo per le apprezzate caratteristiche merceologiche.
*
La lunghezza del giorno, come sappiamo, varia sia con la stagione climatica sia con la latitudine. A tal proposito le piante si
distinguono in Brevidiurne, Longidiurne e Neutrodiurne. Questa classificazione indica ad esempio che le piante inserite tra le
Brevidiurne (originarie di climi tropicali) necessitano un periodo breve di durata del periodo illuminazione per differenziare le gemme
per la fioritura e le riproduzione.
La biodiversità A.Cardarelli P.33
3.2. L'origine delle piante coltivate
3.3.1. Generalità'
Nel 1973, nel momento in cui ci si rese conto per la prima volta che le fonti di
energia avevano un limite, cui ci si avvicinava in maniera piuttosto rapida e incontrollatamente
spensierata, l'intero pianeta venne scosso dalle ripercussioni dovute al rialzo del prezzo del
petrolio. L'impatto è stato più forte per quei paesi che non controllavano le fonti del petrolio
stesso o che ne facevano la sorgente di energia fortemente maggioritaria nei propri consumi. Chi
avesse avuto a disposizione una gamma più ampia di possibilità per attingere l'energia avrebbe
potuto organizzare più facilmente delle alternative. In altri termini, le società più adatte, più
adattabili o più diversificate che dir si voglia, avrebbero retto meglio l'impatto provocato dalla
crisi petrolifera, proprio come la famiglia contadina di cui si è riportato l'esempio in precedenza.
Se una società è libera di relazionarsi con l'ambiente entro cui vive, può trovare
l'equilibrio necessario a mantenersi e a svilupparsi in modo da soddisfare le necessità che via via
sorgono. Gli esempi più vistosi possono essere riportati dall'esperienza di quei popoli che ancora
vivono in modo isolato o in ambienti che sono particolari e ancora sensibilmente diversi da
quello cui siamo abituati e a cui l'élite del mondo sembra fare da riferimento come modello da
imitare.
Proprio per la continua interrelazione che esiste tra tutte le popolazioni umane
sulla Terra, ora che le comunicazioni di massa hanno portato i modelli di sviluppo anche nei posti
apparentemente più sperduti attraverso la radio, la televisione, il cinema e i giornali, aumenta il
numero di stimoli che ciascun individuo riceve. Viene sollecitata in modo continuo la stabilità
stessa, pur apparente, delle relazioni all'interno dell'ecosistema tra la società degli uomini e le
risorse naturali.
*Per mattoni in questo caso intendiamo indicare i geni di partenza, provenienti dalle varietà tratte dai luoghi di origine, che
opportunamente ricombinati danno luogo alle varietà commerciali.
*
Nel frattempo magari i geni di origine sarebbero sopravvissuti in qualche banca del germoplasma di proprietà della suddetta ditta
sementiera.
Nel caso delle varietà ibride, il processo di risemina richiamato nel precedente
paragrafo è di fatto impedito perché la rendita della nuova generazione di piante ottenute da quei
semi sarebbe molto variabile e imprevedibile in termini di qualità. Questo succede perché i semi
di varietà ibride vengono ottenuti incrociando tra loro due linee pure (maschile e femminile) che
danno origine ad una popolazione geneticamente instabile e quindi rischiosa da riseminare. La
produzione di sementi ibride è possibile e semplice per quando riguarda piante che si incrociano
con individui diversi, cioè specie allogame* (nel mais, per esempio, è particolarmente semplice
perché i suoi fiori maschili e femminili sono ben differenziati, separati e facilmente accessibili).
