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Alcune nozioni fondamentali di Basso Continuo

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I. Generalità.

Come ha scritto Federico Del Sordo, il Basso continuo non ha “una” definizione, ma esistono
molteplici definizioni linguistiche - ricavate dalla letteratura trattatistica barocca - in seno a
ciascuna delle principali lingue europee:

in Italiano = Basso Continuo come “qualcosa che suona continuamente”, che completa e
accompagna costantemente, eventualmente anche quando la parte del basso è in pausa;
Accompagnamento come riferimento alla tecnica compositiva, al punto di partenza e di arrivo
nella creazione di un’opera musicale; Suonare sopra la parte come qualcosa che tiene conto del
timbro degli strumenti accompagnati, del genere, della forma e del luogo di esecuzione.

in Tedesco = Generalbass inteso come il basso che comprende tutte le armonie (ha funzione
riassuntiva e sintetica, che comprende tutto)

in Francese = Accompagnement inteso come elemento che sostiene le altre parti

in Inglese = Thorough Bass nel senso di basso che completa e perfeziona le altre parti.

Il Continuo è quindi una forma di stenografia musicale ma anche una forma d'accompagnamento
improvvisato, propria dei secoli XVII e XVIII, che è compimento pieno della composizione. La
maniera di concepire e di scrivere il basso continuo dava anche la visione grafica della struttura
degli accordi e del loro concatenamento: si andò man mano a riconoscere la logica armonica
formulando gli schemi tipici di chiusura e riposo, cioè le “cadenze”. Il loro uso portò ad un
formulismo che finì per cristallizzarsi in Italia nella “Regola dell’Ottava”, l’armonizzazione delle
scale maggiori e minori secondo il gusto del tempo. Nell’applicazione pratica, ogni volta che si
presentava un dato grado del basso vi si sovrapponeva quel dato accordo. Le definizioni
molteplici delle diverse lingue però portano ad una serie di definizioni, tutte complementari, che
spiegano la funzione assolta dalla pratica del Continuo:

• B.C. come ACCOMPAGNAMENTO

• B.C. come ARMONIZZAZIONE

• B.C. come COMPLETAMENTO

• B.C. come “indirizzo estetico” - IL GUSTO

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• B.C. come ELEMENTO DELLA TECNICA DIRETTORIALE (la figura del
Maestro al Cembalo che conduce tutti gli altri)

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Il basso continuo sopravvive nelle scuole d'armonia, dove l'insegnamento ha alla base il
“realizzare” l'armonizzazione a 4 parti di un basso cifrato. Le indicazioni del basso continuo non
esprimevano il valore teorico né quello dinamico dei vari accordi; ad esempio, erano accordi di 3a
e 5a tanto quello di tonica, cioè di riposo, quanto gli accordi di sottodominante e di dominante,
cioè di moto. Il basso continuo si era formato prima che si costituisse una vera teoria armonica e
il Rameau tentò di sopperire a tale mancanza ma con esito poco felice e nel diciannovesimo
secolo gli studiosi Oettingen e Riemann modificarono le indicazioni del basso continuo per
esprimere almeno in parte la “Funzione” cioè il valore all’interno di un preciso contesto musicale
dei vari accordi. Agostino Agazzari (1548-1640), nel suo Trattato scrive che “Chi vuole suonare
bene sopra al basso”, deve possedere tre cose:
1. “conoscenza del contrappunto, o per lo meno cantare sicuro, ed intendere le proporzioni, i
tempi, e leggere in tutte le chiavi, saper risolve le cattive con le buone, conoscer le 3e e 6e
maggiori e minori, et altre simiglianti cose.”

2. “saper suonare bene il suo strumento.”

3. “avere buon orecchio per sentire il movimento che le parti fanno fra di loro.”

Questo fa capire come la pratica del tempo fosse un tutt’uno con la cultura musicale propria del
bagaglio di ogni strumentista. Mentre i nomi delle formazioni accordali (cioè triadi, tetradi o
settime e pentadi o none) sono da riferirsi alla moderna teoria dell’armonia, possiamo
comprendere dalle semplici parole di Agazzari che le indicazioni numeriche – accordi di terza e
sesta, di sesta e di quarta e sesta – sono direttamente derivate dalla prassi strumentale seicentesca
del basso continuo, caratterizzante l’intero arco evolutivo della musica barocca.

