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generi autori opere temi

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Testi di Carmelo Sambugar rivisti e aggiornati da Marta Sambugar e Gabriella Salà.

© 2004 RCS Libri S.p.A., Milano

1a edizione: gennaio 2004

Coordinamento editoriale: Paolo M. Mazzoni


Redazione: Maria Luisa Crussi studio redazionale

Progetto grafico: Marco Capaccioli, CD&V, Firenze


Copertina: Media Studio, Firenze
Fotocomposizione: Lino2, Città di Castello (PG)

Stampa: Rotolito Lombarda, Pioltello (MI)

ISBN 88-221-5337-5

In copertina: Beato Angelico, Il giudizio universale (part. dell’Inferno)

Il materiale illustrativo proviene dall’archivio iconografico della Nuova Italia.


L’editore è a disposizione degli eventuali aventi causa.

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro
pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero
dall’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS, e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMER-
CIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000.
Le riproduzioni per uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di pagine non superio-
re al 15% del presente volume, solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, via delle Erbe 2,
20121 Milano, tel. e fax 02 809506, e-mail aidro@iol.it

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La Nuova Italia

generi autoriopere temi

Antologia della
Divina Commedia
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INDICE GENERALE
Guida per un lavoro intertestuale. La figura di Ulisse 125
La Divina Commedia CANTO XXVII 137
CANTO XXVIII 138
Studiare la Divina Commedia 2 CANTO XXIX 139
La poetica della Divina Commedia 3 CANTO XXX 140
I “sensi” della Divina Commedia 4 CANTO XXXI 141
Struttura dell’opera di Dante 8 CANTO XXXII 142
CANTO XXXIII 143
Il racconto di Ugolino 149
Inferno 11 LA CRITICA – La storia di Ugolino: odio e amore 150
Sintesi del Basso Inferno 154
Struttura e ordinamento morale dell’Inferno 12 CANTO XXXIV 156
I percorsi tematici dell’Inferno 13
CANTO I
LA CRITICA – La visione dell’oltremondo
15
23
Purgatorio 157
CANTO II 24 Struttura e ordinamento morale del Purgatorio 158
CANTO III 32 I percorsi tematici del Purgatorio 159
LA STRUTTURA SINTATTICA 39 CANTO I 161
LA STRUTTURA METRICA, RITMICA E FONICA 40 LA CRITICA – Allegoria e lirismo nel canto proemiale 169
CANTO IV 44 La scelta di Catone come custode del Purgatorio 170
CANTO V 45 Il suicidio di Catone 170
LA STRUTTURA SINTATTICA E METRICA 52 CANTO II 172
LA CRITICA – Il canto di Francesca 53 LA CRITICA – Il coro sacro e il coro profano 180
CANTO VI 55 CANTO III 182
LA CRITICA – Dante e la corruzione del suo tempo 61 LA CRITICA – Regalità e cortesia di Manfredi 190
CANTO VII 62 La memoria di Manfredi 190
CANTO VIII 63 CANTO IV 192
LA CRITICA – La tecnica narrativa di Dante 67 CANTO V 193
CANTO IX 68 LA CRITICA – Il rimprovero di Virgilio 199
CANTO X 69 I protagonisti del canto 200
LA STRUTTURA SINTATTICA 76 CANTO VI 201
Sintesi della prima parte 78 LA CRITICA – La simmetria del dolore 208
CANTO XI 80 CANTO VII 210
CANTO XII 81 CANTO VIII 210
CANTO XIII 82 CANTO IX 211
LA CRITICA – Un linguaggio nuovo 89 Antipurgatorio: il cammino percorso dai due poeti 212
CANTO XIV 90 CANTO X 212
CANTO XV 91 CANTO XI 214
CANTO XVI 92 CANTO XII 217
CANTO XVII 93 CANTO XIII 217
CANTO XVIII 94 CANTO XIV 218
CANTO XIX 95 CANTO XV 218
CANTO XX 96 CANTO XVI 219
CANTO XXI 97 CANTO XVII 220
CANTO XXII 103 CANTO XVIII 220
LA STRUTTURA SINTATTICA 111 CANTO XIX 221
CANTO XXIII 113 CANTO XX 222
CANTO XXIV 114 CANTO XXI 222
CANTO XXV 115 CANTO XXII 223
CANTO XXVI 116 CANTO XXIII 224
LA CRITICA – Il “folle volo” di Ulisse 123 LA CRITICA – Il tema del pentimento 230

Indice generale V
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Le sfacciate donne fiorentine 231 CANTO IX 302


CANTO XXIV 234 Sintesi dei Cieli della Luna, di Mercurio e di Venere 303
CANTO XXV 234 CANTO X 304
CANTO XXVI 235 CANTO XI 307
CANTO XXVII 236 LA CRITICA – Lo stile di Dante nel canto XI 315
CANTO XXVIII 237 CANTO XII 317
LA CRITICA – La foresta dell’Eden 244 Due canti a confronto 324
La lezione di Matelda 245 LA CRITICA – La degenerazione dell’Ordine
CANTO XXIX 246 francescano 325
CANTO XXX 247 CANTO XIII 326
Analogia di temi: l’Eneide di Virgilio 254 CANTO XIV 327
LA CRITICA – Il peccatore a cospetto CANTO XV 328
della sua coscienza 258 LA CRITICA – I canti di Cacciaguida 335
L’evoluzione della coscienza: dall’autobiografia ai valori CANTO XVI 337
universali 258 CANTO XVII 338
I beni celesti sopra a ogni cosa 259 LA CRITICA – La profezia di Cacciaguida 345
CANTO XXXI 260 CANTO XVIII 347
CANTO XXXII 261 CANTO XIX 348
CANTO XXXIII 262 CANTO XX 349
Purgatorio: il cammino percorso dai due poeti 263 Sintesi dei Cieli del Sole, di Marte e di Giove 349
CANTO XXI 350
CANTO XXII 351
Paradiso 265 CANTO XXIII 352
CANTO XXIV 353
Visione sintetica del Paradiso 266 CANTO XXV 354
I percorsi tematici del Paradiso 267 CANTO XXVI 355
CANTO I 269 CANTO XXVII 356
LA CRITICA – Luce e musica come trascrizioni CANTO XXVIII 357
dell’ineffabile 277 CANTO XXIX 358
CANTO II 278 CANTO XXX 359
CANTO III 280 CANTO XXXI 360
LA CRITICA – La figura di Piccarda Donati 287 CANTO XXXII 361
CANTO IV 289 CANTO XXXIII 362
CANTO V 290 Sintesi degli ultimi tre Cieli 365
CANTO VI 292
LA CRITICA – Il discorso di Giustiniano 300 La Divina Commedia illustrata 366
CANTO VII 301
CANTO VIII 301 Glossario dei termini retorici, linguistici e metrici 374

VI Indice generale
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DANTE

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ALIGHIERI
La Divina
Commedia

1
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Studiare la Divina Commedia

Presentiamo una linea orientativa di studio dei canti più noti della Divina Commedia co-
me esempio per analizzarne altri.
La poetica di Dante, così ricca di tematiche, ci permette di:
• fare un’analisi della Divina Commedia per percorsi tematici (“Il mondo classico”, “L’a-
more”, “La politica” e “L’umorismo”), vedi p. 13, 159, 267;
• spaziare attraverso la storia, la letteratura e la cultura del Medioevo;
• fare riferimenti e confronti con prosatori, poeti e artisti europei anteriori al secolo XIV;
• trovare accostamenti con personaggi e fatti storici, usi e costumi medievali.
Il lavoro risulterà così organizzato:

IL TESTO

• Canti e passi dei canti più significativi di ogni cantica con collega-
menti in modo da dare una visione di tutta l’opera
• Introduzione ai testi
• Note esplicative
• Individuazione dei temi, dei punti chiave e dei percorsi tematici.
• Cartine e grafici di sintesi del viaggio immaginario di Dante attra-
verso i tre regni;
• Scheda di lavoro

Per i passi più interessanti, oltre a facili pagine di critica, si propongono un’analisi te-
stuale, agganci al contesto e il commento, come viene specificato negli schemi seguenti.

ANALISI TESTUALE IL CONTESTO RIFLESSIONE O COMMENTO

L’analisi dei testi sotto • Richiamo a eventi stori- Vi sono tre modi per fare un commento:
l’aspetto: co-sociali del Medioevo 1. Commento globale:
• semantico • Riferimento a fatti della • si sottolineano sul testo i punti essenziali o che si
• lessicale vita del poeta ritengono più importanti;
• morfosintattico • La cultura medievale • si sviluppa il tema dominante e i punti che si ritengo-
• metrico, ritmico e fonico • Confronto con altri poe- no degni di essere messi in luce.
• allegorico ti (Virgilio, Omero…)
• stilistico. • Agganci interdisciplina- 2. Commento mirato:
ri (letteratura, architet- • si sceglie un punto basilare del testo (di solito il tema trat-
tato) e si sviluppa a piacere corredandolo di notizie rac-
tura, scultura, pittura,
colte dal contesto per meglio inquadrarlo: vita dell’auto-
musica, mentalità me- re, periodo in cui visse, la cultura, la società dell’epoca.
dievali).
3. Commento personale o soggettivo:
• il testo è il riflesso di una determinata civiltà; ha qual-
che punto di contatto con la realtà del presente? Si
stabilisce un confronto e si esprimono alla fine le pro-
prie idee in proposito.

2 La Divina Commedia
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I temi e la poetica della Divina Commedia

LA RELIGIONE LA STORIA E LA SOCIETÀ L’AMORE

Tutto il poema ha un’impostazione re- Dante condanna i papi del suo tem- Inf., V, FRANCESCA: l’amore si accende
ligiosa e teologica (san FRANCESCO, Par., po e gli imperatori venuti meno alla “ratto” nei cuori gentili. Ma può por-
XI; san BERNARDO, Par., XXXI). Il poeta loro funzione storica (tteoria dei due tare alla perdizione (la passione sen-
condanna il peccato in tutte le sue ma- Soli, espressa nel De Monarchia, vedi suale) o al bene (l’amore cortese di
nifestazioni: fisiche (lussuria, gola, M. 4, p. 172 ). Mette all’Inferno i papi Beatrice avviò Dante alla salvezza, al
violenza…) e morali (eresia, avarizia, simoniaci, NICCOLÒ III e BONIFACIO VIII. bene supremo).
simonia, baratteria, tradimento…).

I TEMI DANTESCHI

LA POLITICA IL PAESAGGIO LE FIGURE MITOLOGICHE

• Inf., VI, CIACCO parla delle lotte in Fi- Tetro, caliginoso, con riverberi di Sono figure spaventose, ispirate ai
renze tra Bianchi e Neri. fiamma, lande infocate, ghiacciaia poemi classici (Eneide, Metamorfosi,
• Inf., X, FARINATA esalta la vittoria ghi- immensa… quello dell’Inferno; sere- Tebaide); hanno la funzione di custo-
bellina sui Guelfi. no e inondato dal sole, quello del di dei vari cerchi infernali: CARONTE,
• Inf., XXXIII, UGOLINO: lotte di potere. Purgatorio; fulgore di luce, quello del MINOSSE, CERBERO, PLUTO, FLEGIAS, le FU-
• Purg., VI, SORDELLO: l’IItalia “sserva”. Paradiso. RIE, le ARPIE…
• Par., VI, GIUSTINIANO parla dell’IImpero.

I DIVERSI LIVELLI DI SENSO ASPETTO METRICO E FONICO STILE

Spesso le parole dantesche hanno METRICA: Terzine a rima incatenata Dante fa uso di tipi diversi di linguag-
senso simbolico e allegorico (vedi pp. (ABA-BCB). gio (vedi p. 4):
4-5, 9), per es.: Versi: endecasillabi con variazioni di • sublime, o intonato a personaggi di
la LUPA Æ senso accenti ritmici (da tre a cinque). alto valore
Pause ritmiche che spesso coincido- • medio, in cui si alterna il serio, il
no con quelle sintattiche di fine ter- drammatico, il comico
letterale: zina. • basso o dimesso (era tipico dell’e-
simbolico: vo-
belva Variazioni foniche di accenti, di ritmi, legia).
racità famelica,
di sillabe, di vocali aperte e chiuse… Uno stile vario, dunque, con tocchi di
ingordigia
realismo, di comicità, di solennità.

morale: simboleggia allegorico: raffigura la Curia pontificia


IL LINGUAGGIO
l’avarizia, la cupidigia avida di ricchezze e di potere
• A volte basso, triviale, perfino co-
mico, plebeo, grottesco, soprattut-
LESSICO SINTASSI to nell’Inferno; ma spesso elevato,
sublime, con parole elette o termini
• La lingua fiorentina e gli apporti let- • Dante sa piegare la lingua volgare scientifici e rapidi trapassi dal so-
terari della Scuola siciliana e stilno- a strutture sintattiche varie legate lenne al volgare anche nel Paradiso
vistica da nessi o congiunzioni paratatti- (XVII: «grattar… rogna»). Sono note
• Voci dialettali toscane e di altre re- che e ipotattiche stilistiche fiorite dall’impegno mo-
gioni • Periodi e frasi con costruzione di- rale e polemico
• Latinismi medievali e classici retta e inversa • Ricchezza di similitudini attinte dal-
• Arditi neologismi. • Vivaci battute dialogate. la realtà.

Introduzione 3
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Il titolo dell’opera
INCIPIT COMOEDIA DANTIS ALAGHERII FLORENTINI NATIONE NON MORIBUS
(incomincia la commedia di Dante Alighieri, fiorentino di nazione non di costumi)
Perché ● Il titolo Commedia suo- IL GENERE “POEMA”
“commedia” na un po’ strano alle no-
stre orecchie perché ci fa Il poema è un’opera poetica di carattere narrativo o didascalico. Secon-
do la materia trattata, prende il nome di:
pensare a qualcosa di di-
• poema epico o eroico (l’Iliade, l’Odissea e l’Eneide);
vertente, di leggero, men- • poema storico (la Farsaglia di Lucano);
tre non si può certo giudi- • poema cavalleresco (l’Orlando furioso dell’Ariosto e la Gerusalemme li-
care così l’opera di Dante. berata del Tasso);
Bisogna legare il titolo al- • poema eroicomico: è una parodia del poema epico-cavalleresco; fa-
lo stile letterario in cui l’o- mosa è La secchia rapita del Tassoni;
pera è scritta. Secondo le • poema satirico-didascalico (notissimo Il Giorno del Parini);
• poema didascalico-dottrinale (la Divina Commedia).
regole di Aristotele, anco-
ra valide nel Medioevo, tre
erano da considerarsi gli stili della poetica: tragico (o alto o sublime), comico (o me-

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dio), elegiaco (o basso).
Il primo, il tragico, era usato per le opere di grande importanza (la tragedia appunto che
presso gli antichi era considerata la forma perfetta di letteratura) o per i grandi poemi
come l’Eneide. Il terzo, l’elegiaco, era lo stile usato nelle composizioni in cui prevaleva il
sentimento, come la poesia d’amore e la lirica in genere. Quindi lo stile che più s’addice-
va ad un’opera così complessa come quella immaginata da Dante, con momenti da tra-
gedia ed altri da lirica, con note veementi ed altre pacate, non poteva essere che quello co-
mico o medio (vedi anche l’epistola a Cangrande).

