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Corso di Scienza delle Costruzioni dott. ing.

Pasquale Lucia

1 Finalità, ipotesi e modelli della meccanica strutturale: concetti fondamentali

• Struttura e risposta strutturale;


• modello delle azioni esterne;
• modelli meccanici delle strutture;
• spostamenti e deformazioni;
• forze e tensioni;
• la reazione dei vincoli;
• i modelli meccanici dei materiali;
• la statica dei sistemi rigidi e dei corpi deformabili;
• vettori, tensori, unità di misura;
• i sistemi di vettori (statica grafica).
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Struttura e risposta strutturale


Per costruzione si intende non solo l’opera civile realizzata in cemento armato (edificio, diga, ponte etc.)
oppure in acciaio (capriata di copertura, serbatoio in pressione etc.) ma anche qualunque macchinario o
apparecchiatura che l’uomo costruisce per la propria utilità. In ogni costruzione è sempre individuabile una
struttura portante (ossatura portante) a cui viene affidato il compito di resistere alle sollecitazioni indotte
dalle azioni esterne.

La struttura portante può immaginarsi costituita da un’insieme di elementi strutturali tra di loro
interconnessi ed in grado di reagire con l’ambiente circostante.

Al fine di garantire la sicurezza, l’attitudine al servizio e la durabilità delle costruzioni è necessario


conoscere la struttura, ossia prevedere il suo comportamento in funzione di tutti i possibili stimoli cui potrà
essere sottoposta durante la sua vita.

Per prevedere il comportamento della struttura, la meccanica strutturale fa uso di modelli matematici che
servono a semplificare il complesso problema fisico reale; tali modelli risultano appropriati solo se i dettagli
trascurati non impediscono di cogliere gli aspetti essenziali del fenomeno e quindi sono in accordo con i
risultati sperimentali.

Le informazioni che si deducono dal modello matematico di comportamento della struttura al


variare delle cause sollecitanti, costituiscono la risposta strutturale.

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Struttura e risposta strutturale

MODELLO
INPUT MATEMATICO DI
Modello della azioni esterne SOLLECITANTE
STRUTTURA

Modello geometrico del sistema


SISTEMA
Modello meccanico dei materiali STRUTTURALE

Risposta strutturale OUTPUT Progetto esecutivo

ANALISI DELLA RISPOSTA:


no Verifica si VERIFICHE STRUTTURALI
soddisfacente?

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Modello delle azioni esterne


Con il modello delle azioni esterne vengono definiti i carichi agenti sulle strutture sulla base
delle indicazioni fornite dalla normativa in vigore. Le azioni possono essere classificate
secondo la loro variazione nel tempo (a), nello spazio (b), oppure secondo il loro carattere
statico o dinamico (c).

(a) Secondo la variazione nel tempo le azioni possono venir classificate in: azioni permanenti, se le variazioni
sono trascurabili (es. peso proprio della struttura); azioni variabili se le variazioni sono frequenti o continue e
non trascurabili rispetto al valor medio. Le azioni variabili comprendono i carichi dovuti all’utilizzo dell’opera,
le forze risultanti dal vento, dalla neve, dagli effetti della temperatura, etc; azioni accidentali se intervengono
solo raramente, comprendono le forze dovute urti, esplosioni, valanghe, terremoti etc.

(b) Secondo la variazione nello spazio le azioni si classificano in: azioni fisse, la cui distribuzione sulla
struttura è definita senza ambiguità; azioni libere se possono avere qualunque distribuzione arbitraria sulla
struttura.

(c) Le azioni secondo loro natura possono essere di due tipi: azioni statiche che non generano accelerazioni
significative sulla struttura o su parti di essa; azioni dinamiche che generano accelerazioni significative sulla
struttura.

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Modelli meccanici delle strutture


Tra le varie fasi che caratterizzano la modellazione matematica e l’analisi delle strutture, la meccanica dei
solidi è fondata sulla definizione e sullo studio di modelli meccanici in grado di interpretare il
comportamento di parti semplici di strutture fino ad arrivare all’analisi del comportamento meccanico di
strutture portanti complesse.

