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IDENTITÀ DI GENERE
Circa la metà dei film realizzati nel primo quindicennio del cinema sonoro sotto
il fascismo sono commedie. Quando parliamo di cinema italiano degli anni 30
ci riferiamo all’arco temporale dal 1930 al 1943: dalla realizzazione dei primi
film sonori alla caduta del fascismo.
In questo periodo la produzione è molto variegata:
- secondo Battaglia la commedia è una vicenda che tratta della vita comune
attraverso casi divertenti, per risolversi in un lieto fine
- Maurizio Grande: il tema di fondo della commedia è l’incorporazione tra
personaggi, comportamenti, stili di vita, valori che tendono a una società
nuova con una capacità di mettere in scena un mondo di movimento
-> quasi tutte le commedie degli anni 30 raccontano storie articolate e ricche di
equivoci che alla fine sfociano nella creazione di una nuova coppia felice di
innamorarti destinati ad unirsi in matrimonio.
4. Città vs campagna: uno dei motivi ricorrenti del cinema degli anni 30 è il
confronto tra l’esperienza maturata dai personaggi di numerose commedie in
città e il richiamo esercitato dai valori della vita campestre. Il confronto
talvolta è la chiave del conflitto: il rapporto tra modernità e tradizione, alla
ricerca di una mediazione necessaria ma difficile tra elementi collocabili agli
opposti antipodi.
- “Giallo” rappresenta un confronto tra due modelli inconciliabili in cui una
donna, Henriette, tornata da un soggiorno in un hotel di lusso e corteggiata
da uomini ricchi, si lamenta del marito e della sua condizione -> rapporto
conflittuale tra la macchina (modernità) e l’animale (strumento di lavoro)
- La campagna comporta una svolta fondamentale: nell’esistenza lussuosa
condotta dal libertino protagonista di “Ma non è una cosa
seria!” (Camerini), abituato a muoversi in ambienti sfarzosi con falsi valori
pronto però a trasformare il proprio matrimonio con una servetta in un
legame basato su amore autentico
- le immagini della seducente vita cittadina possono mettere a repentaglio
l’equilibrio e la felicità di personaggi abituati a vivere in campagna o in
cittadine di provincia (“L’argine”, “Inventiamo l’amore”) quest’ultimo è un
itinerario di formazione, necessario per maturare la consapevolezza che
spinge i protagonisti a tornare in provincia dopo aver sfiorato al frattura
definitiva in città
COSMOPOLITISMO E AUTARCHIA
Dopo la nascita dell’Impero e la decisione di schierarsi a fianco dell’esercito
franchista nella guerra civile spagnola, e dopo l’accordo stretto con la Germania
(Asse Roma-Berlino), i vertici del governo fascista intervengono direttamente
sulla vita culturale in modo sempre più condizionante con una brusca
accelerazione totalitaria: l’istituzione del Ministero della Cultura Popolare nel
1937 ne è un esempio tangibile. La svolta autarchica investe anche il cinema,
chiamato a raggiungere quota cento film prodotti all’anno grazie alla
fondazione dei più moderni studi cinematografici europei, inaugurati
personalmente da Mussolini a Cinecittà nel 1937 -> in questo momento, nelle
commedie realizzate a ritmo sempre più frenetico, si recepisce la mutata
atmosfera politica.
Tendenze di fondo, assenti nel periodo precedente che sono mutate nel contesto
storico-politico.
Per definire alcune commedie degli anni 30, si può arrischiare a usare il termine
“autarchia” per alcuni aspetti caratterizzanti:
- coesistenza in uno stesso film di atmosfere e scelte riconducibili a generi
diversi
- scelte attuate sul piano linguistico: in alcune commedie, come “La dama
bianca”, vengono applicate in modo sistematico le nuove norme imposte dal
regime in questo ambito
- presenza di elementi rivelatori della volontà di assecondare certe scelte del
regime, mai in maniera diretta e spesso solo in modo flebile, come “Felicita
Colombo” -> esaltazione del mondo del lavoro contro l’ignavia di chi non si
rassegna a lavorare, il lieto fine sta nelle nozze dei giovani che rappresenta
un’intesa tra le due relative classi di appartenenza in nome del rispetto dei
valori tradizionali (matrimonio, famiglia, figli, lavoro).
Forse anche l’effetto della creazione degli studi cinematografici più efficienti
d’Europa a Cinecittà, a partire dal 1938 fa emergere una serie di commedie con
l’interesse per il mondo del cinema e per i processi spettatoriali da esso
innescati.
-> gli anni 30 del nostro cinema sono attraversati da molteplici richiami volti a
celebrare il fascino emanato dalle figure divistiche, unitamente al mito
dell’ascesa sociale conseguente alla scalata nel mondo dello spettacolo.
30 SECONDI D’AMORE
Aldo De Benedetti.
