Vous êtes sur la page 1sur 9
GLI ANTEFATTI DEL LATINO VENUS E I PROBLEMI DELLE OMOFONIE INDEUROPEE x. Due recenti scritti di Michel Lejeune (x), portano ancora una volta alla ribalta con le loro stringenti argomentazioni, il pro- blema delle omofonie nella normale ricostruzione di forme simboliche indeuropee. Si trovano di fronte, a proposito di queste, studiosi generalizzanti che le riducono al minimo (pronti a pagare per questo il peso gravoso di significati primitivi privi di qualsiasi concretezza) e studiosi, che, per amore di questa concretezza, sono pronti ad am- mettere omofonie senza fine, e, nel nostro caso, dei WEN}, WEN?, WEN®, € cosi via. Quando il Lejeune considera la prova statistica che limita le radici teoriche a non piti di poche centinaia, per mancanza di suffi- cienti combinazioni legittime, e quando inversamente ritiene che basi solide abbiano non gia i simboli di radici ma solo te mi effet- tivi, cost nominali come verbali, egli ha evidentemente buon gioco. Vado pit in 1a, e gli concedo volontieri che radici indeuropee,al di fuori dei cosiddetti temi radicali, e in quanto unita lessicali, non sono mai esistite. Ma la omofonia é un fosterius, non un prius. Risalendo all’antichita indeuropea, non risaliamo a un mondo infantile di poche unitd fonetiche balbettate, e variamente metaforizzate, fornite di scarsa capacita distintiva. Risaliamo a un mondo carico di esperienze pit o meno antiche, che ha conosciuto processi di arricchimento come di impoverimente lessicale, e un moltiplicarsi cosi di sinonimi (dovuti a ragioni espressive) come di omofoni (dovuti a ragioni morfonolo- giche). Come linea direttiva, dobbiamo avere il culto si della con- cretezza delle ricostruzioni, ma, fra l’alterno prevalere dei sinonimi o degli omofoni, non dobbiamo pregiudizialmente parteggiare. 2. Nel tentativo di ricostruire gli antefatti di Venus come di qualsiasi parola latina o di altra lingua indeuropea, occorre poi libe- tarsi da un altro relitto del geometrismo schleicheriano e neogram- (x) «Collection Latomus », 70 (1964), pp. 383-400; «Revue des Etudes an- ciennes », 65 (1963) come recensione. Gli antefatti di « Venus » 445 matico, per i] quale al livello latino si sale a quello indeuropeo attra- verso un salto 0 scatto momentanco, adimensionale, privo di quegli elementi concreti, complessi, distribuiti nel tempo, che sono invece propri di qualsiasi esperienza storica. Il flusso della storia & un con- tinuo che, 14 dove il dato linguistico non consente, secondo gli schemi tradizionali, altre precisazioni, viene illuminato dalla lingui- stica areale, dall’archeologia, diciamo anche dalla sociologia, e cioé dalla consapevolezza che la societa nel suo lingo divenire, mutava di valori, di compattezza, di strutture, di orientamenti. Quando colleghiamo il latino Vents con una forma ricostruita WENOs (v. sotto), non facciamo quel salto istantaneo e indifierente che a prima vista pud parere. Proprio perché l’equilibrio sostanziale della parola & rimasto per due millenni intatto, noi, attraverso una circostanza negativa, arriviamo a una conclusione positiva importante: questa conservazione fedelissima deve essere collegata con un fatto rituale, che I’ha ancorata, nella forma cosi come nel significato, a una nozione ben precisa, diciamo il desiderio amoroso Da questa base di partenza é derivata in ciascuna area, indipen- dentemente, una corona di parole satelliti: in latmo, in prima linea, venerari e venenum (v. sotto). Che i linguisti non amino queste integrazioni estralinguistiche, & noto : esse impongono fatica e responsabilita, senza dare l’appoggio di una nuova ortodossia. La fortuna della terminologia strutturali- stica si spiega