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Libro 2: Graham Clarke, La fotografia

CAP I
1760: lo scrittore francese Francois Tiphaigne de la Roche, nel romanzo Giphante, predice con
meraviglia la possibilità di fissare un'immagine.
Come ha affermato Beaumonti Newhall, quella che chiamiamo fotografia è l'applicazione
compbinata di fenomeni ottici e chimici da tempo noti all'uomo, nonostante questo nulla tolga
all'essenziale elemento di sorpresa e fascinazione. Il termine fotografia significa “scrittura con la
luce”, quindi dipende dalla stessa.
Il primo a fissare un'immagine fotografica fu, nel 1826, il francese Nièpce (Vista dalla finestra a
Gras un'eliografia che richiese un'esposizione di otto ore, il cui aspetto sfocato trasmette
misteriosità). La qualità insufficiente indusse Nièpce a collaborare con un altro francese, Daguerre,
il cui interesse per il diorama, spesso sottovalutato, sottolinea il suo interesse per la produzione di
vedute e prospetti di città e paesaggi. Nel 1839 (6 anni dopo la morte di Nièpce) Daguerre pubblicò
il nuovo procedimento fotografico del dagherrotipo, la riproduzione spontanea delle immagini della
natura ricevute dentro la camera obscura, un processo chimico e fisico che consentiva alla natura di
riprodursi. Il pittore Paul Delaroche disse “da oggi la pittura è morta”. Caratteristica straordinaria
del dagherrotipo era la capacità di riprodurre i dettagli ( Interno di atelier, 1837, possiede nitore e
chiarezza assenti in Nièpce, mostra precisione nei contorni e nei dettagli; la fissità esamine del
soggetto è tipica del dagherrotipo, poiché il prolungato tempo di esposizione costringeva a
immobilizzare il soggetto primo dello scatto) (Boulevard du Temple, Paris 1838 è una delle prime
scene urbane, dotata di una grande gamma di totalità e capacità di dettaglio).
Svantaggi dagherrotipo: tempi di esposizione lunghi, scelta del soggetto limitata (il minimo
movimento causava una sfocatura nell'immagine; per questo si concentra su soggetti statici), inoltre
non era riproducibile (non esistendo alcun processo di negativo/positivo). La sua superficie era
delicata e sensibile ai graffi doveva essere attentamente protetta, spesso da una custodia in pelle
foderata di velluto. Il dagherrotipo era un'immagine che trasmetteva informazioni, ma anche un
oggetto da trattare con cura.
Lo scienziato e artista inglese Talbot elaborò nel 1800 le basi della fotografia moderna, mettendo a
punto il primo procedimento fotografico negativo/positivo, permettendo la realizzazione di copie
multiple da un singolo negativo (Disegno fotogenico, 1844, è poco più della traccia di un motivo o
di un oggetto, di solito su carta, privi della sensazione di tridimensionalità essenziale nella
fotografia vera e propria). Talbot iniziò i suoi esperimenti con le fotografie nel 1833, durante un
soggiorno in Italia, dopo aver utilizzato una camera lucida per realizzare disegni più accurati. Nel
1834 si dedicò a quello che chiamava disegno fotogenico, il quale prevedeva l'impiego di nitrati
d'argento su carta ed era una delle più elementari forme di fotografia.
Entro il 1840 produsse il calotipo, etimologicamente bella immagine, primo autentico processo
fotografico positivo/negativo, ancora oggi alla base di tutti i metodi fotografici. Nonostante non
avesse la precisione nei dettagli del dagherrotipo, offriva vantaggio di poter ricavare un numero
infinito di stampe in positivo: era avvento foto vera e propria. Talbot stampò i primi calotipi nel
1840 e utilizzo questo procedimento per illustrare The Pencil Of Nature (1844).
(Finestra con telaio a griglia, Talbot 1835, di minuscole dimensionji, il primo negativo fotografico
ha un significato straordinario, poiché rese possibile per la prima volta un numero infinito di stampe
positive)
La sensazione di un mutamento tecnologico perpetuo è caratteristica fin dagli inizi. 1851 Frederick
Scott Archer, scultore inglese, aveva prodotto il procedimento al collodio: sistema basato su lastre
di vetro umide. Difetto: lo sviluppo doveva avvenire immediatamente dopo la cattura
dell'immagine, quindi limitazione tecnologica elementare ma importantissima rispetto a come e
dove fotografare. 1871 Richard Leach Madox, un medico inglese, mise a punto le prime lastra da
utilizzare con la gelatina e nel 1877 nacque la lastra alla gelatina secca. Talbot usava apparecchi di
legno e ottone, fatti a mano, che utilizzavano lenti fisse, sebbene nel 1840 Voigtlander avesse creato
le lenti Petzval, capaci di ridurre anche del 90% il tempo di esposizione. Da un lato abbiamo gli
apparecchi fotografici di Talbot, bellissimi ma molto costosi, dall'altro già dal 1884 le prime
pellicole di negativo in rullo. Queste prodotte da Eastman che nel 1888 mise in commercio il primo
apparecchio Kodak Importante 2 motivi: costava poco e facile da usare. Nel 1895 il prezzo della
Kodak tascabile era sceso a una ghinea e nel 1900, con l'avvento della Brownie, fu possibile
acquistare una macchina fotografica per 1 dollaro.
In meno di 60 anni la fotografia era la forma d'arte democratica per eccellenza, rendeva tutto e tutti
potenzialmente importanti. Per definire una foto dobbiamo osservarla in base alla definizione di
roland Barthes “un involucro trasparente e leggero” espressione che suggerisce l'ambiguità
fondamentale dell'oggetto prodotto e del mezzo espressivo. La Photographic Society fu fondata nel
1853 a Londra per promuovere il concetto di fotografia come una delle belle arti. In
contrapposizione all'idea diffusa della fotografia come qualcosa di reale e fedele è sempre esistita
una forte tendenza, associala alla fotografia artistica, che insiste sulla capacità di questo mezzo di
esprimere qualcosa al di là dell'apparenza superficiale delle cose. Paul Strand ammiratore di Alfred
Stieglitz parlà dell'intensità di visione della macchina fotografica, mentre Edward Weston menzionò
la capacità dell'apparecchio di scrutare a fondo la natura delle cose”. Siegfried Kracuaer dice che il
potere del medium è nella capacità di aprire nuove dimensioni del reale, fino ad ora insospettate.
Baudelaire sostiene la scarsità della fotografia di riflettere altro che l'aspetto superficiale delle cose,
mentre quest'altra prospettiva mitizza la superiorità dell'insight rispetto alla sight.
Le dimensioni di una fotografia ci mettono in guardia rispetto al modo in cui la foto stessa
incornicia lo spazio. Lo spazio di una foto è stato suddiviso tra due generi pittorici, entrambi
emblematici nel modo in cui ci situiamo nello spazio e lo organizziamo secondo principi estetici e
culturali. La macchina fotografia Polaroid produce un formato quadrato e un conseguente effetto
diverso (sfruttato appieno dalla fotografa americana Diane Arbus per i suoi ritratti newyorkesi:
questo formato implicava il voyeurismo e l'immediatezza spesso associati al formato Polaroid e
assegnava pari significato all'intero spazio della foto. Misura e forma della fotografia sono il riflesso
di una struttura estetica visiva più ampia, del nostro modo di imporre un ordine al mondo. La foto,
però, è sempre riduttiva.
Patinata o opaca, la superficie di una foto è sempre piatta: un'affermazione ovvia, ma con grandi
implicazioni per la foto come forma di rappresentazione. In genere, il canone tradizionale della
fotografia rifugge il colore, ponendoci di fronte al paradosso di comunicare il realismo fotografico
in bianco e nero, che per noi equivalgono al realismo, a qualcosa di autentico. Il colore rimane
sospetto e non si impone come alternativa praticabile al bianco e nero fino all'introduzione della
pellicola Kodacolor, nel 1942. Infine, una foto fissa un momento del tempo; il tempo di esposizione
dell'immagine subì variazioni nel corso della storia, passando da ore a frazioni di secondo, ma
anche la velcoità dell'apparecchio fotografico ha contribuito al mito della veridicità della fotografia:
la registrazione di quel che è successo in quel momento. Come dice Hubert Damisch, la fotografia
ci dà la traccia di un oggetto o scenda del mondo reale, ma solo nella misura in cui isola, conserva e
presenta un momento sottratto a un continuum. Tutte le fotografie non hanno né un prima, né un
dopo: rappresentano solo il momento della loro realizzazione. Ad Olivia Parker, pittrice, l'atto di
vedere sta a cuore quanto ciò che viene visto ( Bosc, 1977, immagine esemplare, foto di una pera
poggiata su piccole e non meglio identificate strutture in legno; superficie produce effetto di diverse
aree di luce; l'area dell'immagine è tutta di pari importanza; l'occhio non ha un punto in cui sostare;
questa immagine è un saggio sulla capacità della foto di svelare e nascondere a un tempo i propri
significati; il soggetto banale è stato problematizzato; l'immagine suggerisce che la foto è una forma
di rappresentazione dai mille inganni). Il momento è passato la foto produce quel che abbiamo
perduto e in un certo senso è indizio del profondo bisogno psicologico i registrare, trattenere e
classificare il mondo della nostre azioni. La foto è un preciso prodotto culturale e riflette il modo in
cui una cultura fa i conti col mondo. In quanto strumento di possesso, forse non è un caso abbia
avuto successo e raggiungo popolarità in culture specifiche. In quanto mezzo figurativo, ciparla del
mondo che rispecchia, ma altrettanto del mondo che ha in primo luogo prodotto le immagini.
CAP II.
Insistiamo sul nostro leggere una foto non come immagina ma come testo. La foto giunge al
significato attraverso quello che è stato chiamato un discorso fotografico, ovvero un linguaggio di
codici con una grammatica e una sintassi proprie. Nell'ottocento la foto veniva letta in relazione al
linguaggio accettato della pittura e della letteratura dell'epoca. I primi commentatori, come Poe,
Hawthorne, Holmes e Baudelaire, rilevarono della foto gli aspetti immediati più che quelli
simbolici. Trascurando quanto la foto replicasse significati culturali anziché oggetti reali.
Colma di significati, la fotografia è un testo denso che ha inscritti i parametri attraverso i quali
un'ideologia allo stesso tempo costruisce il significato e lo riverbera come marchio di potere e
autorità. Diane Arbus (Gemelle identiche 1967,immagine apparentemente semplice ma che
nasconde un'implicita complessità: primo livello foto tipica di Arbus e riflette il suo interesse per
l'identità, ma parla della differenza e dell'atto del guardare, diversità tale da mette in dubbio la
certezza del titolo; considerata saggio visivo sulla natura del significato fotografico) la chiamava “il
puzzle della vista, infinitamente seducente”. L'immagine fotografica contiene un messaggio
fotografico che fa parte di una pratica di significazione e riflette codici, calori e credenze della
cultura nel suo complesso. Dobbiamo ricordare che la foto è essa stesa il prodotto di un fotografo, il
riflesso di un punto di vista specifico, sia esso estetico, polemico, politico e ideologico. Scattare è
un verbo attivo e i fotografi più importanti sanno dare vita a uno stile particolare, tale da poterlo
considerare come un auteur che firma la fotografia con il marchio della autenticità creativa.
L'immagine riflette l'io e l'occhio della macchina fotografica. Roland Barthes propone
un'importante distinzione tra il significato relativo dei diversi elementi all'interno dell'inquadratura
fotografica, distinguendo tra il denotativo (il significato letterale di qualsiasi elemento
dell'immagine) e connotativo (l'imposizione di un secondo significato al messaggio fotografico vero
e proprio). Bathes ha tracciato un'ulteriore distinzione nel nostro modo di leggere una foto. A
proposito del messaggio fotografico, egli identifica due fattori distinti nel nostro rapporto con
l'immagine. Il primo lo stadium è l'applicazione a una cosa, il gusto per qualcuno, una sorta di
interessamento sollecito, mentre il secondo il punctum, è puntura. La differenza tra i due è
fondamentale poiché lo studium suggerisce una reazione passiva al fascino di una foto, mentre il
punctum rende possibile una lettura critica.
Altra immagine archetipica di Diane Arbus Famiglia sul prato di casa, una domenica a
Westchester, New York (1969), con il suo linguaggio dai forti tratti simbolici ci mostra un'immagine
universale della cultura americana raffigurando una normale famiglia della middle-class (geometria
dell'immagine importante, prato occupa due terzi spazio fotografico indice sensazione vuoto; alberti
sullo sfondo presenza altra e persistente; genitori distaccati e soli, ragazzino gioca da solo e volta le
spalle ai genitori; immagine gioca con codici di significato mettendoli in discussione).
Le fotografie hanno sempre avuto capacità di sondare e suggerire condizioni più generali, capacità
che rafforza il potenziale fascino universale e il linguaggio internazionale delle immagini. Furono
questi i riferimenti alla base della mostra The Family Man, curata da Wdward Steichen a New York
nel 1955. le 503 fotografie della mostra furono divise in precise categorie (creazione, nascita,
amore, lavoro, morte, ecc). La mostra suggeriva temi universali che mitigavano l'idea del
linguaggio fotografico radicato nella cultura come l'ideologia entro cui la foto fissava il proprio
significato. Una foto può quindi essere letta in base ai suoi riferimenti, non tanto come il riflesso di
un mondo reale quanto come un'interpretazione di quel mondo. Come medium la fotografia è
infannevlemente invisibile e ci lascia con un atto di rappresentazione senza soluzione di continuità,
una presenza insistente in un luogo preciso, in cui all'occhio è offerto solo il contenuto della foto, il
messaggio. Esempio pertinente è la fotografia di guerra: Guerra Civile Americana conflitto più
fotografato dell'epoca, migliaia di immagini che ne documentano l'andamento nei minimi dettagli.
Macchina fotografica come un testimone degli eventi, eppure anche a questo livello documentario
l'immagine apparentemente più neutra soffre il problema della rappresentazione.
Matthew Brady fu uno dei fotografi ufficiali più importanti della guerra. Il Generale Robert Potter
e il suo staff. Matthew Brady in piedi vicino a un albero (1865) è una foto tipica che ritrae il
comando dell'esercito dell'Unione in posa davanti alla macchina fotografica; fondamentale la
presenza del fotografo stesso a destra del gruppo militare ufficiale, presenza che mette in
discussione il significato fotografico ma anche i valori del sistema e di soggetti fotografati; sua
figura attira nostra attenzione distogliendola da Potter che viene de-centrato).
