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“ IL VOLONTARIATO OSPEDALIERO”

Tesina di maturità

Aura Iulia Plesu

Classe Va B

Liceo delle Scienze Umane

Opzione Economico Sociale

Anno Scolastico 2017/2018


INDICE
1. INTRODUZIONE

2. STORIA: VOLONTARI DAL PUNTO DI VISTA FISICO

3. DIRITTO: LEGGE 328\2000

4. SOCIOLOGIA: TERZO SETTORE

5. CONCLUSIONE

6. SITOGRAFIA
INTRODUZIONE

Nella società moderna percepiamo la realtà che ci circonda come sempre più

complessa, piena di problemi e tensioni sempre più difficili da gestire e da

affrontare. Molte persone si sentono inadeguate o vengono emarginate e

manifestano un bisogno d'aiuto non solamente materiale o di assistenza

fisica, ma soprattutto morale.

Per rispondere alle varie problematiche da molti anni , a seconda delle

sensibilità personali, si sono moltiplicate le associazioni di volontariato in

diversi ambiti e settori. Particolare rilievo ha avuto il volontariato in ambito

sanitario ed ospedaliero.

E' una realtà solida che si è affermata maggiormente negli ultimi anni sia in

ambito ospedaliero, sia nelle varie situazioni dove sono presenti persone che

soffrono nel corpo e nello spirito. Partecipando alle associazioni di

volontariato, si possono percepire i valori della solidarietà sociale, della

partecipazione ed elementi caratterizzanti quali la spontaneità, la gratuità ed il

servizio agli altri.

Con il passare del tempo il volontariato ha raggiunto una maggiore

consapevolezza della propria identità e delle proprie funzioni ed una più

precisa collocazione nel sistema socio-sanitario diventando essenziale nel

garantire una operatività efficace e sopratutto profondamente umana.

Oggi per rispondere con efficienza alle persone che soffrono e per far si che i
volontari siano preparati ad affrontare esperienze importanti si è resa

indispensabile, la formazione del volontario. La formazione ha quindi assunto

un ruolo fondamentale nei percorsi di preparazione dei volontari,

attrezzandoli a rispondere adeguatamente alle aspettative delle persone e

permettere a chi si avvicina all'esperienza del volontariato di farlo in modo

coscientie e preparato nell'affrontare le difficoltà e che aiuti il volontario ad

inseristi con competenza nelle strutture dove è chiamato ad operare

mantenendo l'umanità e lo scambio interpersonale che arricchisce sia chi

dona, sia chi riceve.

La formazione deve focalizzare il ruolo del volontario visto all'interno della

situazione in cui si inserisce, non solo dal punto di vista organizzativo, ma

anche sociale, culturale e motivazionale; deve far percepire e comprendere le

modalità di approccio alla persona, la capacità di gestire conflitti e situazioni

difficili; infine fornisca gli strumenti minimi indispensabili per poter iniziare un

percorso, senza timore di incontrare '' l'altro'' con la sua malattia e sofferenza.

La mia esperienza nel volontariato è nata dalla voglia di aiutare il prossimo e

mi ha portato da ormai tre anni a fare un'esperienza che ha cambiato ogni

prospettiva della mia vita. Un'esperienza proposta dalla Parrocchia di

Campodarsego che consiste nella visita di persone residenti nel comune di

Campodarsego ricoverate all'Ospedale Civile Pietro Cosma di Camposampiero

con l'intento di far sentire meno soli i pazienti ricoverati, portando loro un po'

di calore e forza mediante l'ascolto e il dialogo.


UN PO DI NUMERI

In Italia tale realta’ cosi complessa e importante e’ in crescita? Chi


si occupa maggiormente ti tale settore?
L Italia e sempre piu un paese di volontari. Cresce il numero delle
associazioni e anche il numero di persone che, per professione e o
scelta, contribuiscono al suo funzionamento. I primi risultati dell’
Istat evidenziano come in poco meno di 20 anni, la percentuale di
persone che si dedicano al volontariato e passata dal 6,9 al 10 per
cento. L’ incremento del numero di persone che svolgono attivita di
volontariato ha riguardato soprattutto alcune fasce di eta: i giovani
e gli anziani. Le persone sopra i sessant anni sono aumentati, dal
1993 al 2011, di oltre 7 punti di percentuali, i giovani di oltre 3 punti
percentuali: nella fascia d’eta’ dai 14 ai 17 anni, ad esempio, quasi
il 10 per cento di persone svolge attivita’ di volontariato, mentre tra
le persone dai 18 ai 19 la percentuale raggiunge il 14 per cento.
STORIA
UN VIAGGIO NELLA MALATTIA

