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Conflitti

II
Arte, Musica, Pensiero, Società

a cura di
Nadia Amendola e Giacomo Sciommeri

UniversItalia
II
Arte, Musica, Pensiero, Società

a cura di
Nadia Amendola
Giacomo Sciommeri

UniversItalia
Volume pubblicato come iniziativa finanziata dall’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA


© Copyright 2017 - UniversItalia - Roma
ISBN 978-88-6507-828-0

A norma della legge sul diritto d’autore e del codice civile è vietata la riproduzione di questo libro o di
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5 della legge 22 aprile 1941 n. 633. Ogni riproduzione per finalità diverse da quelle per uso personale
deve essere autorizzata specificatamente dagli autori o dall’editore.
Indice

Prefazione
di Emore Paoli e Franco Salvatori IX

Introduzione
di Nadia Amendola e Giacomo Sciommeri XI

CHIARA SPENUSO
La Niobe ferita. Il «sacrificio umano» di Camille Claudel 1

CARLOTTA SYLOS CALÒ


Occuparsi di miracoli. Per un uomo alienato di Alighiero Boetti 9

SERENA DE DOMINICIS
Esercizi di opposizione al paradigma economico. Esempi di analisi critica
del concetto di crescita nell’arte contemporanea 19

ROBERTO MANNU
«L’histoire littéraire est à récrire»: l’elaborazione di un anti-canone
letterario secondo il progetto surrealista 31

MIRIAM POLLI
Pirandello. Eterno conflitto tra testo e messa in scena 41

EMANUELA FERRAUTO
Il teatro del soldato al fronte. La Prima guerra mondiale attraverso
gli occhi degli artisti napoletani, in Italia e in America 51

LINO CABRAS
Le coreografie astratte di Oskar Schlemmer: conciliazione del dissidio
interiore e sociale agli inizi del XX secolo 61

FRANCESCA TOMASSINI
Il conflitto in versi nei teatri di Eliot e Pasolini 71
VI INDICE

MARIALAURA SIMEONE
Limiti, confini, conflitti. L’esperienza teatrale al Carcere di Benevento 79

NADIA AMENDOLA
Linguaggio guerresco, disputa filosofica e contrasto interiore:
il conflitto nella poesia per musica di Domenico Benigni 87

GIACOMO SCIOMMERI
Il conflitto psicologico nella cantata-lamento: «L’Arianna» di Giacomo Buonaccorsi
e Carlo Francesco Cesarini tra echi rinucciniani e scelte musicali 99

NASTASJA GANDOLFO
Il conflitto tra dovere morale e sentimento passionale: le cantate di Lavinia e Achille
di Giovanni Alberto Ristori (1692-1753) e Carl Heinrich Graun (1704-1759) 113

MATTEO COSSU
Conflittualità e tradizione nel Violinkonzert di Alban Berg 127

FEDERICA MARSICO
Il conflitto in prospettiva queer: Der Prinz von Homburg di Hans Werner Henze 137

MARIA LETTIERO
Pagine di guerra. Fanfare e bande in giallo-verde 149

GIUSEPPE GIORDANO
Pratiche musicali e conflitti rituali in Sicilia 161

MARIA RIZZUTO
«Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore,
produce molto frutto» (Gv 12, 24): il canto liturgico copto protagonista vincente
della storia d’Egitto 175

ALESSANDRO COSENTINO
Tra matrici musicali africane e canto gregoriano: l’esperienza romana
di Emmanuel Cola Lubamba, prete e compositore congolese 183

FILIPPO KULBERG TAUB - MICHELA PAOLETTI


Conflitti e vendette: la vedova di guerra israeliana through the barricades 195

GIULIO PIATTI
Vertov e Ėjzenštejn a partire da Deleuze. Un conflitto estetico, politico e filosofico 205
INDICE VII

SALVATORE SPINA
Il conflitto tra Eigentlichkeit e Uneigentlichkeit nell’analitica esistenziale
di Essere e tempo di Martin Heidegger 215