Negli altri casi, nelle piante autogame (frumento, riso, sorgo, fagioli etc.) la produzione di
sementi ibride è più difficile da ottenere perché richiede l'identificazione di linee con particolari
caratteristiche genetiche di autosterilità. Per queste specie, quindi, si procede alla
commercializzazione di ibridi solo quando si prevede un valore commerciale molto alto (per
esempio con alcune specie orticole: i semi di pomodoro o cetriolo arrivano a costare più di 1
milione al chilo). Quando esso non è giustificato o ipotizzabile, le varietà vengono
commercializzate sotto forma di popolazioni geneticamente uniformi, ma sufficientemente pure
da essere in grado di mantenere le proprie caratteristiche per più di una generazione o anche per
molti anni, se vengono applicati, da parte di chi la coltiva, una serie di accorgimenti che
eliminano continuamente le piante fuori tipo.
*
La fecondazione allogama o incrociata consiste nello scambio di gameti (polline) con altre piante; solo in questo caso si ha
fecondazione ed è in contrapposizione con la fecondazione autogama o autofecondazione. La fecondazione allogama può avvenire
per mezzo del vento (anemofila) o per mezzo di insetti (entomofila).
La biodiversità A.Cardarelli P.39
3.3.4. Considerazioni finali su stabilità', società' e biodiversità'
Alla luce di quanto sin'ora detto, le ditte che pretendono di brevettare le varietà
a pollinizzazione aperta esercitano un sopruso accollandosi la responsabilità di eliminare la
variabilità genetica che potrebbe essere racchiusa in una varietà e che ogni contadino potrebbe
voler sfruttare in modo differente da quello ipotizzato da chi la commercia.
Questi concetti durante l'iter formativo dei giovani nella scuola si ripresentano a
più riprese nelle varie materie dei piani di studio. Per fortuna, la seconda concezione negli anni
recenti ha in qualche modo messo gravemente in discussione la prima.
Dobbiamo dire che se nessuna delle due tesi suddette presenta presupposti
risolutivi, insieme consentono un proficuo dibattito. Vogliamo dire, così come aprivamo questo
scritto, che la realtà è molto più complessa di semplici schematismi: stimolare il ragionamento è
già un obiettivo importante ed è quello che ci prefiggiamo. Ovviamente si tratta di un ragionare
consapevole, sulla base delle conoscenze approfondite all'interno delle quali gli allievi si
muovono.
Negli ultimi anni nel corpo docente, ma anche diffusamente nella società civile,
il dibattito sulla natura ha portato alla proposta di inserimento dell'educazione ambientale nelle
scuole italiane di ogni ordine e grado. Naturalmente per un sistema così "bloccato" come la
scuola italiana questa proposta rappresenta una "grande rivoluzione", al punto che ancora non ne
è stato fatto ancora!
Dobbiamo però dire, a parziale giustificazione, che la novità rappresenta un
cambiamento di difficile realizzazione per una scuola, come è quella italiana, iperregolata da
leggi e circolari analitiche e vincolanti.
Un timido segnale di inversione di tendenza alla eccessiva regolamentazione
della scuola si è verificato nei primi mesi del 1994 con l'accordo tra i rappresentanti sindacali e
quelli del ministero: esso permette una migliore utilizzazione dei fondi di incentivazione, per cui
questi possono, ad esempio, essere usati per effettuare corsi integrativi della preparazione
curricolare e quindi anche per i corsi nel settore ambientale.
In epoche recenti dalla visione di ambiente sopra descritta siamo passati ad una
concezione maggiormente partecipativa, potremmo dire più democratica o comunque più
integrata. Questo è successo con l'introduzione del concetto di territorio, il quale si è sviluppato
dagli anni 60 in poi, quando nuove frange di popolazione richiedevano una formazione di massa.
Nel presentare alcune proposte relative ai percorsi didattici dobbiamo dire che
forniremo solamente alcuni spunti relativi all'argomento perché fondamentale risulta
l'elaborazione di un progetto, la costruzione di un curricolo* di estensione e durata assai ampie,
che parta dalla scuola elementare, si sviluppi nella media inferiore e termini nel biennio della
secondaria superiore. In realtà il curricolo prosegue poi verso la maturità e l'istruzione
Universitaria e questo non solo negli indirizzi di tipo tecnico e scientifico. Diremmo anche che
questo processo per una concezione moderna di "uso del territorio" non si arresta mai.