I modelli meccanici che assieme alla definizione e caratterizzazione dei vincoli interni ed
esterni rappresentano i modelli geometrici dei sistemi strutturali, possono essere distinti, in
base alla forma, in tre categorie fondamentali: modelli tridimensionali (di forma generica o
indefinita), modelli bidimensionali in cui due dimensioni “prevalgono” sulla terza e modelli
monodimensionali in cui una dimensione “prevale” sulle altre due.

Il modello tridimensionale per eccellenza è il modello di corpo continuo. In tal caso la forma
del corpo può essere generica. Nell’ambito di un tale modello possono essere comprese tutte
le parti semplici di strutture comprese quelle mono e bidimensionali come anche le strutture
complessive stesse.

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Modelli meccanici delle strutture


Un corpo continuo occupa una porzione B di contorno dB dello spazio euclideo tridimensionale.

Gli elementi geometrici da considerare sono:


• i punti P, interni al corpo oppure posti al contorno;
• i volumi V estraibili dal corpo, con il loro contorno dV;
• le superfici S, con il loro contorno dS poste sul contorno esterno dB oppure internamente al corpo;
• le linee l interne al corpo o poste sul contorno.

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Modelli meccanici delle strutture

I modelli tridimensionali analizzati nella meccanica strutturale sono i corpi solidi, caratterizzati
dalla proprietà di conservare nel tempo la forma o quantomeno un ordine tra le parti
componenti che permette di identificare il corpo ad ogni istante.

E’ possibile quindi assumere una configurazione di riferimento fissa B0, detta anche configurazione
materiale o lagrangiana. I punti della configurazione di riferimento detti punti materiali, individuano con le
loro coordinate i punti del corpo solido che possono assumere nel tempo posizioni diverse nello spazio. La
configurazione effettivamente assunta ad un dato istante B è invece la configurazione deformata
(relativamente alla configurazione di riferimento).

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Modelli meccanici delle strutture


Tra i modelli di solidi tridimensionali, il modello di Saint-Venant risulta sicuramente quello maggiormente
studiato nella scienza delle costruzioni.

Si tratta del problema di un


solido cilindrico di
materiale omogeneo e
isotropo caricato solo in
corrispondenza delle basi.

I risultati che si ottengono dalla soluzione di tale problema, detto problema di Saint-Venant, si estendono
alla trave generica comunque caricata ottenendo così una meccanica della trave nota come teoria tecnica
delle travi.

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Modelli meccanici delle strutture

Un solido che si sviluppa prevalentemente in una direzione, ovverosia che ha due dimensioni trascurabili
rispetto alla terza può essere schematizzato attraverso un modello monodimensionale facendo riferimento
ad una linea media l.

Il modello monodimensionale più semplice è quello di filo, caratterizzato dalla scarsa resistenza alla
variazione di forma. E’ possibile, infatti, atteggiare il filo secondo una linea geometrica qualsiasi. L’ordine tra
le parti che compongono il filo viene comunque sempre mantenuto cosicché non è improprio catalogare i
fili tra i corpi rigidi.

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Modelli meccanici delle strutture


La trave è un solido monodimensionale che presenta una non trascurabile resistenza alla variazione di
forma. Tale capacità dipende oltre che dal materiale di cui è composta la trave anche dalla geometria
tridimensionale della trave stessa.
Ad ogni punto delle linea media, che viene detto asse della trave, corrisponde una sezione retta, figura a
geometria bidimensionale che si ottiene intersecando l’asse della trave con un piano perpendicolare alla
linea d’asse stessa.

Detta l la lunghezza
dell’elemento trave ed H
una dimensione
significativa della sezione
trasversale, il modello
monodimen-sionale a
trave è attendibile se
risulta H/l <<1.

La trave è un solido monodimensionale con struttura: alla geometria monodimensionale della


linea media è necessario aggiungere la geometria bidimensionale delle sezioni rette associate
ai punti della linea d’asse.