Il fatto che molti fotografi contemporanei abbiano messo in discussione l'idea di un singolo spazio
figurativo e si siano preoccupati di come si legge una foto, ci aiuta a inquadrare tutta la fotografia
nel contesto delle pratiche postmoderne. La fotografia ha man mano definito i termini per una
lettura critica dei suoi significati e della sua condizioni in quanto modalità di rappresentazione. Le
fotografie di Lee Friendlander sono volutamente difficili da leggere per il loro significato di
tasselli inseriti in un più ampio processo critico. Le sue immagini sono un saggio visivo sulla
rappresentazione culturale. Per Friendlander l'atto di leggere è fondamentale; in una delle sue
immagini più celebri “Route 9W, New York “(1969) vediamo il fotografo riflesso nello specchietto
retrovisore della macchina da cui scatta la foto della scena: egli a differenza di Brady egli non si
limita a includersi nella scena, ma inserisce riflessi e ombre tra gli elementi di una radicale presenza
simbolica; ogni singolo spazio unificato della foto si è rotto in una molteplicità di direzioni,
prospettive e significati potenziali. Altra immagine di Friendlander, Albunquerque (1972): una delle
sue tante immagini americane, potrebbe rappresentare un posto qualunque, o nessuno;
apparentemente banale cela grande complessità: occhio è saturo di rimandi impliciti alla
comunicazione, tutti gli elementi al limite del significato, atmosfera di vuoi, foto ci parla a modo
suo dell'America contemporanea. Friendlander rende familiare ciò che non lo è, e strano l'ovvio. In
questa immagine non c'è la minima sensazione di profondità, così che tutto esiste in uno spazio
percettivo bidimensionale, anzi tridimensionale. Le sue immagini cambiano la storia della foto e ci
consegnano un vocabolario critico utile per leggere gli sviluppi di quella storia.
CAP.III
The Pencil of Nature è stato definito un classico, fu il primo libro che uscì con inserti di immagini
fotografiche (24 calotipi) realizzato fu vasta scala e che preannunciò il modello in base a cui la
fotografia sarebbe stata vista per grande parte dell'ottocento. Nonostante Talbot nel testo si
preoccupa di spiegare lo sviluppo della sua tecnica fotografica, i termini utilizzati furono quelli
della pittura. Uno dei punti di riferimento per capire la fotografia del xix secolo la misura in cui essa
veniva intesa in rapporto alla pittura. C'è un miscuglio di arti tradizionali e scientificità: una parte
associal la foto all'accademia e al beau ideal proposto da Joshua Reynolds nei Discourses, l'altra
mette in rapporto con il più recente interesse per l'osservazione dettagliata. La porta aperta (1843) è
una delle composizioni formali incluse nel libro tra le più importanti di Talbot (scena di una porta
aperta, con una scopa e una lanterna; giustifica scelta del soggetto in rapporto a tradizione pittorica,
è calcolato e ordinato come un dipinto, geometria formale della luce e del disegno cementa i
riferimenti simbolici degli oggetti in primo piano, rimandando a significati che vanno oltre la
presenza scenica; dialettica connotazione e denotazione, tra realismo e idealismo).
Nel 1861 Jabez Hughes suddivide la foto in tre livelli principali: foto meccanica o letterale (foto
che ambiscono a una semplice rappresentazione degli oggetti verso cui si rivolge l'apparecchio
fotografico), foto artistica (dove il fotografo si impegna a diffondere la propria mente negli oggetti
sistemandoli, modificandoli) e foto di alto livello artistico (immagini i cui scopi sono più elevati
rispetto alla maggior parte delle foto artistiche, e che non mirano solo ad divertire, ma a istruire,
purificare, nobilitare. I vittoriano potevano trovare esempi di nobile fotografia d'arte nell'opera di
Herny Peach Robinson e di Gustave Rejlander che svilupparono le fotografie composite, un
procedimento basato su stampe combinate e sull'utilizzo di vari negativi per realizzare l'immagine
vera e propria. Tra le più famose I due modi di vivere (Rejlander 1857, foto che scimmiotta il
grande stile pittorico, si basa su contrapposizioni tra morale e immorale con a destra immagini di
frugalità e operosità e a sinistra dissoluti e degenerati) e Spegnersi (1858, Robinson riflette il debole
vittoriano per il sentimentale e il malinconico, scena costruita che suscitò scalpore) tipiche di
un'epoca. L'estremo opposto in quest'epoca è rappresentato dalla fotografia meccanica disprezzata
da Jabez. L'opera di Roger Fenton è fondamentale per chiunque voglia comprendere il xix secolo.
Produsse immagini in tutte le forme (all'epoca) accettate: paesaggi, vedute di città, nature morte e
ritratti e come Talbot vide il mondo attraverso una rigida scala di valori, strettamente collegata alle
classi elevate che fotografava. Sono altamente pittoriche e selettive. La macchina fotografica è un
occhio alla scoperta delle cose, più che un modello per leggerle secondo un ordine di importanza
preordinato. La volontà di raccogliere e classificare il mondo degli oggetti e delle strutture si riflette
in immagini come la celebre Conchiglie e fossili di Daguerre 1839 (riflette cultura museale
ottocentesca e l'impulso classificatorio e collezionistico, oggetti insistono su propria autenticità).
Condizione simile anche in opera di Hippolyte Bayard. La foto La biblioteca di Talbot 1845
riprova dell'ossessione ottocentesca per le cose, ma conferma al tempo stesso il contesto in cui
l'autore fotografa (la sua biblioteca, lo specchio letterario attraverso cui leggeva il mondo). Al pari
di quelle di Talbot, le nature morte di Fenton hanno caratteristiche compositive e formali di tipo
pittorico; la foto di Fenton mostrano una straordinaria sensibilità per le superfici e la luce, con
effetti meravigliosi nei dettagli epidermici (La frutta 1860, natura morta che mostra paralleli con la
pittura, mirabile qualità tangibile, ma al tempo stesso rispecchia lo stile di vita privilegiato dei
destinatari di simili pietanze esotiche). Gli attrezzi da giardino di Calvert Jones (1847, a differenza
della porta aperta di Talbot, egli dispone gli attrezzi in modo che conservassero il loro significato
più immediato, ci parlano del mondo del lavoro manuale).
1857 Lady Elisabeth sulla Quarterly Review dice che maggiore è la precisione dell'immagine
fotografica, minore è la sua importanza estetica. Si sentiva il bisogno di una immagine generale che
suggerisce l'effetto, non la cosa stessa. Nel 1853 William Newton, parlando della Photographic
Society, prese posizione contro i dettagli minuziosi e in favore di un effetto ampio e generale.
L'oggetto dunque si ottiene meglio se l'intero soggetto è lievemente sfocato.
Gran parte della pratica fotografica ottocentesca fu dunque portata avanti con un linguaggio
pittorico. Nel caso di Julia Margaret Cameron questo rapporto si estende anzi alla letteratura,
poiché il suo legame con Alfred Tennyson il tentativo di proporre un effetto generale e un bellezza
ideale si arricchisce di tratti tipici della poesia. Il xix secolo vide l'affermarsi di una solida
tradizione di fotografia di viaggio (Frith e il suo libro Visits to the middle east, Thomson, Du Camp,
Murry, Ponting che pubblicò le foto dei suoi viaggi in Giappone, India e Antartide), molte di queste
immagini possiedono un notevole valore etnografico e antropologico. Ingresso del Grande Tempio,
Luxor (1857, tipica di quel periodo; punto di vista esterno su un edificio importante immette scena e
personaggi in un modello pittoresco; immagini come queste contribuiscono alla nascita del
turismo).
In un periodo in cui si viaggiava poco le foto offrivano immagini meravigliose di culture altrimenti
solo immaginate. In altri contesti la macchina fotografica inizò a concentrarsi su luoghi anche molto
specifici e limitati, per tracciare analisi acute delle vite che vi si svolgevano. L'opera di Clementina
Hawarden, fotografa dilettante scelse come soggetto la raffigurazione di donne in ambienti
privilegiati, chiusi e ristretti; approccio analitico molto marcato nei confronti dei soggetti; conta
l'individualità del singolo; figure isolate, sole. Effetto non molto diverso dal tumulto interiore di
Lucy Snowe in Villette (1853, di Charlotte Bronte, che lottava contro le restrizioni sociali e i limiti
imposti alla vita delle donne. Clementina Maude (1863-64) è perfetto esempio del lavoro di Lady
Hawarden (specchio rimanda a riflessione interiore, all'immagine della donna come riflesso di
superficie, invenzione sociale; figura sul letto è fotografata nei panni di se stessa, trasmettendo
turbamento interiore). Camille Silvy, eseguì ritratto a figura intera di personaggi più in vista,
celebre ritrattista ma restituisce una figura bidimensionale. No distanza critica tra sé e il soggetto
come Hawarden in compagnia di Anna Atkins (prima fotografa), Julia Cameron e Anna Brigman,
rientra in robusta condizione culturale.
Peter Henry Emerson fu un esponente di primo piano del cosiddetto pittorialismo; era alla ricerca
di una nuova concezione della fotografia, basata su modelli e potenzialità autonomi; per questo
ignorò i continui confronti con la pittura nonostante ne fosse influenzato. Faceva riferimento alla
tradizione di Constable, Corot e della scuola di Barbizon, artisti alla trasmissione in una resa precisa
e realistica delle cose viste. Emerson era fautore di una fotografia basata sulla scienza della vista: le
potenzialità di una foto risiedevano in ciò che era di fronte alla macchina da presa, siamo al cospetto
della forma più pure di pittorialismo. Contrario al ritocco, all'effetto flou e alla stampa combinata.
Fu originale da molti punti di vista ed ebbe a cuore più di ogni altra cosa di fotografare un'area in
particolare e la sua testimonianza emersoniana sulle zone dell'east anglia e dei norfolk broads
costituisce uno dei più lunghi studi fotografici compiuti su una singola area e una singola comunità
in tutta la storia della fotografia. Ha liberato l'immagine dalle associazioni con la pittura, e dalle sue
foto ci giunge l'immagine di una comunità specifica. Tutto questo periodo comunque possiede una
forza davvero strabiliante: i ritratti di Hill e Adams, l'accurato resoconto della regione di Whitby
compiuto da Frank Meadow Sutcliffe e i bellissimi studi architettonici di Frederick Evans, come
l'opera di George Davison, di cui Il campo di cipolle, Mersea Island, Essex, realizzato con un
apparecchio stenopeico, sono prove della varietà dell'epoca. Lewis Carroll è un altro fotografo di
rilievo. Le immagini di Sutcliffe sono l'analisi minuziosa di un ambiente particolare e ci
restituiscono con intensità un luogo, senza il minimo protagonismo. L'ottocento fornì risposte
contraddittorie al quesito di cosa significasse una fotografia.
CAP IX.
Fotografia di paesaggio si inscrive nei codici della pittura accademica e delle tradizioni dell'arte
paesaggistica e fa leva sul fatto che la fotografia nacque anche in un'epoca di continua esplorazione
e colonizzazione oltre che in un'epoca il cui il paesaggio era visto attraverso un'estetica pittoresca
molto sviluppata e popolare. Del paesaggio si ammirano non tanto le caratteristiche naturali, quanto
il modo di presentare immagini di un idillio rurale in netto contrasto con il mondo reale. Quindi da
un lato si fotografano elementi della natura con un occhio per i particolari e i cambiamenti, dall'altro
si scovano immagini tipo dell'armonia rurale-scene pastorali di una cultura da cartolina.
Nel suo approccio al paesaggio, Roger Fenton esprime un vocabolario culturale molto specifico,
nutrito di pitture e letteratura, ma lo fa in relazione a codici e presupposti sociali specifici. L'idea del
fotografo come turista è acuita dalle numerose foto realizzate da Fenton in zone turistiche affermate
e già ritratte in dipinti; sue foto si nutrono del vocabolario turistico e si strutturano in base alla
rappresentazione pittorica. Nelle fotografie di paesaggio di Fenton troviamo un catalogo pressochè
completo degli atteggiamenti vittoria verso il paesaggio stesso ( Il mulino a Hirst Green, 1859 tipica
scena di un villaggio inglese, osservando il soggetto dal punto di vista di una turista, come
un'alternativa pastorale alle vicissitudini della vita di città; notiamo persone in posa per la
fotocamera e l'assenza di tracce di lavoro, povertà e fatica; punto di osservazione conferma l'unità
imposta alla scena; Terrazza e parco a Harewood House, 1860, riflette una posizione privilegiata, la
tranquillità della casa di campagna, lo sguardo dei personaggi un paesaggio costruito e controllato
che estromette dalla scena qualsiasi minaccia al piacere degli occhi). Al pari di Fenton, Frith e
Thomson riflettono in base a gusti e valori di un pubblico di casa. Negli USA la fotografia, pur
essendo legata ai modelli inglesi, affermò rapidamente modelli propri, collegati alla colonizzazione
del continente.
Timothy O'Sullivan figura esemplare in questa fase, partecipa a numerose spedizioni governative
nei territori dell'ovest, fotografando (in bianco e nero) meraviglie naturali di Colorado, Nevada e
New Messico: si tratta di paesaggi estremi, sublimi per scala e impatto (gran canyon), privi di tracce
di insediamenti umani. Pietra con iscrizione, New Mexico (1873, sebbene no paesaggi, immagini
riflette interesse americano per ovest, trasmette in maniera superba la tensione al centro della
fotografia di paesaggi come genere). Dune di sabbia del deserto vicino a Cason Sink, Nevada
(1867, perfetto esempio di paesaggio ottocentesco americano, deserto in continuo mutamento che,
privo di configurazioni di sorta, sfugge a qualsiasi definizioni; immagine della natura, più che
paesaggio; carro imposta linee che diventano codici potenziali e suggeriscono necessità di
rappresentare in scala, misurare, codificare un territorio; paradossi tra cultura e territorio, natura-
uomo nell'immagine sabbia/impronte).
