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GIUFFRÈ
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23.1 - Presentazione
Si parla di P.A. in senso soggettivo per alludere all'insieme degli organi che svolgono
istituzionalmente (cioè come loro funzione) attività amministrativa: si pensi al Governo.
Si parla invece di P.A. in senso oggettivo per alludere all'insieme degli atti
amministrativi (per questo concetto v. cap. 35), considerati a prescindere dall'organo
che li emana, vale a dire indipendentemente dal fatto che vengano posti in essere da
organi amministrativi, legislativi o giurisdizionali.
Questa distinzione trova il suo fondamento nella più volte citata circostanza in virtù
della quale la tripartizione delle funzioni non viene attuata in modo rigoroso, per cui è
possibile avere, per esempio, atti amministrativi posti in essere da organi legislativi o
giurisdizionali: si pensi all'approvazione del bilancio dello Stato da parte del Parlamento,
atto promanante da un organo legislativo ma avente contenuto contabile-
amministrativo; o (altro esempio) al provvedimento col quale il giudice tutelare nomina
un curatore, atto compiuto da un organo giurisdizionale ma dal contenuto
sostanzialmente amministrativo.
Sulla distinzione suddetta se ne innestano altre due: quella fra amministrazione diretta
e indiretta e quella fra amministrazione centrale e periferica.
Si parla, poi, di amministrazione diretta centrale con riferimento a quegli organi (organi
centrali), dell'amministrazione diretta, la cui competenza abbraccia l'intero territorio
nazionale (si pensi a un Ministro), mentre si parla di amministrazione diretta periferica
per alludere a quegli organi (organi periferici o locali), dell'amministrazione diretta, la
cui competenza è limitata a una parte del territorio nazionale: si pensi a un Prefetto.
Gli enti autarchici non territoriali, a loro volta, possono essere nazionali e locali.
Gli enti autarchici non territoriali, a differenza di quelli territoriali, hanno nel territorio
un semplice punto di riferimento, nel senso che esso viene preso in considerazione ai
soli fini della competenza dell'ente; non è detto, quindi, che tutti quelli che vivono
stabilmente in quel territorio abbiano necessariamente rapporti con l'ente: così, solo
una piccola parte di coloro che vivono stabilmente nel territorio della Provincia di Roma
ha rapporti con la competente direzione provinciale dell'INPS o dell'INAIL, e cioè
soltanto quelli che hanno diritto all'assistenza da parte del relativo ente.
Un'altra differenza fra enti autarchici territoriali e non territoriali è che i primi, a
differenza dei secondi, curano interessi pubblici nei campi più disparati e non in singole
materie: un Comune, per esempio, ha una competenza che va dalla pubblica istruzione
alla circolazione stradale, dalle opere pubbliche all'economia, ai documenti personali,
mentre la competenza dell'INPS è limitata all'assistenza e alla previdenza.
Nell'ambito degli enti autarchici non territoriali si dicono nazionali quelli che estendono
la loro competenza all'intero territorio nazionale, mentre si dicono locali quelli la cui
competenza abbraccia una parte più o meno ampia, ma limitata, di territorio: si pensi,
rispettivamente, all'ENEL (presente in tutte le Regioni) e a una Camera di Commercio
(la cui competenza è limitata al territorio di una Provincia). Quasi tutti gli enti autarchici
non territoriali nazionali vengono indicati come enti parastatali (il termine deriva da
Stato e dal prefisso parà, che significa che sta a fianco, che appoggia), ossia enti che
affiancano con la loro azione quella dello Stato.
S'è appena detto che per P.A. s'intende generalmente l'insieme degli organi
amministrativi, ossia l'insieme degli organi preposti istituzionalmente all'espletamento
della funzione amministrativa.
Gli organi attivi sono quelli cui è demandata la funzione di agire in vista del
raggiungimento dei molteplici fini che caratterizzano l'azione amministrativa dello Stato:
si pensi a un Ministro, a un Prefetto, a un Sindaco.
Gli organi consultivi sono quelli cui è demandato il compito di agevolare l'azione degli
organi attivi attraverso la formulazione dei pareri, intendendosi per parere l'atto col
quale un organo (generalmente collegiale, ossia formato da più persone, per conferire
al parere maggiore ponderatezza) manifesta il proprio punto di vista su una
determinata questione. I pareri possono essere facoltativi, obbligatori e vincolanti.
Si dice facoltativo il parere che l'organo attivo è libero di chiedere o meno, e, una volta
che lo abbia chiesto, di seguirlo.