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Modelli meccanici delle strutture


Se la sezione della trave è composta da parti di spessore medio e “piccolo” rispetto alla dimensione media
globale H della sezione, la trave viene detta trave a sezione sottile (e/H<<1).

Nel caso di trave di sezione


sottile, si può fare riferimento alla
linea media della sezione a cui
viene associata la corda
ortogonale (spessore). Se la linea
media è aperta la trave viene
definita a sezione sottile aperta,
se invece la linea media è una
curva chiusa, la trave si dice a
sezione chiusa o in parete sottile
chiusa.

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Modelli meccanici delle strutture


Un solido che si sviluppa prevalentemente in due direzioni, ovverosia che ha una dimensione trascurabile
rispetto alle altre due, viene modellato geometricamente facendo riferimento ad un modello
bidimensionale caratterizzato da una superficie media S.
Il modello bidimensionale più semplice è
quello di membrana, caratterizzato, come per
i fili, da una scarsa resistenza alla variazione di
forma. Comunque a causa della doppia
curvatura di una superficie, una membrana
possiede una maggiore rigidità alla variazione
di forma rispetto ad un filo.

Una lastra è invece un modello bidimensionale


con struttura, nel senso che alla geometria
bidimensionale della superficie media è
necessario aggiungere la geometria
monodimensionale dei segmenti ortogonali ai
punti della superficie media. La lastra a
differenza della membrana presenta una non
trascurabile resistenza alla variazione di forma.

Se bmax indica lo spesso massimo ed H la dimensione significativa della superficie media, affinché il modello
risulti attendibile deve risultare bmax/H <<1.

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Spostamenti e deformazioni
Fissata la configurazione di riferimento B0 di un solido, è possibile individuare, per ogni punto materiale X, la
configurazione deformata B attraverso il vettore spostamento u:

X  u  x  x  X
dove x corrisponde ad X nella configurazione
deformata.

Lo spostamento u risulta evidentemente


dipendente dalla configurazione di
riferimento.

Se la posizione x della generica particella di posizione iniziale X dipende dal tempo allora disegna nel tempo una
traiettoria di velocità v:
u
v  lim
t 0 t

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Spostamenti e deformazioni
Nel passare dalla configurazione B0 alla configurazione B il corpo solido si “deforma”. E’ possibile, infatti,
definire delle misure di deformazione associate alle linee, superfici e volumi interni al corpo.

Dilatazione lineare (o allungamento per unità lL


di linea) e (adimensionale): 
L

S  S0
Dilatazione quadratica (o allungamento per unità
di superficie)  (adimensionale):

S0

Dilatazione cubica (o allungamento per


unità di volume)  (adimensionale):

V  V0

V0

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Spostamenti e deformazioni
Due linee orientate r0 ed s0 nella configurazione di riferimento B0 diventano nella configurazione deformata
B, r ed s, e l’angolo Ψ da esse individuato in B0 diventa ψ in B.

La variazione g dell’angolo tra due linee che si


ha nel corso della deformazione viene
chiamato scorrimento:

  

Quale differenza tra due angoli lo scorrimento ha le dimensioni di un angolo e può quindi essere
misurato in radianti.

Processo deformativo congruente avviene senza lacerazioni o sovrapposizioni di materiale,


conservando quindi la continuità della struttura.

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Forze e tensioni
Le forze ed i momenti esterni applicati ad un generico volume V di un corpo continuo rappresentano
l’azione che l’ambiente esterno al volume esercita nel volume stesso.

Forza esterna per unità di volume f:

F(V )
f  P   lim
V P V
dove F è la forza che interessa tutto il volume
V definito in un intorno del punto P.

F( S )
Forza esterna per unità di superficie p: p  P   lim
S P S
dove F è la forza che interessa tutta la superficie S definito in un intorno del punto P.

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Forze e tensioni
Definita una generica superficie S contenente il punto P ed interna al mezzo continuo, che separa il corpo in
due parti, si individuano due facce attraverso le quali si esercitano le azioni di una parte sull’altra
(necessarie affinché le due parti restino individualmente in equilibrio con le forze esterne).

