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Pasquale Lucia
La struttura portante può immaginarsi costituita da un’insieme di elementi strutturali tra di loro
interconnessi ed in grado di reagire con l’ambiente circostante.
Per prevedere il comportamento della struttura, la meccanica strutturale fa uso di modelli matematici che
servono a semplificare il complesso problema fisico reale; tali modelli risultano appropriati solo se i dettagli
trascurati non impediscono di cogliere gli aspetti essenziali del fenomeno e quindi sono in accordo con i
risultati sperimentali.
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MODELLO
INPUT MATEMATICO DI
Modello della azioni esterne SOLLECITANTE
STRUTTURA
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(a) Secondo la variazione nel tempo le azioni possono venir classificate in: azioni permanenti, se le variazioni
sono trascurabili (es. peso proprio della struttura); azioni variabili se le variazioni sono frequenti o continue e
non trascurabili rispetto al valor medio. Le azioni variabili comprendono i carichi dovuti all’utilizzo dell’opera,
le forze risultanti dal vento, dalla neve, dagli effetti della temperatura, etc; azioni accidentali se intervengono
solo raramente, comprendono le forze dovute urti, esplosioni, valanghe, terremoti etc.
(b) Secondo la variazione nello spazio le azioni si classificano in: azioni fisse, la cui distribuzione sulla
struttura è definita senza ambiguità; azioni libere se possono avere qualunque distribuzione arbitraria sulla
struttura.
(c) Le azioni secondo loro natura possono essere di due tipi: azioni statiche che non generano accelerazioni
significative sulla struttura o su parti di essa; azioni dinamiche che generano accelerazioni significative sulla
struttura.
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I modelli meccanici che assieme alla definizione e caratterizzazione dei vincoli interni ed
esterni rappresentano i modelli geometrici dei sistemi strutturali, possono essere distinti, in
base alla forma, in tre categorie fondamentali: modelli tridimensionali (di forma generica o
indefinita), modelli bidimensionali in cui due dimensioni “prevalgono” sulla terza e modelli
monodimensionali in cui una dimensione “prevale” sulle altre due.
Il modello tridimensionale per eccellenza è il modello di corpo continuo. In tal caso la forma
del corpo può essere generica. Nell’ambito di un tale modello possono essere comprese tutte
le parti semplici di strutture comprese quelle mono e bidimensionali come anche le strutture
complessive stesse.
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I modelli tridimensionali analizzati nella meccanica strutturale sono i corpi solidi, caratterizzati
dalla proprietà di conservare nel tempo la forma o quantomeno un ordine tra le parti
componenti che permette di identificare il corpo ad ogni istante.
E’ possibile quindi assumere una configurazione di riferimento fissa B0, detta anche configurazione
materiale o lagrangiana. I punti della configurazione di riferimento detti punti materiali, individuano con le
loro coordinate i punti del corpo solido che possono assumere nel tempo posizioni diverse nello spazio. La
configurazione effettivamente assunta ad un dato istante B è invece la configurazione deformata
(relativamente alla configurazione di riferimento).
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I risultati che si ottengono dalla soluzione di tale problema, detto problema di Saint-Venant, si estendono
alla trave generica comunque caricata ottenendo così una meccanica della trave nota come teoria tecnica
delle travi.
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Un solido che si sviluppa prevalentemente in una direzione, ovverosia che ha due dimensioni trascurabili
rispetto alla terza può essere schematizzato attraverso un modello monodimensionale facendo riferimento
ad una linea media l.
Il modello monodimensionale più semplice è quello di filo, caratterizzato dalla scarsa resistenza alla
variazione di forma. E’ possibile, infatti, atteggiare il filo secondo una linea geometrica qualsiasi. L’ordine tra
le parti che compongono il filo viene comunque sempre mantenuto cosicché non è improprio catalogare i
fili tra i corpi rigidi.
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Detta l la lunghezza
dell’elemento trave ed H
una dimensione
significativa della sezione
trasversale, il modello
monodimen-sionale a
trave è attendibile se
risulta H/l <<1.
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Se bmax indica lo spesso massimo ed H la dimensione significativa della superficie media, affinché il modello
risulti attendibile deve risultare bmax/H <<1.
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Spostamenti e deformazioni
Fissata la configurazione di riferimento B0 di un solido, è possibile individuare, per ogni punto materiale X, la
configurazione deformata B attraverso il vettore spostamento u:
X u x x X
dove x corrisponde ad X nella configurazione
deformata.
Se la posizione x della generica particella di posizione iniziale X dipende dal tempo allora disegna nel tempo una
traiettoria di velocità v:
u
v lim
t 0 t
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Spostamenti e deformazioni
Nel passare dalla configurazione B0 alla configurazione B il corpo solido si “deforma”. E’ possibile, infatti,
definire delle misure di deformazione associate alle linee, superfici e volumi interni al corpo.