Dante Alighieri
i «sensi» della divina commedia
(dalle EPISTOLE)
A Cangrande

Questa lettera è impor- media. Scritta in latino, gio a Cangrande e all’a- tica, il Paradiso, all’ami-
tante per capire i vari è divisa in 33 paragrafi. micizia e si conclude con co per ricambiare l’ospi-
“sensi” della Divina Com- Incomincia con un elo- la dedica della terza can- talità generosa.

Punti chiave
‹ La Commedia va letta secondo 4 sensi: letterale, allegorico, morale, anagogico
‹ Il titolo si addice all’opera perché inizia male e finisce bene
‹ Lo stile è umile

Al magnifico e vittorioso signore, messer Can Grande della Scala, Vicario


generale del santissimo Principato imperiale nella città di Verona e nella
città di Vicenza, il devotissimo suo Dante Alighieri, fiorentino di nascita non
di costumi, augura vita sempre felice e perpetuo accrescimento del suo glo-
rioso nome. [...]
6. Volendo dunque fornire un’introduzione su parte di un’opera, occor-
re dare notizia del tutto di cui quella è parte. Perciò anch’io, volendo offri-
re a mo’ d’introduzione qualcosa della parte suddetta dell’intera Commedia,

4 La Divina Commedia
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ho creduto necessario premettere qualcosa sull’intera opera affinché la com-


prensione della parte fosse più facile e completa. Sei sono dunque le cose
che bisogna indagare all’inizio di ogni opera dottrinale, e cioè: il soggetto,
l’autore, la forma, il fine, il titolo del libro e il genere di filosofia cui esso ap-
partiene. Fra queste ve ne sono tre per le quali questa parte che ho stabilito
di dedicarvi differisce dal tutto, e cioè il soggetto, la forma e il titolo. [...]
7. Pertanto, perché risulti chiaro ciò che sto per dire, bisogna sapere che
il senso di quest’opera, non è unico, anzi lo si può dire polisemico, cioè do-
tato di più sensi; infatti il primo senso è quello che risulta dalla lettera, il se-
condo è quello che risulta da ciò che è significato attraverso la lettera. E il
primo si dice letterale, mentre il secondo allegorico, o morale o anagogi-
co1. Questo modo di trattare, perché risulti più chiaro, si può osservare in
«Il versetto della Scrittu- questi versi: «Quando Israele uscì dall’Egitto, e la casa di Giacobbe da un po-
ra che dice in exitu Israel polo straniero, la Giudea divenne il suo santuario, Israele il suo possesso».
de Aegypto ha il suo pri- Infatti, se guardiamo alla sola lettera, ci viene significata l’uscita dei figli
mo significato in quanto d’Israele dall’Egitto, al tempo di Mosè; se all’allegoria, ci è significata la no-
denota un evento storico stra redenzione compiuta da Cristo; se al senso morale, ci è significata la
reale e ha il suo secondo
conversione dell’anima dal lutto e dalla miseria del peccato allo stato di gra-
significato perché quello
stesso evento storico, zia; se al senso anagogico è significata l’uscita dell’anima santa dalla ser-
essendone Dio l’Autore, vitù di questa corruzione alla libertà dell’eterna gloria. E benché questi sen-
può significare un altro si mistici siano chiamati con nomi diversi, generalmente possono dirsi tut-
evento ancora: la nostra ti allegorici dal momento che sono diversi dal senso letterale o storico. In-
Redenzione per Cristo. Il fatti si dice allegorica dal greco allon, in latino alienum, cioè «diverso».
primo è un significato in 8. Viste queste cose, è chiaro che il soggetto, intorno a cui potranno cor-
verbis (nelle parole): il
rere significati alterni, deve essere duplice. E pertanto bisogna prima con-
secondo è un significato
in facto (nella realtà) siderare il soggetto di quest’opera per ciò che riguarda la lettera, poi per
contenuto nell’evento ciò che riguarda l’allegoria. Il soggetto dunque dell’intera opera, presa sol-
stesso. Le parole hanno tanto dal punto di vista letterale, è lo stato delle anime dopo la morte,
un significato reale in considerato in assoluto; infatti è su quello e intorno a quello che si svolge il
quanto indicano un e- corso di tutta l’opera. Ma se si prende l’opera dal punto di vista allegorico,
vento reale; l’evento ha a il soggetto è l’uomo secondo che ben meritando o demeritando, essendo do-
sua volta significato per-
tato di libero arbitrio, è soggetto alla Giustizia del premio e del castigo. [...]
ché gli eventi (che sono
opera di Dio) danno an- 10. Il titolo del libro è: «Comincia la Commedia di Dante Alighieri, fio-
ch’essi, come le parole, rentino di nascita, non di costumi». Alla cui comprensione è necessario sa-
un significato, un senso pere che si dice commedia da comos «casa di campagna», e oda, cioè «can-
superiore e spirituale». to», per cui commedia equivale quasi a «canto campagnolo». E la comme-
(C.S. Singleton, La poe- dia è un genere di narrazione poetica differente da tutti gli altri. Differisce
sia della Divina Comme- dunque dalla tragedia nella materia, poiché la tragedia al principio è mera-
dia, Bologna, Il Mulino,
vigliosa e quieta, alla fine o conclusione è aspra e orribile; ed è chiamata
1978)
per questo da tragos cioè «capro» e oda, quasi «canto caprino», cioè aspro
al modo dei capri; come appare da Seneca nelle sue tragedie. La comme-
dia al contrario comincia con qualche difficoltà ma termina l’argomento fe-
licemente, come appare da Terenzio nelle sue commedie. E da qui alcuni
scrittori presero l’abitudine di dire nelle loro salutazioni, invece del saluto:
«inizio tragico e fine comica». Esse differiscono ugualmente nel modo di
esprimersi: in modo elevato e sublime la tragedia, in modo familiare e
umile la commedia. [...] E da ciò è chiaro che la presente opera ben si inti-
tola Comedia. Infatti se guardiamo alla materia, all’inizio è orribile e aspra,
poiché è Inferno; alla fine, felice, desiderabile e grata, perché Paradiso. Se
1. letterale... anagogico: vedi guardiamo al linguaggio, è piano e umile perché è il volgare in cui discor-
M. 4, p. 174. rono anche le donnette. [...]

da La poesia del Duecento e Dante, di A. Asor Rosa, Firenze, La Nuova Italia

Introduzione 5
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Perché ● L’aggettivo “divina” (forse per il contenuto dottrinale ed erudito) pare l’abbia aggiunto
“divina” Giovanni Boccaccio quando, nel 1373, fu chiamato dal Comune di Firenze a leggere e a
commentare l’opera di Dante pubblicamente nella Chiesa di Badia.

Viaggio attraverso l’oltretomba dantesco


La ● Secondo il sistema tolemaico seguito da Dante (vedi la figura nella pagina a fianco) la
cosmologia Terra era immobile al centro dell’universo e, intorno, le giravano nove cieli (Luna, Mer-
dantesca
curio, Venere, Sole, Marte, Giove, Cielo stellato, Primo Mobile) racchiusi tutti entro l’im-
mensa sfera dell’Empireo, il cielo immobile, sede di Dio e dei beati.
Dante pensava che la Terra fosse divisa in due emisferi: uno, il boreale, con a nord Ge-
rusalemme, formato solo di terra; l’altro, l’australe, coperto tutto dall’acqua.

L’oltretomba ● Ma quando Lucifero si ribellò a Dio, precipitò dall’Empireo e cadde sulla Terra; una
massa di questa, inorridita dal suo contatto, s’inabissò ed emerse dalla parte opposta,
dando origine alla montagna del Purgatorio. Così nella Terra si formò un gran vuoto,
una voragine a forma di imbuto, l’Inferno, nel cui profondo Lucifero si fermò.
Il tempo ● Il viaggio immaginario di Dante nell’oltretomba dura una settimana: dal venerdì san-
del viaggio to, 8 aprile 1300, fino al giovedì dopo Pasqua, 14 aprile. Dante ha scelto la settimana
di Pasqua del 1300 per tre ragioni:
1) per la sua condizione di peccatore in cerca di redenzione (simbologia della Pasqua);
2) perché la Pasqua cade in primavera che segna il rinnovarsi della stagione e della vita;
3) perché il 1300 fu l’Anno Santo dedicato particolarmente al ripensamento spirituale.
Recenti studi, tuttavia, hanno fatto emergere l’ipotesi che il viaggio dantesco sia stato col-
locato da Dante non nel 1300 ma nel 1301, anno del Giubileo secondo la cronologia se-
guita dal calendario fiorentino, e quindi coerentemente in contrasto col papa, Bonifa-
cio VIII. L’ipotesi avrebbe trovato riscontro nell’analisi delle coordinate astronomiche e
astrologiche (nel Medioevo astronomia e astrologia erano un’unica disciplina) di cui Dan-
te ha disseminato la sua opera; un “orologio” naturale che permette di collocare cronolo-
gicamente gli eventi al di là delle differenze “politiche” di qualsiasi calendario conven-
zionale.

Il viaggio di Dante
ATTRAVERSO SALENDO LA MONTAGNA DEL PURGATORIO ASCENDENDO
L’INFERNO AL CIELO
Dante, guidato da VIR- Domenica di Pasqua. È l’alba. Dante, guidato da
GILIO (= la ragione), Dante e Virgilio, usciti dall’Inferno, sono giunti sulla spiaggia Beatrice, impiega un
inizia il suo viaggio del Purgatorio, una montagna che s’innalza dal mare a per- giorno e mezzo per
nella notte dell’8 dita d’occhio. ascendere di Cielo in
aprile e, alle ore 18 La salita è faticosa e dura tre giorni e mezzo: infatti arrivano Cielo fino alla visione
del 9 aprile, giunge sulla cima, dove è il Paradiso Terrestre, a mezzogiorno del 13 beatificante di Dio.
nel profondo dell’In- aprile. Il viaggio inizia e ter-
ferno dove è Lucifero. Virgilio ha terminato il suo compito e scompare (non basta- mina il 14 aprile, gio-
no la ragione e la scienza umana per salire nell’Empireo). vedì dopo Pasqua.
Accanto a Dante è ora BEATRICE, la donna da lui amata, che lo gui-
derà in Paradiso.
Essa simboleggia la Grazia senza la quale l’uomo non può
ascendere al Cielo.

6 La Divina Commedia
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Introduzione 7
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Struttura dell’opera di Dante


Divina
Commedia

INFERNO PURGATORIO PARADISO


I Cantica II Cantica III Cantica
33 Canti + 1 33 Canti 33 Canti

La Divina Commedia è composta di tre Cantiche di 33 canti l’una, più un canto di intro-
duzione a tutta l’opera: 33 + 33 + 33 + 1 = 100.

Dante “viandante” e protagonista, e Dante “autore”

IL VIANDANTE E L’AUTORE: DUE DIVERSI TEMPI VERBALI Dante nel suo poema appare in dupli-
ce veste:
• come viandante che, per volontà di
DANTE VIANDANTE DANTE AUTORE Dio, intraprende ancora vivo un viag-
Dante usa il tempo passato re - Dante usa il tempo presente o
moto perché è in funzione di futuro perché è in funzione di gio nei regni dell’oltretomba. È il pro-
viandante che racconta in prima narratore e autore; è l’io nar - tagonista delle vicende drammatiche
persona il fatto, la vicenda da rante che “rivive” la vicenda e dell’Inferno, di quelle purificanti del
tempo trascorsa. ce la proietta davanti sullo Purgatorio e di quelle gioiose del Pa-
schermo della vita. radiso;
• come autore, l’io narrante, il poeta
che non solo “rivive il viaggio” nella sua memoria e ce lo fa scorrere davan-
Il poeta autore ti come un grande affresco o un film fantastico, ma, nello stesso tempo, fa
considerazioni di carattere etico, storico e politico sulle visioni che descrive,
Nella seconda e terza
terzina troviamo an- sui fatti che ode o racconta (è questo il valore didascalico e morale della
che i seguenti verbi: Divina Commedia).
«è cosa dura...», «ri-
nova...» «è amara... è Nel mezzo del cammin di nostra vita I terzina Il poeta viandante
più...», «dirò...». Co- mi ritrovai per una selva oscura,
me vedi, sono tempi Alcuni verbi della
presenti e futuri: es- ché la diritta via era smarrita. prima, terza e quar-
si ci indicano il poeta ta terzina sono al
autore che “rivive il Ahi quanto a dir qual era è cosa dura II terzina passato remoto, pri-
viaggio”, lo descrive, esta selva selvaggia e aspra e forte ma persona singola-
racconta le vicende che nel pensier rinova la paura! re: «mi ritrovai...»,
alle quali aveva assi- «trovai...», «intrai...»,
stito in sogno e fa ri- «abbandonai...». Si
Tant’ è amara che poco è piú morte; III terzina
flessioni: qui è Dan- capisce subito che è
te-poeta, il narrato- ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai , Dante a raccontare
re che rivive il dram- dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte. la vicenda vissuta
ma della «selva oscu- come “viaggiatore”:
ra» in cui si era smar- Io non so ben ridir com’ i’ v’intrai , IV terzina è il poeta viandan-
rito; è l’anima che, tant’era pien di sonno a quel punto te, il protagonista
memore dello «smar- del dramma.
che la verace via abbandonai .
rimento» peccamino-
so, ritrova la via della
saggezza e della re-
denzione.