William Henry Jackson collabora con spedizioni governative, sue foto trasmettono sensazione di
meraviglia essenziale in tradizione americana. Gran canyon del Colorado (1883, foto rende
proporzioni monumentali del soggetto; presenza soverchiante scenario naturale sovrasta figure
umane, da notare figura distesa nella posa tipica del turista in ammirazione e l'uomo con il
telescopio: i due estremi (estetico e scientifico) della tradizione paesaggistica americana). Il senso di
vastità ci fa capire l'importanza dello spazio nell'esperienza americana. Carleton Watkins coltivò il
tema della Yosemite Valley, visitata per la prima volta nel 1861, partecipò a spedizioni governative,
eseguì rilievi geologici in California e nel 1876 fotografò la ferrovia di Tucson, Arizona. Panorama
della Yosemite Valley da Sentinel Dome (1866, struttura della foto allargata per sottolineare le
dimensioni del panorama e la sua espansibilità; significato culturale complesso, legato alla scienza
della vista che andava allora sviluppandosi e soprattutto rappresenta un'esperienza circolare, diversa
dall'inquadratura lineare della foto). Altre sue immagini più quiete, prova dell'influsso del
trascendentismo. Al massimo della sua incisività Watkins è un fotografo che pone a fondamento
della sua estetica l'atto di strutturare il territorio con lo sguardo. Cape Horn nei pressi di Celilo,
Oregon (1867, in essa l'essenza di Watkins, immagine complessa e opprimente, trasmette
l'importanza dello spazio percepito, fattore cruciale esperienza americana; aspetti più evidenti sono i
binari e i pali del telegrafo, elementi di una più vista rete di controllo culturale imposta dalla
colonizzazione americana, il cielo è slavato, la roccia sulla destra ha qualcosa di tetro; immagine da
straordinaria sensazione di immobilità).
La colonizzazione e il controllo politico sul territorio segnarono una delle tradizioni più importanti
nella fotografia americana di paesaggio, ma un'altra tradizione è quella influenzata dal
trascendentalismo. Natura, il saggio scritto da Ralph Waldo Emerson nel 1835, rimane un testo
chiave per questo approccio, insieme con Walden di Henry David Thoreau. Ogni dettaglio della
natura è importante, in quanto riflesso di una condizione universale. Lo straordinario Dune, Oceano
(1936) di Edward Weston rappresenta in modo esemplare alcuni temi cruciali dell'approccio
americano al paesaggio (fotografo sceglie deserto e lo trasforma in qualcosa di diverso; sabbia
diventa motivo astratto e insieme al gioco di luci, fa parte di un mobile perpetuo che il fotografo
fissa in uno straordinario spettacolo visivo. North Dome, Point Lobos (1946, qui si celebrano i
piccoli objects trouvès del mondo naturale, e le caratteristiche della superficie sono fondamentali;
oggetto naturali con presenza mistica).
I fotografi di paesaggio scelgono le arre oltre l'abitato, estreme terre di confine e parchi nazionali:
ambienti inviolati dove le tracce degli insediamenti umani sono ridotte al minimo. Ansel Adams,
fotografo americano novecentesco: La luna e il Monte McKinley (1948 è tipico, approccio tale da
infondere nella scena una presenza filosofica basata sull'elemento trascendentale [monte è picco più
alto degli stati uniti così il fotografo cerca il significato più elevato]; la grandiosità della natura si
mescola al senso di meraviglia del fotografo; elementi primari, cielo-terra-acqua-monti-luce, creano
unione sublime di solido ed effimero; immagine organizzata in base a fasce orizzontali, bassa
pianura, colline, montagne, cielo). In America Adams e Weston sono al vertice dell'estetica formale
e ideale del paesaggio. Questa tradizione sarà portata avanti da Minor White, mentre in Robert
Adams troviamo impulso simile con riferimenti diversi. La Loma Hills, Colton, California,
Primavera (1983 immagine opprimente, ai pali del telegrafo sono subentrati tralicci e cavi dell'alta
tensione, allusione a economia industriale avanzata imposta sulla superficie della terra, Arcadia
californiana ha lasciato il passo all'urbanizzazione).
Nel 900 inglese la fotografia di paesaggi ha seguito un percorso molto diverso, i fotografi britannici
si spingono ai margini del paesaggio, servendosi di tali habitat per ritrovare una sensazione di
isolamento; offrono icona di una vita alternativa, luoghi di sfogo e contemplazione. Fay Godwin, tra
le più importanti fotografe britanniche contemporanee di paesaggio, sottrae le immagini di aspre
zone montuose alle imposizioni estetiche e culturali viste in Fenton. Land (1985) e Our forbidden
land scelgono come soggetto aree desolate, estranee al dominio della città e della periferia,
difficilmente inseribili in una prospettiva storica. Lago con canne vicino a Strathan, Sutherland
(1984, riesce a comunicare suo approccio e materia su cui lavora; reazione purista all'ambientazione
scozzese, sgomberata da ogni affastellamento storico e sociale, uso della luce cruciale, da forma alla
geometria naturale che l'immagine vorrebbe celebrare). Libro Land colto di immagini di questo
tipo: zone aspre e desolate, testimonianza di un'altra terra, altro tempo.
Nel dopoguerra, il paesaggio rientra in un più ampio costrutto culturale e si coniuga con una
condizione particolare all'interno della tradizione. Esempio di questo approccio in Centrale elettrica
di Agecroft, Pendlebury, Salford, Greater Manchester di John Davies (1949, paesaggio reso quasi
illeggibile dall'attività dell'industria e dall'urbanizzazione, paesaggio esausto dove domina la
centrale; riconosciamo i resti di un passato naturale, ma sono dettagli isolati, inglobati in un
territorio ferito; il cielo è slavato, fondo pieno di immagini industriali traliccio-ciminiera). Questo
approccio simile a quello di Raymond Moore che utilizzava la fotografia di paesaggi per fare
emergere strutture e immagini che gli consentissero di fare commento sulla vita in generale. I suoi
paesaggi sono sofisticati studi sul significato, sempre colmi di sostanza, senza affermazioni o
definizioni; trasforma la scena più banale in un magnifico gioco tra misterioso e noto.
Dumfriesshire (1985, miscuglio molteplici significati; confusione, stanchezza; immagini naturali
sono circondati di segni artificiali; il territorio è controllato dall'attività umana, l'albero sullo sfondo
afferma la sua fragile presenza attorniato da una pletora di pali del telegrafo, insegne e cartelli. Altri
fotografi britannici hanno dato vita a una critica precisa al paesaggio inteso come costrutto
culturale. Martin Parr mostra sempre un approccio ambivalente e critico nei confronti
dell'Inghilterra; il paesaggio di una presunta area rurale e immancabilmente anche una mappa
sociale di atteggiamenti e stili di vita. La campagna si riduce all'equivalente di una pubblicità, una
meta per il weekend, essenzialmente la ricerca del luogo adatto per un picnic. Molti suoi lavori
affrontano l'immaginario rurale dei sobborghi borghesi, mentre altri studi trasmettono un'idea molto
più cupa e disperata dell'Inghilterra contemporanea. Nella serie New Brighton (1984), i colori
sgargianti evocano uno stile di vita contemporaneo volgare e dozzinale; i rossi e i blu squillanti
riflettono una società basata sullo spurio e il dozzinale: un marasma di rifiuti nel quale la cultura
lotta per preservare una qualche coerenza, un'identità nazionale; paesaggio è scomparso se non
come ricordo. In forma più estrema, l'opera di Chris Killip offre una prospettiva politica, legata a
un'idea di paesaggio che egli associa con un'ideologia conservatrice dominante. Nella raccolta In
Flagrante (1988) trviamo immagine radicale nord-est inghilterra preso nella morsa di
disoccupazione e povertà. Yosemite Vallet dal tunnel di Wawona (1971) di Harald Sund riformula
linguaggio del paesaggio: immagine complessa, prende tra le più importanti zone turistiche
d'America, fotografata ad infinitum, collocata nel contesto del turista contemporaneo.
CAP V.
la fotografia della città ha le basi nel modo in cui, a cavallo tra sette e ottocento, si cominciano a
vedere gli spazi urbani; si inserisce in questo corso reagendo alla varietà e molteplicità della vita e
dell'esperienza urbane e al problema di come percepire e rappresentare lo spazio della città. La
Nuova veduta della città e del castello di Edinburgo (1788) di Robert Barker lo fa considerare
lìinventore della veduta a 360° di una intera città, più o meno il panorama osservabile dalla cima di
una collina. Le tre città cruciali per il fotografo di cose urbane sono New York, Parigi e Londra. Le
prime immagini di Parigi realizzate da Daguerre furono equivalenti fotografici del diorama; la
veduta di Parigi di Charles Chevalier, l'opera di Frith e le vedute panoramiche di San Francisco di
Muybridge testimoniano tutte l'importanza del panorama nella tradizione fotografica della città (da
pan tutto; vediamo una città intera da un unico punto di vista).
Nel periodo tra 1900 e 1940 il grattacielo divenne simbolo del moderno, vera e propria icona di un
nuovo tipo di città e di esperienza visiva. Camminare in città significa instaurare un rapporto
particolarissimo con la scena urbana e quella del flaneur è stata giustamente celebrata come una
figura tipica della città moderna. Nell'ottecento la città divenne un'immagine centrale per la
macchina fotografica; le immagini parigine di Daguerre hanno un approccio meravigliosamente
modulato, una qualità da cartlina che riflette il rapporto del dagherrotipo col mondo. In inghilterra si
ebbe una reazione più limitata. Talbot, per esempio, uscendo dai confini di Lacock Abbey, fotografò
sia Parigi che Londra, eppure le sue fotografie rivelano uno scarso senso della prospettiva e poca
capacità di usare la macchina fotografica per leggere visivamente la città in cui stava lavorando. La
colonna di Nelson (1843) è tra le immagini che tengono a distanza e seguono l'occhio nel suo
rapportarsi con il mondo della città. Nello stesso periodo, Parigi fu all'origine di atteggiamenti e
reazioni diversi; si disputa con NY il titolo di città più fotografata e dal punto di vista visuale ha
subito cambiamenti fondamentali. A dominare, è il livello stradale e i fotografi hanno reagito presto
alla varietà e alle atmosfere di strada.
Charles Nègre impose il personaggio della strada come un soggetto significativo per la macchina
fotografica. Il suonatore di organetto è un esempio di come i mestieri diventino esempi importanti
della varietà visiva della città. In un contesto diverso, l'opera di Charles Marville adotta una visione
di più lungo periodo, e incontra la vecchia Parigi nel momento in cui deve far posto ai profondi
mutamenti urbanistici; le sue immagini preservano la città vecchia mentre sta scomparendo. La
macchina fotografica agiva come un detective, muovendosi per strade e zone altrimenti proibite a
occhi estranei. E' un approccio che rimarrà fondamentale per le foto documentarie della scena
urbana. Nonostante questo in molte foto troviamo la città raffigurata al massimo dell'idealizzazione.
Esempio tentativo prolungato di fotografare NY in Alfred Stieglitz, che apportò alla città un
idealismo ai limiti dello spirituale e cerco in NY un'immagine delle potenzialità dell'America come
cultura moderna e dinamica. Il Flatiron (1903) è summa delle sue immagini newyorchesi,
rappresenta uno dei primi grattacieli di NY; idealizza la scena e naturalizza la città; predominano gli
alberi, la neve e il cielocosì che il grattacielo pare spuntare dal paesaggio, anziché poggiare su
solide fondamenta; etereo risulta appiattito dal punto di vista: non è più un edificio, si è trasformato
in un miraggio. Il Flatiron è stato fotografato innumerevoli volte come icona della nuova modernità
della vita urbana, ma Stieglitz è l'unico ad averlo fotografato come oggetto autonomo rispetto al
tessuto caotico delle strade circostanti. Le fotografia New York vecchio e nuova o La città di là dal
fiume ci offrono uno spettacolo mitico, non una realtà persistente (vocabolario essenziale sempre
luce, acqua e cielo, esatto opposto della materia di cui è fatta la città). Dallo Shelton, vero Ovest
(1935, offre prospettiva ombrosa e malinconica di midtown Manhattan; la città fantasma diviene
atmosfera dominante delle ultime sue immagini, fosche, immobili, tetre. Stieglitz fu sconfitto dalla
città che aveva tentato di unificare e idealizzare. Trovò quella che John Dos Passos, in Manhattan
Transfer, chiamò città di alfabeti scombinati, una condizione in cui il fotografo urbano dovette
confrontarsi con l'avanzare del secolo.
Altri fotografi americani diedero vita a uno dei più rilevanti corpus di opere legate a tradizione
urbana, anche se la loro fu una lettura documentaria, addirittura giornalistica: qui la città non è uno
spettacolo. Le immagini di How the Other Half Lives di Jacob Riis mostrano come la fotografia
riesca ad addentrarsi in geografie urbane proibite e invisibili. Mentre Stieglitz preferiva le avenues,
Riis scelse vicoli e cortili: sono due estremi, infusi in estetiche molto diverse della città e in modi
differenti di far trattare e interpretare alla fotocamera lo spazio fisico e percettivo
dell'ambientazione urbana.
Lewis Hine documenta NY per una trentina d'anni, mettendo al centro la strada e i suoi abitanti: gli
immigrati europei in arrivo a Ellis Island, centro di elaborazione per immigrati in attesa di ottenere
il permesso di ingresso negli Usa, il Lower East Side e l'Empire State Building, del quale
documentò l'intera costruzione in qualità di fotografo ufficiale. Le sue foto offrono una
documentazione straordinaria di come cambia una città; ciò che le contraddistingue è l'incrollabile
dedizione alla figura umana. Fotografò la città in un periodo di cruciale crescita urbana: in Fila per
il pane alla Bowery Mission (1906), foto caratteristica del suo approccio, si sofferma sul contesto
umano; usa persone come metro per leggere la città, mettendole al centro della propria opera;
l'immagine bilancia la difficile situazione dei personaggi con la dignità e il valore individuale.
Weegee negli anni 40 fotografa NY mostrando le immagini segrete di quella che gli appariva come
una città nuda; rappresentò l'esibizionismo: è il fotografo come voyeur. I suoi soggetti costituiscono
un mondo a parte, elementi di bizzarro; impressione fotografare città segreta: vittime, rapinatori,
travestiti. Esemplare è Omicidio a Hell's Kitchen (1940, era solito fotografare di notte; per lui città
luogo dell'inaspettato, del surreale e brutale; una città nuda in cui la normalità lascia il posto a
bizzarrie e stranezze. Egli esercitò grande influenza su un'altra fotografa newyorkese di soggetti
bizzarri e segreti: Diane Arbus. Se fotografa la strada lo fa sempre in rapporto alla figura
dominante nello spazio della foto; predilige le stanze, lo spazio privato delle persone. La sensazione
predominante è di angoscia e turbamento.
Le immagini dei poveri di Londra realizzate da Thompson prendono atto dall'autonomia dei
soggetti, almeno nel modo di giudicare le loro esistenze: Il lustrascarpe indipendente (1876,
raffigura personaggio stereotipato dell'ottocento, ma l'approccio del fotografo permette alle singole
di emergere nella loro individualità; molti dettagli). Lo studio più tipico dei personaggi della strada
rimane Many are Called di Walker Evans, con le sue foto di persone nella metropolitana di NY.
