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LEZIONE 1
BIBLIOGRAFIA 6
CENNI DI STORIA 8
LEZIONE N. 1 - LA LUCE 13
2. Il colore. 18
3. La luce naturale. 20
4. L’illuminazione. 23
2
CORSO DI FOTOGRAFIA
Introduzione
L’idea di inserire nel corso delle lezioni di fotografia, nasce dall’esigenza di fornire allo studente
quelle nozioni di base utili affinché egli sia in grado di eseguire in modo sufficientemente autonomo
delle buone fotografie di documentazione.
Uno dei problemi maggiori non è tanto l’acquisizione della teoria necessaria al fine di conoscere il
mezzo fotografico, né quello di offrire una serie di “ricette” sicure per fotografare bene determinate
situazioni, ma quello di collegare le nozioni acquisite teoriche con l’effettiva pratica che si dovrà
andare a svolgere.
La documentazione fotografica si rende indispensabile per la necessità di avere una testimonianza
effettiva della realtà visiva, che non è possibile rendere pienamente con la sola documentazione
grafica. Quest’ultima rappresenta una sintesi della realtà, effettuata attraverso una metodologia
standardizzata con l’impiego di tecniche ed elementi grafici predefiniti ed omogenei, che devono
essere scelti secondo criteri tendenzialmente oggettivi, ma che vengono applicati infine dal
disegnatore e dal rilevatore, secondo una propria concezione degli elementi ritenuti importanti.
Questa concezione, che dipende dal soggetto che interpreta, influenza la documentazione grafica in
modo soggettivo. La fotografia di documentazione, applicata secondo precise regole tecniche, è
l’unico mezzo che può rappresentare in modo assolutamente oggettivo la realtà visiva, lo stato di
fatto, senza dipendere dalla soggettività del fotografo. Naturalmente l’una non sostituisce l’altra, ma
la fotografia costituisce un fondamentale supporto insieme alla documentazione grafica, alle schede
inventariali e alle relazioni tecniche, per la documentazione dei beni, siano essi archeologici,
architettonici, storico artistici o librari.
Nel caso di uno scavo archeologico, occorre tenere presente, che l’opera di scavo condotta da un
archeologo, anche se eseguita con la metodologia più appropriata, è per sua natura sempre
distruttiva nei confronti dello status in cui si trovano “sepolti” gli elementi. Questo status anche se
documentato, non potrà mai essere ripristinato esattamente come era in origine. Quindi ai posteri
non rimane che la documentazione di scavo prodotta a suo tempo e la fotografia è l’unica in grado di
dare un’idea reale visiva, ma anche dimensionale, di come era l’ambiente e gli elementi portati alla
luce nel corso dello scavo.
L’immagine si realizza sia attraverso l’obbiettivo della fotocamera e le informazioni luminose
trasmesse dal soggetto che vengono registrate sulla pellicola, sia secondo regole rigorosamente
matematiche, che governano le leggi della prospettiva e dell’ottica, i rapporti dimensionali, ed il
calcolo dell’esposizione.
dall’esperienza per trovare la combinazione più idonea alla realizzazione di una particolare ripresa
fotografica. L’esperienza può essere acquisita solo con una continua sperimentazione, indispensabile
per affinare tecniche e processi che più si avvicinino alle proprie esigenze e al tipo di fotografia che si
intende realizzare. Solo in questo modo il fotografo potrà avere un controllo sufficiente sugli
4
CORSO DI FOTOGRAFIA
L’argomento “fotografia” è così vasto che occorre consultare più testi per avere nozioni
specifiche relative ad un particolare interesse. Per quanto riguarda la fotografia relativa alle opere
d’arte o all’archeologia, la bibliografia specifica si riduce di molto, ma vi sono comunque degli ottimi
testi da consultare, che spiegano anche in dettaglio le varie metodologie di lavoro e l’utilizzo degli
apparecchi e delle tecniche fotografiche per la documentazione di siti, di scavi, e di reperti.
Consiglio quindi di approfondire le proprie conoscenze e le capacità nel campo della fotografia di
documentazione, consultando i libri elencati nella lista bibliografica allegata.