Si dice obbligatorio il parere che l'organo attivo è tenuto a chiedere ma non a seguire.
Si dice, infine, vincolante il parere che l'organo attivo è tenuto sia a chiedere che a
seguire.
Un'altra distinzione è quella che vede da un lato i pareri di legittimità e dall'altro i pareri
di merito.
Si dice invece di merito se l'organo che emette il parere, oltre a verificare la suddetta
rispondenza, accerta se l'atto è opportuno, vale a dire se è conforme ai criteri della
buona amministrazione e, in ultima analisi, all'interesse pubblico.
Quanto, infine, agli organi di controllo, essi sono quelli cui è demandata la funzione di
controllare l'operato degli organi attivi. E' possibile distinguere i seguenti tipi di
controllo:
- preventivi e successivi, a seconda che intervengano prima o dopo che l'atto sul quale
cadono venga posto in essere;
Per altre distinzioni, pure interessanti gli organi amministrativi (individuali e collegiali,
interni ed esterni), si rinvia a quanto detto in 10.3 e 16.2, mentre delle connotazioni
che può assumere la loro attività (discrezionale e vincolata) tratteremo in 23.5.
Abbiamo visto in 16.3 quali sono i sistemi attraverso i quali può essere condotta la
scelta degli organi, o meglio delle persone destinate a ricoprire la funzioni spettanti a un
certo organo: elezione, nomina, sorteggio, cooptazione. Nel prossimo capitolo
tratteremo in dettaglio di quel particolare rapporto che lega la P. A. a coloro che
operano nel suo ambito, mentre in questa sede ci occuperemo della diversa posizione
nella quale una persona può venirsi a trovare in rapporto allo svolgimento di un'attività
amministrativa.
Queste posizioni sono riconducibili alle quattro seguenti: pubblico ufficiale, incaricato di
pubblico servizio, pubblico impiegato e funzionario onorario.
La qualifica di pubblico ufficiale assume rilievo soprattutto nel diritto penale, dal
momento che alcuni reati (denominati reati propri), commessi da o contro questi
soggetti, vengono puniti più gravemente o assumono addirittura un'altra fisionomia
giuridica (quello che viene tecnicamente indicato come nomen juris): così, quella che,
se commessa da un comune cittadino, è un'appropriazione indebita, commessa da un
pubblico ufficiale diventa peculato (1). L'art. 357 c. p. precisa che, agli effetti della
legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione
legislativa, giudiziaria o amministrativa; agli stessi effetti -prosegue la norma- è
pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti
autoritativi e caratterizzati dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della P.
A. o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi.
Anche per l'incaricato di pubblico servizio vale il discorso fatto a proposito del pubblico
ufficiale circa l'importanza di questa qualifica ai fini penali. L'art. 358 c.p. precisa che,
agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a
qualunque titolo, prestano un pubblico servizio, intendendosi per pubblico servizio -
prosegue la norma- un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione,
ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima, e con esclusione dello
svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente
materiale.
Sulla distinzione che precede s'innesta quella fra pubblici impiegati e funzionari onorari.
Pubblici impiegati sono coloro che operano stabilmente nell'ambito della P. A., legati a
questa da un rapporto di pubblico impiego (v. cap. 24) e percependo una retribuzione
per l'attività svolta.
Sono invece funzionari onorari coloro che operano nell'ambito della P. A. saltuariamente
o comunque a tempo parziale, senza ricevere, per l'attività svolta, alcun compenso: si
pensi ai componenti degli organi collegiali che operano nella scuola; in molti casi è
comunque prevista un'indennità a titolo di rimborso spese.
Fra i reati che possono avere a protagonista il pubblico ufficiale rientra la concussione
(art. 317 c.p.); la realizza il pubblico ufficiale (ma il reato può essere commesso anche
da un incaricato di pubblico servizio) che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri,
costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo,
denaro o altra utilità: è il caso del vigile che costringe il conducente a consegnarli parte
del carico in cambio del mancato accertamento di un'infrazione. Si punisce con la
reclusione da quattro a dodici anni, cui si accompagna la pena accessoria
dell'interdizione dai pubblici uffici, temporanea o perpetua a seconda che la reclusione
inflitta sia o meno inferiore a tre anni. Se poi il reato è stato commesso a causa o in
occasione dell'esercizio di un'attività imprenditoriale, la condanna comporta l'incapacità
di contrattare con la P. A. La concussione non va confusa con la corruzione, perchè a
prendere l'iniziativa è il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, e non, come
nella corruzione, il terzo.