DANIELE FAZIO
Die Totale Mobilmachung. Ernst Jünger e l’analisi metafisica
del Primo conflitto mondiale 225

ANGELA CIMATO
Tipo e anti-tipo. Il conflitto nell’ideologia nazionalsocialista 233

PIETRO LEMBO
Ego protesico: per un’archeologia del conflitto a partire dalla decostruzione
di Jacques Derrida 241

GIULIA CERVO
Filosofia della Notte: polemos ed Europa nei Saggi eretici di Jan Patočka 251

VALERIO FABBRIZI
Dalla «teoria del conflitto» alla «teoria del partigiano».
Un approccio filosofico-politico 261

FABIO DOMENICO PALUMBO


Eros e distruttività nel discorso della psicoanalisi 273

MASSIMILIANO NAPOLI
Conflitti per l’identità. La strutturazione narrativa dell’esperienza
e la costituzione del Sé 283

LAURA KHASIEV
I conflitti in Pinocchio. ‘Conflitti’ del testo, ‘conflitti’ nel testo 295

ROSSANA PENSABENE
Il conflitto come risorsa nella pratica pedagogica 307

CARLO MACALE
La pedagogia del conflitto di classe e il depauperamento antropologico.
La risposta di Jacques Maritain e l’impegno per un’educazione della persona 317

CARMELO RUSSO
Italiani di Tunisia: dalle naturalizzazioni francesi all’indipendenza tunisina.
Attrazioni, ambivalenze, conflitti nelle percezioni identitarie 327
VIII INDICE

STEFANIA PINCI
L’insostenibile pesantezza dei conflitti per lo sviluppo. Sicurezza, pace
e sviluppo in Africa Occidentale e Sub-sahariana 337

Indice dei nomi 347


SALVATORE SPINA
Il conflitto tra Eigentlichkeit e Uneigentlichkeit
nell’analitica esistenziale di Essere e tempo di Martin Heidegger

Lo scopo del presente intervento è mostrare, attraverso una rapida e per molti
versi apodittica esplorazione di alcune pagine di Essere e tempo, come al centro
dell’indagine del giovane Heidegger sull’esistenza, la cosiddetta analitica esistenziale
(Daseinsanalyse), si trovi un conflitto essenziale, una lotta incessante che costituisce il
nucleo sostanziale del dispiegarsi effettivo dell’uomo nel suo essere-nel-mondo.
Com’è noto, la proposta fondamentale di Essere e tempo è un ripensamento
della questione dell’essere e una riproposizione essenziale di tale interrogazione,
che secondo Heidegger nel corso della bimillenaria storia del pensiero occidentale
era stata posta in maniera ‘fuorviante’ rimanendo così avvolta nell’oscurità1. Chiun-
que legga il testo di Heidegger, tuttavia, si accorge immediatamente come esso,
lungi dall’essere un trattato di ontologia, proponga un’appassionante analisi, para-
gonabile per alcuni versi a un romanzo di formazione2, che indaga le caratteristiche
di un ente che tra gli altri enti occupa una posizione particolare: l’uomo.
Questo slittamento d’indagine è dovuto alla necessità di Heidegger di trovare
un punto d’accesso privilegiato alla questione dell’essere; in altri termini, è solo at-
traverso un’interrogazione essenziale sull’uomo e il suo essere nel mondo che è pos-
sibile, successivamente, ripensare in maniera radicale la questione dell’essere al di là
delle determinazioni storico-filosofiche del pensiero occidentale che ne hanno de-
terminato, secondo Heidegger, un’inadeguata comprensione. La Daseinsanalyse di
Essere e tempo rappresenta, allora, un momento preparatorio essenziale per
l’indagine sull’essere. Detto aforisticamente: solo attraverso una preliminare e radi-
cale Menschenfrage è possibile un’autentica Seinsfrage.
L’indagine di Heidegger sull’uomo e la sua storicità trova nel capolavoro del 1927
Essere e tempo la sua collocazione privilegiata; tuttavia questa tematica occupava la
riflessione heideggeriana già da molto tempo, divenendo uno dei temi fondamentali

