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Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e
Psicologia Applicata (FISPPA), Piazza Capitaniato 3, I-35139 Padova, enrico.berti@unipd.it.
1
Cicero, De officiis I, 43, 153.
2
Aristoteles, Eth. Nic. VI, 5, 1140b 1-3.
3
22 B 2 D.–K. (Die Fragmente der Vorsokratiker, griechisch und deutsch von H.
DIELS, 11. Aufl., ed. W. KRANZ, Weidmann, Zürich–Berlin 1964).
4
31 B 110 D.–K. Sull’uso di phronêsis in Eraclito ed Empedocle cfr. L. RIZZERIO,
«Aspects de la phronèsis présocratique: Héraclite et Empédocle», in D. LORIES–L. RIZZE-
RIO (eds.), Le jugement pratique. Autour de la notion de phronèsis, Vrin, Paris 2008, pp.
47-74.
20 ENRICO BERTI
nare bene, il parlare senza errori e l’agire come si deve5, Socrate identifica
la phronêsis con la sophia e con la scienza del bene e del male6. Platone
non esita ad usare indifferentemente i termini phronêsis e sophia per indi-
care l’opposto dell’ignoranza (amathia)7, cioè il sapere; egli attribuisce
alla più alta forma di phronêsis, cioè di sapere, un contenuto politico, quale
l’ordinamento della città e della casa8; inoltre presenta la vita dedita alla
phronêsis come l’opposto della vita dedita al piacere9 e finisce per identi-
ficare la phronêsis col nous, cioè con l’intelligenza come conoscenza delle
Idee, che «brilla» (exelampse) dopo una vita dedita alle discussioni e alle
confutazioni, cioè alla dialettica, e quindi come scienza suprema10. Del
resto per Platone l’oggetto supremo della scienza è l’Idea del bene, la quale
è ad un tempo principio di tutte le altre Idee, e dunque dell’intera realtà, e
norma suprema dell’azione, cioè principio teoretico e pratico insieme, per
cui la conoscenza del Bene, che è epistêmê, phronêsis, sophia e noêsis, è
un sapere teoretico e al tempo stesso anche pratico. La phronêsis-sophia,
così intesa, è la prima delle quattro virtù della città perfetta distinte da Pla-
tone, a cui seguono il coraggio (andreia), la temperanza (sôphrosunê) e la
giustizia (dikaiosunê)11, per formare le quattro virtù che i Cristiani chiame-
ranno «virtù cardinali», cioè fondamentali, naturali, per distinguerle dalle
«virtù teologali», o soprannaturali (fede, speranza e carità).
Questa unità per un verso rimane e per un altro si rompe già con Seno-
crate, discepolo diretto di Platone, ma anche condiscepolo, nell’Accade-
mia, di Aristotele, del quale forse sente l’influenza, perché in un’opera
interamente dedicata alla phronêsis, e perciò intitolata Peri phronêseôs,
Senocrate prima presenta la sophia come «scienza delle cause prime e
della realtà intelligibile» (definizione per metà aristotelica e per metà pla-
tonica), e poi presenta la phronêsis come un sapere duplice, cioè da un lato
pratico e dall’altro teoretico, affermando che la sophia, per la parte in cui
è «umana» (anthrôpinê), è phronêsis, mentre non tutta la phronêsis è
5
68 B 2 D.–K. Sulla phronêsis in Democrito cfr. A. MOTTE, «L’invention de la phro-
nèsis par Démocrite», in D. LORIES–L. RIZZERIO (eds.), Le jugement pratique..., op. cit., pp.
75-104.
6
Xenophon, Mem. IV, vi, 7.
7
Plato, Symp. 202A.
8
Ibid., 209A.
9
Plato, Phil. 63A.
10
Plato (?), Ep. VII, 344B.
11
Plato, Resp. IV, 427D. Sulla phronêsis in Platone cfr. M. DIXAUT, «Des multiples
sens de la phronèsis dans les dialogues de Platon», in D. LORIES–L. RIZZERIO (eds.), Le
jugement pratique..., op. cit., pp. 123-144.
LA PHRONÊSIS NELLA FILOSOFIA ANTICA 21
sophia12. Ciò significa che per Senocrate la phronêsis è ancora, come per
Platone, sia teoretica che pratica, ma tuttavia al suo interno si è introdotta
la distinzione tra sapere teoretico – identificato con la sophia, sia pure con
una sophia soltanto umana – e sapere pratico, al quale non rimane altro
nome che quello stesso di phronêsis.
