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STORIA DELLA MUSICA

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IL QUATTROCENTO. LA MUSICA DEGLI "OLTREMONTANI"

Geografia, storia e invenzioni della musica "fiamminga" • Maestri "oltremon­


tani" • Dufay • Contemporanei di Dufay • Ockeghem • Intorno ad Ockeghem

FRA I DUE SECOLI

La terza generazione fiamminga • Josquin Desprez • Contemporanei di Josquin


• La musica italiana nel primo Rinascimento • Inizio della stampa musicale

IL CINQUECENTO

Quarta generazione fiamminga: Gombert, Willaert, Clemens, Jachet, altri • In


Francia: la "chanson" parigina • In Italia: il madrigale; le forme minori • In Ger­
mania: il "Lied" • In Spagna • In Inghilterra

LA MUSICA STRUMENTALE

Progressi, emancipazione e forme della musica strumentale

RIFORMA E CONTRORIFORMA

La Riforma • Il Concilio di Trento

GRANDI SCUOLE EUROPEE

La scuola romana e Palestrina • La scuola veneziana e i Gabrieli • Orlando di


Lasso • Di una quinta generazione fiamminga • Luis de Victoria e le scuole spa­
gnole • Byrd e la cultura musicale inglese • Maestri elisabettiani

IL TARDO CINQUECENTO

Marenzio • Wert. Mantova e Ferrara • Gesualdo • Madrigali drammatici • Ricerche


ed esperienze classicistiche ed accademiche • Monodia e basso continuo • Musi­
che per il teatro e gli spettacoli

CLAUDIO GALLICO è titolare della cattedra di Storia della Musica e fondatore


e direttore dell'Istituto di Musicologia, Teatro e Spettacolo dell'Università di
Parma. Autore di numerosi studi e ricerche ha pubblicato, tra gli altri, Monte­
verdi. Poesia musicale, teatro, musica sacra (Einaudi, Torino 1979), Girolamo
Frescobaldi. L 'affetto, l'ordito, le metamorfosi (Sansoni, Firenze 1986). Ha curato
un gran numero di restauri ed edizioni critiche di partiture musicali del passato.
A quella di storico, scrittore e compositore, Gallico affianca una selezionata atti­
vità di interprete e direttore d'orchestra.
ISBN 88-7063-106-0

Prezzo di vendita al pubblico


L. 20.000 (IV A inclusa)
l l
9 788870 631067
l
PIANO DELL'OPERA

l • LA MUSICA NELLA CULTURA GRECA E ROMANA


Giovanni Comotti
2 • LA MONODIA NEL MEDIOEVO
Giulio Cattin
3 • LA POLIFONIA NEL MEDIOEVO
F. Alberto Gallo
4 • L'ETÀ DELL'UMANESIMO E DEL RINASCIMENTO
Claudio Gallico
5 • IL SEICENTO
Lorenzo Bianconi
6. L'ETÀ DI BACH E DI HAENDEL
Alberto Basso
7 • L'ETÀ DI MozART E DI BEETHOVEN
Giorgio Pestelli
8 • ROMANTICISMO E SCUOLE NAZIONALI NELL'OTTOCENTO
Renato Di Benedetto
9 • L'oPERA IN ITALIA E IN FRANCIA NELL'OTToCENTO
Fabrizio Della Seta
10 • LA NASCITA DEL NovECENTO
Guido Salvetti
Il • IL NovECENTO NELL'EuROPA ORIENTALE E NEGLI STATI UNITI
Gian/ranco Vinay
12 • IL SECONDO NovECENTO
Andrea Lanza

Grafica: Marco Rostagno


Redazione: Maurizio Rebaudengo e Silvia Tavella

q
Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche pa�iale e con ualsiasi mezzo,
non è consentita senza la preventiva autorizzazione scritta dell'editore.

Prima edizione

© Copyright 1978 E.D.T. Edizioni di Torino

Nuova edizione, ampliata riveduta e corretta


© Copyright 1991 E. D. T. Edizioni di Torino
19, via Al/ieri· 10121 Torino
ISBN 88-7063-106-0
STORIA DELLA MUSICA
a cura della Società Italiana di Musicologia

CLAUDIO GALLICO

L'ETÀ
DELL'UMANESIMO
E DEL
RINASCIMENTO
INDICE

IX PREMESSA ALLA PRIMA EDIZIONE DELL'OPERA


XIII PREMESSA ALLA SECONDA EDIZIONE DELL'OPERA
xv NoTA DELL'AuTORE

/•IL QuATTROCENTO. LA MUSICA DEGLI "OLTREMONTANI"

3 l• LINEA MUSICALE DEL QUATTROCENTO


3 2 • GEOGRAFIA, STORIA E INVENZIONI DELLA MUSICA
"FIAMMINGA"
5 3 • LE SEI GENERAZIONI DEI MAESTRI "OLTREMONTANI"
6 4• DuFAY
9 5 • CoNTEMPORANEI DI DuFAY
lO 6• OcKEGHEM
12 7 • INTORNO A D OcKEGHEM

II. FRA I DUE SECOLI

17 8 • LA TERZA GENERAZIONE FIAMMINGA


18 9 • JosQUIN DESPREZ
22 lO• CoNTEMPORANEI DI JosQUIN
27 1 1 • LA MUSICA ITALIANA NEL PRIMO RINASCIMENTO
32 12 • INIZIO DELLA STAMPA MUSICALE

III • IL CINQUECENTO

37 13 • CULTURE MUSICALI NAZIONALI


37 14• QUARTA GENERAZIONE FIAMMINGA: GOMBERT,
WILLAERT, CLEMENS, }ACHET, ALTRI
41 15 • IN fRANCIA: LA "CHANSON" PARIGINA
42 16 • IN ITALIA: IL MADRIGALE; LE FORME MINORI
Vl iNDICE

45 17. IN GERMANIA: IL " LIED"


46 1 8• IN SPAGNA
48 1 9. IN INGHILTERRA

IV. LA MUSICA STRUMENTALE

53 20• PROGRESSI E D EMANCIPAZIONE DELLA MUSICA


STRUMENTALE
56 2 1 • FORME DELLA MUSICA STRUMENTALE

V • RIFoRMA E CoNTRORIFORMA

63 22• LA MUSICA NELLA RIFORMA E IL CoNCILIO DI TRENTO


63 23 • LA RIFORMA
65 24• IL CONCILIO DI TRENTO

VI. GRANDI SCUOLE EUROPEE

71 2 5• CENTRI MUSICALI ITALIANI


71 2 6• LA SCUOLA ROMANA E PALESTRINA
75 27• L A SCUOLA VENEZIANA E I GABRIELI
81 28. ORLANDO DI LASSO
84 29• DI UNA QUINTA GENERAZIONE FIAMMINGA
85 30 • LUIS DE VICTORIA E LE SCUOLE SPAGNOLE
87 3 1• BYRD E L A CULTURA MUSICALE INGLESE
90 32 • MAESTRI ELISABETTIANI

VII. IL TARDO CINQUECENTO

95 33• APOGEO DEL MADRIGALE ITALIANO


96 34 • MARENZIO
98 35. WERT. MANTOVA E FERRARA
101 36. GESUALDO
103 3 7• MADRIGALI DRAMMATICI
104 38• RICERCHE ED ESPERIENZE CLASSICISTICHE ED
ACCADEMICHE
l 07 39 • MoNODIA E BASSO CONTINUO
l()') 40• MUSICHE PER IL TEATRO E GLI SPETTACOLI
IlO 4 1• INTERMEDI
11 1 42• MUSICHE IN COMMEDIA
113 4 3 • ARCHÈTIPI D'OPERA I N MUSICA

1 16 GLOSSARIO

f .1·:'1"/'URE

125 l • EFFETTI DELLA MUSICA SECONDO TINCTORIS


126 2 • "DÉPLORATION DE JosQUIN" PER OcKEGHEM
127 3 • MODELLI DI COMPORTAMENTO MUSICALE DEL PERFETTO
CORTIGIANO
128 4 • UNA CENA FERRARESE DEL !52 9
13 5 5 • PIETRO ARON SUI MODI
136 6 • NICOLA VICENTINO SUL TEMPERAMENTO DEGLI
STRUMENTI
137 7 • TEsTIMONIANZE m CosiMo BARTOLI
139 8 • MARTIN LuTERO
140 9 • CoNCILIO m TRENTO
141 10• ZARLINO: COME ASSOCIARE LE PARTI; COME DISPORRE LE
PAROLE
147 1 1 • LETTERA DI ORLANDO DI LASSO
150 12 • VINCENZO GALILEI SULL'IMITAZIONE DELLE PAROLE
15 1 13 • PIETRO PONZIO: MORFOLOGIA SONORA DICHIARATA
155 14• GIROLAMO DIRUTA: L'ORGANO È I L RE
157 1 5 • LUZZASCO LUZZASCHI- ALESSANDRO GUARINI: POETICA
DEL MADRIGALE
158 16• INTERMEDI PER I L "PASTOR FIDO"
161 17• COME S I COMPONE E S I RAPPRESENTA UN'OPERA SECONDO
EMILIO DE' CAVALIERI
163 1 8• CACCINI, LA MONODIA, "IN ARMONIA FAVELLARE"
164 1 9• LoDovico VIADANA DIRIGE A QUATTRO coRI
166 20• fORME STRUMENTALI SPIEGATE DA MICHAEL
PRAETORIUS

17 1 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
189 INDICE DEI NOMI
111lEMESSA ALLA PRIMA EDIZIONE DELL'OPERA

Messo di fronte a quest' opera, il lettore, come Ercole al bivio,


l orse si chiederà: ancora una Storia della Musica? oppure: final­
mente una Storia della Musica? Sull'asse di questo duplice inter­
rogativo ruota il giudizio per l' azione intrapresa dalla Società
Italiana di Musicologia. È un discorso ripetitivo, proposto per incre­
mentare il mercato della carta stampata di altri oggetti inutili e
voluttuari? Oppure è un discorso vivificato dalla presunzione di
dover e poter fare qualcosa per modificare una realtà che talvolta
ci sembra anche mortificante? Non saremo noi a pronunciare l'ul­
tima parola nel dibattito che qui si apre; saranno i lettori, i consu­
matori di questo " bene " a dirci, implicitamente o esplicitamente,
se valeva la pena condurre l'operazione in questi termini, ma si
tenga presente in primo luogo che tale operazione è stata non solo
suggerita ma imposta come mozione d'ordine dall'Assemblea dei
Soci (Bologna 1975), consapevoli che la carenza di adeguati stru­
menti didattici costituisce la causa prima dell' arretratezza mu­
sicale del nostro paese. A noi resta un ultimo dovere (che poi si
identifica col primo, quello stesso che ci ha spinto a realizzare
un'idea per tanto tempo coltivata) : spiegare perché si è dato il via
a questa Storia della Musica.
La situazione da lungo tempo precaria in cui si dibatte a tutti
i livelli la scuola italiana; la considerata ignoranza del fenomeno
musicale come portatore di idee; la rinuncia generalizzata ad acco­
starsi al libro di argomento musicale ritenuto strumento inutile o
pleonastico, facilmente sostituibile con la musica stessa (la quale
in tal modo risulta privata del suo naturale supporto culturale); la
mancanza d'una educazione storica adeguata e, per contro, l'insi­
stente proposta d'una storia musicale che non tiene conto dei suoi
legami col mondo circostante, che si esaurisce in elenchi insignifi­
canti di nomi e di cose, che riduce la nozione a barometro della
storia e non si sforza di giustificarne logicamente l' apparizione,
che da troppo tempo organizza pigramente la materia in conteni-
X P R E M E S S A A L L A P R I M A E D I Z I O N E D E L L'O P E R A

tori prefabbricati senza concedere spazio né alla varietà né alla dia­


lettica. Ecco alcuni dei perché di questa Storia, che noi abbiamo
voluto condurre secondo un taglio particolare, che si rivelasse utile,
informativo e - naturalmente - formativo e che tenesse conto in
qualche modo di tutte le componenti storiche e ambientali il più
delle volte omesse nelle consuete storie musicali. Una storia per
gli " studenti " , dunque, intendendo per studente chiunque voglia
(o debba) accostarsi alla storia musicale per accertarne l'entità e
valutarne il peso nel mondo della cultura e dell'arte.
Confesseremo che grandi preoccupazioni sono sorte in noi
quando, una volta raggiunto l' accordo con l'editore (al quale non
saremo mai sufficientemente grati per il coraggio dimostrato nel­
l' aprire il suo discorso editoriale proprio con la cultura musicale),
si è trattato di suddividere la materia, dare un contenuto ad ognuno
dei volumi, fornire un progetto di metodologia che non ricalcasse
passivamente modelli magari anche illustri, ma fattisi ormai aridi
e inerti. Due fondamentali presupposti avevano in comune coloro
che han posto mano a quest' impresa (e nella fedeltà ad entrambi
va individuato l'elemento unificatore d'un'opera che si presenta,
per altri versi, ricca di tante angolazioni prospettiche quanti sono
i volumi in cui essa si articola) . Il primo : abbattere le mura della
cittadella specialistica nella quale la disciplina è rimasta finora arroc­
cata, per cui la storia della musica è stata concepita o, determini­
sticamente, come un' astratta evoluzione di forme generi stili, o,
idealisticamente, come un' altrettanto astratta galleria di " perso­
nalità" in sé concluse. Abbattere quelle mura, rintracciare i nessi
che intimamente collegano i fenomeni musicali con la multiforme
realtà del loro tempo, mostrare come anch'essi tale realtà concor­
rano a formare: questo lo scopo cui ciascun autore ha mirato, pur
con criteri e metodi e quindi con risultati diversi, a seconda non
solo dei personali atteggiamenti e predisposizioni e orientamenti,
ma anche delle particolari, differenti soluzioni che la materia di
volta in volta imponeva.
L' altro presupposto era che la trattazione rimanesse nell'am­
bito cronologico e geografico proprio della storia della musica, intesa
come specifica disciplina: rimanesse perciò limitata alla musica eu­
ropea e a quanto di essa è trasmigrato e ha attecchito al di là
dell'Oceano. Implicito, in questa presa di posizione, il rifiuto del
tradizionale disegno storiografico, che include anche materie - la
PREMESSA ALLA PRIMA EDIZIONE DELL' OPERA Xl

musica delle civiltà antiche e orientali - propriamente pertinenti


al campo della cosiddetta musicologia comparata; le include ma al
1 cmpo stesso le relega in una posizione subalterna e marginale, tra­
dendo così una concezione eurocentrica (per non dire imperiali­
stica) della cultura, ancor dura a morire. Dobbiamo a questo punto
giustificare un' apparente contraddizione, perché in un quadro così
concepito la musica greca non avrebbe dovuto, a rigore, trovar
posto. Ma se veramente si voleva, con l'opera presente, riportare
la storia della musica nel vivo contesto della società e della cultura
europea, non si poteva certamente trascurare il ruolo che nello svi­
luppo di questa società e cultura ha avuto l'eredità greco-romana:
e se è vero che il processo di sempre rinnovata riappropriazione
e rielaborazione di tale eredità è stato, di quello sviluppo, uno degli
assi portanti, è pur vero che ad esso parteciparono spesso in prima
persona proprio i musicisti, in quanto attivi " operatori culturali "
in seno alla società (prova ne sia il ricorrente mito della musica
greca ogni volta che si vollero tentare nuove strade) . Di qui la deci­
sione (il compromesso, se si vuole) di premettere alla vera e pro­
pria " Storia della Musica" un volume introduttivo che ridisegnasse,
di quella cultura greco-romana che nella musica riconosceva una
delle proprie nervature essenziali, un'immagine obiettiva, non mitiz­
zata. Un'altra eccezione s'è fatta, stavolta alla fine del nostro iti­
nerario, per il jazz: in questo caso giustificata dalla necessità di
una trattazione organica della cultura musicale americana.
Per dare maggior concretezza all'esposizione dei fatti e per
meglio conoscere la realtà del tempo preso in esame, si è creduto
opportuno ed indispensabile, anzi, proporre a complemento di cia­
scun volume un breve ma significativo apparato di documenti coevi,
non sempre i più importanti, ma quelli che servissero a meglio
ritrarre un determinato momento dell' assunto critico. E , mirando
l'opera a fini eminentemente pratici, e quindi didattici e prope­
deutici, si è voluto che l'esposizione fosse condotta in termini pre­
valentemente semplici, purgandola di note e citazioni bibliografi­
che. Parimenti, solo per non venir meno a quel principio che fa
della bibliografia la reale fonte del processo storico, si è fornita
una conclusiva nota bibliografica essenziale: anche il lettore più
sprovveduto si accorgerà che, in realtà, tali note bibliografiche,
con l' inflazionistica presenza di testi in lingua tedesca, inglese e
francese, sono l'esatta controprova della necessità di avviare in Italia
XII P R E M E S S A A L L A P R I M A E D I Z I O N E D E LL'O P E R A

un discorso di storia musicale tale d a costituire l a base per succes­


sive prove di didattica a buon livello .
Spetterà ai lettori la decisione ultima sull'eventualità di realiz­
zare quelle " successive prove " ; se un consenso vi sarà e se i tempi
lo consentiranno, ci accingeremo al nuovo lavoro, questa volta guar­
dando agli aspetti più particolari della storia musicale: dall' etnolo­
gia (che avremmo già voluto inserire nel piano " storico " , se non
avessimo temuto di bruciare troppo in fretta un patrimonio copio­
sissimo e meritevole d'una attenzione tutta particolare) all' acustica,
dall'estetica alla psicologia, dall'organologia alla notazione, dalla
prassi esecutiva all'esposizione ragionata delle fonti, dalla liturgia
alla sociologia, dalla grammatica e sintassi del linguaggio musicale
allo studio delle teoriche e dei sistemi musicali anche extraeuro­
pei, dalle cronologie comparate agli " annali " della storia musicale,
su su sino alle monografie specializzate su forme e generi, paesi
e civiltà, musicisti e correnti poetiche, scuole e istituzioni. E nel­
l' illusione del sogno ci pare già di toccare con mano viva qualcosa
di quella prospettiva dal momento che - se non altro - la nostra
Storia della Musica è già una realtà, una realtà che espone al let­
tore dubbioso l'ultimo e più importante dei perché che ci hanno
condotto su questa strada: quello della speranza in un futuro più
consapevole delle virtù del linguaggio musicale .

Alberto Basso
Presidente della Società Italiana di Musicologia (197 3-79)
PREMESSA ALLA SECONDA EDIZIONE DELL'OPERA

Sono passati ormai sedici anni da quando - nel 1975 - fu con­


cepita l'idea di realizzare una Storia della Musica curata dalla Società
Italiana di Musicologia. Si è trattato senza dubbio di un'opera­
zione culturale, oltre che editoriale, notevolmente coraggiosa, lun­
gimirante ed innovativa per il momento storico nel quale fu con­
cepita. Tuttavia, già nel corso dei sei anni necessari al completa­
mento dell'intera opera ( 1 976-82) era emersa qualche perplessità
- alla luce delle nuove acquisizioni che nel frattempo erano soprav­
venute e delle recenti riflessioni sulla storiografia musicale e più
in generale sui nuovi modi di " fare " la storia - sia riguardo al piano
complessivo dell'opera stessa che alla sua impostazione metodolo­
gica e al suo taglio storico . Tali perplessità sono ancora più evi­
denti oggi, a sedici anni di distanza, tanto da far affermare a qual­
che autore che oggi avrebbe scritto una " storia " del tutto diversa.
Allora, perché non fare una nuova Storia della Musica? La rispo­
sta a questo interrogativo scaturisce da una serie di considerazioni:
in primo luogo, perché l'impostazione complessiva dell'opera ci è
sembrata sostanzialmente ancora valida sia sul piano storico che
su quello metodologico; in secondo luogo, perché la nostra Storia
ha avuto indubbiamente un ruolo così importante, specialmente
a livello didattico, nel rinnovamento della cultura musicale e musi­
cologica non solo italiana - come dimostrano anche le edizioni (inte­
grali o parziali) in inglese, francese e spagnolo - da far ben sperare
che ancora per alcuni anni essa potrà continuare ad essere un punto
di riferimento culturale obbligato ed uno strumento di lavoro indi­
spensabile; in terzo luogo, perché non esiste oggi sul nostro mer­
cato editoriale una Storia della Musica di questa portata e con simili
peculiarità scientifiche e metodologiche; infine perché un " ripen­
samento " globale di tutta l'opera su nuove e diverse basi avrebbe
comportato una lunga e complessa riflessione storica e teorica, per
avviare la quale i tempi non ci sono sembrati forse ancora maturi.
Sulla scorta di queste considerazioni abbiamo scelto, quindi, quella
XIV P R E M E S S A A L L A S E C O N D A E D I Z I O N E D E L L' O P E R A

che c i è apparsa l a strada migliore, vale a dire quella d i una seconda


edizione ampliata, riveduta, aggiornata e corretta.
La presente edizione tende principalmente a raccordare meglio
tra loro alcune epoche storiche - anche tramite l'introduzione di
numerose parti del tutto nuove, spesso molto ampie -, a diminuire
certe difformità esistenti tra alcuni volumi, ed infine ad aggior­
nare l'intera trattazione tenendo conto delle nuove acquisizioni
storico-musicali e della bibliografia critica più recente.
Un' altra importante novità di questa seconda edizione consi­
ste nell' aggiunta programmata di un nuovo volume dedicato alla
storiografia nei suoi aspetti storici, teorici e metodologici anche
in rapporto alla esigenza, accennata, di una approfondita valuta­
zione critica dei vari modi di " fare " la storia, specialmente alla
luce del dibattito più recente.

Bologna, 1 991 Agostino Ziino


Presidente della Società Italiana di Musicologia
NoTA DELL'AuTORE

Storia della musica è storia della musica scritta, essenzialmente.


I discorsi che seguiranno qui comportano peraltro due sottin­
tesi. L'uno deriva dalla consapevolezza che in nessuna disciplina
v'è sl inquietante ed oscura distanza fra gli oggetti - qui la riso­
nanza reale della musica - e la versione grafica che li trasmette
(è il campo che tendono ad empire i benéfici sussidi della prassi
esecutiva; è il momento che richiede da parte dello storico il più
grande slancio immaginativo) . L' altro è la nozione della imminenza
incognita di quel grande e fervido fondale ch'è l' operosità musi­
cale non scritta, ufficiale o diversa, curtense o popolare, spirituale
o mondana, raffinata o rustica, urbana o contadina, studiata o spon­
tanea, secondo varianti mobilissime nella nostra storia.
Le due circostanze accennate risultano aggravate dalla lonta­
nanza nel tempo.
E d' altronde conseguono una speciale caratterizzazione dalla
divaricazione dalla quale parte il racconto storico dei due secoli
descritti: vocazione italiana alla musica portata a mente; arte franco­
fiamminga fatta e comunicata per iscritto.
Ora, nel decorso dei due secoli che percorreremo si svolge un
grande sistema, nel quale è assiale il procedimento d'acculturazione
della pratica della musica - esso discende da esperienze anteriori,
e viene perfezionandosi - e insieme l' estensione della consuetu­
dine della scrittura, l' aumento della tradizione scritta, incoronata
dalla invenzione della stampa della musica, con le sottili implica­
zioni formalizzanti, regolamentari, egemonizzanti, e infine l' av­
vio alla coscienza della storia, ch'essa comporta. Si deducono due
conseguenze: l' annessione e l' elevazione di larghi strati produttivi
dall'area della tradizione orale alla cultura scritta, con certe nor­
malizzazioni grammaticali ed ideologiche; la regressione dell'ope­
rosità spontanea, popolare od inclinata al popolare, con stringimento
dello spazio di produzione e d' utenza suo proprio .
XVI N o T A D E L L ' AuT O R E

S ' avverta che i termini U manesimo e Rinascimento valgono


come riferimenti essenzialmente cronologici.
Per coerenza disciplinare non s'è dato che spazio esiguo alle
espressioni della elaborazione speculativa e teorica su la musica,
nel Quattrocento e nel Cinquecento.
La bibliografia è poco più di una traccia essenziale. Qui si nota
nell'insieme che la maggioranza degli studi indicati non sono in
italiano. Non occorre di più per indurci a riflettere, ed a procu­
rare ognora più forti stimoli e convenienti strumenti agli studi musi­
cali degli italiani, ed a quanto giova alla loro organizzazione ed
avanzata.

Mantova, 1 978 C. G.

Gli studi sono ben avanzati, negli anni trascorsi dalla prima edi­
zione di questo libro. (Pur riesaminato con acuta autocritica, il libro
non sembra avere perso ad oggi la sua fondatezza e validità; quei
ritocchi che parevano necessari sono stati apportati, naturalmente.)
È gratificante rilevare i progressi che la nostra disciplina ha com­
piuto nel frattempo; ed il reclutamento nel nostro campo di uno
stuolo numeroso di operatori bravi.
Il metodo della ricerca che prevale ai giorni nostri è piuttosto
inclinato verso la documentazione statistica, numerica, fattuale;
oppure anche alla organizzazione sistematica della materia. Giu­
sta disposizione di partenza. Ma sia incessantemente illuminata dal
senso e dal disegno della storia. Un invito foscolianamente peren­
torio " alle storie " va fortemente lanciato e continuamente riba­
dito. Lettura del passato come valutazione delle qualità, delle
misure, delle proporzioni, delle differenze; competenza storica come
cognizione dei bacini, dei moventi, dei percorsi; storiografia come
esercizio di disponibilità, di tolleranza e d'immaginazione.
La musica costituisce una fibra sostanziale della vita delle cul­
ture, e un loro codice comunicativo infallibile . Lo studio della sua
storia, attivato con ogni specie di sussidi conoscitivi, porta luce
alla storia dell'uomo.

Mantova, aprile 1 991 C. G.


I• I L Q u A T T R O C E N T O .
L A M U S I C A DEGLI "OLT REM O N T A N I"
l • LINEA MUSICALE DEL QUATI'ROCENTO

Alla chiara e prolungata fioritura dell' ars nova trecentesca fran­


cese e italiana succede una forte espansione dell'operosità musi­
cale, che si dirama in due prevalenti tendenze creative. In un senso
vengono alla luce formazioni sonore progressivamente complesse
ed arricchite, inventate e scritte da maestri d'Inghilterra (John Dun­
stable, 1390 ca. - 1453) e di Borgogna, indi delle Fiandre e di Fran­
cia. In un altro senso risulta diffusa la pratica del cantare a solo
a mente poesia mondana, accompagnati da strumenti convenienti
- lire, vielle, liuti -; oppure trionfa l'esercizio del sonare virtuoso:
è questa la inclinazione cortese e popolare che risulta favorita in
Italia.

2 • GEOGRAFIA, STORIA E INVENZIONI DELLA MUSICA " FIAMMINGA "

La qualifica " fiamminga " fu attribuita a una grande corrente


musicale continua del Rinascimento europeo. A noi conviene distin­
guere diacronicamente una prima fase borgognona, o burgundo­
fiamminga, e poi una fase franco-fiamminga, che s ' avvia quando
si disperde la grande civiltà borgognona, e dal momento in cui Dufay
si dedica, dopo il 1450, alla cura della scuola di Cambrai. Cosl come
va precisata l'area geografica assai estesa da cui provengono quei
maestri - chiamati da un' angolatura italiana " oltremontani " - e
dentro la quale si sviluppa quella scuola.
Il ducato di Borgogna, capitale Dijon, con Filippo il Buono
( 1 4 1 9-67) e con Carlo il Temerario ( 1467-77) si acquista una ri­
levata centralità culturale. Fiorisce autonomo fino al 1477, al­
lorché passa agli Absburgo, in séguito al matrimonio di Massimi­
liano I con Maria di Borgogna. Risalgono allora le province dei
Paesi Bassi; Anversa diviene il centro del commercio mondiale;
prende inizio il moto verso l'indipendenza nazionale olandese. Ora,
sia le società rette da regime principesco autocratico, sia le società
4 I L QU A T T R O C E N T O. L A M U S I C A D E G L I " o L T R E M O N T A N I "

governate da oligarchie mercantili ed imprenditoriali, sollecitano


e proteggono ogni specie d' azione artistica, e la musica stessa, come
elemento sostanziale della cultura, e come incancellabile ornamento
del vivere.
Borgogna e Paesi Bassi d' allora corrispondono alla Francia
centro-orientale, al Belgio ed all' Olanda d'oggi. E riguardo al luogo
di nascita dei musicisti, nessun grande è borgognone; nella regione
Hainaut (Hennegau; già in Germania, ora in Francia) nacquero
Dufay e Binchois, Josquin, Lasso; in Fiandra Ockeghem, Isaac,
Willaert, Gombert; in Olanda Obrecht. Si citano qui solo alcuni
fra i maggiori; ma gli operatori musicali furono numerosissimi.
Il loro apprendistato iniziava in scuole ecclesiastiche, che essi
frequentavano in qualità di pueri cantores (i centri didattici più rino­
mati furono attivati a Cambrai e Liège) . Cresciuti, completavano
la loro formazione nelle università; e, quando ne uscivano, erano
assegnati a un capitolo di cattedrale o ad una cappella signorile.
Qui svolgevano articolate mansioni o di dignitari ecclesiastici, o
d' alti burocrati, di diplomatici, mentre esercitavano il loro magi­
stero musicale. (Oltre a quei musici dalla carriera esemplare, si ram­
mentano i ménestriers [ menestrelli?], strumentisti esecutori; e i
=

cosiddetti musiciens de bouche, cantori popolari. ) I più valenti assur­


gevano alla carica di magister capellae: non solamente compositore,
sì anche sovrintendente, direttore, docente, organizzatore e pro­
cacciatore del repertorio. (Cape/la: altare mobile; poi luogo d'un
altare secondario in chiesa; poi compagnia di chierici e di musici
che in esso operano; più tardi, complesso di maestranze musicali
in servizio presso una chiesa o una corte signorile. )
Simile organizzazione del lavoro musicale procura l'immagine
di una società, nella quale la cultura della musica sta nell'intimo
e costituisce una fibra essenziale della struttura culturale generale.
Da quelle premesse, s 'eccitano negli operatori musicali vive doti
di professionalità, capacità organizzativa, disponibilità attiva, voca­
zione al lavoro ed al servizio. Essi si spostano facilmente; e la loro
dispersione agevola la diffusione dei metodi; fino all'affermazione
preminente ed egemonica d'una scuola e d'uno stile divenuto inter­
nazionale, nell'Europa colta. (L' affluenza in Italia era venuta cre­
scendo dal 1 3 77, con il ritorno della sede papale da Avignon. ) Fio­
risce un' arte musicale cortese e coltissima per una società raffinata;
un'arte che, se dobbiamo contare le fonti scritte, fu più ecclesia-
L E S E I G E N E R A Z I ONI D E I M A E S T R I "O L T R E M O N T A N I " 5

stica che mondana, l'area profana essendo gremita dalla circola­


zione di musiche ritenute non degne d'essere trascritte sul foglio
rigato; e un' arte che non raramente è trasmessa carica di signifi­
cati allusivi e sottintesi, di comunicazioni cifrate, che è disagevole
e talora impossibile decrittare.
Essa innesca una fase di svolgimento espansivo senza precedenti
del linguaggio della musica, e particolarmente della tecnica con­
trappuntistica e strumentale. Essenziale vi è la nuova autonomia
delle leggi formative musicali, che sorgono da ragioni proprie del
linguaggio sonoro. Campo privilegiato è la polifonia: che comporta
la nozione dello spessore, del volume degli oggetti sonori; l' analisi
degli àmbiti rispettivi delle parti affiancate; il coordinamento dei
livelli vocali e della distribuzione temporale, mediante la ricorrenza
dei temi articolata fra le parti; la trovata di procedimenti costrut­
tivi colmi di sapienza, d' abilità, d' astuzie (es . il canone) . I generi
compositivi favoriti, in continuo divenire formale, san quelli della
chanson, mondana; e della Messa (nei tipi in discanto, in tenor, in
discanto e tenor, parafrasi, e parodia) e del mottetto, spirituali.
Messa vale ordinario della messa, cioè Kyrie, Gloria, Credo, San­
ctus, Agnus Dei, i cui testi rimangono sempre invariati; i testi dei
mottetti invece risultano di norma da centoni di passi scritturali,
e variano di volta in volta.

3 • LE SEI GENERAZIONI DEI MAESTRI "oLTREMONTANI "

I maestri usciti da quelle scuole formano generazioni succes­


sive distinte, con caratteri omogenei, che occupano l' arco di due
secoli. I conoscitori ne contano addirittura sei, delle quali indi­
chiamo i principali esponenti:

I. (Primi due terzi del sec. xv) : Dufay, Binchois.


II. (Seconda metà del sec. xv) : Ockeghem, Busnois.
III.(Fine sec. xv- morte di Josquin) : Josquin, Obrecht, Isaac.
IV. (Secondo terzo del sec. xvi) : Willaert, Gombert, Clemens
non Papa.
V. (Seconda metà del sec. xvi): Lasso, Monte.
VI. (Fra i secoli xvi e xvn) : Sweelinck .
6 I L Q U A T T R O C E N T O. L A M U S I C A D E G L I " O L T R E M ON T A N I "

Le due prime hanno posizione dominante sulla scena storica


ufficiale. A far tempo dalla terza, alla linea franco-fiamminga s'uni­
scono altre correnti diversamente caratterizzate, in un panorama
assai più movimentato e variato.

4 • DuFAY

Guillaume Dufay ( 1 400 ca. - 14 7 4) inizia e domina la prima fase


della nuova scuola. Esemplari sono la sua carriera (descritta nel
vol. III, § 22) e la sua opera di compositore.
La produzione profana di Dufay comprende più di settanta chan­
sons francesi, ed alcuni componimenti su testi italiani - fra questi
la squisita intonazione di « Vergine bella », l'ultima canzone del Can­
zoniere del Petrarca. La maggioranza dei brani sono a tre parti;
soltanto pochi a quattro. Vi predomina il canto solo, accompagnato
da strumenti, salvo occasionali varianti. La melodia del canto è
divisa in segmenti morbidamente arcuati, la cui abitudine ritmica
riprende e segue quella della prosodìa del testo a cui si congiun­
gono; eppure svaria in liberi, irregolari raggruppamenti di note.
Il cantus posa di norma su tenor e contratenor. Cantus e tenor pro­
cedono ben combinati fra loro in duo. Il contratenor (bassus) segna
il ritmo; e guida l' armonia di triadi, connesse in successioni, che
frequentemente arieggiano a quelle " tonali " . Questo tessuto poli­
fonico è segmentato da cadenze: quella di specie autentica, detta
" di Landino " , col sesto grado toccato fra sensibile e tonica, e con
il quarto grado spesso alterato nell' accordo di sensibile in primo
rivolto; e quella " di Dufay " , detta altrimenti " borgognona " , con
il salto d'ottava ascendente del contratenor.
DUF A Y 7

L' architettura generale ricalca le formes fixes di ascendenza tre­


rentesca: rondeau, ballade, virelai (cfr. vol. II, § 27). Nello stile
della maturità, migliora l'indipendenza ritmica delle voci, e più arti­
colato si fa il tessuto dell'imitazione motivica fra le parti, con infra­
zioni della fissità morfologica e con inserti solo strumentali fra gli
episodi cantati.
Nella composizione delle nove messe polifoniche Dufay dimo­
stra innovazioni significative. E la terza, Missa Sancti ]acobi, è
considerata un punto di partenza della grande storia della messa
polifonica: è il primo esempio di plenarium, dell'unione cioè del
proprium e dell' ordinarium. Dopo l'iniziale adesione alla forma
tradizionale della messa in discanto o messa-cantilena, a tre voci,
un canto e due strumenti, egli assume e perfeziona il tipo della
messa su tenor in cui il cantus firmus è intonato dalla voce cen­
trale. Un nutrito contratenor (altus) le è affiancato. La compagine
polifonica è ora fatta di quattro parti, che mostrano profili di
qualità vocalistica. L'insieme tende così a un assetto omogeneo,
con la parità d'efficienza fonica e l'equivalenza delle parti in giuoco.
Dufay adotta originalmente la forma oggi definita ciclica: vuoi
dire che le cinque parti dell' ordinarium Missae san tutte costruite
attorno allo stesso canto fermo. Qui emerge la volontà di coe­
renza dei segni sonori, e di continuità formativa di lunga gettata;
mentre è implicitamente incrementato il metodo della parafrasi,
della variazione polifonica sull'unico tema. Dufay inizia questo
nuovo corso con la Missa Caput, il cui cantus /irmus è ricavato
da un melisma dell'antifona « Venit ad Petrum» della liturgia inglese
di Sarum.
Dufay assunse anche canti fermi profani, in tre delle ultime cin­
que messe: è puro esercizio d' artigianato compositivo, o vale a dimo­
strare agevoli ed articolati rapporti e comunicazioni fra il mondo
profano ed il sacro? Missa «La mort de Saint Gothard» è opus dubium
su tenor popolare. Per la Missa «Se la face ay pale» (1450 ca.) Dufay
cava il tenor da una sua propria ballata a tre voci, ed edifica una
grande struttura razionalizzata. Missa «Ecce ancilla Domini» ( 1463
ca.) e Missa «Ave regina coelorum» (post 1464) : edifici sonori fon­
dati su tenor di fonte sacra.
Vi sono mottetti di Dufay composti per fini puramente devo­
zionali, e ve ne sono dedicati a personaggi eminenti, e altri desti­
nati a celebrare occasioni cerimoniali civili o religiose. Sono for-
8 I L Q U A T T R O C E N T O. L A M U S I C A D E G L I "O L T R E M O N T A N I "

mati variamente. Dufay adotta soprattutto la struttura isoritmica:


la melodia del tenor, sempre cavato dal canto piano, è disposta entro
schemi ritmici fissi replicati uniformemente (talea) . Tali schemi pos­
sono essere applicati anche ad altre voci. Le voci di norma sono
quattro; molto raramente tre, o cinque.
Il mottetto «Ecclesiae militantis » ( 143 1) è intonato a cinque voci
su cinque testi differenti: le due voci superiori elogiano il papa Euge­
nio IV, alla cui elezione la composizione è dedicata; il contratenor
enuncia motivi di speranza; i due tenor pronunciano i cantus firmi,
rispettivamente sulla parola « Gabriel» e sul motto « Ecce nomen
Domini ». Fra le maglie della concezione intellettualistica erompe
una vivida forza musicale. Architettura sonora geometrizzante e
lucido lirismo sono felicemente accordati nella composizione del
mottetto « Nuper rosarum /lores» per la consacrazione nel1436 della
chiesa di S . Maria del Fiore a Firenze, capolavoro architettonico
di Filippo Brunelleschi. Due tenori isoritmici, a canone, scandi­
scono la melodia dell'Introito della messa << Terribilis est locus iste»,
messa per la consacrazione d'una chiesa. Le voci superiori evol­
vono in duo. La suddivisione degli episodi sonori corrisponde alle
strofe del testo. Tutti gli episodi sono basati sullo stesso materiale
motivico . S'ha quindi un ciclo di variazioni disposte su un canone
ordinato isoritmicamente.
Memorabile il mottetto su l' antifona mariana «Ave regina coe­
lorum »: nel suo omogeneo assetto polivoco, una qualità nuova di
trasparenza e di chiarità espositiva. Il testo è farcito liberamente
da tropi. E la corrente sonora è trascorsa da un brivido - improv­
viso accordo " minore " - alle parole « miserere tui labentis du fay »:
il maestro l'ha concepito per le proprie esequie . L'evento s'innalza
come un'estrema smentita all'ipotesi di freddo intellettualismo cal­
colatore e d'incapacità emotiva di quell'arte.
Le intonazioni degli inni e d' altri brevi brani latini d'uso stret­
tamente liturgico, antifone, sequenze, consistono nel semplice
accompagnamento a due parti del canto monofonico; ma l'esecu­
zione degli inni avviene anche alternatim: strofe in canto piano sono
intonate fra strofe in assetto polifonico .
CoN T E M P O R A N E I D I D u F A Y 9

5 • CoNTEMPORANEI m DuFAY

Fra gli artisti della generazione di Dufay spicca Gilles Binchois


( 1 400 ca. - 1460) . Una carriera meno movimentata e tutta deter­
minata dal servizio cortese - fu dal 1 4 30 e per anni alla corte di
Filippo il Buono - lo indirizza prevalentemente alla produzione
profana di chansons. In esse rifulge la sua miglior virtù: la studiata
eleganza dell'oggetto sonoro, nonostante il limitato respiro dell'in­
venzione melodica; e una certa meccanica semplicità della fattura
formale. Intona anche versi dei più alti poeti contemporanei: Char­
les d'Orléans ( 13 94- 1465), Christine de Pisan (1364 ca. - 1430 ca.),
Alain Chartier (cfr. vol. III, § 2 3 ) .
Dall' alto numero dei musicisti impegnati i n quel tempo nei mag­
giori centri (Cambrai, Liège, la corte borgognona, la cappella papale
a Roma), si segnalano le figure, più caratterizzate d'altre, di Nicholas
Grenon, di Hugo e Arnold de Lantins, di Johannes de Limburgia,
di Pierre Fontaine ( 1 390/5 ca. - 1 450 ca. ) , di Jean de Noiers detto
Tapissier ( 1 3 70 ca. - 1 4 1 0 ca. ) , di Johannes Brassart e di Guill aume
Legrant .
Tre codici manoscritti di origine italiana accolgono il grosso del
repertorio contemporaneo, più di ottocento composizioni: il ms.
Q 1 5 del Civico Museo Bibliografico Musicale di Bologna, nella
parte maggiore esemplato a Piacenza intorno al 1430, che reca 325
pezzi; il ms. Canonici mise. 2 1 3 della Bodleian Library di Oxford,
probabilmente veneziano; il ms. del Seminario di Aosta, che con­
tiene 1 80 brani, fra cui 129 parti di messe. Altre composizioni in
manoscritti meno copiosi e specifici e nei celebrati mss. 8 7-9 3 del
C astello del Buon Consiglio di Trento, i cosiddetti sette codici tri­
dentini, i quali tramandano anche repertorio della generazione suc­
cessiva (cfr. la rassegna del vol. III, § 2 1) .
I generi compositivi sono ancora chanson, mottetto, messa (sin­
goli brani o cicli) . Nelle chansons il canto superiore è movimen­
tato, disposto su due parti più semplici e statiche. Ma il tenor tende
a combinarsi in maniera più articolata con il cantus; mentre il con­
tratenor tende ad assumere quella funzione di basso che avrà in
futuro .
Il mottetto ha due specie. lsoritmico: ve ne sono in cui è iso­
ritmico il tenor solamente, o lo sono tenore contratenor, o il can-
10 lL QU A T T R O C E NTO. L A MU S I C A D E G L I " O L T R E M O N T A N I "

tus. Non isoritmico: elaborazione d'un canto piano preesistente,


o parafrasi d'un canto dato disposto alla voce superiore, o contrap­
punto d'un canto inventato (apparentemente).
Brani isolati di messe san costituiti con semplice omoritmia delle
parti, con la melodia in canto. Per eccezione s' allacciano canoni
fra le voci inferiori. Portano didascalie esecutive: solo, unus, duo,
chorus; e anche trompetta, per designare il sostegno strumentale
del tenor e del contra. Quando poi sono riuniti in cicli, la connes­
sione può dipendere dal fatto che ogni pezzo parafrasa il canto cor­
rispondente d'una medesima messa gregoriana; o avviene per ana­
logia di conformazione architettonica fra i pezzi; od è unificato
il materiale motivico, come in ispecie si fa eguagliando il motto
tematico iniziale di tutti gli episodi.

