Académique Documents
Professionnel Documents
Culture Documents
Michael SNOW
Authorization (Autorizzazione), 1969, National Gallery of Canada, Ottawa
5 stampe polaroid bianco e nero e nastro adesivo su specchio in cornice metallica (54,5 x 44,5 cm)
Sfruttando l'immediatezza della pellicola Polaroid, Snow realizza un autoritratto cumulativo. L'artista fotografa il
proprio riflesso nello specchio, fissa sullo specchio l'istantanea ottenuta e la rifotografa. Il procedimento viene
ripetuto altre tre volte fino ad ottenere quattro immagini disposte a quadrato al centro dello specchio. Snow
nasconde così il riflesso di sé, affidando la propria presenza alle immagini fotografiche. Ne viene infine realizzata
una quinta, contenenti le precedenti quattro e collocata nell'angolo superiore sinistro. L'opera esposta consiste
nello specchio e nelle fotografie fissate su di esso con nastro adesivo. Nella galleria, lo spettatore può vedersi
riflesso solo mettendosi di lato, poiché il punto di vista ideale, in asse rispetto all'opera, è occupato dai ritratti
fotografici dell'autore.
Dieter APPELT
Fleck Auf dem Spiegel (Macchia sullo Specchio), 1978
Stampa alla gelatina bromuro d'argento (20,5 x 25,5 cm)
Le fotografie di Appelt documentano le sue performance, ispirate all' “azionismo viennese”. Per l'artista tedesco
la fotografia è parte integrante di un processo rituale che esamina la superficie dell'immagine e insieme del corpo,
alla ricerca di un livello di significato più profondo.
« Quando Appelt alita sullo specchio, la leggerezza della trasformazione ottica viene comunicata come effetto di
cui non vediamo la causa... E' impossibile non tornare con la memoria all'antica pratica di porre uno specchio
davanti alle labbra della persona ritenuta morta. Ciò che condensa -che produce vapore, possiede una sorta di
energia pneumatica, evanescente nel suo sprigionarsi- è il segno della vita che vi è nascosta.»
- Marx Kozloff,
“The Etherealized Figure and the Dream of Wisdom”, in Adam D. Weinberg (a cura di), Vanishin Presence, 1989
John STEZAKER
The Voyeur (Il Voyeur), 1979
Collage (55, 5 x 78 cm)
Rispetto alla medesima scena, tre diversi punti di fuoco suggeriscono tre diverse interpretazioni narrative: l'ottica
è sufficiente a trasformare la lettura dell'immagine. Qui Hilliard coniuga le convenzioni del fotogramma
cinematografico impiegato a scopo promozionale con quello di un mezzo popolare come il fotoromanzo. L'opera,
inoltre, condivide diversi aspetti con il cinema strutturalista dei tardi anni '60 e degli anni '70, un cinema che
aspirava a porre in primo piano la macchina da presa come strumento solo apparentemente neutro, così da
approfondire il processo mediante il quale l'osservatore arriva a percepire l'immagine come il prodotto di un
apparato tecnico.
Victor BURGIN
Panopticism, da Zoo, 1978
Fotografie in bianco e nero, testo
(Dittico, ciascun pannello 102 x
152 cm)
Cindy SHERMAN
Untitled Film Still No. 74 (Fotogramma cinematografico senza titolo), 1980
Stampa tipo C (61 x 91,5 cm)
Quella riprodotta appartiene ad una serie di immagini realizzate servendosi di un retroproiettore, tecnica pre-
digitale che spesso consente di evitare costose riprese in esterni. A volte, registi come Hitchcock la impiegavano
per trasmettere una sensazione di estraniamento dalla realtà ed enfatizzare lo stato mentale dei protagonisti.
Sebbene questi ritratti di ispirazione cinematografica rielaborino generiche tipologie femminili del cinema e non
specifici personaggi, l'immagine in esame ricorda la Sarah Sherman interpretata da Julie Andrews in “Torn
Curtain” (Il Sipario Strappato, 1966) di Alfred Hitchcock.