Trasmettono sensazione straordinaria di noia e di vuoto; questa è la gente di città, sommersa e presa
alla sprovvista; immagini in bianco e nero; foto rubate, atmosfera ripetitiva è adatta all'ambiente in
cui furono scattate, personaggi sembrano soli.
I fotografi hanno raffigurato NY come un mosaico di testi e contesti urbani. Nel 1930 Berenice
Abbott, intima amica di Eugéne Atget, realizzò una delle più importanti imprese fotografiche del xx
secolo, fotografando NYCity come uno spazio urbano totale e indipendente. Le sue immagini ci
lasciano sbalorditi già per la varietà degli approcci: rifiuta di imporre limiti alla fotocamera o di
focalizzare l'obiettivo su un unico registro di significato; pluralismo. New York nonostante lo
spettacolo offerto, non si arrende alla macchina fotografica come Abbott vorrebbe. Columbus
circle (1933, raffigurazione straordinaria della città moderna americana; l'ambientazione urbana è
un sistema di segni; nonostante titolo, la scena è caratterizzata dalla transitorietà e dalla confusione;
non c'è unità, né coerenza – solo l'intrecciarsi di codici pubblicitari, e nuovi sistemi di riferimento).
Le sue foto sono piene di pubblicità, insegne, cartelloni, indicazioni: i principali alfabeti della
comunicazione in uno spazio urbano.
Le foto hanno trasmesso in maniera crescente un senso frammentario della città. Joel Meyerowitz,
Tra Broadway e la 46esima ovest, New York (1976, Ny postmoderna; immagine, scattata a livello
della strada, rivela una confusione incipiente; occhio sopraffatto dai segni, colore accresce effetto
caotico; numerosissimi dettagli non sanno creare sensazione di tradizione o unitarietà; difficile
identificare un solo edificio solido e concreto; occhio è invaso da una realtà in cui la città è ormai
un testo a sé stante, i cui codici si sono mescolati.
Un'altra delle città più celebrate e fotografate al mondo è Parigi, insieme atmosfera e stereotipo,
forse più di NY. Il fotografo forse più importante della vecchia Parigi fu tuttavia il francese Eugéne
Atget, che inizia a fotografare la città negli anni 90. E' interessato ai luoghi qualsiasi più che alle
vedute; scova luoghi dove si percepisce una profonda presenza umana, ma le sue immagini sono
prive di personaggi. È il fotografo come archeologo, il flaneur par excellence. Atget si concentra
sulla Parigi medievale degli artigiani e dei quartieri. Le sue fotografie radunano oggetti, negozi,
porte, edifici; assorbono la città più che fotografarla, scovando una serie infinita di interni (vieux
Paris). Corte di 41 Rue Broca, Parigi (1912, sua immagine tipica presenta uno spazio interiore;
attenzione per i minimi dettagli crea una strana atmosfera di aspettativa, acuita dalla mancanza di
figure umane; siamo al confine del surreale). Come fotografo è l'uomo della folla.
Jacques Henri Lartigue, Ijse Bing arrivata dalla Germania nel 1920, Edouard Boubat, Willy Ronis
nel dopoguerra, esplorarono una Parigi, affine alle immagini e alle atmosfere moderniste. Ma Parigi
conservò il suo aspetto segreto. Altro personaggio immigrato fu Brassai, giunto da Budapest nel
1924. Sembra fotografare dalla finestra di un albergo e uscire per strada solo di notte. Le
photogravure di Paris de nuit è una delle sue più importanti raccolte sulla vita notturna parigina;
città vista come evento surreale, al tempo stesso bizzarro e imprevisto. N.27 di Paris de nuit (1933,
visione di una Parigi illecita e oscura delinea una città sotterranea, in cui il fotografo è il voyeur per
eccellenza; punto di vista del fotografo e posizione in cui veniamo a trovarci rispetto all'immagine
ci fanno sentire quanto meno a disagio. Come Brassai, anche il fotografo André Kertész giunge a
Parigi da Budapest nel 1925. passeggiò tra le occupazioni quotidiane e diurne della città e del suo
lavorio, pur osservando Parigi come un turista (si dirà che fotografa con l'euforia di un turista),
seppe far risaltare le modalità di rapporto tra la città e i forestieri. Kertèsz è il fotografo della città
come spettacolo irrisolvibile; la città è un enigma. La città esiste come una serie di possibilità
fotografiche, per questo Kertèsz fotografa la città sia a livello della strada, sia dall'alto. Passaggio
sopraelevato con orologio (1947, foto newyorchese, trasmette idea del rapporto tra fotografia e
ambiente urbano; edifici incombenti e ambigui, presenza monumentali; degli abitanti non c'è
traccia, ma rifiuti per strada, automobile e uccelli sotto l'orologio che domina suggeriscono contrasti
significativi; occhio non sa dove posarsi e continuerà a guardare senza fine). Significato simile lo
troviamo in Medon (1928, immagine analoga a precedente, periferia parigina si ammanta di
stranezza e alone inquietante; ogni dettaglio significativo, come bizzarro insieme circostanza e
coincidenze catturate dal fotografo.
Uomo con gli occhiali di protezione di Louis Faurer (1947, reale e surreale insieme, si inserisce
nella tradizione dei personaggi della strada, alterando i riferimenti; la figura sembra appartenere a
un mondo strano e surreale e il colore intensifica l'effetto di bizzarria).
Scena di strada di Michael Spano (1949, riporta al panorama tardosettecentesco e all'interesse per i
personaggi della strada dell'ottocento; il taglio allargato fa risaltare la varietà e l'impatto della scena,
il misto di personaggi incrementa la confusione; la città non ha alcun ordine evidente, rapporto tra
Spano e strada è paragonabile a quello delle immagini scattate da William Klein nella stessa città).
New York (1942) di Helen Levitt è l'immagine di bimbi mascherati, sul punto di scendere in strada
a New York, fa pensare alla condizione della città suggerita dalla fotografia, ma anche alla maschera
indossata dal fotografo). Le immagini romane (qualità scultorea) e moscovite ( austera e desolata)
di William Klein sono esempi magnifici di come una foto possa definire il timbro di una città in
un'unica immagine.
CAP.VI.
Apollo (1988) di Robert Mapplethorpe è un ritratto fotografico esemplare proprio perché
suggerisce la natura enigmatica del ritratto in quanto tale. Esalta la levigatezza perfetto di un volto
di pietra, immune al tempo e all'esperienza; gioco tra bianco e nero fa risaltare lo sguardo vacuo del
volto; autore mette in ritratto in relazione con il mito, non con la storia; con un ideale, non con un
individuo; disgiunge il mito da un'epoca. Nell'ottocento la richiesto di ritratti crebbe di continuo, per
questo il dagherrotipo si impose rapidamente tra gli anni 40-50, come la più popolare forma di
ritratto. Il dagherrotipo era il mezzo perfetto per i ritratti: immagine unica, immagine speculare
(come ci vedono gli altri, immagine pubblica di una persona privata), superficie delicatissima
(custodie). Inoltre, il ritratto con il dagherrotipo sottolineava l'aspetto di innovazione tecnologica
della fotografia, di cui una vetta fu raggiunta con la fotocamera Kodak Brownie. Il fotografo
ritrattista assunse un ruolo importantissimo come artista ispirato, ma al tempo stesso nelle operating
rooms lavoravano degli operatori.
La prima ritrattistica fotografica va inserita in codici culturali più ampo. Julia Margaret Cameron
fu amica di personaggi di spicco della cultura dell'epoca. Il ritratto dell'astronomo reale inventore
della parola fotografia John Herschel è esempio tipico di come la Cameron tratta la personalità. Sir
John Herschel (1867, testa diviene icona, riflesso qualità intellettuali, soggetto guarda verso
obiettivo). Il ritratto di Mary Hillier (1872) mostra approccio e stile opposti: lei è di profilo, anziché
guardare è guardata, e questa distinzione sottolinea la natura totalmente passiva dell'immagine.
Tutte le immagini di Cameron furono realizzate in studio; dichiarano implicitamente che ogni
ritratto è una costruzione, una propaganda del sé.
A differenza di Cameron, David Octavius Hill e Robert Adamson ricorrono ad ambientazioni e
approcci assolutamente spontanei; i due ex pittori, anziché personaggi pubblici importanti scelsero
di fotografare i pescatori di Newhaven ( Attaccando l'esca sulla lenza, 1845; qui attenzione si
concentra sulle mani, elementi cruciali per comprendere la vita del soggetto raffigurato; le persone
ritratte rimangono se stesse e non perdono contatto con il proprio ambiente sociale). L'impiego della
figura intera nelle fotografie indica l'importanza attribuita all'intero spazio corporeo. Il ritratto di
David Hill realizzato nel 1843 da Robert Adamson tipico di quest'approccio. Se Hill e Adamson
ampliarono i confini della ritrattistica, il più importante ritrattista francese dell'ottocento elesse a
propria materia un ambito ancora più ristretto di quello di Cameron. Nadar si concentrò sui
persoanggi ricchi e famosi della società parigina; interessato all'essere interiore del soggetto, impose
uno stile ritrattistico spogliato di qualsiasi elemento estraneo alla presenza centrale e singolare
dell'individuo davanti alla fotocamera. Sue analisi in studio, su immancabile sfondo neutro; luce
naturale ed esterno può illuminare spazi interni attraverso lucernario. Nadar è importante perchè uso
la fotocamera per fissare un'immagine letterale del soggetto. Il ritratto oscilla tra due estremi:
l'immagine da passaporto e ritratto eseguito in studio. L'Autoritratto (1908) di Steichen sottolinea
questa dicotomia; si è ritratto con tavolozza e pennello, dichiarando consapevolmente lo schema
iconico in cui si situa. (Così Ida Kar che fotografa Ionesco circondato da alcune copie dei suoi
drammi o Jean-Paul Sartre che venne ritratto davanti a scaffali di libri e manoscritti).
Bill Brandt, tra i più importanti fotografi inglesi, nelle sue immagini di John Betjeman, Harold
Pinter e Francis Bacon, lo spazio esterno al soggetto diviene un correlativo oggetto simbolico. Le
sue immagini alludono alla natura simbolica di ciò che costituisce un ritratto. René Magritte con il
suo dipinto La grande guerrra (1966, ritratto del pittore e del suo dipinto surrealista; immagine
mette in risalto il dipinto e delinea contrasti giocosi ed enigmatici).
Paul Strand e Vandyk ritraggono condizioni sociali differenti, anche se entrambe le immagini
coinvolgono tipologie di valori complessi. Vandyk, in Il principe di Galles e Lloyd George (1919)
ritrae erede al trono e primo ministro; foto ci parla del loro prestigio sociale; ritratto convenzionale
che rimanda a molti temi importanti; enfasi sulla figura intera dei due accento loro rango, mentre
tutti gli elementi dell'immagine comunicano una sensazione di potere e di fiducia in se stessi;
sensazione di differenza tra le figure: contrasto tra volti, posizione, abiti, posizioni delle mani.
Cieca (1916) di Strand è l'opposto: scatti rubati ai personaggi delle strade di New York (fotografia
dotata di straordinaria intensità emotiva, il testo compromette il modo in cui guardiamo la persona
che ci sta davanti nella fotografia; donna non ha nome solo numero di licenza da mendicante). I
ritratto di Vandik e Strand fanno risaltare la capacità della macchina fotografica di definire una
storia personale all'interno di altri sistemi di riferimento. Forse il fotografo che più di ogni altro si
distinse in questo genere di fotografia ritrattistica fu il tedesco August Sander, i cui ritratti mirano
alla rappresentazione sociale dell'individuo. I suoi soggetti, infatti , sono più di ogni altra cosa esseri
sociali. Nei ritratti di Sander tutti i dettagli sono importanti – tutto significa – ma dobbiamo
scandagliare le immagini per trovare le tracce di un'identità interiore e privata. Coppia borghese,
Monshau (1926, spazio della foto definisce i riferimenti esistenziali, dando luogo a una tipologia
sociale fondata sulla differenza; il minimo dettaglio è significativo).
Molta ritrattistica novecentesca ha messo in discussione i termini in cui un individuo si può
conoscere o esprimere tramite un'immagine fotografica. Le immagini scattate da Alfred Stieglitz
alla moglie, Georgia O'Keeffe, esempio lampante e danno idea di una costruzione in senso lato, la
costruzione di O'Keeffe, fotografata in ogni dettaglio del suo corpo. Tutte le immagini raccolte
costituiscono un'autentica biografia seriale, eppure non riescono, in ultima analisi, a definire
O'Keeffe. Ironicamente, l'immagine che più riesce a comunicare la natura enigmatica e
problematica dell'io di Georgia O'Keeffe è la foto di Yousuf Karsch (1956). Questo caso è
importante, perché sottolinea fino a che punto molti fotografi ritrattisti del dopoguerra abbiano
posto al centro della propria opera il problema dell'identità.
Robert Mapplethorpe uno dei fotografi americani più controversi del dopoguerra, ha esplorato la
ritrattistica in chiave gay, rivolgendosi a un pubblico omosessuale. Emblematico è il autoritratto del
1971 (Autoritratto), dove il corpo di Mapplethorpe è reso in maniera manifestamente drammatica,
chiuso dietro una rete metallica e trattenuto da fasce di stoffa; affronta nudo la fotocamera;
immagine intensa; contesto dove identità sessuale è considerata alla base di qualsiasi percezione di
sé.
Cindy Sherman si lanciò in una minuziosa analisi visiva del significato di identità e della sua
rilevanza come immagine; le sue foto mettono in scena gli stereotipi sociali e sessuali sulla scorta di
una coerente concezione delle ambiguità individuali e dell'indagine di sé. Queste immagini hanno
sempre come soggetto lei stessa; ella indaga i termini in base a cui le donne sono viste e conosciute.
Senza titolo n.122 è una foto a colori resa ancora più incisiva dalle dimensioni (immagine feroce e
sconfortante, suggerisce ambiguità esteriore eppure fa leva sulle emozioni interiori; audacia
immagine intensificata dall'abile miscela tra l'anonimato e l'affermazione chiara di un'individualità
incoercibile. Anche Diane Arbus mette esplicitamente in discussione con le sue foto i parametri
dell'identità sociale; ella, suicida nel 1971, esordì come fotografa di moda; poi scelse di ritrarre le
persone in un contesto prevalentemente privato e i suoi soggetti più che spogliarsi fisicamente di
fronte alla fotocamera, si mettono a nudo psicologicamente. Uomo nudo che fa la donna, NYC
(1968, uno spazio privato reso pubblico, in questa immagine riconosciamo il modo di lavorare di
Diane; effetto della foto non sta tanto nella figura, quanto nei dettagli della vita di una persona,
suggeriti da dettagli marginali.