Tale pratica costituisce il fondamento di uno stile polifonico che dura per tutto il Barocco a
caratterizzante aggregazione armonica e funzionale, riferito alla più matura definizione di
polifonia “concertante”. Questo stile tipicamente barocco viene definito nella teoria tonale come
“contrappunto armonico” e la polifonia concertante ne costituisce il principale fondamento
linguistico.
In definitiva “i numeri” indicano:
A. l’incontro delle parti melodiche, che svolgono una polifonia dialogante tra gruppi di
derivazione strumentale (polifonia concertante)
B. strutture accordali indipendenti come sostegno e sfondo all’impianto di accompagnamento.
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II. Simboli usati nella cifratura e Regole “Fondamentali” e “Accessorie”.

Da principio, si sono usati i numeri fino al 14 ed in seguito si sono fissati numeri e convenzioni
nel modo seguente:

• l'assenza di segno e di numero su una nota del basso significa accordo di 3a e 5a;

• un 6 significa accordo di 3ª e 6a;

• un 3 sotto un 4 esprime l'accordo di 3a, 4a e 6a ;

• un diesis o un bemolle posto da solo sopra una nota o sopra o sotto un 6 si riferisce alla 3a della
nota del basso; se invece è posto davanti a un numero, l'alterazione si riferisce alla nota
espressa dal numero stesso. Secondo i paesi, i tempi e i maestri, le alterazioni s'indicavano
anche in altre maniere, ad esempio con numeri tagliati;

• uno zero sopra una nota di basso vale ad dire “tasto solo”, cioè una nota senza armonia.
Le regole fondamentali, comuni a tutte le Scuole di tutte le epoche, possono essere cristallizzate
in queste tre prescrizioni:

REGOLA DELLA QUARTA: si possono concatenare due accordi quando la


Fondamentale del secondo accordo è la 4a ascendente (o la 5a discendente) della Fond.
del primo accordo

[V-I; I-IV; II-V; VI-II]

REGOLA DELLA QUINTA: si possono concatenare due accordi quando la


Fondamentale del secondo accordo è la 5a ascendente (o la 4a discendente) della
Fondamentale del primo accordo

[IV; IV-I; II-VI]

REGOLA DELLE NOTE IN COMUNE: si possono concatenare due accordi quando


questi hanno almeno due note in comune. I due casi particolari sono il Basso che scende
per terze oppure la concatenazione tra due accordi il secondo dei quali contiene una nota
che è enarmonica di una nota del primo accordo.

Le regole accessorie - compresa la Regola dell’ottava nel paragrafo successivo - vanno a


mostrare il mutamento storico, e sono comuni alle Scuole dello stesso periodo storico:

Regola della quinta e della sesta = nell’armonizzare dei gradi congiunti ascendenti si può
procedere numerando prima con 6 e poi con 5.

Regola della settima e della sesta = nell’armonizzare dei gradi congiunti discendenti si
può procedere numerando ciascun grado prima con 7 e poi con 6.

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Regola delle seste = si possono armonizzare più gradi congiunti discendenti, numerando
ciascun grado con 6.

Regola del VI-I = in un solo caso si può risalire al I grado dal VI grado: quando si va dal
VI al III e quest’ultimo si numera con 6.

Regola delle terze accompagnate = si possono accompagnare i gradi congiunti di un


basso accompagnando per terze la sua linea melodica e tenendo ferme le altre parti.

Regola delle cadenze evitate = nelle cadenze evitate il V grado può andare verso altri
gradi anziché al I: di solito va al VI o al IV.

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III. La Regola dell’ottava.

L'universo armonico del Rinascimento consisteva in due tonalità, quelle senza bemolli o diesis, e
una con un bemolle: infatti, il sistema maggiore-minore non esisteva ancora e tutto veniva
rimandato ad una logica prettamente lineare, derivata dallo studio del contrappunto. Intorno al
1600, quando i compositori cominciarono a ragionare in termini di verticalità armonica costruita
sopra la voce del basso, dominarono tre principali tipi di accordi:

1. Accordi maggiori in posizione fondamentale, 3/5

2. Accordi minori in posizione fondamentale, 3/5

3. Accordi in 1° rivolto, 3/6

Se si costruisce una triade su ciascuno dei gradi della scala nelle due tonalità senza l'aggiunta di
alterazioni, si ottengono questi tre tipi di accordi. Nei gradi della scala in cui la quinta forma un
tritono col basso quindi si deve evitare questo intervallo sostituendo la quinta con un sesta, in
modo da avere un accordo in posizione 3/6.