Si definisce tensione t o forza interna per


unità di superficie ([F]/[L2] associata a P e ad S

F( S )
t  P,S   lim
S P S
Ipotesi di Chauchy: la tensione t(P,S) dipende
dalla superficie S tramite la normale n ad S in
P.

t  P,S   t( P,n )

Principio di azione e reazione: le tensioni agenti sulle due facce di una stessa superficie sono l’una opposta
all’altra, ovvero hanno uguale direzione e modulo e verso opposto.

t  n   t( n )

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Forze e tensioni
Fissata una giacitura di normale n nell’intorno di un punto P di un corpo continuo, la tensione che agisce
sulla giacitura può scomporsi in due componenti: una nella direzione normale ed una nella direzione
parallela alla giacitura

La componente nella direzione normale viene


detta componente normale di tensione o
tensione normale, mentre quella in direzione
tangenziale viene detta componente
tangenziale di tensione o tensione tangenziale.

Dato un sistema di riferimento cartesiano


ortogonale Oxyz si consideri nell’intorno di un
punto P un cubo avente facce parallele ai piani
coordinati. Su ogni faccia del cubo (giacitura)
agiscono tre componenti di tensioni: una
normale e due tangenziali

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Forze e tensioni
Le componenti di tensione uscenti concordi con gli assi definiscono una matrice detta matrice degli sforzi,
che rappresenta lo stato di tensione nell’intorno di un punto.

 x  xy  xz  Le componenti di tensione relative ad una faccia del cubo


 
  yx  y  yz 
definiscono una colonna della matrice degli sforzi.
 zx  zy  z 

Teorema di reciprocità delle tensioni tangenziali.


Date nell’intorno di un punto P, due giaciture ortogonali
tra loro, le componenti tangenziali sulle due giaciture,
nelle direzioni ortogonali allo spigolo comune sono
uguali in modulo e orientate entrambe verso lo spigolo
comune oppure orientate entrambe nella direzione
opposta.

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Forze e tensioni
Il teorema si dimostra imponendo l’equilibrio alla rotazione intorno all’asse x passante per P ed ortogonale
agli assi y e z di un cubo di lato b con centro in P.

equilibrio attorno ad x:

 yz  dx  dz   dy   zy  dx  dy   dz  0

yz  zy

Equazioni di equilibro
Ad ogni parte (ad ogni volume estraibile del corpo) si richiede di soddisfare le due equazioni di equilibrio:

F0 (equilibrio alla traslazione)


Equazioni cardinali della statica
M0 (equilibrio alla rotazione)

Le sole equazioni di equilibrio sono sufficienti e stabilire la statica del corpo rigido ma non del corpo
continuo deformabile.

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Le reazioni vincolari
Il punti dei sistemi strutturali anziché liberi di muoversi liberamente, possono essere obbligati ad assumere
solo posizioni compatibili con certe condizioni dette di vincolo.

I problemi della “statica” per essere risolti devono riguardare sistemi i cui vincoli risultino almeno sufficienti
ad impedire qualunque movimento. Se i vincoli sono insufficienti il sistema si definisce labile, se i vincoli
sono strettamente sufficienti il sistema si dice isostatico, mentre la struttura si definisce iperstatica se i
vincoli risultano sovrabbondanti.

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I modelli meccanici dei materiali

Materiali omogenei. Un materiale è detto omogeneo se le sue caratteristiche non variano da


punto a punto, ovverosia non variano nello spazio occupato dal materiale.

Materiali isotropi. Un materiale è detto isotropo in un dato punto se le sue caratteristiche non
variano al variare della direzione uscente dal punto. Il materiale è detto isotropo se risulta
isotropo in ogni punto.

I modelli meccanici dei materiali, impiegati nell’analisi strutturale, dipendono dalla raffinatezza dell’analisi
condotta, dal tipo di struttura analizzata e dall’entità delle azioni cui il materiale è sottoposto.

Le caratteristiche meccaniche dei materiali strutturali vengono determinate tramite prove su elementi
semplici detti provini, costruiti con il materiale oggetto di indagine ed opportunamente sollecitati. Al fine
della riproducibilità delle prove e del confronto dei risultati ottenuti, le prove sono standardizzate sia nella
forma dei provini che nel modo di sollecitarli.