Nota 1: Si ha appropriazione indebita (art. 646 c.p.) quando taluno, per procurare a sé
o ad altri un ingiusto profitto, si appropria del denaro o di altra cosa mobile altrui, di cui
abbia a qualsiasi titolo il possesso: si pensi al restauratore che fa suo il mobile
consegnatogli dal cliente per la riparazione. Si punisce con la reclusione fino a tre anni e
con la multa fino a 1.032 euro. Questo reato va tenuto distinto dal furto: infatti, mentre
nel furto la cosa che ne costituisce l'oggetto si trova nella sfera d'azione del derubato,
nell'appropriazione indebita si trova nella sfera d'azione di chi commette il reato. Si
configura il reato di peculato (art. 314 c.p.) quando il pubblico ufficiale o l'incaricato di
pubblico servizio, avendo per ragioni del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la
disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria: è il caso del
dirigente che trafuga un computer dall'ufficio. Si punisce con la reclusione da tre a dieci
anni (si applica la reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo
scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, sia stata
immediatamente restituita). La condanna comporta l'interdizione dai pubblici uffici,
temporanea o perpetua a seconda che la reclusione inflitta sia o meno inferiore a tre
anni. Analoga a questa figura criminosa è il peculato mediante profitto dell'errore altrui
(art. 316 c.p.); lo commette il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che,
nell'esercizio delle funzioni o del servizio, giovandosi dell'errore altrui, riceve o ritiene
indebitamente, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità (reclusione da sei mesi a tre
anni).
Alla base della P. A. stanno tre principi fondamentali: quello del decentramento
amministrativo, quello della competenza e quello della gerarchia.
Nell'ambito, poi, dell'attività amministrativa svolta dagli organi dello Stato, questa viene
espletata -sappiamo- sia da organi la cui competenza abbraccia l'intero territorio
nazionale (organi centrali) che da organi la cui competenza è limitata a una parte di
esso (organi periferici). A seconda che il decentramento (il termine significa allontanare
dal centro) venga realizzato attraverso organi periferici dello Stato o tramite organi di
enti diversi dallo Stato si parla, rispettivamente, di decentramento gerarchico e di
decentramento autarchico.
Per quanto attiene alla competenza, s'intende per essa la sfera di attribuzioni spettante
a un organo (nel nostro caso amministrativo): così, competente a rilasciare la patente
di guida è il Prefetto, competente a rilasciare il porto d'armi è il Questore.
Passando, infine, alla gerarchia, s'intende per essa l'insieme dei rapporti che
intercorrono fra organi appartenenti a uno stesso settore della P. A.: si pensi a un
ministero e ai rapporti intercorrenti fra il Ministro e, a scendere, i direttori generali, i
direttori di divisione, quelli di sezione, fino all'ultimo dipendente.
In virtù della gerarchia, l'organo gerarchicamente superiore ha, nei confronti di quelli a
lui subordinati, diversi poteri, fra cui:
Lo strumento usato con maggiore frequenza dagli organi superiori per comunicare con
quelli inferiori è la circolare (retro, 20.6).
Gli organi della P. A., essendo il nostro uno Stato di diritto, sono tenuti, nell'esercizio
delle loro funzioni, ad osservare la legge al pari dei cittadini.
Mentre, però, in alcuni casi la legge si limita a tracciare, all'azione degli organi
amministrativi, delle direttive di massima nel cui ambito essi possono muoversi come
meglio ritengono (per es. intervenire o meno su una certa questione e, in caso
affermativo, scegliere le relative modalità), in altri casi la legge disciplina
minuziosamente e rigorosamente la condotta dell'organo amministrativo, per cui questo
non può discostarsi dai criteri fissati dalla norma. Nel primo caso, cioè quando l'organo
è libero di agire con una certa discrezionalità, si parla, appunto, di attività discrezionale,
mentre nel secondo caso si parla di attività vincolata, ossia tale da dover essere
necessariamente espletata seguendo le modalità stabilite dalla legge. Attività
discrezionale, ovviamente, non significa che l'organo possa comportarsi in modo
arbitrario, dovendo la sua azione svolgersi sempre nell'ambito della legge; un esempio
di attività discrezionale è l'individuazione della zona nella quale costruire un'opera
pubblica, con la P.A. che può, entro certi limiti, scegliere la migliore soluzione a
riguardo, mentre un esempio di attività vincolata è il conferimento del relativo appalto,
che deve avvenire nel rispetto delle previste formalità.