Se si vuole utilizzare davvero il mezzo fotografico occorre imparare a conoscerlo a fondo e
questo è possibile solo mettendo in pratica le conoscenze teoriche acquisite, con sistematicità e
precisione, con “prove di scatto” ed esperimenti (quando possibile), e soprattutto scrivendo sempre
per ogni fotografia, sul quaderno di campagna, gli appunti con le note tecniche di ripresa (situazione,
illuminazione, tempi, diaframmi, ecc.). Questi dati saranno di fondamentale importanza per capire gli
errori commessi e permettere di correggerli alla prossima occasione, e consentiranno di poter
ripetere determinati tipi di fotografie riuscite bene senza dover rifare tutto daccapo.
Henry Cartier-Bresson
Fotografia archeologica:
♦ Necci, Maurizio, La fotografia archeologica, by La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1a ed., 1992
(consigliato per seguire il programma del corso).
♦ Dorrel, Peter G., Photography in archeology and conservation, Cambridge manuals in
archeology, Cambridge University Press, 1989.
♦ Gabrielli, Fausto, Le tecniche fotografiche in archeologia, Università degli Studi di Pisa, Scuola
di specializzazione per archeologia, Pisa, 1993.
Fotografia digitale:
♦ Ihring, Sybil, Ihring, Emil, Scanner – Acquisizione delle immagini, McGraw-Hill, Milano, 1999,
ISBN 88 386 4058 0.
♦ Ihring, Sybil, Ihring, Emil, Immagini digitali – Trattamento e stampa, McGraw-Hill, Milano,
1999, ISBN 88 386 4057 2.
Fotografia generale:
♦ Adams, Ansel, The Camera, 1980; tr. it. Marinucci Michele, La fotocamera, Zanichelli Ed.,
Bologna, 1989.
♦ Adams, Ansel, The Print, 1983; tr. it. Marinucci Michele, La stampa, Zanichelli Ed., Bologna,
1988.
♦ Adams, Ansel, The Negative, 1981; tr. it. Sapienza Lauretta, Il negativo, Zanichelli Ed., Bologna,
1987.
♦ Schaefer, John P., Basic Techniques of Photography, 1992; ed. it. Soletti F., Fotografia - Un
corso base secondo l’insegnamento di Ansel Adams, Zanichelli Ed., Bologna, 1994.
♦ Kodak Eastman Company, Encyclopedia of pratical photography, Eastman Kodak e Amphoto,
New York, 1979; ed. it. a cura di Peroni Baldo, La fotografia per tutti, Istituto Geografico De
Agostini S.p.A., Novara, 1983.
♦ Langford, M. J., Trattato completo di fotografia, Cesco Ciapanna Ed., Roma, 1980.
♦ Hedgecoe, John, The Photographer’s Handbook, by Ebury Press, National Magazine House,
1977; tr. it. Franco Giorgio, Il manuale del fotografo, Arnoldo Mondadori Ed., Milano, 1a ed.,
1978.
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CORSO DI FOTOGRAFIA
♦ Wiesenthal, Mauricio, Historia de la fotografia, Salvat Editores S.A., Barcellona; tr. it. Vaccaro
Carmine, Storia della fotografia, Istituto Geografico De Agostini S.p.A., Novara, 1983.
♦ Macdonald, Gus, Camera. A Victorian Eyewithness, 1979; tr. it. Pacca Paolo, L’occhio dell’
800, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1a ed. 1981.
♦ Corti L. - Gioffredi Superbi F., Fotografie e fotografie negli archivi e nelle fototeche,
presentazione di Bertelli C., Regione Toscana - Giunta Regionale, Ricerche e documenti per il
Catalogo dei beni culturali, Firenze, 1995.
♦ Weber a., Ernst, Sehen, Gestalten un Fotografieren, Walter de Gruyter & Co., Berlin, 1979; tr.
it. di Baracchini Caputi Augusto, LA FOTO - Come si compongono e come si giudicano le
fotografie, Ciesco Ciapanna Ed., Roma, 1981.
♦ Wagner Günter, Fotografia con l’infrarosso, Cesco Ciapanna Ed., Roma, 1980.