8 La Divina Commedia
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Simbolo e allegoria
Certe parole della Divina Commedia, ol-
SENSO SIMBOLICO E SENSO ALLEGORICO
tre al significato letterale, ne hanno an-
che uno simbolico e uno allegorico,
se ci richiama subito alla mente una sua ca- come possiamo rilevare dalla lettura del
ratteristica tipica: in questo caso, i due si- canto I. Come abbiamo visto (vedi sche-
senso simbolico
gnificati (letterale e simbolico) sono tra loro
legati ma a p. 3), la lupa dantesca, in senso
“letterale”, è un animale; ma la parola
“lupa” ci richiama subito alla mente
senso allegorico se il significato letterale si trasforma in un un’idea ad essa legata: la voracità, l’avi-
traslato, cioè in una trasposizione di senso dità, la cupidigia... Ecco che la lupa di-
venta un simbolo, il simbolo dell’ava-
rizia o dell’avaro: tra il senso “letterale” e quello “simbolico” c’è dunque un legame im-
mediato, un filo diretto che allaccia i due significati della parola, quello letterale e quello
simbolico.
Per Dante, sul piano politico, poi, la lupa rappresenta la Curia pontificia e, specificata-
mente, il papa Bonifacio VIII, avido di ricchezze. Ma per chi non conosce la storia me-
dievale e ignora in particolare il dissidio Dante/Bonifacio VIII, non appare subito chiara
l’allusione politica: in questo caso, lupa = Curia papale assume valore di un traslato, di
un’allegoria (infatti le due parole non sono legate direttamente, ma da un significato “in-
diretto”, dalla storia). L’allegoria è dunque un traslato metaforico, cioè una trasposizio-
ne di senso.
Facciamo anche altri esempi sui sensi da dare alle altre due fiere che compaiono nel pri-
mo canto:

senso letterale: fiera dal mantello screziato


LONZA senso simbolico: la lussuria
senso allegorico-politico: Firenze divisa in Bianchi e Neri

senso letterale: fiera nota per la sua forza (da qui il simbolo)
LEONE senso simbolico: la superbia
senso allegorico-politico: il regno di Francia

NOTA AL TESTO: Il testo del poema segue l’edizione critica della vulgata curata da Giorgio
Petrocchi. Nel commento, le parole sottolineate rimandano al Glossario dei termini reto-
rici, linguistici e metrici in fondo al volume.

Introduzione 9
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Domenico di Michelino, Dante e il suo poema (1465), Firenze, Museo dell’Opera del Duomo.

10 La Divina Commedia
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Inferno
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Struttura e ordinamento
morale dell’Inferno

L’INFERNO L’ANTINFERNO E IL GIUDIZIO DI MINOSSE


L’Inferno fu creato da Dio dopo la ri- Superato l’Antinferno, dove sono puniti gli IGNAVI, e il Limbo (I cer-
bellione di Lucifero e degli Angeli chio), dove sono le anime dei NON BATTEZZATI, si entra nel vero e pro-
suoi seguaci, come luogo in cui furo- prio Inferno. L’anima si presenta a MINOSSE, giudice infernale, con-
no precipitati per espiare la loro su- fessa i suoi peccati e precipita nel cerchio a lei assegnato in rappor-
perbia. Ancora non erano state crea-
to alla colpa commessa.
te cose corruttibili e tanto meno l’uo-
mo. L’Inferno durerà eternamente L’Inferno vero e proprio è strutturato in 4 sezioni.
perché è luogo di condanna definiti-
va, riservata a coloro che hanno pec- ALTO INFERNO
cato di proposito (deliberata volontà) I SEZIONE ERETICI
e senza mai pentirsi, anzi mantenen-
do l’arroganza del peccato, come Vi sono puniti gli incontinenti, cioè quelli Nel VI cerchio vi sono gli eretici racchiu-
Dante ci mostra più volte. che non seppero contenere nella giusta si dentro le mura roventi della città di Di-
misura le proprie passioni (Alto Inferno). te (= dei diavoli). Quella degli eretici è una
Sono così distribuiti dal II al V cerchio: categoria a sé, fuori dello schema infer-
nale: infatti in vita vollero restare fuori del-
I PERSONAGGI Dannati Cerchio le leggi e dei dogmi del Cristianesimo,
Durante il cammino Dante incontra Lussuriosi II cioè fuori della Grazia di Dio.
moltissimi personaggi che stanno a Golosi III
testimoniare via via il progredire del Avari e prodighi IV
poeta nel regno del peccato, della re-
Iracondi e accidiosi V
denzione e della beatitudine. Questi
personaggi, che ormai vivono in una
dimensione eterna, sono ancora le-
gati alla terra dai ricordi della loro vi-
BASSO INFERNO
ta mortale di cui parlano con il poeta II SEZIONE
che li interroga e che risponde alle lo-
ro domande. Sono figure mitiche o Qui sono puniti coloro che usarono la vio-
Dannati Girone
personaggi realmente vissuti, che lenza (inizia qui il Basso Inferno). Vi sono
tre forme di violenza e perciò il VII cerchio Violenti contro il prossimo I
Dante ha conosciuto di persona o di
cui conosce la storia, che presenta è diviso in 3 gironi. Violenti con sé stessi II
con simpatia o con profonda antipa- Violenti contro Dio III
tia, che condanna o giustifica, che
esalta o biasima: sono essenzial-
mente un pretesto del poeta per esa- PECCATO E PENA
minare l’indole umana con i suoi di-
fetti e i suoi pregi e anche, secondo i Il contrappasso. Deriva dal latino medievale contra, il contrario, e pati, patire
maligni, per mandare all’Inferno, al- = «patire il contrario».
meno simbolicamente, molti di colo- Secondo la legge del contrappasso, quella che regna nell’Inferno e nel
ro che gli avevano fatto del male e ri- Purgatorio, la giustizia divina assegna una pena fisica in rapporto al peccato
compensare chi, invece, lo aveva aiu- commesso: per esempio, i golosi che nel mondo hanno gustato i profumi e le
tato nel suo esilio. delizie di manicaretti appetitosi, nell’Inferno devono stare sdraiati nel fango
puzzolente ed essere straziati dalla gelida pioggia e dai latrati di Cerbero.
Il contrappasso può consistere nell’obbligo di un comportamento opposto a
quello tenuto in vita dal dannato (ccontrappasso per contrapposizione), oppu-
re analogo (ccontrappasso per analogia).

12 Inferno
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III SEZIONE IV SEZIONE

Nella terza sezione sono puniti coloro che usarono la frode; e Nella parte più profonda dell’Inferno, immersi nel ghiaccio, sono puniti
siccome si può nuocere al prossimo in vari modi, l’VIII cer- i traditori e, siccome si possono tradire i parenti, la patria, gli amici e i
chio è ripartito, secondo la gravità della colpa, in 10 bolge. propri familiari, il IX cerchio, l’ultimo, è ripartito in 4 zone, nell’ordine:

Dannati Bolgia Dannati Zona del IX cerchio


Seduttori I Traditori dei parenti (immersi CAINA (da Caino che ha tradito
Adulatori II nel ghiaccio fino alle spalle) il fratello)
Simoniaci III Traditori della patria (immersi ANTENÒRA (da Antènore,
Indovini IV nel ghiaccio fino al mento) traditore della patria)
Barattieri V Traditori degli amici TOLOMEA (da Tolomeo
Ipocriti VI e dei commensali che ha tradito l’amico Pompeo)
Ladri VII (supini sotto il ghiaccio
e con la faccia rivolta in alto)
Cattivi consiglieri VIII
Seminatori di discordie IX Traditori dei benefattori (immersi GIUDECCA (prende il nome
completamente nel ghiaccio) da Giuda, traditore di Cristo)
Falsari X

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LUCIFERO

Ed ecco, nel punto più basso dell’Inferno, lo spaventoso Lucifero, «lo imperador del doloroso regno». Ha sei ali, tre facce con tre boc-
che in cui maciulla tre traditori: Giuda, il traditore di Dio, Bruto e Cassio, i traditori di Cesare (che per Dante impersona l’Impero).
I due poeti si aggrappano ai peli di Lucifero e scendono lungo il suo corpo gigantesco fino alla «natural burella», una specie di stretto ca-
nale che dal centro della terra porta alla montagna del Purgatorio, dove escono «a riveder le stelle».

I percorsi tematici dell’Inferno


PERCORSI TEMATICI ANALOGIA DI TEMI
IL MONDO CLASSICO Virgilio (canto I) L’oltretomba in Omero e in Virgilio
Enea (canto II)
Caronte (canto III)
I grandi dell’antichità (canto IV)*
Minosse e Didone (canto V)
Cerbero (canto VI)
Ulisse e Diomede (canto XXVI) La figura di Ulisse: Guida per un lavoro intertestuale
e interdisciplinare
L’AMORE Spirituale di Beatrice (canto II)
Lussurioso nel tempo antico (canto V)
Lussurioso di Paolo e Francesca (canto V)
LA POLITICA Ciacco (canto VI)
Farinata (canto X)
Pier delle Vigne (canto XIII)
Brunetto Latini (canto XV)*
Vanni Fucci (canto XXIV)*
Il conte Ugolino (canto XXXIII)
L’UMORISMO I diavoli (canto XVIII)*
I diavoli (canto XXI)
I diavoli; Ciampòlo (canto XXII)

* Canti non riportati.

Introduzione 13
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14 Inferno
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Canto I
ARGOMENTO PERSONAGGI PENA
E DANNATI E CONTRAPPASSO
• Smarrimento di Dan- • Dante, Virgilio e tre animali fero-
te nella selva del pec- ci: una lonza, un leone, una lupa
cato.
• Virgilio lo invita a se-
guirlo in un viaggio
ultraterreno, nell’Al-
dilà

Luogo: una selva oscura

IL FILO DEL RACCONTO


Il canto I dell’Inferno è il proemio della Divina Com- di liberarsi dal peccato: per salvarsi, occorre conosce-
media e del viaggio che Dante compirà attraverso l’In- re più a fondo le radici del bene e del male. Perciò, in
ferno, il Purgatorio e il Paradiso. È la notte del venerdì attesa che arrivi il «veltro» a uccidere la lupa, sarà be-
santo del 1300, anno del Giubileo. Dante, immerso ne che lo segua: gli farà da guida e gli mostrerà le pe-
in un sonno profondo, si trova sperduto in una selva ne dell’Inferno e le gioiose espiazioni delle anime del
oscura (allegoricamente essa rappresenta il peccato Purgatorio destinate a salire in Paradiso. Se poi vorrà
in cui si smarrisce facilmente l’anima umana). È co- vedere i beati, gli farà da guida un’anima santa poiché
sì intricata che egli non riesce a trovare la via della Dio non vuole che egli, pagano, varchi la porta del
salvezza. Si sente perciò invadere da un senso di gran- Cielo. Rinfrancato da queste parole di Virgilio, Dante
de smarrimento. Sconvolto dall’angoscia e dalla pau- dice che è pronto a seguirlo: «Allor si mosse, e io li
ra, arriva ai piedi di un colle illuminato dal sole. A tenni dietro». Dante incomincia così quella peregri-
quella vista, si sente rincuorato e incomincia a salire nazione che lo condurrà alla salvezza, alla catarsi del
il pendìo quando, all’improvviso, si vede sbarrato il suo traviamento intellettuale e morale. Questo viaggio
cammino da tre fiere: una lonza, un leone e una lupa nel regno dei morti sarà un monito a tutta la società
(simboleggiano tre grossi vizi dai quali non è facile li- sviata e corrotta, «uno strumento di azione e di re-
berarsi: la lussuria, la superbia e l’avarizia) che lo fan- denzione individuale e sociale, morale e politica» (N.
no retrocedere verso il basso. Ma in suo soccorso, ec- Sapegno).
co apparire l’ombra di un uomo: è Virgilio, il poeta la-
tino che gli era tanto caro (allegoricamente Virgilio I PUNTI CHIAVE DEL CANTO
raffigura la ragione che guida le azioni dell’uomo e
lo conduce a superare il peccato). Dante lo prega di 1 Il valore del canto I della Divina Commedia
salvarlo dicendogli: «Tu se’ lo mio maestro e ’l mio 2 Il suo significato letterale e quello allegorico e simbo-
autore; / tu se’ solo colui da cu’ io tolsi / lo bello stilo lico
che m’ha fatto onore». 3 Virgilio in chiave allegorica
4 Il mondo classico nel canto I dell’Inferno
Il grande poeta latino, per evitare la lupa famelica, l’a-
varizia, peccato che ha corrotto la società intera, lo Ad essi allacceremo il contesto storico, sociale e culturale
esorta a «tenere altro viaggio». Non basta l’intenzione del poema dantesco.

Nel mezzo del cammin di nostra vita


mi ritrovai per una selva oscura
3 che la diritta via era smarrita.