1
Cfr. HEIDEGGER 2005A, pp. 13-16.
2
Sotto questo riguardo il testo di Heidegger potrebbe essere paragonato alla Fenomenologia dello
spirito di Hegel.
216 SALVATORE SPINA

dei corsi tenuti nell’università tedesca di Friburgo tra il 1919 e il 19233. Questa preci-
sazione di carattere storiografico potrebbe sembrare di primo acchito una mera preci-
sazione erudita; in realtà, come avremo modo di mostrare en passant alla fine del pre-
sente intervento, si rivela centrale per comprendere i presupposti storici dell’indagine
heideggeriana così da poterla connettere al tema del conflitto, inteso in questo conte-
sto nel senso ‘bellico’ del termine.
La proposta ermeneutica di Essere e tempo ruota intorno alla possibilità di pen-
sare l’uomo al di là della caratterizzazione che ne ha dato il pensiero occidentale co-
sì da guadagnarne un’interpretazione più genuina e profonda; attraverso un con-
fronto serrato con le correnti filosofiche a lui contemporanee, dal neokantismo alla
fenomenologia husserliana passando attraverso il personalismo di Max Scheler,
Heidegger tenta una via d’indagine sull’esistenza dell’uomo che si ponga al di là
dell’ipostatizzazione dualistica soggetto-oggetto propria della modernità cartesiana.
Caratterizzazione che, secondo l’interpretazione di Heidegger, coinvolge in manie-
ra diversa gran parte del pensiero occidentale successivo a Cartesio, e giunge fino
alla fenomenologia del maestro Husserl, che, nonostante il gran merito di aver po-
sto l’attenzione ‘alle cose stesse’, altro non sarebbe che una riproposizione sofistica-
ta del paradigma cartesiano4.
In altri termini, secondo Heidegger, l’uomo, lungi dal rappresentare un ente fisso e
immutabile, le cui determinazioni sono individuabili e definibili una volta per tutte, è
pensabile solo attraverso la dynamis propria che caratterizza la sua esistenza. Nel pen-
siero heideggeriano non si dà una ‘natura umana’, universale e atemporale, che per-
mane in maniera sostanziale al di là del mutare delle determinazioni contingenti dei
suoi rapporti col/nel mondo; l’uomo è, invece, questo mutare stesso, questo continuo
mancare a se stesso che trova nell’instabilità, nell’inquietudine della relazione col
mondo la cifra esplicativa della propria gettatezza, della propria concreta storicità.
Parafrasando l’affermazione di Nietzsche contenuta in Al di là del bene e del
male, l’uomo è l’animale non ancora stabilmente fissato e che, nell’ottica heidegge-
riana, non lo potrà mai essere per definizione.
Dasein, che in tedesco significa esistenza, è il nome utilizzato da Heidegger per
indicare l’Esserci dell’uomo, ovvero il suo trovarsi (sich befinden) in una situazione
sempre determinata, il suo essere gettato nel mondo; il ‘ci’ (da) del termine Esser-ci
nomina proprio l’essere nel mondo dell’uomo, la sua situazionalità effettiva.

3
Per una ricognizione generale su questi corsi e il loro rapporto con Essere e tempo, cfr. almeno
ARDOVINO 1998 e VICARI 1996.
4
Nonostante Essere e tempo sia dedicato con «venerazione e amicizia» a Husserl, esso rappresenta il
primo testo in cui Heidegger prende chiaramente le distanze dal maestro.
IL CONFLITTO TRA EIGENTLICHKEIT E UNEIGENTLICHKEIT 217