S S0
Dilatazione quadratica (o allungamento per unità
di superficie) (adimensionale):
S0
V V0
V0
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Spostamenti e deformazioni
Due linee orientate r0 ed s0 nella configurazione di riferimento B0 diventano nella configurazione deformata
B, r ed s, e l’angolo Ψ da esse individuato in B0 diventa ψ in B.
Quale differenza tra due angoli lo scorrimento ha le dimensioni di un angolo e può quindi essere
misurato in radianti.
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Forze e tensioni
Le forze ed i momenti esterni applicati ad un generico volume V di un corpo continuo rappresentano
l’azione che l’ambiente esterno al volume esercita nel volume stesso.
F(V )
f P lim
V P V
dove F è la forza che interessa tutto il volume
V definito in un intorno del punto P.
F( S )
Forza esterna per unità di superficie p: p P lim
S P S
dove F è la forza che interessa tutta la superficie S definito in un intorno del punto P.
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Forze e tensioni
Definita una generica superficie S contenente il punto P ed interna al mezzo continuo, che separa il corpo in
due parti, si individuano due facce attraverso le quali si esercitano le azioni di una parte sull’altra
(necessarie affinché le due parti restino individualmente in equilibrio con le forze esterne).
F( S )
t P,S lim
S P S
Ipotesi di Chauchy: la tensione t(P,S) dipende
dalla superficie S tramite la normale n ad S in
P.
t P,S t( P,n )
Principio di azione e reazione: le tensioni agenti sulle due facce di una stessa superficie sono l’una opposta
all’altra, ovvero hanno uguale direzione e modulo e verso opposto.
t n t( n )
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Forze e tensioni
Fissata una giacitura di normale n nell’intorno di un punto P di un corpo continuo, la tensione che agisce
sulla giacitura può scomporsi in due componenti: una nella direzione normale ed una nella direzione
parallela alla giacitura
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Forze e tensioni
Le componenti di tensione uscenti concordi con gli assi definiscono una matrice detta matrice degli sforzi,
che rappresenta lo stato di tensione nell’intorno di un punto.
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Forze e tensioni
Il teorema si dimostra imponendo l’equilibrio alla rotazione intorno all’asse x passante per P ed ortogonale
agli assi y e z di un cubo di lato b con centro in P.
equilibrio attorno ad x:
yz dx dz dy zy dx dy dz 0
yz zy
Equazioni di equilibro
Ad ogni parte (ad ogni volume estraibile del corpo) si richiede di soddisfare le due equazioni di equilibrio:
Le sole equazioni di equilibrio sono sufficienti e stabilire la statica del corpo rigido ma non del corpo
continuo deformabile.
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Le reazioni vincolari
Il punti dei sistemi strutturali anziché liberi di muoversi liberamente, possono essere obbligati ad assumere
solo posizioni compatibili con certe condizioni dette di vincolo.
I problemi della “statica” per essere risolti devono riguardare sistemi i cui vincoli risultino almeno sufficienti
ad impedire qualunque movimento. Se i vincoli sono insufficienti il sistema si definisce labile, se i vincoli
sono strettamente sufficienti il sistema si dice isostatico, mentre la struttura si definisce iperstatica se i
vincoli risultano sovrabbondanti.
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Materiali isotropi. Un materiale è detto isotropo in un dato punto se le sue caratteristiche non
variano al variare della direzione uscente dal punto. Il materiale è detto isotropo se risulta
isotropo in ogni punto.
I modelli meccanici dei materiali, impiegati nell’analisi strutturale, dipendono dalla raffinatezza dell’analisi
condotta, dal tipo di struttura analizzata e dall’entità delle azioni cui il materiale è sottoposto.
Le caratteristiche meccaniche dei materiali strutturali vengono determinate tramite prove su elementi
semplici detti provini, costruiti con il materiale oggetto di indagine ed opportunamente sollecitati. Al fine
della riproducibilità delle prove e del confronto dei risultati ottenuti, le prove sono standardizzate sia nella
forma dei provini che nel modo di sollecitarli.
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La tensione viene normalmente espressa in termini di tensione nominale s0=F/A0 con A0 area iniziale del
provino. Se la dilatazione superficiale di A0 è piccola la tensione nominale approssima opportunamente la
tensione vera s=F/A.
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Prova di torsione. Viene effettuata su un provino a forma di cilindro cavo allungato di spessore sottile b e
composto da materiale omogeneo che viene fissato ad un’estremità e assoggettato all’altra ad un momento
torcente Mt. Nella zona centrale del provino si crea uno stato di sforzo omogeneo di taglio semplice.