Anche Richard Avedon è passato da essere ritrattista formale e fotografo di moda ad artista che
indaga con coerenza sul sistema di riferimenti essenziali per fotografare le persone. La serie dei
ritratti su sfondo bianco a personaggi dell'Oved degli Usa. L'opera di Avedon rimanda al ritratto
formale in uno stadio di disintegrazione e conserva al tempo stesso un'ambiguità magnetica.
L'Autoritratto del 1964 fu realizzato in una cabina per foto automatiche, con una maschera dello
scrittore afroamericano James Baldwin (immagine volutamente ambigua, studio enigmatico sullo
sviluppo dell'identità e sull'atto di ritrarre).
CAP VII.
L'immagine del nudo e del corpo sono una delle più controverse. In una cultura dominata dalla
pubblicità e dal cinema narrativo hollywoodiano la raffigurazione del corpo è ormai imperante, e le
foto si inseriscono in questo processo. Fin dagli albori hanno indugiato sulla rappresentazione dei
corpi nudi in spazi privati, trasmettendo l'idea di qualcosa di recondito, illecito, segreto. Stephen
Heath scovò sul Times di Londra nel 1874 notizia di una perquisizione della polizia in un negozio
dove furono trovate 13000 immagini pornografiche, foto vittoriane raffiguranti atti sessuali. Molta
fotografia del 900 raffigurante il corpo è il prolungamento di tematiche e atteggiamenti del secolo
precedente. Lo chiffonier (1904) di Clarence White è un esempio: dietro effetto flou e pose passive
si celano stereotipi femminili legati alle fantasie e alle aspettative maschili (foto interessante per
completa passitività della figura femminile; il fotografo domina la scena dall'alto, con implicazioni
ovvie; intera immagine trasmette un senso di sottomissione e passività: occhi chini, rivolti di lato
simbolo della donna oggetto da guardare). Nello stesso periodo molti studi di Stieglitz sulle forme
femminili fatti fotografando la sua seconda moglie, Georgia O'Keeffe, in foto che insistono sulla
centralità attiva del soggetto fotografato, sfidando i presupposti precedenti. Fece di lei il soggetto di
uno straordinario corpus fotografico, ritraendone quasi ogni parte del corpo. Georgia O'Keeffe –
Torso (1919, riflette approccio del fotografo nei confronti del corpo femminile e la resistenza di
O'Keeffe verso i parametri con cui tentava di fissarla entro i limiti dell'inquadratura; il fatto che non
si vedano volto, mani e piedi (arbitri della personalità) consente al soggetto di rimanere assente
dall'immagine; il corpo qui appartiene a un territorio sessuale, aperto allo sguardo maschile).
Le immagini della fotografa americana Barbara Kruger si inseriscono in modo esplicito in una
indagine polemica dei parametri della rappresentazione attraverso cui leggiamo l'immagine. Le sue
foto mettono attivamente in discussione presupposti (maschili) entrati a far parte della cultura in
quanto appartenenti a una rappresentazione del corpo come immagine. My face is your fortune
(1982, fotografia e manifesto insieme, dichiara approccio polemico e radicale attraverso una
consapevole scelta tipologica; la scritta conta quanto gli elementi visuali e anzi è cruciale per la
lettura della foto; unghia smaltata; banda bianca e quella nera suggeriscono una distinzione chiara,
tra chiave polemica e filosofica; immagine principale mostra donna che si lava la faccia; atto di
lavarsi ambiguo, viso lavato, ripulito del trucco appartenente a quella più ampia maschera che è il
ruolo della donna. Altra immagine del 1982 mostra il volto di una donna, supina, passiva, in posa
tradizionale; due foglie su occhi chiusi creano gioco con scritta 'non faremo la parte della natura
nella vostra cultura', dove voi è maschile e noi femminile.
Muybridge, considerato il primo fotografo a utilizzare la fotocamera per documentare il
movimento umano. Varie serie di foto raffigurano uomini e donne mentre camminano, saltano o
compiono altre attività. Anche qui troviamo differenze significative: figure maschili sono attive,
mentre molte di quelle femminili incarnano ruoli passivi e tradizionali. Nudi maschili, studio del
movimento (1877, alludono all'impossibilità di osservare il corpo senza collegarlo ad atteggiamenti
e stereotipi sessuali.
I lavori recenti di Cindy Sherman esemplificano in modo radicale temi e problemi cruciali per una
comprensione postmoderna del corpo come oggetto sessuale; le immagini del corpo danno vita a un
linguaggio visivo molto più cupo ed estremo. Senza titolo (1992) è omaggio ironico all'intero
canone della fotografia alle prese con la raffigurazione del corpo femminile; stampa a colori
dimostra in modo lampante l'interesse per le differenze e identità sessuale; atteggiamento passivo,
braccia, spaventoso volto maschile di un anziano creano effetto così come la salsiccia che fa
dell'immagine uno studio assurdo e oltraggioso della sessualità maschile; la foto gioca sul soggetto
del nudo; corpo femminile è una fabbricazione assemblata ironicamente dalla stessa, dove risaltano
seno e area vaginale; corpo disteso su parrucche in posa tipica di moltissime immagini femminili;
punto focale vagina di colore acceso con salsiccia interno (satira evidente contro il potere maschile
e il mito del pene; IMMAGINE GROTTESCA MA GENIALE). Nella triste assurdità, la foto
vittoriana del 1850 ci comunica la stessa condizione cui Sherman ha dato forma dalla sua
prospettiva postmoderna; due opere si rispecchiano l'una nell'altra.
Gran parte fotografia del corpo è comprensibile se messa in relazione allo sguardo maschile.
Bernard Berenson alla Galleria Borghese di David Seymmour (1955, immagine ironica che gioca
sull'atto di guardare inserendolo in un contesto sessuale; Berenson osserva un'opera d'arte ma è
altresì circondato di corpi femminili; lo sguardo maschile regna supremo; la presenza femminile è
ridotta a mero oggetto immobile, mentre la figura maschile può girovagare per il museo in cerca di
immagini e forme femminili che sazino lo sguardo). Lo 'sguardo' è qualcosa di più di un'occhiata, è
il riflesso di strutture che fotograte come Kruger e Sherman mirano a far emergere. Per le foto
scattate nei bordelli, in particolare le immagini parigine di Brassai, si intromette surrettiziamente in
un momento privato, allo scopo di esporlo a un potenziale sguardo pubblico. Le immagini di
prostitute realizzate da E.J. Bellocq ai primi del 900 riassumono perfettamente il tema dello
sguardo. Sono le foto straordinarie di un bordello di New Orleans all'inizio del secolo, enucleano un
particolare modo maschile di vedere il corpo femminile. In molte immagini il volto della donna è
stato cancellato per impedire l'identificazione. Sono immagini pervase di tristezza e sebbene siano
considerate foto documentarie, la fotocamera di Bellocq è una presenza lubrica, che imprigiona le
donne nella loro posizione sociale. Prostituta, New Orleans (1912, queste foto non mostrano tanto il
corpo delle prostitute, quanto i loro schemi di vita; rendono pubblico spazio privato su cui donna
non può rivendicare alcuna pretesa; da notare occhi, posizione braccia e spazio attorno a figura).
Helmut Newton esordì come fotografo commerciale, sua opera fortemente influenzata dalla
fotografia di moda e dominata dal soggetto donna. Le sue immagini confermano molti preconcetti
sulle donne in fotografia. Notando la foto di un Anonimo Moda Intimo (anni 50, immagine
femminile stereotipata, sullo sfondo di quella che diviene una presenza silenziosa, arbitro dei ruoli
sociali e culturali; notare su sinistra foto nella foto e la linea scura che separa quest'ultima da resto
scena; contrapposizione donna esibita e figura femminile abbracciata nella foto in cornice)
pubblicata sul “Picture Post” vediamo trasferiti i suoi assunti artistici: la posa è costruita, un
esempio di artista e modella inseriti nella solida e diffusa tradizione del voyeur. Hans Bellmer
mette in evidenza la questione delle fantasie maschili. Fotografo tedesco associato al surrealismo,
sua opera lunga serie di fotografie scattate alla cosiddetta 'poupée': una bambola o un pupazzo.
Nelle immagini più estreme la bambola appare mutilata e si colgono forti accenti sadici e feticistici.
La poupée (1935, bambola rappresenta una descrizione soggettiva, anziché oggettiva, del corpo
femminile; rispecchia filosofia con cui Bellmer avvicinò le donne artificiali; immagini hanno fondo
di violenza, descritta in termini di potere, forza e desiderio maschile; corpo è oggetto su cui
proiettare fantasie; gioco preciso tra modo in ci il corpo è stato smembrato e quello in cui lo si è
disposto sul materasso a righe).
La fotografia del corpo femminile costituisce una tradizione autonoma; esistono per essere
guardate. L'immagine del corpo maschile è diversa nell'ambito del nudo, dove ha seguito una
tradizione rinascimentale e classica. Portland (1940) di Minor White innesta il corpo maschile in
una tradizione femminile; la posa, lo sguardo, replica iconografia della passività femminile, ma il
senso del corpo è divesissimo. Questa foto si offre all'occhio come uno spettacolo e propone corpo
come oggetto sessuale, ma afferma presenza fisica dell'individuo; ombra sulla parete e il quadro
sullo sfondo lo situano in uno spazio privato, suggerisce rapporto partitario con fotografo. In tempi
più recenti l'opera di Robert Mapplethorpe ha sviluppato temi simili nella fotografia omoerotica
matura. Criticato per le sue immagini di bambini e per una serie di foto a sfondo sadomasochista,
Mapplethorpe ci spinge a interrogarci sul rapporto tra immagine e osservatore.
Joe Spence, morta di tumore al seno, fece del proprio corpo il soggetto della rappresentazione: si
fotografò prima di morire, mostrando effetti tumore al seno. Industrializzazione (1982, ribalta il
corpo docile e remissivo, restituendo peso e presenza fisica della figura umana anziché corpo come
immagine; corpo pesante, tenace, la mano è al centro dell'attenzione, qui guardiamo pelle segnata
dal passare del tempo; immagine corpo e imponenti tralicci disseminati sul territorio mettono in
discussione il concetto di natura e naturale. Mes voeux (19899 di Annette Messanger è una foto
composta da circa duecentocinqua immagini in bianco e nero, incorniciate e sospese a dei fili; un
mobile mutevole e complesso, in cui il corpo e la nudità vengono rifondati e riassemblati; ogni
spettatore si concentrerà sui particolari a suo giudizio più interessanti, costruendo un corpo
inflenzato da preconcetti e predilezioni personali; immagine profonda sul desiderio e le fantasie
sessuali; scomponendo il corpo nei suoi elementi costitutivi suggerisce tassonomia o catalogo di
significati; occhi, orecchie, seni, gambe e genitali si abbandonano all'immaginazione. Questa
immagine rifiuta di farsi rinchiudere in un unico spazio fotografico coerente.
Senza titolo (1988) di Judith Joy Ross è immagine esemplare del corpo ed è stata scattata da una
fotografia; foto ingannevolmente semplice; si concentra su tre ragazzine adolescenti, due delle quali
gemelle; scatto informale; la ragazza su destra posa diversa, non guarda obiettivo e indossa un
costume differente; parte bassa costume è spostata e lascia immaginare il pube; da notare immagine
maschile sullo sfondo.
CAP VIII
La storia fotografica del xx secolo è stata dominata dalla fotografia documentaria. Documento
significa prova e si può far risalire a documentum, che significa carta ufficiale: cioè prova
insindacabile, attestazione veritiera. La fotografia documentaria ci mostra la fotocamera al massimo
della sua forza e radicalità. Presuppone legame tra soggetto e lettore, sostenuto dall'idea di un
mandato non solo di registrare, ma di denunciare: la fotocamera con una coscienza. La foto in
quanto prova di un evento era cruciale per mostrare la storia. Prime foto documentarie: Grande
raduno cartista a Kennington Common (1848) di William Edward Kilburn; Operazione sotto
etere (1852) di Southworth e Hawes; Comunardi nella bara scattata da un fotografo anonimo nel
1871, foto con forza straordinaria, prilivegia l'evento come momento storico significativo. In quanto
documenti tali immagini sono finestre su un mondo altrimenti perduto. In molti contesti l'idea di
documentare la storia in maniera letterale e obiettiva è un'illusione di breve durata, poiché ignora il
retroterra culturale e sociale dell'immagine e fa del fotografo un documentatore neutrale, passivo e
invisibile. Tra i primi fotografi documentaristi si servirono della fotocamera per denunciare
qualcosa che sarebbe altrimenti rimasto invisibile. Organi di polizia usano subito fotocamera come
mezzo per fornire prove.
Esordi tradizione documentaristica: Jacob Riis in How the Other Half Lives fornì un resoconto
scritto e visivo delle condizioni di vita nel Lower Est Side di NY, rivelando condizioni spaventose e
miseria sociale della popolazione. Immagini di Riis si distinguono per il modo in cui resero
accessibile un mondo altrimenti sconosciuto. In questo resoconto la fotografia documentaria si
coniuga con un vocabolario morale e radicale. Un estraneo a modalità propagandistica fu Lewis
Hine, fotografo sociologo, che fotografò una vasta gamma di soggetti documentari, fra cui il lavoro
minorile, immigrati e sfruttamento nelle fabbriche. La grande forza di Hine fu quella di infondere in
ogni singola immagine la consapevolezza complessa di tutto ciò che permea e controlla la vita di un
individuo. Non approfittava mai dei suoi soggetti:li avvertiva sempre che stavano per essere
fotografati. (Fila per il pane alla Bowery Mission, 1906, immagine sobria, con dignità essenziale,
personaggi impongono loro presenza ). egli osserva e lascia che la fotocamera assorba la densità di
strutture e riferimenti del soggetto che ha di fronte: la figura umana è sempre fondamentale, non in
virtù di ciò che rappresenta ma di ciò che è; ogni minimo dettaglio ha straordinaria potenza. Opera
di Hine accompagna parte dello sviluppo della fotografia documentaria negli Usa.