A differenza della filosofia moderna, rappresentata in maniera icastica dal pen-


siero di Cartesio, in cui si dà gnoseologia in quanto soggetto e oggetto, uomo e mon-
do sono separati ed è perciò necessario creare una relazione di carattere conoscitivo
tra l’ordo rerum e l’ordo idearum, tra la res extensa e la res cogitans, in Heidegger
l’uomo è originariamente essere-nel-mondo, esso è cioè costitutivamente attraver-
sato dalla propria gettatezza e dalla situazionalità, che di volta in volta ne caratteriz-
zano l’essere. Uomo e mondo si coappartengono in maniera ontologicamente
stringente: non ‘esiste’ uomo senza mondo, pensato come spazio di apertura
dell’essere, e non si dà mondo senza l’uomo che con questo mondo entra in rela-
zione; non è un caso che uno degli esistenziali fondamentali dell’analitica di Essere
e tempo, potremmo dire un meta-esistenziale ontologicamente precedente a tutti
gli altri, sia appunto l’essere-nel-mondo (in-der-Welt-sein). Scrive Heidegger:

Poiché all’Esserci appartiene, in linea essenziale, l’essere-nel-mondo, il suo essere in rapporto al


mondo è essenzialmente un prendersi cura. L’in-essere non è quindi una “proprietà” che l’Esserci
abbia talvolta sì e talvolta no, e senza la quale egli potrebbe essere com’è né più né meno che
avendola. Non è che l’uomo “sia” e, oltre a ciò, abbia un rapporto col “mondo”, che occasional-
mente assegna a se stesso. L’Esserci non è “innanzi tutto” per così dire un ente senza in-essere, a
cui ogni tanto passa per la testa di assumere una “relazione” col mondo. Questo assumere relazio-
ni col mondo è possibile soltanto perché l’Esserci è ciò che è in quanto essere-nel-mondo. Questa
costituzione d’essere non sorge soltanto perché, oltre all’ente avente il carattere dell’Esserci, è pre-
sente anche l’ente difforme dall’Esserci e l’Esserci lo incontra. Quest’altro ente può “incontrarsi
con” l’Esserci solo perché è tale da poter manifestarsi da se stesso all’interno di un mondo 5.

Proprio a partire dalla fondamentale coappartenenza tra mondo e uomo e dalla


costitutiva mancanza a se stesso di quest’ultimo è possibile, secondo Heidegger, pen-
sare l’essere dell’uomo nella sua determinatezza storica. In altri termini, il nome Da-
sein non indica, nell’ottica heideggeriana, una nuova definizione dell’uomo (come ad
esempio il soggetto cartesiano, l’io penso kantiano e ancora l’ego trascendentale hus-
serliano), bensì un compito sempre aperto che, nell’incessante movimento che carat-
terizza l’esistenza umana6, ha nella progettualità il suo modo di attuazione privilegiato.
Se, dunque, il Dasein heideggeriano appare come tutt’altro che una pacifica de-
terminazione dell’essenza dell’uomo, nominando invece un’intima inquietudine
caratterizzante l’uomo nel suo essere-nel-mondo, è allora evidente come al cuore
del suo essere si dia un ‘conflitto’ originario, una lacerante motilità e tensione che lo
contraddistingue in maniera essenziale.

5
HEIDEGGER 2005A, p. 78.
6
Sul carattere ‘dinamico’ dell’esistenza dell’uomo Heidegger si è soffermato soprattutto nei corsi uni-
versitari su Aristotele dei primi anni Venti; cfr. HEIDEGGER 2001 e HEIDEGGER 2005B.
218 SALVATORE SPINA