A partire dal 1934 la maggior parte delle case di cinematografia utilizza pièce
teatrali. Aldo De Benedetti sceneggia ben 4 versioni di commedie teatrali da lui
scritte -> quindi l’adattamento di una commedia teatrale è una fortunata
formula produttiva, il regista diventa il massimo specialista, trasformandosi in
un organizzatore della produzione. Un “intellettulae artigiano” capace di intuire
le logiche dell’industria culturale in una fase di crescita e con uno spiccato senso
imprenditoriale. Fu un ottimo mediatore fra le esigenze del “capitalista” di
turno. Tutto inizia con un rapporto epistolare tra De Benedetti e Sergio Tofano.
Trama: La signora Grazia Siriani è sposata con Tullio, vivono in un
appartamento elegante in cui abitano anche i parenti del marito (zii, sorella,
genitori). Le unità abitative sono su due piani distinti ma comunicanti attraverso
un grande salone bianco. Grazia deve difendersi dall’accusa della cognata, di
avere tradito il marito con un uomo con la quale era stata vista in macchina. Per
dimostrare la sua innocenza e che l’uomo era il maestro di guida, dimostra le
sue abilità in macchina. Ma durante una brusca manovra, investe un uomo che
era innamorato di lei da molto tempo. Egli vorrebbe un compenso di 150000
lire o anche solo un bacio di 30 secondi. Alla fine Piero decide di non baciare
Grazia che gli dà uno schiaffo ma poi si baciano; l’ultima inquadratura riprende
la donna raggiante alla guida di un’automobile.
- il film rivela la svolta autarchica del regime nei confronti dei modelli degli
stile di vita moderni
- riconduce i comportamenti nell’alveo dei valori e dei principi fortemente
connotati in senso tradizionalista
- abbiamo diversi documenti che rivelano dialoghi, sceneggiature e soggetti
La prima idea del film scaturisce da un breve testo di Solaroli e Blasetti con le
collaborazioni di Gherardi e De Benedeti. Emblematici i titoli provvisori
“Voglio l’automobile” e “Ferro di cavallo”.
La vicenda è ambientata a Torino, sede dell’Eia e de popolarizzi programmi
telefonici, capitale italiana della Moda oltre che dell’industria automobilistica.
Un dattiloscirtto conservato riassume la filosofia complessiva del progetto
“Elementi popolari del soggetto”, e chiarisce gli interventi del film.
- strategia di marketing culturale esplicita: niente è lasciato al caso sul piano
del registro narrativo predominante e neppure sul carattere musicale
moderno, si creano situazioni divertenti e spunti comici, frequente e
intelligente musica popolare jazz.
- in linea con gli orientamenti sostenuti dal regime
Come punti di riferimento abbiamo “Accade una notte”, “È arrivata la felicità”
di Capra e “Desiderio di Borzage. Vorrebbe essere fondato sulla spigliatezza del
dialogo e sulla vivacità della recitazione. Piccolo capolavoro di screwball
comedy.
-> meccanismo classico del travestimento dell’identità sociale, in rassegna di
situazioni e luoghi emblematici, stili di vita moderni. Tutti i personaggi
sembrano imprigionati all’interno di un ruolo sociale a cui devono mantenersi
fedeli simulando una condizione non autentica
- fitta rete di riti sociali, noti agli spettatori
- Grand Hotel è il luogo dove Marcella è costretta dal direttore a partecipare a
un ballo approfittando della vicinanza dei cavalieri
- l’ippodromo di Mirafiori è lo spazio in cui si riversa la folla di individui mossi
dall’ambizione di condividere un’abitudine diffusa. La vicenda si conclude
nel Grand Hotel di Sestriere -> il film delinea in modo puntuale una serie di
usanze che trovano il loro fulcro del rimando alla moda.
12 sono le situazioni chiave da cui è contrapposta la strada di una ragazza fino
al matrimonio che costituisce l’autentica trovata della sfilata finale. Elevato
valore morale alla moda.
Marta Rossi con il suo comportamento assume un ruolo guida nei confronti
dell’universo rappresentato dal film -> è portavoce di un’iniziativa che echeggia
il progetto autarchico di rilancio della moda italiana
- piano ideologico nella relazione d’amore tra Marcella e Gino
-> forte richiamo dai vertici del governo fascista di riaffermare con forza i valori
sacri della tradizione.
Film guidato da un modello di regia all’americana: precisione geometrica e
ritmo incalzante.
Max Neufeld.
Trama: Un ingegnere elettronico (Osvaldo Valenti) viene chiamato dalla
direzione della televisione ungherese per collaudare nuovi impianti televisivi.
Giunge nella capitale, Budapest, insieme alla fidanzata (Aida Valli), alla stazione
ha modo di schiaffeggiassi con il direttore della televisione magiara, ignorando
chi fosse. La fidanzata per rimediare alle conseguenze che potrebbero derivare
dallo scontro, di reca nella farmacia di un suo amico, gli chiede di sostituirsi
all’ingegnere e di presentare al direttore della Tv, facendosi passare per il
tecnico televisivo, nel primo giorno di lavoro. Il direttore per segue il lavoro del
nuovo assunto e corteggia pure la fidanzata. Alla fine, quanto l’equivoco sarà
chiarito, si ritirerà in buon ordine.
-> riflessioni future tra i diversi mezzi di comunicazione di massa, Appare simile
a un congegno meccanico come le “commedie all’ungherese”.