Mitra TABRIZIAN e Andy GOLDING Jeff WALL
Lost Frontier (Frontiera Perduta), da The Blues, 1986-87 Picture for Women (Immagine per Donne), 1979,
Fotografia a colori, testo (Un pannello appartenente ad una Centre Georges Pompidou, Parigi
serie di tre trittici, 130 x 180 cm) Lightbox con pellicola (163 x 229 cm)
I tre trittici di “The Blues” affrontano i temi della razza, L'immagine evoca “Le Bar aux Folies Bergère” (Il
del genere e dell'identità. bar delle Folies Bergère, 1881-82) di Manet, dipinto
« Il titolo viene impiegato come metafora della voce dei in cui una donna sta in piedi dietro un bancone,
neri, una voce di resistenza. L'opera ricorre ai codici del rivolta verso di “noi”, gli spettatori. La scena è
manifesto cinematografico come forma popolare, per descritta dal punto di vista di un uomo che vediamo
costruire in ciascuna di queste “storie taciute” un riflesso in uno specchio obliquo alle spalle della
momento critico nella dialettica tra bianchi e neri. Ciò che donna. La macchina fotografica non consente questo
il nero si trova di fronte è la condizione stessa dell'essere tipo di costruzione dell'immagine, eppure Wall
bianco. Ma il blu è, anche, il colore del poliziesco. A colloca il suo occhio automatico al centro della
prescindere dalla situazione in cui si trova -imprigionato, composizione, costringendo l'osservatore ad
sottopagato, bollato come “invasore”- il nero mette in un'impossibile identificazione con un apparato reso
discussione l'identità del bianco. » incorporeo. Diversi dispositivi suggeriscono che si
- Mitra Tabrizian, tratti della fotografia di uno specchio: l'artista, sulla
“Correct Distance”, 1990 destra, aziona lo scatto flessibile della macchina
fotografica, che la donna sembra quasi guardare
attraverso uno specchio: di fronte ai soggetti si
scorge una bassa superficie di legno, dietro, invece,
aste metalliche che di nuovo fanno pensare a
pannelli di specchi. Wall cita i fotografi del passato
che si autoritraevano allo specchio, evocazione
modernista del piano pittorico. In “Picture for
Women”, tuttavia, nulla garantisce la presenza di
uno specchio: l'immagine potrebbe anche essere
stata scattata in maniera “diretta” da una seconda
macchina fotografica, ciò che vediamo potrebbe
addirittura essere stato ottenuto rovesciando il
negativo/pellicola per creare una falsa immagine
riflessa. Quali che siano le nostre ipotesi, l'enigma
di questa immagine stimola una meditazione sia sui
rapporti maschio/femmina, sia sull'ottica della
fotografia.
Barbara KRUGER
Your Gaze Hits the Side of My Face, 1981
(Il tuo sguardo colpisce il profilo del mio volto)
Fotomontaggio stampato come fotografia in
bianco e nero (140 x 104 cm)
Katharina SIEVERDING
Nachtmensch, 1982 (Gente di notte)
Fotografie a colori (due pannelli appartenenti
ad una serie, 86 x 61 cm ciascuno)
Nel 1980 Ruff inizia a realizzare una serie di ritratti di amici e conoscenti. Da principio si tratta di piccole stampe
24 x 18 cm, con un banale sfondo dal colore uniforme, scelto di volta in volta in base al soggetto. I ritratti, sempre
a mezzo busto, sono generalmente frontali, con l'eccezione di qualche profilo. Nel 1986 l'artista decide di
stamparli nel più grande formato di carta fotografica disponibile, impiegando unicamente uno sfondo neutro
biancastro e una posa standard frontale con lo sguardo del soggetto diretto in macchina. Le immagini ricordano
le fototessere ma qui ad emergere è più l'anonimia che l'identità. Data l'estrema standardizzazione del lavoro,
qualsiasi preferenza per l'una o l'altra immagine può essere dovuta soltanto al volto raffigurato, non certo alla
fotografia. I ritratti qui riprodotti sono stati realizzati tra il 1986 e il 1990 ma la serie è tuttora “in progress”.