6 • OcKEGHEM

Johannes Ockeghem ( 1 425 ca. - 1 497) è fiammingo di Dender­


monde; fra i pochissimi di quella scuola che mai furono in Italia.
Dal 1452 costantemente al servizio dei re francesi Carlo VII, Luigi
XI, Carlo VIII. Fu cantore, cappellano, compositore e maestro di
cappella, godendo di larghi benefici . Docente insigne, ammaestrò
Josquin, ed ebbe seguaci Busnois, Compère, Antoine Brumel, Ver­
bonnet ( 1 460 ca. - 15 3 5 ca.). Alla sua morte furono dettati un gran
numero di compianti poetici (déploration): dal finissimo Guillaume
Crétin; da Jean Molinet in latino ed in francese («Nymphes des boin>,
messo in musica da Josquin; cfr. Lettura n. 2); e persino dall'acu­
tissimo filosofo umanista Erasmo da Rotterdam (Naenia, poi musi­
cata da Johannes Lupi, 1506 ca. - 1539).
L' arte di Ockeghem mostra lo svolgimento in ampiezza e pro­
fondità dei modelli della generazione precedente. Anche se, va pre­
cisato, alcune delle opere maggiori di Ockeghem furono composte
prima della fine di Dufay. La tecnica contrappuntistica arricchita
e peritissima procura l'estensione nel tempo della forma musicale,
e l' addensamento dei volumi della partitura polifonica. Questa
risuona con quel carattere di interiorità e di concentrazione spiri­
tuale e commozione, che è qualità e virtù tipica della comunica­
zione del musicista fiammingo.
Nel catalogo, veramente non sovrabbondante, delle opere di
0CKE G H E M 11

Ockeghem vi sono dieci messe complete, oltre al primo Requiem


polifonico (perduto uno di Dufay) ed a brani e frammenti di messe
(la più importante raccolta d'epoca è nel cod. Chigi C. VIII . 234
della Biblioteca Vaticana); una decina di mottetti (l'imprecisione
numerica, certo biasimevole, dipende dalla circostanza che taluni
mottetti sono attribuiti anche ad altri) ; poco più di venti chansons.
La metà delle messe sono su cantus /irmus: « Caput», « Ecce ancilla
Domini», «L 'homme armé», «De plus en pluS>>. Ma il ritmo del canto
fermo, quasi sempre al tenor, è modellato in modo tale ch'esso non
differisca troppo nettamente dagli andamenti delle altre voci, entro
cui evolve come celato . Spunti tematici migrano dal canto fermo
alle altre voci, sì che la lavorazione contrappuntistica riesce tal­
volta imitativa. Queste linee vocali si snodano senza norma metrica
fissa, mobili e libere. Le parole vi sono come dissolte: le sillabe
disposte nel profilo del canto quasi casualmente. Sono aspetti di
stile che attestano la vocazione all'equivalenza ed autonomia del­
le parti; all'interrelazione fra le parti prodotta da intrecci con­
trappuntistici complessi; alla coerenza generale in un fascio sonoro
unitario.
Un altro gruppo di messe sono libere: Mi mi, Quinti toni, Missa
sine nomine. Non vi scorgi traccia di programma compositivo pre­
stabilito. Non le parafrasi di melodie in canto; non canto fermo;
non imprestiti da altre fonti: solamente talvolta l'eco del motto
sonoro d'inizio . Il fluente congegno contrappuntistico ed imita­
tivo, che nell'opera della maturità è fatto più asciutto ed essen­
ziale, evolve libero. L'invenzione che si rinnova provoca la germi­
nazione, episodio dopo episodio, di risonanze inaspettate.
Altrimenti, Ockeghem sfoggia un singolare virtuosismo com­
positivo: nella Missa cuiusvis toni e nella Missa prolationum. La prima,
giusta l'indicazione del titolo ( " in qualsivoglia modo "), è conce­
pita in maniera che, cambiando la combinazione delle chiavi in
armatura, la messa si canta rispettivamente in uno dei quattro modi
rinascimentali, dorico, frigio, lidio, misolidio (procedimento detto
anche catholicon) . La seconda è composta d'una successione di
canoni doppi: molti canoni son mensurali, e in questi un solo canto,
scandito da misure ritmiche (tactus) diverse, genera più linee simul­
tanee; eppure l' insieme polifonico si combina correttamente e pia­
cevolmente. Composizioni come queste, e come il « Deo gratias»
a 36 voci divise in 6 cori a 6 voci, hanno procurato ad Ockeghem
12 IL Q U A T T R O C E N T O. L A M U S I C A D E G L I " o L T R E M O N T A N I"

e, forse per analogia, ad altri maestri di quella scuola, la nomea


di compositore cerebrale ed involuto. Nell' abilissima tecnica si
invera un' ambizione di ricerca, d'esperimento, e in definitiva
l' amore del nuovo e dell'insolito, commisto alla volontà di vincere
difficoltà, d' allontanare le frontiere del possibile e del cognito, con
finalità ed effetti d' arricchimento interiore, di intellettuale gioia,
e di nuova conoscenza e capacità didattica. Altri vi scorge l' espres­
sione d' una sorta di musicale misticismo. Ma bisogna distinguere
i sottintesi ideologici inudibili dell' apparato compositivo, dall'e­
sito sonoro, che in Ockeghem serba sempre una sensibile qualità
affettuosa.
Le messe sono le opere più alte e conosciute di Ockeghem.
Minore rinomanza hanno i mottetti. Fra i molti, a quattro voci,
che parafrasano canti fermi, «lntemerata Dei Mater» è apparente­
mente liberamente composto; ha cinque voci, ma vi sono eleganti
e storicamente promettenti riduzioni di spessore fonico nella se­
conda delle tre parti da cui è formato. In tutti l'usuale equivalenza
delle parti, ed omogeneità dell'insieme.
Alquanto più arcaico, ancora " borgognone " , lo stile delle chan­
sons di Ockeghem: il cantus vi è in evidenza, e il tenor lo segue
in contrappunto alquanto fiorito. Risulta un modello di duetto,
condotto sopra il contratenore (basso) : un sistema ch'è archétipo
della canzone ventura. Invece ad esempio « Prenez sur moi votre
exemple amoureux», il canto profano di Ockeghem che Isabella
d' Este volle riprodotto in una tarsia lìgnea del suo " studiolo " nel
palazzo ducale di Mantova, ha forma canonica rigorosa (juga trium
vocum in epidiatessaron) . Ha stile di chanson anche la Déploration
sur la mort de Binchois ( 1 460) a quattro voci.

7 • INTORNO AD OcKEGHEM

Nella costellazione dei musicisti accanto ad Ockeghem primeggia


Antoine Busnois ( 1430 ca. - 1 492) . La carriera trascorsa alla corte
di Borgogna, a Parigi, ed a Bruges infine - mai in Italia - ne con­
dizionò probabilmente l' inclinazione cortese e mondana. Ingegno
versatile, Busnois fu anche forbito poeta francese. I contempora­
nei acclamavano le sue chansons, di molte delle quali egli dovette
scrivere anche i versi. Alcune intonano vivaci testi popolareggianti,
I N T O R N O A D 0CK E G H E M 13

elaborando come canti fermi melodie di tradizione popolare. Ne


compose una settantina: numerazione sempre imprecisa, stante la
doppia attribuzione di alcune. A tre, ed anche a quattro voci. Sulla
relatività del numero, un esempio: « Quand ce vendra » è origina­
riamente a tre voci: ma in altra tradizione scritta ne figura una
quarta, aggiunta si placet, seguendo una usanza abbastanza diffusa.
Nelle chansons Busnois perfeziona l'uso d'iniziare la traccia del canto
con moto sillabico, con rispetto del metro poetico; e di svolgere
mobili profili di vocalizzi avanzando . Delimita con attenzione spe­
ciale l' àmbito rispettivo delle voci, tendendo a caratterizzarle indi­
vidualmente. I suoi disegni cantabili san lunghi, arcuati, floridi,
mentre il contesto polifonico è rassodato da imitazioni scambie­
voli fra le parti. A tratti vi rinasce il contrappunto omoritmico,
a nota contro nota. Delle due elaborazioni di canti italiani, una
è di « Fortuna desperata», una canzone molto favorita, sulla quale
Josquin e O brecht costruirono anche messe. Nell' arte sacra è giu­
dicato meno significativo Busnois, ché la sua indole è più incline
all' eleganza, alla finezza, al giuoco mondano, che ad approfondi­
menti interiori o ad imprese di grande effetto decorativo .
Nel numero dei contemporanei si raccomanda Hayne van Ghi­
zeghem ( 1445 ca. - ante 1497) : canzoni sue, « De tous biens plaine
est ma maitresse» e «]'ai pris amours en ma devise», furono enorme­
mente diffuse e gradite. E ancora: Philippe (o Firmin) Caron, Johan­
nes Regis ( 1430 ca. - 1485 ca. ) , Guillaume Faugues, e Barbingant
(che è forse Jacob Barbireau) , Philippe Basiron, e Cornelius Heyn.
Ma si deve intendere che la schiera fu molto più numerosa, e lar­
gamente diffusa al di là e al di qua delle Alpi. Le loro opere san
tramandate in quelle antologie manoscritte, dette chansonniers. Sono
codici musicali di piccolo formato, spesso elegantemente decorati
e mini ati, come libri da donare, o da servire d' ornamento di libre­
rie signorili, o da collezione . Non destinati normalmente all'uso
pratico dell'esecuzione essi testimoniano tuttavia il favore goduto
da un determinato repertorio musicale. La loro stessa preziosa ele­
ganza esteriore ne favorì la conservazione: invece l'interesse pei
contenuti, mancando una precisa sensibilità storica musicale e, pre­
sto, la stessa capacità di leggerne i segni, si estingueva rapidamente,
dopo il consumo immediato del repertorio.
Fra gli chansonniers più preziosi, e frequentati dai moderni ricer­
catori, tutti della seconda metà del xv secolo, rammento alcuni di
14 !L Q U A T T R O C E N T O. L A M U S I C A D E G L I " O L T R E M O N T A N I "

quelli compilati in Italia, e che oggi hanno sì dispersa collocazione.


Da Napoli ad esempio provengono il ms. di Bologna (Civico Museo
Bibliografico Musicale Q 16), lo chansonnier Mellon (Yale Univ.
Library), il ms . dell'Escorial (Bibl. de S. Lorenzo IV. a.24), il codice
di Montecassino (Bibl. dell'Abbazia 8 7 1 ) ; da N apoli o forse da
Roma il codice Vaticano (Cappella Giulia XIII .27) . A Firenze fu
scritto il ms. della Bibl. Nazionale (B. R.229), abbellito da magni­
fiche miniature, della Bibl. Riccardiana (ms. 2356), della Bibl. del
Conservatorio (Basevi 2442) ; e il ms. Pixérécourt di Parigi (Bibl.
Nationale, fonds fr. 15 123). Per le nozze d'Isabella d'Este con Fran­
cesco Gonzaga ( 1490) , fu compilato a Ferrara il codice di Roma,
Bibl. Casanatense, ms. 2856.
D all' area borgognona, intesa largamente, vengono lo chanson­
nier Cordiforme (Paris, Bibl. N ationale, Collection Rothschild, ms.
I. 5. 1 3) così chiamato perché il libro ha la forma di un cuore; il
Laborde (Washington, Library of Congress) , il Nivelle de la Chaus­
sée di Parigi, i manoscritti di Dijon, di Wolfenbiittel, e così avanti.
La notazione è mensurale bianca; le voci sono separate e dispo­
ste su due pagine a libro aperto. Il repertorio è costituito princi­
palmente da chansons (ma vi sono mottetti in latino, e rari pezzi
in italiano, tedesco, spagnolo, inglese, e olandese) e da brani stru­
mentali.
Una personalità d'alto rilievo, che si colloca alla fine di questa
generazione e proietta la propria influenza sulla seguente, fu il teo­
rico Johannes Tinctoris ( 1435 ca. - 15 1 1), talento universale e grande
compendiatore della cultura e del linguaggio musicale dei tempi
suoi. Dodici trattati suoi sono conservati, molti dettati nel lungo
periodo durante il quale il brillante intellettuale fiammingo fu al
servizio di Ferrante I re di N apoli, dal 14 72 , verosimilmente. Scrisse
Diffinitorium musicae ( 1472 ca. ) , considerato il primo lessico nostro;
Liber de natura et proprietate tonorum ( 14 7 6) dedicato ad Ockeghem
e Busnois; e il basilare Liber de arte contrapuncti ( 1 477) . Mentre
sistema ideologia, teoria e tecnica, Tinctoris offre inoltre elementi
significativi per la storia musicale quattrocentesca, della quale
accenna una delineazione.
Il•F R A I D U E S E C O L I
8 • LA TERZA GENERAZIONE FIAMMINGA

La terza generazione franco-fiamminga è formata di maestri


numerosi, fortemente produttivi, equamente dotati. La loro tec­
nica contrappuntistica è ormai completa e raffinata, e disposta ed
atta a qualsiasi prodezza compositiva. Mentre rimane comunque
la composizione su cantus /irmus, diviene sistematica l'imitazione
motivica. Il motivo - segmento di testo letterario congiunto a un
suo proprio tema - circola tra le voci, di norma quattro, omoge­
neizzando la compagine, saldando la struttura; e così si riduce l' even­
tuale supremazia d'una voce sulle altre . Dal gioco imitativo d'ogni
motivo si formano episodi; ed episodi diversi sono legati in suc­
cessione. Declina la libertà lineare delle singole voci, a vantaggio
di agglomerati polivoci composti e modellati, e fra loro congiunti,
nei quali interviene la nozione volumetrica dell' opera sonora. E
frattanto si precisa l'identità delle voci, e dei cantanti; e la predi­
lezione vocale è orientata all'ideale dell'interpretazione " a cappella " ,
ossia senza strumenti, qualità che fu più u n ambìto e ricercato
modello, che una prassi normale .
Il canone - procedimento d'imitazione continuata fra voci, con
identità dei tracciati melodici fra antecedente (o guida, o dux) e
conseguente (o comes) - è l'istituto linguistico più rigoroso in quel­
l' arte. Oltre alle sue quattro forme normali (originale, inverso, retro­
grado, inverso retrogrado) e rispettive varianti metriche (diminu­
zione, aumento) e strutturali (circolare, infinito) vi sono il canone
mensurale, qui già spiegato, e quello enigmatico, nel quale la chiave
della risoluzione è data da un indovinello. Esempi d' enigmi pro­
posti: « Clama ne cesses »; « Cancrizat, vel more Hebraeorum »; « Trois
tetes en ung chapperom>; « Nigra sum sedformosa»; « De minimis non
curat praetor»; (G. B . Martini ne raccolse decine) . Non si deve esa­
gerare la portata dell'implicito cerebralismo, della sottile e scaltra
artificiosità di simili esperienze: consideriamo anche la componente
Iudica, e d' altro lato l'orgogliosa riservatezza d'iniziati, che poteva
sollecitarle. Affiora una volontà nuova di comunicare, d'esprimere,
18 fRA I DUE SECOLI

che prima giaceva inconsapevole nel fondo. È basata sulla revisione,


o rifondazione del rapporto fra parola e suono: suo primo grado
è la pittura sonora della parola, ed il simbolismo visivo. Altri metodi
di comunicazione derivano dall'intuizione del valore espressivo della
dissonanza; ed altri ancora utilizzano a fini di drammatizzazione
la occasionale scompaginazione dei cori in semicori, e in gruppi
meno numerosi.
La nuova musica riesce dal confronto, collisione, e conciliazione
del magistero tecnico fiammingo con il gusto e lo stile italiano. È
il risultato d'un contemperamento di marca rinascimentale, avve­
rato su un terreno di culturale maturità, curiosità intellettuale, atti­
vissima operosità dei maestri; e di fervida aspettativa ed estesa
appassionata fruizione da parte del pubblico . Primo di quest'epoca
è Josquin Desprez.

9 • JOSQUIN DESPREZ

Nonostante le assidue ricerche, la biografia di Josquin Desprez


( 1440 ca. - 152 1 ?) presenta molte larghe porzioni oscure, ed è com­
plicata dall' omonimia con altri musici contemporanei. Di lingua
madre francese, egli era già in Italia probabilmente nel 1459, a
Milano, ave alla fine del 14 72 era assunto nella cappella degli Sforza,
Galeazzo Maria duca. Pel servizio prestato al cardinale Ascanio
Sforza, fu nominato in fonti scritte italiane Josquin d'Ascanio. Dal
1486 al 1494 a Roma, nella cappella papale. Al cader del secolo
è apprezzatissimo a Ferrara, in rapporto col duca Ercole I (Missa
«Hercules Dux Ferrariae») . Lascia l'Italia definitivamente intorno
al 1505. Serve il re francese Luigi XII (la composizione del mot­
tetto «Memor esto verbi tui» per rammentargli la concessione d 'un
beneficio ecclesiastico) e compone per Margherita d'Austria, reg­
gente dei Paesi Bassi dal 1506. Prevosto nel capitolo della catte­
drale di Condé-sur-l'Escaut, Josquin vi muore probabilmente nel
1 52 1 .
La sua rinomanza fu concorde e vastissima: ad esempio Lutero
lo definì signore dei suoni, che sono com'egli li vuole e fanno quel
ch'egli vuole, laddove altri compositori fanno quel che comandano
i suoni; Cosimo Bartoli lo giudicò pari a Michelangelo; Glareanus
qualificò la sua « ars perfecta ». Sue composizioni entrarono nel
Jos Q U I N D E S P R E Z 19

primo libro a stampa edito nel 1 5 0 1 da Ottaviano Petrucci, che


poi stampò ben tre libri interi di messe di Josquin ( 1502, 1 505,
L 5 1 4). La fama e la diffusione della sua opera crebbero dopo la
morte. Sono indizi importanti dell'insolito persistere d'una pre­
senza e d'una influenza, anche se mitizzate nel ricordo, operanti
al di là dell'esperienza immediata contemporanea. Questo stimola
il sorgere a quel punto di una consapevolezza e di una cognizione
del passato musicale, che è la premessa di una nascente sensibilità
per la storia di quest' arte.
Il centinaio di mottetti che Josquin compose si dispongono in
un chiaro disegno di svolgimento stilistico .
Legami francamente manifesti con procedimenti compositivi
di Ockeghem e Dufay addirittura cantus firmus osservato, e con­
-

trappunti di linee melismatiche - appaiono, per esempio, nella poli­


fonia certo giovanile di <dllibata Dei Virgo» e <(Alma redemptoris
mater / Ave regina coelorum» .
I lavori ascrivibili al periodo romano e ferrarese sono altissimi
modelli. In <(Ave Maria» i concisi motivi, ove le parole son pro­
nunziate cantando con naturalezza, sono contesti variamente in
ben cadenzati episodi, sì da caratterizzare diversamente le fasi della
preghiera. Il trasparente tessuto polivoco accoglie miniato tutto
il programma compositivo dell'epoca: imitazione, duo, semicori,
accordalità, e così via. Anche in modelli più complessi, a cinque
e sei voci, la ricercata difficoltà dell'assetto architettonico - molte
sono le parafrasi di cantus firmi si scioglie in morbida fluenza
-

cantabile. Ne dà esempio il mottetto <dnviolata, integra et casta es»:


il canto fermo è trattato a canone; e l'entrata delle voci conseguenti
si fa più stretta d'una battuta in ciascuna delle due sezioni che
seguono la prima. Ma quelle voci che vi sono disimpegnate dalla
regola canonica scorrono libere e ricche di trovate melodiche e rit­
miche, come a contrasto. Nelle opere dell'estrema maturità c'è la
volontà d'interpretare i portati emozionali della parola (<(Miserere
mei» <(Memor esto» <(De profundis» - i salmi sono venticinque -,
<( Pater noster» <(Absalon fili mi»): germinano dalle mutevoli risolu­
zioni magistralmente trovate di problemi tecnici diversi, di volta
in volta affrontati.
Nella composizione delle venti messe, la più determinata ritualità
e la funzione cerimoniale collettiva provocano, come sempre, svi­
luppi formali più ampi. Josquin vi accolse consuetudini comuni,
20 fRA I DUE SECOLI

restate poi generalmente in vigore per tutto il secolo successivo :


l'episodio « Christe >> contrasta per la trama polifonica più sottile,
e talvolta per il ritmo, con il Kyrie che lo precede e con quello che
lo segue; il primo verso di Gloria e Credo è sempre cantato in canto
piano; Gloria è in due sezioni (la seconda da « Qui tollis peccata
mundi ») e Credo in tre (la seconda da «Et incarnatus » e la terza
da «Et in spiritum sanctum ») ; nel Credo le parole cruciali «Et incar­
natus est » e « Et homo factus est » sono distinte per un'esecuzione
in accordi fermi o in note più svelte; quasi sempre « Crucifixus »
riceve un'intonazione coerente con il luogo doloroso; nel Sanctus,
« Pieni » e « Benedictus » si cantano con un numero ridotto di voci,
e il cantus firmus, se c'è, vi tace; nell' Agnus Dei finale al contrario
il coro aumenta di spessore con l'aggiunta d' almeno una parte sup­
plementare, per una conclusione più sonora, ed attirata in ele­
vaziOne.
Le tecniche della messa di Josquin si compendiano in tre spe­
cie: polifonia tramata attorno al cantus /irmus, parafrasi di melo­
die preesistenti, cicli di canoni. Il primo procedimento prevale . I
cantus firmi sono tolti da fonte mondana o sacra. Del primo tipo,
oltre a canti schiettamente popolari come L 'Ami Baudichon, o Une
musque de Buscaya, vi sono linee formate col sistema dei " soggetti
cavati " dalle vocali, come il raffinato omaggio cortese della Missa
«Hercules dux Ferrariae», per la cui composizione Josquin estrasse
il tenor dal nome del patrono estense:

Her - eu - les dux Fer - ra - ri - ae

re ut re ut re fa mi re

Nella M issa «L 'homme armé super voces musica/es», la melodia


è intonata integra almeno una volta in ogni sezione, ma su gradi
ascendenti: nel Kyrie, in do, nel Gloria in re (originale e anche retro­
grado), nel Credo in mi (originale e retrogrado) , nel Sanctus in fa,
e via di séguito . L'omonima « L 'homme armé sexti toni» ha stesura
molto meno calcolata: soltanto la scansione ritmica del tenor è
costante. Sono alte prove di controllato dominio della materia
sonora, esteso dalle minuscole inflessioni alle macrostrutture com­
positive.
La Missa «Fortuna desperata» assume come ossatura motivica
più linee, siano isolate, siano in qualche modo coordinate, d 'un'e­
laborazione polifonica anonima della divulgatissima canzone ita-
}OSQUIN DESPREZ 21

l i ana: questa composizione, così come l a Missa «Malheur me bat»,


su una chanson di Ockeghem, segna la via all' avvento della messa
parodia, tanto usata nei decenni successivi.
Mentre la Missa ad fugam, e la Missa sine nomine, opere giova­
n ili, serrano i decorsi formali entro la costrizione della norma cano­
n ica, un più fertile moto della fantasia pervade la Missa « Pange Lin­
gua», composizione dell'età più avanzata di Josquin. Mutevole l'uti­
lizzazione del canto fermo sacro, sia citato letteralmente o incom­
pletamente, sia evocato allusivamente; diversificati i metodi d'ela­
borazione contrappuntistica; sciolta l'opera formale.
Le composizioni profane di Josquin sono chansons e frottole e
pezzi strumentali. Le chansons sono composte su testi di gran lena
letteraria, di poeti collegati all'ultima generazione dei grands rétho­
riqueurs francesi, Jean Molinet ( 1435-1507), Guillaume Crétin, Jean
Lemaire de Belges, e la stessa Margherita d'Austria. Josquin vi
applica tecniche sperimentate nel dominio del mottetto: connette
imitazioni, ed afferma la pari valenza delle voci; sgretola lo sche­
matismo metrico del poema, ripudiando l'osservanza delle formes
{ixes; innalza la parola isolata, per illustrare il significato che essa
porta. Figurano in questo repertorio profano anche arrangiamenti
di melodie originariamente a voce sola, su poemetti largamente fruiti
(«Adieu mes amours», « Petite camusette», « Faulte d'argent», « En
l'ombre d'un buissonnet»); ed elaborazioni di canti fermi, i quali
in origine erano associati ad altri testi (« Cueurs desolez» è condotta
sul canto « Plorans ploravit», ad esempio; ed è il compianto per la
morte di Luigi di Lussemburgo, 1503). Compone Josquin anche
frottole su testi italiani, di varia specie: il tipico messaggio canoro
cortese («In te Domine speravi»); lo scherzo giocoso, portatore di
stimoli mimici («El grillo è bon cantore») ; la spiritosa caratterizza­
zione d'un eroe popolare («Scaramella va alla guerra») .
Nei dieci pezzi strumentali una preziosità di primizie. Alcu­
ni sono certamente adattamenti di canti favoriti (<< De tous biens
plaine») ; altri sono invenzioni strumentali originali (Ile Fantazies
de Joskin; La Bernardina - un nome di dedica? -; la brillante fan­
fara Vive le roy, che usa un " soggetto cavato " dalle sillabe del
titolo) .
Da uno sguardo retrospettivo d'insieme si riconosce che Josquin,
essenzialmente, ha trasformato l' arte e l' atto del comporre, del tro­
vare: era un'operazione programmata e realizzata osservatamente
22 fRA I DUE S ECOLI

secondo progetti fissi convenzionali; è diventata virtù di dar voce


e risonanza al divenire di un'esperienza formativa, che il musici­
sta vive direttamente, e nella quale egli è personalmente impegnato.

l 0 • CONTEMPORANEI DI }OSQUIN

La galleria di musicisti che formano la generazione attorno a


Josquin è folta di nomi. La tecnica abilissima, la cultura ed i com­
portamenti, la poetica - quel concetto musica reservata che nasce
allora e diverrà molto suggestivo - sono comuni. Ma molte voci
singolarmente caratterizzate s 'individuano.
Alexander Agricola (1446 ca. - 1506), successore di Busnois alla
corte di Borgogna, fu prima attivo, tipicamente, in Italia, a Milano
e Firenze. Le sue cose migliori sono profane. Benché prediliga l'as­
setto a tre voci, ha particolare scaltrezza contrappuntistica; men­
tre i disegni vocali sono animati da sottili frazionamenti ritmici.
Compì arrangiamenti, come s 'usava, di canzoni cortesi tradizio­
nali (« Tout a par moy» da Frye, « Comme /emme» da Binchois,
« D 'ung aultre amen> da Ockeghem, « De tous biens plaine» da van
Ghizeghem) ; e ne sortirono anche composizioni strumentali a tre
parti, che attirano speciale attenzione, perché offrono la stesura
scritta di colorature ed altri stilemi della prassi strumentale .
La carriera di Jacob Obrecht (1450 ca. - 1505) si svolse inizial­
mente in varie città nordeuropee: Utrecht (ove, secondo la tra­
dizione, ebbe fra i giovani cantori allievi Erasmo da Rotterdam),
Cambrai, Bruges, Anversa. Due viaggi professionali in Italia, a
Ferrara, nel 1487 e nel 1504 (e vi muore di peste) . Appare nelle
sue opere - circa venticinque messe, una trentina di mottetti, circa
cinquanta pezzi profani - una certa ambiguità stilistica: l 'utilizza­
zione frequente e osservata dei cantus firmi, l' assidua lavorazione
tematica, la scarsa attenzione al senso delle parole, di contro ad
una marcata facilità delle stesure, al contrappunto terso, all' avan­
zato gusto armonico.
Nelle messe Obrecht applica la più grande varietà di trattamenti
del cantus firmus. Per esempio, nella Missa super «Maria Zart» il
canto è utilizzato per segmenti, e una sola volta è pronunziato inte­
gro nell' Agnus ; nella Missa sine nomine (sulla melodia favorita di
Hayne van Ghizeghem « De tous biens plaine»), nell' «Ave regina
CoNTEMPORANEI DI JosQUIN 23

coelorum » e nella « Fortuna desperata », cava dalle fonti rispettive


altri materiali motivici, oltre alla melodia principale; nella Missa
diversorum tenorum usa come canto fermo un certo numero di melo­
die diverse prese a prestito, conteste come in un quodlibet.
Artifici e sottigliezze adornano i mottetti, in grande maggio­
ranza fondati su tenor anch 'essi. « Haec Deum coeli» a cinque voci
porta esempio di come Obrecht accorda al canto fermo canonico
linee di contrappunti liberi e floridi.
Nelle chansons polivoche e nelle parafrasi strumentali Obrecht
rielabora preferibilmente canti ormai tradizionali (« Cela sans plun>,
«Fors seulement», <<J'ay pris amourn>); ne dà un'interpretazione più
avanzata nell'aspetto armonico, ed ai canti dati contrappone voci
mosse, floride, animate da imitazioni e dal favorito metodo della
progressione. Analoga interpretazione vien data di canti popolari
olandesi («Meskin es hu », « Rompeltier», « T'Andernaken ») e d'uno
strambotto italiano (La tortorella).
Scarse le tracce della vita di Loyset Compère ( 1450 ca. - 1 5 1 8) :
è presente a Milano nel 1474; nel 1486 a Parigi, « chantre ordi­
naire » del re Carlo VIII; gli ultimi anni nella Collegiata di Saint­
Quentin. Prevalgono nella sua produzione chansons sempre elegan­
temente composte. Sono caratteristicamente divise in due tendenze:
raffinato contrappunto borgognone da un lato, e nuovo vivace gusto
italianizzante dall'altro. Secondo quest'ultima linea, le chansons son
formate da segmenti melodici concisi e aderenti al testo, moventi
su decorsi armonici schiariti, costituenti architetture omogenee
(sono questi i caratteri della chanson parigina) . Preferisce Compère
esposizioni motiviche semplificate, sillabiche: ed usa in apertura
quel prediletto ritmo che verrà definito " narrativo " - una lunga
e due brevi; scansione dattilica - («Mon père m 'a donné mari », a
quattro, e le ilari « Nous sommes de l'ordre de Saint Babouin », «Lour­
daut lourdaut», con le due spiritose intonazioni di diffusissime can­
zoni italiane « Che fa la ramacina » e «Scaramella ») .
Le messe di Compère, sempre composte su cantus /irmus, accol­
gono aspetti del nuovo metodo della parodia (Missa «Alles regrets»
su una chanson polifonica di Hayne van Ghizeghem) . In questo
genere Compère aderisce anche a una rara tradizione compositiva
milanese, iniziata da Gaspar van Weerbecke ( 1445 ca. -post 1 5 1 8)
e legata all'esercizio del rito ambrosiano, che consiste nel sosti­
tuire parti dell'ordinario con mottetti su altri testi, detti allora
24 fRA I D U E S E C O LI

motetti missales. Ordine della Missa Galeazesca di Compère: Introito,


Gloria, Credo, Offertorio, Sanctus, Elevazione, Agnus Dei, Deo
Gratias; a cinque voci. Essa costituisce un'interessante eccezione
alla marmorea immutabilità rituale dell'ordinario.
Molto ben ambientato nella cultura italiana, artista rinascimen­
tale nel senso vero fu Heinrich Isaac ( 1 450 ca. - 1 5 1 7) . Apprezza­
tissimo a Firenze, dov'era stanziato forse già dal 1 484, fu compa­
gno e musico di Lorenzo de' Medici. Del Magnifico ammaestrò
i figli, e fra essi Giovanni, futuro papa Leone X. Rimase a Firenze
anche anni dopo la morte di Lorenzo ( 1492), la cacciata dei Medici
( 1 494), e l'inizio dell'epoca segnata da Girolamo Savonarola. Nel
1 497 passò presso l'imperatore Massimiliano I, a Innsbruck e
Costanza. Fu molto mobile ancora; e ancora a Firenze a tratti dopo
il 1 499 e la restaurazione medicea ( 1 5 12); ed ivi stabilmente dal
1 5 1 5 alla morte. Quel percorso vitale vivace e fertile ne fece un
artista eclettico, cosmopolita, perfettamente a proprio agio lavo­
rando in qualsiasi lingua e stile.
La più grande impresa musicale di Isaac fu la composizione del
Choralis Constantinus, chiamato così perché fu commissionato dalla
diocesi di Costanza. Include più di trecento elaborazioni polifoni­
che del proprio della messa di tutte le domeniche, delle feste mag­
giori, e dei santi, per circa cento date del calendario liturgico. Que­
sto grandioso monumento sonoro - di cui v'è un solo precedente
parziale ad opera di Perotinus, e v'è un solo esempio successivo
nei Gradualia di William Byrd ( 1 605 e 1 607) - è altissima summa
di tutta la sapienza compositiva dell'epoca. Completato dal disce­
polo Ludwig Senfl, e pubblicato postumo in tre volumi fra il 1550
e il 1555, dimostra l'armoniosa conciliazione della tecnica della com­
posizione su cantusfirmus, con la nuova qualità d'equivalenza delle
voci e d'equilibrio e coerenza strutturale dei contesti. Qualche dif­
ferenza interna fra i tre libri: nel primo il canto fermo è dato più
spesso al soprano; nei seguenti al tenor, od anche al basso. Cre­
scono, avanzando, le ricercate sottigliezze compositive: il terzo libro
accoglie complicati episodi in notazione mensurale proporzionata.
Oltre a quel compendio d' abilità, a quel saggio di ampissimo
respiro musicale, la capacità di Isaac di comunicare sensi di com­
mozione risplende in un mottetto come « Quis dabit capiti meo
aquam »: parole di Angelo Poliziano in morte di Lorenzo il Magni­
fico rappresentate in canto con acuta coerenza, dal lugubre sta-
CONTEMPOR ANEl DI ]OSQUIN 25

tico inizio d' accordi vuoti fino al disegno discendente ostinato su


« Et requiescat in pace », quando allusivamente tace il tenor, per
finire.
La fortuna critica e la relativa popolarità di Isaac sono peraltro
affidate alle invenzioni profane, in più lingue : in italiano i canti
carnascialeschi e le ballate, di cultura fiorentina tipica (« Un dì lieto
già mai» versi di Lorenzo il Magnifico, e « Questo mostrarsi adirata
di fuori», versi di Angelo Poliziano) ; in tedesco, i Lieder a tre o
quattro voci; in francese le chansons, per le quali attinge dal reper­
torio melico consueto, eppure si dimostra libero dalle stilizzazioni
compositive di marca borgognona, e dalle costrizioni dell'osservanza
delle formes fixes; senza parole le polifonie strumentali, per le quali
resta il dubbio se furono predestinate agli strumenti ovvero ese­
guite tacendo le parole di brani originariamente cantati (La mi la
sol, su tenor desunto dalla pratica della solmisazione, « Palle palle»,
sul grido d'incitamento dei seguaci medicei, che richiama l'emblema
che campeggia nel blasone dei signori fiorentini) .
Quella formidabile schiera di musicisti allinea altre figure, di
valore forse non minore . Le loro vite e l' operosità si assomigliano,
sia pure qualificate individualmente. Johannes Martini ( 1440
ca. - 1500) fortunato compositore e didatta francese, attivo a Milano,
Ferrara, Mantova; Pierre de La Rue ( 1460 ca. - 1 5 1 8) espertissimo
franco-fiammingo, servì più prìncipi e corti fastose, Filippo il Bello,
Carlo V, Margherita d'Austria: incline allo spirituale severo, com­
pose un numero di messe preponderante fra le altre cose usuali;
Jean Mouton ( 1459 ca. - 1522) discepolo di Josquin, maestro di Wil­
laert, figura con lineamenti esemplari di quella cultura; Antoine
Brumel (1460 ca. - 1520) dalla vita equamente divisa fra i paesi oltre­
montani e Ferrara.
I profili di ciascuno sembrano ormai sovrapposti, ripetitivi.
Disponiamoli ora nei centri più distinti d' aggregazione culturale:
la corte di Francia, quella borgognona (prima e dopo il tramonto
dell' autonomia politica) , la sede papale, e le città d'Italia. (Il tra­
dizionale schema narrativo sembrerebbe indicare che le regioni del
Nord dell' Europa svolgessero solamente funzione di scolastici vivai,
per la fornitura di talenti musicali alle cappelle italiane. Questa
semplificazione è difettosa. Vita musicale pulsa nei centri urbani
d'ogni dove. )
Servirono i r e di Francia, a Orléans, Blois o Parigi, dopo Ocke-
26 fRA l DUE SECOLI

ghem e Compère, Antoine de Févin ( 1480 ca. - 15 12), Johannes Prio­


ris (m. 1 5 12), Jean Mouton, Antonius Divitis ( 1475 ca. -post 1526),
Pierre Moulu ( 1 490 ca. - 1550 ca. ) .
Alla signoria di Borgogna si collegano Pierre de La Rue, Agri­
cola, Gaspar van Weerbecke (m. post 1 5 1 8) e Marbriano de Orto
(m. 1 529) .
La cappella papale, dal pontificato di Innocenza VIII ( 1484-92)
a quelli dei grandi patroni e mecenati Giulio II ( 1 5 03 - 1 3 : Giuliano
della Rovere, che fondò la Cappella Giulia in S . Pietro distinta
dalla Sistina) e di Leone X ( 1 5 1 3 -2 1 : Giovanni de' Medici) , fu illu ­
strata da Josquin, Prioris, Weerbecke, de Orto, Elzéar Genet detto
Carpentras ( 1 470 ca. - 1 548).
Città italiane gremite d'eventi musicali e frequentate da quei
maestri. Napoli musicale fiorì col patronato degli Aragonesi; Alfonso
V - dal 1 442 divenuto Alfonso I re di Napoli - e il di lui figlio
Ferdinando I (don Ferrante) : la cappella regale è ornata dei nomi
di Vincenet (? - 1479 ca.), Bernardus Ycart, del francescano Johan­
nes Carnago; su tutti Johannes Tinctoris. Milano, con Galeazzo
Maria Visconti (m. 1476) e fino all'estromissione dal potere di Ludo­
vico il Moro, 1499: nel 1 474 vi sono enumerati Alexander Agri­
cola, Weerbecke, Compère, Martini e Josquin. Mentre s 'oscura
la brillantezza della vita musicale fiorentina, cacciati i Medici ed
influendo Girolamo Savonarola, emerge Ferrara, duchi Ercole I
ed Alfonso I d' Este: in un arco di tempo disposto fra i due secoli
accolse Obrecht, Josquin, Brume!, Collinet de Lannoy, Johannes
Ghiselin detto Verbonnet, e Martini. Mantova, che sta per vivere
una singolare stagione musicale italiana con la marchesa Isabella,
figlia d'Ercole I d' Este, e Urbino hanno rilievo più discreto; men­
tre Venezia è agli albori della sua storia propria più caratterizzata.
Oscillano per altro le fortune della musica nelle città della peni­
sola, in relazione con le sorti politiche ed economiche di prìncipi
e stati.
Autori e indirizzi di teoria musicale emergono frattanto; e tale
operosità è e resterà crescente, con il tipico doppio effetto di nor­
malizzare e codificare in regole le trovate pratiche, e di divulgarne
didatticamente l' esperienza a raggio esteso. Quei dotti elaborano
la teoria della musica anche nella sfera speculativa, in rapporto con
la posizione che ha questa disciplina nel quadrivio delle arti libe­
rali, insieme con matematica, geometria e astronomia. Tinctoris
LA MUSICA !TALIA NA N EL PRIMO RINA SC!MENTO 27

sovrasta; e d ' altro lato è feconda la scuola di Mantova, fondata


nel 1423 dal pedagogo umanista Vittorino da Feltre. Firme memo­
rabili sono quelle dello spagnolo Bartolomé Ramis de Pareja ( 1 440
ca. - post 149 1), Niccolò Burzio (14 50 ca. - post 15 18), dell'eminente
Franchino Gaffurio ( 1 45 1 - 1522), che è degno di memoria anche
come compositore, di Giovanni Spataro ( 1 458 ca. - 1 5 4 1 ) .