Sceneggiatura di Luigi Zampa, ispirato a una commedia all’ungherese di
Vadnay.
- prime 5 inquadrature: offrono spunti di riflessione, una cantante esegue il
brano “Mille lire al mese” con l’orchestra, gli strumenti, lo speaker. Il testo
della canzone le ricorda l’impossibilità di perseguire gli ideali di vita
tranquilla e modesta, che non può trovare lavoro se non trasferendosi a
Budapest. Da qui prende avvio il congegno drammaturgia fino alla felice
conclusione. Nelle primissime c’è un interesse accentuato per le dinamiche
intermediari, con l’influenza dei prodotti culturali sul comportamento dei
loro fruitori.
- l’impressione che il cinema esorcizzi la nascita del messo televisivo, di cui si
intuisce il potenziale in termini di popolarità ed efficacia -> grado di
specializzazione presupposto da parte degli ingegneri elettronici
- prende le distanze nei confronti del medium nascente mostrandone le
conseguenze deteriori e il potenziale repressivo
- atteggiamento articolato e contraddittorio nella rappresentazione delle
potenzialità insite nel mezzo televisivo
- rapporto con il mondo del suono ricco di conseguenze -> la canzone mette in
moto la protagonista ed esercita effetti sul comportamento di Magda e la
induce a prendere un percorso che colloca lei e i suoi compagni ben oltre gli
angusti confini suggeriti da un modesto impiego. È sempre lei a imprimere
svolte decisive nel racconto, è dinamica e intraprendente.
- la commedia offre un’immagine della società italiana ricca di fertili
contraddizioni che rappresentano le conseguenze di un prodotto culturale di
intrattenimento. “Mille lire al mese” e “Vorrei” hanno funziona trainante: il
primo è popolare e viene presentato come brano dietetico.
- tipico status symbol come l’automobile, il treno, i telefoni banchi
- movimenti di macchina ridotti al minimo
Esposizioni commerciali:
- pubblicità del ventennale della Fiera di Milano
- ricchezza dei marchi mostrati a bizzeffe nelle inquadrature del film
La prima inquadrature del film è eloquente: mostra il dettaglio di un rullo che
ruota su se stesso in direzione orizzontale, succede una nuova coppia di sposini,
una fanciulla che impugna un retino per catturare farfalle e un ragazzino con
una racchetta da tennis -> allusione all’assoluta impermeabilità al
cambiamento, tipica del regime.
I manichini hanno un ruolo predominante in molte scene; suscitano sensazioni
contrastanti a seconda delle diverse connotazioni di cui essi si cariano con un
efficacia inconsueta.
Un’ulteriore differenza con “Gli uomini che mascalzoni” è legata
all’ambientazione: in questo sono in gran parte spazi aperti, autentici non
ricostruiti nello studio mentre nel film del 1939, vi è un’unica scena girata fuori,
quella dell’inseguimento dei due furgoni mentre tutto il resto è confinato
all’interno dei grandi magazzini.
Le abitazioni in cui vivono Anna da una parte, e dall’altra Lauretta con Emilia
offrono due modelli contrapposti:
- confortevole e lussuoso il primo
- umile e dismesso il secondo
-> contrapposizione funzionale alla delineazione di due immagini femminili
inconciliabili: da una parte la perfida Anna che è capace di insidiare Bruno solo
per occultare i furti di cui è complice e per suscitare la gelosia di Lauretta;
questa invece appare ingenua e pura, come la sua amica Emilia, impermeabile
alle avance di Bertini. Egli è arrogante con i deboli: vorrebbe far licenziare
Gaetano per il suo scarso senso di responsabilità, è viscido e sbrodolo con le
commesse, indaga sulla crisi matrimoniale di Emilia e cerca di sedurre Lauretta
dopo aver spinto Bruno a lasciarla -> Bertini appare un piccolo gerarca,
mostruoso risultato della politica e della morale fascista.
Nel film mancano figure maschili dotate di energia tale da contrapporsi a
Bertini con la stessa forza con cui i personaggi femminili positivi contrastano
quelli negativi. Assai debole appare Maurizio come l’onesto Bruno, pronto a
farsi irretire da Anna e a credere alle confidenze fattogli da Bertini senza dare
credito alla fidanzata Lauretta -> conferma l’attenzione di Camerini per i
personaggi femminili che diventano gli agenti narrativi delle vicende che
dominano con forza interiore.
Il film evidenzia le doti del regista, abile nel modellare gli spazi allestiti e a
ispezionarli attraverso i frequenti carrelli esaltandone il vigore volumetrico
mediante il ricorso alla profondità di campo.
Gli aspetti comici della vicenda, dapprima risolti in chiave “metafisica”, poi
virati in una dimensione slapstick (inconvenienti), lasciano progressivo posto a
situazioni degne di noir e meritevoli di figurare in un film espressionista. Infine,
nella conclusione imbocca la strada di un giallo, il cui scioglimento è legato agli
strani traffici che avvengono nell’emporio per trasformarsi all’improvviso in un
gangster movie mozzafiato con l’inseguimento dei furgoni.