N.B. Nelle note del testo che seguiranno verrà indicata soltanto una abbreviazione delle opere
citate della bibliografia.
Si può affermare che la fotografia, così come la conosciamo ai giorni nostri, è nata quasi per caso.
I primi studi, che portarono successivamente alla nascita della fotografia, erano volti principalmente
alla ricerca di una tecnica che consentisse di riprodurre meccanicamente i disegni che dovevano
essere riprodotti nella stampa tipografica. Questi solitamente venivano incisi a mano da pazienti
incisori su apposite lastre per la stampa, ma tale tecnica essenzialmente manuale necessitava
ovviamente di tempi molto lunghi.
L’interesse di alcuni studiosi agli inizi dell’Ottocento, si indirizzò su alcune sostanze chimiche,
conosciute già dagli alchimisti verso la metà del XVI secolo, che si annerivano con l’esposizione alla
luce, denominate luna o argento còrneo1. I primi esperimenti su queste sostanze incuriosivano molto
e non solo gli studiosi, tanto che nelle serate della buona società, si eseguivano silhouettes di piante e
fiori su fogli di carta impregnati di queste sostanze. Gli oggetti che si volevano riprodurre venivano
appoggiati direttamente sulla la carta che veniva esposta alla luce del sole; la carta anneriva e
rimaneva inalterata sotto agli oggetti riproducendone il contorno. Questi esperimenti venivano
effettuati spesso come divertimento, perché dello strano fenomeno non si riusciva a dare una
spiegazione se non che fosse la luce stessa a disegnare magicamente le figure sui fogli cosparsi di
queste sostanze, e che con altrettanta magica rapidità sparivano mentre le si osservava.
L’apparecchio fotografico stesso deriva da un antico strumento, la “camera obscura”, usata anche
da Leonardo Da Vinci nel XV secolo per lo studio della prospettiva. Lo strumento consisteva in una
piccola stanza portatile a tenuta di luce entro la quale trovava posto il disegnatore, la stanza veniva
posta davanti al paesaggio da riprodurre. Da un piccolo foro, detto foro stenopeico, posto sulla una
parete difronte al paesaggio, entravano i raggi luminosi che ne proiettavano l’immagine su un foglio
di carta disteso internamente alla camera sulla parete opposta al foro. Al disegnatore non rimaneva
che tracciare i tratti dell’immagine proiettata per riprodurre fedelmente la veduta della realtà con una
corretta prospettiva, anche se l’immagine appariva capovolta e con i lati invertiti. La camera obscura
fu in seguito perfezionata con l’aggiunta di una lente di vetro al posto del foro stenopeico in modo
da migliorare la luminosità e la qualità dell’immagine. In seguito vennero prodotte delle piccole
camere obscure portatili in legno, dotate di obbiettivo e uno specchio che raddrizzava i lati
dell’immagine, con le quali il disegnatore poteva porre il foglio direttamente su un vetro posto sopra
1
Cfr. C.Bertelli, G.Bollati, Storia d’Italia, L’immagine fotografica 1845-1945, Annali 2, Tomo secondo, Giulio
Einaudi Ed., Torino, 1979.
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CORSO DI FOTOGRAFIA
la camera2 e tracciare il disegno. Queste venivano usate soprattutto nei ritratti per tracciarne i
contorni il più fedelmente possibile.
Fu Joseph Nicéphore Niepce, iniziati gli esperimenti nel 1814, il primo ad unire le nozioni di
chimica con la camera obscura, ottenendo nel 1816 la prima immagine fotografica.
Dall’unione della sperimentazione chimica sulle sostanze fotosensibili, dello studio della luce e
delle leggi di ottica e dell’abilità artigianale con il progresso tecnologico, nacque la fotografia.
Fasi riassuntive della storia della fotografia3:
1800 - Thomas Wedgwood e Humphry Davy eseguono i primi esperimenti importanti che aprono
la strada verso la storia della fotografia. Wedgwood ottenne le prime figure di oggetti
opachi come conchiglie o foglie, appoggiandole su carta o pelle bianca sensibilizzata con
nitrato d’argento ed esponendola alla luce del sole. Davy realizzò, sullo stesso supporto,
immagini proiettate da un microscopio solare. Essi però non conoscevano ancora un
sistema per rendere permanenti le immagini, infatti queste divenivano sempre più scure
con le successive esposizioni alla luce e potevano essere osservate solo al lume di candela
nel tentativo di ridurne gli effetti di evanescenza. In entrambi i casi si trattava di abbozzi di
figure, non di chiare immagini.