Tratteggiate in maniera sommaria le linee guida entro cui inquadrare il discorso


heideggeriano di Essere e tempo, giungiamo così al punto decisivo della trattazione
in relazione al movente teorico del presente intervento: la questione del conflitto.
L’esistenza del Dasein oscilla, infatti, in maniera costitutiva e intimamente ‘conflit-
tuale’ tra una duplice possibilità: da un lato, egli può rivolgersi a se stesso e com-
prendersi, a partire dalla gettatezza del suo essere effettivo (Faktzität), come pro-
getto sempre aperto che ha da essere (zu-sein), dall’altro, invece, tende a disperder-
si nella quotidianità del Si (Man) impersonale e anonimo, livellando così la sua esi-
stenza ai modi di comportamento di tutti e quindi di nessuno in particolare.
Heidegger, per indicare questi due modi costitutivi del Dasein, utilizza i termini
Eigentlichkeit e Uneigentlichkeit7. La traduzione italiana di Pietro Chiodi, divenuta
ormai classica, dei due termini è ‘autenticità’ e ‘inautenticità’; tuttavia quest’inter-
pretazione appare per alcuni versi fuorviante perché non prende in considerazione
cosa l’aggettivo tedesco eigentlich dice in maniera essenziale8.
Eigen in tedesco significa ‘proprio’; dunque, piuttosto che riferirsi a qualcosa di
autentico e inautentico, che potrebbe rimandare a una deriva di carattere ‘morali-
stico’ della riflessione ontologico-esistenziale di Essere e tempo, il lessico heidegge-
riano nomina le due possibilità insite nel dinamismo essenziale dell’esistenza
dell’Esserci: da un lato, quella più ‘propria’ che è la possibilità di comprendersi co-
me progetto-gettato, come Cura e come essere-per-la-morte, dall’altro quella ‘im-
propria’ di non cogliersi secondo questa determinazione essenziale e disperdersi
così nell’anonimato del Si (Man) quotidiano, in cui domina la chiacchiera e la sem-
plificazione dell’esistere nell’impersonale medietà. In relazione all’aspetto inauten-
tico dell’esistenza del Dasein, scrive Heidegger:

Il Si sgrava quindi ogni singolo Esserci nella sua quotidianità. Non solo. In questo sgravamento di
essere, il Si si rende accetto all’Esserci perché ne soddisfa la tendenza a prendere tutto alla leggera
e a rendere le cose facili. Appunto perché il Si, mediante lo sgravamento, si rende sempre accetto a
ogni singolo Esserci, mantiene e approfondisce il suo ostinato dominio. Ognuno è gli altri, nessu-
no è se stesso. Il Si, come risposta al problema del Chi dell’Esserci quotidiano, è il nessuno a cui
ogni Esserci si è già sempre abbandonato nell’indifferenza dell’essere-assieme9.

7
Sebbene già nei primi corsi friburghesi fosse possibile rinvenire queste determinazioni esistenziali
del Dasein, è solo in Essere e tempo che Heidegger analizzerà la questione in maniera compiuta e
‘sistematica’.
8
Sulla traduzione ed interpretazione di Chiodi probabilmente influì la temperie culturale esistenziali-
stica che dominava negli anni Cinquanta, periodo in cui egli compì l’impresa pioneristica di tradurre
questo capolavoro. I termini ‘autentico’ e ‘inautentico’ sono due esempi privilegiati di questa tendenza.
9
HEIDEGGER 2005A, pp. 159-160.
IL CONFLITTO TRA EIGENTLICHKEIT E UNEIGENTLICHKEIT 219

Il conflitto tra autentico e inautentico, tra proprio e improprio, come accennato


poc’anzi, è di natura ontologico-esistenziale, venendo così a informare in maniera
pressoché totale il carattere d’esistenza dell’uomo; in altri termini, questo conflitto
non costituisce un errore, una mancanza dell’uomo a cui egli può ovviare una volta
per tutte e in maniera definitiva10. Esso nomina piuttosto il carattere di gettatezza
del Dasein, determinando la fondamentale inquietudine che lacera l’uomo nella
profondità del proprio essere11. Il movimento tra proprio e improprio, tra deiezione
e autenticità non ha, infatti, un’unica direzione, ma è intimamente circolare e reci-
proco nominando lo spazio di instabilità e insicurezza che logora l’uomo nella pro-
pria esistenziale gettatezza.
L’esistenza dell’uomo è da pensare come l’equilibrio precario – dunque, sostan-
zialmente come uno squilibrio – che si gioca, in maniera costante e, quindi, non dia-
letticamente risolvibile, tra il riconoscersi secondo le determinazioni più proprie,
comprendendosi così a partire dalla propria finitudine e gettatezza, e il disperdersi
nell’anonimato e nella chiacchiera del Si impersonale, in cui domina il rassicurante
e ‘semplificante’ torpore della medietà (si dice, si fa, si muore etc.)12.
Se, dunque, il Dasein è lo spazio di mezzo tra queste due possibilità costitutive
dell’esistenza umana, adesso, seguendo Heidegger, giunge il momento di compiere
un passo ulteriore dell’indagine e chiedersi come avviene il passaggio dallo spazio
inautentico che caratterizza la quotidianità dell’uomo a quello più proprio in cui
egli assume il compito abissale, dunque sempre im-possibile nel senso derridiano
del termine, di corrispondere al proprio essere.