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tensione scorrimento
Mt Rm
2 bRm2 h
Modelli ideali di comportamento. Le risposte dei materiali alle diverse azioni che li sollecitano possono
essere fatte rientrare in tre tipi fondamentali:
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E tan E [F]/[L2]
G tan G [F]/[L2]
Plasticità. Un materiale è detto plastico se tutta o parte della deformazione dovuta alle forze applicate non
viene recuperata, una volta che tali forze siano state rimosse.
Si dice che un materiale ha un comportamento elasto-plastico se solo una parte della deformazione dovuta
alle forze applicate non viene recuperata. Tale comportamento è accompagnato dalla presenza di un
dominio di elasticità all’interno del quale le deformazioni sono totalmente recuperabili superato il quale si
manifesta il comportamento plastico.
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Con riferimento ad una prova di trazione semplice, in breve intervallo di tempo (quasi istantaneamente
viene applicata una tensione s provocando una deformazione elastica istantanea e0. Mantenendo poi
costante la tensione, la dilatazione continua a svilupparsi nel corso del tempo raggiungendo il valore
asintotico e. la differenza e0-e viene definita elasticità ritardata.
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Prove su materiali metallici. I materiali metallici presentalo a livello di provino un comportamento analogo
a trazione e compressione, la prove standard più semplice da realizzare è indubbiamente la prova a trazione
semplice.
Il diagramma è caratterizzata, nella parte iniziale, da un tratto elastico lineare, fino al valore della tensione di
snervamento e da un successivo tratto perfettamente plastico.
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Al tratto perfettamente plastico segue un tratto ad incrudimento positivo seguito a sua volta da un tratto ad
incrudimento negativo. La tensione massima sr, raggiunta al passaggio tra incrudimento positivo e negativo
viene definita tensione di rottura. Dopo il raggiungimento della tensione di rottura si sviluppa un fenomeno
di localizzazione delle deformazione noto come strizione e consiste in un restringimento localizzato che fa
perdere l’omogeneità nel provino.
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Nella presente trattazione si studierà la risposta strutturale di sistemi sollecitati da azioni applicate “quasi
staticamente”, cioè in modo da non provocare accelerazioni sensibili al sistema. Pertanto vengono
trascurate le azioni inerziali che determinano la risposta in condizioni dinamiche.
Per studiare la struttura resistente è necessario conoscere tutte le forze esterne che la
sollecitano. Perciò noti i carichi, occorre innanzitutto determinare le reazioni dei vincoli.
Queste devono soddisfare alla condizione di mantenere in equilibrio il corpo qualora vengano
sostituite ai vincoli, cioè di “fare equilibrio con i carichi”.
Tale condizione è a volte sufficiente per determinare le reazioni, il sistema strutturale in tali casi può essere
studiato come un insieme di corpi rigidi (strutture isostatiche), in altri casi (strutture iperstatiche) oltre alle
condizioni di equilibrio è necessario fare riferimento anche alla congruenza degli spostamenti tra i corpi che
compongono la struttura e tra i corpi ed i vincoli esterni (statica dei corpi deformabili).
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Il prodotto di uno scalare a per un vettore definisce un vettore di modulo e di direzione orientata pari
a quella di v oppure opposta a seconda che a sia positivo o negativo. v
u v u v cos
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v x
v v y
vz
Secondo tale rappresentazioni le operazioni vettoriali diventano:
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La rappresentazione algebrica di
un tensore A, relativamente ad un
Operazioni con i tensori doppi: dato sistema di coordinate, risulta
quindi essere la matrice 3x3
composta dagli scalari Aij, detti
componenti di A:
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M( O ) ( A O ) u
Si definisce momento risultante rispetto ad un punto O (polo) il vettore somma dei momenti dei singoli
vettori tutti valutati rispetto ad O.
n
M( O ) ( Aj O ) u j
j 1
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M( O') M( O ) ( O O') R
Sistemi equivalenti. Due sistemi S ed S’ di vettori applicati si dicono equivalenti quando hanno egual
risultante ed egual momento risultante rispetto a tutti i punti del dominio in cui è definito il polo, ossia
quando soddisfano, qualunque sia il polo P, alle relazioni:
per accertarsi che sussista l’equivalenza in assoluto (per ogni polo) è sufficiente provare l’esistenza di un
punto O con riferimento al quale si abbia:
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Detto (Aj, uj) un vettore applicato del sistema, il suo momento rispetto al polo generico nel piano O si può
esprimere come prodotto del versore i normale al piano per la componente del momento Mj rispetto ad i:
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