1816 - Joseph Nicéphore Niepce ottiene la prima immagine fotografica con un apparecchio
rudimentale, su un foglio di carta impregnato di cloruro d’argento, ma l’immagine risulta
in negativo con i toni invertiti, e Niepce considera questo risultato fallimentare. Egli
inoltre ha notevoli problemi dovuti alla difficoltà di fissare l’immagine, questa infatti
degenera inesorabilmente con l’esposizione alla luce.
1826 - Niepce, fissa la prima fotografia in modo permanente, su una lastra di stagno spalmata di
bitume, con una esposizione di circa otto ore ed uno sviluppo con olio di lavanda che
dissolve il bitume non esposto all’azione dei raggi luminosi. Ottiene così una immagine
positiva costituita dal grigio chiaro del bitume che definisce le luci dell’immagine e dal
metallo scuro della lastra che definisce le ombre.
1829 - Niepce sostituisce la lastra di stagno con una d’argento spalmata di una sostanza
bituminosa grigia e trova un sistema per ottenere l’immagine interamente su argento,
scurendo le parti d’ombra sull’argento con iodio ed eliminando poi il bitume.
2
Si attribuisce a Gian Battista Della Porta, celebre matematico e fisico napoletano, la costruzione di tali apparati verso
la metà del XVII secolo. Ibidem, p.207, 215.
3
Cfr. Kodak, Encyclopedia…, vol.9, pp.203-211.
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CORSO DI FOTOGRAFIA
nome comunemente usato “lastre al collodio umido”), per essere sviluppate prima che
questo si essicchi divenendo impermeabile, in un tempo medio di 20 minuti.
1851-52 – Sempre F.S.Archer e Peter W.Fry, realizzano il primo ambrotipo (questo però prese il
nome da James Ambrose Cutting che, nel 1854, brevettò tale tecnica per eseguire ritratti),
una variante del procedimento al collodio umido. Ottenuta un immagine negativa su una
lastra di vetro, scura e sottoesposta, veniva fatta sbiancare fino a renderla di un grigio
lattiginoso, ponendo la lastra a contatto su una superficie scura il negativo veniva ad
assumere l’aspetto di un positivo e poteva essere osservato direttamente.
1852 - Viene introdotta la ferrotipia, per ottenere immagini positive dirette su sottili lastre di
metallo smaltate di nero - più raramente di cartone - e rivestite con un’emulsione al
collodio umido, dette ferrotipi, molto simili agli ambrotipi, ma più economiche e rapide.
1861 - James Clerk Maxell pubblica delle comunicazioni sulla teoria della percezione del colore e
sulla separazione della luce in tre colori. Egli dimostra la sintesi additiva dei colori con
l’uso di filtri colorati a mano e della lanterna magica. Non è però possibile ancora alcuna
applicazione nel campo della fotografia a colori poiché i materiali fotografici del tempo
sono sensibili solo nella regione del blu dello spettro luminoso.
1862 - Viene dimostrato il primo procedimento di inversione di un negativo in positivo.
1871 - Richard Leach Maddox inventa il primo procedimento pratico per ottenere lastre asciutte
con un’emulsione alla gelatina contenente alogenuri d’argento in luogo del collodio.
1873 - H.V. Vogel scopre alcune nuove sostanze chimiche per portare la sensibilità delle
emulsioni dalla regione del blu dello spettro a quella del verde, consentendo di ottenere le
prime emulsioni ortocromatiche (non sensibili al rosso).1876 - Comincia in Gran Bretagna
la produzione industriale di lastre asciutte alla gelatina.
1888 - John Carbutt inizia la produzione di pellicole piane su supporto in celluloide.
1889 - Negli Stati Uniti la Eastman Dry Plate and Film Company immette sul mercato la prima
pellicola trasparente di celluloide in rullo.