10
Il carattere inautentico dell’esistenza appartiene in maniera ontologica al Dasein, costituendone un
tratto peculiare, anzi il modo più frequente di attuazione. Così scrive Heidegger: «Improprio e non au-
tentico [Un- und nichteigentlich] non debbono affatto essere intesi come “propriamente non”, quasi che,
in questo modo d’essere, l’Esserci perdesse il suo essere. L’improprio significa così poco qualcosa come
un non-essere-più-nel-mondo che esso costituisce, al contrario, un modo eminente di essere-nel-mondo,
modo in cui l’Esserci è completamente stordito [benommen] dal “mondo” e dal con-Esserci degli altri
nel Si» (HEIDEGGER 2005A, p. 215, traduzione parzialmente modificata dall’autore).
11
La peculiarità ‘polemica’ costitutiva del Dasein, proposta nelle pagine di Essere e tempo e in tutti i
testi heideggeriani degli anni Venti, presenta, probabilmente, una derivazione eraclitea. Questo riferi-
mento, che ancora in questi anni rimane implicito, diventerà manifesto a partire dagli anni Trenta in
avanti. Tra i tanti riferimenti possibili, decisivo è il testo del 1935/36 L’origine dell’opera d’arte (cfr.
HEIDEGGER 2002), o alcuni interventi in cui compare la figura del Geviert cfr., per esempio, Costruire
pensare abitare (HEIDEGGER 1991).
12
A partire dalla descrizione filosofica della medietà proposta da Heidegger in Essere e tempo potreb-
be essere letto il fenomeno che in sociologia prende il nome di conformismo. Queste pagine heidegge-
riane si rivelano centrali anche per l’elaborazione da parte di Arendt del concetto di ‘uomo massa’; cfr.
per esempio ARENDT 2003.
220 SALVATORE SPINA

Heidegger individua due ‘fasi’ proprie di questo movimento del Dasein. Da un


lato, abbiamo un momento per così dire ‘passivo’ di questo passaggio: esso è rap-
presentato dalla situazione emotiva dell’angoscia (Angst). Distinguendola dalla pau-
ra, che è tale in quanto ha sempre un oggetto ben determinato a cui rivolgersi (ho
paura sempre di...), Heidegger declina l’angoscia come la Stimmung propria del
Dasein di fronte al nulla d’essere che ne caratterizza l’esistenza. Essa non ha un og-
getto ben determinato, non è mossa da una ragione ben precisa, appare in maniera
improvvisa e inaspettata gettando l’uomo nel vuoto esistenziale del proprio essere
finito e determinato; ma proprio nel momento di questo massimo spaesamento,
dell’offuscamento in questa nebbia che avvolge e ricopre di insignificanza l’esistenza,
il Dasein, attraverso un contro-movimento di ripresa, si comprende come possibili-
tà gettata, essere finito e progettualità, scardinando così l’ordine di medietà e insi-
gnificanza che caratterizza la propria quotidianità. Scrive Heidegger:

L’angoscia isola e apre l’Esserci come solus ipse. Ma questo solipsismo esistenziale traspone così
poco un soggetto-cosa isolato nell’innocua vacuità di una presenza senza mondo, che proprio esso
porta l’Esserci, in un senso estremo, dinanzi al suo mondo come tale e quindi dinanzi a se stesso
come essere-nel-mondo13.