invece per le ragioni opposte : essa appaga il desiderio di tranquillit, garantisce i vantaggi riposanti di una nuova ortodos- sia, sigla la generale abdicazionc a una autonomia, che pud diventare sofferenza. Ma non per questo devono tutti rinunciare a questi sforzi e a questi cimenti. Dd ragione al Lejeune che, nei tentativi di eli- minare le omofonie, vede ora « problemi mal posti» e ora « problemi insolubili»: perd con l’avvertenza che la sua formulazione non con- tiene un dilemma. Lasceremo un primo margine alle omofonie di provenienza estra-indeuropea quali si possono avere nell’etr. venelus CIE 5021 Orvieto, nella dea latina Venilia (2). Fard un ulteriore passo in compagnia del Lejeune, scartando dalla grande massa di WEN, di cui qui si discorre, tutto quello che in un medo o nell’altro pud richiamare il sanscrito vanam ‘foresta’; rispetto al quale ritengo necessario riconoscere (fino a prova contraria) la tesi della casuale omofonia. E preferibile presentare una storia mutilata o parziale (2) V. Rape, «Realenz. Pauly-Wissowa », VII A.I, 787 sg. 446 Giacomo Devoto di Venus, piuttosto che spingere la ricostruzione con J. Trier (3) fino alla nozione di « divinita delle piante foraggere » e poi «dei giar- dini», sulla base di passaggi che non sono impossibili, ma non per questo possono essere presi come indizi per una ricostruzione, secondo il procedimento di un troppo fantastico giudice istruttore che «ac- cusi», con troppa facilita. Questa stessa ragione spiega perché, pure apprezzando moltis- simo l’opera di R. Schilling (4), dissento dalla sua impostazione eti- mologica, che non puo reggere sulla base di considerazioni antiquarie limitate all’interno del latino. 3. La delimitazione del tema sopravvivente nel latino Venus é netta. Al di 1a della personificazione, che rappresenta uno svolgi- mento esclusivo cel latino, il tema in sibilante compare identico in uno hapax vedicoe precisamente nel passo RV I, 172, 1 @ yahi vanasad Saha... ‘vieni ascompagnata dalla forza vanas’. Si tratta di una forza, che riappere nei composti girvanas € yajiavanas collegati anch’essi a una ‘orza (necessariamente benefica), insita rispettiva- mente nei «canti» e nei «sacrifici », Questa forza non meglio preci- sata nelle testimonianze indiane, non va intesa nel senso finale, or- mai recettivo, propugnato dal Vendryes (5) di ‘ gradire’, ma deve, in base a quella latina, essere in grado di precisarsi in quella attiva, aggressiva del desiderio amoroso, irresistibile, inseparabile dal suo realizzarsi gradito ; una forza amorosa, non turbata dal tumulto di affetti, bensi associata agli aspetti rituali, insiti nel verbo deno- minativo latino venerari e, inoltre ¢ sempre in latino, a quelli tecnici, propri del filtro amoroso 0 WENES-NO-, assestaio nella lingua classica in venenum. Ripetero col Lejeune (p. 387 del lavoro cit.) che, contenuto in questi limiti delle ricostruzione di una parola, senza nemmeno arrivare a postulere una radice WEN, la dimostrazione é « rigo- rosa e probante ». Accanto al problema linguistico, dobbiamo tenere perd presente quello culturale: in relazione al quale, il confronto ristretto alle aree ‘ndiana e latina ci porta nel cuore della casta sacer- dotale. In base al confronto dei significati fra l'India e I’Italia, questa (3) Trrer, Venus, Etymologien um das Futterlaub, Colonia 1963, che spinge all’estremo le astrazioni, di cui aveva dato esempio uno dei fondatori dellindirizzo «Worter und Sachen» R. MeRINGER, in «Indogerm. Forschun- gen», XVI, 1904, p. 179 9gg. attraverso Ia equazione wr» — ‘ararc’. (4) SCHILLING, La religion romaine de Venus, Strasburgo 1954. (5) «Word », 5 (1949), p. 103 sg.

Vous aimerez peut-être aussi