La cosiddetta “scala armonizzata” o “regola dell’ottava” rappresenta la sintesi dell’armonia


barocca, cioè la summa delle funzioni armoniche principalmente usate in quel periodo. Dietro
queste semplici scale - in cui ogni suono viene armonizzato con un accordo - stanno numerose
nozioni teoriche sulle concatenazioni, sulla natura, la posizione e le risoluzioni degli accordi. Lo
studio della scala armonizzata può essere compreso solo al termine di un percorso teorico che
dalle triadi giunge fino alle settime di III specie.

La scala armonizzata si costruisce su un basso scalare ascendente e discendente, in tutte le


tonalità maggiori e minori, partendo con l’accordo perfetto sulla tonica, nelle sue tre posizioni: 8,
cioè con l’ottava all’acuto; 3, con la terza all’acuto; 5, con la quinta all’acuto.

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triadi, giunge quanto meno sino alle settime di III specie.
La scala armonizzata si costruisce su un basso scalare ascendente e discendente, in tutte le
tonalità maggiori e minori, partendo con l’accordo perfetto sulla tonica, nelle sue tre posizioni: 8,
cioè con l’ottava all’acuto; 3, con la terza all’acuto; 5, con la quinta all’acuto.
Scuola Diocesana di Musica Sacra “D. Caifa” – Cremona
Lo studio delle scale avvenga prima con una lettura completa, poi, man mano, con una
www.scuola.diocesana-cremona.it
progressiva memorizzazione.
Maggiore
Scale armonizzate in ottava (modo maggiore)

Minore
Scale armonizzate in ottava (modo minore)

Questo riportato sopra, sia in maggiore che in minore, è il modello più comune di scala
armonizzata in quanto prevede la posizione di ottava alla voce superiore. Il modello va
memorizzato e suonato in tutte le tonalità, indicativamente con velocità che va da 80 a 144 per la
semibreve.

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IV. Le alterazioni o accidenti.
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1. Alterazioni al basso.

Una nota al basso alzata di semitono rispetto alla tonalità in chiave normalmente richiede un
accordo in 3/6.

Una nota al basso abbassata rispetto alla tonalità in chiave richiede invece un accordo in stato
fondamentale.

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2. Alterazioni al di sopra della parte del basso.

Una terza alzata di semitono in una delle parti sopra il basso rende un accordo minore 3/5 in un
accordo maggiore 3/5.

Una terza abbassata di semitono in una delle parti sopra il basso rende un accordo maggiore 3/5
in un accordo minore 3/5.

Un intervallo di sesta tra il basso e una delle voci superiori vuole un accordo in 3/6.

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V. Le cadenze.
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Il punto di riposo finale di una cadenza vuole normalmente un accordo maggiore in 3/5 (anche in
minore di solito viene alterata la 3a). Esistono tuttavia diverse “eccezioni”:

1. Ci sono alcune cadenze finali che vogliono un accordo minore in 3/5 all’interno del repertorio
barocco, ma di solito le cadenze minori tendono ad esser presenti nel brano per non
sottolineare il “riposo” finale, ma a portare alla frase successiva.

2. A volte quando ci si trova in una posizione “ambigua” una soluzione elegante è quella di
suonare un accordo SENZA la 3a.

3. Dopo una cadenza, se la successiva frase inizia con la stessa nota al basso, normalmente
l'armonia diventa di nuovo minore.

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Una quinta discendente o una quarta ascendente nella melodia del basso è una cadenza perfetta.

1. La penultima nota di basso prende un 4-3, cioè dissonanza e risoluzione (oppure 3-4-3).

2. La terza qui è sempre una terza maggiore e talvolta deve essere alterata rispetto alla tonalità
minore posta in chiave.



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Nella cadenza in cui si scende di un tono per grado congiunto sulla nota finale, la penultima nota
di basso prende un 7-6, cioè dissonanza e risoluzione (oppure 6-7-6, o 5-6).



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Una quinta ascendente o una quarta discendente nella melodia del basso porta ad una cadenza
finale che all’orecchio moderno suona come una dominante: si tratta di un vecchio tipo di
cadenza rinascimentale e molto rara. La penultima nota richiede spesso 5-6 e una voce superiore
procede per grado congiunto ascendente per arrivare alla 3a maggiore della corda finale.



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Quando il basso scende di semitono e poi ritorna al tono, si ha il caso del “basso legato che torna
al tono”. L’armonia sulla terzultima nota di basso, cioè quella legata, normalmente prende un 2/4
e quindi si risolve la dissonanza al basso scendendo di un semitono al tono principale.

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