Negli anni 30 furono scattate tra le più importanti fotografie documentarie del secolo; la grande
depressione aprì un periodo di sconvolgimenti e fu necessario tenere d'occhio i problemi sociali e
possibili conflitti. Sotto gli auspici della FSA (farm security administration) ente finanziato dal
governo e diretto da Roy Stryker, la vita urbana e rurale fu documentata da alcuni dei più importanti
fotografi del tempo come Dorothea Lange, Margaret Bourke-White, Russell Lee, Walker Evans
e Arthur Rothstein. Loro produzione letta come esempio di fotogiornalismo, loro immagini
giudicate attestazioni indelebili di un'epoca. Una documentazione visiva dello stato del paese. Al
lettore delle fotografie è chiesta una reazione adeguata, cioè nel giusto registro emotivo. Casa di un
mezzadro (1937) di Margaret Bourke-White è un esempio tipico. Quello del povero nella baracca
è un genere minore a sé stante; il bambino nero guarda dritto verso l'obiettivo con accanto il suo
cane, chiari espedienti sentimentali; dietro c'è una stanza in disordine, il bambino è vestito di stracci
e senza scarpe; intorno c'è una pletora di testi visivi, giornali dell'epoca: i mezzadri usavano i
giornali per isolare le pareti, ma i fotografi li sfruttano in chiave politica. Questa foto non parla solo
di povertà, ma anche di ingiustizia e disuguaglianze di un sistema politico; è costruita in modo tale
da indurci a usare l'esempio che abbiamo davanti per mettere in discussione l'intero sistema.
Un'immagine che si contrappone a questa è quella di un interno simile e coevo, realizzato da
Russell Lee: Interno della casa di un contadino nero (1939, interno è un disastro e non comunica
un messaggio coerente; la foto è di difficile lettura e priva di un contesto o riferimenti ovvi).. in un
articolo del 1960
Altra immagine decisiva dell'epoca è Madre migrante (1936) di Dorothea Lange. In un articolo del
1960 per 'Popular Photography' Lange racconta circostanze in cui scattò la foto:tornava a casa dopo
incarico lavoro e superò in macchina i membri di una famiglia migrante, decidendo di tornare
indietro per fotografarli. Foto costruita con attenzione, per trasmettere il maggiore pathos possibile
e inserirsi in un'iconografia pre-esistente, riferimento ovvio Madonne con bambino. La donna è
usata solo come soggetto; i bambini aumentano carica emotiva; posizione centrale della madre,
assenza del padre, la direzione dello sguardo della donna..tutto contribuisce al registro emotivo e
sentimentale sotteso all'immagine; donna vista come simbolo superiore alla realtà immediata in cui
vive. Il soggetto è visto come iconico, affinchè l'immagine documentaria ideale possa comunicare
una presunta condizione universale. Il mito della foto documentaria si basa anche su questo.
Walker Evans, fotografo americano, compone due testi esemplari che rispecchiano ambiguità della
fotografia di quel periodo: American Photographs (1938) e Let Us Now Praise Famous Men
(1941). il soggetto del primo sono gli Stati Uniti, in una serie di studi su luoghi, architettura e
iconografia del paese. La predilezione per l'America rurale fanno della sua macchina fotografica lo
strumento di un'indagine antropologica. Evans fa i conti con tante Americhe, prive della continuità e
della coerenza desiderate, come vediamo in Cimitero, case e acciaierria, Bethlehem, Pennsylvania
(1935), dove siamo all'opposto di quel che Evans cercava. Questa foto è insieme sconfortante e
deprimente; le case sulla destra sono hopperiane, inserite in un paesaggio marcatamente industriale
e urbano; la croce bianca fa pensare alla morte della cultura americana: il cimitero completa la
malinconia, è cose se Evans avesse sepolto la propria idea. Il suo approccio documentario è di
stampo particolarmente americano, ossessionato non dalle persone quanto dalle cose. American
Photographs trasmise l'immagine di un'America frammentaria e diventò per questo un testo radicale
che aprì la strada al suo equivalente successivo: The Americans 81959) del fotografo di origine
svizzera Robert Frank.questi usa l'immagine come specchio di una condizione più generale; foto
traboccano di icone americane (bandiera, strada, ritratti ex presidente, fast food..). Pervade queste
immagini una tristezza tetra e desolata, come se la psiche di una cultura fosse stata messa a nudo dai
suoi stessi riferimenti. Parata. Hoboken, New Jersey è esempio caratteristico, immagine sul
significato fotografico, capace di sospingere l'approccio documentario verso nuovo spazio signficati
possibili e atmosfere sopite; dietro bianco e nero c'è tutta l'intensa qualità poetica delle immagini di
Frank.
Il documentario è importantissimo in Europa, e un'agenzia fotografica come Magnum, fondata nel
1947, pur avendo sede sia a Parigi che NY conserva un approccio decisamente europeo. Magnum è
internazionale nei temi e negli stili, è eclettica e in virtù di una vocazione documentaria dà rilievo
ad approcci e filosofie individuali; il pluralismo è uno dei suoi grandi punti di forza. Magnum ci fa
capire quanto lo stile individuale sia riconoscibile nelle foto documentarie; ogni immagine porta il
marchio di una personalità distinta. Henri Cartier-Bresson è esempio lampante, come Werner
Bischof e Robert Capa. Magnum ha sempre sottolineato l'importanza dell'istante nel significato
dell'immagine. Manifestanti di sinistra contro la costruzione dell'aeroporto di Narito, Tokyo (1972)
di Bruno Barbey: immagine monumentale sfrutta lo spazio della foto per dare un'idea delle
dimensioni dell'evento e dell'intensità dell'emozione; il colore ne accentua l'immediatezza; lo
scontro tra polizia e manifestanti è subordinato all'interesse per forma e colore; effetto della foto è
più legato a un impatto estetico che a impliciti temi sociali e politici.
Ritroviamo stesso approccio, unito però al bianco e nero, nell'inglese George Rodger che si
approssimava ai soggetti mantenendo una rispettosa distanza. A differenza di Lange, si lasciava
coinvolgere dalla storia, dalle differenze, e con la fotocamera registrò la complessità implicita in
ogni evento, in ogni istante. Le sue immagini africane illustrano bene le sue capacità in questo
senso. Membro della tribùKorango Nuba, vincitore di una gara di lotta (1949) tra le sue più note,
osserva una cultura i cui modi di vivere stanno scomparendo davanti gli occhi della fotocamera, ma
la reazione di fondo è di distacco e rispetto. Rodger è l'osservatore, non l'interprete, della scena.
Insieme alle foto scattate nei campi di concentramento da Margaret B-White e Lee Miller, le
immagini di Rodger sono studi dolorosi e difficili sulla sofferenza e il male su vasta scala. Le foto
della serie Campo di concentramento di Bergen-Belsen, Aprile 1945, Bergen-Belsen, Germania
adotta prospettiva sommessa, rinunciando a sensazionalismo. Chiave immagine è la figura del
bambino sulla destra, che passeggia accanto ai cadaveri emanciati e abbandonati quasi fosse una
routine quotidiana, come se si confondessero ormai con il paesaggio irreale del campo; ogni
dettaglio (una calza, un occhio, i capelli) amplifica il significato dell'accaduto.
Le immagini di Rodger ci fanno riflettere sulla guerra come appartenente a una tradizione
documentaria. Le potenzialità della fotografia di guerra sono in gran parte collegate alla storia
dell'evoluzione tecnologica,. I primi procedimenti limitavano la possibilità del fotografo di
spostarsi. Solo con sviluppo della fotocamera Leica, anni 20, il fotografo di guerra divenne
sufficientemente mobile e veloce. Ancora nel 1982, il fotografo inglese Don McCullin si vide
negare un permesso stampa durante la guerra delle Falklands, perché il suo stile e il suo approccio
erano giudicati troppo radicali.
Attacco accidentale al napalm (1972) di Hung Cong una delle foto più riprodotte dell'epoca: nella
foto vediamo l'anonima macchina bellica inondare di napalm, accidentalmente e in maniera
indiscriminata, bambini innocenti, ma tale narrazione non può distrarci dalla realtà di un'agonia
intensa mostra sofferenza bambini nell'inequivocabile espressione di dolore dei volti; la nudità
rende la scena ancora più cocente. Persone in procinto di essere fucilate di Ronald Haeberle
solleva altre questioni; foto scattata durante famigerato massacro di Mai Lai, ritrae gruppo di
persone che si stringono l'una all'altra pochi attimi prima di essre uccise. Il Vietnam provocò spesso
risposte fotografiche estreme; la fotografia di guerra riflette in maniera crescente una sensazione di
fondamentale insensatezza. Figura esemplare in relazione a questo atteggiamento è Don McCullun
uno dei più importanti fotografi documentari e di guerra dagli anni 60 in poi. Per lui la fotocamera è
come lo spazzolino da denti. Un'altra immagine del Vietnam, Soldato traumatizzato (1968) foto è
un cuore di tenebra conradiano, un nada del sé; profondo studio sulle conseguenze psicologiche
della guerra. Immagini come queste del Vietnam ci suggeriscono che anche il documentario è alle
prese con una sorta di esaurimento.Alcune delle più importanti immagini cosiddette documentarie
sono in realtà contraddittorie. L'ultima postazione del tiratore scelto (1869) di Gardner, dove il
fotografo spostò e sistemò il corpo o Marines innalzano la bandiera, Monte Suribachi, Iwo Jima
celeberrima immagine scattata da Joe Rosenthal ricostruendo la scena.
American History Re-Invented (1989) dell'americano Warren Neidich libro di foto documentarie
che riflette sul problema di costruire e ricostruire la storia. In una serie di immagini minuziosamente
costruite ci vediamo davanti agl occhi l'America dell'800 mesa in scena da procedimenti fotografici
ottocenteschi. Contro-Curtis.Primi insabbiamenti americani, n.7 una scena costruita nel 900 per
prendere posto accanto alle immagini della storia americano dell'800; immagine falsifica la storia
allo scopo di mettere in dubbio i miti di un particolare passato storico e mostrare ciò che non è mai
stato mostrato; qui uccisione di un'indiana americana si contrappone alle immagini degli indiani di
Curtis. Minatore del Northumberland a cena (1937) di Bill Brandt è indice della vita inglese degli
anni 30: immagine delle differenze sociali; foto ricca di dettagli significati e minuziosi da cui
traspare un intero stile di vita; predomina capacità fotocamera di misurare esistenze private. Blume
e Mary Will Thomas a capodanno (1984) di Birney Imes, si occupa degli aspetti sociali e politici in
maniera meno articolata; il colore ci porta dentro lo spazio, dissolvendo distinzione tra soggetto e
lettore; fotocamera non ha altro scopo che consentire alla scena di affermare la propria integrità di
ambiente autonomo.
Per la foto l'ambito documentario rimane problematico.
CAP. IX
In articolo pubblicato da 'Camera Work' nel 1913, lo scrittore di origine messicana Marius De Zayas
pose il problema se la fotografia fosse un'arte; secondo lui la fotografia non è un'Arte, ma si
possono rendere Arte le fotografie. De Zayas sostiene che le foto potesse ambire a una forma ideale,
basata su riferimenti autonomi e potenzialità intrinseche. La fotografia considerata come arte
rivendicava un pedigree e una base differenti e prevedeva, in particolare nei due decenni a cavallo
del 900, la formulazione di un preciso credo estetico che reaisse non solo al documentarismo, ma
anche alla commistione tra fotografia e interessi pittorici. Elementi rilevanti riconoscibili già in
opera di P.H. Emerson, ma dietro tentativo di elevare la foto al rango di arte indipendente ci furono
soprattutto la forza e la determinazione di Alfred Stieglitz. Una mostra del 192 a NY, città dove
aveva studio e galleria, esibì immagini dello stesso Stieglitz; il NYTimes si espresse contro la
manipolazione in quanto tale, distinguendo la fotografia dalla pittura definendola un mezzo
autonomo, dotato di possibilità proprie e inimitabili (usa termini diretta, pure, e tono, importanti
accennano sensazione chiarezza e intensità). Egli perseguiva un'immagine ottenuta con mezzi
strettamente fotografici; la foto avrebbe dovuto riflettere il soggetto stesso, nella sua sostanza e
personalità. Il rifiuto della manipolazione, del ritocco e degli effetti fasulli faceva parte di una
ricerca della forma ideale, di una concezione pura. Stieglitz si contrappone nettamente al
contemporaneo Lewis Hine, che mise in primo piano gli aspetti del soggetto ignorati dal primo;
qualsiasi preoccupazione estetica lasciava il passo alle implicazioni della scena umana davanti alla
macchina fotografica. Ponte di terza classe (1907) di Stieglitz: immagini più celebri del primo
novecento; scattata dal ponte di prima classe di una nave diretta in Europa, è ottimo esempio suo
approccio, per l'assenza di qualsiasi preoccupazione di tipo sociale o documentario; egli vide
immagini fatta di forme, non di figure umana, e si concentrò su un motivo astratto che gli suggeriva
il suo modo di sentire la vita; le misere condizioni passeggeri su ponte terza classe sono ignorare;
occhio ricostruisce geometria planare, senza alcun interesse per i particolari della scena o condizioni
di personaggi; al centro figura del fotografo/artista.
In questo contesto il fotografo sottrae il soggetto a un contesto storico e lo inquadra in una
potenziale condizione ideale. In america questo comportò la scelta del paesaggio come soggetto
della fotografia d'arte, in quanto forma naturale, costituisce principale linguaggio simbolico di un
processo più alto. L'interesse per la luce ma con aggiunta della presenza spirituale di un più
profondo significato. Il posto più adatto a lui (Stieglitz) fu la casa di campagna a Lake George: gli
Equivalenti sono immagini di nubi e cielo attorno al lago, di dimensioni ridotte ma caratterizzate da
tonalità e contrasti molto intensi. Sono un perfetto esempio dell'estetica artistica; la foto è
l'equivalente non del soggetto reale, quanto dello spirito a esso soggiacente. Gli Equivalenti come
gli altri progetti di Stieglitz, Alberi Danzanti (1921) e Musica (1922) sono poesie d'atmosfera, densi
brani visivi capaci di esercitare un fascino particolare sull'occhio. (1924 Paul Rosenfel definisce
immagini di S. profonda rivelazione della vita). Stieglitz riuscì a esprimere le proprie idee sulla
fotografia artistica anche in altri modi, tramite cerchia dei colleghi e riviste “Camera Work” e
“291”, ma si dedicò fortemente alla galleria intesa come ambiente, luogo sacro. S. passava giorni in
camera oscura per realizzare un'immagine, prima di accettarla come equivalente delle sue
intenzioni; altri fotografi marcarono i negativi per impossibilitare qualsiasi riproduzione falsa.
Influenzò molto Edward Weston, che amplia il linguaggio della fotografia pura appostandovi
l'eccellenza tecnica di spirito creativo. Elemento pure rientra in atto intuitivo, fotocamera semplice
mezzo. Il Nudo (1936) è uno studio formale, corpo equiparato alle forme naturali, viene affrontato
in termini di forma, superficie e luce; si sottolineano gioco di luci e superficie della pelle. L'occhio
neutralizza il soggetto; persino quando Weston fotografa ambienti industriali opera in rapporto alla
loro geometria, vede solo un modo di forme (come Stieglitz).