Il volontariato, in questi tre anni, è stato un compagno di viaggio, un viaggio


particolare, il più umano e terribile dei viaggi: quello che attraversa, insieme
con il malato, i terrori impervi della malattia e del dolore, della disabilità e
della perdita di autonomia, della dipendenza fisica e psichica, della paura e
della solitudine, della speranza e della morte. Tale viaggio lo hanno vissuto sin
dal passato con la Prima Guerra mondiale le infermiere volontarie.
La "piccola" storia del Corpo delle Infermiere Volontarie della C.R.I. si snoda
nell'arco di un secolo, dal 1908 ai giorni nostri, in parallelo ed in
contemporanea con la "grande" Storia dell'Italia, dell'Europa, del mondo
intero sconvolto dalle guerre, ma soprattutto testimone di tutti quegli
avvenimenti che hanno inflitto ferite alla Società Civile e che hanno
interessato il nostro Paese nei quasi cento anni trascorsi.
Una piccola, grande storia di donne, di volontarie chiamate e sempre presenti
laddove l'umanità sofferente lo ha richiesto e lo richiede.
Una storia fatta da donne di ogni ceto sociale, regine e casalinghe, tutte
uguali nell'uniforme, tutte animate da uno stesso ideale, tutte pronte al
sacrificio anche della propria vita, per tenere fede a quell'ideale.

Fondazione del Corpo

Il primo corso di formazione per infermiere della Croce Rossa, venne


organizzato a Milano nel 1906 da un gruppo di donne sensibili al problema
dell'assistenza agli infermi. Tra di esse ricordiamo Sita Meyer Camperio, Rosa
De Marchi, Matilde Visconti di Modrone.
Il corso ebbe molto seguito e l'iniziativa si diffuse in altre città quali Genova,
La Spezia, Firenze e Roma dove il Corso fù inaugurato con il patrocinio della
Regina Elena.
Nasceva ufficialmente il Corpo delle Infermiere Volontarie.
Nel 1908 già un migliaio di infermiere tra diplomate ed allieve costituivano il
personale disponibile. Tra di esse 260 furono mobilitate per i soccorsi nel
disastroso terremoto di Messina verificatosi in quell'anno.
Nel 1910 il Corpo si fornì di un nuovo regolamento e di uniformi uguali per
tutte e l'anno successivo ebbe, per così dire, il "battesimo del fuoco",
partecipando al soccorso dei feriti sulla nave "Menfi" durante il conflitto italo-
turco. A questa operazione presero parte circa 60 infermiere tra le quali la
Duchessa d'Aosta.
L'approssimarsi dell'entrata in guerra dell'Italia contro gli Imperi centrali, fece
sì che le iscrizioni ai corsi si moltiplicassero, tanto che alla vigilia del primo
conflitto mondiale, il Corpo contava circa 4.000 infermiere

La Prima guerra mondiale 1915 – 18.