1-2. Nel mezzo del cammin... oscura: anni). «Selva»: nel significato letterale in- leggia lo stato di ignoranza e di corruzio-
Dante dice che all’età di trentacinque an- dica bosco con tanti alberi e cespugli; nel ne del genere umano.
ni («nel mezzo del cammin») si ritrovò al- significato simbolico morale significa 3. che la diritta via: perché era stata
l’improvviso sperduto in una selva oscu- «traviamento morale e intellettuale» in smarrita la giusta («diritta») via, la stra-
ra (ai tempi del poeta si pensava che la cui si trovò Dante dopo la morte di Bea- da che conduce alla salvezza, al bene.
durata media della vita fosse di settanta trice; in senso generale, la selva simbo-

Canto I 15
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Ahi quanto a dir qual era è cosa dura FIGURE RETORICHE


esta selva selvaggia e aspra e forte
6 che nel pensier rinova la paura! È una figura retorica quella che, sot-
to il senso letterale delle parole, cela
una verità o un pensiero profondo.
Tant’è amara che poco è piú morte; Sono figure retoriche, per esempio,
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, la similitudine, la metafora, la sine-
9 dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte. stesia, l’allitterazione, ecc.
• La similitudine: è un confronto o
Io non so ben ridir com’i’ v’entrai, paragone.
tant’era pien di sonno a quel punto Es.: «E come quei che con lena af-
12 che la verace via abbandonai. fannata / uscito fuor del pelago a la
riva / si volge all’acqua perigliosa e
guata / cosí l’animo mio, ch’ancor
Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto,
fuggiva, / si volse a retro a rimirar lo
là dove terminava quella valle passo / che non lasciò giammai per-
15 che m’avea di paura il cor compunto, sona viva» (Inf., I, 22-27).
• La metàfora (= trasporto di senso)
guardai in alto, e vidi le sue spalle può essere una similitudine abbre-

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vestite già de’ raggi del pianeta viata o una trasposizione di senso
18 che mena dritto altrui per ogne calle. come in questa espressione di Dan-
te: «Nel mezzo del cammin di nostra
vita...». Il nome «cammin» significa
Allor fu la paura un poco queta qui «vita umana»: è una metafora.
che nel lago del cor m’era durata Anche «la diritta via» è una trasposi-
21 la notte ch’i’ passai con tanta pièta. zione di senso (infatti sta per «la via
della salvezza»): è un’altra metafora.
E come quei che con lena affannata Es.: «lago del cor» (Inf., I, 20).
uscito fuor del pelago a la riva
24 si volge a l’acqua perigliosa e guata,

cosí l’animo mio, ch’ancor fuggiva,

4-6. Ahi quanto... paura!: Ah, quanto è dif- re di sgomento e di paura («compunto»), terna del cuore è «ricettacolo d’ogni no-
ficile e doloroso («cosa dura») descrivere guardai in alto. La «selva» (= groviglio di stra passione». «Pièta» deriva dal latino
(«dir») come era questa («esta»: deriva dal peccati) è qui detta «valle» per denotare pìetas che, in origine, significava «devo-
latino ista) selva intricata («selvaggia») e l’abbassarsi dell’anima al male, a un’esi- zione, affetto»; qui in Dante «angoscia,
piena di sterpi («aspra») e difficile da uscir- stenza peccaminosa, in contrapposizione affanno».
ne («forte»), che solo a ripensare ad essa al «colle», la «diritta via» illuminata di lu- 22-27. E come quei... viva: E come colui
sento rinnovarsi in me l’orrore spaventoso ce. che, con il respiro affannoso («lena affan-
(«paura»). 16. vidi le sue spalle: vidi la sommità e i nata») è riuscito a uscire dal mare («del pe-
7. Tant’è amara... morte: È tanto angoscio- pendii («spalle») illuminati dai raggi del so- lago», dal latino pelagus), che lo stava per
sa e spaventosa («amara») che solo la le («pianeta») che è guida a tutti gli uomi- travolgere, e a toccare la riva, si volge ver-
morte lo è un po’ di più. È un verso lapida- ni («altrui»: è pronome indefinito) per ogni so l’acqua («a retro» = indietro) insidiosa
rio: nella sua brevità esprime tutta l’ango- cammino («calle» = via: ricorda le calli di («perigliosa») e guarda («guata»), così l’a-
sciosa paura di Dante che si accorge al- Venezia). nimo mio, che ancor fuggiva, si volse a ri-
l’improvviso di essersi smarrito nell’orrida Secondo la cosmologia di Tolomeo, vissu- guardare verso la selva paurosa («lo pas-
selva del peccato. to a cavallo del I secolo dopo Cristo, il Sole so») che non lasciò uscire nessuno («per-
8. del ben: di aver preso coscienza della era un pianeta (come la Luna, Mercurio, sona») senza peccato («viva»). Dante la-
mia condizione di peccatore. Venere, ecc. – vedi il disegno a p. 7) che gi- scia sottintendere che solo con volontà si
9. de l’altre cose: delle tre fiere di cui par- rava intorno alla Terra, immobile al centro può uscire dal peccato e raggiungere la pu-
lerà più avanti. dell’Universo. Il Sole, in senso allegorico, è rificazione spirituale.
11-12. pien di sonno: con la mente ottene- luce che guida al bene («dritto»), a Dio: è In questa bella similitudine il «pelago» è
brata dall’errore del peccato. È una metafo- una metafora.. paragonato alla «selva», al peccato, il
ra (il sonno che addormenta la coscienza del 19-21. Allor... pièta: Alla vista del Sole, la «naufrago» all’«animo» del poeta (dal lati-
peccatore). – a quel punto... abbandonai: paura che mi aveva attanagliato il cuore no animus = mente, pensiero, volontà, da
nel momento in cui («punto»), morta Bea- («lago del cor») durante la notte trascor- non confondere con «anima», la nostra
trice, abbandonai la via della verità («vera- sa con tanta angoscia («pièta») si affie- parte immortale), cioè alla sua volontà di
ce»), del bene, della salvezza. volì («fu un poco queta»). Il «lago del redimersi.
13-16. Ma poi... alto: Ma dopo che arrivai cor» (= cavità interna al cuore), è un’al- È la prima similitudine che incontriamo nel
ai piedi di un colle dove terminava la sel- tra metafora (vedi schema Figure retori- poema (ce ne sono circa seicento e alcune
va («valle») che mi aveva riempito il cuo- che). Secondo il Boccaccio, la cavità in- veramente indimenticabili).

16 Inferno
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si volse a retro a rimirar lo passo FIGURE RETORICHE


27 che non lasciò già mai persona viva.
• L’a
allitterazione: ripetizione di uno
stesso suono in parole vicine.
Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso,
Es.: «volte vòlto» (Inf., I, 36).
ripresi via per la piaggia diserta,
30 sí che ’l piè fermo sempre era ’l piú basso.

Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta,


una lonza leggiera e presta molto,
33 che di pel macolato era coverta;

e non mi si partía dinanzi al volto,


anzi ’mpediva tanto il mio cammino,
36 ch’i’ fui per ritornar piú volte vòlto.

Temp’era dal principio del mattino,


e ’l sol montava ’n sú con quelle stelle
39 ch’eran con lui quando l’amor divino

mosse di prima quelle cose belle;


sí ch’a bene sperar m’era cagione
42 di quella fera a la gaetta pelle

l’ora del tempo e la dolce stagione;


ma non sí che paura non mi desse
45 la vista che m’apparve d’un leone.

Questi parea che contra me venesse


con la test’alta e con rabbiosa fame,
48 sí che parea che l’aere ne tremesse.

Ed una lupa, che di tutte brame


sembiava carca ne la sua magrezza,
51 e molte genti fe’ già viver grame,

28-30. Poi ch’èi... basso: Dopo che ebbi fui più volte in procinto di ritornare indie- 44-45. ma non sí... d’un leone: ma la spe-
(«èi») riposato («posato») per un po’ il tro («volte vòlto»). ranza di salvarmi svanì subito all’appari-
corpo stanco («lasso» dal latino lassus), 37. Temp’era: Era l’alba e il sole sorgeva in zione di un leone. Questo animale, dotato
ripresi il cammino avviandomi su per il congiunzione con la costellazione dell’A- di grande forza, simboleggia la SUPERBIA e
pendìo del colle solitario («piaggia diser- riete («con quelle stelle»), cioè era l’equi- la VIOLENZA. Sotto l’aspetto politico simbo-
ta») con passo ancora incerto (chi s’iner- nozio di primavera che segna l’inizio della leggia la Francia, molto potente nel basso
pica su un forte pendìo fa sì che «il piè bella stagione in cui la natura torna a rifio- Medioevo.
fermo», che deve sorreggere il corpo, si rire e ad accendere nei cuori speranze di 46-48. Questi parea... tremesse: Sembra-
trovi «sempre piú» in «basso» dell’altro rinnovamento spirituale ed anche il tempo va che il leone («questi») mi venisse in-
piede sollevato a cercar nuovo appog- in cui si avvicina la Pasqua. contro a testa alta, spinto da una fame co-
gio). 39-40. quando l’amor divino... belle: quan- sì rabbiosa che pareva ne avesse paura l’a-
31. Ed ecco: Ed ecco, quasi all’inizio della do Dio («l’amor divino») creò («mosse») gli ria stessa.
salita («erta»), apparire una lonza agile astri («quelle cose belle») (Genesi, 1,16). 49-51. Ed una lupa... grame: E dietro al leo-
(«leggiera»), molto veloce e scattante L’equinozio di primavera cade il 21 marzo, ne, ecco una lupa talmente magra che sem-
(«presta») la quale era coperta di pelo a ma, come vedremo più avanti, il poeta ini- brava carica («carca») di tutte le bramosie
macchie, simile a quello del leopardo. ziò il suo viaggio immaginario nell’oltre- («brame») sì da far vivere nel dolore («gra-
La lonza simboleggia la LUSSURIA, il peccato tomba il venerdì santo che, nel 1300, cadde me») molte genti. La lupa, magra e affama-
che allettò Dante e seduce il mondo con le l’8 aprile. ta, simboleggia la CUPIDIGIA e l’AVARIZIA, pas-
sue lusinghe. Sotto l’aspetto politico sim- 41. sí ch’a bene sperar: sì che avevo motivo sioni peccaminose che in ogni tempo tor-
boleggia Firenze divisa tra Bianchi e Neri. («cagione») di sperar bene di quella fiera mentano la società e la spingono inesora-
34-36. e non mi si partía... vòlto: e non si dalla pelle maculata («gaetta») perché era bilmente verso il disordine morale e politi-
allontanava dalla mia persona («volto»), l’alba («l’ora del tempo») ed era primave- co. Il riferimento qui è a Bonifacio VIII, avido
anzi mi sbarrava talmente il cammino ch’io ra («la dolce stagione»). e avaro.

Canto I 17
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questa mi porse tanto di gravezza FIGURE RETORICHE


con la paura ch’uscía di sua vista,
54 ch’io perdei la speranza de l’altezza. • La sinestesia: associa termini che
si riferiscono a sensazioni diverse (vi-
sta, udito, tatto...).
E qual è quei che volontieri acquista, Es.: «là dove ’l sol tace» (Inf., I, 60);
e giugne ’l tempo che perder lo face, «loco d’ogne luce muto» (Inf., V, 28).
57 che ’n tutt’i suoi pensier piange e s’attrista;

tal mi fece la bestia sanza pace,


che, venendomi ’ncontro, a poco a poco
60 mi ripigneva là dove ’l sol tace.

Mentre ch’i’ rovinava in basso loco,


PERCORSI TEMATICI
dinanzi a li occhi mi si fu offerto
IL MONDO CLASSICO Virgilio
63 chi per lungo silenzio parea fioco.
L’AMORE
Quando vidi costui nel gran diserto, LA POLITICA
«Miserere di me» gridai a lui, L’UMORISMO
66 «qual che tu sii, od ombra od omo certo!».

Rispuosemi: «Non omo, omo già fui,


e li parenti miei furon lombardi,
69 mantoani per patria ambedui.

Nacqui sub Julio, ancor che fosse tardi,


e vissi a Roma sotto ’l buono Augusto
72 nel tempo de li dei falsi e bugiardi.

Poeta fui, e cantai di quel giusto


figliuol d’Anchise che venne di Troia,
75 poi che ’l superbo Iliòn fu combusto.

Ma tu perché ritorni a tanta noia?

52. questa mi porse: questa mi suscitò 61-63. Mentre ch’i’ rovinava... fioco: Men- 68. parenti: genitori (è un latinismo).
in cuore un senso di oppressione tal- tre io stavo precipitando verso la selva 70. Nacqui sub Julio: Nacqui al tempo di
mente angoscioso («gravezza») e una («in basso loco»), cioè ricadendo nel pec- Giulio Cesare (questi nacque nel 100 a.C.,
paura così tremenda ch’io perdei la spe- cato, mi apparve improvvisa un’ombra in Virgilio nel 70). – ancor che fosse tardi:
ranza di poter raggiungere la sommità figura umana che, per la lunga abitudine quando, dopo aver conquistato la Gallia
del colle («l’altezza») e di salvarmi. al silenzio, pareva aver perduto la forza e vinto Pompeo in una guerra civile, Ce-
55-57. E qual è quei... s’attrista: E come di parlare («parea fioco»). È questa la sare fu ucciso (44 a.C.), Virgilio aveva
l’avaro («quei che volontieri acquista») spiegazione letterale, ma è preferibile ventisei anni: perciò era troppo giovane
si adopera con tutta la sua volontà per una interpretazione più poetica: nella pe- perché Cesare avesse avuto la possibilità
procurarsi ricchezze e beni di valore, nombra della selva mi apparve indistinta di apprezzarlo come poeta.
quando giunge il momento che ogni suo ed evanescente («fioco») una figura uma- 71. buono: valente.
avere si dissolve («perder lo face»), egli na (vedremo tra poco che è Virgilio, il 72. nel tempo de li dei: Virgilio morì di-
si tormenta di continuo («’n tutt’i suoi grande poeta latino; egli simboleggia la ciannove anni prima che nascesse Cri-
pensier»), piange e si addolora («s’attri- RAGIONE che permette a Dante di capire la sto, quindi visse al tempo del paganesi-
sta»). gravità del peccato in cui si stava dibat- mo, degli dèi menzogneri («falsi e bu-
58. tal mi fece: la lupa irrequieta, «la be- tendo la sua anima). Nota un’altra sine- giardi»).
stia sanza pace» perché tormentata da stesia: «chi per lungo silenzio parea fio- 73. cantai: composi l’Eneide in cui narrai le
una cupidigia insaziabile, mi rese dispe- co». peregrinazioni di Enea, figlio di Anchise,
rato come l’avaro che ha perduto tutto; 65. Miserere: Abbi pietà. nel Mediterraneo, dopo che Troia («Iliòn»)
essa mi veniva incontro facendomi retro- 66. omo certo: uomo vero, in carne e os- fu conquistata dai Greci e bruciata («com-
cedere verso la selva («là dove ’l sol ta- sa. busto»).
ce»: è una figura retorica chiamata sine- 67. Rispuosemi: Mi rispose (il pronome 76-78. Ma tu... gioia?: Ma tu perché stai ri-
stesia). «mi» aggiunto alla fine del verbo è in fun- tornando nella selva, nell’angoscia del pec-
Ancora una similitudine. zione enclitica). cato, e non ascendi al dilettoso monte che

18 Inferno
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perché non sali il dilettoso monte VIRGILIO GUIDA: PERCHÉ?