Una situazione analoga si presenta nel Protreptico di Aristotele, opera
perduta ma sicuramente scritta nel periodo in cui Aristotele era membro
dell’Accademia, dove – per quanto si può desumere dagli estratti che ne
ha fatto un neoplatonico quale Giamblico – Aristotele avrebbe usato il ter-
mine phronêsis ora come sinonimo di sophia, per indicare il sapere più
alto, teoretico ed insieme pratico13, ora per indicare un sapere pratico,
distinto dal sapere teoretico costituito dalla sophia14. A questo proposito,
come è noto, Jaeger ha sostenuto che la concezione della phronêsis pre-
sente nel Protreptico è segno del platonismo che caratterizza questo scritto
di Aristotele15, mentre Gadamer e Düring hanno visto in quest’opera un
uso del tutto generico del termine16. A mio avviso, non è possibile ricavare
da un testo di origine neoplatonica indicazioni sicure circa il lessico e il
pensiero di Aristotele.
La caratterizzazione della phronêsis come sapere pratico è definitiva
con gli Stoici, dei quali vengono riportate definizioni come «scienza (epi-
stêmê) delle cose che si devono fare e che non si devono fare»17, o
«scienza di ciò che si deve fare, di ciò che non si deve fare e delle cose che
non sono né l’uno né l’altro, ovvero scienza dei beni, dei mali e delle cose
che non sono né bene né male per la natura dell’animale politico»18.
12
Xenocrates, fr. 259 ISNARDI PARENTE (Senocrate–Ermodoro, Frammenti, edizione,
traduzione e commento a cura di M. ISNARDI PARENTE, Bibliopolis, Napoli 1982 [La Scuola
di Platone, 3]).
13
Aristoteles, Protr. frr. 20, 38, 46, 70, 94, 108 DÜRING (I. DÜRING, Aristotle’s Pro-
trepticus. An Attempt at Reconstruction, Elanders, Göteborg 1961 [Studia Graeca et Latina
Gothoburgensia, 12]).
14
Ibid., fr. 27 DÜRING.
15
W. JAEGER, Aristoteles. Grundlegung einer Geschichte seiner Entwicklung, Weid-
mann, Berlin 1923.
16
H.-G. GADAMER, «Der aristotelische Protreptikos und die entwicklungsgeschichtli-
che Betrachtung der aristotelischen Ethik», Hermes, 63 (1928) 138-164; I. DÜRING, Aris-
totle’s Protrepticus..., op. cit.
17
SVF II, 1005 VON ARNIM (Stoicorum Veterum Fragmenta, collegit I. AB ARNIM, 4
voll., editio stereotypa, Teubner, Stuttgart 1978-1979). Cfr. J.-B. GOURINAT, «Les éclipses
de la phronèsis dans le stoïcisme, de Cléanthe à Marc-Aurèle», in D. LORIES–L. RIZZERIO
(eds.), Le jugement pratique..., op. cit., pp. 167-198.
18
SVF III, 262 VON ARNIM.
22 ENRICO BERTI
19
Ambrosius, De officiis ministrorum, P.L., vol. 16, Paris 1845, I, xxiv, col. 115.
20
Una rassegna recente degli studi sull’argomento si trova in C. NATALI, «La phronè-
sis d’Aristote dans la dernière décennie du XXe siècle», in G. ROMEYER DHERBEY–G.
AUBRY (eds.), L’excellence de la vie. Sur ‘L’Éthique à Nicomaque’ et ‘L’Éthique à Eudème’
d’Aristote, Vrin, Paris 2002, pp. 179-194.
21
H.-G. GADAMER, Verità e metodo, a cura di G. VATTIMO, Fratelli Fabbri, Milano
1972, p. 364.
22
Aristoteles, Met. II, 1, 993b 20-21
LA PHRONÊSIS NELLA FILOSOFIA ANTICA 23
28
Aristoteles, Eth. Nic. I, 1, 1094a 26, 1094b 5.
29
Ibid., 1094b 13-22.
30
Aristoteles, An. post. I, 30, 87b 19-27; Met. VI, 2, 1027a 20-21.
31
Aristoteles, Phys. II, 8, 198b 35-36.