1 1 • LA MUSICA ITALIANA NEL PRIMO RINASCIMENTO

Mentre sono attivi i maestri della terza generazione franco­


fiamminga lo scacchiere storico si fa più vario per l' avanzare in
evidenza di correnti musicali nazionali italiane. La presenza di
musica e di musicisti italiani nelle fonti scritte dopo l' ars nova, dopo
il primo terzo del secolo xv, s'era eccezionalmente ridotta: sia per
l'incombente egemonia dello stile burgundo-fiammingo e per l' at­
tivismo dei grandi professionisti oltremontani, sia per una speci­
fica vocazione dei musici italiani a cantar in lingua materna a mente,
soli, accompagnandosi con uno strumento. Alla scarsità del reper­
torio tramandato scritto si contrappongono numerose e sparse le
testimonianze dell'ininterrotta favoritissima operosità pratica, e
dell' eccellenza esecutiva di virtuosi canterini, di poeti cantori, di
magnifici strumentisti. I nomi: il veneziano Leonardo Giustinian
( 1 3 83- 1446), che diede il nome alla " giustiniana" (o " veneziana ");
Antonio di Guido e Ugo Bacciolini a Firenze; Pietro Bono del Chi­
tarrino ( 1 4 1 7 - 1497; del suo impareggiabile virtuosismo e della se­
duzione delle sue esecuzioni, scrissero le lodi numerosi umanisti
d ' alta caratura, con la più rotonda e talvolta surreale eloquenza
[Brandolino Lippi, Antonio Cornazano, Battista Guarino, Paolo
Cortese, Filippo Beroaldo, Raffaello Maffei]) e Francesco Cieco
a Ferrara; Bernardo Accolti, detto l'Unico Aretino ( 1 458- 1535);
lo spagnolo Benedetto Gareth, detto il Cariteo ( 1 450 ca. - 1 5 1 4),
a Napoli; Serafino Aquilano (m. 1500), il girovago « principe degli
strambottisti »; persino un filosofo raffinato come Marsilio Ficino
appartiene alla schiera.
Risulta che improvvisavano; cantando lirica italiana e sonando
su tre specie di modelli sonori: " aeri " o " modi " , ossia disegni melo­
dici con propri schemi ritmici tipici, costanti; bassadanza e osti­
nato, che sono progetti impressi dal basso; arie di danza. Erano
28 fRA l DUE SECOLI

modelli comuni; diffusi d a veloci passaggi fra aree geografiche e


fra livelli sociali diversi; e l'arte di quei musici aveva della varia­
zione, elaborazione, parafrasi. Apparteneva comunque a una cul­
tura nazionale, cittadina, cortese e borghese, solo apparentemente
popolare, perché non scritta e molto divulgata. Non spontanea,
sì studiata, e professionale. Verso la fine del secolo quelle espe­
rienze si addensano, e comincia, col favore degli utenti, la loro regi­
s trazione scritta, e una sia pur lenta ascesa verso i livelli più colti
dell'operosità musicale. Appaiono definite le forme della frottola
e dello strambotto, e metri diversi che li affiancano, del canto car­
n ascialesco, della lauda.
Frottola è il nome d ' un metro letterario determinato e della
composizione che lo intona. Ma si suol dare genericamente anche
al repertorio delle altre forme musicali che figurano insieme nei
libri d ' allora. Le numerose composizioni di stile frottolesco costi­
tuiscono il frutto più significativo della rinascita della tradizione
scritta italiana verso la fine del secolo xv: sono trasmesse nelle varie
importanti fonti redatte a mano (es . : Perugia, Biblioteca Comu­
nale, ms. 43 1 [G 20]; Montecassino Biblioteca della Badia, ms.
8 7 1 ; Paris, Bibl. Nationale, Rés. VM7 676; Modena, Biblioteca
E s tense, cod . a. F . 9 . 9 . ; Venezia, Biblioteca S . Marco, ms. cl. IV,
n . 1 795-98 ; London, British Museum ms. Egerton 305 1 ; Milano
Biblioteca Trivulziana, ms . 5 5 ; codici di Firenze, Biblioteca Nazio­
nale e Biblioteca del Conservatorio, di Bologna, e così via) ; nelle
undici raccolte che ne stampò Ottaviano Petrucci - il decimo libro
è perduto; in quasi tutti i frontespizi compare il solo nome Frot­
tole, da cui il prevalere di questo nome - a partire dal 1504 ; e in
altre stampe antologiche, come i cinque libri editi da Andrea Antico
- il quinto è perduto -, o le singole produzioni d ' altri editori.
L'epoca della frottola va dal 1480 circa al secondo decennio
del Cinquecento . I luoghi di produzione e d'utenza, e di raccolta
e redazione scritta, sono Mantova - con grande prevalenza, per­
ché stimolata dalla passione e dal talento di Isabella d ' Este, mar­
chesa Gonzaga dal 1490 - Ferrara, Milano, Verona, Venezia,
Firenze, Roma. Poeti: professionisti come Serafino Aquilano, o
aristocratici dilettanti come Galeotto Del Carretto, Niccolò da Cor­
reggio. Musici: i veronesi Marchetto Cara ( 1 4 75 ca. - 1 525), Bar­
tolomeo Tromboncino ( 1470 ca. -post 1535), Michele Pesenti ( 1475
ca. -post 1 5 2 1 ) . Sono questi i più fertili, entro una schiera assai
L A M US I C A I T A L I A N A N E L P R I M O R I N A S C I M E NTO 29

numerosa d'operatori italiani, i più veneti, e d anche sporadicamente


oltremontani.
Le forme metriche. La frottola rinnova uno schema di ballata,
detta " barzelletta " , in versi ottonari, raggruppati in ripresa e strofe
(strofe: cambiano i versi, si ripete uguale la melodia; e la ripresa
si ritornella fra le strofe) ; strambotto è un' ottava d'endecasillabi
(il medesimo episodio musicale vale per ciascuno dei quattro distici,
di norma) ; oda, in strofe di quattro versi; sonetto, la classica strut­
tura poetica italiana, di quattordici endecasillabi organizzati in due
quartine e due terzine; capitolo, di endecasillabi in terza rima (il
metro della Commedia di Dante, e dell'egloga pastorale) ; versi latini
di poeti classici o di rimatori coevi . Più tardi sono intonate stanze
di canzone, più libere e internamente variate.
La sostanza letteraria, non di rado mediocre in una poesia con­
cepita per musica, svaria dall'insistita ripetizione di tipici casi
d' amore a luoghi realistici e pittoreschi, con un taglio di saggezza
proverbiale e di soda moralità popolaresca.
Stile musicale. Le voci sono normalmente quattro. Prevale quella
superiore, che canta sempre i versi. La sua melodia è semplice, sil­
labica con lievi ornamenti (più florida nello strambotto), scandita
da ritmi risentiti e spesso schematici, ben aderente alla pronunzia
delle parole . Il bassus ha l' incedere tipico del basso d' armonia; altus
e tenor più mobili s'intrecciano riempitivi nel mezzo della parti­
tura. V'è senso d' armonia accordale, accompagnante, e di pendii
cadenzanti . Il taglio formale ricalca quello prosodico testuale, e
per questa ragione è molto diversificato da tipo a tipo; è strofico,
ripartito in segmenti squadrati, cadenzati - più snodato e vago il
decorso dello strambotto cortese. Le quattro voci, che appaiono
separate, e due per pagina nel libro aperto, mancando ogni indica­
zione pratica, dovevano costituire un materiale disponibile per trat­
tamenti esecutivi alquanto svariati, secondo volontà e mezzi e cir­
costanze; con prevalenza del canto accompagnato. Lo provano anche
le riduzioni per canto e liuto redatte da Franciscus Bossinensis per
due libri editi da Ottaviano Petrucci nel 1509 e nel 15 1 1 ; o le inta­
volature per tastiera, edite da Andrea Antico nel 1 5 1 7 . Questi sono
tutti caratteri comuni, di composizioni che mirano al facile, al comu­
nicativo, al didascalico, al giocoso, all'erotico.
Così caratterizzata musicalità, ave sono realizzate autentiche
originali attitudini etniche, si distingue nettamente dallo stile inter-
30 FRA I DUE SECOLI

nazionale imperante. Dapprincipio sembra che non vi sia comuni­


cazione fra essi, e forse v'è anzi conflittualità, benché nelle crona­
che questa non appaia; poi, gradatamente si istituiscono connes­
sioni, si danno imprestiti scambievoli. Sul versante italiano ciò com­
porta un disegno di raffinamento artistico ed arricchimento tec­
nico - su quello oltremontano le grandi conciliazioni josquiniane.
Come si scorge già nell'ultima raccolta del Petrucci ( 1 5 14), in cui
sono venti le poesie del Petrarca; e nell'innovatrice collana di com­
posizioni a quattro voci di Bernardo Pisano sopra canzoni petrar­
chesche, edita nel 1520.
Molti dei libri frottoleschi a mano e a stampa tramandano anche
il contemporaneo repertorio dei canti carnascialeschi, la cui voga
durò poi oltre quella della frottola. Risuonavano a Firenze, in tempo
di carnevale e di calendimaggio (fra il l maggio e il 24 giugno,
o

ch'è la festa di S . Giovanni Battista, patrono della città) . Durante


cortei, mascherate, su carri allegorici, nella rappresentazione di
trionfi, si presentavano cantando le maschere allusive di gente che
esercita particolari mestieri, o di personaggi non comuni e carat­
teristici, o di personificazioni allegoriche. Così i canti carnasciale­
schi hanno i titoli: di facitori d'olio, di carreggiai, di spazzacamini,
di cacciatori, di burattieri, di uccellatori, di sarti, di molinari, e
tanti altri; e cantano in maschera le vedove, la malmaritata, i disa­
morati, gli ermafroditi; e il moro di Granata, i todeschi, i berga­
maschi e, con umoristico accento, le schiere di lanzi (Landsknechte,
fanti germanici) di varie specialità, scoppiettieri, alabardieri, che
fanno schizzatoi, cozzoni, venturieri, pellegrini; mentre nei trionfi
vi sono anche allegorie morali o psicologiche o naturalistiche. L'in­
sieme è una vasta messe di letteratura popolare urbana, vivacis­
sima e realistica, e ricca di doppi sensi umoristici, ironici, erotici.
Li favorì Lorenzo, fino al l492; mentre nell'età di Savonarola
(m: 1498), marcata dal " bruciamento della vanità " , furono repressi.
Tornarono in voga con il ritorno dei Medici, dal 15 12 al 1527;
e poi dal 1530, in crescendo, che culmina nella prima edizione di
Tutti i Trionfi, Carri, Mascherate e Canti Carnascialeschi dal tempo
del Magnifico Lorenzo (Firenze 1559), raccolti da Anton France­
sco Grazzini. Questa successione si dispone in tre fasi determi­
nate: carnasciale « del popolo », carnasciale « col crucefissm>, car­
nasciale « di corte ». Ma la disposizione cronologica corretta dei brani
non è quasi mai possibile, anche perché tutte le fonti originali sono
LA M U S I C A I T A L I A N A N E L PRIMO RI N A S CI M E N TO 31

posteriori a Lorenzo, molte essendo certamente perdute nei savo­


naroliani bruciamenti. Scrissero le musiche Isaac, Agricola, e i fio­
rentini Alessandro Coppini ( 1 465 ca. - 1 527) e Bartolomeo (Bac­
cio) degli Organi ( 1 474-1539), oltre a molti autori restati anonimi.
I canti, a quattro o tre voci, sono strofici; i più in forma di bal­
lata con ripresa. La scrittura è accordale, salvo eccezioni rare, ed
il passo ritmico ha una scansione molto marcata, che si collega all'in­
trinseca funzione processionale, mimica, e in fondo rappresenta­
tiva di quelle musiche festive.
La lauda, lirica italiana d'ispirazione religiosa, non liturgica, è
intonata a più voci nello stile di linea nazionale. Sono semplici poesie
strofiche, o in forma d'inni, o con metro analogo alla frottola­
barzelletta. S 'intonano con una melodia ben chiara, concisa: può
essere un canto nuovo; ma anche un canto tradizionale devoto,
oppure un canto profano e conosciuto assoggettato al travestimento
spirituale cambiando le parole . Questa d' allegare un testo d' ispi­
razione religiosa a una canzone profana era una procedura comune,
e favoriva la comodità del repertorio, l' agevole memorizzazione,
la facilità esecutiva, la diffusione popolare del testo. Così, nelle
fonti più antiche di laude letterarie si legge la didascalia « cantasi
come » seguìta dall'incipit d'una canzone mondana: l'esempio del
canto carnascialesco « Visin visin, chi vuoi spazzacamin » andato alla
lauda «]esù ]esù ognun chiami ]esù ». (Gli imprestiti e gli scambi
continuarono nei decenni successivi, ma si ometteva l'indicazione
preliminare e si tendeva a celarli. )
I n quest' epoca l a lauda è polifonica, a tre e a quattro voci. La
scrittura corale è semplice, essenzialmente omoritmica, prevalendo
il canto, con tipiche singolarità armoniche . Hanno questa fattura
le laude pubblicate a stampa da O. Petrucci nel 1508 in due volumi:
il primo tutto attribuito a Innocenza Dammonis; il secondo con
intonazioni di Bartolomeo Tromboncino e d' altri più o meno rino­
mati frottolisti contemporanei. Altre san tramandate manoscritte.
Quest' arte povera nazionale e popolare continua un suo cammino
discreto nel secolo, emergendo alquanto episodicamente in edizioni
significative; come la prima collana raccolta da Serafino Razzi
(Firenze 1563), e il primo libro di Giovanni Animuccia (Roma
1563). Acuta diviene la sua funzionalità nella fase prossima di con­
tese e di rinvigoriti impulsi didascalici religiosi; sostanziale, deter­
minante risulta la lauda per la genesi della forma dell'oratorio.
32 FRA I DUE SECOLI

12 • INIZIO DELLA STAMPA MUSICALE

Radicale avvenimento fu l'invenzione e la diffusione della


stampa musicale. Effetti culturali molteplici risultano indotti da
un'operazione che ha all'origine motivazioni sostanzialmente im­
prenditoriali, mercantili. Il libro a stampa migliora la tradizione e
la conservazione del repertorio; raduna, seleziona, ratifica opere,
stili, autori; fissa l'oggetto sonoro e lo trasmette riprodotto mecca­
nicamente ad un'area d'utenza estesa, illimitata; sanziona esemplare,
involontariamente, il linguaggio; esercita una diffusa persuasione
didattica e regolamentare.
Saggi sporadici s'hanno nell'ultimo trentennio del Quattrocento
nella stampa del cantus planus, e degli esempi riferiti nei trattati:
per esempio si stampavano i righi e si tracciavano a mano le note
(Psalterium, Mainz 1475); o si stampavano con caratteri mobili
anche le note della cantilena (Missale Romanae Ecclesiae, Venezia
1 4 8 1 ) : o s'incideva l'intera pagina su lastra metallica o lignea (Musi­
ces opusculum di N . Burzio, Bologna 1487).
La prima impresa tipografica per la stampa di musica figurata
con caratteri mobili fu quella d'Ottaviano Petrucci da Fossombrone
( 1 466- 1539) , a Venezia. Il primo libro, Harmonice Musices Odhe­
caton A, ha la data 1 5 maggio 1 5 0 1 . È una collezione di novanta­
sei chansons polifoniche. Il metodo di Petrucci consiste di tre impres­
sioni successive: i righi; le note; le parole, le iniziali, i numeri di
pagina e di registro . La difficoltà del sistema richiede la massima
accuratezza; ed il risultato visibile è bellissimo.
Escono dall'officina petrucciana in Venezia, e poi dal 15 1 1 in
Fossombrone, numerosi altri libri musicali in successione rapi­
dissima: ancora collezioni di chansons; svariate collane di mot­
tetti; volumi di messe di singoli autori Uosquin, Obrecht, Brumel,
Ghiselin, de La Rue, Agricola, de Orto, Isaac, van Weerbecke,
Mouton, Févin), o collettivi; collezioni di Lamentazioni; Inni e
Magnificat (perduti) ; e ristampe. Fra il 1504 ed il 1 5 14 Petrucci
produce undici ampi libri di frottole (il decimo è perduto) ; due di
frottole arrangiate per canto e liuto; quattro d'intavolature di liuto;
due di laude. Nel 1520, canzoni del Petrarca musicate da Bernardo
Pisano.
INIZIO DELLA STAMPA MUSICALE 33

Non muta la grafia musicale nella stampa, anche se è geometri­


camente stilizzata ed uniformata: mensurale, bianca; il tactus; le
voci divise disposte a libro aperto (chansons, frottole, laude, ec­
cetera; Lamentationes, i primi due libri di mottetti) o separate su
singole distinte particelle (messe, mottetti, Pisano) . Quest'ultima
d isposizione grafica resterà in vigore nel secolo sedicesimo.
Attivo a Roma e Venezia è l'editore Andrea Antico, che si è
soliti reputare l'antagonista di Petrucci. Antico incrementa il magaz­
zino delle cinquecentine musicali con alcuni titoli prestigiosi, a par­
t ire dalle Canzoni nove del 1 5 1 0 : cinque libri di frottole a quattro
(il quinto perduto) ; la primizia Frottole intabulate da sonare organi
( 1 5 1 7) ; e messe, mottetti e chansons.
A Parigi intorno al 1525 Pierre Haultin stampa musica con carat­
teri mobili tali da abbisognare d'una sola impressione . Su questa
via si pone l'eminente e fecondo Pierre Attaingnant, dal 1528: chan­
sons, mottetti, intavolature per organo o per liuto, messe, danceries.
Un progresso ulteriore fondamentale fu compiuto da Simone
Verovio, stampatore stanziato a Roma dal 1 5 7 5 : egli fu primo ad
incidere l'intera pagina musicale su lastre di rame ( 1 586) .
Le imprese editoriali musicali si moltiplicarono e diffusero abba­
stanza rapidamente, nel Cinquecento . Indichiamo fra le altre a
Venezia le ditte rivali di Gardano e Scotto, e in séguito di Ama­
dino e Vincenti; a Parigi, Nicolas du Chemin e la coppia Le Roy
e Ballard; a Lione, Jacques Moderne; in Olanda, Tielman Susato
e Pierre Phalèse, poi Christopher Plantin; in Germania, Peter
Schoeffer, Christian Egenolph, Georg Rhaw.
L'espansione della stampa non annulla la tradizione manoscritta;
piuttosto la reprime, la riduce, e ne riqualifica l'importanza. Natu­
ralmente la redazione d'un libro musicale a mano, il cui apprezza­
mento non diminuisce certamente, diventa un episodio molto più
raro, riferibile alla costituzione di repertori particolari, specialmente
d'uso ecclesiastico, o legati a circostanze precise; a casi di colle­
zionismo; all'occasione d'un dono.
III • I L c I N Q u E c E N T o
13 • CULTURE MUSICALI NAZIONALI

Dopo la generazione di J osquin il panorama della storia si fa


molto più variegato. Viene attenuandosi la supremazia egemonica
della scuola franco-fiamminga, mentre s' avvantaggiano correnti
musicali nuove, che quella stessa scuola va fecondando con la lezione
del suo altissimo artigianato compositivo. Avanzano culture nazio­
nali plurime: in Francia, Italia, Germania, Spagna, Inghilterra; e
pure in Boemia, Polonia, Ungheria, Danimarca. Il filone franco­
fiammingo diviene ora in parallelo con altri.

14 • QUARTA GENERAZIONE FIAMMINGA: GOMBERT, WILLAERT,


CLEMENS, ]ACHET, ALTRI

Gli artisti della quarta generazione fiamminga si riconoscono


nella poetica della musica reservata. Secondo Adrianus Petit Coeli­
co (Compendium Musices, Niirnberg 1552) « musica reservata » fu
la cifra dell'arte di Josquin, che l'inventò; è contrapposta alla musica
« communa ». Non poche sono le varie definizioni del suggestivo
termine, cqmpendiabili come segue: è « reservata » quella musica
in cui s' attua una sensibile coerenza fra suono e parola, al fine di
comunicare i contenuti emozionali del testo; « musica reservata»
è una prassi riferibile all'uso dell'ornamentazione, della variazione
melodica; « reservata» è quella musica concepita destinata a una
cerchia ristretta di fruitori scelti ed educati, ad intenditori specia­
lizzati, ad iniziati, forse. Come che sia, il termine non ha rilevanza
solamente tecnica o formalistica, o di poetica sonora, ma ha rela­
zione con i modi dell'utenza, con la qualità dell' ambiente in cui
la musica è prodotta e risuona. Introduce nella cultura musicale
la consapevolezza d'una nuova dimensione, d'un punto di vista fino
allora senza precedenti: la considerazione di ciò che si riferisce all'a­
scolto ed ai suoi attori, ai processi di diffusione e di recezione della
musica nella società del suo pubblico.
38 IL C I N Q U E C E N T O

Nell' arte di questa fase, la nozione lineare, orizzontale, a strati


successivi della composizione polifonica è vinta dalla nozione volu­
metrica, verticale, a voci conteste simultanee. È favorita la conti­
nua relazione imitativa fra le voci, che esercita potente funzione
urùficante, e razionalizzatrice della forma. L'equivalenza fra le voci
in giuoco diviene normale; e prende precisa consistenza l' ideale
" a cappella " , ossia d'una esecuzione di sole voci umane. Progredi­
sce la tendenza ad assimilare i segni musicali alla struttura ed al
significato delle parole a cui s'uniscono.
Il metodo della composizione " parodia " è perfezionato e prevale
estesamente. La " Messa parodia " è: l) la parafrasi di più d'una, o
di tutte le voci insieme d'un preesistente modello polifonico, sacro
o profano; 2) il ricalco, con interventi varianti, della struttura poli­
forùca completa del modello polifonico assunto. Il rinnovato assetto
sonoro perde le parole originali e s'unisce al testo dell' ordinarium
Missae, naturalmente; peraltro l'incipit letterario della fonte è spesso
citato ad intitolare la messa ricavata. Tale progetto formativo sem­
bra coerente con una poetica che privilegia l'imitazione, cardine
della teoria estetica cinquecentesca, rispetto all'invenzione; o meglio
che risolve quest'ultima nelle trame di quella. D' altronde la ristret­
tezza e i vincoli d'un processo compositivo così fatto non impedi­
scono quei risultati musicali eccellenti, che l' esperienza dimostra.
Risulta inoltre da analisi campione che il procedimento della parodia
non fu applicato solamente nella composizione di messe, là dove l'in­
titolazione lo rivela, sì anche in altre specie, in brani dell'Ufficio,
nel mottetto, nel madrigale. Questa informazione richiede però con­
ferma da un'investigazione allargata e sistematica.
Gombert e Willaert sono le personalità emergenti, fra uno stuolo
di musicisti assai dotati e importanti.
Fase saliente della carriera di Nicolas Gombert (1500 ca. - 1 556
ca.) fu il servizio dal 1526 al 1540 nella cappella privata e nella corte
dell'imperatore Carlo V, che egli seguì nei molti viaggi e trasferi­
menti. Hermann Finck, che lo rivela discepolo di Josquin, afferma
che inventò un nuovo stile: Gombert <i evita le pause e la sua com­
posizione è piena sia d' armonie sia d' imitazioni » (tum concordan­
tiarum tum fugarum); usa cioè una scrittura contrappuntistica fitta
ed intricata. Di dieci messe sue, otto sono della specie parodia;
quella intitolata A la incoronation fu composta a Bologna nel 1 5 3 0
per l'incoronazione d i Carlo V. I più d i centosessanta mottetti sono
QU A R T A G E N E R A Z I O N E F I A M M I N G A 39

a quattro o a cinque voci. Fra questi «In ilio tempore», dal quale
molti decenni più tardi Monteverdi estrasse i motivi per edificare
la monumentale Missa omonima ( 1 6 10). Completano il catalogo
Gombert otto Magni/icat, circa sessanta chansons, un madrigale.
Contrappuntista abilissimo, Gombert congegnò partiture gre­
mite. Scorrono fluidi continui nastri sonori, nei quali sono evitate
scansioni nettamente cadenzate. L'imitazione incessante getta su
tempi diversi l' accento delle parole pronunziate nei canti dell'in­
sieme polivoco: continua poliritmia. S'odono dissonanze suggestive,
provocate dai moti delle voci riunite in contrappunto.
Nella figura di Adriano Willaert ( 1 490 ca. - 1562) si rinnova con
alta evidenza la testimonianza della fecondità del trapianto e del­
l'assimilazione in Italia d'un musicista oltremontano, educato a quel­
le scuole. Discepolo di Mouton a Parigi, visse a Roma ( 1 5 15), Bolo­
gna ( 1 5 1 8) , in Ungheria ed a Ferrara ( 1 520) , seguendo il brillante
patrono cardinale Ippolito I d'Este. Nel 1527, succedendo a Petrus
de Fossis, Willaert assunse il magistero della cappella di San Marco
in Venezia, carica che tenne con brevi interruzioni sino alla fine.
Ammaestrò direttamente, o indirettamente influenzò Rore, A.
Gabrieli, G . Zarlino, A. Padovano, F. Della Viola (m. 1568); e J.
Brumel (m. 1 564), J. Buus, M. A. Cavazzoni ( 1 490 ca. -post 1569),
G . Guami ( 1 542 - 1 6 12), C. Merulo, G . Parabosco, N. Vicentino.
Con la didattica e l'esempio trasmise quella nozione che è essen­
ziale nella sua opera, ossia l'aderenza sia formale sia contenutistica
della risonanza musicale al testo, sì studiata da procurare i primi
lineamenti d'un' appropriata retorica musicale. Willaert ci appare
magistrale in tutti i campi del repertorio . Le chansons son conte­
ste con la sagacia contrappuntistica della migliore tradizione nor­
dica. Le " Messe parodia " , nella maggioranza da modelli del mae­
stro Mouton. I mottetti; i madrigali: il suo stile era già maturato
prima del 1540, periodo in cui componeva a Venezia in onore di
Polissena Pecorina - una delle prime illustri cantatrici di cui la storia
ci consegna il nome. Una collana di mottetti e madrigali si cono­
sce in una fortunata edizione del 1559 intitolata Musica nova . La
mescolanza dei generi - trentatre mottetti e venticinque madrigali,
tutti meno uno su sonetti del Petrarca - vi è insolita: lo scaltro appa­
rato polivoco usuale è abbellito da un corretto e fine trattamento
delle parole, in un insieme sonoro arioso, trasparente, polito.
Normalizza inoltre Willaert in S. Marco quella prassi dei cori
40 I L C i NQUECE NTO

" spezzati " , ossia divisi e fra loro dialoganti, che aveva precedenti
veneti e che diviene con lui un emblema dello stile marciano cin­
quecentesco: nei salmi vespertini « spezzadi accomodati da cantare
a uno et a duoi chori », di un libro che contiene anche lavori di
Jachet da Mantova, pubblicato nel 1550 da A. Gardano a Venezia.
È pure essenziale il suo apporto compositivo strumentale, con
le pagine sue nel volume Fantasie Recercari Contrapuncti a tre voci
«per cantare e sonare d'ogni sorte di stromenti » ( 1 5 5 1 ) . E la sua
straordinaria versatilità s'indirizza sia alla ricerca d'un cromatismo
che ha dello sperimentale (come nel duo cromatico « Quidnam ebrie­
tas », su un'epistola latina d' Orazio); sia ad approntare arrangia­
menti (Intavolatura de li Madrigali di Verde/otto da cantare et sonare
nel lauto, 1536), i quali dimostrano e ad un tempo insegnano quella
libertà di trattamento degli oggetti musicali; sia a riferire nell' àm­
bito veneto spiritose cante native meridionali (Canzone villanesche
alla napolitana, 1544), atfermando quel genere melico ed assicu­
randone la fortuna nel secolo.
Fecondissimo compositore fu Jacob Clemens non Papa ( 1 5 1 0
ca. - 1556 ca. ) , il cui soprannome servì a distinguerlo d a u n piccolo
poeta, Jacobus Papa, che viveva come lui a Ypern. Nei mottetti
di Clemens - sono più di duecentotrenta - circola una celata incli­
nazione esoterica, anche eterodossa riguardo all' aspetto religioso,
cifrata nel cromatismo segreto implicito nella scrittura.
Gli altri, che contemporaneità e sostanziali affinità etniche, cul­
turali e di comportamento associano: Thomas Crécquillon (m. 1557
ca.); Jean Richafort ( 1 480 ca. -post 1547). E i maestri pienamente
italianizzati: J acques Arcadelt (1504 ca. -post 156 7), attivo a Firenze
e a Roma, il cui madrigale Il bianco e dolce cigno fu da tutti cantato;
Philippe Deslouges detto Verdelot (m. ante 1552), operoso a Venezia
e più a Firenze, che compose anche canzoni e cori per rappresen­
tazioni delle commedie Clizia e Mandragola di Machiavelli; J acques
Buus (inizio sec. XVI - 1565) a Venezia, ove ebbe la carica di secondo
organista in S . Marco; Cipriano de Rore; Jachet da Mantova ( 1495
ca. - 1 559), francese, assurto nel 1534 al magistero musicale nel
duomo della città padana, artefice dallo stile nitido e dall'espres­
sione gentile, che anticipa molti aspetti della pura funzionalità del
linguaggio polivocale palestriniano; e i tre musicisti che si conten­
dono nelle fonti il nome Mais tre Jean, da distinguere in Giovanni
Nasco (?- 1 5 6 1 ) , Jean Le Cocq ( 1 494 ca. - ?) , Jahn Gera.
IN fRANCIA : LA " cHANSON " PARIGINA 41

15 • I N FRANCIA: LA " CHANSON " PARIGINA

Le culture musicali europee che acquistano risalto dopo il primo


ventennio del Cinquecento sono dunque molteplici, e distinte fra
loro, e dalla linea fiamminga, per l'uso della lingua o per l'esposi­
zione di qualità di comunicazione e di programmi stilistici appro­
priati alla rispettiva nazione. Musica francese colma i cataloghi del­
l'editore Pierre Attaingnant. In evidenza la chanson parigina. È
poesia di eminenti poeti: primo è Clément Marot ( 1 496- 1544).
Dichiara temi amorosi, certo, ma anche spunti giocosi e soggetti
realistici. I due musicisti più fecondi sono Claudio de Sermisy ( 1490
ca. - 1 562) e Clément Jannequin ( 1485 ca. - 1 560 ca. ) : nel primo la
tersa delicatezza lirica (« Tant que vivray ») ; nel secondo la vivacità
narrativa e bozzettistica (La chasse, La guerre - con gli effetti imi­
tativi militari, riferibili alla battaglia di Marignano, 1 5 15 , Le
-

chant des oiseaux, Les cris de Paris, e così via) .


Lo stile musicale delle chansons parigine, che si contano a cen­
tinaia, dimostra, rispetto alla sofisticata canzone dei nordici, una
radicale semplificazione, propiziata da una forma, quasi sempre
strofica, che ha abbandonato la fissità strutturale delle /ormes del
passato: linea di canto nitido, su base sillabica, con estesa applica­
zione del ritmo d'inizio detto narrativo (una lunga e due brevi) ,
e con passaggi vocalistici sobri; polifonia a quattro o a cinque voci
omoritmica, che produce lineari successioni accordali, in cui le ani­
mazioni imitative sono rarissime; segmenti formali ritagliati sulla
base della prosodia poetica. Un insieme, oltretutto, d' agevole e dilet­
toso consumo.
Pierre Certon (m. 15 72) e una schiera d' altri sono da citare:
Pierre Cadéac, Jacotin, Jean l' Héritier, Garnier, Passereau, Jean
Maillard, Francesco Layolle ( 1492 - 1540 ca.) - un fiorentino feli­
cemente ambientato in Francia -, Dominique Phinot ( 1 5 1 0 ca. -
1555 ca.) e altri ancora. La corrente s' allunga nel secolo, svariando
fino a Orlando di Lasso ed oltre.
42 IL C INQUECENTO

16 • IN ITALIA : IL MADRIGALE; LE FORME MINORI

In Italia l'esercizio musicale prevalente è il madrigale, che costi­


tuisce non solo il frutto d'una specifica cultura nazionale, ma anche
il campo di straordinarie invenzioni linguistiche ed espressive, di
portata europea e colme di futuro.
La sua genesi sta nell' incontro e nella conciliazione dello stile
frottolesco con le virtù tecniche degli oltremontani: la prima gene­
razione di madrigalisti è formata equamente di nomi franco-fiam­
minghi e di nomi italiani. Venendo dal diffuso modello dello stile
frottolesco, anzitutto le varie linee polifoniche sono fatte vocali,
e conquistano autonomia, ed omogeneità d'insieme (è la fase in
cui s 'intonano canzoni d'una sola stanza, nel terzo decennio del
secolo); entro siffatto campo vocale è immessa e dilaga la scrittura
imitativa; i maestri rivolgono allora ricercato studio alla parola ed
al verso.
Madrigale è anzitutto poesia. E l'invenzione musicale è legata
alla riforma della lingua italiana di segno classicistico propugnata
da Pietro Bembo ( 1 470- 1547); inserita in quel generale processo
di raffinamento e stilizzazione della cultura letteraria italiana, che
si riassume nel termine " petrarchismo " : un atteggiamento questo,
che esercitò influenza profonda e durevole, a latitudine europea.
La forma metrica del madrigale è libera, astrofica; costituita da
versi settenari ed endecasillabi. Sono intonate anche stanze di can­
zone, sestine, sonetti. Il livello letterario è alto e sofisticato: la tema­
dca oscilla fra riflessione lirica su casi soggettivi ed oggettivi d'a­
more, prevalentemente, ed idillio descrittivo o narrativo .
L' intonazione musicale, in assetto polifonico, mira ad apprez­
zare le parole, ed i significati che esse portano. La qualità comuni­
cativa del madrigale musicale spiega la funzione d'esercizio e mes­
saggio sociale ed accademico ch'esso svolse. Larghi e privilegiati
furono difatti la produzione, ed il consumo di madrigali all'interno
d' istituzioni accademiche di varia cultura: l' esempio più tipico è
dato dalla rinomatissima e ben frequentata Accademia Filarmo­
nica di Verona, fondata nel 1543 . Il madrigale si colloca quindi
nella trama dei rapporti all'interno di gruppi, nel punto della comu­
nicazione sia interpersonale sia sociale. Impressionante la sua espan­
sione nell'area italiana; nelle città dilaga, favoritissimo, variamente
IN ITALIA: IL MADRIGALE; LE FORME MINORI 43

adattato mutando la sua forma polivoca, anche, e forse soprattutto,


ad uso dei dilettanti. È musica da camera: ciascuna voce spetta
a un solista, e strumenti informalmente seguono, variano, sosti­
tuiscono i cantori; impropria risulta l'interpretazione corale nume­
rosa, fuorché nel caso di madrigali concepiti per occasioni cerimo­
niali o celebrative.
La stampa che prima ha nel frontespizio il nome della nuova
forma sonora uscl a Roma nel 1530: Madrigali de diversi musici libro
primo de la Serena. In essa, Verdelot è il musicista più rappresen­
tato. Difatti nella prima fase storica, rime di Petrarca (l' archétipo
assoluto), di Jacopo Sannazaro, Pietro Bembo, Ludovico Ariosto,
Giovanni Guidiccioni, del frequentatissimo Luigi Cassola e d ' al­
tri petrarchisti minori, sono intonate dagli oltremontani della quarta
generazione, di cui i principali sono Arcadelt, Verdelot, Willaert,
e dai nativi Sebastiano (m. 1 524) e Costanzo Festa (m. 1545), Giro­
lamo Parabosco (m. 1557 ca. ) , Alfonso Della Viola ( 1 508 ca. - 1570
ca.), e l'eminente Francesco Corteccia (m. 1 5 7 1 ) . Compongono essi
dapprima degli agglomerati veramente vocali, con decorsi collet­
tivi omoritmici appena scollati da imitazioni occasionali - sono ipo­
tizzabili interventi di contrappunto e di passaggi a mente.
Dopo il quarto decennio si diffonde l' abitudine di notare uni­
formemente la musica anche con figure di valore dimezzato nel
tactus ordinario c , che sostituisce il tempo alla breve �· Quei madri­
gali sono detti allora « a note nere » o « a misura breve » o « croma­
tici », non perché siano praticate alterazioni cromatiche, ma per
la colorazione, l' annerimento delle figure cave (come da minima
a semiminima) . Si danno note nere a parole poetiche che alludono
a quella tinta: ed è musica visiva, per l'occhio. Ed in maniera sem­
pre più generalizzata tende la musica nei madrigali a dipingere le
parole secondo i loro significati realistici; le figure melodiche coniate
per tale finalità d ' illusione descrittiva o d 'imitazione veristica
saranno poi chiamate appunto « madrigalismi » (cfr. Lettura n. 12) .
Il ritmo v i è più frastagliato, mobile. Sincopi e d altri accorgimenti
contribuiscono ad un' animazione discorsiva. Gli episodi composti
su motivi sono architettati in maniera attenta a una corretta let­
tura ed esposizione del discorso poetico. Per queste vie, si verifica
nel madrigale il programma di esperire ed annettere al mondo della
musica aspetti della realtà naturale e di quella psicologica. Nel con­
tempo, in area romana specialmente, è valorizzata una specie di
44 I L CINQUECE NTO

madrigali denotati « ariosi »: stile terso, linee cantabili basate su


stereotipi melodici, scorrevole insieme declamatorio.
Questa età mediana del madrigale annovera prestigiosi rappre­
sentanti. Andrea Gabrieli ( 15 10- 1586), Vincenzo Ruffo ( 1 5 10-
1587), Nicola Vicentino ( 15 1 1 - 1572), Palestrina ( 1 524/5-1 594) ,
Annibale Padovano ( 1 527- 1 5 75), Costanzo Porta ( 1529- 1601),
Claudio Merulo ( 15 3 3 - 1 604) .
Figura centrale risalta Cipriano de Rare ( 1 5 16- 1565 ) . Fiam­
mingo, forse d 'Anversa, fu discepolo di Willaert a Venezia. Già
nel 1547 è maestro della cappella ferrarese, con gli Este. Fra il 1561
e il 1 5 63 serve i Farnese a Parma; succede nel 1563 a Willaert;
ma ritorna a Parma nel 1564 e vi muore l' anno seguente. Propria
di Rare è la volontà d 'individuare con i segni musicali il conte­
nuto comunicativo della poesia; di tradurre con aderenza e sensi­
bilità, e persino con enfasi, il dettato poetico, trascurando even­
tualmente, a vantaggio dell'esposizione della poesia, la regolarità,
la correttezza della sintassi compositiva, addirittura. Divergente
in questo dalla tradizione scolastica fiamminga, dal classicismo alla
Palestrina, Cipriano appare l'iniziatore alla lontana di quell' atteg­
giamento, che compendierà la formula monteverdiana « seconda
pratica ». I madrigali « O sonno, o della quieta umida ombrosa »
sonetto di Giovanni Della Casa; « Crude! acerba inesorabil morte »,
sestina del Petrarca; e il ciclo formato con le singole stanze dell'ul­
tima del Canzoniere petrarchesco <� Vergine bella » ( 1 548), che pro­
pone un modello destinato a diventare un luogo comune dei madri­
galisti.
L' arte e la cultura dei maestri del madrigale della generazione
seguente appartengono all'estrema stagione cinquecentesca del Rina­
scimento declinante. In quell'ultima fase di alta maturità e ricchis­
simo potenziale linguistico il madrigale gode di una larga diffu­
sione ed ha imitazioni fuori d ' Italia.
Fiorisce anche una produzione lirica musicale meno illustre e
complessa, benché sempre cortese e colta: nelle villanelle, nelle can­
zonette, caratterizzate da forme più semplici e da comunicazioni
più lievi. Prendono avvio dali' elaborazione di semplici melodie,
spesso riprese da fonti semipopolari, quelle delle villanesche regio­
nali, e specialmente napoletane. La prima stampa collettiva, Can­
zoni villanesche alla napoletana ( 1 5 3 7), dà inizio ad una tradizione
che si prolungherà oltre il secolo . Furono autori egregi fra i primi
IN GERMANIA: IL " LIED " 45

Giovan Tomaso di Maio (m. 1563), Gian Domenico da Nola (15 10


ca. - 1592), Tomaso Cimelio (m. 1 5 79). Poi Willaert, Baldissera
Donato ( 1 5 3 0 ca. - 1603 ca. ) , Lasso, Marenzio. Le villanelle into­
nano testi agili, briosi; o descrittivi; oppure esprimenti delizie e
pene d' amore: strofici; non di rado inizialmente dialettali o in lin­
gua mista. L' apparato è a tre voci (o anche quattro), in una dispo­
sizione contrappuntistica facilitata; la forma cantabile sobriamente
modellata sui versi.
Più esplicito fine di divertimento e d' arte di compagnia dimo­
strano altri generi assai prossimi alla villanella: giustiniana, veneta;
grechesca, in veneto e greco; villotta; moresca, da ballo; berga­
masca e todesca, il cui nome indica la particolarità linguistica ed
etnica, sfruttata per spasso. S 'immagina qui anche un ricco poten­
ziale mimica e rappresentativo.
Alquanto più raffinata è l'arte della canzonetta, in cui eccel­
lono Giuseppe Caimo ( 1540 ca. - 1 5 84) e Orazio Vecchi. Un' inte­
ressante variante è la canzonetta spirituale, d'ispirazione religiosa.
Straordinario successo mondano, con diffusione del modello in
tutta Europa, incontrò verso la fine del secolo il balletto, agile poli­
fonia strofica su versi vivacissimi, punteggiati da sillabazioni senza
senso (« falilele ») : massimo compositore un artista di grandi e vari
meriti, Giovanni Giacomo Gastoldi ( 1555- 1 609) .