78 ch’è principio e cagion di tutta gioia?»
Perché Dante ha scelto come guida
nel suo viaggio nell’oltretomba Vir-
«Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte gilio, un poeta pagano? Sono vari i
che spandi di parlar sí largo fiume?» motivi che lo hanno spinto, sia di ca-
81 rispuos’io lui con vergognosa fronte. rattere morale che politico.
1) Virgilio nel Medioevo era conside-
«O de li altri poeti onore e lume rato come un profeta del Cristiane-
vagliami ’l lungo studio e ’l grande amore simo (in una sua Egloga o Bucolica,
la IV, esalta la nascita di un bambi-
84 che m’ha fatto cercar lo tuo volume. no, il figlio del console Asino Pollio-
ne, come inizio di un ordine nuovo
Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore; di pace e di bontà, come profezia
tu se’ solo colui da cu’ io tolsi della nascita di Cristo).
87 lo bello stilo che m’ha fatto onore. 2) Nell’Eneide Virgilio aveva cele-
brato l’IImpero di Roma (e Dante era
Vedi la bestia per cu’ io mi volsi: assertore fervido dell’Impero: ricor-
da la sua teoria dei due Soli espres-
aiutami da lei, famoso saggio, sa nella Monarchia).

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90 ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi». 3) Nell’Eneide Virgilio aveva saputo
trasfondere un’onda di dolcezza e di
«A te convien tenere altro viaggio» umanità rivelando un’anima assai
rispuose poi che lagrimar mi vide, vicina a quella cristiana.
93 «se vuo’ campar d’esto loco selvaggio: 4) Per Dante, Virgilio era stato poeta
grandissimo e maestro di retorica.
5) Virgilio, nel VI libro dell’Eneide,
ché questa bestia, per la qual tu gride, racconta di Enea che scende agli In-
non lascia altrui passar per la sua via, feri, guidato dalla Sibilla Cumana,
96 ma tanto lo ’mpedisce che l’uccide; per chiedere consigli all’ombra di
suo padre Anchise (molte figure
e ha natura sí malvagia e ria, dantesche della Divina Commedia
che mai non empie la bramosa voglia, sono ispirate a quelle dell’oltretom-
99 e dopo ’l pasto ha piú fame che pria. ba virgiliano).

Molti son li animali a cui s’ammoglia,


e piú saranno ancora, infin che ’l veltro

è principio e causa di gioia perfetta («tut- vulgari eloquentia Dante distingue tre for- lo. Il TEMA DOMINANTE del poema dantesco
ta»)? Il colle illuminato dal sole è simbolo me di stile: TRAGICO o illustre, COMICO o me- è etico e sociale: è un monito che Dante
della felicità e della vita rivolta al bene. dio, ELEGIACO o umile. fa a sé stesso per la sua deviazione intel-
79-80. Or se’ tu... fiume?: Sei tu quel fa- 89. saggio: maestro di sapienza. Ecco lo lettuale e morale, e alla traviata società
moso Virgilio, sorgente di cultura e fiume schema classico usato da Dante per otte- del Trecento, in gran parte dedita ai pia-
di eloquenza da cui appresi «lo bello stilo nere l’aiuto di Virgilio: prima ne ha esalta- ceri e ai guadagni mercantili (anche il pa-
che m’ha fatto onore»? Questo è veramen- to le opere; poi ha messo in luce il suo pato con Bonifacio VIII, papa nepotista e
te un atto di umiltà da parte di Dante. Qui amore per l’Eneide, il grande poema da lui avido di denaro, stava attraversando un
«fonte» e «fiume» sono metafore. studiato assiduamente; infine la richiesta momento difficile; contro il papa Bonifa-
81. vergognosa: umile e riverente. di aiuto. cio si era scagliato con veemenza il frate
82-84. O de li altri poeti... volume: Tu sei 90. polsi: arterie. Jacopone da Todi).
onore e guida illuminante («lume») di tutti 91-93. A te... selvaggio: Se vuoi uscire da 97. e ha natura... ria: l’avarizia, o sete di
gli altri poeti; mi giovi presso di te («va- questa situazione, rispose Virgilio dopo beni, è così malvagia ed empia («ria») da
gliami») lo studio intenso delle tue opere e che mi vide «lagrimar», devi imboccare rendere l’animo insaziabile.
l’amore grande che mi ha spinto a cercare un’altra via («viaggio»). Senza l’aiuto del- 100. Molti son... s’ammoglia: Molti sono gli
la tua Eneide («volume»). Bella questa te- la ragione Dante non riuscirà a liberarsi uomini («animali») avari. Fuori di metafora
stimonianza d’amore per il poeta latino dalla tentazione peccaminosa dei sensi e vuol dire che l’avarizia si accompagna ad
che Dante considera suo maestro e autore dello spirito. altri vizi: violenza, frode e inganni d’ogni
preferito. 94. tu gride: invochi aiuto. L’avarizia genere.
85-87. Tu se’... onore: Tu sei il mio maestro («questa bestia», la lupa) è così radicata 101. infin che ’l veltro: per vincere la cupi-
e il mio autore preferito dal quale attinsi nei cuori umani che nessuno riesce a sal- digia, lebbra del mondo, occorre l’inter-
l’eleganza retorica e lo stile tragico, solen- varsi. È un monito rivolto anche alla so- vento divino, «il veltro» che ristabilirà l’or-
ne («lo bello stilo») adatto a trattare gli ar- cietà corrotta del tempo: agli ecclesiasti- dine, la pace e la giustizia nel mondo. – vel-
gomenti più elevati della poesia. Nel De ci, all’imperatore, ai politicanti, al popo- tro: cane da caccia, levriero.

Canto I 19
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102 verrà, che la farà morir con doglia.

Questi non ciberà terra né peltro,


ma sapienza, amore e virtute,
105 e sua nazion sarà tra feltro e feltro.

Di quella umile Italia fia salute


per cui morí la vergine Cammilla,
108 Eurialo e Turno e Niso di ferute.

Questi la caccerà per ogne villa,


fin che l’avrà rimessa ne lo ’nferno,
111 là onde ’nvidia prima dipartilla.

Ond’io per lo tuo me’ penso e discerno


che tu mi segui, e io sarò tua guida,
114 e trarrotti di qui per luogo etterno,

ove udirai le disperate strida,


vedrai li antichi spiriti dolenti,
117 che la seconda morte ciascun grida;

e vederai color che son contenti


nel foco, perché speran di venire
120 quando che sia a le beate genti.

A le qua’ poi se tu vorrai salire,


anima fia a ciò piú di me degna:
123 con lei ti lascerò nel mio partire;

ché quello imperador che là sú regna,


perch’io fu’ ribellante a la sua legge,
126 non vuol che ’n sua città per me si vegna.

In tutte parti impera e quivi regge;

È un verso ermetico: i vari commentatori si milla, figlia del re dei Volsci, e Turno, re dei 118. e vederai: e vedrai le genti del Purga-
sono sbizzarriti a identificare il «veltro», Rutuli, vinto in duello da Enea, padre di Julo, torio che sono contente di espiare la loro
ma, più che riferirsi a persona determina- considerato capostipite della gens Julia cui colpa nel fuoco perché sperano, quando
ta, l’animale ha valore simbolico, indeter- appartenevano Cesare e Augusto imperato- l’espiazione sarà completa, di salire in Cie-
minato come le profezie classiche, oscure re. L’«umile Italia» è quella che nascerà dal- lo («beate genti»).
e ambigue (ricorda certi responsi della Si- l’unione dei vinti Latini con i Troiani vincitori. 121-123. A le qua’... partire: Se tu vorrai sa-
billa Cumana). 109. per ogne villa: di città in città («villa»), lire tra le beati genti («a le qua’»), ti farà da
103-104. Questi...: Questi non sarà avido né di luogo in luogo. guida un’anima più degna di me (Beatrice).
di dominio («terra») né di ricchezze («pel- 110. fin che...: finché il «veltro» non l’avrà Virgilio simboleggia la RAGIONE che può gui-
tro» = lega di rame, stagno e argento), ma ricacciata nell’Inferno da dove l’invidia del dare l’uomo sulla via del bene e della per-
solo dell’aiuto di Dio («sapienza, amore e demonio fece uscire la cupidigia («dipartil- fezione, ma solo la GRAZIA, simboleggiata da
virtute»: sono gli attributi della Trinità). la») al fine di corrompere il mondo. Beatrice, potrà condurlo a capire le verità
105. e sua nazion: la sua nascita («nazion») 112-117. Ond’io... grida: Perciò per il tuo eterne.
sarà di umile origine, appartenente a un meglio («me’») penso e giudico («discer- 124. imperador: Dio.
ordine francescano (il feltro è un panno di no») che tu mi segua e io ti trarrò («trarrot- 125. perch’io fu’ ribellante: Dio, poiché non
scarso valore come quello del saio france- ti») di qui e ti guiderò attraverso l’Inferno fui sottomesso alla sua legge («ribellan-
scano). («per luogo etterno») dove udrai le strida te»), cioè non potei essere cristiano (Virgi-
106. fia salute: il «veltro» sarà la salvezza senza speranza e vedrai le anime dolenti di lio morì diciannove anni prima che nasces-
(«fia salute») di quella umile Italia per la qua- antichi personaggi, ciascuno dei quali in- se Cristo), non vuole che entri in Cielo.
le diedero la vita alcuni eroi celebrati da Vir- voca con grida la sua dannazione eterna 127. In tutte parti... regge: Dio è imperato-
gilio nell’Eneide: i due inseparabili amici («la seconda morte») dopo il giudizio uni- re del creato, ma governa il Paradiso («qui-
troiani Eurialo e Niso, la vergine guerriera Ca- versale. vi») come re.

20 Inferno
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quivi è la sua città e l’alto seggio:


129 oh felice colui cu’ ivi elegge!»

E io a lui: «Poeta, io ti richeggio


per quello Dio che tu non conoscesti,
132 a ciò ch’io fugga questo male e peggio,

che tu mi meni là dove or dicesti,


sí ch’io veggia la porta di san Pietro
135 e color cui tu fai cotanto mesti».

Allor si mosse, e io li tenni dietro.

132. a ciò ch’io... peggio: affinché io possa cesti sì ch’io veda («veggia») la porta di intende arrivare alla sua perfezione mora-
evitare la lupa, la schiavitù del peccato san Pietro e i dannati dell’Inferno («color... le, stimolando contemporaneamente la so-
(«questo male») e la dannazione eterna cotanto mesti»). cietà del suo tempo a diventare «modello
(«peggio»), ti prego di condurmi dove di- Dante con questo viaggio nell’oltretomba trascendente della città di Dio».

I punti chiave del canto


1. IL VALORE DEL CANTO I DELLA DIVINA COMMEDIA
Il canto I dell’Inferno fa da introduzione a tutto il poema (sappiamo che è composto di
cento canti, trentatré per cantica: l’Inferno ne ha uno in più per spiegare la ragione del
viaggio immaginario di Dante nell’oltretomba; vedi grafico a p. 8). In questo canto ci so-
no squarci poetici e stilistici notevoli.

2. IL SUO SIGNIFICATO LETTERALE E QUELLO ALLEGORICO E SIMBOLICO

Lo smarrimento di Dante nella selva oscura, le tre belve che gli sbarrano il cammino, il
Significato letterale colle illuminato dal sole che gli suscita la speranza di poter uscire dall’intrico della sel-
alba, la primavera, l’ombra di Virgilio che gli appare come una salvezza proprio nel
va, l’a
momento in cui sta per precipitare «in basso loco».

La selva oscura simboleggia il peccato che ottenebra la mente.

Le tre fiere, la lonza, il leone e la lupa, raffigurano i tre peccati che maggiormente av-
vincono l’umanità: la lussuria, la superbia e l’a avarizia.

Il colle illuminato dal sole rappresenta la luce di speranza che si accende nel cuore an-
Significato allegorico gosciato di Dante, una speranza di salvezza accentuata dall’«ora del tempo», il mattino,
e simbolico e dalla «dolce stagione», la primavera, la stagione del risveglio della natura e della ri-
surrezione pasquale di Cristo.

La figura di Virgilio che viene in soccorso di Dante, spaurito, che dubita ormai della sal-
vezza è la ragione che lo aiuta a uscire dall’intrico dei peccati per avviarlo sul sentiero
della rettitudine spirituale e morale.

Il veltro, di cui Virgilio annuncia la venuta, raffigura colui che giungerà per redimere il ge-
nere umano e riportarlo ai valori eterni del bene e della giustizia sociale.

Canto I 21
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3. VIRGILIO IN CHIAVE ALLEGORICA


Abbiamo detto che Virgilio in chiave allegorica raffigura la ragione, quella ragione che in
Dante, allettato dai piaceri, si era assopita per lasciar libero l’impulso dei sensi; e solo ora
che egli è giunto sulla soglia della maturità, essa si ridesta per guidarlo a uscire dal suo tra-
viamento morale e spirituale.
La catarsi di Dante sarà preludio di quella dell’umanità intera, ora ottenebrata dal male e
sulla via della perdizione.

4. IL MONDO CLASSICO NEL CANTO I DELL’INFERNO


Dante aveva una stima immensa di Virgilio e ne aveva studiato a fondo l’Eneide, l’opera
maggiore del grande mantovano, che egli stimava il poeta classico latino più grande di
tutti sia per lo stile elegante ed elevato, sia per l’equilibrio proprio del savio, sia, infine,
per il messaggio di pace e di amore lanciato al mondo nella sua famosa IV Bucolica. E
spesso, come vedremo, nel poema dantesco riaffiorano personaggi (qui Camilla, Eurialo,
Niso, Turno...) e ricordi dell’Eneide, opera composta per celebrare l’Impero Romano di
Augusto il quale, secondo la teoria cara a Dante, aveva dato pace al mondo e, secondo il
disegno della Divina Provvidenza, aveva reso splendida Roma perché divenisse un giorno

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sede del vicario di Cristo in terra.