1898 - Al reverendo Hannibal Goodwin viene concessa una licenza per una pellicola in rullo che
utilizza un’emulsione alla gelatina al bromuro d’argento.
1901 - In Francia viene inventato l’acetato di cellulosa, questo viene impiegato nelle pellicole
fotografiche in sostituzione del supporto in nitrato di cellulosa che era altamente
infiammabile, aumentandone la sicurezza. Per le pellicole cinematografiche si continuerà
ad usare il pericoloso nitrato di cellulosa fino al 1951.
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CORSO DI FOTOGRAFIA
LEZIONE N. 1 - La luce
La luce4
E’ un’energia elettromagnetica radiante alla quale è sensibile l’occhio umano e che consente
all’uomo di vedere5. La luce si considera come un’emissione luminosa, in quanto in fotografia, ha
sempre un origine.
Emissione luminosa (TAV.1)
Si definisce sorgente luminosa o punto luminoso il luogo dal quale ha origine l’emissione luminosa,
dalla sorgente si dipartono i raggi luminosi o raggi di luce. Un infinito numero di raggi luminosi
costituiscono un fascio di luce che si propaga in tutte le direzioni.
Lunghezza d’onda (TAV.2)
La luce è costituita, secondo il modello ondulatorio6, da onde elettromagnetiche che si propagano
nello spazio in modo rettilineo, esse sono caratterizzate in base alla lunghezza d’onda7. La velocità
assoluta di propagazione della luce nel vuoto non dipende dalla lunghezza dell’onda ed è di 299.790
Km/s, essa diminuisce quando la luce attraversa un mezzo diverso in funzione della densità dello
stesso8.
Propagazione luminosa (TAV.3)
Secondo il modello ondulatorio la luce trasporta energia sotto forma di campo elettrico e campo
magnetico, i cui vettori sono perpendicolari tra loro e perpendicolari alla direzione di propagazione.
Per semplicità dato che sono di uguale ampiezza e della stessa frequenza, si considera il
comportamento del solo campo elettrico9.
Lo spettro elettromagnetico (TAV.4)
4
Dal latino: lux , lucis, lucem, da luc- = splendere. Cfr. N.Zingarelli, Il Nuovo Zingarelli, Zanichelli,1985.
5
Ciò che comunemente chiamiamo luce è in realtà una sensazione mediata da una infinità di meccanismi fisici,
fisiologici e psicologici, che producono attraverso il senso della vista delle informazioni sensoriali che vengono
elaborate dal cervello per essere percepite.
6
Fu J.C.Maxell. a interpretare la propagazione ondulatoria della luce nell’ambito della teoria elettromagnetica. Cfr.
A.Caforio, A.Ferilli, Physica, vol.2, Le Monnier, Firenze, 1983, p.137.
7
La lunghezza d’onda è la distanza fra un picco di un’onda e il picco di quella successiva, come nel caso di un’onda
sinusoidale. Cfr. Kodak, Encyclopedia…, vol.9, pp.89-91.
8
Nell’aria la perdita di velocità è trascurabile, negli altri mezzi, vetro, acqua, ecc., determina degli effetti importanti
che devono essere tenuti in considerazione in fotografia.
9
Cfr. A.Caforio, A.Ferilli, Physica, vol.2, Le Monnier, Firenze, 1983, p.149.
10
Lo spettro è una rappresentazione “a finestra” di un segnale in un diagramma. Nel caso dello spettro luminoso esso
è dato dall’insieme delle onde elettromagnetiche emesse da una sorgente, distribuite secondo la loro frequenza
sull’asse delle X e in rapporto alle relative ampiezze sull’asse delle Y.
11
Secondo la teoria di Young Helmholz, i bastoncelli sono estremamente sensibili ma solo all’intensità luminosa,
danno informazioni acromatiche relative alla luminanza (prive del colore); i coni sono meno sensibili, ma essendo di
tre tipi con pigmenti rispettivamente rossi, verdi e blu, danno informazioni relative al colore. Cfr. Kodak,
Encyclopedia…, vol.6, pp.231-232.