Allo scoppio della guerra il Corpo disponeva di circa 4000 infermiere che
raddoppiarono nel corso del conflitto raggiungendo le 8.500 unità sotto la
guida della Duchessa d'Aosta.
Le infermiere furono impiegate, oltre che nelle Unità Sanitarie sulla linea del
fronte, anche in tutte quelle strutture ospedaliere che erano sorte ovunque
sul territorio italiano, per sopperire alle necessità dei militari feriti.
Strutture spesso improvvisate in ville private, conventi, edifici pubblici, persino
il Quirinale, trasformati in ospedali di fortuna, che si trovavano nelle
immediate retrovie dove le Sorelle lavorarono ininterrottamente per tutto il
periodo bellico.
A loro era demandata la funzionalità di queste strutture nelle quali, oltre alla
cura dei feriti, dovevano occuparsi del guardaroba, della farmacia, delle
cucine e di quant'altro necessitava.
Operavano sui treni ospedale che facevano la spola tra il fronte e le retrovie
con il loro carico di feriti, e se la guerra mieteva vittime sul fronte, una terribile
epidemia doveva mettere a dura prova le nostre infermiere: "la spagnola".
Una forma influenzale per quei tempi mortale che si portò via milioni di vite
nel mondo e per la quale morirono anche molte Sorelle contagiate dal
morbo.
Molte, alla fine del conflitto, furono le infermiere decorate al valor militare e
tra di esse va segnalata la Medaglia d'Argento conferita alla Duchessa
d'Aosta, instancabile organizzatrice, che non mancò mai di portare il suo
incoraggiamento alle Sorelle anche sotto i bombardamenti sulla linea del
fronte.
In totale gli ospedali territoriali della Croce Rossa Italiana furono 204 con circa
30.000 posti letto. Furono mobilitate in totale 7.320 Infermiere Volontarie.
IL VENTENNIO TRA LE DUE GUERRE 1919-1939
Grazie all'infaticabile opera prestata in tempo di guerra, le Infermiere
Volontarie, dapprima tollerate, poi accettate con riserva in un ambiente
prettamente maschile, si erano meritate sul campo la stima e la
considerazione unanime, tanto da divenire ormai parte integrante della Sanità
Militare e da poter operare negli ospedali militari che divennero anche scuole
per allieve infermiere.
La loro opera si estese anche agli ospedali civili, alle strutture assistenziali
quali colonie estive, preventori antitubercolari e antimalarici, ambulatori e
assistenza domiciliare.
Grazie a questa intensa attività, i corsi per allieve infermiere ben presto si
moltiplicarono su tutto il territorio e con essi la disponibilità del personale
mobilitabile.
A partire dal 1935, a seguito della conquista dell'A.O.I (Africa Orientale
Italiana) numerose Sorelle vennero imbarcate sulle navi ospedale che
raccoglievano i feriti di quelle guerre per ricondurli in patria.
Fu inoltre loro affidata l'assistenza delle famiglie dei coloni che si
imbarcavano per raggiungere le nuove terre d'Africa e non molti anni dopo,
dovettero accompagnare quegli stessi emigrati nel viaggio di ritorno, quali
profughi forzatamente rimpatriati dai nuovi Governi delle ex colonie.

Le Infermiere, inoltre, vennero stanziate negli ospedali militari in Etiopia,


Somalia, Abissinia, Libia ed Eritrea dove, oltre alla cura dei nostri soldati, nelle
apposite strutture create, provvedevano anche all'assistenza della
popolazione civile.
Nel 1936 furono al seguito del contingente di volontari partiti dall'Italia per
combattere nella Guerra civile spagnola, una sorta di grande prova per la
guerra mondiale che si sarebbe scatenata di lì a pochi anni.

Seconda Guerra mondiale 1940 – 45.

All'atto della dichiarazione di guerra furono mobilitati anche tutti i Corpi


Sanitari compreso il Corpo Militare della C.R.I. e quello delle Infermiere
Volontarie.
Il primo Settembre 1939 era stata nominata Ispettrice Nazionale Maria Josè
Principessa di Piemonte, che, insediatasi pochi giorni dopo, iniziò la
riorganizzazione del Corpo nominando nel Maggio dell'anno successivo le 16
Ispettrici dei Centri di Mobilitazione.
Allo scoppio della guerra, il 10 Giugno del 1940, il Corpo si trovò a dover fare
fronte a molteplici esigenze che ne richiedevano il supporto: ospedali militari,
ospedali da campo, treni e navi ospedale, ospedali extra territoriali, ovunque
c'era necessità di un'assistenza costante e competente, le Infermiere risposero
all'appello.
Unanime, nelle memorie scritte delle Sorelle, il riconoscimento alle capacità
organizzative e direttive dell'Ispettrice Nazionale, la "Sorella di Piemonte",
affiancata per altro da validissime collaboratrici.
L'opera preziosa e insostituibile delle Infermiere Volontarie ebbe un
riconoscimento concreto quando il Governo decise di rendere legge dello
Stato il Regolamento del Corpo con decreto del 12 Maggio 1942 n°. 918.
Furono lunghi anni di sacrificio in una guerra che non aveva fronti e si
estendeva verso altri continenti, in terre lontane, riarse dal caldo o indurite dal
ghiaccio. Paesaggi desolanti di distruzione, di morte e di sofferenze fisiche e
morali dove le Sorelle costituivano spesso l'unica presenza femminile e
rappresentavano per i soldati l'immagine di affetti lontani, cura per le ferite
del corpo e conforto per chi non sarebbe più tornato.
Notevole fu il contributo delle Infermiere Volontarie sulle navi ospedale (alle
quali è dedicata una sezione monografica) per il trasporto dei feriti dalle terre
d'Africa e per il salvataggio dei naufraghi.
Al seguito delle truppe italiane nella campagna d'Africa, nella campagna di
Russia,d'Albania, di Jugoslavia, restano di quelle missioni, testimonianze
fotografiche, diari, libri di memorie, racconti che ci tramandano l'eroismo
quotidiano, umile, oscuro, di tante "Sorelle", donne giovani, meno giovani,
aristocratiche e borghesi, donne forti che seppero resistere e soffrire come
soldati, con i soldati.
DIRITTO

