Nato
a
Tehran
nel
1950,
Hossein
Alizadeh,
ha
studiato
con
alcuni
dei
principali
maestri
della
tradizione
musicale
persiana:
Ali
Akbar
Khan
Shahnazi,
Nur
Ali
Borumand,
Abdollah
Davami,
Mahmood
Karimi,
Houshang
Zarif.
Ha
ampliato
la
sua
preparazione
nell’ambito
della
musica
colta
occidentale
studiando
composizione
e
musicologia
all’Università
di
Berlino.
Il
suo
percorso
musicale
l’ha
portato
a
registrare
con
tar
e
setar
l'intero
corpo
del
radif
persiano,
ispirandosi
alle
interpretazioni
di
Mirza
Abdullah.
Dopo
la
tappa
il
25
gennaio
al
Conservatorio
“verdi”
di
Milano,
il
26
gennaio,
al
teatro
Candiani
di
Mestre,
per
la
rassegna
Groove
Hossein
Alizadeh
ha
suonato
setar
e
shurangiz
accompagnato
da
Saba
Alizadeh,
kamancheh,
Behnam
Samani,
daf
e
tombak,
Ali
Boustan,
shurangiz,
musicisti
che
condividono
la
partecipazione
all’Ensemble
Hamāvāyān.
La
prima
parte
del
concerto
ha
visto
sul
bel
palco,
coperto
di
tappeti,
Hossein
Alizadeh
al
setar
acompagnato
da
Behnam
Samani
al
tombak
per
una
serie
di
intensi
dialoghi
improvvisativi
su
metriche
diverse.
Nato
nel
1967
a
Tschaher
Mahai
Bakhtiari
in
Iran,
Behnam
Samani
ha
studiato
tombak
per
13
anni
con
Mohebi
ad
Isfahan
e
collaborato
con
solisti
quali
Paewar,
Zarief
e
Badie.
Per
la
seconda
parte
del
concerto,
sono
stati
raggiunti
da
Ali
Boustan
e
Saba
Alizadeh.
Quest’ultimo,
nato
a
Tehran
nel
1983,
è
figlio
di
Hossein
Alizadeh,
ed
è
un
virtuoso
della
viella
kamancheh,
oltre
che
un
compositore
a
suo
agio
anche
in
ambito
visuale
ed
elettroacustico.
Nato
in
Tehran
nel
1969,
Ali
Boustan
è
un
virtuoso
del
Setar
che
ha
cominciato
a
studiare
a
14
anni
con
Mohammad
Firouzi
e
quindi
con
Ahmad
Ebadi
prima
di
cominciare
a
perfezionarsi
nel
1987
e
quindi
a
collaborare
con
Hossein
Alizadeh.
Sia
Ali
Boustan,
sia
Hossein
Alizadeh
hanno
suonato
nel
secondo
set
lo
shurangiz,
strumento
inventato
da
Alizadeh
che
espande
le
qualità
del
setar
passando
da
quattro
a
sei
corde,
permettendo
di
raggiungere
una
paletta
sonora
più
completa
sia
nelle
frequenze
basse,
sia
in
quelle
più
acute.
A
questo
strumento,
Alizadeh
ha
già
dedicato
sia
registrazioni
come
“Shurangiz”
(Mahoor,
1988)
con
gli
ensemble
Sheida
e
Aref
e
con
la
voce
di
Shahram
Nazeri,
sia
notevoli
album
in
solo
come
“Moon
&
Fog”
(Hermes,
2009).
Al
Candiani
il
dialogo
fra
i
due
shurangiz
ha
permesso
di
evidenziarne
le
notevoli
doti
sia
come
strumento
solista,
sia
per
l’accompagnamento,
ricco
sia
di
qualità
armoniche,
sia
di
arpeggi
bassi
agili
e
ben
definiti.
Behnam
Samani
ha
sostenuto
da
par
suo
lo
svolgimento
ritmico
alternando
daf
e
tombak
e
ritagliandosi
brevi
interventi
solisti.
Maggiormente
in
evidenza
è
stato
il
contributo
di
Saba
Alizadeh
che
ha
proposto
un
voce
propria
con
il
kamancheh,
capace
di
svolgimenti
lirici
articolati
e
sempre
in
controllo
delle
dinamiche
di
volume.
Difficile
staccarsi
da
questi
dialoghi
sonori:
il
folto
pubblico
del
Candiani
ha
chiesto
ed
ottenuto
più
di
un
bis,
rapito
da
una
tradizione
musicale
che
mostra
di
sapersi
continuamente
rinnovare
e
che
è
troppo
raramente
in
cartellone
in
ambito
italiano.
I
concerti
dal
vivo
di
Hossein
Alizadeh
continuano
con
l’Hamavayan
Ensemble
(Behnam
Samani;
Ali
Boustan;
Saba
Hosseini
e
Pouria
Akhavass,
voce
e
qeychak;
Siamak
Jahangiri,
ney;
Sahar
Ebrahim,
qanun;
Mohammad
Enshaee,
kamancheh)
con
tappe
a
febbraio
a
Düsseldorf,
Monaco,
Berlin,
Friburgo,
Zurigo,
Bruxelles.