Il contesto storico, sociale e culturale del poema dantesco


L’aspetto ● La Divina Commedia sotto l’aspetto storico riflette il conflitto tra Papato e Impero,
storico dissidio profondo che ha influito grandemente sulla concezione politica di Dante (ricorda
la sua «teoria dei due Soli» espressa con passione nella Monarchia). Tale dissidio ha por-
tato la divisione politica nel mondo e tra le città della stessa regione e ha condotto la so-
cietà alla corruzione e allo sfascio morale.
L’aspetto ● Sotto l’aspetto sociale la lotta per il predominio nel mondo portò l’Impero a estraniarsi
sociale dalle condizioni dell’Italia, «giardino de lo Imperio», ed ecco le lotte civili insanguinare le
città, tra cui Firenze dilaniata dai partiti (Guelfi e Ghibellini prima, Bianchi e Neri dopo)
sempre in lotta tra loro, e la decadenza sociale e morale con il conseguente esilio di cit-
tadini onesti, vittime innocenti della violenza e della corruzione (rileggi la vita di Dante,
vol. I, M. 4, pp. 164-166).
L’aspetto ● Sotto l’aspetto culturale la Divina Commedia riflette il sapere medievale e la filosofia
culturale Scolastica che si allaccia ad Aristotele e ha i suoi più grandi rappresentanti in Tommaso
d’Aquino e nei Padri della Chiesa (la struttura morale del poema dantesco si fonda so-
prattutto sulla Summa theologica e sulla Summa contra gentiles di san Tommaso).
Infatti, medievali sono le idee del poeta sulla religione, sulla filosofia e sulla cultura della
società del suo tempo, medievale la sua concezione stilnovistica dell’amore per Bea-
trice, amore che eleva lo spirito al Sommo Bene (del tutto personale è invece la sua
passione politica e il suo attaccamento incondizionato per Firenze).
Solo in questa proiezione è possibile capire tutto il valore e il grande insegnamento morale
che il sommo poeta ha voluto dare a noi e al mondo con il suo divino poema.

22 Inferno
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la critica
La visione dell’oltremondo
Questo primo canto serve propone; tecnica narrativa vigore che acquista tutto il che nasceranno soltanto
di proemio a tutto il poe- e drammatica che deve suo rilievo e la sua forza in seguito da una più ricca
ma e, come tale, ha una corrispondere alla novità e [...]. C’è già l’atmosfera so- e tragica esperienza e da
funzione importantissima. all’ampiezza del tutto in- lenne e drammatica del- uno sforzo continuato di
Imposta la situazione poe- consueta dell’impianto e l’oltremondo [...]. C’è, in- sistemazione dottrinale.
tica e la presenza in nuce della trama fantastica. fatti, nelle allegorie delle Per ora il viaggio si pre-
(in sintesi) di tutta la com- Poesia, struttura, tecnica tre fiere e nella profezia senta piuttosto come una
plessità degli elementi che nascono ad un parto, in- del Veltro, l’annunzio e il visione, che non come un
concorrono a costituirne scindibili, e prendono im- presentimento della ragio- dramma o un racconto:
l’idea primordiale: visione pulso dall’energia del pro- ne morale e politica dell’o- l’allegoria si sovrappone,
di un viaggio oltremonda- posito etico e polemico a pera, ma indeterminata meglio che non s’innesti e
no; significato allegorico cui obbedisce, fin dall’ini- ancora, lontana da quella si fonda con la trama fan-
che tale visione assume in zio, l’ispirazione del poeta. concretezza di passioni po- tastica.
rapporto al fine morale e E tutti questi elementi so- lemiche e da quella chia-
politico che lo scrittore si no già presenti qui, con un rezza di soluzioni pratiche (N. Sapegno)

S C H E D A D I L A V O R O

COMPRENSIONE rie e simboli non sono fredde astrazioni, ma hanno


in Dante un tono realistico che affascina e suscita
1 Qual è il significato allegorico della «sselva oscura»? interesse.
2 Che cosa significa in senso allegorico il colle illu -
minato dal sole? RIFLESSIONE
a) il peccato
b) la fatica del cammino spirituale 10 Osserva con attenzione i cambiamenti dei tempi
c) la speranza di salvezza verbali e spiega la differenza che c’è tra l’uso del
d) la luce della grazia divina tempo passato e quello del tempo presente (max
20 righe).
3 Tre sono le fiere che sbarrano a Dante il cammino:
quali sono? Ognuna ha un valore allegorico-politi- 11 Le allegorie dilatano il valore di una parola, dal par-
co e uno simbolico-morale: quale? ticolare all’universale; prendiamo, per esempio, la
lonza: in senso simbolico-morale indica il peccato
4 Come spieghi il verso 30 «sí che ’l piè fermo sem- di lussuria che ostacola a «Dante-uomo» la via ver-
pre era ’l piú basso»? so la salvezza. Individua nel testo altri esempi di
parole usate in senso simbolico e morale.
5 Al verso 55 è presente una similitudine: quali sono
i due termini di paragone che il poeta mette a con- 12 Spiega in un testo di max 30 righe le ragioni per le
fronto? quali Dante ha scelto come guida nell’oltretomba
cristiano Virgilio, un poeta romano vissuto «al tem-
6 Al verso 63 è presente la sinestesia: «chi per lun- po degli dèi falsi e bugiardi».
go silenzio parea fioco»: la sai spiegare?
7 Anche la figura di Virgilio ha un valore allegorico: PRODUZIONE
quale?
a) la poesia 13 Sviluppa in quattro testi diversi (max 10 righe per
b) la ragione testo) i punti chiave del canto.
c) la grazia Sono sette secoli che Dante pronosticò la venuta
14
d) la lussuria del «veltro» a salvare dalla rovina la società travia-
8 Ai versi 79-80 sono presenti le due metafore «fon- ta e corrotta; ma oggi il mondo è ancora più turba-
te» e «fiume»: le sai spiegare? to dalla violenza, dall’ingiustizia, dall’avidità di po-
tere e di denaro. Fa’ un confronto tra la società me-
9 Spiega la profezia del «veltro». Ricorda che allego- dievale e quella di oggi (max 30 righe).

Canto I 23
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Canto II
ARGOMENTO PERSONAGGI PENA
E DANNATI E CONTRAPPASSO
• La missione di Enea, • Maria, mediatrice tra Dio e la
di san Paolo e di povera umanità = la Grazia pre-
Dante voluta da Dio veniente
• Beatrice scende dal- • Lucia, la santa protettrice della
l’Empireo per poter vista = la Grazia illuminante
salvare Dante tor- • Beatrice = la Grazia cooperante,
mentato da dubbi la teologia
tremendi • Rachele, la moglie biblica di Gia-
cobbe = la vita contemplativa

Luogo: l’entrata dell’Inferno


IL FILO DEL RACCONTO
Tutti i grandi poemi iniziano con una protasi o per intraprendere un viaggio nell’aldilà. Se accet-
invocazione alle Muse (Iliade e Odissea di tassi di seguirti, temo che sarebbe giudicata una
Omero, Eneide di Virgilio, Orlando furioso follia. Tu sei saggio e comprendi più di quanto io
dell’Ariosto…); nel canto I del Purgatorio Dante sappia dire».
invocherà Calliope, la Musa della poesia epica, e in Virgilio comprende lo stato d’animo di Dante e, per
quello del Paradiso chiederà l’aiuto del dio stesso fargli superare questo momento di debolezza e
della poesia, Apollo. disperdere ogni suo dubbio, gli rivela la ragione che
Dopo una breve pennellata poetica sul mondo lo spinse a venire in suo aiuto: il viaggio è voluto
avvolto dalle prime ombre, Dante invoca le Muse in Cielo dove tre donne beate hanno a cuore la sua
affinché lo aiutino ad intraprendere un viaggio che salvezza, la Vergine Maria, Lucia e Beatrice. E
fa «tremar le vene e i polsi» e a fissarlo nella proprio Beatrice, scesa nel Limbo, la sede a lui
memoria per narrarlo poi ai vivi. È sera. Tutti gli assegnata da Dio, l’aveva pregato di andare in soc-
esseri viventi cercano riposo per rifarsi dalle fatiche corso di Dante in procinto di ricadere nella perdi-
del giorno. Solo Dante si prepara ad affrontare un zione. Perciò, via ogni dubbio, dato che «tre donne
viaggio difficile nel tenebroso regno dei morti. A benedette» hanno in Cielo cura di lui: prenda
questo pensiero, egli è assalito dal dubbio di non coraggio e lo segua. Dante, udite le parole di
riuscire in un’impresa così ardua e prega Virgilio Virgilio, ritrova la sua forza d’animo e si dichiara
di riflettere se le sue doti siano tali da permettergli pronto a seguirlo «per lo cammino alto e silvestro»
un siffatto viaggio. Egli nel VI libro dell’Eneide ha che conduce all’entrata dell’Inferno.
descritto la discesa di Enea nei Campi Elisi per
incontrare il padre Anchise e avere da lui notizie
sul suo futuro. Ma Dio aveva permesso tale viag-
gio perché sapeva che i successori dell’eroe troiano
avrebbero fondato Roma, destinata a diventare
I PUNTI CHIAVE DEL CANTO
capitale dell’Impero Romano e poi sede del papato,
il che avrebbe facilitato la diffusione del Cristia- 1 Invocazione alle Muse
nesimo. Anche san Paolo, ancora in vita, fu rapito 2 La missione di Dante e quella di Enea
fino al terzo Cielo affinché da quella visione potes- 3 Perplessità e dubbi di Dante
se trarre vigore e slancio a diffondere la fede cri- 4 L’amore o caritas che spinge Beatrice a scendere
stiana. «Ma io», dice Dante, «non sono né Enea né dall’Empireo al Limbo. Virgilio dissolve i dubbi di
Dante
san Paolo e non ho né meriti né prospettive sicure

Lo giorno se n’andava, e l’aere bruno


toglieva li animai che sono in terra
3 da le fatiche loro; e io sol uno

1. bruno: le ombre della sera. VIII, 26: nox erat… sopor altus habebat: «sol uno») fra tutti mi apprestavo ad
2. toglieva: dava riposo a tutti gli esseri «era notte… e un sonno profondo teneva affrontare quel travaglio immenso.
viventi affaticati dal lavoro diurno. tutti gli esseri viventi»).
È una reminiscenza virgiliana (Eneide, 3. io sol uno: io solo (nota la forza di quel

24 Inferno
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m’apparecchiava a sostener la guerra


sí del cammino e sí de la pietate,
6 che ritrarrà la mente che non erra.

O muse, o alto ingegno, or m’aiutate;


o mente che scrivesti ciò ch’io vidi,
9 qui si parrà la tua nobilitate.

Io cominciai: «Poeta che mi guidi,


guarda la mia virtú s’ell’è possente,
12 prima ch’a l’alto passo tu mi fidi.
PERCORSI TEMATICI
Tu dici che di Silvio il parente, IL MONDO CLASSICO Enea
corruttibile ancora, ad immortale L’AMORE
15 secolo andò, e fu sensibilmente. LA POLITICA
L’UMORISMO
Però, se l’avversario d’ogne male

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cortese i fu, pensando l’alto effetto
18 ch’uscir dovea di lui e ’l chi e ’l quale,

non pare indegno ad omo d’intelletto;


ch’e’ fu de l’alma Roma e di suo impero
21 ne l’empireo ciel per padre eletto:

la quale e ’l quale, a voler dir lo vero,


fu stabilita per lo loco santo
24 u’ siede il successor del maggior Piero.

Per questa andata onde li dai tu vanto,


intese cose che furon cagione
27 di sua vittoria e del papale ammanto.

4. la guerra: le difficoltà del viaggio e del- secolo») ancora vivo («corruttibile»). che i discendenti di Enea avrebbero dato
l’angoscia interna. Silvio gli era nato da Lavinia, figlia di origine a Roma (la futura sede del papa) e
6. la mente: la memoria. Latino, re del Lazio, mentre Ascanio o Julo all’Impero Romano (che facilitò la diffu-
7-8. O muse… vidi: Dante invoca l’aiuto gli era nato a Troia dall’unione con sione del Cristianesimo).
delle Muse, quello dell’ingegno suo Creusa, scomparsa per volontà del Fato 22-24. la quale e ’l quale… Piero: la fon-
«alto» (egli ha coscienza del compito che durante la fuga da Troia. dazione di Roma («la quale») e dell’Im-
si è assunto e ha fiducia di poterlo adem- Abbiamo già accennato che Enea, guida- pero («’l quale») fu prestabilita da Dio
piere con l’aiuto di Dio) e della memoria to dalla Sibilla Cumana, si era incontrato come santa sede («loco santo») dove
tenace, affinché lo assistano a ritrarre con nei Campi Elisi con il padre Anchise che («u’») risiede il pontefice, successore del
aderenza ciò che vide. gli aveva predetto le lotte dei Troiani nel sommo Pietro («maggior Piero»), primo
9. qui si parrà: qui apparirà l’eccellenza Lazio e il destino di gloria dei suoi discen- papa. Dante pensava che l’Impero Ro-
della tua bravura («nobilitate»). denti che avrebbero fondato Roma e dato mano fosse stato voluto dalla divina
10. Io cominciai: dopo l’invocazione alle origine a un grande impero. Provvidenza per dare all’uomo la piena
Muse, all’ingegno e alla memoria, la fidu- 16. Però…: Però, se Dio («l’avversario d’o- felicità in terra (compito della Chiesa era
cia di Dante si appanna e affiorano i gne male») fu cortese con Enea, ciò non di prepararlo per la felicità in Cielo).
dubbi. può apparire sconveniente («indegno») a 25. Per questa andata: Per questo viaggio
11. guarda: sono veramente in grado, cioè una persona di cultura («omo d’intellet- negli Inferi, di cui tu parli diffusamente
all’altezza di affrontare ancora vivo un to») se pensa che da lui dovevano aver («dai vanto») nel VI libro dell’Eneide,
viaggio nell’oltretomba («alto passo»)? origine grandi eventi («l’alto effetto»), Enea udì dal padre Anchise notizie profe-
13-15. Tu dici… sensibilmente: Tu nel VI cioè Roma («’l chi») e l’Impero Romano tiche della sua vittoria sui Latini e sui
libro dell’Eneide racconti che Enea, padre («’l quale»). In altre parole: Che Dio abbia Rùtuli guidati da Turno, loro re, e della
(«parente»: deriva dal latino parens = permesso a un eroe pagano di scendere fondazione di Roma, la futura sede della
genitore) di Silvio, era sceso nel mondo ancora vivo negli Inferi, non può meravi- dignità («ammanto») papale.
degli Inferi o ultraterreno («immortale gliare un uomo saggio e cólto se pensa

Canto II 25
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Andovvi poi lo Vas d’elezione,


per recarne conforto a quella fede
30 ch’è principio a la via di salvazione.

Ma io perché venirvi? o chi ’l concede?


Io non Enea, io non Paulo sono:
33 me degno a ciò né io né altri ’l crede.

Per che, se del venire io m’abbandono,


temo che la venuta non sia folle:
36 se’ savio; intendi me’ ch’i’ non ragiono».