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I modelli meccanici dei materiali


Prova di trazione monoassiale. Viene effettuata su un provino a forma di cilindro allungato a sezione
simmetrica, sollecitato da una forza di trazione ad un’estremità la cui retta d’azione passa per l’intersezione
tra i due assi di simmetria (assenza di inflessioni laterali).

Il provino presenta uno stato di deformazione


omogeneo, almeno ad una certa distanza dalle sue
sezioni di estremità fin tanto che l’intensità della forza
resta limitata.
In una sezione ortogonale all’asse, sufficientemente
lontana dagli estremi, agisce la sola tensione normale
s=F/A con A = sezione del cilindro dopo l’applicazione
della forza. Lo stato di tensione è detto di trazione
semplice.
I risultati della prova vengono riportati in un
diagramma tensione-dilatazione lineare.

La tensione viene normalmente espressa in termini di tensione nominale s0=F/A0 con A0 area iniziale del
provino. Se la dilatazione superficiale di A0 è piccola la tensione nominale approssima opportunamente la
tensione vera s=F/A.

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I modelli meccanici dei materiali


Anche la dilatazione lineare viene espressa in termini nominali:

l  l0 dove l ed l0 rappresentano rispettivamente la


0  lunghezza del provino soggetto alla forza F e nella
l0 configurazione scarica (indeformata).

Prova di torsione. Viene effettuata su un provino a forma di cilindro cavo allungato di spessore sottile b e
composto da materiale omogeneo che viene fissato ad un’estremità e assoggettato all’altra ad un momento
torcente Mt. Nella zona centrale del provino si crea uno stato di sforzo omogeneo di taglio semplice.

Stato di tensione di taglio


semplice

Superficie media di raggio


Rm e altezza h

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I modelli meccanici dei materiali


Si può ipotizzare, in virtù dello spessore sottile, che lungo la generica corda la tensione tangenziale sia
approssimativamente costante e abbia la direzione della linea media.
I risultati della prova a torsione vengono riportati in un diagramma tensione-scorrimento.

tensione scorrimento

Mt Rm
 
2 bRm2 h

Modelli ideali di comportamento. Le risposte dei materiali alle diverse azioni che li sollecitano possono
essere fatte rientrare in tre tipi fondamentali:

Elasticità. Un materiale è detto elastico se la deformazione provocata dall’applicazione di certe forze si


annulla una volta che le forze siano state rimosse.
Con riferimento a prove di trazione monoassiale, se il comportamento del materiale è elastico si ottiene una
curva che passa dall’origine degli assi e che viene percorsa in un senso se la forza viene incrementata (fase
di carico) mentre viene percorso nel verso opposto se la forza viene diminuita (fase di scarico),

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I modelli meccanici dei materiali


Se la deformazione è proporzionale all’intensità delle forze applicate si parla di elasticità lineare. La
proporzionalità tra tensione e deformazione è nota come legge di Hooke.

Dal diagramma s-e (tensione normale-dilatazione lineare) risulta definito il


modulo di Young o modulo di elasticità normale:


E  tan  E [F]/[L2]

Dal diagramma t-g (tensione tangenziale-scorrimento) risulta definito il modulo


di elasticità tangenziale o modulo di Coulomb:


G  tan G [F]/[L2]

Plasticità. Un materiale è detto plastico se tutta o parte della deformazione dovuta alle forze applicate non
viene recuperata, una volta che tali forze siano state rimosse.
Si dice che un materiale ha un comportamento elasto-plastico se solo una parte della deformazione dovuta
alle forze applicate non viene recuperata. Tale comportamento è accompagnato dalla presenza di un
dominio di elasticità all’interno del quale le deformazioni sono totalmente recuperabili superato il quale si
manifesta il comportamento plastico.