A differenza del passato,quando ammalarsi, invecchiare, perdere l’abitazione


o il lavoro significava il più delle volte finire ai margini della società, oggi
essere cittadini significa poter godere, tra gli altri diritti, anche il diritto a
condurre in ogni momento una vita dignitosa. Si tratta di uno dei principi su
cui si reggono gli Stati del mondo occidentale: lo Stato riconosce a tutti i
cittadini il diritto ad un livello minimo di benessere . Tali diritti sono garantiti
dallo Stato ai suoi cittadini e si aggiungono al diritto alla salute che garantisce
uguali condizioni di accesso ai servizi sanitari, senza riguardo alla loro
condizione professionale, al reddito , all’esistenza di uno stato di bisogno
accertato.
Effettuando tale esperienza di volontariato, ho compreso che nonostante sia
importante l’assistenza da parte di medici e infermieri per garantire una
guarigione a livello fisico, molto importante è anche il sostegno morale.
Portare ai pazienti un semplice sorriso può lenire tante ferite, consentendo
una guarigione più rapida.
Come previsto dalla Legge 328\2000 intitolata ‘’ Legge quadro per la
realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali’’ è la legge per
l’assistenza, finalizzata a promuovere interventi sociali, assistenziali e
sociosanitari che garantiscano un aiuto concreto alle persone e alle famiglie in
difficoltà.
Cosa prevede esattamente tale legge?

L’ Articolo 1 sancisce :

1. ‘’La Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di


interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della
vita, pari opportunità, non discriminazione, previene o riduce le condizioni di
disabilità, di bisogno e di disagio individuale e famigliare, derivanti da
inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in
coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione’’.

4. “ Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell'ambito delle rispettive


competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di
utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli
enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle
organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni
religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel
settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del
sistema integrato di interventi e servizi sociali.”

Tra i principi generali e le finalità indicate dall’articolo 1, meritano


un’attenzione particolare alcuni passaggi che affidano, infatti, in posizione
paritaria, agli enti locali, alle Regioni e allo Stato la programmazione e
l’organizzazione dei servizi e degli interventi sociali. Con l’obiettivo di
valorizzare il principio di sussidiarietà, le regioni dovranno riconoscere ed
agevolare il ruolo di tutti i soggetti sociali, delle associazioni e degli enti di
promozione sociale, compreso gli enti riconosciuti dalle confessioni religiose,
con cui lo Stato ha stipulato intese nell’organizzazione e nella gestione dei
servizi. Lo Stato dunque, stabilisce centralmente livelli essenziali e uniformi di
prestazioni sociali da garantire a tutti i cittadini che risiedono sul territorio
nazionale. Poi, attuando un criterio di sussidiarietà ( cioè di complemento e
integrazione), delega alle regioni e ai comuni, in collaborazione con i soggetti
privati presenti sul loro territorio, il compito di programmare e realizzare gli
interventi concreti che consentiranno di raggiungere quegli obiettivi. Questo
perché si presume che gli enti locali, pubblici e privati, conoscano meglio le
condizioni concrete della società locale. Inoltre la legge cerca di superare sia il
tradizionale modo di ragionare per ‘’categorie’’ di bisogno, sia
l’atteggiamento che mira semplicemente a tamponare le situazioni in cui il
bisogno si è già manifestato. Al contrario, introduce l’ambizioso obiettivo di
rimuovere le cause delle situazioni di bisogno.
L’insieme di tutti gli interventi pubblici attraverso cui, nei Paesi industrializzati,
lo Stato mira ad attuare i diritti sociali dell’individuo viene chiamato Welfare
State, ovvero un tipo di Stato che si fa carico del benessere dei suoi cittadini,
perseguendo l’obiettivo di garantire loro gli standard minimi di benessere
rispetto al reddito, all’alimentazione, alla salute, nonché di tutelare i momenti
critici della vita umana: l’infanzia, la maternità, la vecchiaia.
SCIENZE UMANE