Della GRACE
Three Graces (Tre Grazie), 1992
Stampa alla gelatina bromuro d'argento (152,5 x 122 cm)
“The Ballad of Sexual Dependency” nasce da una serie di slide-show (in continua evoluzione) accompagnate da
una colonna sonora di musica pop, attraverso cui Nan Goldin annota una sorta di diario visivo della propria vita
e di quella dei propri amici e amanti. L'opera è stata presentata per la prima volta in un locale di New York nel
1979 e da allora ha toccato i musei e le gallerie di tutto il mondo. Nel 1986 una selezione di immagini tratte dalla
serie è stata pubblicata in un fortunatissimo volume. “Ballad” è un repertorio di sguardi incerti, titubanti, sia tra i
protagonisti sia tra la macchina fotografica e i soggetti, compreso l'artista stessa. Qui gli occhi non si limitano a
vedere ma sono a loro volta complessi segni visivi che traducono la natura dei rapporti umani nella società
contemporanea.
Questa fotografia “costruita” cita il quadro allegorico di Velásquez “Las Meninas” (1656-57) raffigurante la
famiglia del Re di Spagna Filippo IV. Witkin mantiene la complessa composizione spaziale di Velásquez ma
sostituisce ciascun elemento con una versione provocatoria dell'originale. L'artista stesso, che cita anche
l'omaggio di Picasso alla medesima tela, compare al posto del pittore spagnolo, con gli occhi cancellati. Se
l'originale riaffermava la relazione privilegiata tra l'artista e i mecenati di corte, le ambizioni di Witkin non
possono che affidarsi unicamente all'impatto delle immagini.
Hiroshi SUGIMOTO
Union City Drive-In, 1993, Union City
Stampa alla gelatina bromuro d'argento (51 x 61 cm)
Uta BARTH
Ground No. 30 (Terreno n. 30), 1994
Fotografia a colori su pannello (56 x 46 x 5 cm)
Elinor CARUCCI
My Mother and I (Mia madre ed Io), 2000
Stampa tipo C (76 x 101,5 cm)
“Closer” (Più Vicino), da cui questa immagine è tratta, si compone di una serie di immagini private della
famiglia di Elinor Carucci. Ambientata in massima parte fra le mura domestiche, l'opera documenta la vita
quotidiana e incontri fugaci, esplorando i rapporti che si instaurano tra le persone e tra i loro corpi e l'ambiente
circostante. Questi due tipi di intimità sono intessuti da una narrazione cinematografica, disseminata di primi
piani, mentre gli scatti condividono una ben precisa tavolozza di colori, in cui dominano i toni del rosa,
dell'acquamarina, del rosso e del blu scuro. L'approccio di Carucci ai propri soggetti diventa più evidente nel
formato del libro, in cui la lenta accumulazione di particolari e motivi ricostruisce con vivacità l'immagine di un
mondo privato.
Hannah STARKEY
Untitled - May 1997 (Senza Titolo – Maggio 1997), 1997
Stampa tipo C (122 x 152 cm)
Quello di Hannah Starkey è un approccio al quotidiano misurato e poetico. Collocando la macchina fotografica al
confine dello spazio personale del soggetto, l'artista descrive momenti di sogno o di profonda concentrazione,
stati in cui lo sguardo si fa curioso ed aperto. Questo carattere della sua opera è tanto più evidente nelle immagini
di giovani donne, le cui azioni sembrano al tempo stesso consapevoli e istintive, ambivalenza che riecheggia
anche nel naturalismo “costruito” che contraddistingue la fotografia dell'artista.
Wendy MCMURDO
Helen, Backstage, The Glance, 1996
Stampa a colori da negativo (140 x 140 cm)
Gran parte dell'opera di Jemima Stehli affronta il nudo femminile come forma contemporanea di autoritratto. In
questa galleria fotografica l'artista si interpone tra la macchina fotografica e lo sguardo di diversi artisti e critici
di sesso maschile. Il controllo della situazione, e per estensione del soggetto stesso dell'immagine, è diviso tra
Stehli -che “innesca” la scena- e i suoi modelli, che decidono quando fermare l'immagine usando uno scatto
flessibile.
* (da sinistra a destra, dall'alto in basso: Strip No. 1 -Writer- 1999; Strip No. 3 -Critic- 1999; Strip No. 7 -Writer-
2000; Strip No. 5 -Dealer- 2000; Strip No. 6 -Critic- 2000; Strip No. 4 -Curator- 2000)
Larry SULTAN
Film Set (Set Cinematografico), 1999
Stampa cromogenica (Prima di una serie di stampe,
76 x 101,5 cm ciascuna)