17 • IN GERMANIA : IL " LIED "

La musica nazionale germanica è rappresentata dal Lied (can­


zone) . Si distingue la Hofweise (cortese) dalla Volkweise (popolare);
e si riconoscono i Gesellschaftslieder (canti di compagnia) . La sto­
ria del Lied rinascimentale si snoda in più fasi.
Nella seconda metà del Quattrocento sono compilate anto­
logie a mano che comprendono importanti nuclei liederistici, mo­
nofonici o polifonici, oppure senza testo: Lochamer Liederbuch,
Schedelsches Liederbuch, Glogauer Liederbuch. Nelle composizioni
prevale la tradizionale Baiform già dei Minnesiinger (tripartita in
strofe-strofe-congedo) .
L'epoca dell' imperatore Massimiliano I ( 1 4 93 - 1 5 19) annovera
distintissimi compositori di Lieder: Adam von Fulda ( 1 445-1 505),
Isaac, Paul Hofhaimer ( 1 459- 1 5 3 7 ) , Heinrich Finck ( 1 445 - 1 527),
46 IL CINQUECENTO

ed altri. Nelle loro composizioni accenti garbati ed ilari; delle quat­


tro voci in giuoco, la melodia del soprano è elegantemente rifinita.
Dal 1507 Peter Treibenreif (Petrus Tritonius) pubblica intonazioni
di odi e d'epodi di Orazio nell'originale latino, a quattro voci dispo­
ste a nota contro nota, in cui il compositore tende a restaurare la
scansione metrica antica, secondo un programma di preciso segno
umanistico. Frattanto fioriscono in Germania le salde e organiz­
zate corporazioni cittadine dei Meistersinger (maestri cantori) . Com­
pongono e cantano Lieder a voce sola, seguendo le rigide norme
grammaticali d'un codice detto Tabulatur. Hans Sachs ( 1 494- 1576)
compose più di seimila di quei canti.
Della terza fase il principale è Ludwig Senfl ( 1486 ca. - 1542/3 ) .
Allora i n collane musicali a stampa numerose e piene di nuovi minori
autori s'esprime l'educata cultura d'un piccolo patriziato o d'una
borghesia cittadina. Il melodizzare è ora duttile, il contrappunto
più sagace: è questo il momento più alto della cultura profana ger­
manica rinascimentale. Difatti l'epoca seguente, illustrata dai mae­
stri lvo de Vento ( 1544 ca. - 1575), Matthaus Le Maistre (m. 1577),
Antonio Scandello (m. 1 5 80), Jacob Regnart (m . 1 5 99), Leonard
Lechner (m. 1 606) , e dai superiori Orlando di Lasso e Hans Leo
Hassler (m. 1 6 12), è contrassegnata dall'avanzante suggestione del
madrigale, della villanella e del balletto italiani, a scapito dei carat­
teri nazionali originali.

1 8 . IN SPAGNA

La musica in Spagna accoglie nel Quattrocento influenze di due


culture: di quella franco-fiamminga; e di quella italiana, la cui
affluenza è agevolata da quando Alfonso V d'Aragona è re di Napoli
( 1 442) . Il musicista spagnolo più attivo a N apoli è Johannes Car­
nago (Missa de la mapa mundi) . La caratterizzazione autonoma s'ac­
centua con il domino dei re cat6licos, Ferdinando d'Aragona e Isa­
bella di Castiglia, sposi nel 1469. Fioriscono forme nazionali, il
villancico ed il romance. Il repertorio è tramandato in vaste colle­
zioni manoscritte e in un' edizione a stampa tardiva. Il Cancionero
Musical de Palacio (Madrid, Bibl. del Palazzo Reale) riflette il reper­
torio della casa del duca d'Alba; il Cancionero della Biblioteca
Colombina fu acquisito nel 1534 da Ferdinando Colombo, figlio
IN SPAGNA 47

di Cristoforo, per la sua ricchissima raccolta bibliografica a Sevilla;


il Cancionero Musical y Poético (Elvas, Bibl. Publica Hortensia) con­
tiene canti profani spagnoli e portoghesi, anonimi, ma molti attri­
buibili a Juan del Encina ed a Pedro Escobar ( 1465 ca. - post 1535);
il manoscritto 454 della Bibl. Centrai di Barcelona comprende brani
profani e sacri, di spagnoli e di stranieri; molto rappresentato il
repertorio sacro nordico nel Cancionero Musical della Cattedrale
di Segovia; infine il Cancionero di Upsala è una collezione a stampa,
edita a Venezia nel 1556, ma riflettente un repertorio di svariati
anni anteriore. In quasi tutte le fonti scritte, canti in lingua latina,
italiana, francese si affiancano a brani su testi spagnoli. Moltis­
simi sono anonimi. E fra i musicisti nativi nominati, Anchieta, Esco­
bar, Pefialosa, Pance, è eminente Juan del Encina (Juan de Fer­
moselle, 1 468/9 - post 1529), il quale visse per molti anni a Roma.
Lo stile musicale del villancico è affine a quello della frottola
italiana. La melodia del canto vi è privilegiata, appoggiata ad un
basso, che regge un buon telaio d' armonie, realizzate dalle voci
interne. n decorso orizzontale s'orienta secondo procedimenti avanti
lettera tonali. La forma generale è suddivisa nella tradizionale bipar­
tizione: estribillo (ripresa) e cabla (stanza) . D'altronde vi sono vil­
lancicos costruiti su schemi di danze, come passamezzo, o /olia.
Di Encina è l' esemplare « Oy comamos y bebamus » su quella trac­
cia di /olia, che userà Corelli nell'ultima sonata dell'op. v .
Romances sono poemi narrativi in molte strofe. Le strofe sono
quartine, e la musica consta pertanto di quattro segmenti canta­
bili, da replicare quante volte occorra. La ripetizione offre l'op­
portunità, lo stimolo d'eseguire variazioni a mente, arte nella quale
gli spagnoli diedero prove altissime. Esempio del fine Encina Tri­
ste Espaiia, un romance composto per commemorare Isabella la Cat­
tolica. Villancicos e romances s'intonavano pure durante la recita
teatrale di eglogas o representaciones, nel segno d'un'originale voca­
zione teatrale musicale .
Durante il secolo XVI anche la Spagna conobbe il fenomeno gene­
ralizz·ato dell'infiltrazione dello stile del madrigale (Joan v asquez,
1500 ca. - 1 560 ca. , e Joan Brudieu, 1520 ca. - 15 9 1 ) . Madrigali in
italiano e in catalano s' affiancarono alle composizioni di genere
autoctono.
48 IL CINQUECENTO

1 9 . I N INGHILTERRA

La musica d'Inghilterra ha caratteri e svolgimenti propri, distinti


dalle altre civiltà. Non è, ad esempio, così assoggettata all'impres­
sionante influenza dell'arte nordica continentale; ma d' altronde
la musica profana non lascia sì ampie tracce scritte.
All'inizio del secolo quindicesimo fiorisce John Dunstable (1380
ca. - 1453), che Tinctoris definì « novae artis fons et origo » (fonte,
origine d'un nuovo stile), qualificandone la genialità innovatrice
e riconoscendone l'influenza, specie sui borgognoni (l' ammiratis­
sima intonazione di « O rosa bella », di L. Giustinian) . Reagendo
al formalismo dello stile gotico tardo, Dunstable fonde il compli­
cato contrappunto lineare ed il rigore ritmico dell'ultima ars nova
francese con il senso della consonanza armonica propria della po­
lifonia inglese . È un maestro del primo Rinascimento musicale;
che proietta decisa influenza sullo stile dei musicisti borgognoni.
Accanto a lui, Bedingham (m. 1459/60), Lionel Power (m. 1445 ) .
Scarseggiano informazioni poi sino alle soglie del secolo sedi­
cesimo. Allora, sollecitata dal favore di re Enrico VIII, musicista
egli stesso, appare una buona produzione di carols, ballads, e can­
zoni cortesi. Rarefacendosi l'impegno creativo profano, o l' ambi­
zione di trasmetterne per iscritto i modelli, si riconosce notevole
il repertorio di musica sacra. Quello che precede l' inizio della
riforma anglicana - si rammenti che Enrico VIII rompe definiti­
vamente con Roma nel 1534 - è accolto soprattutto nell' Eton Choir­
book (Eton College, ms. 1 7 8 , redatto fra il 1 490 ed il 1502), ove
trovansi antifone, Magnificat, una Passione secondo Matteo, ma non
messe o parti di messa. Le strutture formali sono comuni; ma il
profilo melodico è florido, ed ampiamente autonomi gli snodi delle
voci. Per esempio, l' antologia inizia con « O Maria Salvatoris mater»
di John Browne: le otto voci del tessuto polifonico ordito sul can­
tus /irmus non si scambiano imitazioni, ed avanzano equamente
animate da figure sottilmente frazionate e ritmicamente mosse; il
brano è diviso nettamente in episodi differenti .
Anche Robert Fayrfax ( 1 464- 1 5 2 1 ) , che è fra i maggiori com­
positori, sfoggia la medesima inclinazione stilistica, ad esempio,
nel Magnificat Regale. Compendia questa stagione musicale John
Taverner ( 1 495 ca. - 1545), che tende a temperare la sinuosa mobi-
I N INGHILTERRA 49

lità delle voci, serrandone la ricca materia melodica entro strut­


ture più razionalizzate.
Dopo il 1534 si verificano in Inghilterra violente alternative
ideologiche ed organizzative (Enrico VIII, relativamente tollerante;
Edoardo VI avverso alla polifonia sacra; la restaurazione cattolica
di Maria Tudor, 1 5 5 3 ; fino ad Elisabetta che stabilì religione di
stato quella anglicana) che influirono su gli indirizzi e l ' operosità
musicale. Dei compositori, il più notevole in questa fase è Tho­
mas Tallis ( 1 5 05 ca. 1585), versatile e fecondo . Declina alquanto
-

l'uso del latino: i mottetti, ora più rari, serbano una trama con­
trappuntistica ed imitativa alquanto elaborata. E mentre va dispa­
rendo la messa come opera liturgica e musicale, fiorisce la compo­
sizione di anthems, di Anglican Services, e anche di più semplici
lavori corali per funzioni devote collettive in stile prevalentemente
omoritmico. Tallis è pure autore di una trentina di pezzi per stru­
mento da tasto. Nell'epoca poi del regno d'Elisabetta I ( 1558- 1603)
la cultura musicale riprenderà uno slancio impressionante .
IV • LA MusIc A sTRuMENTALE
20 • PROGRESSI ED EMANCIPAZIONE DELLA MUSICA STRUMENTALE

Alle soglie del secolo xv la musica strumentale, sì largamente


documentata per via indiretta dalle cronache e dall'iconografia, non
ha ancora un repertorio scritto proprio e specifico, salvo troppo
rare eccezioni (come le danze riferite da Johannes de Grocheo (cfr.
vol . II, § 30); o i brani del frammento Robertsbridge; o le musi­
che del cod. di Faenza 1 1 7 , compilato intorno al 1 420, che riflette
il gusto degli organisti ferraresi capitanati da Bartolomeo da Bolo­
gna: qui i primi saggi scritti di composizioni liturgiche - Kyrie,
Gloria - arrangiate per la tastiera dell'organo, inclusi modelli di
esecuzione altematim) . E la prassi strumentale risulta suddivisa
finora, e ancora, fra musiche di danza e adattamenti di composi­
zioni vocali. Inoltre squilli e richiami, e ritmi di processione o di
marcia risuonano nelle cerimonie pubbliche delle città, eseguiti da
compagnie di « trombetti e tromboni », come normalmente erano
chiamate le piccole fanfare al servizio delle signorie o delle comu­
nità civili. Si hanno dunque: l ) musiche propriamente strumen­
tali; 2) musiche per sonare e cantare, raddoppiando o sostituendo
voci con strumenti; 3) musiche per sonare, sostituendo le voci con
s trumenti o compendiandole su uno strumento solo (intavolatura) .
Quest' ultima prassi non consiste peraltro nella traduzione pura e
semplice di brani vocali, dai quali siano cancellate le parole; la mate­
ria sonora, sia canto solo sia canto a più voci, è bensì oggetto di
variazione, e di parafrasi, e di concreto adattamento al mezzo mec­
canico di riproduzione. È il criterio che guida la fattura dei modelli
nel manuale Fundamentum organisandi di Konrad Paumann ( 1452),
nel cod. Squarcialupi di Firenze ( 1 460 ca. ) , e nel Buxheimer Orgel­
huch (1470 ca.), nel quale appaiono, accanto ad elaborazioni, ori­
ginali forme di Prà'ambel organistico.
Nel corso del Cinquecento si realizza gradualmente l'emanci­
pazione dell' arte strumentale dalla vocale. L' autonomia e la ricerca
nel nuovo campo sonoro, oltre a procurare una produzione speci­
fica in rapida impetuosa espansione, comportano una forte carica
54 LA MUSICA STRUM ENTA L E

rivoluzionaria per il linguaggio : ad esempio la stabilità dell'into­


nazione delle dissonanze prodotte dall'emissione strumentale, e di
conseguenza l'arricchimento del lessico dell' armonia; l' accordalità,
propiziata da strumenti d'uso comune come ad esempio il liuto,
e la sensibilità armonico-verticale che si attiva; il frazionamento
e la distinzione dei colori, dei timbri, e le relative strategie di con­
certazione per gli insieme di più strumenti. Anche se, quando si
tratti di associazioni polistrumentali, i compositori non intendono
definire con assolutezza gli strumenti ai quali le composizioni sono
destinate («per ogni sorte di strumenti » è l'espressione che si legge
comunemente nei titoli editoriali) ; e l' assegnazione timbrica rimane
affidata alle disponibilità, alle circostanze ambientali, o al giudi­
zio ed alla discrezione degli esecutori. (Qualcosa di questa inde­
terminatezza s'ha pure nel campo delle tastiere) .
La distribuzione geografica e cronologica risulta sinteticamente
come segue. L' avvio è italiano : i libri di liuto editi dal Petrucci
fra il 1507 e il 1508 con le composizioni di Francesco Spinacino,
(m. post 1507), Giovan Maria Alemanno (perdute) e Giovan Ambro­
gio Dalza; la collana di Frottole intabulate da sonare organi (Roma
1 5 1 7 , Andrea Antico) ; Ricercari, motetti, canzoni di Mare' Anto­
nio Cavazzoni (Venezia 1523) per organo.
Nel filone liutistico, del 1 5 3 6 è il primo libro dell'insigne
Francesco da Milano. Seguono le antologie ave san rappresentati
Francesco e Pietro Paolo Borrano, e Marco d'Aquila; e dal 1546
la generazione di Giovan Maria da Crema, Julio Abondante, Perino
Fiorentino ( 1 5 2 3 - 1552) . Per tastiera, le invenzioni di J. Buus e di
Marc'Antonio e Girolamo Cavazzoni ( 1 5 10 ca. -post 1 5 7 7 ) . Per
insieme i duo, le fantasie, i ricercati di Willaert, Giulio Segni, Giu­
liano Tiburtino ( 15 1 0 ca. - 1569) .
Forte espansione nella seconda metà del secolo. Il liuto di Gia­
como Gorzanis ( 1 525 ca. - 1 578 ca. ) , Vincenzo Galilei, Joan Paco­
lini, Giovanni Antonio Terzi (m. post 1599); le tastiere di Andrea
Gabrieli, Claudio Merulo, Annibale Padovano, Luzzasco Luz­
zaschi ( 1545 ca. - 1 607) . E le musiche per concerto strumentale
di A . Gabrieli, Giuseppe Guami, V. Ruffo, Giovanni Gabrieli,
Adriano Banchieri, Lodovico Viadana ( 1 5 60 ca. - 1 62 7), con cui
ci si affaccia nel secolo nuovo.
Il gusto strumentale francese, i cui frutti entrano nelle edizioni
di Attaingnant, e degli altri celebri editori del secolo, inclina da
PROGRESSI ED EMANCIPAZIONE DELLA MUSICA STRUMENTALE 55

un lato all' arte cortese e domestica del liuto, illustrata da Alberto


Ripa (Albert de Rippe, 1480 ca. - 1 55 1 ca., un mantovano infran­
ciosato alla corte di Francesco 1), Adrian Le Roy ( 1520 ca. - 1 5 98)
e Guillaume de Morlaye ( 1 5 1 5 ca. -post 1560) , e dall' altro all' arte
favoritissima della danza, su musica d' assieme.
Prediletta in Germania è la produzione organistica, che risulta
dalle molte antologie redatte a mano, dopo l'intavolatura di Arnold
Schlick ( 1 5 12) . Eminente Paul Hofhaimer. Mentre nella seconda
parte del secolo l' arte dell' ornamentazione virtuosistica è esaltata
dalla scuola dei Koloristen. Abili liutisti germanici, in due gene­
razioni: Hans Judenkiinig ( 1450 ca. - 1 526) , Hans Gerle ( 1 500
ca. - 1 5 70), Hans Newsidler ( 1 5 08/09 ca. - 1 563); e Melchior New­
sidler ( 1 5 3 1- 1590), Matthaeus Waissel ( 1540 ca. - 1 602), il virtuoso
d'Ungheria Balint Bakfark ( 1 507- 15 76) .
Solamente verso la fine del secolo s' inizia una continua tradi­
zione di composizione di danze d' assieme, la Orchestersuite.
Sette grandi intavolature di vihuela de mano, a corde pizzicate,
ed alcuni libri di musica per tastiera raccolgono il repertorio stru­
mentale spagnolo . Le prime, di Luis Milan ( 1 536), Luis de Nar­
vaez ( 1 5 3 8) , Alonso Mudarra ( 1 546) , Enriquez de Valderrabano
( 1 547), Diego Pisador ( 1 552), Miguel de Fuenllana ( 1 554), Este­
ban Daza ( 1 5 76) ; fra i secondi, su tutti il libro nel quale Hernando
de Cabez6n pubblicò i capolavori del padre, l'organista cieco Anto­
nio, nel 1578.
In Inghilterra la musica strumentale fiorisce nell'età elisabet­
tiana, sul virginale ed altre tastiere, nelle composizioni per liuto
solo, e per canto e liuto, e per consort.
In parallelo con quell'impetuoso sviluppo appaiono esemplari
manuali e trattati teorici: A. Schlick, Spiegel der Orgelmacher und
Orge! ( 1 5 1 1 ) ; S . Virdung, Musica getutscht ( 1 5 1 1 ) ; M. Agricola,
Musica instrumentalis deudsch ( 1529); S. Ganassi dal Fontego, Fon­
tegara la quale insegna a sonare di flauto ( 1 5 3 5) ; Id. , Regola Ruber­
tina. [l] Regola che insegna sonar de viola ( 1542) , [Il] Lettione Seconda
pur della prattica di sonare il vialone d'arco da tasti ( 1 543); D . Ortiz,
Tratado de glosas sobre clausulas y otros generos de puntos en la musica
de violones ( 1 5 5 3 ) ; V. Galilei, Fronimo [ . . . ] regole del intavolare la
musica nel liuto ( 1 5 68); Id. , Fronimo [ . . . ] l'arte del bene intavola-
re et rettamente sonare la musica negli strumenti artificiali ( 1 584) ;
56 LA MUSICA STRUMENTALE

G . Diruta, Il Transilvano. Dialogo sopra i l vero modo di sonar organi


et istromenti da penna (I, 1593; II, 1 609- 1 0) .
Va rammentata qui l'usanza di " diminuire " , fiorire con floridi
passaggi ed inflessioni ornamentali le linee melodiche scritte, quando
s' esegue. Era prassi veramente comune, sia strumentale, e sia pure
vocale. È arte di decorazione sonora; ed è contrassegno d' abilità,
se non di virtuosismo esecutivo. Ne son dati esempi scritti per
esteso; e risulta normalizzata in alcuni diffusi manuali del secondo
Cinquecento, come quelli più maneggevoli di Girolamo Dalla Casa,
Il vero modo di diminuir ( 1584); Giovanni Bassano, Ricercate pas­
saggi et cadentie ( 1 5 85 ) ; Riccardo Rognoni, Passaggi per potersi eser­
citare nel diminuire (1592); Giovanni Battista Bovicelli, Regole, pas­
saggi di musica ( 1594); ed altri ancora e dopo .

2 1 • fORME DELLA MUSICA STRUMENTALE

La fattura delle forme strumentali svaria dal semplice ricalco


delle voci a forme d'invenzione autonoma; quindi: l) trascrizione
fedele del modello cantabile; 2) parafrasi ornata del modello; 3)
variazioni; 4) composizione strumentale originale. Ed in quest'ul­
tima le varie disposizioni: a) assunzione di progetti formali dal
campo vocale; b) indipendenza da modelli; c) intenzione di valo­
rizzare le potenzialità tecniche e foniche dello strumento. Entra
nel quadro anche la funzione d' accompagnare la voce, assolta da
strumenti. E vi entra pure, in posizione preliminare per le sue fina­
lità d'istruzione e d ' addestramento, la produzione dei duo didat­
tici, « musica a due voci», « per sonare » (Eustachio Romano, Ago­
stino Licino, Bernardino Lupacchino e Joan Maria Tasso, Pietro
Vinci [1535 ca. - 1584], Grammatio Metallo [1539/40 -post 1 6 15]).
- Trascrizione. Costituisce l'eventualità meno originale del reper­
torio strumentale. È la semplice intavolatura delle linee vocali, in
uno spartito per liuto o per tastiera. È tipica per accompagnare
(es. Tenori e contrabassi intabulati col sopran in canto figurato, a cura
di Franciscus Bossinensis, I 1509, II 15 1 1) . Ma quando è devo­
luta a soli strumenti meccanici, l ' arrangiatore sovrappone fioriture
e svariati ornamenti alla struttura originaria: passaggi, tirate, trilli ,
gruppetti e altri abbellimenti. Maestri del liuto d a Spinacino, Dalza
a V. Galilei, A. Le Roy; fino al virtuosismo stilizzato d'un Fran-
fORME DELLA M USICA STRUMENTALE 57

cesco da Milano o d'un Balint Bakfark. Alle tastiere, dalle ano­


nime elaborazioni dei prototipi editi dall'Antico, o da Pierre Attain­
gnant, alla specifica corrente dei Koloristen germanici alla fine del
secolo .
- Parafrasi polifonica di melodie tradizionali. Più di tutte è usata
l'elaborazione contrappuntistica all'organo di segmenti di canto
piano, per il servizio religioso comune : messe, parti di messe, parti
del Proprio, e dell'Ufficio . Tali forme strumentali possono parte­
cipare all'esecuzione alternatim: un versetto cantato, un versetto
parafrasato sull'organo . Derivate dalla stabilizzazione di pratiche
occasionali d'organisti ecclesiastici, hanno modelli svariati: il canto
è ornato, e accompagnato; il canto funge da cantus /irmus d'una
trama di contrappunti; i segmenti trattati sono fatti motivi d'epi­
sodi polifonici concatenati. Composizioni altamente funzionali
appaiono ovunque: si distinguono gli italiani Girolamo Cavazzoni,
e poi A. Gabrieli, C . Merulo, Antonio Valente; e gli spagnoli J.
Bermudo (15 10 ca. - 1565 ca.), e il sommo A. de Cabez6n. Gli orga­
nisti del secondo Cinquecento sfoggiano ricchissima inventiva nella
manipolazione dei canti dati, nella germinazione di nuovi motivi,
nelle strategie compositive: sì da toccare un punto avanzato di al­
lontanamento e di emancipazione dell'arte strumentale dai suoi
archètipi.
- Variazioni e cicli di variazioni. Alle tecniche già usate, durante
il secolo sedicesimo s' affianca quella d' applicare numerose parziali
mutazioni successive a concisi spunti tematici comuni, arie, schemi
di danze. La variazione s' attua a vari livelli: sia nella linea della
melodia, o del basso, sia in aspetti dell'assetto armonico dell'ac­
compagnamento sia con l' addizione di figurazioni accessorie. Risul­
tano variazioni di due specie: ininterrotte (su passamezzo, ruggiero,
romanesca, /olia, e simili; ground) , o separate (es . le variazioni di
canti nazionali inglesi di Byrd) . All'arte di variare appartengono
anche le coppie di danze formate dall' originale e dalla sua ripeti­
zione in ritmo ternario; e successioni di danze tutte sostanziate
del medesimo materiale melodico .
I saggi liutistici di Dalza, già nel quarto libro petrucciano del
1508, e alquanto più tardi di ] . Abondante, D . Bianchini ( 1546) ,
G. Gorzanis ( 1 5 6 1) propongono cicli continuati di variazioni di
modelli, o su motivi ricorrenti. Laddove i maestri francesi preferi­
scono la coppia di danze, di cui il double è la ripetizione ornata
58 LA M USICA STRUMENTALE

del modello. La grande arte spagnola inizia dalle diferencias su inni


gregoriani, villancicos e romances di Luis de N arvaez (Delphin de
musica, 1538); Mudarra ( 1508 ca. - 1580), Valderrabano ( 1500 ca. ­
post 1577), Ortiz; culmina nelle smaglianti invenzioni organisti­
che di A. de Cabez6n ( 1 5 78). L'inclinazione dei maestri inglesi
del golden age al metodo della variazione è marcata: i virginalisti
]. Bull, G. Farnaby, O . Gibbons e W. Byrd propongono molte
specie di variazioni di temi popolari nazionali, di danze, di bassi
di danze italiane .
- Canzone, o canzone "da sonar "; o, tardi, sonata. All'origine
è l'intavolatura di chansons polivoche: canzone " da sonar " . Come
sembra ancora nelle due opere prime di Marco Antonio ( 1523) e
Girolamo Cavazzoni ( 1542) . Avanzando, risultano composte senza
più seguire modelli specifici. È forma polifonica omogenea e bilan­
ciata, architettata in episodi costruiti su motivi che spiccano ben
disegnati (il ritmo iniziale è spesso quello dattilico " narrativo " ,
una lunga e due brevi) . Gli episodi sono giustapposti a contrasto:
episodi elaborati con imitazioni successive contrapposti ad episodi
accordali; sezioni portate da ritmo ternario opposte a sezioni con
•ritmo binario . Sotto il profilo esecutivo, sono distinte canzoni da
sonare soli, devolvendo tutte le parti ad un solo strumento, e can­
zoni da sonare insieme, affidando ciascuna parte ad uno strumento
differente. Al repertorio di quelle solistiche contribuirono A.
Gabrieli e C . Merulo; canzoni per insieme furono composte da N.
Vicentino, Marco Antonio Ingegneri, Florentio Maschera ( 1540
ca. - ? 1 584) , C . Merulo, G . Gabrieli.
- Ricercare, fantasia, "tiento " . Son forme abbastanza prossime
a quella della canzone, ma più libere nell'invenzione degli episodi
e nello snodo architettonico della forma grande. I saggi maturi sono
fatti di episodi imitativi, fra loro congiunti appunto senza schemi
prestabiliti e convenzionali . All'origine, tuttavia, ricercare era un
breve giro di suoni con carattere vago d' introduzione improvvi­
sata: ricercare il tono, il tema della composizione - vocale - che
segue, toccando l'istrumento; nei liutisti italiani Spinacino, Dalza,
Bossinensis, Vincenzo Capirola; e sull'organo di M. A. Cavazzoni.
Gradatamente, la forma del ricercare, affine alla fantasia, è fatta
più articolata e frazionata: F. da Milano, M. d' Aquila, Giacomo
Fogliano (1468- 1548). Nel quinto decennio del secolo la forma defi­
nitiva è determinata: risente, con gli indispensabili adattamenti
foRME DELLA MUSICA STRUMENTALE 59

e riduzioni, delle tecniche mottettistiche fiamminghe della gene­


razione di Gombert e Willaert; e si fa luce una struttura promet­
tente, il ricercare monotematico. Punto d'inizio è la collezione
Musica nova accommodata per cantar et sonar sopra organi et altri
strumenti ( 1540), con lavori di Willaert, Girolamo Parabosco, Giulio
Segni. La nuova tecnica dilaga favorita ovunque: in Italia con ] .
Buus, A. Padovano, A. Gabrieli, Merulo; in !spagna, con Bermuda,
Cabez6n; in Germania; in Inghilterra, con Bull, Gibbons, Byrd;
e molti altri ovunque.
- "Priiambel ", preludio, intonazione, toccata. Germinano in
maniera autonoma dall'esercizio proprio degli strumenti, con la fun­
zione originaria di precedere e preparare l'esecuzione di altri pezzi,
normalmente vocali. La qualità d'improvvisazione estemporanea
favorisce la brillante manualità dei veloci od elaborati disegni sonori;
vi sono applicate tecniche esecutive, e compositive, dipendenti dalle
peculiarità costruttive e timbriche dei singoli strumenti, e pertanto
del tutto irriducibili alla dimensione vocale. Preamboli e preludi
risuonano più di tutto su liuti e su tastiere, sciolti in vivaci pas­
saggi. Intonazione è musica d' organo, negli esempi notevoli dei
due Gabrieli: fatta di successioni d ' accordi statici, congiunti da
rapide corse delle mani sulla tastiera.
Nella toccata, il progetto originario di bravura manuale è arric­
chito - dai maestri d'area veneta A. Padovano, Merulo, dai Gabrieli
- dall'intromissione di episodi polifonici imitativi, o da sezioni nelle
quali passi d' abilità san isolati e trattati come motivi.
- Danze. La loro tradizione scritta nel Cinquecento è multi­
forme: va dal semplice enunciato d'un ridotto schema lineare armo­
nico e ritmico, da servire per comporre " a mente " , ad elaborazioni
d'elegantissima finitezza - il culmine nell'arte dei virginalisti inglesi.
A mano a mano che cresce la stilizzazione d'arte, regredisce la fun­
zione di ballo. La danza può essere proposta singolarmente, o seguìta
da un double, che la vari; od appaiono danze congiunte a due a
due; o danze disposte in serie più numerose . Per ogni specie di
strumenti, e d'insieme. Dovunque in Europa; con un' accentuazione
nell' area francese e fiamminga. Danze singole: bassa danza, tour­
dion, branle, pavana, gagliarda, passemezzo. Le più comuni cop­
pie: pavana e gagliarda; passemezzo e saltarello; oppure anche calata
e piva. Fiorisce la consuetudine di coordinare fra loro danze diverse,
componendone una suite: un progetto pieno d' avvenire nel domi­
nio della composizione strumentale (cfr. Lettura n. 20) .
V•R r F O R M A E C o N T R O R I F O R M A
22 • LA MUSICA NELLA RIFORMA E IL CoNCILIO m TRENTO

La musica, compagna della liturgia e di altri atti di devozione


e di preghiera, è coinvolta negli scismi religiosi che dividono la cri­
stianità occidentale nel secolo sedicesimo. Questi ebbero effetti
più sostanziali sulla prassi musicale nell'àmbito della chiesa evan­
gelica luterana; mentre il riformatore Calvino concesse esiguo spazio
al canto, nei riti della sua Chiesa. Conseguenze anche nella Chiesa
cattolica. Tutte le trasformazioni, dissimilazioni e separazioni avven­
gono con processo graduale, e non repentino .

23 • LA RIFORMA

Martin Lutero ( 1 483- 1546) fu colui che compì il primo gesto


decisivo affiggendo (3 1 ottobre 1 5 1 7) le 95 tesi critiche alla porta
della cattedrale di Wittenberg. Era ottimo conoscitore di musica;
sonava egregiamente il liuto e il flauto traverso; era un ammira­
tore sviscerato di Josquin . Compone poesie religiose; e v' applica
melodie originali - si contano non meno di venti sue composizioni.
Organizza, nel quadro della Riforma, un cerimoniale con musica:
Formula Missae ( 1 523); Deudsche Messe und Ordnung Gottesdiensts
( 1526, Messa tedesca e ordinamento del servizio divino) . Il suo
progetto non aveva quel carattere rivoluzionario, che assunse poi.
Lutero mirava essenzialmente all a partecipazione dell'assemblea
agli eventi del rito; perciò propugnava l'uso della lingua volgare
germanica, intonata in semplici forme d' inno da cantare in coro .
La fattura melodica risente di svariate fonti: il Lied monodico tede­
sco anteriore alla riforma; canti gregoriani; canti popolari; il corale
hussita (dal nome dell'eretico boemo Jan Hus, arso nel 1 4 1 5 ) . Per
tutti sono approntati testi tradotti o nuovi.
L' attiva partecipazione dei fedeli a molte funzioni liturgiche
li coinvolge nelle rispettive azioni musicali: si verificherà quindi
un effetto importantissimo di educazione musicale comune e di
64 RIFORMA E CoNTRORIFORMA

coesione linguistica e culturale, radicato nel terreno delle tradizioni


popolari.
Nel 1524 appaiono, su questa linea, raccolte monofoniche (Acht­
liederbuch, ed Enchiridion in due volumi) e una polifonica, il Geys­
tliche gesangk Buchleyn di Johann W alter, il musica prediletto da
Lutero (cfr. Lettura n. 8). Le melodie luterane sono quasi tutte poste
qui ancora al tenor; ma l' assetto polivoco è facile: son prototipi
del corale protestante. Nel corale i canti dati risuoneranno poi sta­
bilmente nella voce superiore. Seguono due decenni d'espansione.
La collana polifonica probabilmente più importante, fra i libri di
canto a solo ed a più voci prodotti, appare nel 1544: Newe deud­
sche geistliche Gesenge. Si fissa un repertorio musicale religioso con
salde radici nel canto nazionale popolare . E si costituisce un ser­
batoio di melodie, che risulterà fertilissimo nel futuro anche pros­
simo. Non risulta ancora lo stile che diverrà proprio del canto col­
lettivo devozionale evangelico. E non v'è ancora quella netta ed
agguerrita opposizione organizzativa e rituale, oltre che ideologica,
fra le religioni separate; intorno al mezzo del secolo s'ha anzi una
fase di distesa tolleranza, e le composizioni dei due campi si scam­
biano: una illuminata fase ecumenica. Prendono origine in questo
periodo le forme particolari della Choralmotette (mottetto su corale) .
Giovanni Calvino (1509-1564) fu riformatore molto più intran­
sigente e repressivo nei riguardi della musica. Si cantano soltanto
in chiesa pure monodie, su testi esclusivamente biblici (ma si veri­
ficarono eccezioni) . Lo stesso rigore dell'altro svizzero Ulrich Zwin­
gli ( 1 484- 153 1 ) , che ordinò la distruzione degli organi. In séguito
C alvino temperò la propria severità. Cooperò alla redazione del­
l' antologia religiosa Aulcuns pseaumes et cantiques mys en chant (Stra­
sbourg 1539) che contiene intonazioni monodiche di testi suoi e
di Clément Marot. E rivalutò la funzione aggregante e divulga­
tiva ideologica dell'esercizio musicale collettivo. Da questa fase trag­
gono origine segnatamente i Pseaumes cinquantes de David (Lyon
154 7) nella traduzione ritmica di Marot e Théodore de Bèze
( 1 5 19- 1605), melodie adattate da Guillaume Frane ( 1 505 ca. - 15 70)
e Louis Bourgeois ( 1 5 1 0 ca. - 1 5 6 1 ca. ) . Il salterio ginevrino ebbe
anche versioni polivoche, fra le quali si distingue quella di Claude
Goudimel ( 1520?- 1 5 72).
Anche in Inghilterra, dopo la separazione definitiva dalla chiesa
romana ( 1534), si venne formando gradualmente un repertorio di
IL CoNCILio DI TRENTo 65

semplici canti, portati su traduzioni inglesi dei salmi, per le fun­


zioni religiose delle comunità riformate anglicane.