32
Aristoteles, Eth. Nic. VI, 2, 1139a 11-15, 26-31.
33
Ibid., VII, 1, 1045b 2-7.
LA PHRONÊSIS NELLA FILOSOFIA ANTICA 25
34
Ibid., VI, 5, 1140a 25-31, 1140b 8-11.
35
Sulla distinzione, in Aristotele, tra filosofia pratica e phronêsis ho ottenuto il con-
senso di D. LORIES, «Introduction. Contre une “idée mortelle”», in D. LORIES–L. RIZZERIO
(eds.), Le jugement pratique..., op. cit., pp. 7-46, specialmente pp. 19-21.
36
Aristotele, L’Étique à Nicomaque, introduction, traduction et commentaire par R.
A. GAUTHIER et J. Y. JOLIF, Institut Supérieur de Philosophie–B. Nauwelaerts, Louvain–
-Paris 1970 (I ed. 1958-1959), vol. II/2, p. 577.
37
GAUTHIER in Aristotele, L’Éthique à Nicomaque..., op. cit., vol I/1, pp. 267-283.
26 ENRICO BERTI
38
Aristoteles, Eth. Nic. VI, 10, 1142b 31-33.
39
In Revue des études grecques, 76 (1963) 265-268.
40
P. AUBENQUE, «La prudence aristotélicienne porte-t-elle sur la fin ou sur les
moyens?», Revue des études grecques, 78 (1965) 40-51, ristampato in ID., Problèmes aris-
totéliciens..., op. cit., vol. II, pp. 11-20.
41
Aristoteles, Eth. Nic. VI, 13, 1144a 6-8.
LA PHRONÊSIS NELLA FILOSOFIA ANTICA 27
42
Ibid., VI, 8, 1141b 18-22.
43
Ibid., VI, 13, 1144a 30 – 1144b 1.
28 ENRICO BERTI
su quale è il bene supremo. Essi lo sanno per carattere, cioè per virtù, ma
per essere phronimoi devono essere anche capaci di individuare i mezzi
adatti a realizzarlo, e questo è il compito specifico della phronêsis44.
In conclusione, quindi, ha perfettamente ragione Tommaso d’Aquino
nel non attribuire alla prudentia l’indicazione del fine ultimo dell’uomo,
sia che questa debba spettare alla filosofia pratica, come è il caso per Ari-
stotele, sia che essa debba spettare alla fede, cioè alla teologia, come forse
è il caso per Tommaso – questione che qui non voglio approfondire45. Ciò
non toglie che la proposta di Gauthier, di tradurre phronêsis con «sagesse»,
possa avere qualche giustificazione, ma non nella lingua francese, dove
«sagesse» indica la più alta forma di sapere ed è normalmente usato per
tradurre sophia (per esempio da Tricot), perché «sapience» è divenuto un
termine arcaico e non è più usato, bensì nella lingua italiana, dove
«sapienza» è un termine ancora in uso ed è il più adatto a tradurre sophia,
il che permette di tradurre phronêsis con «saggezza», come fanno tutti
(Plebe, Mazzarelli, Zanatta, Natali), intendendo col primo termine un
sapere teoretico e col secondo un sapere pratico46.
44
Queste precisazioni, insieme con quelle sviluppate nei successivi paragrafi 4 e 5,
dovrebbero essere sufficienti per sottrarmi alle critiche di D. LORIES, «Introduction...», op.
cit., pp. 24-31, che mi accusa di proporre una lettura riduttiva della phronêsis.
45
Una convincente difesa dell’interpretazione di Tommaso d’Aquino dalle critiche di
Gauthier è stata fatta da A. POPPI, «Il ruolo della ‘phronesis’ nella fondazione dell’etica»,
in S. GALVAN (ed.), Forme di razionalità pratica, Franco Angeli, Milano 1992, pp. 95-130.
46
Mi sembra giusto segnalare che altri studiosi di lingua francese propongono di tra-
durre phronêsis con «sagacité», ritenendo «prudence» troppo arcaico (cfr. R. BODÉÜS in
Aristotele, Éthique à Nicomaque, traduction et présentation par R. BODÉÜS, Flammarion,
Paris, 2004; M. BASTIT, «Sagacité et sagesse», in G. ROMEYER DHERBEY–G. AUBRY [eds.],
L’excellence de la vie..., op. cit., pp. 195-216; J.-L. LABARRIÈRE, «Du phronimos comme
critère de l’action droite chez Aristote», in D. LORIES–L. RIZZERIO [eds.], Le jugement pra-
tique..., op. cit., pp. 145-166).