12
Per banda si intendono tutti i valori di una grandezza compresi entro un limite minimo ad un limite massimo di una
scala di valori.
13
Sir Isaac Newton fu il primo a scomporre la luce bianca tramite un prisma e studiare lo spettro luminoso, egli
descrisse i colori dal viola, blu, verde, giallo, arancione e rosso. Cfr. Kodak, Encyclopedia…, vol.9, pp.89-91.
14
Il nanometro è un sottomultiplo del metro: 1000000000 nm = 1 m, 1nm = 10-9 m.
14
CORSO DI FOTOGRAFIA
diversa densità rispetto al vuoto. Quando i raggi luminosi colpiscono un corpo opaco15 con
superficie liscia e piana, ad es. uno specchio ottico16, la propagazione della luce avviene per
riflessione speculare (l’angolo di incidenza è uguale all’angolo di riflessione). Se la superficie non è
liscia e presenta delle microscopiche irregolarità (SCABROSITA’), una parte della luce riflessa viene
sia assorbita, sia diffusa in tutte le direzioni. Il rapporto tra il flusso di luce incidente e quello di
luce riflessa (compresa quella diffusa) viene detto riflettanza e viene espresso in valori di
percentuale (%).
Rifrazione e trasmissione (TAV.9-10)
Quando la luce si propaga attraverso un corpo trasparente17 prosegue nel mezzo variando la
propria direzione (l’angolo di rifrazione si discosta da quello di incidenza secondo la densità del
mezzo attraversato, che si esprime mediante un coefficiente) e la propagazione avviene così per
rifrazione. Per i corpi traslucidi18 si possono avere entrambi i tipi di propagazione.
Flusso luminoso e intensità (TAV.11)
In fotometria19 è possibile misurare l’energia del flusso luminoso con le relative grandezze
fotometriche. Si misura l’energia in ordine di potenza emessa o potenza riflessa. L’intensità
luminosa esprime la potenza emessa da una sorgente luminosa, nel sistema ISO SI20, l’unità di
misura per una sorgente puntiforme 21 è la candela22. Dalla sorgente si origina il flusso luminoso la
cui intensità si misura in lumen23 (lm).
Illuminamento e luminanza (TAV.12)
15
Tutti quei corpi, come i metalli, il legno, ecc. che non si lasciano attraversare dalla luce sono detti opachi. Cfr.
A.Caforio, A.Ferilli, Physica, vol.2, Le Monnier, Firenze, 1980, p.63.
16
Gli specchi ottici si differenziano dagli specchi comuni in quanto vengono realizzati per riflettere i raggi luminosi
dal lato dove è depositato lo strato metallico e non attraverso il vetro, per evitare problemi dovuti alla rifrazione.
17
Alcuni corpi, come lastre di vetro, l'aria, l'acqua, si lasciano attraversare dalla luce permettendo di vedere gli oggetti
che si trovano dalla parte opposta dell'osservatore; questi corpi sono chiamati trasparenti. Ibidem.
18
I corpi traslucidi fanno passare la luce, ma non permettono di distinguere gli oggetti: ne sono esempi il vetro
smerigliato, il vetro bianco, la carta, ecc. Ibidem.
19
Il compito della fotometria è quello di definire dei metodi e delle unità di misura per la determinazione quantitativa
della percezione della luce. Cfr. Kodak, Encyclopedia…, vol.6, pp.64-69.
20
ISO, deriva da International Standard Organization, federazione che raggruppa gli organismi nazionali di
metrologia di tutto il mondo che ha approvato un sistema di norme uniformi per la determinazione delle varie unità di
misura con espressioni universali. Cfr. Kodak, Encyclopedia…, vol.5, pp.214. – SI deriva da Sistema Internazionale,
o sistema di misura internazionale adottato dall’Italia come riferimento transitorio.
21
Per luce puntiforme si intende un’emissione luminosa originata da un punto infinitamente piccolo.
22
In fotometria, il campione di intensità luminosa, detto candela (cd), è misurato mediante una cavità sferica riscalata
alla temperatura di fusione del platino, che emette luce attraverso un foro di superficie pari a 1/60 cm2 di una
composizione spettrale ben definita.