24 • IL CONCILIO DI TRENTO

La chiesa romana convoca il Concilio di Trento ( 1545-63). I


padri conciliari affrontano le questioni musicali durante gli ultimi
due anni, dalla xxn sessione. Una commissione di otto cardinali,
fra cui principali Carlo Borromeo e Vitellozzo Vitelli, è convocata
fra il 1564 ed il 1565 per regolamentare i dettami conciliari e pro­
grammare la loro applicazione.
Durante il Concilio J acobus de Kerle, maestro di cappella del­
l' influente cardinale di Augsburg, compose a quattro voci Preces
speciales pro salubri Generalis Concilii successu ac conclusione (ed.
1562) . l padri probabilmente analizzarono a confronto modelli poli­
fonici: difatti, è verosimile che fossero tentati di bandire la com­
posizione polifonica dagli usi ecclesiastici; ma è assai incerta la veri­
dicità dell'intervento contrario dell'imperatore Ferdinando I. Come
è pura leggenda quella fiorita sulla composizione della Missa Papae
Marcelli di Palestrina.
Il Concilio enunciò criteri generali (cfr . Lettura n. 9) , fra i quali
spiccano : l' eliminazione d' aspetti e apporti mondani nel servizio
liturgico (deve intendersi il bando dei tenor e dei modelli di paro­
dia profani, oltre a un generico invito alla severità del costume musi­
cale) ; l'osservanza della percepibilità delle parole, che il flusso d'una
polifonia riccamente elaborata può oscurare; la riduzione del numero
delle sequenze monofoniche utilizzabili nel rito ufficiale. La com­
missione cardinalizia da parte sua verificò la coerenza di molte opere
musicali con il dettato conciliare . Suggerì norme di corretta accen­
tazione latina; e reagi contro l'esuberante floridezza vocalistica di
certo melodizzare, a solo e insieme. (Propositi simili, con diversi
fini, ebbero le correnti umanistiche e classicheggianti della cultura
laica.)
Le conseguenze immediate del complesso di queste iniziative
furono scarse: si conservano le messe che Vincenzo Ruffo com­
pose « con arte meravigliosa, conforme al decreto del [ . ] Concilio
. .

di Trento », ed altre « ad ritum Concilii Mediolani » (di Milano, sede


della commissione dei cardinali) , e addirittura le Missae Boromeae
66 RIFORMA E CoNTRORIFORMA

( 1592); si rammenta una perduta messa cromatica di N . Vicentino,


ispirata anch'essa da quelle norme. Più generalmente si coglie nel­
l' arte polifonica sacra romana dell'ultimo trentennio una qualità
di purificazione, di cristallizzazione stilistica, manieristica e gram­
maticale, in senso culto e riservato (questo accade forse contro le
intenzioni del Concilio) . S ' avverte, insieme, una più segnata incli­
nazione spirituale e meditativa in molte frange del repertorio :
l'opera tarda di Lasso, di Palestrina, di Marenzio; il progresso del
mottetto mariano e agiografico; l'espansione del madrigale spiri­
tuale, della lauda.
Resta sanzionata dal Concilio la professionalità dell'esercizio
musicale ecclesiastico, riservato a cantori ed artisti specializzati;
e la lontananza, l' estraneità da quell'esercizio, del popolo, dell' as­
semblea dei fedeli, predestinati a ricevere ed ammirare, senza par­
tecipare né agire. Sicché enormi furono invece le conseguenze
indotte dalle decisioni conciliari, incidenti nel costume, nella cul­
tura, nel destino complessivo stesso della musica dell' area latina.
La produzione crescente di libri di canto cattolici, specie in Ger­
mania, a partire dagli anni Sessanta, stimolò la reazione ideolo­
gica e una più precisa determinazione operativa nel campo pro­
testante. Questa si concreta nell'uso sempre più esclusivo della
lingua tedesca nel cerimoniale e nel canto; nello sviluppo dell ' e­
stensione e dell'elaborazione in forma corale delle melodie dei Lieder
religiosi; nella diffusione della particolare Spruchmotette (mottetto
sentenzioso) e della Passione in tedesco. A questo punto quasi ogni
residuo d'ecumenismo svanisce, ed il solco che separa le religioni
e i rispettivi apparati musicali appare profondo .
Nella cornice dei movimenti religiosi cinquecenteschi s' iscrive
la rinnovata funzione devozionale del genere melico spirituale della
lauda. È associata all'azione di S . Filippo Neri ( 1 5 15- 1 5 95 ) . Egli
promuove riunioni negli oratorii romani - iniziò da quello di S .
Girolamo della Carità ( 1 5 88) - allo scopo d i rinvigorire l a fede
e la coscienza dei fedeli . Prima e dopo il sermone e la discussione,
s'eseguivano collettivamente canti spirituali, in italiano, di stile sem­
plice e piano. Quegli « esercizi dell' Oratorio » ebbero poi sede defi­
nitiva presso la chiesa di Santa Maria della Vallicella. Alla lauda
filippina recarono apporti i maestri romani. Si conoscono una decina
di libri musicali di quel repertorio oratoriale, di cui i primi due
sono di G. Animuccia ( 1 563 e 1 5 70) ; altri di Francesco Soto (cin-
IL CoNCILIO DI TRENTO 67

que libri fra 1583 e 1598); di Giovenale Ancina (1545-1604; Tempio


armonico della Beatissima Vergine, 1599) . Nello svolgimento medi­
tativo del testo s' infiltrano gradatamente strutture dialogiche e
drammatiche, le quali influiranno sulla disposizione sonora, intro­
ducendo al novissimo genere dell'oratorio musicale .
VI • G R A N D I s c u o L E E u R o p EE
25 • CENTRI MUSICALI ITALIANI

La cultura musicale dei maestri nordici è accordata in Italia con


le disposizioni di gusto e d' arte locali; e di qui riproposta esem­
plarmente alla ribalta europea. L' operosità in Italia è diffusa ed
elevata; disposta in più centri. Punti di aggregazione e di propul­
sione di quelle mirabili azioni musicali sono le corti signorili, le
accademie, e le chiese più illustri. La promozione di tanto magni­
fiche opere sonore deriva sia da sincera passione musicale dei com­
mittenti, sia dalla volontà di esibire una immagine brillante, anche
sfarzosa, dello stato, dei suoi prìncipi, delle famiglie, e delle comu­
nità ecclesiastiche più insigni. Il musicista presta un servizio, ed
è variamente compensato dal suo protettore, o dal suo datore di
lavoro . Naturalmente la sua posizione subordinata lo fa oggetto
di svariati condizionamenti imperativi, determinati dalle intenzioni
dei committenti e dei signori.
In questa fase risulta acutamente caratterizzata la polarità sti­
listica delle scuole di Roma e di Venezia. Ma altre città accolgo­
no manifestazioni appariscenti d'una vita musicale assai fervida
(tacendo sul frequentissimo esercizio musicale privato e domestico) :
Milano, Firenze, Ferrara, Mantova, Napoli, Modena, Bologna,
Palermo. Ciascuna con uomini e caratteri propri. Crescono impe­
tuosamente la proprietà stilistica e la virtù comunicativa, fino all'ec­
cellenza.

26 • LA SCUOLA ROMANA E PALESTRINA

La musica sacra italiana fra i secoli xv e XVI è in gran parte


perduta. Nel secolo sedicesimo entrante emergono Costanzo Festa
( 1 480 ca. - 1 545) e Gaspare De Albertis ( 1480 ca. - 15 60) : essi decli­
nano con maniera propria la tecnica internazionale. Roma ha una
posizione centrale, che le vicende religiose del secolo accentueranno.
<Jui Festa indica la tendenza allo stile polifonico a cappella, che
72 GRANDI SCUOLE EUROPEE

vi diviene tipica. E Giovanni Animuccia ( 1 500 ca. - 15 7 1) è auto­


revole maestro in S . Pietro .
A Roma studia, con Rubino Mallapert e Firmin Le Bel (m.
1573), o forse Arcadelt, il giovane Giovanni Pierluigi da Palestrina
( 1524/5- 15 94) . Diciannovenne, è maestro e organista a Palestrina
( 1 544-5 1 ca. ) , sotto la protezione del cardinale Giovanni Maria
Del Monte, vescovo della cittadina, che diverrà papa Giulio III .
Nel 155 1 maestro della cappella Giulia in Roma. Nel 1554 appare
il primo libro di messe; nel 1555 il primo di madrigali a quattro.
All'inizio di quest' anno è cantore della cappella papale Sistina; ma
ne è presto estromesso, perché sposato. Fino al 1560, maestro in
S . Giovanni in Laterano; fra il 1 5 6 1 e il 1566 in S . Maria Mag­
giore; nel 1566 docente al Seminario; fra il 1567 e il 1 5 7 1 al servi­
zio del cardinale Ippolito II d'Este; e dopo, fino alla fine, maestro
di cappella in S. Pietro. La carriera di Palestrina appare radicata
nel tessuto urbano romano, resistendo agli inviti a Vienna di Mas­
similiano II, o a Mantova di Guglielmo Gonzaga. Fu sposato due
volte; ebbe figli, falciati dalle pestilenze fra il 1572 e il 1580; seppe
accortamente curare gli affari commerciali della seconda moglie,
una pellicciaia. Nel 1577 Gregorio XIII commise a lui e ad Anni­
bale Zoilo d'emendare e sagomare il repertorio monofonico gre­
goriano: ne sortì l'Editio Medicea (ed. 1 6 14), una versione non cri­
ticamente corretta dell'antica cantilena occidentale.
Nel vasto catalogo palestriniano, poco più di cento messe; più
di cinquecento mottetti da quattro a otto voci, inclusevi le forme
d'uso particolare; più di cento madrigali fra profani e spirituali.
La struttura delle messe di Palestrina comprende tutta la tipo­
logia conosciuta: su cantus /irmus al tenor («L 'homme armé», « Ecce
sacerdos magnus»), ch'è ormai disposizione arcaica, alla quale il
compositore indulge nei primi lavori; parafrasi di canti dati, seg­
mentati e lavorati dalle voci («Iste confessar», «Ave regina coelo­
rum ») ; parodia (in circa la metà delle messe) il ricalco travestito
ed elaborato d'un modello polifonico intero, di composizioni sacre,
proprie («Assumpta est Maria ») , o altrui («In ilio tempore», mot­
tetto di P. Moulu, 1 5 1 8) , e profane, proprie (« Vestiva i collh>),
o altrui (« Quando lieta sperai», madrigale di Rore, 1552); a canone
(«Adfugam ») ; libere (Brevis, Sine nomine, la celebratissima Papae
Marcelli) . Un gruppo distinto formano le dieci messe dette man­
tovane, costruite con parafrasi di temi monofonici del grande
LA SCUOLA ROMANA E PALESTRINA 73

patrono di Mantova, il duca Guglielmo Gonzaga: multiformi, con


prassi alternatim fra canto piano e volumi polifonici nel Gloria e
nel Credo.
Con grande prevalenza, l'originalità dell'invenzione musicale
risalta dunque nella sola strategia dell' elaborazione formale . Ma il
lavoro compositivo - artigianato, diligenza, assiduità, servizio -
sale ad esiti trasfigurati di fluente efficienza ed illuminata bellezza
sonora. Nel divenire dell'opera, Palestrina accentua la trasparenza,
l' essenzialità, l' equilibrata esattezza dei suoi congegni polifonici,
in una progressione stilizzatrice ed asc�tica.
Nei mottetti - liberi da quel vincolo, che hanno le messe, del
testo sempre uguale - c'è grande varietà e flessibilità nell'uso di
materia sonora originale (la maggioranza sono su temi propri) , o
tolta a prestito, e nelle disposizioni formali ed architettoniche. Dal
segnato motivo germina l'episodio polifonico contesto con imita­
zioni; o dicono tutte le voci insieme simultaneamente le parole;
e gli episodi accuratamente diversificati si congiungono in succes­
sione. Rara, eventuale, l' adozione di procedimenti costringenti,
come la parafrasi d'un canto dato, o la norma canonica. L'effu­
sione liberissima della forma sonora mottettistica non consente di
redigere un catalogo di modelli costruttivi (ad esempio, persino nella
fattura dello Stabat mater Palestrina non riflette le divisioni strofi­
che della poesia sequenziale attribuita a Jacopone da Todi; e i
Responsori seguono lo schema aBcB) . Col vario fiorire delle parole
sono dati esempi di pittura sonora; ma astrattamente allusiva, non
ingenuamente realistica («Surgam et circuibo civitatem», «Sicut cer­
vus », <<Super flumina Babylonis », « 0 magnum mysterium ») . La
volontà d' espressione sembra accentuarsi nei mottetti sui Cantici
di Salomone ( 1 583), la grande lirica amorosa biblica: vi hanno luogo
persino inconsueti madrigalismi.
Ma Palestrina non suole spiegare comunicazioni dirette di sug­
gestioni liriche, o d' inflessioni psicologiche, o di stati dell'animo;
egli interpreta la materia descrittiva, la condizione psichica, i moti
sentimentali, nel contegno generale, nell'ordito, nella campitura
architettonica dell'oggetto musicale, mediando i contenuti discor­
sivi con filtri cristallini d' alto stile.
Sono forme d'uso rituale particolare gli Inni; gli Offertori (Pale­
strina ne produsse sessantotto, e per primo li trattò come liberi
mottetti) ; le Litanie; le Lamentazioni (la lettera ebraica iniziale che
74 G RANDI SCUOLE EUROPEE

le distingue è vocalizzata come s'usa; poi s i cantano in stile accor­


dale); i Magnificat (nei vari toni ecclesiastici) .
Nella composizione dei madrigali, i più a quattro e a cinque
voci, Palestrina sembra semplicemente adattare a testi profani le
maniere mottettistiche. Vi dispiega sensibilmente un'arte più
asciutta e sobria di quella d'un Gabrieli, o d'un Rore. Eppure il
suo « Vestiva i colli» fu il modello di decine di madrigali lirici e
descrittivi. Due ampie raccolte trasmettono anche madrigali spiri­
tuali ( 1 5 8 1 , 1594); e nella prima è presente l' apprezzato ciclo su
le stanze della canzone « Vergine bella » del Petrarca.
Lo stile di Palestrina fu presto considerato esemplare: per la
polifonia vocale, un autentico classico. Il segno melodico palestri­
niano ha un avvio sillabico, basato sull'osservanza degli accenti delle
parole e dei nessi discorsivi; continua con qualche progressiva acce­
lerazione ed animazione, e con moderate fioriture . I salti ascen­
denti o discendenti, di misura calcolata in rapporto con la facilità
d'emissione vocale, sono immediatamente compensati da moti con­
trari . Tutta la condotta è adeguata al fine della cantabilità e della
naturale fluenza del profilo. Armonia e contrappunto, senso accor­
dale verticale e senso lineare orizzontale, sono contemperati in esem­
plare equilibrio. L' armonia palestriniana si vale della riduzione del
numero dei modi rinascimentali, e della polarizzazione verso moda­
lità arieggianti ai toni " moderni " ; comprende un'eufonica raziona­
lità nell'uso delle dissonanze, con il metodico, misurato succedersi
di preparazione, percussione, risoluzione; ritardi; passaggi, sui tempi
deboli; note di volta e di cambio. Qualità del contrappunto è l' ac­
curato controllo grammaticale del moto lineare; e l' applicazione
di tecniche imitative normali e sapienti, in assetti compositivi ben
coerenti e continui ed esattamente bilanciati; posati su chiare piat­
taforme tonali organizzate. Il timbro è fatto omogeneo, vocale: rea­
lizza l' ideale " a cappella " , che così si afferma come una peculia­
rità della scuola romana. Questo lessico esce dalla personale virtù
di raffinamento ed interiorizzazione del linguaggio dei predeces­
sori, dei maestri, indirizzata a una condizione di serena perfezione
oggettiva.
L' intrinseca qualità e la storica emergenza hanno fatto innal­
zare quello stile - detto " alla Palestrina " , praenestinus, gravis, anti­
quus a modello, nella cui valenza esemplare e normativa si con­
-

fondono programmi di semplice didattica grammaticale musicale


LA SCUOLA V E NEZIANA E I GABRIELI 75

con più sottili finalità di coerenza comunicativa, d'ortodossia e sug­


gestione ideologica. Come fosse la lingua propria della polifonia
religiosa di marca romana; o un idioma in sé consacrato. Tale osser­
vanza scorre nella storia. Culmina nell' influentissimo trattato di
Johann Joseph Fux, Gradus ad Parnassum (Vienna 1 725), ove si
stabiliscono regole e paradigmi di composizione desunti, non senza
fraintendimenti, dalle opere del princeps musicae romano; e nella
prima completa biografia palestriniana, compilata da Giuseppe Baini
(Roma 1 828), in cui apologia e leggenda s'intrecciano con i riferi­
menti sicuri e documentati. Un esito altamente apprezzabile di
quella circostanza fu il fiorire d'un dibattito grammaticale, all'in­
terno della nuova consapevolezza della sfasatura cronologica esi­
stente fra attualità e condizione passata del modello classico. Ora
ciò non diede frutti solamente nel campo della norma tecnica della
composizione musicale; sì anche costituì uno dei primi stimoli alla
ricerca ed alla nozione della storia della musica, al recupero ed alla
riflessione sul monumento esemplare restato dal passato, e sl vagheg­
giato nelle età venture .
La scuola romana s 'orna di notevoli e fecondi versatili compo­
sitori, illuminati dalla lezione di Palestrina: Ruggiero Giovannelli
( 1 560 ca. - 1 625), successore del maestro nella cappella di S. Pie­
tro; i discepoli Annibale Stabile ( 1535 ca. - 1595), Giovanni Andrea
Dragoni ( 1540 ca. - 1598), Giovan Maria Nanino ( 1544- 1 607). Nella
scia del princeps s'innalzano Francesco Soriano (1549- 1 62 1 ) e Felice
Anerio ( 1560 ca. - 1 6 1 4 ) .

27 • LA SCUOLA VENEZIANA E I GABRIELI

Venezia è l' altro polo della cultura musicale italiana nell'epoca


della Controriforma. L' ascesa dell'operosità musicale - produzione,
consumo, diffusione editoriale, didattica - vi è impetuosa, dopo
l' arrivo di Willaert, successore di Petrus de Fossis in San Marco
( 1 527). Si viene organizzando una scuola omogenea ben caratte­
rizzata, la quale eserciterà assai presto una durevole profonda
influenza su l' area del Nord d'Italia, e su quella mitteleuropea.
La polifonia che fiorisce in San Marco tende a disporsi in for­
mazioni policorali. Senza risalire con gli antecedenti alle più remote
procedure antifoniche, la divisione dei cantori in semicori che s'al-
76 GRANDI SCUOLE EUROPEE

temano dialogando fra loro s'era già accennata occasionalmente


in Ockeghem ed in Josquin. Fra' Ruffino Bartolucci d'Assisi (m.
post 1539), maestro nella basilica del Santo di Padova tra il secondo
e terzo decennio del sedicesimo secolo, aveva dato fuori salmi a
otto voci « a coro spezzato ». In San Marco, ave quel metodo s'esalta,
esso fu avvalorato dalla esistenza di due cantorie affrontate, e dalla
pluralità degli organi (grande organo, stabile, a più registri, per ese­
cuzioni solistiche, o alternatim; organo positivo, mobile, nell' area
del coro presso i cantori; organi portativi, trasportabili) . La fat­
tura policorale è la cuna dello stile concertante, allorquando si rea­
lizzano mutevoli alternative fra soli e tutti; o fra gruppi; o sono
procurati effetti di risposte in eco. Essa favorirà altresì la disper­
sione dei gruppi corali in luoghi diversi della chiesa, con effetto
stereofonico, attivando forme di sonorità policentrica, che indi­
cano il gusto barocco arrivante.
Altra proprietà della musica marciana è la sistematica utilizza­
zione degli strumenti, siano soli, e insieme, o siano associati con
i cori vocali. In tal ultimo caso, l' amplificazione fonica avviene anche
sul terreno del timbro, del colore, e delle sue variabili. Il tipo ed
il numero degli strumenti impiegati negli insieme e nei cori sono
dapprima indeterminati. Da indizi documentari risultano favoriti,
in svariate associazioni, cornetti trombe tromboni fagotto; e pure
" violini " viole violoni. Verso il cader del secolo s ' accenna anche
l'usanza di nominarli e prescriverli con precisione mirata.
Si rileva, che la forma spessa e altisonante delle composizioni
pei cori vocali e strumentali in San Marco è realizzata a detrimento
dello stile più propriamente polifonico, coi suoi moti calligrafica­
mente calcolati di linee singole.
La decantata magnificenza fonica e coloristica delle produzioni
di San Marco è dunque fondata sulla piena e svariata occupazione
dello spazio basilicale da parte di cori spezzati, o «battenti», sulle
virtù degli organi, e sui coloriti e squillanti consorzi strumentali.
Vi è simbolo di alta condizione politica, economica, culturale ve­
neziana.
Successione dei maestri di cappella in San Marco :

dal
1527 Adriano WrLLAERT
1563 Cipriano de RoRE
1565 Gioseffo ZARLINO
LA SCUOLA VENEZIANA E I GABRIELI 77

1590 Baldissera DoNATO


1603 Giovanni CROCE
1609 Giulio Cesare MARTINENGO
1613 Claudio MoNTEVERDI

Organisti:

dal
1540 Jacques Buus
1552 Annibale PADOVANO
1557 Claudio MERULO
1566 Andrea GABRIELI
1584 Giovanni GABRIELI
1588 Giuseppe GuAMI

Discepoli insigni: Porta, Vicentino, Diruta.


Rifondatore della scuola veneziana fu Willaert, l'esponente forse
più italianizzato della quarta generazione di maestri fiamminghi.
Fra i distintissimi allievi della sua fertile cattedra, Nicola Vicen­
tino ( 1 5 1 1 - 1572), teorico sottile che vagheggiava l' attuazione d'un
sistema pluricromatico che rinnovasse la cultura musicale greca
antica; Cipriano de Rare, musicista innovatore che succede al mae­
stro nel 1563 , ed eccelle nel madrigale; Costanzo Porta ( 1 529
ca. - 1 5 6 1 ) , gran polifonista e didatta.
Gioseffo Zarlino ( 1 5 1 7- 1 5 90) , allievo di Willaert e successore
di Rare nel 1565 alla cattedra di maestro di cappella, affida la sua
fama all' altissima produzione teorica: nelle Istitutioni harmoniche
( 1 558), oltre alle pagine speculative e filosofiche, è radunato pres­
soché tutto lo scibile musicale del suo tempo, e sono trattati in
particolare i fondamenti fisici delle scale e dell' armonia, con l' av­
vio al superamento delle modalità ecclesiastiche, l' apologia della
polifonia, le regole per la disposizione dei testi sui motivi delle com­
posizioni polifoniche (cfr. Lettura n. 1 0); Dimostrationi harmoni­
che ( 1 5 7 1) ; Sopplimenti musicali ( 1 588). Alla sua scuola si forma­
rono con altri Merulo, Croce, Galilei, Artusi, Diruta.
Andrea Gabrieli ( 1 5 1 0 ca. - 15 86), discepolo di Willaert, è can­
tore in San Marco nel 1 5 3 6 . Rilevanti eventi biografici sono i suoi
soggiorni, dal 1562, in Germania, ave a Mi.inchen fu legato a Lasso,
e in Boemia: notisi in quell' inizio di penetrazione verso il Nord
l 'inversione di direzione geografica della corrente d'influenza. Una
conseguenza personale furono le molte dediche a prìncipi stranieri
78 GRANDI SCUOLE E UROPEE

di opere di Andrea. Nel 1564 sostituisce A. Padovano quale tito­


lare del secondo organo di San Marco; nel 1 5 85 succede a Merulo
nel primo. Ebbe allievi il nipote Giovanni, e significativamente
Hans Leo Hassler, e Gregor Aichinger.
Versatile compositore, nell' arte vocale sacra Andrea applica un
naturale declamato delle parole, esperta tecnica combinatoria, e
strutture architettoniche articolate chiaramente, con semplicità;
e " cori spezzati " , apprezzamento dei contrasti di volume, stile con­
certato, e ricerca di colore nelle compagnie vocali e strumentali.
Intitola i mottetti Sacrae o Ecclesiasticae Cantiones; nella prefazione
al libro Psalmi davidici ( 1583), a sei voci, teorizza sulla pratica stru­
mentale ecclesiastica; compone mottetti policorali, che appaiono
postumi. Nei madrigali, da tre a dieci voci, risulta esponente della
fase di mezzo, con qualità sobria, nitida, e attitudine forse con­
servativa. Il libro di Grechesche et Iustiniane ( 1 5 7 1 ) , a tre voci, offre
pittoresche, realistiche mescolanze di lingue, in vivace esposizione
sonora: è un passo verso il madrigale dialogico, che appare anche
più marcato nelle Mascherate, comprese in un' antologia postuma
( 1 6 0 1 ) . Una dimostrazione dell' altissimo prestigio personale, e
insieme di aperta disponibilità professionale, e di curiosità intel­
lettuale d' inclinazione classicistica, è l'intonazione dei Chori per
la recita della tragedia di Sofocle Edipo tiranno a Vicenza nel 1585
(traduzione di Orsatto Giustiniani, ed. 1588), quando è inaugu­
rato il mirabile Teatro Olimpico di Andrea Palladio .
Tutto il repertorio strumentale creato da Andrea risulta edito
dopo la sua morte. Sono lavori originali, o intabulati, « per sonar
sopra istromenti da tasti >>, delle specie formali in voga: ricercari;
mottetto, madrigaletti, e un Capriccio sopra il pass 'e mezzo Antico;
Messe; canzoni alla francese . Altrimenti modelli polistrumentali
ampiamente risonanti: Concerti «per voci e stromenti » (nel libro
curato dal nipote Giovanni nel 1587); Aria della Battaglia per sonar
d'Istrumenti da fiato ( 1 590) .
Dal vivaio d'organisti e maestri delle tastiere spiccano, con
Andrea, un virtuoso, Merulo, e un didatta, Diruta.
Claudio Merulo ( 1533- 1604) è organista marciano nel 1557; nel
1 5 86 a Parma, organista alla corte dei Farnese, in Duomo, e nella
chiesa della Steccata. Fu smagliante virtuoso: il primo di quei prìn­
cipi della tastiera che costellano la nostra storia e le vicende del
nostro costume. Riversò nella composi�ione - ricercari, messe, can-
LA SCUOLA VENEZIAN A E I G ABRIELI 79

zoni, e in evidenza toccate - il suo talento e le sue trovate d'ese­


cutore. Girolamo Diruta ( 1 5 6 1 post 1 600) , studiò con Porta, Z ar­
-

lino, A. Gabrieli e Merulo; poi lasciò Venezia dove probabilmente


era organista ai Frari, per Chioggia e Gubbio. Il suo fondamen­
tale trattato Il Transilvano. Dialogo sopra il vero modo di sonare organi
et istromenti da penna uscl in due parti, 1 5 93 e 1 609- 1 0 . Vi sono
segnatamente discussi e regolati « sopra la tastatura il luogo di cia­
scuna parte », « come nel diminuire si devono portar le mani », « il
modo di intendere la Intavolatura »; esempi dei migliori di quel­
l'età confortano le istruzioni ed ornano i due libri del Diruta.
Giovanni Gabrieli ( 1555 ca. - 1 6 12) fu nipote ed allievo di
Andrea, devotissimo alla sua memoria. Fra il 1 5 75 ed il 1579 sog­
giornò a Miinchen, con Lasso. Nel 1584 è titolare al secondo organo
di S'an Marco; l' anno seguente, organista anche nella Scuola grande
di San Rocco, che Tintoretto stava affrescando; nel 1586 al primo
organo marciano. Alle soglie del nuovo secolo gode d'indiscussa
fama europea, ed attrae allievi stranieri, fra i quali dal 1 609 Hein­
rich Schiitz (cfr. vol. V, § 1 7 ) . Il numero delle sue composizioni
tramandate non è altissimo. Rare sono le pubblicazioni eseguite
mentre Giovanni era in vita. Tre i libri di composizioni unicamente
sue. Molte altre cose in antologie, o comunque in raccolte con più
d'un autore: spicca l'associazione al nome di Andrea (Concerti, 1587;
lntonationi, 1593 ; Ricercari, 1 5 95); e pungente significato cultu­
rale ha l' abbinamento con Hans Leo Hassler (Hymenai, 1600; Reli­
quiae, 1 6 1 5 ) .
Male s i distinguono nel catalogo d i Giovanni le composizioni
solo vocali da quelle concertate con strumenti. Siano madrigali,
da tre a dodici voci, fra i quali quelli « per cantar e sonar », siano
i mottetti trasmessi in antologie o in manoscritti, siano i lavori spi­
rituali delle due grandi raccolte Sacrae Symphoniae ( 1 5 97) e Sym­
phoniae sacrae (16 15), scritti per assieme numericamente folti e vari,
« tam vocibus guam instrumentis ». Qui è l' apoteosi del fastoso mul­
tisonante stile policorale (cori divisi, vari, ed opposti a contrasto)
e concertato (cori vocali e strumentali, in associazioni multiformi,
e luoghi strumentali d'introduzione e d'intermezzo). Vi migliora
la determinazione delle indicazioni d'organico strumentale; altri­
menti rivelato dagli esempi normativi del compendioso trattato Syn­
tagma Musicum di M. Praetorius (3 voll . , 1 6 1 4 - 1 9) : violini, cor­
netti, tromboni, fagotto, essenzialmente. Arte spaziosa, fatta di
80 GRANDI SCUOLE EUROPEE

grandi campi sonori, di spesse gittate lunghe; trascura le minuzie,


ignora i meccanismi sottili della più ricercata polifonia imitativa;
giuoca con le contrapposizioni e le associazioni di masse e di tinte.
La sezione solo strumentale del catalogo di Giovanni comprende
intonazioni per organo ( 1 593), ricercati, e toccate, per le tastiere;
invece per insieme, canzoni per sonar, da otto a quindici voci (in
Symphoniae, 1597), e per quattro od otto voci (in Canzoni, 1608).
Soltanto suo e soltanto polistrumentale il gran libro Canzoni e sonate
[ . . . ] a 3. 5. 6. 7. 8. 1 0. 12. 14. 1 5. e 22 voci, per sonar con ogni
sorte de instrumenti ( 1 6 1 5 ) .
Nell' arte d'insieme e policorale s i scorge l'eclissi dell'imitazione
lineare, a vantaggio dell'edificazione di blocchi accordali, dai quali
s'odono emergere in evidenza le voci estreme del complesso, quelle
più acute e quella più grave. La Sonata pian e forte ( 1 5 97) fornisce
le indicazioni dinamiche, dopo quelle timbriche, marcando la diver­
sificazione interna della struttura secondo un programma " a ter­
razze " . Mentre non appaiono precisamente evidenti nell'insieme
le differenze tra la forma della canzone strumentale e della sonata
( 1 6 1 5), particolare interesse sollecita la Sonata con tre violini, che
segna la via verso la formazione di pochi strumenti, propria del
sonatismo barocco - ma già v'erano prototipi di L. Viadana, di
Salomone Rossi, di Giovan Paolo Cima, di Claudio Monteverdi.
Dilaga l'esempio delle maniere proprie gabrieline in aree oltre­
montane, dove sarà fruttuoso, e lungamente influente, ed oggetto
di studio ed elaborazione grammaticale . Mentre, fra i maestri di
cappella marciani, Baldissera Donato ( 15 3 0 ca. - 1 603 ) e Giovanni
Croce si segnalano per altre attitudini di sapore mondano e gaio
(il primo, autore di canzoni villanesche alla napoletana; di madri­
gali umoristici, e di mascherate il secondo) ; e Giulio Cesare Mar­
tinengo ( 1566- 1613) è figura meno determinata. Fra i lavori esterni,
orientati allo stile che s'usava in Venezia, sono in evidenza l'asso­
luto musicale del Vespro della Beata Vergine di Claudio Monteverdi
( 1 6 10), e le mirabili fatture dei Salmi a quattro chori di Lodovico
Viadana ( 1 6 12), esemplari ed istruttivi per la pratica della concer­
tazione e della direzione corale (cfr. Lettura n. 1 9) .
ORLANDO DI LASSO 81

28 . ORLANDO DI LASSO

L'eccezionale fecondità creativa di Orlando di Lasso interviene


in tutti i campi della polifonia vocale. Nelle composizioni - numeri
da capogiro: intorno a duemila, con settantaquattro messe e più
di milleduecento fra mottetti e altri componimenti d'uso religio­
so - quella marcatura della volontà d' espressione, che lo distingue
nella ristretta corona dei più alti maestri del secondo Cinquecento .
Nacque a Mons, nel 1 5 3 2 . Oscuri i primi anni. Assai giovane in
Italia: a Mantova, Milano, Napoli, Palermo. Ventunenne è mae­
stro di cappella di San Giovanni in Laterano a Roma (incontro con
Palestrina?) . Ad Anversa nel 1 5 5 5 ; e da quell' anno le prime edi­
zioni. Nel 1556 l'evento centrale della biografia di Orlando : rag­
giunge Mi.inchen, e vi è musico di corte, oltre che amico personale
del duca Alberto V di Baviera. Fama. Viaggi. Viene stendendo un
epistolario, in più lingue, che è lettura gustosa e importante (cfr.
Lettura n. 1 1) . Nel 1 5 73 prende inizio la prestigiosa serie edito­
riale sacra Patrocinium musices: su dodici volumi pubblicati fino
al 1598, sette sono di Orlando. Dopo il 1580, una svolta psicolo­
gica e creativa, nel senso d'una più severa spiritualità e concentra­
zione interiore: si ripiega su se stesso per l'età alta; od accoglie
la suggestione del disegno controriformistico. Muore nel 1594. La
produzione editoriale dell'opera sua, già molto vasta, non s' estin­
gue allora; i figli Rudolph e Ferdinand danno fuori nel 1 604 una
larga antologia, Magnum opus musicum, che è divenuta la fonte,
in sé criticamente non corretta, di alcune dedizioni moderne .
L'arte di Lasso accorda il magistero tecnico e formativo discen­
dente dalla tradizione fiamminga, con il gusto italiano della ricerca,
dell'invenzione, e del comunicare aperto e determinato . Egli rifor­
nisce ogni raggio del repertorio sacro: messe, mottetti, Magni/icat,
salmi, falsibordoni, inni, Lamentationes, Lectiones, litanie, 0//icia,
Passioni, Responsori; e nel campo mondano ha respiro d' ampiezza
europea: madrigali e madrigali spirituali, Lieder profani e religiosi,
chansons, villanesche, moresche. Sovrano dominio d'ogni tecnica
acquisita, in Lasso. Nel comporre polifonia ha mano d' assoluto vir­
tuoso; e concilia il sapiente e fluido consorzio delle voci con il senso
netto e ragionato della risonanza verticale, armonica. Chiude l' ar­
chitettura formale in una maglia tonale conseguente, entro cui fun-
82 G RA N DI SC UOLE E UROpEE

zionano regolate successioni d' accordi e cadenze. Il nuovo metodo


di Lasso in molti congegni polifonici è la variazione : con questa
egli raccoglie in composizioni omogenee, in getti sonori coerenti
e serrati, le libere effusive comunicazioni d'una virtù formativa
animata da vivide ambizioni espressive . Quell'espressività Lasso
orienta - imitatio naturae - secondo le parole, e gli affetti che nelle
parole abitano .
Nell'arte sacra di Lasso i mottetti prevalgono, e non solo nume­
ricamente. Si colgano esempi dal primo libro, a cinque e sei voci,
uscito ad Anversa nel 1556, quando Orlando ha ventiquattro anni.
Sono vari, nelle forme, nella qualità e fonti dei materiali melodici,
nella natura dei testi. Taluni non sono spirituali, benché latini; san
riflessioni o dediche o messaggi privati: «Stet quicunque valet potens »
è un elogio della tranquillità; «Deliciae Phoebi» è per Antonio Pere­
natta, vescovo di Arras, a cui la raccolta è dedicata; « Te spectant»
è l'elogio del cardinale inglese Reginald Pale; « Heroum soboles »
fu composto per l' imperatore Carlo V. Un mottetto di questi vive
in un aneddoto : la processione pubblica del giorno del Corpus Christi
a Miinchen nel 1 5 84 era insidiata dalla pioggia e dalle folgori;
quando la cappella intona « Gustate et videte », il tempo si mette
al bello; da quell'anno fu sempre replicato in quell'occasione il mot­
tetto di Lasso. La diversità dai modelli fiamminghi d' apprendistato,
ed anche dalla poetica palestriniana, sta nell'assiduo intento d'il­
lustrare le parole; sì che la polifonia risalta illuminata da quel sostan­
ziale progetto di comunicazione, dal disegno della cellula motivica,
al modo delle su e irradiazioni contrappuntistiche, alle misure delle
arcate sonore d'insieme. Il discorso letterario è calato assolutamente
nella forma mu sicale, la permea e la guida: la sua traccia, il suo
impeto retorico sono rinnovati nell'articolazione dell' architettura
generale; sino ad intime drammatizzazioni, particolarmente sensi­
bili in opere della avanzata maturità. Questo insieme di atteggia­
menti mostra che Orlando è uno degli artefici più impegnati in
quella forte evoluzione stilistica che fu nel tardo Cinquecento la
madrigalizzazione del mottetto sacro.
Saggi giovanili, benché a stampa postumi - altri le giudica invece
opera manieris t ica di stile tardo - sono le composizioni del libro
Prophetiae Sybil!arum [ . . . ] chromatico more ( 1 600) . Vi ha rilievo
pungente l'armonia cromatica, che vi induce anche repentini svia­
menti tonali. C i si chiede se fu ispirato dagli enigmatici testi; o
ORLANDO DI LASSO 83

se si tratti d'impresa compositiva sperimentale, o stravagante,


o condotta per studio d'effetti d' armonia inconsueti - pei quali
Lasso viene vicino a Rore, e più ancora a Vicentino .
Un'impetuosa intensificazione della produttività muove dall'i­
nizio del Patrocinium musices ( 1 5 73 ) . In quella fase vedono la luce
Messe. Son pressocché tutte del tipo parodia. Come la rinomata
« Qual donna attende», su un madrigale di Rore; come «Susanne
ung jour», su una favorita chanson propria di Lasso, svolta sopra
un fortunato spunto musicale . Opere fatte per committenza o per
necessità pratiche del servizio accolgono particolari compositivi
squisiti.
Il séguito del repertorio mottettistico di Lasso, del quale egli
stesso sceglie di norma i testi, è costituito da un largo spettro d'in­
venzioni, nelle quali sono realizzate la tecnica poliedrica, la curio­
sità e la disponibilità culturale, la volontà di signoreggiare molti
campi, la forza di sintesi del compositore . Dal vasto affresco poli­
corale («Laudate Dominum », <<in convertendo Dominus, « Omnes
de Saba ») alla concentrazione affettuosa (<< Dulces exuviae », il
lamento di Didone abbandonata da Enea, in Virgilio; « Dulci sub
umbra ») all'umoristica profanità (« Quod licet id libeat», «]am lucis
orto sidere ») , in una stupefacente duttilità di fatture e mobilità di
disposizioni sentimentali.
Nel primo decennio a Mi.inchen furono composti gli acclamati
sette Psalmi Davidis poenitentiales (ed. 1 5 84) . La serie di lamen­
tose meditazioni doveva avere speciale significato per la corte di
Alberto V, poiché fu copiata in un manoscritto di suprema ele­
ganza (Mi.inchen, Bayerische Staatsbibl . , Mus . Ms. A. Il) , deco­
rato da Hans Mielich con illustrazioni miniate molto istruttive,
e corredato da un commento dell'umanista Samuel Quickelberg
(fra gli elogi riappare il termine « musica reservata») . Negli ultimi
anni, dal 1 5 80, la produzione sacra di Orlando si fa più sobria,
severa, meditativa, immalinconita: s' adegua all'ideologia della Con­
troriforma, propugnata dalla corte monacense; ovvero consegue ad
una personale evoluzione psicologica estrema. Allora s' odono per­
sino restauri fiamminghi, nelle Cantiones sacrae sex vocum ( 15 94),
uscite nell' anno della sua morte; e le intenerite elegie religiose dei
venti madrigali spirituali in Lagrime di S. Pietro ( 1 5 95), su poesie
di Luigi Tansillo.
Nelle chansons s' avverte anzitutto la cultura poetica di Lasso:
84 GRAND! SCUOLE EUROPEE

i suoi autori sono i contemporanei Antoine de Balf ( 1 5 32 - 1 5 89),


Joachim Du Bellay ( 1 522-1560), Pierre de Ronsard ( 1524- 1 5 85),
Clément M arot ed anche l' arcaico François Villon. È Orlando che
sceglie i suoi poeti, per il proprio programma formativo: e così rove­
scia quella gerarchia convenzionale, la quale voleva il mondo della
poesia preminente e determinante rispetto alla musica ed ai suoi
operatori. Da tre ad otto voci i fasci polifonici; e una larga gamma
di umori espressivi : il contrappunto denso e mobile con effetto
vivace («Susanne ung jour») ; l'intensa semplicità della riflessione
(«La nuit froide et sombre») ; il grottesco, che rasenta il blasfemo
(«Il estoit une réligieuse », con la caricatura canora del Pater e
dell'Ave) .
Nei Lieder, cantati su testi anche di Hans S achs, e di Lutero,
Lasso tempera la linea formativa nazionale germanica con svariate
escursioni nei domini stilistici del madrigale e della villanella.
Nei madrigali, su versi del Petrarca, dell'Ariosto, del Tasso e
d' altri grandi, e di Gabriele Fiamma e Luigi Tansillo nello spiri­
tuale, l'arco creativo evolve da giovanili marcature ardite a un con­
tegno maturo più patetico e sobrio («<n dubbio di mio stato », « Nes­
sun visse giammai») .
Fra le festevoli villanesche ( 1 5 8 1 ) vi sono divertiti bozzetti di
maschere di commedia dell'arte (Zanni, Pantalone, Lucia), e more­
sche, e todesche («Matona mia cara ») .
In tal modo Lasso assimila le peculiarità delle varie anime e cul­
ture europee, sino ad identificarsi con esse: fornisce un amabile
modello di tolleranza e civiltà.