E qual è quel che disvuol ciò che volle


e per novi pensier cangia proposta,
39 sí che dal cominciar tutto si tolle,

tal mi fec’io ’n quella oscura costa,


perché, pensando, consumai la ’mpresa PERCORSI TEMATICI
42 che fu nel cominciar cotanto tosta. IL MONDO CLASSICO
L’AMORE SPIRITUALE Beatrice
«S’i’ ho ben la parola tua intesa»
LA POLITICA
rispuose del magnanimo quell’ombra;
L’UMORISMO
45 «l’anima tua è da viltade offesa;

la qual molte fiate l’omo ingombra


sí che d’onrata impresa lo rivolve,
48 come falso veder bestia quand’ombra.

Da questa tema a ciò che tu ti solve,


dirotti perch’io venni e quel ch’io ’ntesi
51 nel primo punto che di te mi dolve.

Io era tra color che son sospesi,


e donna mi chiamò beata e bella,
54 tal che di comandare io la richiesi.

28. Andovvi poi: Anche san Paolo, il («Vas tamente quanto prima voleva fare, così («quand’ombra») a un animale (di solito a
d’elezione»), ascese fino al terzo cielo per feci anch’io in quella piaggia («costa»), un cavallo). È una similitudine.
attingere slancio e dare forza («confor- perché meditandoci su, esaurii («consu- 49. Da questa tema: Affinché («a ciò») tu
to») alla fede cristiana che è premessa mai») quel viaggio che, dopo l’esortazio- ti liberi («ti solve», dal latino solvere) da
(«principio») alla via di salvezza. ne di Virgilio (I, 112-135), avevo intrapreso questo timore («tema»), ti dirò perché ti
31. Ma io: Ma io non ho meriti a sostegno con tanto ardore («tosta» = rapida). sono venuto in aiuto e quello che ho
di un viaggio nell’aldilà, né ho ragioni pari È questa la terza similitudine: le prime appreso nel primo momento («punto») in
a quelle che hanno spinto la Divina due (canto I) avevano per tema la paura cui ho provato dolore («mi dolve») per te.
Provvidenza a favore di Enea e di Paolo. di Dante nel vedersi sbarrato il cammino 52-54. Io era… richiesi: Io me ne stavo tra
Nota la triplice ripetizione del pronome della salvezza dalle tre fiere: questa le anime che non sono né tristi né liete
(«io») su cui Dante insiste per rafforzare esprime la sua incertezza piena di dubbi. perché desiderano veder Dio ma non pos-
la sua titubanza a intraprendere un tale 44. magnanimo: animo grande (in contra- sono («tra color che son sospesi»), cioè
viaggio. sto con quello pusillanime di Dante). nel Limbo, quando mi sentii chiamare da
34. Per che: Perciò, se io mi lascio indurre 45. l’anima tua: il tuo animo è indebolito una signora («donna») di bellezza celeste
a venire, temo che la mia venuta sia un («offesa») dalla viltà, dalla pusillanimità. («beata e bella») tale che le chiesi subito
folle ardimento; tu sei saggio e intendi 46. la qual…: la quale molte volte («fia- di esprimermi il suo desiderio.
meglio («me’») di quanto io sappia dire. te») ostacola («ingombra») l’uomo sì che Nota il lessico tipico dello stilnovismo,
37. E qual: E come colui che rifiuta ciò che lo allontana, lo distoglie («rivolve») da («donna beata e bella»), e il ritmo del
prima aveva desiderato e, a causa di un’importante impresa degna di onore verso fluido e dolce proprio del Dolce stil
nuovi ripensamenti, muta il proposito («onrata») come quando una falsa appa- novo e adatto a esprimere con efficacia
(«proposta») sì da abbandonare comple- rizione («falso veder») fa fare uno scarto l’apparizione di Beatrice.

26 Inferno
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Lucevan li occhi suoi piú che la stella; LO STILE


e cominciommi a dir soave e piana,
57 con angelica voce, in sua favella: Nota le fasi del discorso di Beatrice
a Virgilio (è impostato sulla retorica
stilnovistica):
“O anima cortese mantoana,
• Beatrice incomincia con parole di
di cui la fama ancor nel mondo dura, cortesia e di lode in onore del poeta
60 e durerà quanto ’l mondo lontana, mantovano;
• poi, trepidante, espone la situa-
l’amico mio, e non de la ventura, zione drammatica in cui si trova
ne la diserta piaggia è impedito Dante che sta per ricadere nel suo
63 sí nel cammin, che volt’è per paura; traviamento morale, a causa della
sfortuna che lo perseguita;
e temo che non sia già sí smarrito, • infine lo sollecita a soccorrerlo.
ch’io mi sia tardi al soccorso levata, «Per questa tua solerzia, farò spes-
so le tue lodi davanti a Dio» (è una
66 per quel ch’i’ ho di lui nel cielo udito. formula di cortesia con la quale
Beatrice chiude la sua richiesta).
Or movi, e con la tua parola ornata E Virgilio, commosso, le risponde
e con ciò ch’ha mestieri al suo campare con parole altrettanto gentili e cor-
69 l’aiuta, sí ch’i’ ne sia consolata. tesi.

I’ son Beatrice che ti faccio andare;


vegno del loco ove tornar disio;
72 amor mi mosse, che mi fa parlare.

Quando sarò dinanzi al signor mio,


di te mi loderò sovente a lui”.
75 Tacette allora, e poi comincia’io:

“O donna di virtú, sola per cui


l’umana spezie eccede ogni contento
78 di quel ciel c’ha minor li cerchi sui,

tanto m’aggrada il tuo comandamento,


che l’ubidir, se già fosse, m’è tardi;
81 piú non t’è uopo aprirmi il tuo talento.

Ma dimmi la cagion che non ti guardi

55. Lucevan… stella: I suoi occhi splende- troppo tardi (lo spiegherà più avanti, dal to») sotto il cielo più piccolo («ciel c’ha
vano più di una stella. Anche questo v. 100 in poi). minor li cerchi sui»), cioè la Luna (anche
verso ha un’intonazione stilnovistica e 67. ornata: convincente, suasiva. nella Vita nuova Dante aveva esaltato
ben si adatta a Beatrice, qui donna del 68. e con ciò: e aiutalo con tutto ciò che è Beatrice come («regina delle virtudi»).
Cielo e creatura d’amore (non ancora necessario («mestieri») per la sua salvez- In altre parole: la specie umana, grazie
figura simbolica, dunque, come sarà inve- za. alle virtù, di cui Beatrice fu regina, supera
ce nel Paradiso dove raffigura la GRAZIA 71. del loco: dal Cielo. ogni altro essere vivente sulla Terra. È una
BEATIFICANTE). 72. amor mi mosse: fu l’amore a spinger- iperbole.
57. in sua favella: nel suo modo di parla- mi a venire e a ispirarmi le parole. La 79. Tanto m’aggrada: il tuo comando
re. parola («amor») ha qui significato ambi- («comandamento») mi è così gradito
58. cortese: nobile e gentile. guo: può esprimere sentimento d’amore («m’aggrada») che, se già mi fossi mosso
60. e durerà: la tua fama durerà fino alla per Dante o, meglio, in senso cristiano e per eseguirlo («se già fosse»), mi sembre-
fine del mondo. religioso, di amore verso il prossimo o rebbe di essere in ritardo («m’è tardi»).
61. ventura: fortuna (si allude qui all’esi- carità di cui parla il Vangelo. 81. piú non t’è: non è necessario che tu mi
lio di Dante). 73. Quando sarò: Quando sarò alla pre- esprima il tuo desiderio («aprirmi il tuo
62. ne la diserta piaggia: è quella dello senza di Dio («al signor mio»), farò spes- talento»).
smarrimento di Dante a causa delle belve so davanti a Lui le tue lodi. 82-84. Ma dimmi… ardi: Ma dimmi la
che gli impedivano di procedere sulla via 76. O donna di virtú: O signora piena di causa per la quale non temi («ti guardi»)
della salvezza (vedi canto I). virtù, grazie alla quale («virtú») il genere di scendere dall’Empireo, dove desideri
64. e temo: e temo, da quanto ho udito in umano («l’umana spezie») supera («ecce- («ardi») tornare, a questo centro (l’Infer-
Cielo, di essermi mossa in suo soccorso de») ogni cosa contenuta («ogni conten- no è al centro della Terra).

Canto II 27
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de lo scender qua giuso in questo centro


84 de l’ampio loco ove tornar tu ardi”.

“Da che tu vuo’ saver cotanto a dentro,


dirotti brievemente” mi rispuose,
87 “perch’io non temo di venir qua entro.

Temer si dee di sole quelle cose


c’hanno potenza di fare altrui male;
90 de l’altre no, ché non son paurose.

I’ son fatta da Dio, sua mercè, tale,


che la vostra miseria non mi tange,
93 né fiamma d’esto incendio non m’assale.

Donna è gentil nel ciel che si compiange


di questo ’mpedimento ov’io ti mando,

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96 sí che duro giudicio là sú frange.

Questa chiese Lucia in suo dimando


e disse: – Or ha bisogno il tuo fedele
99 di te, e io a te lo raccomando –.

Lucia, nimica di ciascun crudele,


si mosse, e venne al loco dov’i’ era,
102 che mi sedea con l’antica Rachele.

Disse: – Beatrice, loda di Dio vera,


ché non soccorri quei che t’amò tanto,
105 ch’uscí per te de la volgare schiera?

non odi tu la pièta del suo pianto?


non vedi tu la morte che ’l combatte
108 su la fiumana ove ’l mar non ha vanto? –

Al mondo non fur mai persone ratte


a far lor pro o a fuggir lor danno,
111 com’io, dopo cotai parole fatte,

venni qua giú del mio beato scanno,


fidandomi del tuo parlare onesto,

85. Da che: Poiché tu vuoi capire a fondo una signora gentile che ha pietà di Dante 106-108. non odi… vanto?: non senti l’an-
(«a dentro»), ti dirò in breve la ragione per ostacolato dalle fiere («’mpedimento») in goscia («la pièta») del suo pianto? Non
la quale non ho timore di venire qua dentro. soccorso del quale io ti mando. vedi la violenza tempestosa del male («la
88. Temer si dee: Si deve temere solo di 97. Questa: Questa chiamò («chiese in suo morte»: simboleggia il peccato che spe-
quelle cose che possono far male a qual- dimando») Lucia e le disse che Dante, il suo gne l’anima) il quale minaccia di trasci-
cuno («altrui»). fedele, aveva bisogno di lei. – Lucia: Lucia, narlo alla perdizione («mar»)?
91. sua mercè: per sua bontà e grazia nemica di ogni violenza e di ogni crudeltà 109. Al mondo: Al mondo non ci furono
(«mercè»). («di ciascun crudele») venne nel luogo («fur») mai persone così rapide («ratte»)
92. che la vostra…: che la vostra sofferen- dove io stavo in compagnia di Rachele. a fare il loro vantaggio («lor pro») o a fug-
za («miseria») non mi tocca («tange»). 103-105. D i s s e : – B e a t r i c e … s c h i e r a : gire il loro danno come feci io dopo che
Beatrice, essendo beata («tale») non può Disse: «Beatrice, vera gloria («loda») di Lucia mi ebbe detto tali parole.
essere toccata dalle pene dell’Inferno né Dio, perché non vai in soccorso di colui 112. beato scanno: seggio celeste.
può essere assalita dal fuoco. che tanto ti amò e per te riuscì a elevarsi 113. fidandomi: fiduciosa nel tuo nobile
94-96. Donna è gentil… frange: In cielo c’è sopra la schiera del volgo? («onesto») parlare che fa onore a te e a

28 Inferno
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114 ch’onora te e quei ch’udito l’hanno”.

Poscia che m’ebbe ragionato questo,


li occhi lucenti lagrimando volse;
117 per che mi fece del venir piú presto;

e venni a te cosí com’ella volse;


d’inanzi a quella fiera ti levai
120 che del bel monte il corto andar ti tolse.

Dunque che è? perché, perché restai?


perché tanta viltà nel core allette?
123 perché ardire e franchezza non hai?

poscia che tai tre donne benedette


curan di te ne la corte del cielo,
126 e ’l mio parlar tanto ben ti promette?»

Quali fioretti, dal notturno gelo


chinati e chiusi, poi che ’l sol li ’mbianca
129 si drizzan tutti aperti in loro stelo,

tal mi fec’io di mia virtude stanca,


e tanto buono ardire al cor mi corse,
132 ch’i’ cominciai come persona franca:

«Oh pietosa colei che mi soccorse!


e te cortese ch’ubidisti tosto
135 a le vere parole che ti porse!

Tu m’hai con disiderio il cor disposto


sí al venir con le parole tue,
138 ch’i’ son tornato nel primo proposto.

Or va, ch’un sol volere è d’ambedue:


tu duca, tu segnore, e tu maestro».
141 Cosí li dissi; e poi che mosso fue,

intrai per lo cammino alto e silvestro.

quelli che l’hanno udito. Questo nuovo 119. quella fiera: la lupa che ti ostacolò la 127. Quali fioretti: Come i fiori con corolla
elogio rivolto a Virgilio chiude la lunga via più breve («il corto andar») per salire reclinata e con i petali chiusi per il freddo
perorazione di Beatrice. il monte della salvezza (il «monte» è con- della notte, appena il sole li illumina con i
115. Poscia: Dopo questo ragionamento, trapposto alla «selva», simbolo del pec- suoi caldi raggi («li ’mbianca») si aprono
rivolse verso di me i suoi occhi splendenti cato). drizzandosi sul loro stelo, tale mi feci io
di lagrime. 121. restai?: indugi, ti fermi? dopo essermi ripreso dalla condizione di
Questo pianto di Beatrice esprime la sua 122. perché tanta viltà… allette?: perché vacillante fiducia («virtude stanca»). La
profonda preoccupazione per Dante che accogli («allette») tanta pusillanimità? similitudine esprime bene il coraggio ritro-
stava ricadendo nel peccato. Il traviamen- 123. ardire e franchezza: ardimento e fidu- vato da Dante. Il nome («fioretti») non è
to di Dante era stato soprattutto di natura cia in te stesso. diminutivo: è usata anche nelle Rime (C,
religiosa: gli studi di filosofia l’avevano 124-126. poscia che… ti promette?: dal CI) e nel Purgatorio (canto XXVIII).
portato a un punto tale da fargli vacillare momento che tre donne benedette hanno 131-135. e tanto buono ardire… porse!: e
la fede cristiana, i cui misteri non si pos- a cuore la tua salvezza, cioè hanno cura di sentii dentro di me tanto ardire da comin-
sono svelare con la ragione. te in Paradiso davanti alla corte di Dio ciare come una persona liberata da ogni
117. per che: e quelle lagrime mi resero («ne la corte del cielo»), e le mie parole ti dubbio («franca»): «Pietosa la donna che
più rapido («piú presto») a venire in tuo promettono tanta gioia («tanto ben»). mi venne in aiuto e veramente gentile te
soccorso. Virgilio, colpito dalla bellezza L’intervento delle tre donne del Cielo ha lo che ti sei affrettato a obbedire alle sue
celeste di Beatrice accentuata dai suoi scopo di mettere in evidenza il valore che parole veritiere («vere»).
occhi lagrimosi, arde dal desiderio di ser- il viaggio di Dante assume: è importante 138. proposto: proposito. Caduto ogni
virla e accorre subito in aiuto di Dante. non solo per la sua salvezza spirituale, ma dubbio, ora Dante è disposto a seguirlo.
118. volse: volle. anche per quella dell’umanità tutta. 142. alto e silvestro: arduo e selvaggio.