Dall’altro lato, se l’angoscia è, per così dire, il momento ‘passivo’ di questo pas-
saggio, in cui l’ente nel suo insieme non dice più nulla per il Dasein, Heidegger in-
dividua nella decisione-risoluta (Entschlossenheit) il modo in cui l’Esserci si rap-
porta in maniera propria all’intimo poter-essere che gli è costitutivo.
«La decisione è una modalità eminente di apertura dell’Esserci»14; anzi essa è la
più propria in quanto porta il Dasein nello spazio della sua attuazione autentica. In
questo contesto Heidegger utilizza la vicinanza semantica tra i termini tedeschi En-
tschlossenheit (decisione, risolutezza) ed Erschlossenheit (apertura) per declinare
la decisione come la strada attraverso cui il Dasein giunge a essere se stesso, ovvero
a comprendersi come costitutiva ‘apertura’ progettante15.
La Entschlossenheit, piuttosto che rimandare a una decisione volontaristica di
carattere egologico – elemento decisivo della soggettività moderna, che riportereb-
be il discorso heideggeriano nello spazio concettuale che rappresenta, invece, uno

13
HEIDEGGER 2005A, p. 230.
14
HEIDEGGER 2005A, p. 354.
15
L’idea di Aperto nomina, soprattutto nello Heidegger post-svolta, il discrimine attraverso cui pensa-
re la differenza fondamentale tra l’uomo e l’animale: l’uomo sarebbe l’unico ‘animale’ a cui è concesso
il privilegio di un rapporto con l’apertura dell’Essere; su tale questione e le sue possibili aporie, cfr.
AGAMBEN 2002 e SPINA 2015.
IL CONFLITTO TRA EIGENTLICHKEIT E UNEIGENTLICHKEIT 221

degli obiettivi polemici dell’analitica di Essere e tempo –, viene pensata da Heidegger


come un’assunzione originaria del proprio compito da parte del Dasein. Essa è una
risolutezza, una condotta assunta consapevolmente dall’Esserci come costitutiva
del proprio stesso essere16.
Ribadendo ciò che è stato sottolineato in precedenza in relazione all’irrisolvibilità
del conflitto tra autenticità e inautenticità, la decisione non rappresenta per Heideg-
ger un momento singolo dell’esistenza che, raggiunto lo spazio della propria autenti-
cità, riposa sulla posizione appena conquistata, cristallizzandosi così in questa nuova
‘forma’. Entschlossenheit indica in Heidegger la decisione del Dasein per la decisione
continua verso il suo più proprio essere, verso la propria autenticità. Decidere signifi-
ca decidersi per se stessi; in altri termini, l’uomo deve, a partire dallo spazio insicuro
della propria gettatezza, decidere continuamente per la propria autenticità facendosi
così carico del carattere tragico che ogni scelta, se profonda e originaria, comporta17.
Detto in maniera rapida, non potendo esplicare in maniera tematica il percorso
che Heidegger compie per giungere a questo punto della sua indagine, l’autenticità
nell’analitica esistenziale di Essere e tempo è rappresentata da ciò che costituisce il
limite ‘più proprio’ dell’esistenza dell’uomo, caratterizzandola in maniera non me-
ramente biologica ma più squisitamente ontologica: la morte. La prima parte di Es-
sere e tempo trova nella trattazione dell’essere-per-la-morte (Sein zum Tode) il suo
culmine speculativo: attraverso l’indagine dell’esistenza effettiva dell’ente uomo,
Heidegger individua nella morte la sua ragion d’essere in quanto cifra limite; limite
che non nomina semplicemente un giungere al termine (verenden) della vita, bensì
il confine proprio a partire dal quale l’esistenza stessa può essere considerata nella
sua totalità e nella sua finitudine.
Avviandoci alla conclusione di questo breve intervento, dopo aver messo in evi-
denza il conflitto ontologico che caratterizza l’esistenza dell’uomo nel suo dispie-
garsi effettivo, vorrei fare una brevissima appendice di carattere storico-filosofico.
Come accennato in maniera cursoria, due dei concetti fondamentali dell’analitica
esistenziale di Essere e tempo sono l’angoscia e l’essere-per-la-morte. Sebbene la
tematizzazione ‘definitiva’ di queste nozioni avvenga solamente nel testo del 1927,
tali questioni occupavano il pensiero di Heidegger già nei primi corsi friburghesi,
ovvero a partire dal corso universitario del 1919, il cosiddetto Kriegsnotsemester, il
semestre straordinario di guerra.