2 9 • Dr UNA QUINTA GENERAZIONE FIAMMINGA

Contemporanei di Orlando di Lasso sono musicisti fiammin­


ghi di una nuova generazione : la quinta, dunque. E Orlando ne
sarebbe il principe. Caratteri comuni: stile sovranazionale ed eclet­
tico; dominio completo delle tecniche compositive polifoniche; tec­
nica tendente ad una virtuosità manieristica; volontà d'espressione,
in rapporto con le parole messe in musica; linguaggio incline a
determinare " affetti " , come riflessi sonori di stati d' animo; dram­
matizzazione; estesa applicazione di maniere madrigalesche; pre­
valenza, nel sacro, del mottetto, e declino della messa.
LUIS DE VICTORIA E LE SCUOLE SPAGNOLE 85

Philippe de Monte (Malines, 152 1 - Praga, 1603) conobbe ai


suoi tempi la stessa fama di Lasso e di Palestrina. Ebbe il consueto
destino professionale dei maestri d'oltralpe. A Napoli dal 1542 al
155 1 . A Roma. Nel 1554 ad Anversa; l' anno seguente presso la
corte inglese; in séguito, per un decennio, in Italia di nuovo. Dal
1568, infine, maestro di cappella alla corte imperiale di Massimi­
l iano II e Rodolfo II, tra Vienna e Praga. Sotto la guida di Monte,
la compagnia dei musici di quella corte divenne una delle più bril­
lanti istituzioni del genere in Europa.
Nel catalogo di Philippe de Monte, i madrigali italiani - più
di mille madrigali, fra i quali centoquarantaquattro spirituali - sono
in numero proporzionalmente molto più alto di messe, mottetti
(produzione degli anni di Vienna e Praga) o chansons. Vi è riflessa
l ' avanzata di quella universalità, che si consolida fermamente nella
cultura europea del tardo Rinascimento. Abbinato a Lasso per la
contiguità cronologica e culturale, se ne diversifica marcatamente.
Sua è una disposizione fantastica meno appassionata, o incline a
drammatizzare contrasti, e più volta al lirismo soave, alle imma­
gini serene, alla polita levigatezza formale.
Alla stessa costellazione di compositori apparterrebbero, per le
radici etniche, e per la scuola musicale, maestri come Giaches de
Wert e Jean de Macque: ma il loro destino d'uomini e d' artisti
si giocò interamente in Italia, ed essi risultano totalmente assimi­
lati alla cultura italiana.

30 • Lurs DE VICTORIA E LE SCUOLE SPAGNOLE

In Spagna l' arte musicale colta è sacra, principalmente. S ' in­


nalza nel secolo xvr dall' assidua osservazione della tecnica franco­
fiamminga, contemperata con una fantasia nativa, in cui gli appro­
fondimenti interiori e le vertigini mistiche d' una fervente e osser­
vata religiosità convivono con il gusto per l'espressione fortemente
chiaroscurata, per la drammatizzazione dei contrasti affettivi. Cura
mecenatesca per l'arte polifonica ebbero Carlo V ( 1 5 19-56 abdi­
cazione) che organizzò una capilla flamenca, e in séguito una cap­
pella spagnola; e Filippo II ( 1 556-98), che perseverò nella prote­
zione degli oltremontani, e che ebbe d'altra parte pedagogo nella
propria casa il grandissimo organista cieco e compositore Antonio
86 G R A N D I SC UOL E E UR O PEE

de Cabez6n (m. 1566). Ma i maestri eminenti non furono al servi­


zio dei re, sì addetti al servizio ecclesiastico.
Crist6bal de Morales ( 1 5 00 ca. - 1 553) capeggia la scuola anda­
lusa. La sua produzione, quasi interamente sacra, lo afferma il primo
polifonista spagnolo di statura internazionale: contemporaneo, e
pari agli artisti di linea fiamminga succeduti a Josquin, e fra essi
a Gombert in particolare, del quale condivide l'interesse per i fitti
congegni contrappuntistici. Ma la purezza del suo linguaggio anti­
cipa le prescrizioni conciliari tridentine, e il classicismo palestri­
niano. Ventidue messe - parodie, parafrasi, su cantus firmus, un
ciclo di canoni - e più di ottanta mottetti.
Allievi suoi si formano Francisco Guerrero ( 1 527/8- 1599), dive­
nuto maestro di cappella nella cattedrale di Sevilla, musicista reli­
gioso d' intensa spiritualità, e Juan Navarro ( 1 528- 1580).
Primo della scuola castigliana è Tomas Luis de Victoria (1548
ca. - 1 6 1 1 ) . Lungo soggiorno giovanile a Roma, a spese di Filippo
II; vi frequenta il Collegium Germanicum, istituzione dei gesuiti
votata a combattere il protestantesimo fra i giovani tedeschi; vi
è discepolo, indi successore di Palestrina. Legato a S . Filippo Neri.
Attivo in varie sedi; dal 1587 a Madrid. Dal 1 5 96 è maestro del­
l'imperatrice Maria, sorella di Filippo II, vedova di Massimiliano
II, nel convento delle Descalzas Reales, ave ella viveva ritirata.
Per la di lei morte compose il celebrato Officium Defunctorum (ed.
1605 ) . Non lascerà più il convento, dove aveva seguìto l' impera­
trice, e vi morirà nel 1 6 1 1 .
Victoria fu artista di formazione romana osservatamente cat­
tolica. Non coinpose mai musica mondana; né mai polifonia sacra
su canti dati d'origine profana (con l' eccezione della Missa pro vic­
toria, parodia della canzone descrittiva La guerre di C . J annequin) ;
ed anche eluse, con una sorta di tenace ortodossia ideologica ed
anche stilistica, ogni influenza indiretta dell' arte profana, ed in
particolare di quella ben penetrante del madrigale. Parte dei suoi
lavori san dedicati << Dea optimo maximo ». Ma tutta la produzione
ha la medesima osservanza d' ispirazione sacrale, con accensioni di
alta visionarietà religiosa, o abbandoni di misticismo contemplativo.
Non molte opere creò Victoria; e sacre tutte: formate con pre­
cisa e concisa funzionalità liturgica, e mai intese come puro arredo
ornamentale del rito. Venti messe, e fra queste le tre mariane
(«Alma Redemptoris Maten>, «Ave Regina », «Salve Regina ») a otto
BYRD E LA CULTURA M USICALE INGLESE 87

voci in due cori con organo : taluna su cantus firmus gregoriano;


ma le più son parodie, e più di metà parodie di mottetti propri .
Elaborazioni condotte con flessibile mobilità di metodi ricompo­
sitivi. I mottetti sono cinquantotto, fra quattro e otto voci. Vibrante
la comunione dell'invenzione musicale con le parole: il gioioso nata­
lizio « O magnum misterium », il grave tragico « O vas omnes (da Gere­
mia) e l'incantato «Ave Maria ».
Dalle composizioni d' altro momento devozionale, Inni, Magni­
ficat, e diverse, s' innalzano i due omogenei cicli 0//icium Hebdo­
madae Sanctae, equivalente cattolico della passione protestante, e
0//icium Defunctorum. Qui tecnica finissima, e alta concentrazione
e concisione; il senso della morte è tradotto in pathos musicale for­
tissimo.
L'idioma di Victoria divenne, passando gli anni, entrando nel
secolo nuovo, proprio di posizioni conservatrici: simbolo d'una con­
dizione generale della cultura musicale nazionale spagnola, non solo
implicata negli effetti della Controriforma, sì anche propensa ad
arrestare e conservare quelle maniere d'arte che il resto d'Europa
lasciava. Alla stessa scuola castigliana sono da ascrivere Juan Escri­
bano (m. 1557), Bartolomé de Escobedo (m. 1563), Diego Ortiz
( 1 525 ca. -post 1 5 70) , autore del celebrato manuale Tratado de glo­
sas ( 1553) per viola e violone, e rappresentante di quel fertile filone
di strumentisti, che annovera mirabili maestri (C abez6n, Franci­
sco de Salinas e più tardi Francisco Correa de Arauxo 1 5 75- 1654),
e sagaci teorici Uuan Bermudo, Tomas de Sancta Maria 15 1 0/20-
1570).
D'una posteriore scuola catalana l'esponente è Juan Pablo Pujol
(m. 1 626) .
Altri centri d' aggregazione, la scuola valenziana e quella ara­
gonese.

31 • BYRD E LA CULTURA MUSICALE INGLESE

William Byrd compendia la musica inglese dell'età d'oro di quella


cultura, fiorita con il regno di Elisabetta I ( 15 5 8- 1603) e di Gia­
como I ( 1 603 -25) . Ha posizione cruciale, siccome ultimo musici­
sta di religione e formazione cattolica, e pure supremo esponente
della cultura elisabettiana. Così, cattolico praticante assurge ad altis-
88 G R A N D I SC UO LE E UR OP EE

simo livello gerarchico in una società anglicana: e qui si misura non


tanto un criterio generale di tolleranza reciproca, ammirabile in
sé, quanto quella capacità di apprezzamento dei valori reali di cia­
scuno, oltre le barriere ideologiche, e quel pragmatismo, che è una
delle forze positive d'una società in espansione. Nella disponibi­
lità professionale di Byrd si riconosce inoltre ancora l'atteggiarsi
d'un uomo del Rinascimento . Come nella versatile produttività
senza pregiudizio: messe (ordinario e proprio) ; mottetti latini;
anthems (letteralmente, antifone; o genericamente, canti spirituali)
e servizi liturgici anglicani completi; songs e altre composizioni poli­
foniche o concertate, spirituali o profane; musiche per concerto
di strumenti e per tastiera. Lo stile di Byrd appare di ceppo fiam­
mingo, sostanzialmente, con venature di gusto italiano; ma egli non
mostrò d' aderire alla moda del madrigale italiano, esplosa in Inghil­
terra dal 1588.
Nato nel 1543, Byrd è gentleman nella cappella reale d' Elisa­
betta nel 1 5 70 . lvi in séguito organista, insieme a Thomas Tallis.
Nel 1575 essi ottengono congiuntamente un privilegio di ventun
anni per la stampa della musica: l'impresa avrà alterna fortuna.
Il resto della biografia di Byrd fino alla morte, 1 62 3 , non offre
eventi rilevanti, se non conflitti legali ed economici privati: la fon­
damentale aneddotica della sua vita è quella della produzione
musicale.
La pubblicazione delle Cantiones sacrae comincia dal 1575 (la
prima raccolta include anche lavori di Tallis) , e prosegue nel 1589
e 1 5 9 1 . Sono mottetti a più voci, fra cinque e otto, su testi latini
di moderata ispirazione cattolica. La successione dei lavori attesta
una rapida, sostanziale progressione di stile e, ancor più, di qua­
lità: verso una polifonia tersa, in strutture flessibili; e verso una
comunicazione concisa, proposta con giusta economia di mezzi.
Capolavori sonori risultano i Gradualia (l, 1 605 ; II, 1 607) : col­
lana d'intonazioni, fra tre e sei voci, di parti mobili (proprium) della
messa e dell'Ufficio cattolici: Introiti, Graduali, Alleluja, Offer­
tori, Communio, delle feste principali dell'anno (i precedenti di
Perotinus, e di Isaac) . Appare singolare un tale ampio progetto com­
positivo, che Byrd realizza con ricercata varietà di tecniche, pro­
ducendo lavori con vivida efficienza sonora, in un'epoca nella quale
nei paesi cattolici sta declinando la composizione per servizio litur­
gico, ed in un paese con religione ufficiale anglicana, ove la cele-
BYRD E LA C ULTURA M USICALE INGLESE 89

brazione pubblica del rito, nonostante la presenza di gruppi catto­


lici, è ormai proibita.
Il repertorio religioso su testo inglese di Byrd include da due
a quattro Services completi. Sono il corrispondente anglicano della
messa. Consistono di sette parti: Venite, Te Deum, Benedictus,
Kyrie, Credo, Magnificat e Nunc Dimittis . Si distingue lo Short
Service (breve) a quattro o cinque voci, pronunziato con elemen­
tari declamati sillabici, con polifonia a nota contro nota, e con ese­
cuzione del coro diviso in due sezioni, decani e cantoris, che s'al­
ternano e si riuniscono nel canto; ed il Great Service, il capolavoro
di liturgia anglicana di Byrd: apparato in due cori, con fraseggio
sillabico del testo ancora, ma ricercata mobilità dei ritmi, e svi­
luppata articolazione polifonica. Byrd fu tra i primi a comporre
anthems, nelle due specie funzionali full anthem e verse anthem. S'in­
contrano in manoscritti d'epoca; e nelle tre grandi composite col­
lezioni Psalmes, Sonets and Songs of Sadnes and Pietie (di mestizia
e di pietà, 1588), Songs of Sundrie Natures (di svariata natura, 1589),
Psalmes, Songs and Sonnets ( 1 6 1 1 ) .
Queste accolgono salmi polivoci, full e verse anthems appunto,
canti spirituali e profani a voce sola o a due con concerto di viole,
canzoni polifoniche, fantasie polistrumentali, e l'intonazione a cin­
que della stanza d 'Ariosto che comincia «La virginella ». È questo
l'unico lavoro italiano di Byrd, il quale non aderì neppure alla moda
del madrigale diffusasi in Inghilterra dal 1588. Hanno spicco nei
tre libri i brani da cantar concertato: non è monodia accompagnata,
stile che non risulta mai assunto da Byrd; ma si tratta di complessi
composti polifonicamente, dei quali una voce si canta, e le altre
vengono sonate.
Il repertorio strumentale costituisce il tesoro del catalogo di
Byrd. Anzitutto un ricco ventaglio di forme: preludi, fantasie e
fancies, danze e coppie di danze (specie l' abbinamento pavana
e gagliarda, in numerosi saggi di raffinata stilizzazione tastieristica),
cicli di variazioni di arie su bassi ostinati, ground basses, composi­
zioni su canto fermo, brani descrittivi (anzi, più correttamente,
brani con titoli naturalistici od evocativi) . Per tastiera il più grande
e vario numero; o per complesso di strumenti diversi. Strumenti
da tasto di Byrd sono il clavicembalo, l'organo, e soprattutto il vir­
ginale, uno strumento a corde pizzicate, a tastiera, portatile, assai
diffuso nell'area inglese, e adatto ad usi privati e casalinghi . Le
90 G RA N DI SC UOL E EURO P EE

opere sono riferite in manoscritti giustamente pregia ti, come l' an­
tologia collettiva Fitzwilliam Virginal Book (un trecento brani rico­
piati dal cattolico Francis Tregian durante una prigionia subita fra
il 1 609 ed il 1 6 19), e come, fra gli altri, My Ladye Nevell's Book,
con musiche tutte di Byrd; e in edizioni a stampa, come Parthenia,
or the Maydenhead ( 1 6 1 1 o 1 6 1 3 , dal greco parthenos, che vale ver­
gine), raccolta integrata da Parthenia In-violata ( 16 14 ca. ) , ove tra­
scrizioni di canti, e danze per virginale hanno il basso rinforzato
da una viola.
Musica per insieme strumentale, per consort, figura in antolo­
gie di composizioni polifoniche senza parole. L' esercizio pratico
distingueva il whole consort, di strumenti di famiglia uguale, dal
broken consort, di strumenti disparati (l'impasto timbrico favorito
in Inghilterra associava liuto, pandora, cetra, due viole, flauto,
secondo T. Morley, Consort Lessons, 1 5 99) . Byrd preferì la prima
formazione, per gruppi omogenei di viole, o di flauti dolci, od altri
appropriati.

32 • MAESTRI ELISABETTIANI

Byrd appare a capo di una pleiade di musicisti inglesi molto


dotati e produttivi, al confine estremo dell'età del Rinascimen­
to. Nel campo dell'arte sacra, i compositori Orlando Gibbons
( 1583- 1625), Henry ( 1 596- 1 662) e William ( 1 602- 1 645) Lawes,
e Morley e Weelkes (cfr. vol. V, § 18).
Nella cultura profana, un evento determinante fu l' apparire a
stampa del libro Musica Transalpina ( 1 588), collana di madrigali
italiani dei migliori, tradotti a cura di Nicolas Yonge . Essa sca­
tena vivo interesse per quella raffinata arte esotica, e innesca una
fertile fase produttiva di madrigali inglesi, ch'ebbe ottimi esiti musi­
cali originali: ne sono protagonisti Thomas Morley ( 1 5 5 7 - 1602),
discepolo di Byrd, ed autore del prestigioso trattato Plaine and Easie
Introduction to Practicall Musicke ( 1 597), Thomas Weelkes ( 1 5 75
ca. - 1623), il finissimo John Wilbye ( 1574-1638) . Altro genere favo­
rito, quello degli ayres, per voce sola con liuto o viola: vi si dedica­
rono John Dowland ( 1 562 - 1 626), dolcissimo compositore, Thomas
Campian ( 1 5 6 7 - 1 620) , Philip R6sseter ( 1 5 68- 1623), John Danyel
( 1565-1630 ca. ) .
MAESTRI ELISABETTIANI 91

I compositori strumentali, da classificare in rapporto con la spe­


cialità rispettiva. Per virginale, e altre t astiere, John Bull ( 1 562
ca. - 1 628), O . Gibbons, Giles Farnaby ( 1 560 ca. - 1 620 ca.), Peter
Philips ( 1 5 6 1 - 1 628) , Thomas Tomkins III ( 1 572- 1656). Per stru­
menti con corde pizzicate a mano - liuto, cetra, pandora - Anthony
Holborne (? - 1 602), ]. Dowland, Francis Cutting, Francis Pilkington
( 1 5 62- 1638), Robert Johnson ( 1583 - ante 1633) . Per consort,
Alfonso Ferrabosco II ( 1 5 75- 1 628), e altri di quel casato, O . Gib­
bons, Thomas Lupo (? - ante 1628), Richard Deering ( 1580 ca. -
1630), John Cooper (Giovanni Coperario, 1 5 75 ca. - 1 629), John
Jenkins ( 1 5 92- 1678).
VII • I L TARDo c IN QuEcENTo
33 • APOGEO DEL MADRIGALE ITALIANO

In Italia, all'espansione produttiva del madrigale nel secondo


Cinquecento, che trova immediati riscontri nell'editoria musicale,
corrisponde un'utenza larghissima. Questa non si realizza solamente
nell'ascolto ammirante ed appassionato dei virtuosi, compositori
e cantanti, che fioriscono in quella cultura mondana; ma anche,
e forse soprattutto, nella pratica d'esecuzioni private, alla quale
s' impegnano schiere di capaci dilettanti. Per tali usi si approntano
trasposizioni e adattamenti delle partiture originali polivoche; e
il liuto giova in grande misura. Madrigale è allora, oltre che vaso
d'esperienze linguistiche fondamentali e innovatriei, una sorta di
lingua comune italiana, colta, illustre, d'alta fattura. Echeggiano
ancora a fianco del madrigale le comunicazioni più leggere e facili
della villanella, della canzonetta, e d'altri generi con più marcato
carattere giocoso. Si fa proporzionalmente più esiguo lo spazio della
musica popolare, spontanea. Città musicali, con i propri maestri,
punteggiano la geografia d' Italia come in un variegato scacchiere.
Nuovi poeti sono cantati. Rime sparse; o segmenti dei poemi
e delle favole teatrali: Torquato Tasso, dall'Aminta e dalla Geru­
salemme liberata; Battista Guarini, dal Pastorfido; poco più avanti
Giovan Battista Marino, dall' Adone; e Della Casa, Tansillo, e molti
altri ancora. Oltre al classico Petrarca, dal Canzoniere e dai Trionfi,
ed agli autorevoli tradizionali Sannazaro, Ariosto, Bembo.
L'interpretazione musicale della parola è programma comune,
precisamente coerente con la poetica dell'imitazione della natura.
L'imitazione delle parole ha diversi gradi: grammaticale osservanza
della struttura tecnica e prosodica; illusione visiva («a note negre»)
e pittura sonora dei riferimenti naturalistici presenti nei testi let­
terari (« madrigalismi ») ; illustrazione d' affetti; espressione di con­
tenuti psicologici e di moti sentimentali. La soggezione del dettato
musicale alla parola, ed alle immagini e pensieri che vi abitano, cre­
sce a poco a poco fino al !Iletodico progetto monteverdiano della
« seconda pratica », d'un' arte nella quale l' «orazione » è «padrona »
96 IL TARDO CINQUECENTO

e non « serva» dell'« armonia », ed il discorso letterario guida la


disposizione musicale (cfr. Lettura n. 12 e n. 1 5 ) .
La comunicazione sonora svaria gradatamente fra delicati
momenti di contemplazione idillica, di lirica meditazione, d' incan­
tata serenità, e pagine ferventi, patetiche, spezzate, e luoghi di sus­
sulti sentimentali, di confessioni sensuali. Muta in tal modo, sia
all'interno dell' arco creativo d'una singola personalità, sia nel dive­
nire di fasi del sentire comune, del pensare di tutti.
La tecnica è quella completa ed agguerrita della polifonia imi­
tativa, e poliritmia (episodi di omoritmia compaiono soltanto per
fini occasionali di contrasto sonoro ed espressivo); penetrata ora
dal senso dell' accordo verticale dei suoni, e delle successioni accor­
dali: v'è un preciso apprezzamento della funzione animatrice, espres­
siva delle dissonanze, usate talora con avventurosa libertà lungo
decorsi armonici sghembi.
Ma all'interno del progetto madrigalesco prende anche consi­
stenza un disegno opposto alla tendenziale condotta curvilinea,
talora spinta fino alla tortuosità del segno: appaiono, con parole
appropriate, linee o fasci di linee pronunziate con retta declama­
zione sillabica collettiva, di tipo recitativo .

34 • MARENZIO

Luca Marenzio ( 1 553- 1 599) fu il più acclamato, rappresenta­


tivo compositore di madrigali italiano. Per darne prove, il suo primo
libro a cinque voci ottenne nove edizioni a stampa in veloce suc­
cessione; ed il maggior numero di lavori esemplari tradotti nell'im­
portante Musica Transalpina ( 1 5 88), e più ancora nell' antologia Ita­
lian Madrigalls Englished ( 1 590), con cui s' iniziò la diffusione del
madrigale in Inghilterra, sono di Marenzio. Ma la sua opera disparve
presto nell'oblio, a causa del rapido cambio di stile fra i due secoli.
Sui vent' anni Marenzio si stabilì a Roma, sotto la protezione del
cardinale Cristoforo Madruzzo. Alla morte di quel patrono, 1 5 78,
il «magnifico messer Luca » si legò al cardinale Luigi d'Este, al quale
dedicò «per debito d'infiniti favori » il primo libro di madrigali,
apparso nel 1580, pubblicazione che promosse la rinomanza euro­
pea del compositore. A Roma Marenzio rimase quasi ininterrotta­
mente per tutta la vita, in una privilegiata posizione d'unico mae-
MARENZIO 97

stro della sua corrente, con un largo séguito d ' ammiratori locali
- diverso dalla pleiade di madrigalisti romani seguaci di Palestrina,
i Giovan Maria e Giovanni Bernardino Nanino, Annibale Stabile,
Paolo Bellasio ( 1554- 1594), Ruggiero Giovannelli e Paolo Quagliati
( 1 555 ca . - 1628). Ma, assurto a vasta notorietà, Marenzio ebbe
legami con le corti di Ferrara e di Mantova; con Firenze, ove coo­
però alle fastose imprese spettacolari del 1589 con Cristoforo Mal­
vezzi ( 1 5 4 7 - 1 5 99), Alessandro Striggio, Jacopo Peri, Emilio de'
Cavalieri, Giovanni Maria Bardi; con la Polonia, ove riscuoteva
I' ammirazione del re Sigismondo III, e dove si recò durante un
itinerario di viaggi europei negli anni 15 96-98. Trascorse l'ultimo
anno di vita a Roma.
Il catalogo di Marenzio è molto ampio: un volume di madrigali
a quattro voci; nove a cinque, più uno a cinque di madrigali spiri­
tuali; sei a sei voci; a vari insieme vocali in un libro del 1588 (nel
quale dichiara un nuovo atteggiamento di « mesta gravità», in cui
forse sono da riconoscere le medesime motivazioni culturali e spi­
rituali dell'opera tarda di Lasso) ; postumo, un libro di madrigali
« spirituali e temporali»; cinque collane di villanelle a tre voci; mot­
tetti, e molti pezzi in collezioni di vari autori.
Magistrale, squisito fattore di polifonie, Marenzio ama disporre
scritti apparati sonori tersi, trasparenti, sobri, nei quali le nerva­
ture polivoche siano essenzialmente tracciate dai motivi, ossia da
parole cantate, riducendo divagazioni melodiche ornamentali.
L' aderenza alla parola del segno sonoro è intima: dal simbolismo
visivo, alle inflessioni affettuose. Sicché il contegno discorsivo riesce
molto mobile; senza venir meno ad una normalità sintattica - for­
se l' apogeo dell'elaborazione stilistica di due secoli di polifonia
vocale - che anzi è ancora più regolarmente osservata dal 1588.
Anche la tecnica più raffinata - imitazioni fugate, moti con­
trari, stretti, canoni - giova all'espressione, coordinata com'è al
dettato poetico. In quella cornice, cerca Marenzio durezze armo­
niche inusitate, ragionevolmente articolate nei contesti; e moti­
vate, come quel noto passo sul verso petrarchesco << muti una volta
quel suo antico stile » del madrigale « 0 voi che sospirate a miglior
notti » (su la dodicesima strofe della sestina « Mia benigna fortuna
e'l viver lieto », Canzoniere 3 32) nel secondo libro a cinque (158 1),
nel quale egli interpreta il senso dell'« antico stile » con restauri cro­
matici ed enarmonici d'ipotetica ascendenza musicale greca. Verso
98 IL TARDO CINQUECENTO

l a fine dei suoi anni, s i rivelano disposizioni concertanti, con le


due voci più alte in dialogo; e luoghi in stile declamato. Nel pro­
filo dell'operosità di Marenzio, « il più dolce cigno d' Italia », v'è
anche la graziosa festevolezza delle villanelle; e la nobile, a volte
commovente musicalità dei mottetti.
Marenzio fu compositore in continua evoluzione stilistica, fon­
data su una capacità tecnica saldissima: nel suo divenire personale
si legge la storia delle fantastiche conquiste linguistiche della poli­
fonia italiana nell'ultimo ventennio del sedicesimo secolo .

35 • WERT. MANTOVA E FERRARA

Ai madrigali di Wert è assegnata una qualifica di virtuosismo:


virtuosistica è la bravura personale del compositore; ed a magi­
strali esecutori virtuosi l'opera è destinata. Giaches de Wert
( 1 5 3 5 - 15 96), di Anversa, scende giovanissimo in Italia. Dapprima
a Napoli - vivace città musicale, già illustrata dall'insigne Rocco
Rodio ( 1530 ca. - 1 6 1 5 ca.) -, indi in altre sedi: a Ferrara, a Novel­
lara; a Parma nel 1 5 6 1 , duca Ottavio Farnese, ove forse frequenta
Rore, e a Milano. Nel 1 565 il definitivo approdo a Mantova, città
in cui Wert assomma le cariche di compositore e direttore di corte,
e maestro di cappella nella chiesa ducale di Santa Barbara.
La storia musicale della basilica di S anta Barbara è esemplare.
Guglielmo Gonzaga la volle edificata nel cuore del palazzo labi­
rintico di Mantova; il duca strenuamente pretese per essa un ordi­
namento liturgico autonomo da quello romano; compose o fece com­
pilare sotto il suo controllo i libri di canto piano originale; ordinò
o commise altresì un vasto repertorio di canto figurato, polifonico,
che pretese composto seguendo criteri da lui stesso dettati - con­
tinua polifonia imitativa - e su motivi propri del repertorio mano­
fonico liturgico di Santa Barbara (fra i suoi corrispondenti esterni,
Palestrina, Marenzio, Merulo e molti altri) ; alla formazione del
repertorio contribuì egli stesso, componendo messe, mottetti,
Magnificat, un Te Deum (il tesoro librario di Santa Barbara è oggi
conservato integro nella Biblioteca del Conservatorio di Milano) .
Mecenate, organizzatore, committente, teorico, compositore:
Guglielmo incarna un 'emblematica condizione di ordinatissimo
governo e signoria della musica nel tardo Rinascimento italiano .
WERT . MANTOVA E fERRARA 99

A Mantova Wert è tormentato da intrighi di corte, e privati.


Dopo la morte della moglie infedele ed ostile ( 1580), più si lega
alla corte di Ferrara, ave compie prolungati soggiorni. La corte
estense, duca Alfonso II, è amatissima e splendida, anche se l' amaro
destino di Torquato Tasso vi svela segni d'irrequietezze e miserie.
Wert ama a Ferrara Tarquinia Molza, colta raffinata poetessa e
musicista. Ella è una delle cantatrici del celebrato « concerto delle
donne » ferraresi, formato dalla Molza, da Lucrezia Bendidio e
Laura Peperara; e da Isabella Bendidio, Anna Guarini, Livia
D'Arco, Vittoria Bentivoglio, Leonora da Scandiano. Le compo­
sizioni concepite specialmente per quella compagnia femminile si
riconoscono: due o tre voci acute si sciolgono in risalto dal gruppo.
Non solo Wert contribuì al loro repertorio, sì anche Marenzio,
Gesualdo, Monteverdi; e più d'altri Luzzaschi, che a Ferrara è orga­
nista e maestro della musica al servizio privato del duca. Del ver­
satile Luzzasco Luzzaschi ( 1540 ca. - 1607), del quale s'ammira l'ele­
gante, morbido comporre vocale, resta esemplare per la cultura fer­
rarese il libro di Madrigali per cantare e sonare a uno, a doi e tre
soprani ( 1 60 1) , che offre inoltre promesse del nuovo stile secente­
sco. A Ferrara nasceva nel 1 5 83 Girolamo Frescobaldi.
Opere di Wert: undici libri di madrigali a cinque; uno a quat­
tro; uno di canzonette e villanelle; mottetti; inni; e madrigali, messe,
mottetti, in manoscritti od antologie collettive.
Il processo stilistico è mutante. I tre primi libri sono opere di
giovane . Dal quarto al sesto ( 1 5 77) l'invenzione musicale conqui­
sta solidità d' architettura sonora, bilanciata tra episodi di dense
trame imitative, e luoghi in declamato polivoco e dialoghi corali;
occasionali cromatismi, dove il testo li sollecita. A cominciare dal
settimo, negli ultimi cinque libri, fra 1 5 8 1 e 1595, aumenta l'in­
tenzione di sciogliere il fitto tessuto di più voci in andamenti fles­
sibili e svariati, col proposito di pronunziare in evidenza la poe­
sia, ed esprimerne i valori. Wert intona i poeti nuovi, Tasso e Gua­
rini; e ne accoglie il pathos, la sensualità, i palpiti, i languori , e ne
ricalca i virtuosismi retorici . Il getto canoro si modella sul respiro
e sul senso d'una poesia più soggettivamente emozionata ed
inquieta. La virtuosità dell'ottavo libro (1586) dedicato al duca
di Ferrara, è adattata ai magnifici musici di quella << numerosissima
e perfettissima cappella». Repertorio mantovano d'opere per occa­
sioni pubbliche ed ufficiali nel nono ( 1 5 88); il cui brano iniziale,
100 lL TARDO CINQUECENTO

« Or si rallegri il cielo » fu intonato per l'incoronazione ducale di


Vincenzo I Gonzaga ( 1587), il grande patrono dissipatore. Ad un'a­
mante di Vincenzo, lnes D' Argotti Carretta, è dedicato il decimo
libro ( 1 5 9 1 ) , nel quale alita un'aura di gioco e di ballo, la festosità
di convegni cortesi. Nell'undecimo ( 1 595), una metà dei madri­
gali sono testi teatrali, intonati a più voci: ripresi dal Pastor Fido
di Guarini, l' amatissima favola pastorale . Nelle opere tarde, stile
declamatorio; duetti, terzetti e altri insieme a dialogo; effetti d'eco;
recitativo accordale, con preminenza della voce soprana; passaggi
e altre colorature vocalistiche. Anche i nessi imitativi canonici, i
metodi tradizionali del contrappunto, dell' arte della vera polifo­
nia: ma pareggiati agli altri, ed applicati solamente se li pretende
.il senso della poesia cantata.
Alla morte di Wert restano in primo piano a Mantova il favo­
rito Gastoldi, e, meno frequentato ai giorni nostri, ma ben meri­
tevole, il Pallavicina. Ne era partito da anni, pur mantenendo stretti
rapporti, il nativo Alessandro Striggio senior ( 1 5 3 5 ca. - 1595 ca. ) :
compositore d'alta vena, liutista, violista, uno dei pochissimi di
ceto aristocratico, fu ammiratissimo musicista in quelle corti ita­
liane e straniere in cui ebbe le cariche diplomatiche e amministra­
tive alle quali l' abilitava il suo rango.
Giovanni Giacomo Gastoldi ( 1555 ca. - 1609), maestro in Santa
Barbara, fu celebrato e influente a latitudine europea, pei suoi for­
tunatissimi balletti, e per le canzonette, ove è riflessa la gaia vita
cortese mantovana. Ma le prime trascrizioni di musica emergente
dal fondo librario della basilica lo rivelano altissimo artefice di
musica religiosa.
Benedetto Pallavicina (? - 1601), maestro in corte dal 1 5 96, dà
saggi dapprima di stile declamatorio, e di quelle maniere concer­
tanti proprie delle pastorali (alla Wert) . Dal sesto libro dei suoi
madrigali a cinque voci ( 1600) scatta un sistema d' ardite intensi­
ficazioni espressive, con metodi emancipati dalla norma sintattica
ordinaria: disaggregazione dei complessi polivoci; gruppi dialoganti;
segni melodici flessuosi e virtuosità; e dissonanze, con parole appro­
priate, forti dissonanze non preparate.
Entro quella cultura mantovana, già dal 1 5 90 è inserito, dopo
l' apprendistato in Cremona con il degno Marco Antonio Ingegneri
( 1 547- 1592), Claudio Monteverdi (cfr. vol. V, §§ 4 e 7).
G ESUALDO 10 1

36 • GESUALDO

Carlo Gesualdo principe di Venosa ( 1 560 ca. - 1 6 1 3 ) apparte­


neva ad un ceto d' altissima aristocrazia napoletana; eppure fu dotato
di coscienza professionale musicale particolarmente acuta, che l'in­
dusse ad operare con inflessibile autocritica. D' altronde ciò s'ac­
cordava con la sua indole orgogliosa ed ombrosa, e la psicologia
introversa, irrequieta, con marcati spunti nevrotici. In giovane età,
a Napoli, tratta mecenatescamente i musicisti di quella cerchia,
Rocco Rodio ( 1 530 ca. - 1 6 1 5 ca. ) , Pomponio Nenna ( 1550 ca. -
1618 ca.) , da taluno ritenuto il maestro di Gesualdo, Scipione Stella
(1560 ca. - 1620), Scipione Dentice ( 1560- 1635); nel 1588 e nel 1592
ospita nella sua casa Torquato Tasso. Il legame nuziale di Gesualdo
con Maria d' Avalos ha un epilogo sanguinoso: l' adultera è da lui
uccisa con l'amante ( 15 90) . Nel 1594 il fastoso trasferimento a Fer­
rara, ove nello stesso anno appaiono i primi due libri di madrigali,
e dove son celebrate sfarzosamente le sue nozze con Eleonora
d ' Este, nipote del duca Alfonso II.
Nella vivace animazione della città emiliana Gesualdo tempera
con fervide attività l'umore malinconico e il malessere psichico.
Crea i madrigali del terzo ( 1 5 95) e del quarto libro ( 1 596), in cui
« lascia quel primo stile » e si pone « all' imitazione del Luzzaschi,
da lui sommamente amato e celebrato », e forse immagina una
riforma della didattica della musica, che sogna di realizzare col Luz­
zaschi. Dopo il 1597 Gesualdo ritorna a Napoli, ove risiede sino
alla fine ( 1 6 1 3 ) . Vi cura le altre pubblicazioni, e vi tiene ancora
«una corte a sue spese » frequentata da « compositori, sanatori e
cantori eccellentissimi »: oltre Rocco, Nenna, Stella, Dentice, da
Giovan Leonardo Primavera ( 1 540 ca. -post 1 600) , Jean de Macque
(1 550 ca. - 1 6 14), che sarà l'influente maestro della prossima gene­
razione, Scipione Cerreto ( 1 5 5 1 -post 163 1 ) , Muzio Effrem ( 1555
ca. -post 1 626) .
La produzione di Gesualdo è tutto sommato esigua, se raffron­
tata alle usanze correnti: sei libri di madrigali a cinque voci; uno
a sei postumo, tramandato incompleto; due di mottetti; uno di
Responsori . Le prime due raccolte, apparse a Ferrara nel 1594,
ma certo riferibili alla precedente stagione napoletana, testimoniano
la presa di coscienza dei problemi tecnici e formali della poetica
102 I L TARDO C INQUECENTO

madrigalesca; e san anche promettenti e significative più di quanto


generalmente si giudichi . Gesualdo vi è già incline ad orientare
l'invenzione sonora sui contrasti procurati dallo svariare delle imma­
gini letterarie; e vi delinea già quel suo atteggiamento contenuti­
stico ed espressivo, emancipato dalle convenzioni normative della
grammatica e della retorica compositiva.
Nel repertorio ferrarese del terzo ( 1 5 95) e del quarto libro
( 1596), l'arte gesualdiana conquista caratterizzata originalità. Tipico
il relativo disinteresse di Gesualdo per la qualità letteraria dei testi
che sceglie. Essi devono solamente contenere concisi, quasi afori­
stici enunciati, e brusche antitesi discorsive (come nel gelido esempio
letterario dal quinto: « O dolorosa gioia / o soave dolore [ . ] poi . .

che sì dolce mi fà morto e vivo ») . Il musicista ne ricerca le provo­


cazioni comunicative, e muove il suo giuoco sonoro accentuando
o reprimendo, forzando i contrasti o diluendo l' asprezza dei tra­
passi, moltiplicando la risonanza con ripetizioni episodiche, uguali
o variate. Per quest'ultima via, rinascono dagli originali progetti
retorici di Gesualdo schemi formali di tipo classico, come la varia­
zione strofica, o la struttura di strofe, antistrofe, epodo . Peraltro
il musicista isola e studia ciascun aspetto del linguaggio polifonico,
e ne rinnova originalmente i portati tradizionali, con inflessibile
impegno.
Illuminato dall'esilarante aura ferrarese, da Luzzaschi e da Wert,
scansa le tentazioni della monodia, ma intona « arie » per un « fio­
rentino che canta sul chitarrone », compone per il terzetto delle
donne; indulge al recitativo accordale, ma illumina e tinge il discor­
rere melodico con interpretazioni armonìche audaci, vivificanti,
inaudite, per esaltare la qualità espressiva del luogo poetico.
Dal 1597, rientrato a N apoli, Gesualdo crea lavori sacri, quasi
un intermezzo devoto: due libri di cantiones sacrae d'osservata fat­
tura contrappuntistica imitativa escono nel 1 603 ; nei Responsoria
( 16 1 1) a sei voci vi sono momenti d ' alta concentrazione espres­
siva, per l'Ufficio della Settimana Santa.
Il quinto ed il sesto libro dei madrigali appaiono entrambi nel
16 1 1 (i sei libri riuniti poi in una Partitura, 1 6 1 3 , curata da Simone
Molinara a Genova: privilegio assai raro la redazione di partiture
madrigalesche, nel quale è da intender forse un fine didascalico,
avverso alla radicale svolta stilistica in atto dai primi anni del se­
colo) . La volontà espressionistica vi è accentuata: il sobrio, ner-
MADRIGALI DRAMMATICI 103

vaso profilo dei motivi; il cromatismo, non lineare sì armonico,


dato da successioni d' accordi fioriti di dissonanze libere, congiunti
in maniera inattesa, e non orientati tonalmente secondo norma;
l' antagonistica dualità tra " durezze " e " artificio " , fra accesa ten­
sione d' armonie ardite da un lato, e dall' altro linearità melodica,
che ingenera imitazioni, per dare liete immagini dal mondo natu­
rale (« Vola n quasi farfalle », «Ardita zanzaretta », « Tu segui o bella
Clori ilfuggitivo ») o da stati d' animo positivi (ardore, diletto, spe­
ranza, trionfo) ; le imitazioni strette, ed il proliferare delle disso­
nanze provocate dal moto delle parti; la forma che viene costituen­
dosi con l' avanzare della libera interpretazione sonora dei conte­
nuti letterari. Anche i getti formali più brevi sono trascorsi da un'ir­
requietezza della comunicazione, che è incessante in Gesualdo. Egli
vi filtra e proietta il senso delle parole, innalzandone il fantasma
in rappresentazioni esaltate ed insieme corrosive. L' assunzione di
responsabilità espressiva lo conduce ad un'osservazione crudamente
obiettiva di stati dell'animo. Gesualdo non opera per un programma
autobiografico. L'espressione, benché altamente personalizzata, sog­
gettivamente determinata, vive nell'immaginario, stilizzata in una
selva di finzioni . A quel punto la cultura rinascimentale è disin­
tegrata.