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I modelli meccanici dei materiali

Le deformazioni plastiche si manifestano superata la tensione di


snervamento tensione limite del dominio elastico. Se la curva di carico
del provino vergine oltre il limite di snervamento è crescente,
snervando il materiale provoca un innalzamento del limite di
snervamento, fenomeno che ha il nome di incrudimento.

Il modello più semplice possibile per un materiale elasto-plastico è rappresentato da un diagramma


composto da una bilatera: una linea passante dall’origine degli assi a rappresentare un comportamento
iniziale elastico lineare ed una linea raccordata alla precedente in corrispondenza della tensione di
snervamento a rappresentare un successivo comportamento plastico ancora lineare.

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I modelli meccanici dei materiali


Viscosità. Un materiale è detto viscoso se la sua risposta alle sollecitazioni varia con il tempo. Un materiale
viscoso modifica quindi la sua risposta nel tempo senza che si modifichino le azioni che lo sollecitano.
Nel caso di solidi viscoelastici il comportamento è identico a quello dei solidi elastici se le forze sollecitanti
sono praticamente istantanee, mentre se i carchi sono applicati per lunghi periodi anche con valori costanti
nel tempo le deformazioni aumentano.

Con riferimento ad una prova di trazione semplice, in breve intervallo di tempo (quasi istantaneamente
viene applicata una tensione s provocando una deformazione elastica istantanea e0. Mantenendo poi
costante la tensione, la dilatazione continua a svilupparsi nel corso del tempo raggiungendo il valore
asintotico e. la differenza e0-e viene definita elasticità ritardata.

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I modelli meccanici dei materiali

Prove su materiali metallici. I materiali metallici presentalo a livello di provino un comportamento analogo
a trazione e compressione, la prove standard più semplice da realizzare è indubbiamente la prova a trazione
semplice.

Diagramma tensione nominale-dilatazione nominale di un acciaio per struttura metallica (Fe360).

Il diagramma è caratterizzata, nella parte iniziale, da un tratto elastico lineare, fino al valore della tensione di
snervamento e da un successivo tratto perfettamente plastico.

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I modelli meccanici dei materiali

In realtà lo snervamento avviene ad un


valore sss detto di snervamento superiore,
successivamente la tensione diminuisce
fino a stabilizzarsi sul valore denominato
snervamento inferiore ssi che a differenza
di sss non dipende dalla forma del provino
e pertanto viene assunto come valore di
riferimento.

Al tratto perfettamente plastico segue un tratto ad incrudimento positivo seguito a sua volta da un tratto ad
incrudimento negativo. La tensione massima sr, raggiunta al passaggio tra incrudimento positivo e negativo
viene definita tensione di rottura. Dopo il raggiungimento della tensione di rottura si sviluppa un fenomeno
di localizzazione delle deformazione noto come strizione e consiste in un restringimento localizzato che fa
perdere l’omogeneità nel provino.

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La statica dei sistemi rigidi e dei corpi deformabili

Nella presente trattazione si studierà la risposta strutturale di sistemi sollecitati da azioni applicate “quasi
staticamente”, cioè in modo da non provocare accelerazioni sensibili al sistema. Pertanto vengono
trascurate le azioni inerziali che determinano la risposta in condizioni dinamiche.

Per studiare la struttura resistente è necessario conoscere tutte le forze esterne che la
sollecitano. Perciò noti i carichi, occorre innanzitutto determinare le reazioni dei vincoli.
Queste devono soddisfare alla condizione di mantenere in equilibrio il corpo qualora vengano
sostituite ai vincoli, cioè di “fare equilibrio con i carichi”.
Tale condizione è a volte sufficiente per determinare le reazioni, il sistema strutturale in tali casi può essere
studiato come un insieme di corpi rigidi (strutture isostatiche), in altri casi (strutture iperstatiche) oltre alle
condizioni di equilibrio è necessario fare riferimento anche alla congruenza degli spostamenti tra i corpi che
compongono la struttura e tra i corpi ed i vincoli esterni (statica dei corpi deformabili).