23
Un lumen corrisponde a 1/4π del flusso totale emesso da una sorgente puntiforme di intensità pari a una candela,
nella direzioni comprese entro l’angolo solido di un cono che sottende una calotta di un metro quadrato in una sfera di
un metro di raggio, ossia uno steradiante (sr). Si indica con Φ e l’unità di misura è il watt/sr. Cfr. Kodak,
Encyclopedia…, vol.6, pp.64-65.
24
Un lux equivale al flusso di un lumen che incide su una superficie di un metro quadrato, detto anche lumen al metro
quadrato (lm/m2). Un lux è l’illuminamento di una superficie di un metro quadrato posta alla distanza di un metro da
una sorgente puntiforme di intensità pari ad una candela. Cfr. Kodak, Encyclopedia…, vol.6, pp.64-65.
25
La luminanza (cd/m2) è l’unità di misura della luce riflessa: 1 cd/m2 equivale alla luminanza di una superficie di un
metro quadrato totalmente riflettente, illuminata da una sorgente di intensità pari ad una candela, alla distanza di un
metro e osservata da una direzione perpendicolare alla superficie stessa. Cfr. Kodak, Encyclopedia…, vol.6, pp.68-69.
26
Cfr. Kodak, Encyclopedia…, vol.6, p.69.
27
Il watt è l’unità di misura della potenza (1 watt = 1 ampere x 1 volt); il watt-secondo è una misura di energia ed è
uguale alla potenza di un watt che agisce per un secondo (1 watt-secondo = 1 ampere x 1 volt x 1 secondo). Cfr.
Kodak, Encyclopedia…, vol.10, pp.243.
16
CORSO DI FOTOGRAFIA
metri misureremo una luminanza pari a 1/4 cd/m2, quattro volte inferiore. In seguito questa
interdipendenza, utile ai fini della determinazione dell’esposizione, verrà approfondita.
28
Il joule è l’unità di misura più propria dell’energia, la potenza nel tempo (1 joule = 1 ampere x 1 volt x 1 secondo),
si esprime anche in watt/secondo (1 joule = 1 watt/sec). Cfr. Kodak, Encyclopedia…, vol.10, pp.243.
29
Dalle iniziali di questi tre colori in inglese deriva l’acronimo RGB riferito al colore (Reed, Green & Blue).
30
Colore cremisi molto intenso, risultante dalla combinazione dei colori violetto e rosso. Cfr. N.Zingarelli, Il Nuovo
Zingarelli, Zanichelli, 1985.
18
CORSO DI FOTOGRAFIA
verde, il giallo, e la luce verde e blu, il ciano31; l’unione dei tre colori in eguale quantità genera il
bianco.
La sintesi sottrattiva (TAV.18)
La sintesi sottrattiva invece si basa sull’eliminazione del colore dalla luce bianca attraverso filtri di
colore: cano, magenta o giallo32, detti anche colori complementari. I filtri ciano e magenta
lasciano passare solo la luce blu; i filtri magenta e giallo la luce rossa e infine il filtro giallo e quello
cyan, la luce verde; dalla combinazione di due filtri di diversa densità si ottengono le diverse
sfumature di colore, la sovrapposizione di tutti e tre i filtri impedisce di fatto il passaggio della luce
determinando il nero o limitandone il flusso generando tonalità di grigio.
La misurazione del colore
Un metodo per la misurazione del colore di una sorgente luminosa, consiste nella determinazione
della sua temperatura colore. Tale grandezza viene definita in base alla misurazione della
temperatura espressa in gradi kelvin33 (K) di un corpo nero34 riscaldato fino ad emettere radiazioni
luminose (come un ferro arroventato che comincia a diventare rosso, poi arancione, quindi giallo e
bianco). Variando la temperatura del corpo nero varia anche la lunghezza delle onde delle radiazioni
emesse e di conseguenza il colore, quindi per ogni colore emesso viene registrata la temperatura
particolare che diventa caratteristica di quel colore. Il termocolorimetro è lo strumento per mezzo
del quale è possibile avere una misura in gradi kelvin della temperatura colore delle sorgenti
luminose in funzione delle tre componenti fondamentali della luce: blu, verde e rosso.