37 • MADRIGALI DRAMMATICI

Un'esperienza compositiva particolare del ceppo madrigalesco,


che testimonia la vocazione drammatica crescente negli ultimi anni
del secolo, ma ch'è restata conclusa in sé e senza esiti apparenti,
è il madrigale drammatico, o dialogico (altri scrive rappresentativo) .
Sono rime dirette, o bozzetti ritrattistici o descrittivi, o dialoghi,
o brevi commedie interamente svolte; testi animati drammatica­
mente, colmi d'umor comico e d'intenti caricaturali; in italiano,
in parlate rustiche, o in lingue storpiate o mescolate: messi in musica
in stile polifonico madrigalesco facilitato. Queste composizioni non
si visualizzano, di norma; tanto meno si rappresentano in scena.
Chiaramente derivano dal filone dei canti carnascialeschi, villane­
sche, villotte, mascherate, balletti, ed altri canti giocosi, divertenti,
conviviali, caricati d'intenzioni descrittive o drammatiche . S'alli­
neano con la qualità della commedia di maschere italiana. Una
104 IL TARDO CINQUECENTO

distinzione esterna v a posta fra composizioni singole concluse in


sé; composizioni collegate in cicli; e madrigali che sviluppano
insieme, connessi, una coerente vicenda drammatica articolata.
Prototipo riconosciuto d'Alessandro Striggio senior è Il cicala­
mento delle donne al bucato (156 7), riedito con Il gioco di primiera
(1569) : un lavoro riferibile a modelli di chanson descrittiva alla Jan­
nequin.
Ulteriore cronaca del genere. Nel 1590 compaiono contempo­
raneamente Selva di varia ricreatione d'Orazio Vecchi ( 1 5 50- 1 605)
e Mascherate piacevoli et ridicolose di Giovanni Croce ( 1557-1609) .
Del Croce, nel 1 5 95 Triaca musicale nella quale vi sono diversi
Capricci (triaca: un giuoco? uno specifico terapeutico?) , ave diver­
timento e commozione si succedono in gradevoli alternanze. Di
Vecchi nel 1597 appaiono Convito musicale, svariato banchetto di
canti, riflesso dell'usanza signorile di pasteggiare alternando alle
portate appropriate esecuzioni musicali, e L 'Amfiparnaso comedia
harmonica, che è considerato il capolavoro del genere. Vecchi si
conferma ancora esperto compositore ed abile drammaturgo in Le
veglie di Siena ( 1 604) . Quasi occasionale l'invenzione di Gaspare
Torelli I fidi amanti ( 1 600) . Ultima figura significativa di questa
finita galleria d' autori specializzati appare Adriano Banchieri
( 1 568- 1634). Nel suo catalogo , con opere d' altri meriti, un' amena
serie di collane di canzoni comiche, o di commedie madrigalesche,
con titoli spiritosi e bizzarri. E fra esse La pazzia senile ( 1 5 98),
una spassosa commedia di maschere, con intreccio da opera buffa;
Il zabaione musicale inventione boscareccia ( 1 604); Barca di Vene­
zia per Padova ( 1 605), viaggio notturno sul burchio, di pescatori,
amanti, venditori ambulanti, e altre figure comicamente atteggiate
nel canto polivoco; Il festino nella sera del Giovedì grasso ( 1 608);
La saviezza giovanile ( 1 628), ristampa del Virtuoso ridotto tra signori
e dame ( 1 607); La fida fanciulla, comedia esemplare ( 1 628); Tratte­
nimenti da villa concertati [ . ] Vaga et curiosa concatenatione dram­
. .

matica ( 1 630).

3 8 • RICERCHE ED ESPERIENZE CLASSICISTICHE ED ACCADEMICHE

Vi sono momenti ed aspetti della storia musicale cinquecente­


sca permeati di ideologia classicistica, ed orientati all'ipotetico
RICERCHE ED ESPERIENZE CLASSICISTICHE ED ACCADEMICHE 105

restauro di antiche poetiche e prassi. Invero, allorquando si teo­


rizza sui metodi operativi, la cultura arcaica è sempre richiamata
come termine di confronto e come riferimento esemplare. Ram­
mentiamo luoghi salienti di quell'atteggiamento intellettuale di
marca rinascimentale, per esempio .
L' analisi dei generi diatonico, cromatico ed enarmonico della
musica greca ed il programma di recuperarli alla pratica attuale per­
vadono il pensiero e l'opera di Nicola Vicentino. Nel trattato L 'an­
tica musica ridotta alla moderna pratica ( 1 555) studia i generi clas­
sici, e propugna la loro applicazione dimostrandola in uno stru­
mento di sua invenzione, l'archicembalo, a sei manuali, nel quale
l' ottava poteva riuscire divisa in trentun parti. Punta avanzata di
quell'indirizzo, Vicentino non fu senza influenza sullo sviluppo del
cromatismo nel linguaggio contemporaneo, specialmente nel madri­
gale: come risulta in Rore, Lasso, in alcuni momenti di Marenzio,
in Luzzaschi, e soprattutto in Gesualdo.
Un altro tema fondamentale è quello del ricercato accordo fra
suono e parola, e verso poetico. La sua considerazione stimola lo
studio della metrica classica fondata sulla durata delle sillabe, e
delle sue possibili applicazioni nelle versioni musicali della poesia
rinascimentale: come s'hanno nei poeti latini cantati nel reperto­
rio frottolesco; e come nelle odi latine musicate da Petrus Trito­
nius ( 1465 ca. - 1525 ca.), e da Senfl e Hofhaimer, nella corrente
dell'umanesimo germanico.
Le loro esperienze indicano anticipatamente la via ad altre frange
ideologiche cinquecentesche, il cui obiettivo finale sarà il rinno­
vamento del legame tecnico e prosodico fra musica e poesia, all'in­
l erno d'un arcaizzante sistema metrico quantitativo, sovrapposto
n quello accentuativo . Come nell' Académie de Poésie et de Musi­

que fondata in Francia da Jean Antoine de Ba"if e Joachim-Thi­


hault de Courville nel 1570. Sulla scia dei dibattiti insorti nella
l 'léiade, la costellazione di eleganti poeti e di uomini di cultura
ntpeggiata da Pierre Ronsard e da Joachim Du Bellay, la nuova
istituzione idealizzava e proponeva esemplare l' antica sostanziale
1 1 nione di poesia e musica. Il programma accademico è formaliz­
zato in un insieme di regole; e più delle altre vale quella che pro­
pngna «vers et musique mesurés à l' antique » (misurati alla maniera
nntica) . In pratica: a sillaba accentata s 'unisce nota lunga; a sil­
lnha atona, nota breve; e l'insieme polivoco s'intona in forma di
106 I L TARDO CINQUECENTO

recitativo accordale omoritmico, con corti e semplici melismi. Quei


precetti di « musique mesurée » si dimostrano funzionali nel domi­
nio del balletto rappresentativo cantato, modello di buon accordo
fra le tre arti ritmiche, pel quale la cultura francese ha singolare
predilezione (e un archètipo di ballet de cour è il Ballet comique
de la Reine, 158 1 , di più autori coordinati da Balthasar de Beau­
joyeulx) . La vita dell' Académie fu brevissima, ma viva la sua
influenza; ad esempio sulla modellazione della chanson e dell'air
de cour strofico del primo Seicento. I musicisti più prossimi, Claude
Le Jeune ( 1 5 3 0 ca. - 1 600), Jacques Mauduit ( 1 557-162 7 ) .
I n Italia, connesso al medesimo ordine d i ricerche e restauri
classici è l'esperimento, rimasto isolato, compiuto da A. Gabrieli
allorquando s ' aprì nel 1 5 85 a Vicenza il Teatro Olimpico: per la
rappresentazione inaugurale, con la recita dell' Edipo tiranno di Sofo­
cle nella traduzione di Orsatto Giustiniani, Gabrieli compose la
musica pei « Chori » della tragedia greca in una forma polivoca rispet­
tosa della scansione metrica letteraria, in stile omoritmico, accor­
dale, declamatorio .
Acuti dibattiti, e saggi di realizzazioni sperimentali animarono
le sedute accademiche della Camerata fiorentina. Questa compa­
gnia d' artisti e d'uomini di cultura si radunava a Firenze nella casa
di Giovanni Bardi ( 15 34- 1 6 12) - prima del 1580, fino al 1 5 92 .
Li ispirava l a dottrina del grecista fiorentino Girolamo Mei; ade­
rivano Vincenzo Galilei, Piero Strozzi (1550 ca. - 1609), Jacopo Peri
( 156 1 - 1633), Giulio C accini, Ottavio Rinuccini ( 1 5 63 - 1 62 1) . Il
manifesto ideologico del gruppo è il Dialogo della musica antica e
della moderna ( 1 5 8 1 , cfr. Lettura n. 1 2) di Vincenzo Galilei ( 1 520
ca. - 1 5 9 1 ) , l' eccellente liutista, e teorico, padre del geniale Gali­
leo. La tesi afferma la supremazia della musica antica, perché rispet­
tava la forma e valorizzava il significato della parola, della parola
assicurava la percepibilità, e lasciava esprimere compiutamente le
virtù emotive e catartiche del canto. Ciò accadeva grazie alla mano­
dia, al canto a voce sola, alla semplicità della pronunzia, alla riguar­
dosa condotta dei ritmi musicali; ed è ora divenuto impossibile,
a causa dell' attuale egemonia del contrappunto con le sue norme
tecniche astratte, che lacera la forma ed oscura l' evidenza comu­
nicativa delle parole. Di restauri monodici Galilei procurò esempi
originali, oggi perduti: Lamentationes di Geremia; il Lamento del
conte Ugolino, dal canto 3 3 nella Commedia di Dante.
MONODIA E BASSO CO NTINUO 107

Nella società fiorentina, Emilio de' Cavalieri ( 1550 ca. - 1 602)


fu antagonista di Bardi; ma fu uno dei primi del nuovo stile. S ' al-
lineò anche Marco da Gagliano ( 15 82- 1643 ) . .
Si anima e s'alimenta la polemica umanistica contro la polifo­
nia; si diffonde variamente, e sortirà effetti dirompenti alle soglie
del nuo"vo secolo.

39 • MONODIA E BASSO CONTINUO

Monodia è la composizione per voce sola; è l'arte di cantar solo,


con accompagnamento. Sorprende che l' affermazione d'un modo
sì naturale di cantare e far musica sia stata l'oggetto d'un dibat­
tito acceso. Veramente, l'esecuzione monodica era comune anche
durante il Cinquecento, nella prassi non ufficiale e meno illustre,
più dimessa e privata (per tacer dei larghi, insondabili livelli spon­
tanei, e popolari) , e in certe occasioni rappresentative teatrali. Ma
era generalmente repressa dalla preponderante dottrina e pratica
polifonica, quella della cultura ufficiale, e scritta. Fin dalle inta­
volature frottolesche per canto e liuto del primo decennio, durante
tutto il secolo del primato polifonico si continuò a modificare in
pratica la partitura di più voci, isolandone una a cantare, e sosti­
tuendo le altre con strumenti, ovvero compendiandole intavolate
su liuto, tiorba, chitarrone, arpa, cembalo, organo o altre tastiere
- strumenti denominati «perfetti », perché capaci di accogliere e
riprodurre partiture polifoniche -, per esecuzioni in camera, in
chiesa, in teatro. Scarsissime le tracce scritte, benché rivelatrici.
Il punto di svolta, il momento istitutivo dello stile nuovo s' at­
tua con l' avvento e la definizione del basso d' accompagnamento,
il basso continuo. Il basso continuo è una singola parte strumen­
tale grave, sottoscritta alla melodia o all'insieme principale, stesa
in forma sintetica, che l' interprete svolge ed integra all' atto del­
l 'esecuzione, ricomponendo all' improvviso un accompagnamento
completo conveniente. Sua origine: quella particella di basso vocale,
che gli organisti e gli altri maestri alla tastiera usavano in luogo
d'una intera intavolatura o partitura, per accompagnare le compo­
sizioni polivoche. Quella era la base armonica obbligata d'una com­
pagine vocale già realizzata: l'esecuzione tendeva alla riproduzione
strumentale sommaria delle voci dell'insieme che s' accompagnava.
108 I L T A R D O C I N Q U EC E N TO

Si scorge con evidenza esemplare nel libro che dovrebbe dimostrare


la " invenzione " del continuo e della monodia nel campo musicale
religioso, ma che in realtà ne statuisce la formalizzazione, ne con­
segna la ratifica scritta: la fortunata collana dei Cento concerti eccle­
siastici a una, a due, a tre e quattro voci. Con il basso continuo per
sonar nell'organo di Lodovico Viadana ( 1 602 ) . Il libro è privo di
antecedenti scritti di pari portata; ma Viadana rivela nell'impor­
tantissima prefazione che la novità dei Concerti deriva dalla appli­
cazione studiata di prassi esecutive usate e comuni: queste sono
portate a livello d' arte compiuta e scritta, preservandone la col­
laudata utilità. Pertanto il continuo vi appare come una parte con­
certante, imitativa (ma « seguente », ossia che riprende ogni voce
che sia la più bassa, formando una linea sonora grave non inter­
rotta), tematicamente nutrita alla pari con le voci. E i canti a solo
hanno stile che definisco " monodia relativa " .
Complessi polivoci adattati sono anche le composizioni a voce
sola della nodale raccolta di L. Luzzaschi Madrigali per cantare et
sonare a uno, a dai e tre soprani ( 1 601), come risulta dalla artico­
lata fattura dell'intavolatura dell' accompagnamento per tastiera,
che è interamente originale: per queste maniere gli storici usano
la definizione « pseudo monodia » (coniata da Alfred Einstein) .
Monodia autentica, svolta su bassi concepiti autonomamente,
fiorisce nell' area fiorentina, dove essa rappresenta l'esito coerente
dell'elaborazione concettuale di quella Camerata accademica. Esatta
funzionalità dimostra la monodia accompagnata nelle favole pasto­
rali ed in altri archètipi rappresentativi, con musiche di Peri, Cava­
lieri, Caccini e altri. Liriche monodiche da camera sono offerte
nella raccolta Le nuove musiche (ed. 1 602) di Caccini, struttural­
mente distinte in « arie » strofiche, e in « madrigali » di fattura sciolta.
Giulio Caccini detto il Romano ( 1 5 5 0 ca. - 1 6 1 8) incarna un pro­
totipo del cantante di nuova educatissima professionalità. Tiene
scuola; e con gli altri coltiva la seconda moglie Margherita, e le
figlie Francesca, detta la Cecchina, e Settimia. Nella didattica pre­
scrive la controllata moderazione dei passaggi; normalizza gli abbel­
limenti; sollecita un'elastica « sprezzatura» del ritmo della pronun­
zia; chiede espressività affettuosa. La sua fantasia tende ad inven­
zioni di morbida melodiosità, di temperato lirismo; nelle Musiche
del 1 602 , come nel Fuggilotio musicale (2• ed. 1613) e nelle Nuove
musiche e nuova maniera di scriver/e ( 1 6 1 4).
M USICHE PER IL TEATRO E GLI SPETTACOLI 109

Il volume polifonico è sgretolato. Emerge in primo piano la melo­


dia del canto solo (cfr. vol. V, § 3). Il continuo appare finalmente
una semplice catena di bassi d' armonia, quasi privi d'ornamenti
sonori, sfondo e sostegno del divagare del canto. Da quest'epoca
la prassi del basso continuo dilaga; e rimane in vigore per poco
meno di due secoli. La sua diffusione e la sua normalizzazione gram­
maticale (Viadana, Agazzari 1578- 1640, Bianciardi 1570 - ante 1607,
Praetorius, e via seguitando) comportano effetti sostanziali nel dise­
gno evolutivo del linguaggio, la concezione verticale della compo­
sizione, la cristallizzazione formulare dell'armonia.
Il nuovo stile monodico consegue le applicazioni più sensazio­
nali nel campo dello spettacolo teatrale.

40 • MUSICHE PER IL TEATRO E GLI SPETTACOLI

La musica fu sempre parte di rappresentazioni teatrali, occa­


sionalmente, in posizione più ornamentale che strutturale. La pre­
senza musicale negli spettacoli, e la vocazione musicale di questi,
viene crescendo di frequenza e di consistenza nel secolo sedice­
simo in Italia. Schematizziamo due poli. Ad uno v'è l'insieme di
quelle composizioni da concerto, le quali tendono ad assumere carat­
terizzazione drammatica, che il suono può assecondare, colorare,
qualificare; vi s' includono i brani del repertorio meno culto - canti
Ji carnevale, mascherate, trionfi, todesche, frottole speciali, can­
zoni villanesche, villotte, balletti - che possiedono uno specifico
potenziale mimico coreografico rappresentativo, e lo realizzano in
forme e circostanze particolari. All' altro polo quelle forme di tea-
1 ro letterario, nelle quali è più evidente la disponibilità ad acco­
�liere momenti musicali: sono tragedie, commedie, drammi e favole
pastorali, e generi meno regolari, farse, rappresentazioni allegori­
l'he, feste teatrali; intermedi; sacre rappresentazioni.
S' individuano sommariamente tre funzioni : canzoni intonate
' lccasionalmente da singoli recitanti, o da cori del dramma; canti,
mri o concerti strumentali d'introduzione o per transizione; mo­
menti di canto e suono estranei intromessi. La prima circostanza
� ' avvera in punti che abbiano singolare rilievo lirico dal dramma;
�eneralmente cantano persone irreali predestinate, poeti classici,
' lei e semidei, artisti mitologici, personaggi allegorici; i cori sono
110 IL T A R D O C I N Q U E C E N T O

disposti preferibilmente alla conclusione di scene o d'atti. Nella


seconda distinzione si annettono finalità legate alla visibilità, agli
spostamenti delle persone, a coreografie, a mutazioni sceniche. La
terza eventualità è realizzata negli intermedi, rappresentati come
brillanti diversivi fra gli atti dello spettacolo principale.
L'esperienza italiana è preminente, ed è la più articolata. Ma
vi sono situazioni di teatro musicale anche in altre lingue. In Francia
si cantano chansons durante gli spettacoli di teatro letterario o popo­
lare; nasce, propiziato dai dibattiti dell' Académie il ballet de cour,
esatto compendio d' arti ritmiche (poesia, musica, danza) : primo
saggio perduto un Paradis d'Amour, 1572, su versi di Ronsard, per
nozze regie. In Inghilterra s' ammira il fastoso composito mask, fio­
rito forse ad imitazione del ballet francese, verso il cader del secolo.

41 • INTERMEDI

Alle soglie del Cinquecento, sono intermedi quelle interpola­


zioni canore o corali o strumentali autonome poste fra gli atti di
commedie umanistiche, di pastorali, di tragedie, di rappresenta­
zioni allegoriche. Distinguerli dalle musiche in commedia non è
sempre agevole, dapprincipio. Esempi dei più caratterizzati, gl'in­
termedi nel Commodo di Antonio Landi, a Firenze nel 1539, con
le musiche di F. Corteccia e Giovan Battista Strozzi. La storia del
genere è ascendente: ha brillanti manifestazioni a Firenze, Ferrara,
Mantova, Urbino, Treviso, Roma, Venezia, e altrove. La qualità
originale di divertimento viene arricchita di simboli ed allusioni
ad avvenimenti locali o ad ideologie imperanti: una società, una
cultura, celebra se stessa in teatro. Cresce gradatamente la dimen­
sione spettacolare, con l'incremento del programma rappresenta­
tivo, del numero dei partecipanti, del volume di suono, dell'ornato
mimico e coreografico, e dello sfarzo di costumi, scene, architet­
ture. Da breve intermezzo diversivo ad aneddoto rappresentativo
articolato, e colmo di vari suoni; l'intermedio diviene stabilmente
della specie " apparente " , e consegue vivida, in qualche episodio
grandiosa visualizzazione gestuale e scenica. È il trono della mac­
china illusionistica teatrale. La " meravigli a " degli intermedi più
fastosi risulta da pittoresche ed esaltate descrizioni di testimoni
(cfr. Lettura n. 1 6) . Né mancarono censure e ironie, come quella
MuSICHE IN COMMEDIA 111

d i Anton Francesco Grazzini: « Già si solevano fare gl'Intermedi


che servissero alla commedia, ma poi si facevano le commedie che
servissero agl'Intermedi ». Saggi fra i più notevoli a Firenze, con
le musiche di F. Corteccia e del versatile A. Striggio senior ( 1565,
progetto di G . B. Cini per La Cofanaria di Francesco D'Ambra)
c di A. Striggio ( 1 567, per I Fabii di Lotto del Mazza; 1569, per

La vedova di G . B . Cini; 15 86, per L 'amico fido di G. Bardi) ; ed


a Venezia, con le musiche di C . Merulo ( 1 5 66, per Le Troiane di
Ludovico Dolce; 1574, per La tragedia di C . Frangipane) . Culmine
cinquecentesco gl'intermedi rappresentati a Firenze nel maggio del
1 5 89, in occasione dei festeggiamenti per le nozze del granduca
Ferdinando I con Cristina di Lorena, fra gli atti della commedia
La Pellegrina di Girolamo Bargagli, e sùbito replicati nelle com­
medie La zingara e La pazzia date dai Comici Gelosi. Progettati
da G. Bardi, svolgevano temi dimostrativi di linea classicheggiante,
allegorici, morali, speculativi: L' armonia delle sfere; La gara fra
Muse e Pieridi; Il combattimento pitico d'Apollo; Le regioni de'
Demoni; Il canto d'Ariane; La discesa di Apollo e Bacco insieme
col Ritmo e l'Armonia. Musiche di Bardi, Cavalieri, Malvezzi,
Marenzio, Peri (che cantò a solo la parte di Ariane, accompagnan­
dosi al chitarrone), Caccini ed anonimi. L'impressionante rappre­
sentazione incantò; ve n'è la sontuosa descrizione di Bastiano De'
Rossi; se ne stamparono le musiche ( 1 5 9 1) e se ne riprodussero
i n incisione le scene di Bernardo Buontalenti.
L'intermedio costituisce la manifestazione più grandiosa e spet­
L acolare di teatro musicale nel secolo sedicesimo . La voga non
s'estingue nel secolo diciassettesimo. E spunti della vocazione spet­
Lacolare e modelli rappresentativi del genere degli intermedi tra­
passano in taluni orientamenti e aspetti dell'opera in musica.

42 • MusiCHE IN coMMEDIA

La storia delle musiche assorbite nel tessuto del dramma tea­


trale può cominciare con la citazione dell'irmovatrice Fabula di Oifeo
( 1 480 ca.) di Angelo Poliziano : la canzone d' Aristeo, molti versi
di Orfeo, il coro finale delle Baccanti, e forse altri luoghi erano
cantati. Le commedie, tragedie, egloghe, idilli, dei poeti umanisti
cortigiani attivi nelle città del Nord d'Italia fra Quattrocento e
1 12 I L TARDO CiNQUECENTO

Cinquecento - Galeotto Del Carretto, Niccolò da Correggio, Pan­


filo Sasso, Gaspare Visconti -, avevano parti destinate ad essere
cantate, che risultavano in musica almeno nelle recite importanti,
quelle mecenatescamente ordinate. Particolarmente impegnato su
quel terreno risulta Bartolomeo Tromboncino. La voga coincide
con la risorgenza e la formalizzazione d'un'arte musicale italiana
nativa. Quell'uso persevera; non sistematico, sì occasionale, legato
a circostanze, a intenzioni particolari. Ad esempio, delle " canzoni
dopo gli atti " nelle commedie Mandragola e Clizia di Niccolò
Machiavelli, compose il suono, alla madrigalesca, Philippe Verde­
lot; ma quei cori non furono intonati che in certe recite privile­
giate. Per analogia si deve supporre normale, anche se applicato
occasionalmente, il metodo di fare cantare segmenti di commedie.
Lo sviluppo polifonico della melica profana nel Cinquecento
fece deviare temporaneamente da una linea di svolgimento conti­
nuo anche quelle gracili occasioni di canto teatrale diretto: le can­
zoni intonate recitando a voce sola, in prima persona, risultano
rare, anche a confronto con quelle polivoche, corali, più frequen­
temente raccontate nelle cronache, che hanno pur lasciato tracce
nelle pubblicazioni musicali. Pochi gli episodi dunque, dalle tra­
gedie, commedie e rappresentazioni allegoriche: vi attendono, ad
esempio, musicisti come A. Striggio e Stefano Rossetto a Firenze;
Scipione del Palla a Napoli; e l' anonimo che scrisse le musiche della
tragedia Alidoro di Gabriele Bombasi per la recita di Reggio Emi­
lia nel 1568. S ' ignora d'altronde il teatro popolare, anche se si può
immaginarlo fiorito di cantari. Specifica è invece la vocazione musi­
cale della favola pastorale d' ambiente arcaico, mitologico. Le per­
sone irreali vi cantano, sole o in coro. Le vicende comportano fre­
quenti e ricercate evocazioni musicali . Il metro letterario sciolto,
interrotto dalle forme liriche dei cori, e la moderata dimensione
formale agevolano l' espandersi interno di correnti musicali. E l' aura
pastorale stessa comporta la disposizione a tenere e sensuose effu­
sioni canore. La cronologia della pastorale riconduce al laborato·
rio teatrale ferrarese: Il sacrificio di Agostino Beccari ( 1554), Aminta
di T. Tasso ( 1 5 73 ) , Il pastorfido di G . B . Guarini ( 1 5 86, versione
definitiva 1602). Escluso un cortissimo frammento del Sacrificio,
musica di Alfonso Della Viola, non resta nulla delle musiche origi­
nali di quelle rappresentazioni teatrali. Ma significativamente
Aminta ed anche molto più Pastor fido furono un serbatoio fre­
quentatissimo di versi estratti per comporre madrigali.
ARCHÈTIPI D' OPERA I N MUSICA 1 13

43 • ARCHÈTIPI D ' OPERA IN MUSICA

A Firenze, dopo gl'intermedi del 1589, sono pastorali « tutte


di musica » le vere primizie di Emilio de' Cavalieri Il satira e La
disperazione di Fileno (favole di Laura Guidiccioni), Il gioco della
Cieca (da un episodio del Pastor fido) : tutte perdute. E pastorale
mitologica è anche Dafne, di Ottavio Rinuccini, con musiche in
collaborazione di Jacopo Peri e di Jacopo Corsi, 1598, delle quali
restano frammenti.
Appunto verso il cader del secolo si coordinano eventi radicali:
effetti dell' ambizione umanistica, classicistica, di resuscitare anti­
che forme di spettacolo e maniere di canto; assunzione di forme
teatrali attuali convenienti; definizione del nuovo stile monodico,
accompagnato dal basso continuo, e determinazione d'una appro­
priata maniera di recitar cantando. Di certo le trovate stilistiche
musicali sono determinanti: il cantar solo stabilisce l'identificazione
rra personaggio e voce cantante, finora elusa, ed invece essenzia­
l issima; il nuovo accompagnamento fondato sul basso continuo
garantisce la libertà d'espansione della monodia; lo stile recitativo
si definisce in una lineare e scorrevole declamazione intonata dei
l esti, che sta nel mezzo fra il canto spiegato ed il parlare ordinario
- accenti melodici ed espressivi, e sprezzature ritmiche ornano
quella sobria traccia discorsiva, mentre in momenti privilegiati del
dramma s' addensano coaguli lirici più melodiosi ed ornati. La fun­
zionalità del recitativo, di quella pronunzia libera declamata che
rongiunge gli episodi lirici e corali, è altissima, come veicolo di
romunicazione di affetti, e strumento docilissimo di suggestione
morale sugli astanti; il duttile recitativo è anche prontamente sin­
l'ronizzabile col gesto scenico, ed agevola in grande misura la fun­
z ione attorica.
L' anno 1600 è gremito (cfr. vol. V, § 19). Nel febbraio a Roma,
1 1ell'oratorio filippino della Chiesa Nuova, è rappresentata con la
lnusica di Emilio de' Cavalieri, l' allegoria spirituale di Agostino
M anni, Rappresentatione di Anima e di Corpo, stampata nello stesso
1111no (cfr. Lettura n. 1 7) . 11 6 ottobre è recitata cantando a Firenze,
nelle feste per le nozze di Maria de' Medici con Enrico IV re di
l :rancia, l'Euridice di O. Rinuccini: la musica è di J. Peri; con l' an­
l agonistica collaborazione di G. Caccini nelle parti eseguite da can-
114 IL TARDO CiNQUECENTO

tori della sua scuola. Quella è la prima composizione teatrale pro­


fana, nella quale si canta continuamente; la prima opera in musica
insomma, che sia stata interamente tramandata. Sintomo d'una
competizione vivace e forse incattivita, anche Caccini compone
e dà alle stampe una sua Euridice, apparsa a stampa addirittura prima
di quella di Peri, benché rappresentata l' anno seguente.
Per la stessa occasione festiva, Il rapimento di Cefalo di Gabriella
Chiabrera, musiche di Caccini principalmente, e cori interpolati
di Stefano Venturi del Nibbio, Luca Bati (1550 ca. - 1 608) e Piero
Strozzi, è rappresentato il 9 ottobre con intermedi apparenti fan­
tastici, e nuovi perché incorporati in una favola tutta in musica;
ne resta solo il coro finale, riprodotto in Le nuove musiche di Giu­
lio Caccini.
Manifestazioni così differenziate sono la prova del permanere
d'una pluralità di forme teatrali musicali; e della varietà d' inter­
pretazioni eventuali dei portati del nuovo stile. Tempo di speri­
mentazione, di ricerche, d' applicazioni fantasiose e non formulari:
il vitale, omogeneo, continuo cammino dell'opera in musica s'av­
via decenni più tardi da Venezia (cfr. vol. V, § 2 1 ) .
Favole pastorali, e mitologiche, sono anche le prossime: Eume­
lio di Agostino Agazzari (Roma 1 606); Orfeo (Mantova 1 607) di
Claudio Monteverdi, su parole di Alessandro Striggio junior; e Dafne
(Mantova 1 608) di Marco da Gagliano, sui versi di Ottavio Rinuc­
cini; vi sono riverberati bagliori del crepuscolo del Rinascimento.
GLO S S A R I O
A cappella Attributo delle composizioni polifoniche da eseguire senza
collaborazione strumentale.

Alternstim Esecuzione di linea liturgica in cui si succedono regolarmente


brani di canto e brani d'organo; ovvero brani di canto polifonico e brani
in canto piano.

Anthem Composizione corale su testo sacro in lingua inglese, in uso


presso la chiesa anglicana. Nella forma più avanzata è suddivisa in verses,
alternati fra soli e coro, accompagnati da strumenti.

BaJlsd Equivalente inglese della ballata.

Balletto Uno o più brani strumentali e vocali congiunti, mossi da ritmi


di danza.

Barzelletta Struttura letteraria della frottola musicale. Forma di ballata


minore in versi ottonari suddivisi in strofe e ripresa ( --+ Frottola) .

Bassa danza Danza d'andamento lento e maestoso, prevalentemente in


tempo binario.

Cadenza Formula che conclude un brano musicale, o un suo segmento,


o una singola melodia.

Calata Danza di origine popolare d' andamento rapido.

Canone Una parte, detta antecedente o dux, intona una melodia; e un'al­
tra parte, conseguente o comes, la imita rigorosamente dopo un certo inter­
vallo di tempo, partendo da qualsivoglia nota. È composto nei tipi diretto,
inverso (moto contrario), retrogrado (a ritroso), inverso retrogrado, a spec­
chio (inverso simultaneo alla melodia originale); per aggrawmento o per dimi­
nuzione dei valori di durata; finito o infinito.
Nella polifonia di stile fiammingo era detto enigmatico quel canone nel quale
i conseguenti erano dedotti dall' antecedente mediante l'interpretazione delle
parole di un motto o di un indovinello ( --+ Imitazione) .

Canto carnascialesco Specie di canto sorto in Firenze nel Quattrocento,


per le feste, le mascherate e i trionfi di carnevale. Forma di ballata minore,
affine alla frottola.

Csntus firmus --+ Tenor.


118 GLOSSARIO

Canzone da sonare Composizione strumentale in forma libera, model­


lata sulla canzone vocale profana rinascimentale.

Cappella L'insieme delle maestranze musicali, strumentisti e cantori, che


operano al servizio di una chiesa, o di una corte signorile, o di una città.

Csrol Canto religioso inglese di carattere popolaresco, affine alla lauda


italiana.

Chanson Composizione polifonica imitativa di linea profana, d' area


francese.

Consort Designava in Inghilterra un complesso di strumenti, sia della


stessa famiglia (whole consort), sia di timbro non omogeneo (broken consort).

Contrsfsctum -+ Parodia.

Contrappunto Tecnica della combinazione di due o più linee melodiche


diverse simultanee.

Corale Canto liturgico della chiesa luterana, affermatosi con la Riforma.


Le sue semplici melodie su testi devoti in volgare furono spesso desunte dal
repertorio profano e popolare.

Déplorstion Compianto, o lamento.

Diferencis Composizione spagnola in forma di variazioni su tema desunto


dalla cantilena liturgica, o dalla tradizione popolare.

Double Ripetizione variata di una danza.

Fsncy Composizione strumentale inglese d'impianto contrappuntistico


somigliante al ricercare.

Fantasia Composizione strumentale, che nel Rinascimento ebbe sia carat­


tere di preludio brillante ed improvviso, sia forma liberamente contrappun­
tistica affine a quella del ricercare.

Polia Melodia d'antica origine portoghese, in tempo ternario, divisa in


due sezioni simmetriche, d'andamento moderato. È talora assunta come
motivo di danza; e più spesso scelta come tema per serie di variazioni sopra
la ripetizione del basso ( -+ Ciaccona, Passacaglia, Ground) .

Frottola Forma poetico-musicale italiana, composta di versi ottonari,


ordinati in strofe di 6-8 versi intervallate da una ripresa di 2-4 versi. Quasi
sempre a quattro voci, con prevalenza della voce superiore.
GLOSSARIO 1 19

Gagliarda Danza in tempo ternario, d'andamento vivace, spesso prece­


duta da pavana o passamezzo.

Giustiniana Genere di canzonetta amorosa, iniziato dal veneziano Leo­


nardo Giustinian ( 1383 ca. - 1 446); a due o tre voci, una cantata e le altre
assegnate a strumenti.
Nel sedicesimo secolo è una sorta di villanella, a tre voci, su testi burleschi
c caricaturali, d' area veneta.

Grechesca Specie di canzone villanesca, su testi gai e caricaturali, d'area


veneta.

Ground Equivalente inglese di basso ostinato. Sulle ripetizioni di un


basso vengono composte variazioni (-+ Polia, Ciaccona, Passacaglia).

Imitazione Procedimento assai usato nella polifonia, che consiste nel


richiamare una melodia o un suo segmento in una voce diversa da quella che
l ' aveva intonata in precedenza (-+ Canone) .

Incatenatura -+ Quodlibet.

lntavolatura Trascrizione per un solo strumento polifonico (organo, liuto)


di composizioni vocali o strumentali destinate in origine a più esecutori.

Intonazione Breve composizione strumentale con funzione preludiante.

Lauda Canzone spirituale italiana, religiosa ma non liturgica, strofica.


Nell'assetto polivoco è affine alla frottola.

Lied Canzone tedesca.

Lira Nel Rinascimento è strumento ad arco, di forma simile alla viola,


ma con il cavigliere a foglia, con bischeri infissi sagittalmente dall'alto, fondo
piatto e due corde di bordone fuori tastiera.

Liuto Strumento a pizzico, formato da una cassa bombata e da un


manico, distinto dalla cassa, piegato ad angolo retto. Nel Rinascimento ha
sei corde, dette cori, di cui cinque doppie e la più acuta semplice.

Madrigale Forma poetico-musicale italiana. Nel Cinquecento è libera,


polifonica.

Mensuralism� Sistema di notazione appropriato alla musica polifonica,


che consentiva di definire il valore rispettivo di ogni nota ed i rapporti di
durata fra una nota e l'altra.
120 GLOSSARIO

Messa Principale forma liturgica della chiesa romana. Le sue sezioni sono
divise in due gruppi: proprium, parti che variano secondo le festività (Introito,
Graduale, Alleluia o Tratto, Offertorio, Communio) , e ordinarium (Kyrie,
Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei). Nel Rinascimento essa è composizione
polifonica imitativa, che può essere formata in vari modi: su tenor, caput,
in discanto, parodia, libera, eccetera.

Moresca Danza d'origine araba e guerresca, di ritmo binario o tema­


rio, con andamento rapido e con carattere giocoso o grottesco.

Mottetto Composizione polifonica imitativa di linea religiosa, o ceri­


moniale.

Omoritmia Stile polifonico caratterizzato dall'andamento simultaneo a


nota contro nota delle melodie differenti coinvolte.

Ostinato Dicesi quando una parte melodica, che più spesso è il basso,
viene ripetuta più e più volte, con variazioni delle altre parti.

Parodia Composizione che è formata mediante l'adattamento di tutto


il materiale melodico e dell'impianto contrappuntistico di un' altra composi­
zione. Anche: adattamento di un testo letterario a una composizione stru­
·
mentale; o sostituzione di un testo con un altro in una composizione vocale
(contrafactum).

Passamezzo Danza rinascimentale in tempo binario, d'andamento mode­


rato, spesso accoppiata al saltarello.

Pavana Danza in tempo binario, d'andamento grave, spesso accoppiata


alla gagliarda.

Piva Danza d'origine popolare in tempo ternario, d' andamento vivace,


talora accoppiata alla calata.

Polifonia Struttura musicale procurata dall'emissione di più suoni simul­


tanei, e più particolarmente, di melodie fra loro combinate, aventi però indi­
vidualità distinta.

Priismbel Preambolo strumentale, preludio.

Preludio Parte introduttiva strumentale di una composizione.

Progressione Procedimento compositivo per cui la medesima formula,


melodica o armonica o contrappuntistica, viene ripetuta più volte in succes­
sione, iniziando su note diverse della scala.
GLOSSARIO 121

Quodlibet Composizione in cui sono riuniti e mischiati testi e melodie


eterogenee, spesso per finalità scherzose ed umoristiche. Nella tradizione let­
teraria italiana è detto incatenatura.

Ricercare Composizione strumentale in forma libera, che nella fase più


matura consiste nella elaborazione contrappuntistica di uno o più soggetti.

Romance Poema narrativo spagnolo, in strofe di quartine. Il modello


musicale che si replica è formato di quattro sezioni.

Saltarello Danza d'origine popolare, in tempo binario composto, d'an­


damento vivace, spesso eseguita dopo il passamezzo.

Strambotto Forma poetico-musicale italiana, composta di otto versi ende­


casillabi. La melodia del primo distico viene ripetuta per quelli seguenti; tal­
volta gli ultimi due versi sono rimati e intonati diversamente.

Stretto Avviene quando in un'imitazione il conseguente compare men­


tre non è ancora finita l'esposizione del tema antecedente.

Tsctus Unità di misura del tempo musicale. Teoricamente aveva una fre­
quenza costante, alla quale venivano rapportati i valori delle figure. Nel Rina­
scimento, al tactus ordinario corrisponde la figura della semibreve.

Tenor Canto dato che è la base di multiformi elaborazioni contrappun­


tistiche. Poteva essere desunto con adattamenti dalla monofonia sacra, da
una canzone profana, o anche inventato dal compositore. Nel Cinquecento
è detto anche cantus firmus.

Tiento Composizione organistica di stile imitativo, simile al ricercare,


d'area spagnola.

Toccata Composizione per strumenti a tastiera, che all'origine ebbe carat­


tere di improvvisazione, ed assunse durante il Rinascimento forme vieppiù
diversificate e complesse.

Todesca Specie di canzone villanesca o carnascialesca su testo che scherza


su gli errori e la pronuncia corrotta della poesia italiana cantata da stranieri.

Triade Accordo di tre suoni diversi.

Variazioni Trasformazioni successive, mediante vari artifici, di un ele­


mento tematico di base. Seguono tre procedimenti fondamentali: ornamen­
Lazione, elaborazione, amplificazione.
122 GLOSSARIO

Vihuels Cordofono spagnolo di due tipi: vihuela de arco, praticamente


un sinonimo della viola da gamba; vihuela de mano, strumento a corde pizzi­
cate, di fondo piatto, adatto ad intavolare composizioni polivoche.

Vlllsncico Composizione poetico-musicale d'origine spagnola, formata


di strofe (coplas) intervallate da un ritornello (estribillo).

Villsnella (Villanesca, Canzon villanesca). Forma poetico-musicale ita­


liana, strofica, generalmente a tre voci, con andamento prevalentemente orno­
ritmico .

Villotta Composizione a più voci su testi e melodie popolari, in origine


d'area veneta.

Viola Strumento cordofono ad arco che nel Rinascimento è di due spe­


cie: viola da braccio (si suona con la cassa appoggiata alla spalla); viola da
gamba (è tenuta fra le ginocchia, o appoggiata su uno sgabello o a terra) .
LETTURE
N . B . : Le versioni dei testi non italiani sono dell'autore.
l • EFFETTI DELLA MUSICA SECONDO TINCTORIS

Uno dei trattati brevi di Johannes Tinctoris è il Complexus effectuum musi­


ces, steso dopo il 14 75, durante il periodo nel quale il fondamentale teorico
fiammingo è attivo a Napoli, al servizio di Ferdinando I d'Aragona, della
cui figlia Beatrice è il pedagogo. Il compendioso elenco dei venti effetti pro­
dotti secondo Tinctoris dall'arte dei suoni trasferisce la considerazione della
musica dalla sfera della speculazione astratta o scientifica, su base essenzial­
mente esoterica e platonica, a quella altra della psicologia umana, della sug­
gestione morale, della funzionalità pratica, dell'estetica.