Ogni studio dell'ambiente che si rispetti deve coinvolgere i discenti nella realtà
della comunità in cui vivono. Lo studio dell'ambiente circostante permette di prendere in esame
tutte le relazioni che esistono al suo interno, siano esse biologiche, sociali, storiche, culturali,
economiche ecc. In questo modo l'alunno comprenderà la realtà in cui vive come prodotto del
risultato di queste interrelazioni: solo così potrà svolgere un ruolo attivo. Il percorso didattico
quindi dovrà privilegiare il lavoro sul campo, anche se in altre occasioni sarà necessario che gli
alunni imparino a leggere e comprendere testi ed articoli e ad usare terminologia appropriata e
dati che in questo campo svolgono un ruolo fondamentale.
*
Insieme selezionato in modo organico, di contenuti e di attività di insegnamento apprendimento di cui da sempre gli studenti fanno
esperienza in tutte le tappe della loro vita scolastica.
*
Si tratta di una dizione molto diffusa, la quale consiste nell'organizzare la programmazione in moduli allo scopo di produrre risultati
quanto più possibile prevedibili e verificabili da parte degli insegnanti.
La biodiversità A.Cardarelli P.43
Tra gli obiettivi (punto D) da raggiungere nel processo formativo scriviamo i
seguenti:
2) analisi di carte di uso del suolo: confronto di una zona pianeggiante dei
paesi sviluppati con un comprensorio andino e relativa discussione;
analisi delle foto aeree di vari luoghi e discussione-decifrazione;
Chapin Mac, "Losing the way of the great Father" in New Scientist 10 Agosto 1991;
Chun-Ru Han and Frank Golley "imput-output relationships of north China collective farms" In
Atti del Simposio di Agroecologia IAMZ Zaragoza 1984.
Clay W. Jason,"Indigenous People and Tropical Forests, Model of Land Use and management
from Latin America". Cultural Survival Cambridge 1988
Cooper David, Vellvè Renèe, Hobbelink Henk,"Growing Diversity" Grain IT Londra 1992.
Cox W. "The contributions of external inputs and intrinsic state conditions to agroecosystem
productivity" In Options Mèditerranèennes, Workshop Agroecology Zaragoza 1984
Gomez Pompa Arturo, Andrea Kaus, "Conservation by Traditional Cultures in the Tropics", in
Vance Martin (a cura di) Fulcrum, Golden 1988.
I.N.I.A.P., 1984. "Guia para el manejo y preservación de los recursos fitogenéticos". Instituto
Nacional de Investigaciones Agropecuarias, Quito.
IUCN "United Nations list of National Park and Protected Areas" Gland And Cambridge 1990;
Longo C., G. Longo, M. Filippini "Dalla Cellula all'Ambiente" Minerva Italica Bergamo 1991;
Mooney Pat Roy "Seeds of the hearth A private or public resource?" Canadian Council of
Cooperation 1979;
Pimentel D. "Energy flows in agricultural and natural ecosystems" in Atti del workshop of
agroecology, CIHEAM Zaragoza 1984;
Rush James "The last tree, Reclaiming the environment in Tropical Asia" The Asia Society, New
York 1991;
Scarascia Mugnozza G.T., Porceddu E., De Pace C., 1988. "Genetic Resources and modern
agriculture". Int. Center Insect Physiology.
Scultes Richard Evans, "Ethnobotanical Conservations and Plant Diversity in the Northwest
Amazon", in Diversity, Vol.7 n.1 e2 1991.
Stork Nigel S. "Insect Diversity: Facts, Fiction and Speculation", In Biological Journal of the
Linnean Society, vol 35, 1988. Wilson E.O. e Frances M. Peter (a cura di) "Biodiversity",
National Academy Press, Woshington 1988;