LA PHRONÊSIS NELLA FILOSOFIA ANTICA 29
47
I. KANT, Fondazione della metafisica dei costumi, trad. di V. MATHIEU, Rusconi,
Milano 1982, pp. 107-108.
48
I. KANT, Critica del Giudizio, trad. di A. GARGIULO riveduta da V. VERRA, Laterza,
Bari 1963, pp. 10-11.
49
K. REICH, Kant und die Ethik der Griechen, Mohr, Tübingen 1935, pp. 27-33.
50
P. AUBENQUE, «La prudence chez Kant», Revue de métaphysique et de morale, 80
(1975) 156-182, ristampato nella terza edizione di ID., La prudence chez Aristote, Presses
Universitaires de France, Paris 1986.
30 ENRICO BERTI
51
Sull’argomento cfr. anche F. MARTY, «La prudence chez Kant», in D. LORIES–L.
RIZZERIO (eds.), Le jugement pratique..., op. cit., pp. 293-316.
52
Aristoteles, Eth. Nic. VI, 13, 1044a 23-28.
53
Ibid., VI, 13, 1144a 30 – 1144b 1.
54
Ibid., 1144b 1-16.
LA PHRONÊSIS NELLA FILOSOFIA ANTICA 31
«virtù in senso proprio», cioè la virtù morale, anche se di per sé essa è una
virtù dianoetica, cioè intellettuale
55
Ibid., VI, 8, 1141b 14-16.
56
Ibid., VI, 9, 1142a 11-15.
57
Ibid., 1142a 23-31.
32 ENRICO BERTI
Ci sono allora due tipi di nous, quello che coglie i princìpi universali
della scienza, e quello che coglie i particolari, che sono «princìpi del fine»,
cioè condizioni, particolari, per la realizzazione del fine, universale. Que-
sti «princìpi» sono i mezzi, cioè le azioni che si devono compiere per rea-
lizzare il fine, e la conoscenza di essi merita ugualmente il nome di nous,
perché anch’essi sono estremi e princìpi, e non sono oggetto di dimostra-
zione. In tal caso la sensazione e l’intelligenza coincidono60.
La phrônesis dunque, in quanto conoscenza dei mezzi particolari
necessari a realizzare il fine, può essere considerata una forma di sensa-
zione e di intelligenza, di quella particolare intelligenza che ha per oggetto
le azioni particolari, ma non è solo questo. Infatti – prosegue Aristotele –
per essere phronimoi non basta conoscere ciò che è giusto, nobile e buono,
ma bisogna diventare tali, cioè acquisire l’abito della virtù61. Come
abbiamo già visto, la phronêsis è conoscenza dei mezzi adatti a realizzare
un fine buono, ma il fine buono appare evidente solo a chi à buono, cioè
possiede la virtù, perciò è impossibile essere phronimos senza essere
buono. Probabilmente siamo di fronte ad un circolo, nel senso che la phro-
nêsis presuppone la virtù, ma questa a sua volta presuppone la phronêsis,
perché «la virtù in senso proprio non si genera senza la phronêsis»62. Tut-
58
Ibid., VI, 6, 1141a 2-8.
59
Ibid., VI, 12, 1143a 34 – 1143b 6.
60
Sul rapporto tra phronêsis e nous si veda anche P. RICŒUR, «À la gloire de la phro-
nèsis (Éthique à Nicomaque. Livre VI)», in J.-Y. CHÂTEAU (ed.), La vérité pratique. Aris-
tote, ‘Éthique à Nicomaque’, Livre VI, Vrin, Paris 1997, pp. 13-22.
61
Ibid., VI, 13, 1143b 21-29.
62
Ibid., 1144b 17.
LA PHRONÊSIS NELLA FILOSOFIA ANTICA 33
63
Sul carattere «virtuoso» del circolo in questione cfr. J.-L. LABARRIÈRE, «Du phro-
nimos comme critère...», op. cit., pp. 162-165.
64
M. WEBER, «La politica come professione», in ID., Il lavoro intellettuale come pro-
fessione: due saggi, trad. di A. GIOLITTI, Einaudi, Torino 1983.