16
A partire da questi presupposti Nancy parlerà di ‘etica originaria’ nelle pagine di Essere e tempo; cfr.
NANCY 2005.
17
Uno dei termini utilizzati da Heidegger per indicare la decisione è Entscheidung, che nella lingua
tedesca è sempre il nome di una ‘separazione’ (Scheidung), una lacerazione originaria.
222 SALVATORE SPINA

Ritengo che la temperie culturale, politica e sociale degli ultimi anni di guerra e
del periodo immediatamente post-bellico in una Germania pesantemente sconfitta
durante il primo conflitto mondiale abbia influito in maniera decisiva sull’elabo-
razione filosofica di questi importantissimi concetti heideggeriani che, a partire da-
gli anni Venti in avanti, diventeranno il fulcro speculativo su cui poggeranno le ri-
flessioni di tutto l’esistenzialismo europeo.
In altri termini, è anche grazie all’idea di conflitto, declinato tanto nel senso ‘bel-
lico’ del termine quanto in quello più ‘esistenziale’, che è possibile compiere
un’interpretazione adeguata di un testo, Essere e tempo, che probabilmente in-
fluenzò con la sua storia degli effetti (Wirkungsgeschichte) in maniera decisiva tut-
ta la filosofia del secolo passato.

Riferimenti bibliografici

AGAMBEN 2002 = GIORGIO AGAMBEN, L’aperto. L’uomo e l’animale, Torino 2002.

ARDOVINO 1998 = ADRIANO ARDOVINO, Esistenza ed effettività. Dall’ermeneutica


dell’effettività all’analitica esistenziale (1919-1927), Milano 1998.

ARENDT 2003 = HANNAH ARENDT, La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, trad. it.
di Piero Bernardini, Milano 2003.

HEIDEGGER 1991 = MARTIN HEIDEGGER, Saggi e discorsi, trad. it. di Gianni Vattimo, Milano
1991.

HEIDEGGER 2001 = MARTIN HEIDEGGER, Interpretazioni fenomenologiche di Aristotele,


trad. it. di Massimo De Carolis, Napoli 2001.

HEIDEGGER 2002 = MARTIN HEIDEGGER, Sentieri interrotti, trad. it. di Pietro Chiodi, Firenze
2002.

HEIDEGGER 2005A = MARTIN HEIDEGGER, Essere e tempo, a cura di Franco Volpi sulla ver-
sione di Pietro Chiodi, Milano 2005.

HEIDEGGER 2005B = MARTIN HEIDEGGER, Interpretazioni fenomenologiche di Aristotele.


Elaborazione per le facoltà di Marburgo e di Gottinga, trad. it. di Anna Pia Ruoppo, Napoli
2005.

NANCY 2005 = JEAN-LUC NANCY, Sull’agire, trad. it. di Antonella Moscati, Napoli 2005.
IL CONFLITTO TRA EIGENTLICHKEIT E UNEIGENTLICHKEIT 223

SPINA 2015 = SALVATORE SPINA, Esistenza e vita. Uomo e animale nel pensiero di Martin
Heidegger, Milano-Udine 2015.

VICARI 1996 = DARIO VICARI, Ontologia dell’esserci. La riproposizione della ‘questione


dell’uomo’ nello Heidegger del primo periodo friburghese (1916-1923), Torino 1996.

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