31
Ciano o cyan, colore azzurro tendente al verde usato per la stampa in tricromia. Cfr. N.Zingarelli, Il Nuovo
Zingarelli, Zanichelli, 1985.
32
Dalle iniziali di questi tre colori in inglese deriva l’acronimo CMYK (Cyan, Magenta, Yellow, K sta per Key color)
usato nel settore delle arti grafiche.
33
La scala Kelvin di misura della temperatura parte dallo zero assoluto, 0 Kcorrispondono a -273,16 °C. Cfr.
A.Caforio, A.Ferilli, Physica, vol.2, Le Monnier, Firenze, 1980.
34
Un corpo nero è considerato un radiatore ideale di calore, nelle ricerche scientifiche si usa una cavità sferica
rivestita internamente di nerofumo dotata di un piccolo foro; le radiazioni incidenti che entrano nel foro vengono
facilmente assorbite dalle pareti interne di nerofumo, in questo modo non viene riflesso quasi alcun raggio. Il corpo
nero riscaldato a temperature superiori a 1000°K emette attraverso il foro radiazioni elettromagnetiche che si
producono all’interno della cavità in quantità rilevabile.
20
CORSO DI FOTOGRAFIA
La variazione di colore della luce diurna è determinata da un diverso bilanciamento delle tre
componenti fondamentali: blu, verde e rosso; in conseguenza a questo anche le superfici assorbono o
riflettono le componenti con un diverso equilibrio nell’arco della giornata variando così il loro
colore. La visione umana non è in grado di percepire queste variazioni, poiché il cervello adatta
continuamente nell’arco della giornata i colori osservati in modo che vengano percepiti come colori
naturali anche se non lo sono.
Composizione della luce bianca (TAV.22)
La composizione della luce bianca formata dalle tre componenti primarie: blu, verde e rosso, in
eguali proporzioni, corrisponde alla temperatura di 5500 K. Essa viene usata come riferimento
standard per la valutazione dei colori, in quanto la percezione del colore varia in funzione della
qualità dell’illuminazione, anche se viene compensata dal cervello entro certi limiti. Un foglio bianco
appare tale ai nostri occhi sia se illuminato dalla luce solare, sia se illuminato da quella di una
candela, ma riusciremo a distinguerlo da un foglio leggermente giallo solo se osservato alla luce del
sole.
Valori delle più comuni sorgenti luminose (TAV.23)
In assenza di luce solare o quando questa non è sufficiente si usa la luce artificiale, che può essere
continua o intermittente. La luce artificiale continua viene ottenuta, nelle comuni lampadine,
surriscaldando per mezzo dell’elettricità un filo di tungsteno ad altissima temperatura. Il filo
incandescente emette così delle onde elettromagnetiche, parte delle quali rientra nello spettro visibile
e costituisce il flusso luminoso. La luce artificiale intermittente è costituita essenzialmente dagli
illuminatori flash o lampeggiatori elettronici.
Diversi dispositivi di illuminazione e scala colorimetrica (TAV.24)
Vi sono vari tipi di luce artificiale e in fotografia si caratterizzano essenzialmente per la temperatura
colore della sorgente.
Distribuzione spettrale lampada tungsteno (TAV.25)
Le comuni lampadine, dette anche al tungsteno, hanno un’emissione intorno ai 2800 K. Le lampade
alogene, più efficienti di quelle normali al tungsteno, hanno una temperatura colore più alta, circa
3200 K e si usano molto anche in fotografia per le foto di interni e di reperti. Vi sono poi le lampade
tipo photoflood o survoltate che arrivano a circa 3400 K, ma queste sono poco usate a causa della
breve durata della lampada che è di poche ore.
Distribuzione spettrale lampada fluorescente (TAV.26-27)
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4. L’illuminazione.
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Il termine fotografia deriva dal greco phõs, photós (luce) e graphía (scrittura), Cfr. Kodak Encyclopedia…, vol.4,
p.156.
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spesso si usano in combinazione tra loro per creare effetti particolari e per mettere in risalto tutte le
caratteristiche importanti di un oggetto.