La Legge in esame prevede e promuove attività socio-assistenziali da parte di


associazioni di cittadini, quali le onlus, le organizzazioni di volontariato, gli
enti di promozione sociale e le fondazioni. Questi organismi possono offrire e
gestire alcuni servizi, alternativi a quelli degli enti pubblici, rivolti ai cittadini
che ne hanno bisogno. Tali attività sono garantite dal Terzo Settore all'interno
del quale vengono sperimentate forme alternative di solidarietà e di
redistribuzione delle risorse economiche .

Il terzo settore( ‘’terzo’’ rispetto allo Stato e al mercato), comunemente


definito privato settore, consiste in un tentativo nato spontaneamente in seno
alla società civile ( l'insieme di tutti quei soggetti che svolgono un ruolo attivo
nell'affrontare o risolvere questioni di rilevanza collettiva) di ovviare , da un
lato, alle più gravi difficoltà e inefficienze dello Stato sociale, e di dare
risposta, dall’altro, alle nuove esigenze sorte nella società. In Italia vi sono
numerose realtà di iniziativa privata che svolgono funzioni d’interesse
pubblico. .,.,………………………………………….
Il terzo settore è costituito da molteplici organizzazioni che finalizzano la
propria attività dall’ erogazione di servizi di pubblica utilità, non perseguendo
la logica del profitto ma quella della solidarietà. Tali organizzazioni vengono
anche chiamate enti no profit, o enti senza scopo di lucro, poiché la loro
principale caratteristica è di puntare a soluzioni di problemi sociali. Da
ricordare l’importante esperienza delle Onlus ossia, di quei soggetti del Terzo
settore, che godono di un particolare regime fiscale ( riduzione delle tasse ) a
causa del loro scopo non lucrativo. Le Onlus (Organizzazione Non Lucrativa di
Utilità Sociale) sono attive nei campi dell’assistenza sociale e socio-sanitaria,
nella beneficienza, nella promozione della cultura e dell’ambiente.
La Caritas, associazione di cui faccio parte, persegue lo stesso obiettivo: offrire
dei servizi senza voler essere retribuiti. In cambio di desidera solamente un
sorriso, che per quanto semplice e spontaneo possa essere, racchiude
un’immensità di significati e di valori che nessuno è mai riuscito a spiegare in
fondo:

Il valore di un sorriso
Donare un sorriso
rende felice il cuore.
Arricchisce chi lo riceve
senza impoverire chi lo dona.
Non dura che un istante
ma il suo ricordo rimane a lungo.
Nessuno è così ricco
da poterne far a meno
nè così povero da non poterlo donare.
Il sorriso crea gioia in famiglia,
dà sostegno nel lavoro
ed è segno tangibile di amicizia.
Un sorriso dona sollievo a chi è stanco,
rinnova il coraggio nelle prove
e nella tristezza è medicina.
E se poi incontri chi non te lo offre,
sii generoso e porgigli il tuo:
nessuno ha tanto bisogno di un sorriso
come colui che non sa darlo.

SITOGRAFIA

Storia
https://www.cri.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/269

Diritto
http://www.parlamento.it/parlam/leggi/00328l.htm
CONCLUSIONE

In Italia tale realta’ cosi complessa e importante e’ in crescita? Chi


si occupa maggiormente ti tale settore?
L Italia e sempre piu un paese di volontari. Cresce il numero delle
associazioni e anche il numero di persone che, per professione e o
scelta, contribuiscono al suo funzionamento. I primi risultati dell’
Istat evidenziano come in poco meno di 20 anni, la percentuale di
persone che si dedicano al volontariato e passata dal 6,9 al 10 per
cento. L’ incremento del numero di persone che svolgono attivita di
volontariato ha riguardato soprattutto alcune fasce di eta: i giovani
e gli anziani. Le persone sopra i sessant anni sono aumentati, dal
1993 al 2011, di oltre 7 punti di percentuali, i giovani di oltre 3 punti
percentuali: nella fascia d’eta’ dai 14 ai 17 anni, ad esempio, quasi
il 10 per cento di persone svolge attivita’ di volontariato, mentre tra
le persone dai 18 ai 19 la percentuale raggiunge il 14 per cento.

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