Come Weston, anche Ansel Adams è interessato a idea portante di unità e forma. Staccionata
(1936) esempio di come soggetto qualunque, persino banale, possa trasformarsi in qualcosa di
strano e unico; suo interesse per luce e forme permise di infondere negli oggetti più banali qualcosa
di magico e trascendente rispetto alla loro funzione diretta; oggetto strappato a contesto e libero di
entrare in relazione con più alto registro di significato; staccionata illuminata, impiego contrasto
accentua il modo in cui luce anima ogni singola scena. Weston e Adams, insieme con Imogen
Cunnigham appartenevano al cosiddetto GROUP F.64, un ristretto cenacolo di fotografi artistici
dediti a un'analisi intensa e dettagliata del mondo; esemplifica gli ideali della foto artistica. Imogen
Cunnigham produsse immagini straordinarie partendo dalle scene domestiche più disadorne. Letto
non rifatto (1957) sceglie aspetto, abitudine, consueto nella vita e lo trasforma in immagine di
insolita bellezza; affascinante come letto si trasforma in oggetto di suprema rilevanza, come ogni
piega, ogni ombra diviene entità sproporzionata rispetto a ciò che stiamo in realtà osservando. Foto
che abita un vuoto visivo.
Paul Strand ebbe rapporto ambivalente con la tradizione della fotografia artistica, sebbene sua
filosofia fosse simile a quella di Stieglitz. La città di NY fu una delle sue principali aree di interesse.
Ciò che caratterizza sue foto è impegno a inquadrare momento e soggetto in un contesto più ampio.
Sue immagini non si preoccupano dell'effetto, né intendono suggerire una dimensione spiriturale,
ma affrontano dinamica della vista e del significato. Wall Street, New York (1915) oscilla tra
astrazione e documentarismo: figure dirette a lavoro sono schiacciate dalle dimensioni monumentali
della banca sullo sfondo; Wall Street è sia un luogo preciso che una condizione simbolica;
immagine tiene conto della componente economica contesto, ma coinvolge nel suo lirismo la vita
degli individui. Strand enfatizza elementi come le ombre, i motivi e le superfici per creare effetti di
ambivalenza che troviamo anche negli stupendi ritratti delle persone incontrare in Messico, Italia e
Romania. Finestra palladiana, Maine (1945) la casa preserva sua corporeità, immagine si concentra
su spirito e atmosfera; distanza della fotocamera fa sì che atmosfera sia percepita ma non
conosciuta; non c'è alcun punto focale fisso, né qualcosa di privilegiato rispetto al resto.
Anche la carriera di Eliot Porter si concentrò su osservazione ravvicinata delle superfici naturali.
Le sue immagini a colori mostrano approccio ed effetto particolari. In Specchio d'acqua in un
ruscello, nei pressi di Whiteface, New Hampshire (1953) il colore riesce a richiamare l'attenzione
sulla superficie della foto, grazie a gioco di texture e tecnica; i diversi elementi dell'immagine
(acqua, foglie, luce) si fondono in un'unità profonda, fatta di movimento e riflessi; effetto
complessivo è quasi pittorico. Risultati simili li ottiene Ernst Haas fotografo di origine austriaca
che usa il colore per intensificare la realtà di ciò che abbiamo davanti: è la fotocamera a permetterci
di vedere adeguatamente. Sue immagini celebrazione del colore. Vernice scrostata su una panchina
di ferro, Kyoto (1981) è una stampa Kodachrome dove colore svolge un ruolo cruciale nel produrre
impatto. L'autore sta cercando di catturare il colore intenso dell'originale; rosso, nero e verde
producono esperienza visiva ricca di meravigliosi significati potenziali. Sua immagine evidenzia il
dibattito tra bianco e nero e colore, in particolare nell'ambito della fotografia artistica. Qui bianco e
nero è ancora a tratti legato a una visione elitaria ed è predominante. In quest'ambito il bianco e
nero rientra in un approccio purista, che pone accento su foto come medium a sé stante.
Al pari di molti fotografi artistici Harry Callahan lavorò quasi sempre con il bianco e il nero, ma
in anni 80 cominciò a usare il colore nell'ambito di nuova analisi dei luoghi: Atlanta, Providence,
Barcellona, Galles, Portogallo. Acute e provocatorie, sue foto si distinguono perché danno idea di
un significato implicito sempre sul punto di definirsi. Mentre immagini in bianco e nero rimanevano
misteriosamente racchiuse nel loro mondo, il colore insiste sulla presenza del mondo fotografato.
New Color (Photographs 1978-87) è eccezionale per uso colore; risultato è creazione iper-realtà,
colore talmente vivido e intenso da divenire entità autonoma, fino ad essere di fatto il soggetto
dell'immagine. Callahan sceglie di inondare di colore la scena, all'opposto della ricerca di sfumature
tonali che associamo al bianco e nero. Kansas City (1981) esalta il colore in quanto tale; occhio è
sopraffatto dall'intensità del rosso, effetto è rafforzato dal rifiuto di ricorrere a un vocabolario
simbolico. Lago Michigan (1953, tra sue immagini più riprodotte, raffigura persone in acqua, tipo
soggetto delle vacanze che diventa saggio su tangibile e intangibile, su modo percepire spazio e
creare schema d'ordine). Quelli di Callahan non sono soggetti ma modi di guardare le cose. Il
rilievo di questo fotografo risiede nel suo legame con i presupposti del Group f.64, ma altrettanto
nell'averli superati in nome di temi e priorità personali.
Cubi (1979) di Zeke Berman è una serie di trabocchetti visivi; immagine nella tradizione del
trompe d'oeil, agisce attraverso serie di calembours visivi ed è al tempo stesso indagine di tipo
filosofico; disposizione giornali su pavimenti crea gioco tra presenza e assenza, fissa differenza tra
definire e riconoscere; è foto su natura percezione e servendosi giornali e blocco di legno e dell'idea
di un cubo sonda termini conoscenza visiva.
William Eggleston, americano del Mississippi, ha scelto aspetti marginali dell'esistenza quotidiana
e li ha messi a fuoco in modo suggestivo, anche se quasi casuale. Piantagione di Black Bayou, nei
pressi di Glenora, Mississippi (1971) è immagine a colori che richiama potenziali somiglianza con
una cartolina, mostra elementi ambigui; sceglie di dare rilievo a una scena di interesse marginale;
gli oggetto sono object trouvès, il cui significato deriva dall'attenzione concessa dalla fotocamera.
Le immagini di Eggleston, Callahan e Berman sono esempio di nuovo tipo di fotografia artistica,
volta a riflessione post-moderna sul significato e la natura della rappresentazione.
Le immagini di Joseph Sudek, più importante fotografo slovacco 900, spesso dense e scure,
suggeriscono il clima politico in cui si lavorava; alla luce si sostituisce una radicata oscurità, un
rimando al pessimismo e alle prospettive psicologiche dei personaggi kafkiani. Le sue immagini
trasudano particolare ambiguità, disagio condizionato; luce ridotta a minimo e atmosfere tenui.
Sedia in casa di Janàcek (1972) è immagine buia e opprimente in cui spazio è usato per alludere a
desideri e situazioni irrisolti; delicatezza e semplicità di fondo sono segreto di una presenza
ammaliatrice; atmosfera papabile, prevale penombra, ma di un tipo legato più alle candele o
lampade che luce del sole; area di possibile chiarore assume particolare rilevanza; le regolarità della
tenda di pizzo sono illusorie; ricerca il significato degli oggetti di cui dispone, rendendo la
fotocamera partecipe di un progetto di indagine e misurazione dell'esistente, dei ritmi e degli oggetti
quotidiani. Da questo punto di vista Sudek è europeo autentico.
CAP.X
La fotografia pura aveva concepito l'esistenza di un'immagine ideale trascendente la realtà
quotidiana. Dal 1900 trovarono spazio serie proposte fotografiche miranti a riconsiderare la
fotografia alla luce del nuovo linguaggio modernista. Tale fotografia puntava a una manipolazione
dell'immagine, abbondando qualunque vincolo a una registrazione oggettiva della realtà oculare.
Emerge agli inizi del secolo la necessità, sentita da un gran numero di fotografi, di un nuovo
vocabolario visivo che permettesse di misurarsi con i rivolgimenti affrontati nello stesso periodo da
altri mezzi espressivi. In tentativo di Coburn era stato di instituire un nuovo punto di vista come
dimostrano sue vedute di NY con deliberati effetti flou oppure ridotte a un motivo semiastratto dalla
cima di un edificio. Reagì ai nuovi parametri introdotti dal cubismo proponendo ciò che il suo
amico Ezra Pound chiamò il vortografo, che sfruttando una serie di specchi fotografava il soggetto
proiettato in un numero potenzialmente infinito di riflessi. Vortografia (1917, esempio di vortografo
costruito da tre specchi fissati insieme a formare un triangolo, contro cui si indirizzava la lente della
macchina fotografica).
Per molti versi la fotografia era già stata manipolata in altri modi e le stampe di Rejlander
anticiparono gli sviluppi successivi del collage e del fotomontaggio. La cosiddetta tecnica del
trasformismo sperimentata Louis Ducos du Hauron introdusse, a partire dal 1889, la distorsione
come primo rudimentale metodo per alterare l'apparenza del soggetto fotografico.
A partire dal primo decennio del secolo, diversi fotografi iniziarono a riconsiderare la pratica
fotografica che smise di essere vincolata a una fedele riproduzione della realtà che in quest'ottica
veniva concepita come mera e superficiale apparenza, ingranaggio di un più grande mito della
verosimiglianza. Fotografia concepita allora come il luogo di un'estetica – psicologica e politica –
radicale. Una parte essenziale di questa evoluzione prese le mosse nella Russia rivoluzionaria e
nella Germania weimariana. Spicca la fotografia costruttivista, che pur essendo movimento di
portata internazionale, le sue radici affondano nella rivoluzione russa del 1917. corrente che
perseguiva un'arte adatta agli ideali sociali e politici del nuovo ordine che mettesse in discussione il
canone della rappresentazione realistica. L'opera del fotografo russo El Lissitzky è cruciale;
architetto qualificato, nel 1929 realizzò la copertina per la rivista radicale “Foto-Auge” e sue opere
apparvero nella capitale esposizione fotografica FILM UND FOTO. Il costruttore (1924,
autoritratto) è un'immagine di straordinaria modernità; autoritratto icastico, definisce in modo
programmatico il concetto di fotografo-artista; il volto predomina, sua espressione è calcolata e
perspicace). Le immagini di Lissitzky sono ricche di rapporti e significati dinamici, alludono al
concetto di costruire. Lo spazio è riempito dalle figure, colte generalmente dal basso, con
angolature che suggerisce la dominanza e il controllo sul proprio ambiente.
Alexandr Mihailovic Rodcenko abbandonò la fotografia negli anni 40 per dedicarsi alla pittura
astratta. Produsse fotografia di una radicalità tale da riuscire a riflettere il rinnovamento sociale che
auspicava. Sue immagini, scattate da angolazioni distorte per enfatizzare la presenza della figura,
producono effetto corrosivo e diretto. Trombettiere dei pionieri (1930) è immagine di un suonatore
di tromba che annuncia con vigore la natura contemporanea del soggetto fotografico; immagine
celebra modernità, di cui enfatizza affinità con la politica; la distorsione dell'angolatura contribuisce
ad accentuare radicalità di senso; musicista come fotografo è visto come pioniere.
L'ungherese Làzlò Moholy-Nagy considera foto fulcro di una nuova modalità percettiva. Pittore
astratto prima che fotografo,, nel libro Pittura, fotografia, film (1925) espresse appieno sua
concezione per immagine. Mescolando tratti radicali e indagatori, le sue immagini possiedono una
natura enigmatica che si oppone a lasciarsi semplificare in messaggi o dichiarazioni di fede. Sopra
il tiro a sengo (1925) è opera quasi post-moderno come si può dire di Gelosia (1928) che si stenta a
credere risalga a quell'anno. In quest'opera riconosciamo l'articolazione consapevole dei
meccanismi alla base di conoscenza e significazione, da cui deriva l'enigmatico gioco degli opposti.
Moholy-Nagy si misurò con processo della creazione come con quello della registrazione di
immagini: esempio sue Photoplastik di collage, mentre i suoi fotogrammi si allontanano dalle
investigazioni a sfondo sociale del costruttivismo. Questi sono trait d'union tra il movimento
costruttivista e altre due correnti artistiche dominanti: dadaismo e surrealismo, importanti nell'aprire
la nozione di ostranenie a una forma di fotografia legata a immaginario con rivolti psicologici.
Importanti sono anche i rayogrammi del russo-americano Man Ray (letteralmente uomo raggio,
nome d'arte), variante del fotogramma e del calotipo che portava avanti il tentativo di estrarre dagli
oggetti più comuni un elemento di stranezza. I raygrammi hanno presenza profondamente
enigmatica. Rayogramma (1923) crea spazio sospeso e quasi del tutto disgiunto dall'universo visivo
della quotidianità, suggerendo frammenti colti per caso in una interiorità onirica. L'opera di Ray
cristallizza la questione del 'rendere strano'. Analogamente i rayogrammi e la solarizzazione
introducono un elemento di artificio e di trucco. Forse punto di forza di gran parte dell'pus rayano è
lo humor: esempio celebre Le violon d'Ingres (1924) in cui la modella Kiki ha sul dorso due fregi a
forma di “f”. In Lacrime di vetro (1930) il senso dell'immagine si fonda su una sorta di calembour
visivo (inaspettata combinazione di elementi disparati) ma al di là dell'umorismo c'è il volto di una
donna, il vero oggetto del gioco di Ray; le lacrime sono perle di vetro, la foto rispecchia lo spirito
del dadaismo newyorkese. (altra opera sua L'Homme 1918 raffigurante un frullino). Man Ray è
contemporaneamente sia fotografo dadaista che surrealista; sue immagini più radicali si appropriano
del lessico surrealista, in cui elemento psicologico è fondamentale per l'effetto prodotto.
Il surrealismo intrattiene una relazione ambivalente con la fotografia. Per rendere surreale qualcosa
è necessario individuare la condizione che permette di costruire letteralmente un'immagine in vista
del suo effetto, anziché della sua sostanza. Lui come Lissitsky, Rodcenko e Moholy-Nagy manipola
apertamente lo spazio dell'immagine fotografica costruendo, decostruendo, tagliando,
frammentando. Altri invece si accontentano di distorcere l'immagine. Nei nudi di Bill Brandt il
corpo si allunga e si deforma come nello specchio di un baraccone da fiera. Le foto di figure in
movimento realizzare dal 1911 dall'italiano Anton Giulio Bragaglia condividono qualcosa con
questo movimento. (avvicinabile anche Nudo che scende le scale 1911 di Marcel Duchamp).