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La statica dei sistemi rigidi e dei corpi deformabili


Ogni corpo solido sotto l’azione di forze esterne si
deforma. Se le forze non raggiungono valori eccessivi
(comunque all’interno del limite elastico) le
deformazioni risultano piccolissime rispetto alle
dimensioni del corpo. Risulta pertanto spontaneo
studiare l’equilibrio del corpo, soggetto ai carichi e
alle reazioni dei vincoli, trascurando le deformazioni
elastiche cioè considerandolo come rigido.
Non sempre però questa semplificazione è possibile,
per cui spesso si è costretti a tener conto delle
deformazioni, casi b) e c).
Se gli spostamenti dei corpi sono “piccoli” è sempre
lecito imporre l’equilibrio nella configurazione
indeformata, che evidentemente è nota al momento
dell’analisi.
In alcuni casi (b) per garantire equilibrio tra reazioni
vincolari e carichi esterni e necessario far riferimento
alla configurazione deformata. Il calcolo della risposta
strutturale prevede la soluzione di un problema non
lineare (l’equilibrio viene imposto in una
configurazione incognita).

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Vettori, tensori ed unità di misura


Vettori. Un vettore ordinario v, nello spazio euclideo tridimensionale, è caratterizzato da un modulo e,
se il modulo v è diverso da zero, da una direzione orientata nello spazio.
L’opposto – v di un vettore v ha lo stesso
modulo e direzione ma verso opposto.
Il vettore u + v somma di due vettori si può
calcolare graficamente con la regola del
parallelogramma.

Il prodotto di uno scalare a per un vettore definisce un vettore di modulo e di direzione orientata pari
a quella di v oppure opposta a seconda che a sia positivo o negativo.  v

Il prodotto scalare o interno u·v di due


vettori definisce lo scalare:

u  v  u v cos 

dove a indica l’angolo tra le direzioni


orientate di u e di v.

Il prodotto vettoriale o esterno u x v definisce un vettore di modulo: u  v  u v sin 


Avente quale direzione quella ortogonale al piano di u e v e di verso definito in modo tale che i vettori u, v,
u x v costituiscano, in questo ordine una terna destra.

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Vettori, tensori ed unità di misura


Rappresentazione algebrica (in componenti) di vettori. Si definisce una terna di assi cartesiani ortogonali
Oxyz, ex, ey, ez siano i versori degli assi.

 1 se i=j Un qualunque vettore v può esprimersi come:


ei  e j  ij  
0 se i  j
v  vx e x  v y e y  vz ez  i vi ei con i=x,y,z

Il vettore algebrico delle componenti vale:

v x 
 
v   v y 
 
 vz 
Secondo tale rappresentazioni le operazioni vettoriali diventano:

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Vettori, tensori ed unità di misura


Tensori. Un tensore doppio o tensore è una trasformazione lineare nello spazio dei vettori che ad un
vettore v associa un altro vettore u.

La rappresentazione algebrica di
un tensore A, relativamente ad un
Operazioni con i tensori doppi: dato sistema di coordinate, risulta
quindi essere la matrice 3x3
composta dagli scalari Aij, detti
componenti di A:

Il prodotto tensoriale equivale ad un tensore doppio:

Proiezione di un vettore nella direzione e:

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Vettori, tensori ed unità di misura


Unità di misura. Si fa riferimento al sistema internazionale (SI).

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I sistemi di vettori (statica grafica)


Definizioni base
Dato un vettore applicato (A, u), avente r come retta d’azione
e fissato un generico punto O, distinto da A, si definisce
vettor momento o momento M(O) di (A, u) rispetto al polo O
il vettore definito dalla seguente relazione:

M( O )  ( A  O )  u

Risultante e momento risultante di un sistema di vettori applicati.


Dato S sistema di vettori applicati (A1, u1), (A2, u2), …. (An, un) si definisce risultante R del sistema il vettore
somma dei vettori u1, u2, …. un.
n
R  u j
j 1

Si definisce momento risultante rispetto ad un punto O (polo) il vettore somma dei momenti dei singoli
vettori tutti valutati rispetto ad O.
n
M( O )  ( Aj  O )  u j
j 1

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I sistemi di vettori (statica grafica)


Legge di trasposizione dei momenti. Il momento risultante di un sistema S di vettori applicati rispetto ad un
polo O’ è pari alla somma del momento risultante di S rispetto al polo O e del momento, rispetto ad O’ del
risultante applicato in O.