Canto II 29
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I punti chiave del canto

1. LA MISSIONE DI ENEA
Dante interpreta il viaggio compiuto da Enea nel mondo dei morti, descritto minuzio-
samente da Virgilio nel VI libro dell’Eneide, come una missione voluta da Dio che, nei
suoi imperscrutabili disegni, preparava la via alla diffusione del Cristianesimo. Infatti,
dai discendenti dei Troiani, fusi insieme con le genti dell’umile Italia laziale, sarebbe
nato un popolo che avrebbe fondato Roma, la sede destinata al papato, e l’Impero
Romano la cui vastità avrebbe facilitato la diffusione della fede cristiana.
Anche la IV egloga di Virgilio, con il suo accenno all’universale palingenesi, «doveva rap-
presentare agli occhi di Dante una decisiva conferma del carattere profetico dell’Eneide,
una riprova che Dio aveva scelto il Mantovano a profeta di eventi provvidenziali e che
quindi l’argomento del poema virgiliano andava considerato come una delle tappe fonda-
mentali nel cammino dell’umana salvazione, a disdoro e vergogna degli ecclesiastici che
pretendevano di svuotare l’Impero della sua preminente autorità. Ciò aiuta a comprende-
re perché Dante – anche sotto la suggestione dell’ambiente ravennate di Giovanni del
Virgilio – abbia intrapreso a comporre egloghe in latino nello stile di Virgilio, benché nor-
malmente (e la Vita nuova, il Convivio e la Commedia stanno a dimostrarlo) egli preferis-
se comporre in volgare le sue opere di più integrale impegno, proprio perché il volgare era
l’unico idioma accessibile anche alle folle» (E. Paratore).
Un altro grande studioso di Dante, il critico Bruno Nardi, nel suo volume Dal Convivio
alla Commedia, arrivato alla lettura del terzo libro della Monarchia scrive: «Fu senza
dubbio a questo momento, che egli scoprì che lo spirito dell’Eneide s’accordava a mera-
viglia con lo spirito del Vangelo, l’umanesimo virgiliano col profetismo biblico. Questa
scoperta lo commosse a tal segno da ritenerla una rivelazione soprannaturale. Gli
parve di udire una voce interiore che lo incitasse a svelare agli uomini la “cagion che ’l
mondo ha fatto reo” e che la grazia di Dio fosse scesa su lui come un tempo sui profe-
ti d’Israele. La Divina commedia germogliò dall’intima e perfetta concordia dell’uma-
nesimo virgiliano con la rivelazione evangelica, nella forma di una visione poetica e
profetica, nella quale il viaggio d’Enea […] si compie col ratto di Paolo al terzo cielo».

2. PERPLESSITÀ E DUBBI DI DANTE


Dante, alla fine del canto I, per evitare la dannazione, si era dichiarato pronto a seguire
Virgilio attraverso il regno dell’Inferno e quello del Purgatorio per salire poi al Cielo gui-
dato da una donna beata; ora, perplesso e timoroso, si chiede se è veramente degno e in
grado di affrontare questo viaggio ultraterreno. Non è tracotanza fidare troppo nelle pro-
prie forze? Dante, infatti, pensando agli unici due mortali, Enea e san Paolo, che erano
andati nel regno d’oltretomba ancora in vita, e riflettendo sulle proprie condizioni, sente
il peso e le difficoltà di un tal viaggio e perciò «disvuole» ciò che prima aveva intrapreso
con tanto slancio. In sostanza, ecco il dubbio di Dante: potrà un poeta, per quanto gran-
de possa essere, testificare al mondo l’esistenza di un «aldilà» strutturato da Dio secon-
do i meriti o demeriti che ciascun uomo ha acquistato con il suo comportamento buono
o cattivo? Chi gli avrebbe creduto? Quali le reazioni in Firenze e nel mondo?
Traspare qui uno dei temi più importanti della Divina Commedia: il dissidio tra l’ardore
dell’uomo e il freno soprannaturale, tra filosofia e teologia, tra ragione e fede, tema che
verrà affrontato a fondo nel viaggio drammatico di Ulisse (vedi canto XXVI, vv. 119-120):
«fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza».

L’uomo, se vuol distinguersi dagli animali, deve puntare con tutte le forze della sua
volontà «a seguir virtute e canoscenza», ad elevarsi intellettualmente e spiritualmente,
ad affrontare con serenità e coscienza ogni ostacolo. Però, ci ammonisce il poeta, deve

30 Inferno
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essere consapevole dei limiti imposti da Dio: varcarli significa temeraria follia, pec-
care di superbia (ricorda Lucifero precipitato dal Cielo).

3. L’AMORE O CARITAS CHE SPINGE BEATRICE A SCENDERE DALL’EMPIREO AL LIMBO


Abbiamo visto nella prima parte di questo canto II che Dante, come «quei che disvuol
ciò che volle», stava per rinunciare al suo viaggio nell’oltretomba. Virgilio, per infon-
dergli coraggio e rassicurarlo, gli espone la ragione che lo spinse ad accorrere in suo
aiuto: «il viaggio è voluto nel Cielo» (è una specie di sanzione celeste e uno sprone a
comporre il poema che darà insegnamenti morali e religiosi ai viventi).
Sotto l’aspetto poetico e letterario questa parte del canto, che ha per tema l’amore spi-
rituale di Beatrice e si allaccia alla Vita nuova e alle Rime, appare veramente suggesti-
va. È senz’altro quella più poetica e lirica del canto II.
Qui la figura di Beatrice non è ancora simbolo di GRAZIA BEATIFICANTE e GUIDA SPIRITUALE
E TEOLOGICA come sarà nel Paradiso, ma è la donna amata dal poeta, accesa però dal-
l’ardore celeste della caritas che illumina lo spirito e lo eleva a Dio, una donna che tre-
pida per la salvezza del suo amico perseguitato dalla Fortuna. Una figura «beata e bella»
dunque, ma viva, perché in lei vibra ancora il ricordo affettuoso del suo gentile poeta.
Di tono stilnovistico la descrizione: i suoi occhi sono splendenti come stella, l’angelica

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voce «soave e piana», «li occhi lucenti lagrimando volse»…: una creatura celeste che
piange, fatto, questo, che suscita la commozione di Virgilio.
L’amore di Beatrice è slancio di un’anima piena di Dio, che vuole salvare il suo poeta
affinché possa un giorno godere in eterno l’armonia del Cielo inondato dalla luce divi-
na, luce che è amore e bontà infinita per tutte le creature. La sua perorazione in favore
di Dante, espressa con commossa ma contenuta sapienza, riflette lo stile della Vita
nuova e quello dei poeti stilnovisti (Guido Guinizelli, Guido Cavalcanti, Lapo Gianni,
Gianni Alfani…); anche il lessico è lo stesso, e la struttura sintattica, sempre varia e
sapiente, ben s’intona alle movenze ritmiche del verso che scorre fluido diffondendo
quel senso di soave armonia e musicalità che si può rilevare anche nel celebre sonetto
«Tanto gentile e tanto onesta pare». La narrazione è scorrevole e in accordo con la forma
dialogica che la rende movimentata e vivace.

S C H E D A D I L A V O R O

COMPRENSIONE 7 Al verso 76 è presente una iperbole: la sai spiegare?

1 Dante si prepara a sostenere la «guerra / sí del cam- 8 Chi sono le tre donne benedette che hanno a cuore
mino e sí de la pietate»: sai spiegare questo verso? la salvezza di Dante?
(max 5 righe). a) Beatrice, Rachele, la Vergine Maria
2 Chi è il parente di Silvio? b) Beatrice, Lucia, la Vergine Maria
a) Ascanio c) Beatrice, Lucia, Rachele
b) Enea d) Le Muse
c) Anchise
d) Virgilio RIFLESSIONE

3 L’«avversario d’ogne male» fu «cortese» verso Enea 9 Qual è in particolare il «dubbio» che tormenta il no-
«pensando l’alto effetto / ch’uscir dovea di lui e ’l stro poeta? (max 10 righe)
chi e ’l quale»: cerca di spiegare queste parole di
Dante (max 10 righe). 10 Come interpreti l’amoroso interessamento di Bea-
trice che lascia il suo «beato scanno» dell’Empireo
4 Chi è il Vas d’elezione? Che cosa ha fatto per recar e scende nel Limbo? (max 20 righe)
«conforto» alla fede cristiana?
Perché il poeta teme che la sua venuta nel regno del- PRODUZIONE
5
la morta gente sia «folle»? (max 5 righe)
11 Traccia un’analisi sintetica del discorso di Beatrice
6 La viltà molte fiate l’omo ingombra: spiega questa per convincere Virgilio a correre in aiuto di Dante
espressione (max 10 righe). (max 20 righe).

Canto II 31
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Canto III
ARGOMENTO PERSONAGGI PENA
E DANNATI E CONTRAPPASSO
• La scritta sulla porta • Caronte • Punte da vespe e da mosconi, le
dell’Inferno Gli ignavi: anime degli ignavi devono inse-
• Gli ignavi • Papa Celestino V guire un’insegna
• Caron dimonio • In vita non ebbero nessun idea-
le e ora inseguono un’insegna
senza senso; non sentirono
nessuno stimolo all’azione, e
ora sono stimolate dalle puntu-
re di vespe

Luogo: Antinferno. La riva del fiume Acheronte


IL FILO DEL RACCONTO
Il canto inizia con una nota drammatica: una loro piedi da vermi schifosi. È una visione così
scritta sopra la porta che immette nell’Inferno ripugnante che Dante distoglie lo sguardo e lo
avverte che di lì si entra nella città del dolore eter- rivolge verso la riva di un fiume, l’Acheronte, dove
no e delle anime condannate a soffrire per sempre. vede addensarsi una folla di anime che attendo-
Dante è spaventato, ma Virgilio lo esorta a seguir- no impazienti di essere traghettate al di là. Ed ec-
lo senza timore. Comincia ora il viaggio vero e pro- co apparire la barca di Caronte, «dimonio con oc-
prio del poeta nell’aldilà. chi di bragia», che da lontano grida minaccioso:
Superata la porta dell’Inferno, Dante è avvolto «Guai a voi, anime prave!».
dalle tenebre nelle quali risuonano sospiri, pianti,
alti lamenti, accenti d’ira mescolati a bestemmie i’ vegno per menarvi a l’altra riva
pronunciate in varie lingue, e battito di mani, ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo.
tanto che a udirli in quell’orrido buio il poeta ne (vv. 86-87)
resta sconvolto e non sa trattenere le lacrime: è il Poi si accorge che Dante è vivo e lo invita a pren-
suo primo impatto con l’Inferno. Chiede spiegazio- dere un’altra via per arrivare al Purgatorio, quella
ni al maestro e questi gli risponde che quel tumul- del mare, alle foci del Tevere, dove la leggera imbar-
to è opera degli ignavi, i vili, «che visser sanza cazione di un angelo lo condurrà alla mèta. Virgilio
’nfamia e sanza lodo», cioè coloro che nella vita gli risponde che il viaggio è voluto da Dio, perciò
non seppero mai operare né il bene né il male, non ogni opposizione è inutile.
avendo mai avuto un ideale per il quale battersi. Le anime, terrorizzate dalle parole di Caronte,
Una vita, dunque, di inerzia; e ora, per la legge del «cangiar colore e dibattero i denti» abbandonan-
contrappasso, sono condannati a inseguire per l’e- dosi a bestemmie orrende. Caronte le fa salire sulla
ternità una specie di bandiera anonima, senza un barca che lenta scompare «su per l’onda bruna».
simbolo, senza uno scopo. Con loro sono anche gli All’improvviso la «buia campagna» trema sì forte,
angeli cacciati dal Cielo, perché nella lotta tra Dio che Dante, perduti i sensi, cade a terra «come
e Lucifero non ebbero il coraggio di schierarsi né l’uom cui sonno piglia».
da una parte né dall’altra: perciò, respinti anche
dall’Inferno, sono costretti a rimanere in eterno nel
vestibolo. Tra questi «sciaurati che mai non fur I PUNTI CHIAVE DEL CANTO
vivi», perché ricusarono sempre ogni minima
responsabilità, c’è anche il papa Celestino V che 1 La scritta sulla porta e l’ingresso di Dante
«fece per viltade il gran rifiuto», cioè rinunciò, nell’Inferno
dopo soli cinque mesi, al pontificato. Punti «da 2 Le anime
3 Caronte nocchiero
mosconi e da vespe», hanno il volto rigato di san-
4 Caronte e le anime dannate
gue, che, mescolato alle lacrime, viene raccolto ai

PER ME SI VA NE LA CITTÀ DOLENTE


PER ME SI VA NE L’ETTERNO DOLORE,
3 PER ME SI VA TRA LA PERDUTA GENTE.

1-3. Per me… gente: Attraverso me («per eterno («perduta»). Questa prima terzina, mento. Quel «per me» ripetuto all’inizio
me») si va nella città del dolore, nel dolo- con il «per me» che si ripete martellante e dei tre versi è una figura retorica detta
re che dura eterno, fra la gente dannata in lugubre, dà subito un’impressione di sgo- anafora.

32 Inferno

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