Il xx secolo è il vero teatro della foto manipolata vera e propria; i fotografi ritagliano i frammenti di
un immaginario primario per riassemblarli in uno schema di significati. L'invenzione del
fotomontaggio è controversa, se la disputano Roaul Haussmann e John Heatfield. Taglio con il
coltello da torta (1919) di Hannah Hoch è uno dei primi esempi di fotomontaggio: è un collage di
materiali disparati assemblate secondo prospettive differenti, dove descrive stile di vita nella
metropoli di quegli anni; elemento dominante parola 'dada', e proprio la mescolanza di immagini e
caratteri tipografici accentua impressione frammentazione. Formatosi nell'estremismo del Dada
John Heartfield portò avanti uno dei più lunghi corpus di fotomontaggi del secolo. Comunista
dichiarato usò sue immagini satiriche per esprimere critica mordace alla politica nazista. Provocava
l'assurdo contrapponendo elementi disparati con un effetto di dissacrante derisione. Sfruttava
immagine non solo per criticare ma anche per ridicolizzare le menzogne e il potere politico. Evviva,
è finito il burro! (1935): il titolo allude a una discorso di Hermann Goering (il ferro fortifica un
paese, il burro e il lardo fanno solo ingrassare la gente) costruisce una satira fulminante, dove
vediamo le conseguenze dell'affermazione, se sottoscritta; effetto fotomontaggio si fonda
sull'esagerazione, sulla giustapposizione di elementi diversi e inconsueti, sull'iperbole visiva, ma
anche su una straordinaria attenzione al dettaglio; satira pungente a Germania nazista, il paradossale
scherzo sul ferro e il burro crea vivace dinamica di effetti comici che irride l'assurdità del regime;
da notare carta da parati con le svastiche e il cane sotto il tavolo con una vite al posto dell'osso;
lattante morde lama di una vecchia ascia, ritratto di Hitler dalla parete e geniale trovata cuscino
ricamato nientemeno che con l'effigie di Hindenburg.
Questo approccio inaugurò un'importante tradizione nella tecnica del fotomontaggio al servizio
della satira politica. Ritroviamo tale complessità nell'opera dell'inglese Peter Kennard: in Carro da
fieno con missili Cruise (1980) caricò di testate missilistiche il celebre Carro da fieno di Constable,
per protestare contro la proposta di installare i Cruise sul suolo britannico. Ugualmente Difesi fino
alla morte (1982) denunciò gli eccessi della corsa agli armamenti tra Usa e Urss. Kennard ha uno
stile incisivo recente, è una riflessione sul mito dell'Inghilterra e il potere costituito. Altri impieghi
del fotomontaggio e del collage si discostano tuttavia dall'esplicita satira politica. La solitudine del
cittadino (1932) di Herbert Bayer si muove in questa direzione: gioco di elementi inattesi e
assurdi, in cui all'umorismo nero si accompagnano rimandi a condizione generale (noia,
alienazione, solitudine), dona a questa immagine la sua densità poetica; titolo eloquente, immagine
suggerisce attraverso la rappresentazione delle mani e degli occhi, una situazione di particolare
intensità emotiva, in cui le componenti dell'io sono preda dell'ambiente urbano. Ugualmente
Richiard Hamilton in Che cosa, esattamente, rende la casa moderna così diversa, così invitante?
(1956) trasforma il titolo in una componente essenziale del significato della foto. Obiettivo:
consumismo e società borghese. Dietro scherzosità, le opere di Hamilton hanno intenti molto seri;
questa immagine consiste nel fotomontaggio di oggetti che rimandano alla cultura consumistica, la
quale viene criticata tramite contrapposizione illogica degli elementi; immagine è ingombra di
oggetti di consumo e in essa dominano linguaggio e temi pubblicità; il banale e il pacchiano si
incotrano in quella che è la critica di uno stile di vita e di un modo di pensare; dietro umorismo
scorgiamo la preoccupazione per la vuota solitudine dell'esistenza. Altri fotomontaggi basano
invece la propria forza su commistioni sorprendenti di elementi diversi, senza che l'immagine
imponga letture o messaggi determinanti. Oggetto di Gingo Hanawa è un'opera ambivalente e
complessa, dotata di straordinaria modernità; elementi fra loro scollegati si riuniscono in una
geometria casuale diventando un fait-accompli; osservandone però i singoli elementi vedremo
emergere alcuni temi, basati su una critica latente all'età moderna; è un gioco sulla natura
dell'oggetto e del significato, giacchè elementi dell'opera sono riconoscibili ma nella complessa
struttura in cui sono presentati necessitano nuova modalità di riconoscimento e attenzione; ogni
elemento è calcolato, ricorda Il costruttore.
Victor Burgin fotografo origini inglese; Thinking Photography si basa sulla riflessione
sull'importanza di discipline come linguistica, psicoanalisi e semiotica; egli manipola
consapevolmente l'immagine tenendo a mente un palese rapporto critico con il lettore, come è tipico
in era postmoderna. Ha denunciato concetto di momenti di verità, definendola una mistificazione
altrettanto grave di quella di creatività autonoma. Ufficio di notte (già visto sopra) opera ambigua,
parte destra mostra figura di un'impiegata intenta a consultare uno schedario, dietro una seconda
figura riconoscibile come il dettaglio di un quadro di Esward Hopper intitolato 'Ufficio di notte'; il
pastiche stilizzato del quadro di Hopper stabilisce punto di vista su natura e convenzioni dell'ufficio
come luogo di lavoro e istituzione culturale; parte sinistra esempi di anonima segnaletica di tipo
informatico; lo schedario è antesignano del moderno file e, come la segretaria, è elemento
sorpassato. Christian Boltanski conoscitore esperto della pratica fotografica, istituisce tra
spettatore e immagine preciso spazio critico. Monumenti – I bambini di Digione (1944): una
istallazione complessa, formata da successione singole immagini di bambini collocate di fronte
delle lampadine così da somigliare a icone, che nel loro effetto di insieme, sanno creare una
sensazione quasi religiosa del valore umano individuale; uso luce avvicina semplici instantanee alle
icone religiose. Manipolazione immagine ha ancora da insegnarci sulle potenzialità di questo
mezzo.
CAP XI
La collaborazione con agenzia Magnum fu all'origine di molte opere rappresentative di Henri
Cartier-Bresson; sua opera possiede uno stile e una filosofia così riconoscibile e personali da
resistere a qualunque classificazione. Il 'momento decisivo' di cui parla è la ricerca di un momento
adatto a un particolare soggetto, ma in rapporto al suo significato in un contesto storico più ampio.
Egli è quintessenza del fotografo, poiché mira a comprender e rivelare il mondo che vede, anziché a
tagliare e restringere il proprio sistema di riferimenti. Le sue opere disorientano l'occhio del critico.
In Madrid, Spagna (1933) il glorioso momento decisivo trova piena consacrazione; c'è caratteristico
combinarsi, proprio nel momento giusto, di elementi eterogenei che configurano una geometria
visiva al tempo stesso bizzarra, umoristica e enigmatica; uomo sembra fluttuare attraverso scena,
accendendone il potenziale surreale; c'è relazione tra muro e misteriose finestre sullo sfondo e
bambini che giocano in primo piano; geometria complessa,. Si può parlare di stile con lui, poiché
sue immagini tutte riconoscibili come se avessero firma del fotografo. Parigi, Gare St.Lazare
(1932): il momento è essenziale, ma altrettanto lo sono i riflessi, le incongruenze, anomalie e
trasformazione del banale in qualcosa di speciale e imprevisto. Bresson apre il mondo all'obiettivo
della macchina, invece altri scelgono di chiudere ciò che vedono entro sistemi consolidati.
Bambino che viene pesato (1985) di Sebastiao Salgado è allo stesso tempo emotiva e calcolata; il
dramma di un solo bambino viene restituito in maniera diretta e estremamente complessa; bambino
è appeso e soppesato entro un assai più vasto sistema di riferimento; cesura immagine tra bambino e
bilancia, le cui cinghie tese formano un triangolo, evidenziando contrasto col corpo; disequilibrio
geometrico conferisce ricchezza evocativa; la macchina fotografica fa di questo corpo un
prolungamento di tutte le presupposizioni ufficiali riguardanti l'individuo; bambino è soggetto,
almeno in apparenza; la bilancia rudimentale fa pensare a un sole e richiama anche la lampada
spenta alla parete; piede tocca tavola, un blocco di fogli e una penna aspettano di registrare il peso
del bambino; da oscurità porta emerge dorso di un agnello, mentre asta visibile dietro schiena
bambino pare trafiggergli il cuore così che i significati si moltiplicano.
Bambina in un istituto rumeno (1990) di Tom Stoddart fu pubblicata sulla prima pagina del
quotidiano britanico 'The Guardian”: ha una densità ineludibile. Marian in braccio a una delle sei
inservienti di un ospedale di Bucarest, noto come la Auschwitz dei bambini, soffre di epatite B ed è
stata abbandonata dalla famiglia, privi di mezzi per il suo sostentamento. Il contesto giornalisto
conferisce grande rilevanza all'immagine che tenta di coinvolgere direttamente lo spettatore nel
messaggio.
Sigaretta (1917) di Irving Penn sfrutta serie di convenzioni visive e culturali (richiama quadro di
Stuart Davis Lucky Strike o problematiche affrontate dai dadaisti e surrealisti, proclamando al
contempo proprio status di monumentalità; a due banalissimi mozziconi di sigaretta (una americana
Chesterfield e una europe Camel) viene accordata stessa considerazione associata a edifici; ottimo
esempio della facoltà, propria della fotografia, di trasformare oggetti o momenti assolutamente
banali in qualcosa di speciale.
Circle Line Statue of Liberty Ferry, New York (1971) di Garry Winogrand che ha la capacità di
congelare, piuttosto che di arrestare, l'attimo, aprendo in esso un territorio di significati potenziali;
densa e sottile è formalmente strutturata. Workshop giapponese di fotografia, Karvizawa, Giappone
(1958) di Marc Riboud è un foto che parla delle fotografie e della fotografia; il soggetto è
irrilevante, qui conta il bisogno, quasi la smania, di registrare visivamente un evento.
Istantanea è sempre stata forma fotografia sottovalutata, in quanto priva della riconoscibilità e della
pregnanza iconica delle immagini realizzate dai fotografi professionisti. Eppure lo snapshot è alla
base dell'esperienza fotografica della maggior parte delle persone. Immagine di Susan Meiselas
Cuesta del Plomo (1978) è ingannevole; colori sfarzosi e soggetto apparente porterebbero a leggerla
come un paesaggio: la vegetazione lussureggiante fa penare a immagini stereotipate delle pubblicità
turistiche; ma è una fotografia di guerra, e l'occhio che pigramente esplora il paesaggio cade nella
sua trappola: la scoperta dei resti umani rende palese il vero centro dell'immagine e stravolgono in
un attimo i parametri interpretativi iniziali.
Il post-modernismo ha messo in discussione efficacia fotografia quando siamo saturi della sua
presenza su giornali, riviste, ecc,. Immagine di Peter Marlow Rifugiati della Rhodesia in un campo
profughi, Zambia (1978) celebra la molteplicità, la sua capacità di registrare il momento e renderlo
significato è inesauribile; immagine che celebra e ribadisce la natura democratica della fotografia,
siamo all'esatto opposto dei dagherrotipi immobili e ampollosi del secolo. La sua capacità di
registrare il momento e renderlo significativo è inesauribile; conferisce prestigio a qualsiasi cosa
tocchi, è il perfetto medium moderno. Donna con cono gelato, New York (1968) di Garry
Winogrand è un'immagine allo stesso tempo spiritosa e ambivalente; un soggetto leggero nasconde
un'indagine complessa sul significato fotografico; donna ride, mentre manichino è muto. Immagine
è quintessenza del suo lavoro e della fotografia; ha dichiarato “mi piace pensare al fotografare come
a un gesto di doppio rispetto, rispetto per il mezzo lasciandogli fare ciò che sa fare meglio, cioè
descrivere, e rispetto per il soggetto, descrivendolo così com'è”.
Speciale 3D
quando parliamo di cinema 3D indichiamo il 3D stereoscopico ovvero la riproduzione degli effetti
tridimensionali della visione binoculare attraverso la cinematografia. Fratelli Lumiere nel 1903
rifere in 3D il loro famosissimo L'arrivèe d'un train en gare de La Ciotat (1895)
il principio alla base della stereografia è relativamente semplice: replica visione umana; con una
visione di 20 a 20 ogni singolo occhio vede un'immagine differente. Charles Wheatston ha inventato
lo stereoscopio nel 1838. l'effetto cinematografico di creare la profondità in questo modo si
raggiunge usando due mpd per catturare due flussi di immagini in movimenti, le due mdp
riproducono gli occhi di una persona; queste sono modificate attraverso una configurazione
affiancata o a specchio in base alla quale uno specchio è posto tra le due mdp per catturare le quasi
identiche immagini.
Occhiali speciali, tecnologie stereo quali anaglifico e polarizzazione.
Anaglifico: una lente degli occhiali è rossa e l'altra è blu; vengono poi utilizzati due proiettori per
sovrapporre i due flussi di immagini sperate su di un unico schermo. Questa tecnologia produce
immagini di qualità scadente e ha cattiva riproduzione del colore, dato che il risso viene filtrato
dall'occhio destro e il blu, il verde o il ciano vengono bloccati dall'occhio sinistro.
Polarizzazione inventata dalla Polaroid nel 1937, le proiezioni doppie erano effettuate con sistemi
polarizzanti capaci di filtrare i fasci di luce sia orizzontalmente che verticalmente; il pubblico
indossava occhiali con polarità combacianti.
Anni 20: intro sonoro; anni 30: intro colore; anni 40:introduzione widescrren. IMAX: sistema di
proiezione su schermi di grande formato, fu introdotto per la prima volta nel 1970. Sistema Imax è
immersivo perchè non si possno vedere gli angoli dello schermo come, invece, in un cinema
multiplex. Primo film in 3D stereoscopico è stato Buana Debil del 1952 di Arch Oboler. Il primo
esempio di lungometraggio che ha usato il 3D Stereoscopico con l'intento di raccontare è senza
dubbio Il delitto perfetto di Alfred Hitchcock.
Depth score o depth script è un meccanismo usato per comunicare l'uso dello spazio z agli attori e
alla troupe. Traccia orizzontalmente il rapporto dinamico tra il POA (point of attention) e lo spazio
statico dello schermo.

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