M( O')  M( O )  ( O  O')  R

 se O’ viene assunto lungo una retta parallela ad R per O  M(O’)=M(O).

Sistemi equivalenti. Due sistemi S ed S’ di vettori applicati si dicono equivalenti quando hanno egual
risultante ed egual momento risultante rispetto a tutti i punti del dominio in cui è definito il polo, ossia
quando soddisfano, qualunque sia il polo P, alle relazioni:

R  R'; M(P)  M '( P )

 per accertarsi che sussista l’equivalenza in assoluto (per ogni polo) è sufficiente provare l’esistenza di un
punto O con riferimento al quale si abbia:

R  R'; M(O)  M '( O )

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I sistemi di vettori (statica grafica)


Sistemi piani. Si dicono piani i sistemi di vettori applicati le cui rette d’azione
appartengono tutte ad un piano. Per essi il risultante R se diverso da 0
appartiene al piano ed il momento risultante M(O) rispetto ad un polo O
appartenente allo stesso piano di R è normale ad R.

 Il sistema è equivalente al risultante R applicato all’asse centrale;


 se R=0 il sistema è equivalente ad una coppia di momento M pari al momento risultante rispetto ad un
punto qualsiasi.
 vale il teorema di Varignon (per i sistemi ad invariante scalare nullo): il momento risultante rispetto ad un
qualsiasi polo O può essere calcolato semplicemente valutando il momento della risultante R rispetto ad O.

M(O)  (   O )  R dove Ω è un punto qualsiasi dell’asse centrale.

Detto (Aj, uj) un vettore applicato del sistema, il suo momento rispetto al polo generico nel piano O si può
esprimere come prodotto del versore i normale al piano per la componente del momento Mj rispetto ad i:

M j (O)  M i j i con Mij momento statico di uj rispetto ad O.

Il momento risultante vale: M(O)  M i i   M i j i con Mi momento del sistema rispetto ad O.


j

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I sistemi di vettori (statica grafica)


Molto frequentemente nelle applicazioni di statica è necessario comporre un sistema piano di vettori, ossia
determinare il risultante equivalente o la coppia risultante; inversamente può essere richiesto di
decomporre un vettore applicato in un sistema piano ad esso equivalente.
Le operazioni di composizione e decomposizione possono compiersi per via grafica o per via analitica. In
ogni caso è evidente che occorre fissare innanzitutto opportune scale atte a rappresentare nel rapporto
voluto le lunghezze (scala delle lunghezze) e le intensità (scala delle intensità/forze)

Il procedimento grafico di composizione


di un sistema piano di n vettori
concorrenti può comporsi per via grafica
oltre che per applicazione ripetuta del
procedimento valido per la composizione
del due vettori anche e più agevolmente
attraverso la poligonale dei vettori.
Se la poligonale è aperta la risultante R è
diversa da 0 ed è individuata dal lato di
chiusura della poligonale (segmento
orientato O4). L’operazione di
composizione si completa conducendo
per il punto A la retta parallela ad R.

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I sistemi di vettori (statica grafica)


Composizione di vettori non concorrenti. Ci si avvale ancora della poligonale dei vettori per determinare la
risultante mentre per la ricerca dell’asse centrale si utilizza il cosiddetto poligono funicolare.

Scelto nel piano un punto arbitrario P


detto polo, non appartenente alla
poligonale, si proiettano in P i punti 0, 1,
2, 3, 4. A partire da un punto A0 anch’esso
arbitrario, si conduce la parallela alla
proiettante P0 fino ad incontrare in A1 la
retta r1 del primo vettore u1 e poi,
successivamente le parallele alle P1, P2,
P3, P4 costruendo così i lati A1A2, A2A3,
A3A4 di un poligono detto funicolare.
L’intersezione del primo e dell’ultimo lato
appartiene all’asse centrale.

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