Rallegra Dio
Orna le lodi a Dio
Aumenta i gaudi dei beati
Rende la Chiesa militante simile a quella trionfante
Prepara ad accogliere la benedizione divina
Eccita gli animi a pietà
Scaccia la tristezza
Scioglie la durezza del cuore
Mette in fuga il diavolo
Manda in estasi
Eleva la mente terrena
Storna la cattiva volontà
Allieta gli uomini
Risana i malati
Allevia le fatiche
Incita gli animi alla battaglia
Attira amore
Accresce l' allegria del convito
Dà fama a chi la pratica
Conduce le anime alla beatitudine.
126 LETTURE

2 • " DÉPLORATION DE JOSQUIN ,

Jean Molinet e Guillaume Crétin scrissero Déplorations, compianti, per


la morte di Johannes Ockeghem (1495 ca.) - una Naenia in Johannem Okegi
dettò pure Erasmo da Rotterdam - le quali importano anche per i riferimenti
a composizioni del musicista commemorato e ad altri maestri a lui vicini.
Molinet scrisse due lamenti, uno in latino ed uno in francese. Quest'ultimo
fu intonato da Josquin Desprez in una composizione a cinque voci. Quattro
cantano le parole di Molinet; il tenor intona Requiem aeternam. Eccone il
testo, ricavato dal mottetto di Josquin, e la traduzione.
(Il verso 7, probabilmente corrotto, contiene un' allusione alla carica ono­
rifica di Trésorier, Tesoriere, dell'Abbazia di Saint-Martin a Tours, che Ocke­
ghem ricevette nel 1456).

Nymphes cles bois, déesses cles fontaines,


Chantres expers de toutes nations,
Changez voz voix fort clères et haultaines
En cris tranchantz et lamentations,

Car d' Atropos les molestations


Vostre Okeghem par sa rigueur attrape [sic!]
Le vray trésoir de musicque et chief d'oeuvre
Qui de trépas désormais plus n'eschappe,
Dont grant doumaige est que la terre coeuvre .

Acoutrez vous d' abitz de deuil:


Josquin, Brumel, Pirchon, Compère,
Et pleurez grosses larmes de oeil:
Perdu avez vostre bon père.
Requiescat in pace. Amen.

Ninfe dei boschi, dee delle fonti,


Valorosi cantori d'ogni nazione,
Cambiate le voci alte e chiare
In grida laceranti e lamentele,

Poi che le molestie d'Atropo


Intrappolano con rigore il vostro Ockeghem,
Vero tesoro di musica e maestro d'arte.
Egli non sfugge ormai più al trapasso,
Ed è gran danno che la terra lo ricopra.
M O D EL L I D I C O M P O R T A M E N T O M U S I C A L E 127

Acconciatevi con vesti di lutto,


Josquin, Brume!, Pirchon, Compère,
E versate copiose lacrime dagli occhi:
Avete perso il vostro buon padre.
Riposi in pace. Amen.

3 • MODELLI DI COMPORTAMENTO MUSICALE DEL PERFETTO


CORTIGIANO

I criteri dell'educazione e le regole del comportamento del perfetto uomo


di mondo sono dettati da Baldesar Castiglione (1478-1529) in Il libro del Cor­
tegiano (prima edizione Venezia, 1528; ma la stesura del testo era iniziata
nel 1508) . Insieme con gli spunti didascalici attinenti ad ogni aspetto del
vivere cortese, entrano nei dialoghi del libro essenziali riferimenti musicali,
i quali riflettono gusto, usi, ideologie e tendenze dell' alta società italiana.
(Bidon; Antonio Colombaudi dieta Bidon, cantore nella Cappella ducale di
Ferrara, 1503, e poi nella cappella di papa Leone X, Giovanni de' Medici) .

[! . 3 7 .] Vedete la musica, le armonie della quale or son gravi


e tarde, or velocissime e di novi modi e vie; nientedimeno tutte
dilettano, ma per diverse cause, come si comprende nella maniera
del cantare di Bidon, la qual è tanto artificiosa, pronta, veemente,
concitata e de così varie melodie, che i spirti di chi ode tutti se
commoveno e s'infiammano e così sospesi par che si levino insino
al cielo. Né men commove nel suo cantar il nostro Marchetto Cara,
ma con più molle armonia; ché per una via placida e piena di fle­
bile dolcezza intenerisce e penetra le anime, imprimendo in esse
soavemente una dilettevole passione.

[l. 47.] Avete a sapere ch'io non mi contento del cortegiano s'egli
non è ancor musica e se, oltre allo intendere ed esser sicuro a libro,
non sa di varii instrumenti; perché, se ben pensiamo, niuno riposo
de fatiche e medicina d' animi infermi ritrovar si può più onesta e
laudevole nell'odo, che questa; e massimamente nelle corti [ . . . ]

[II . 1 3 .] Allor il signor Gaspar Pallavicina - Molte sorti di


musica, - disse - si trovano, così di voci vive, come di instrumenti;
però a me piacerebbe intendere qual sia la migliore tra tutte et a
che tempo debba il cortegiano operarla -. - Bella musica, - rispose
messer Federico [Fregoso] - parmi il cantar bene a libro sicura-
128 LETTURE

mente e con bella maniera; m a ancor molto più il cantare alla viola,
perché tutta la dolcezza consiste quasi in un solo, e con molto mag­
gior attenzion si nota ed intende il bel modo e l' aria non essendo
occupate le orecchie in più che in una sol voce, e meglio ancor vi
si discerne ogni piccolo errore; il che non accade cantando in com­
pagnia perché l'uno aiuta l' altro . Ma sopra tutto parmi gratissimo
il cantare alla viola per recitare; il che tanto di venustà ed effica­
cia aggiunge alle parole, che è gran meraviglia. Sono ancora armo­
niosi tutti gli instrumenti da tasti, perché hanno le consonanzie
molto perfette e con facilità vi si possono far molte cose che empiono
l' animo di musicale dolcezza. E non meno diletta la musica delle
quattro viole da arco, la quale è soavissima et artificiosa. Dà orna­
mento e grazia assai la voce umana a tutti questi instrumenti, de'
quali voglio che al nostro cortegian basti aver notizia; e quanto
più però in essi sarà eccellente, tanto sarà meglio [ . . . ]

4 • UNA CENA FERRARESE DEL 1 5 29

Nel 1549 apparve a Ferrara, per i tipi di Buglhat e Hucher, il volume


di Cristoforo da Messisbugo Banchetti compositioni di vivande et apparecchio
generale (ve n'è una ristampa a Venezia nel 1559). Esso non è solamente un
manuale di gastronomia, ed un trattatello d' artigianato e d'attrezzeria della
cucina, ma anche uno spaccato di costume, e soprattutto una raccolta di fedeli
cronache di festini e conviti, nei quali all'esuberanza alimentare s'accorda
spesso un proporzionato consumo di musiche convenienti. Suoni molto variati,
e personaggi musicali e teatrali insigni popolano la cena ferrarese del 24 gen­
naio 1529.

Cena di carne e pesce, che fece l'Illustrissimo Signor Don Ercole


da Este, allora Duca di Chartres, all' Illustrissimo ed Eccellentis­
simo Signor Duca di Ferrara suo Padre, e all'Illustrissima Mada­
ma Marchesa di Mantova, e alla Illustrissima Madama Renéa sua
mogliera, e al Reverendissimo Archiepiscopo di Milano e all' Illu­
strissimo Signor Don Francesco e ad uno Ambasciatore del Re Cri­
stianissimo, e a due Ambasciatori del Serenissimo Senato Veni­
ziano, e altri gentiluomini e gentildonne, così ferraresi come d'al­
tro luoco, i quali furono tutti al numero di 104 nella prima tavola.
(Eccettuando l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Duca di Ferrara,
l'Illustrissima Duchessa di Chartres e l'Illustrissima Marchesa di
UNA CENA FERRARESE DEL I 5 2 9 1 29

Mantova: i quali tre mangiarono insieme, dagli altri separati) . E


fu questo di dominica, alli 24 di Gennaio 1529.
Primieramente, era adornata la sala grande di corte con le col­
trine grandi, di ricamo e d'altre sorti, magnificamente; dove innanzi
cena si rappresentò una commedia di M. Ludovico Ariosto, chia­
t:nata La Cassaria. La quale finita, ognuno se ne andò fuori della
sala, e i più nobili si ridussero nella Camera del cavallo e nella Stufa,
dove s'intertennero con musiche e diversi ragionamenti, tanto che
si apparecchiò la tavola in sala, la quale fu di brazza 5 5 di lun­
ghezza, sopra la quale dopai furono posti tre mantili, l'uno sopra
l' altro. E per non la impedire di candelieri d' argento, si accomo­
darono molti doppieri di cera bianca intorno ad essa, attaccati con
filo di ferro al solaro, i quali gionsero al numero di 48, di libbre
4 l'uno.
Poi se gli posero sopra saline 25 d' argento e salviette 104 coi
coltelli; le quali salviette furono piegate a varie foggie. Dapoi un
pane baffetto di zucchero e latte, e una brazzatella, e una presa
di pistacchea dorata e una di savonea per salvietta, con alcuni fiori
d'oro e di seta per cadauna, di vari colori, profumati; e alla man
destra erano apparecchiate tre tavole grandi per i credenzieri, con
le cose opportune e necessarie al loro bisogno. Ed alla sinistra mano,
due tavole grandi per i buttiglieri, con diverse sorti di vini prezio­
sissimi. Dapoi si portarono sopra la tavola figure grandi di zuc­
chero 25, le quali significavano le forze d'Ercole, quando vinse
il Leone: la cui grandezza era più di due palmi e mezzo per cia­
scheduna, dorate e dipinte, colle carnagioni che parevano vive.
E stettero in tavola fino a tanto che si levò il primo mantile.
Poi furono poste in tavola le sotto scritte cose, cioè:

D 'insalata in pastello di cappari, tartuffole ed uva


passa, pastelletti l 04 in piattelletti l04
D'insalata d'endivia, cime di radicchi, ramponzoli
e cedri piattelletti l 04
D'insalata d'anchioe piattelletti l 04
Di ravanelli 25 grossi, lavorati d'intaglio con diverse
figure ed animali, con ravanelli piccioli 104 piattelletti 25
Pastelletti di cavi di latte, numero 104 in piattelli l 04
Di fette di persutto, di lingue di manzo salate, e di
sommate fritte con zucchero e cannella sopra piatti 25
Pastelli 25 di polpette di cingiali in piatti 25
Di mortadelle grosse di fegato fresche in pastelli 25 piatti 25
130 LETTURE

Di maroache, cioè meggie affumate grosse, scorzate,


numero 50 in pastelli 25, con sapore dolce piatti 25
Di miglioramenti salati 15, in morelli 104 piatti 25
D'orate accarpionate 104, con foglie di lauro sopra,
parte dorate piatti 25

Le quali cose così poste in tavola, a suono di trombe vennero


ognuno in sala e si diede acqua odorifera alle mani e tutti si posero
a tavola, dove per buona pezza con somma letizia s 'intertennero
colle sopra dette cose.
Poi venne la prima vivanda nella quale erano:

Di polpe di capponi, involte in bianco mangiare,


fritte, con zucchero fino sopra piatti 25
Quaglie 104, tomaselle 104, figati di capponi involti
nelle reti arrosto 104, accompagnati in piatti 25
Fagiani numero 52 arrostiti, con arance spaccate 100 in piatti 25
Di carabaccia di cipolle piatti 25
Sfogliatelle di pignuoli 25 in piatti 25
Tortelle brusche 25 di milze di varoli e trutte e lucci
ed altre richieste di pesci, colle reticelle sopra in piatti 25
Code di trutte fritte 2 5 , accarpionate, con limoni
tagliati sopra in piatti 25
Barboni 200 fritti in piatti 25
D'anguille involte in pasta reale, pezzi 125 in piatti 25
Di dentali, pezzi 50 in brodetto in piatti 25

E a questa prima vivanda, si fece una musica di M. Alfonso


dalla Viuola, nella quale cantò Madonna Dalida, da quattro altre
voci accompagnata; M. Alfonso S anto, con cinque compagni; e gli
erano cinque viuole d'arco, uno gravacembalo da due registri, uno
laùto, e uno flauto grosso ed un mezzano. Dopoi venne la seconda
vivanda, in cui furono :

Francolini 50, coturnici 50 arrosto, polpettoni pieni


104, accompagnati in piatti 25
Cervellati bianchi 25 in padella, latticini di vitello
104 fritti, con zucchero e cannella sopra in piatti 25
Capponi 25 alla tedesca in vino dolce, con macis in piatti 25
Pastelli sfogliati di piccioni casalenghi grandi 25 in piatti 25
Carpioni 104 fritti, coperti di cisame in piatti 25
Di rombi grandi in pezzi sottostati piatti 25
Di code e zampe di gambari grossi, fritte con aceto
sopra piatti 25
UNA CENA FERRARESE DEL 1 5 2 9 131

Pastelli 25 d'uova d i trutte in piatti 25


Di vivanda gialla, alla napoletana, di mandorle piatti 25
Pastadelle 104 di mirasto todesco, cotte nel forno,
irrosellate in piatti 25

La quale vivanda mentre che fu in tavola, cantarono quattro


soavissime voci madrigali diversi, sino a tanto che fu portata la
terza, dove erano :

Pernici 104 arrosto, smembrate, coperte di salsa


reale in piatti 25
Conigli 25, tortore 104, di salsiccia gialla in morelli
libbre 1 5 , accompagnate in piatti 25
Capponi senza ossa 25, pieni alla lombarda, con 25
salami accompagnati in brodo in piatti 25
Piccioni casalenghi 104, in baffetta, fritti con cedri
tagliati sopra in piatti 25
Fiadoncelli di marolla 200 in piatti 25
Di miglioramenti freschi arrosto, con zucchero e
cannella piatti 25
Guoi 150 fritti, coperti di salsa dolce, con pignuoli
confetti sopra in piatti 25
Di trutta alla comacchiese in brodetto piatti 25
Di lamprede arrosto col suo sapore piatti 25
Di tortelle di castagne piatti 25

Alla qual vivanda si sonarono dialoghi a otto, partiti in due cori


a questo modo: dall'una parte erano quattro voci acompagnate con
un laùto, una viuola, ed un flauto alla alemanna ed un trombone;
e dall' altra parte il simigliante; e sonassi sino che venne la quarta
vivanda, nell'ordine della quale furono portati:

Capretti piccioli 25 arrosto intieri pieni in piatti 25


Di capirotta con fette di pane e polpe di cappone
sotto piatti 25
Capponi appastati 25, coperti di tortelletti in piatti 25
Pippioni 104 pieni alla lombarda, arrosto, con sapore
francese sopra in piatti 25
Di lucci in sale, pezzi 50, coperti di sapore giallo
imperiale in piatti 25
Di trutte in vino alla ongaresca, con fette di pan
sotto, pezzi 50 in piatti 25
Rombi 25 fritti, coperti di salsa, sapor bianco e
mostarda all'impresa del signor Duca in piatti 25
132 LETTURE

Sardoni 1 5 0 fritti, con arance e zuccaro sopra in piatti 25


Tortelle di fagioli in guisa di pastelli, con reticelle
sopra, numero 25 in piatti 25
Pastelletti 104 in pasta reale, pieni di riso turche­
sco, fritti con zuccaro sopra in piatti 25

E a questa vivanda si fece un'altra musica, pure da M. Alfonso


dalla Viuola, nella quale erano cinque cantori di Sua Eccellentis­
sima Signoria, cinque viuole da arco con un rubecchino, una viuola
chiamata la orchessa per contrabasso, una dolzaina per contrabasso
secondo, una storta, sonata da M. Giovan Battista Leone, senza
bussola, due flauti mezzani, uno organo a più registri ed uno cor­
netto sordo. Poi venne la quinta vivanda tale :

Pippioni casalenghi 50 in pezzi in piatti 25


Pernici l 04 in brodo lardiero in piatti 25
Lomboli di manzo in debba di malvagla, arrosto, col
sapore alla alemanna, numero 25, in morelli 104 in piatti 25
Porchette di latte arrosto, piene, numero 25, con
mostarda sopra in piatti 25
Barboni grossi su la gratella con sapore di sabba,
numero 104 in piatti 25
Di reine grosse in brodo giallo, pezzi 50 in piatti 25
Passarotti 150 fritti, caldi, con arance sopra in piatti 25
D' aguselle di mare fritte piatti 25
Tortelle di frumento passato discoperto, numero 25,
con ànesi e cannellini confetti sopra in piatti 25
Pastelletti di vitello battuto picciolo, numero 104 in piatti 25

Alla quale vivanda sonò una musica di cinque tromboni ed un


cornetto, sino che si portò la sesta vivanda; e quivi andarono i ser­
vidori in volta, levando ogni cosa di tavola e il primo mantile . E
subito tornarono le salviette bianche, i coltelli e i salini, ed un pane
intorto di latte per cadauno, e quindici altre figure che denota­
vano le forze d'Ercole, quando vinse l'Idra, della medesima gran­
dezza delle prime. Dopai venne la sesta vivanda, e furono portate:

Lenze di vitello in cavezzi numero 25, arrosto, con


sapore di marene sopra in piatti 25
Pavoni imbroacciati numero 25 in piatti 25
Capriuoli coperti di lemonea e sapore incarnato,
impresa di Monsignor Reverendissimo in piatti 25
Cengiale in brodo nero con mandole confette sopra in piatti 25
UNA CENA FERRARESE DEL 1 5 2 9 133

Fiadoni piccioli numero 10 di pasta reale, pieni


d'uova, formaggio e zuccaro in piatti 25
Di salsa di pavo piatti 25
Carpioni accarpionati numero 104, caldi, col mede­
simo aceto sopra in piatti 25
Orate vecchie numero 104, cotte su la gratella con
prassemoli e cipolle minute, soffritte nel butiro, e
spezie sopra in piatti 25
Pastelli di varoli numero 25 in piatti 25

E a questa sesta vivanda cantarono Ruzzante e cinque compa­


gni e due femmine canzoni e madrigali alla pavana bellissimi, e
andavano intorno la tavola contendendo insieme di cose contadi­
nesche, in quella lingua, molto piacevoli, vestiti alla lor moderna;
e seguitarono sino che venne la settima vivanda, nella quale
gmnsero:

Castelli tredici e torri dodici di truffoli, parte dorati in piatti 25


Pastelli di pere guaste numero 25 in piatti 25
Di gelatla torbida di polpe di fagiani, pernici e
capponi piatti 25
Di gelatla bianca di lucci e varoli piatti 25
Di finocchi in aceto ed altri frutti piatti 25
D'olivotti di Spagna piatti 25
D'uva fresca piatti 25
Di pere caravelle e pome paradise piatti 25
Di formaggio parmegiano piatti 25
Cardi numero 104, con pevere e sale in piatti 25

La qual vivanda passò con intertenimento di buffoni alla veni­


ziana e alla bergamasca, e contadini alla pavana; ed andarono buf­
foneggiando intorno la mensa, sino che fu portata la ottava vivanda
e furono portate:

Ostreghe numero 2000 in piatti 50


Di arance e pevere piatti 50
Pastelli d'ostreghe piccioli 104 in piattelli 50
Di lattemiele piatti 50
Zaldoni numero 1500 in piatti 50
Di chiarea coppe 104

E a questa vivanda sonò questa musica, cioè: due dolzaine, una


storta, un cornetto grosso ed un trombone; e sonò sino che furono
134 LETTURE

portate le confezioni; m a prima si levò di tavola ogni cosa ed un


mantile, e si ritornarono sopra essa figura venticinque della mede­
sima grandezza delle altre cinquanta, venti delle quali rappresen­
tavano le forze d'Ercole, quando vinse il Tauro, ed un Marte, un
Saturno, una Venere, un Cupido ed una Eva. E quivi si diede acqua
odorifera alle mani, poi vennero le confezioni, cioè:

Di cedro zuccarato, lattuca, cocomeri, mandorle e


nespole sciroppate piatti 25
Di cedro coperto di zuccaro piatti 25
Di codognata e persiche alla genovese piatti 25
Di varie e diverse sorti di frutti di zuccaro alla
veniziana piatti 25
Coppette numero 25 grandi in piatti 25
Di mandorle turate confette, e nizzole piatti 25
Codognata in mastellette 100 in piatti 25
Salviette bianche 50 e coltelli 104 in piatti 25
Stecchi da denti 300 profumati in piatti 25

E a queste confezioni fu sonata questa musica, cioè: cinque


viuole, con le quali erano eziandio cinque voci, un stromento da
penna, un flauto grosso, una lira, un trombone e un flauto alla
alemanna.
Dopo la quale fu portato un pastello grande, buso, dorato, in
cui erano rinchiusi i nomi di tutti i commensali in bollettino. E
poscia furono portate per li beneficiati collanine, monili, abbiglia­
menti da orecchie, fornimenti da berrette ed una collana di scudi
50; le quali cose tutte furono estimate di prezio di scudi 250 d'oro,
e così Sua Eccellenza le pose alla ventura. E mentre si cavò la detta
ventura, sonarono quattro flauti alla alemanna; e finita che fu la
ventura, si diede nelle trombe, e la nobiltà ritornò nelle stanze di
prima, per dar luogo di levare le tavole, spazzare e adacquare la
sala. E così, ad ore otto e mezza di notte, a suono di piffari, ritor­
narono in sala a ballare tutti, eccetto il signor Duca e la Illustris­
sima Duchessa e la Illustrissima Marchesa di Mantova, che anda­
rono al suo alloggiamento quando a loro piacque. E ad ore quin­
dici, si portò la sottoscritta colazione:

Di zuccaro, lattuca, cocomeri, mandorle, pere


moscardine ed altri diversi frutti sciroppati piatti 25
Di brogne in zuccaro mastellette 50, e di marene in
sapore mastellette 50, accompagnate in piatti 25
PIETRO ARON SUI MODI 135

Di gelatla di codogne mastellette 50, di codogni in


quarto mastellette 50, accompagnate in piatti 25
D'uva fresca piatti 25
Di zibibbo damaschino, cavata l'anima e lavato in
acqua rosata, con zuccaro fino sopra piatti 25
Pome dece 250 in piatti 25
Salviette 50 e coltelli 50 in piatti 25

Dopo le quali cose, cinquanta servidori con boccaline d' acqua


zuccherata andavano in volta, dando a bere; e finita la colazione
ritornarono tutti a ballare fino a giorno chiaro .

5 • PIETRO ARON SUI MODI

La base dell'organizzazione musicale dei suoni è costituita dal sistema


dei modi, rispettivamente denominati dorico, frigio, lidio e misolidio, nei
due aspetti autentico e plagale. Pietro Aron ( 1489-1545) li elenca e ne spiega
la teoria comune e le varianti, nel suo succinto e pratico Compendio/o di molti
dubbi, segreti et sentenze intorno al canto fermo et figurato (Milano, edizione
postuma non datata) . Quelli riassunti qui sono gli otto modi del canto fermo:
le nozioni riferite da Aron compendiano un'esperienza di secoli, e valgono
per la pratica corrente. Di Il a poco Glareanus (Heinrich Loriti detto il Gla­
reanus, Dodekachordon, Basel 1547) riconosce e classifica con gli altri i modi
eolio, ipoeolio, ionio ed ipoionio, portando il numero a dodici. Eolio e ionio
corrispondono molto significativamente ai moderni minore e maggiore rispet­
tivamente. Non tutti i modi d'antica tradizione ecclesiastica sono usati nel
canto figurato. Impariamo difatti da K. Jeppesen (Counterpoint, New York
1939 1 ) che la polifonia cinquecentesca ne usa precipuamente solo cinque:
dorico (protus), frigio (deuterus), misolidio (tetrardus), eolio e ionio .
Dalla prima parte del Compendialo di Pietro Aron:

15 . Dichiarazione di tutti i Tuoni, o vuoi dire Tropi, del canto fermo

Tropus in greco significa tuono, il numero de' quali sono otto,


cioè Primo Secondo Terzo e Quarto, Quinto Sesto Settimo et
Ottavo. Il tuono in questo luogo non è altro che una Regola, la
quale si conosce per lo fine, e per lo ascenso e discenso, come con­
ferma Franchino al capitolo 7 del primo libro della sua Pratica, con
la sentenza di Guidone .
136 LETTURE

16. Della divisione e termine di essi Tuoni

Come si legge li otto tuoni sono divisi in due parti, cioè Auten­
tici e Plagali. Li Autentici sono 4; i Plagali similmente 4. Con questo
modo li Autentici dalli antichi erano nominati: il primo Protus,
il terzo Deuterius, il quinto Tritus, et il settimo Tetrardus. I Pla­
gali Secondo, Quarto, Sesto et Ottavo. La fine del Primo e Secondo
tuono regolarmente iace nel D grave, inregolare nel A acuta; il Terzo
e Quarto nel E grave, inregolare in b acuta; il Quinto e Sesto nel
F grave, inregolare nel C acuto; il Settimo et Ottavo nel G grave,
inregolare nel D acuto.

1 7 . Del conoscere i Salmi

Egli de' aver riguardo primieramente alla fine di ciascuna Anti­


fona, et al principio del Euouae. Euouae significa seculorum amen.
E quando lo fine o termine sonerà re, et il principio del seculorum
la, tale Antifona e Salmo saranno del primo Tuono; re fa, del
Secondo; mi fa, del Terzo; mi la, del Quarto; fa fa, del Quinto;
fa la, del Sesto; ut sol, del Settimo; ut fa, del Ottavo. Antiphona
in greco significa voce reciproca, cioè due volte detta. Salmo lati­
namente significa cantico.

1 8 . Il modo da intonare i Salmi [. . . ]

6• NICOLA VICENTINO SUL TEMPERAMENTO DEGLI STRUMENTI

Il proposito del libro di Nicola Vicentino L 'antica musica ridotta alla


moderna pratica (Roma 1555) consiste essenzialmente nel recupero e nell'a­
dattamento alla prassi corrente della teoria dei modi e generi greci, a soste­
gno del cromatismo e dell'enarmonia. Nel commentare gli usi contempora­
nei, il libro li rivela e descrive: come in questo passo, in cui sono censurati
i " difetti " dell'accordatura temperata equabile usata nel liuto e nelle viole.
La critica del Vicentino significa che il temperamento equabile, ossia l'into­
nazione dei suoni basata sulla divisione dell'ottava in dodici parti sovrappo­
nibili, era una pratica corrente già nel secolo del Rinascimento.
TESTIMONIANZE DI CoSIMO B ARTOLI 137

Dichiarazione sopra li difetti del Liuto e delle Viole d'arco, et altri


stromenti con simili divisioni

Dall'invenzione delle viole d' arco e del liuto, finora sempre s'ha
sonato con la divisione dei semitoni pari, et oggi si suona in infini­
tissimi luoghi, ove che nascono due errori: uno che le consonanze
delle terze, et in certi luoghi delle quinte, non sono giuste; e l'al­
tro errore è quando tali stromenti suonano con altri stromenti, che
hanno la divisione del tono partito in due semitoni, uno maggiore
e l'altro minore, non s'incontrano, di modo che mai schiettamente
s ' accordano quando insieme suonano .

7 • TEsTIMONIANZE m CosiMo BARTOLI

Cosimo Bartoli (1503-1572), nel terzo dei Ragionamenti accademici pub­


blicati a Venezia nel 1567, ma elaborati un ventennio prima, dà saggi d'in­
terpretazione cinquecentesca di linea manieristica, e descrive un affollato
panorama dell'attività musicale in Italia nella prima metà del secolo, scorta
da un' angolazione fiorentina. Di ciascun personaggio menzionato, Bartoli
indica la specializzazione; e talvolta esprime giudizi che appaiono giustissimi,
benché calati in un discorso tendenzialmente apologetico, quando non entu­
siastico, e spesso ridondante. Della rassegna, che viene dopo le frasi trascritte
per intero qui in séguito, presento solamente una sintesi.
I compositori citati sono Willaert, (le cui opere hanno « molto del leggia­
dro e del gentile ») , Costanzo Festa, Verdelot (le cui « infinite composizioni
di Musica» hanno «del facile, del grave, del gentile, del compassionevole,
del presto, del tardo, del benigno, dello adirato, del fugato secondo le pro­
prietà delle parole sopra delle quali egli si metteva a comporre »), Arcadelt,
Giachetto da Mantova (la sua musica pare « abbia quello andare delle com­
posizioni di Adriano »), «nella Magna Gombert e Crechiglione, amenduoi
maestri di capella della Maiestà Cesarea» (Gombert ha composto « un'infi­
nità di Motteti » nei quali «ha tenuto un ordine, che tutte le parti, contino­
vamente cantino, con pochissime pose, anzi fugate, strette, serratte, inchio­
date l'una nella altra, che vi si sente dentro un certo che di grandezza, con­
giunta con una armonia che ti da un diletto meraviglioso», «e quasi simile
a queste sono le cose del Crecchiglione ») , «Christiano Olanda il quale in
Anversa è molto riputato », «Clemens non Papa, Scobeto, e Morales, che
sono tanto nominati», «in Ferrara è un certo Cipriano de Rore », ed a Firenze
Francesco Corteccia («valente » e «gran theorico») e Mattio Rampollini («che
certo, e nel comporre e nel rimettere ancora è valoroso, presto et accorto») .
Cita cantori Carpentras, Consiglion, Bidon e Biaseron, della cappella di
138 LETTURE

Leone X ; Niccolò di Lore, Baccio Moschini, Pietro e Battista del Corteccia,


ser Giampiero, a Firenze.
Strumentisti memorabili: un Siciliano per la viola; Francesco da Milano
per viola e liuto; Alfonso della Viola; Alessandro Strigia da Mantova (« eccel­
lentissimo nel sonare la viola, e far sentire in essa quattro parti a un tratto
con tanta leggiadria e con tanta musica, che fà stupire gli ascoltanti, e oltre
a questo le sue composizioni sono tenute cosi musicali e buone, come altre
che in questi tempi si sentina »); il grande Alberto Ripa da Mantova, liutista
in Francia; Antonio da Lucca, liuto viola cornetto; Pierino di Baccio, fio­
rentino, liutista, figlio di Baccio virtuoso, e scolaro di Francesco da Milano;
Moscatello, cornetto a Milano; Giovanni Maestro del cornetto, a Roma; emi­
nenti nel trombone, Bartolomeo (« tanto raro nei tempi suoi che ha acqui­
stato il casato e il cognome dalla virtù di quello strumento; oltre a che di
viola suona ancora benissimo, e per maneggiare un ribechino non ha pari »)
a Firenze, a Bologna un Zaccheria, un Gironimo a Venezia, un Lorenzo a
Lucca; magistrali <mel sonare di tastami » Zappino da Lucca, Lorenzo da
Gaeta, Julio da Modena («vale molto di più in su gli instrumenti di penna
che in su gli organi >)) , Jaches da Ferrara, Ruggier Francese («che oggi sta
al servizio della regina di Ungheria >)) , e il Moschino a Firenze.
Gli interlocutori del ragionamento sono Lorenzo Antinori, Pierfrance­
sco Giambullari e Piero da Ricasoli. Il titolo di questo terzo ragionamento
è appunto Lo Antinoro.

L. Dunque lo error nasce dalla ignoranzia degli uomini, nel non


sapere usare le cose.
G. Certo che chi avesse tanta fortezza di animo, che atten­
dendo alla Musica, non si lasciasse vincere dalla non so come me
la dire snervata dolceza talmente, che fussi sicuro di non cadere
in quella sorte di vizio, che fà come poco di sopra dicemmo gli
uomini effeminati; ma se ne servisse solamente per ricreazione dello
animo, con quella modestia, e con quella creanza, che si aspetta
indubitatamente a nobili e a ben nati, credo, anzi tengo per certo
che non solo sia lodevole, ma utile: et ardirò di dire ancora neces­
saria. Percioché oltre a che ella giova grandemente a ricreare gli
animi nostri [ ] ella raffrena i giovani da una moltitudine di incon­
. . .

venienti tanto grande, che è difficile ad annoverarla: e fà che que­


gli che sono più oltre di età, considerando diligentemente le molte
belle proporzioni e dispensazioni de numeri che sono in lei, impa­
rano a dispensare non solo il tempo, ma tutte le operazioni loro,
e le sustanzie ancora con tale proporzione, che non abbia a risul­
tare il concento e la armonia delle azioni loro buono e perfetto:
non altrimenti che dalle proporzioni, e dispensazioni delle misure
M A R TIN L UTERO 139

della Musica ne risulta il concento et la Armonia delle voci buono


e perfetto [. . ] mediante lei si mantiene e regge questa Machina
.

del Mondo [ . . ] .

L . Deh ditemi per vostra fede chi sono stati quegli, che voi
avete conosciuti per tanto eccellenti quanto voi mi dite, e potete
lasciar da parte quelli che sono stati avanti a tempi nostri, per che
sarebbe un numero infinito, che io so bene che Ocghem fu quasi
il primo che in questi tempi ritrovasse la Musica quasi che spenta
del tutto: non altrimenti che Donatello ne suoi ritrovò la scultura;
e che Jasquino discepolo di Ocghem si può ben dire che quello alla
Musica fusse un monstro della natura, sì come è stato nella Archi­
tettura Pittura e Scultura il nostro Michielagnolo Buonarrotti; per­
ché sì come ]asquino non ha però ancora avuto alcuno che lo arrivi
nelle composizioni, così Michelagnolo ancora, infra tutti coloro che
in queste sue arti si sono esercitati, è solo e senza compagno . E
l'uno e l'altro di loro ha aperti gli occhi a tutti coloro che di que­
ste arti si dilettano, o si diletteranno per lo avvenire . Né crediate
che io non sappia che doppo ]asquino ci sono stati molti valenti
uomini in questo esercizio, come fu un Giovan Mouton, Brume!,
Isac, Andrea de Silva, Giovanni Agricola, Marchetto Da Mantova,
e molti altri, che seguendo dietro alle pedate di ]asquino, hanno
insegnato al Mondo come si ha a comporre di Musica.

8 • MARTIN LUTERO

La raccolta del Geistliches Gesangbiichlein, redatto da Martin Lutero in


collaborazione con altri, curato nella parte musicale da Johann Walter, e pub­
blicato nel 1524 a Wittemberg, comprende composizioni o adattamenti a
più voci di inni, da cantare durante il servizio liturgico. Questi sono restati
il nucleo del repertorio musicale usato dalla Chiesa evangelica - il corale -
fino ai giorni nostri. La edizione del 1524 porta una prefazione del grande
riformatore protestante: la passione religiosa vi s'intreccia con una determi­
natissima intenzione didattica e pedagogica.

Nessun cristiano ignora, io credo, che il cantar inni spirituali


è cosa buona e gradita al Signore; giacché a ciascuno è noto non
solamente l'esempio dei profeti e dei re dell'Antico Testamento
(i quali glorificavano Dio cantando e sonando, con inni e col suono
d' ogni sorte di strumenti a corde) , ma anche quella usanza parti-
140 LETTURE

colare della generalità dei cristiani, fin dagli inizi, d'intonar salmi.
Anzi, anche S. Paolo lo conferma, I Corinzi 1 4 , e raccomanda ai
Colossesi di cantare di cuore salmi e cantici spirituali al Signore,
al fine che la parola di Dio e l'insegnamento del Cristo possano
essere diffusi e praticati in tutti i modi.
Pertanto, per cominciare bene e per incoraggiare quelli che pos­
son far meglio, anch'io con alcuni altri ho messo insieme certi cantici
spirituali, in vista di diffondere dovunque e di promuovere il Santo
Vangelo, che ora per grazia di Dio è rinato: così che anche noi pos­
siamo vantarci, come fà Mosè nel suo cantico, Esodo 1 5 , che Cri­
sto è la nostra forza e il nostro canto, e non possiamo cantare o
dir altro che Gesù Cristo nostro Salvatore, come afferma Paolo,
I Corinzi 2 .
Questi canti inoltre sono stati adattati a quattro voci per nes­
sun altro motivo che io desideravo che i giovani (che, a parte ciò,
possono e devono essere educati alla musica ed alle altre arti) potes­
sero disporre di qualcosa per sbarazzarsi delle loro canzonette
d' amore e dei canti licenziosi, e potessero, invece di questi, impa­
rare cose moralmente sane, e perciò sottomettersi con gioia, come
gli si addice, al bene; ed anche perché io non sono dell' avviso che
secondo il Vangelo tutte le arti debbano essere abbattute e deb­
bano perire, come certi bigotti pretenderebbero, anzi volentieri
le vedrei tutte, e specialmente la musica, al servizio di Colui, che
le creò e le donò. Quindi io prego che ogni pio cristiano voglia
accettare tutto ciò, e, volesse Dio concedergli un talento pari o
maggiore, aiuti a promuoverlo. Per di più, disgraziatamente il
mondo è così fiacco e trascurato nell'educazione e nell'insegnamento
ai poveri giovani, che non si deve in alcun modo dare ulteriore
motivo a questo stato di cose. Che Dio ci conceda la Sua grazia.
Amen.

9 • CoNCILIO m TRENTO

Nel settembre 1562 la 22• sessione del Concilio di Trento delibera su


la musica sacra in chiesa.

Tutto deve essere regolato in modo tale che, sia che le messe
si celebrino parlando sia cantando, ogni cosa, chiaramente ed oppor-
Z A R L I N O ; C O M E A S S O C I A R E LE P A RT I ; C O M E D I S P O R R E LE P A RO L E 141

tunamente pronunciata, scenda dolcemente nelle orecchie e nei cuori


degli uditori. Quanto alle cose che si suole trattare con musica poli­
fonica o con l'organo, nulla vi deve essere di profano in esse, sl sol­
tanto inni e divine lodi [ . . ] In ogni modo, tutta questa maniera di
.

salmodiare in musica non deve essere composta per un vacuo diletto


delle orecchie, bensl in modo tale che le parole siano percepite da
tutti (ut verba ab omnibus percipi possint), affinché i cuori degli ascol­
tatori siano conquistati dal desiderio delle armonie celesti e dal gau­
dio della contemplazione dei beati [ . . ] Espellano dalla chiesa quelle
.

musiche, nelle quali, sia tramite l'organo sia tramite il canto, si


mescoli alcunché di lascivo e d'impuro [ . ] sl che la casa di Dio sem­
. .

bri e possa esser detta veramente la casa della preghiera.

E nell'indirizzo finale della 25• sessione il vescovo Gerolamo Ragasani


dichiarava:

[ . . ] cosl cancellaste ogni superstizione, ogni traffico lucroso,


.

ogni irriverenza dalla celebrazione divina delle messe [. . . ] elimina­


ste i canti e i suoni troppo molli (molliores cantus et symphonias),
le passeggiate, i colloqui, le negoziazioni, dal tempio del Signore.

10 • ZARLINO: COME ASSOCIARE LE PARTI; COME DISPORRE LE PAROLE

I grandi trattati di Gioseffo Zarlino compendiano genialmente ed esau­


stivamente la dottrina e la prassi colta ed ufficiale del Rinascimento maturo.
Fra i numerosissimi scorci che Zarlino metodicamente propone, due fra i più
significativi dal volume Istitutioni Harmoniche (Venezia 1573), rispettivamente
sulla qualità delle parti vocali associate nella polifonia, e sul modo d'unire
le parole alle melodie.

[III. 5 8 . ] Il modo che si ha da tenere nel comporre le Cantilene


a più di due voci, e del nome delle parti

[ . . . ] li Musici nelle lor cantilene sogliono il più delle volte porre


quattro parti, nelle quali dicono contenersi tutta la perfezione del­
l' armonia. E perché si compongono principalmente di cotali parti,
però le chiamarono Elementali, alla quisa de i quattro elementi;
percioché, sl come ogni corpo misto di essi si compone, cosl si com-
142 LETTURE

pone di queste ogni perfetta cantilena. Laonde le parti più grave


nominarono Basso, il quale attribuiremo allo elemento della Terra:
conciosiaché, sì come la Terra tra gli altri elementi tiene il luogo
infimo, così il Basso occupa il luogo più grave della cantilena. A
questa, procedendo alquanto più in suso verso l'acuto, accomoda­
rono un'altra parte, e la chiamarono Tenore, il quale assimiglie­
remo all'Acqua, la quale, sì come immediatamente segue nell'or­
dine degli elementi dopo la Terra et è con essa abbracciata, così
nell' ordine delle dette parti il Tenore senza alcun mezzo segue il
Basso, e le sue corde gravi non sono in cosa veruna differenti da
quelle del Basso poste in acuto. Simigliantemente accomodarono
la terza parte sopra il Tenore, la quale alcuni chiamano Contrate­
nore, alcuni Contralto, et altri la nominano Alto. E la posero nel
terzo luogo, che è mezzano nella cantilena; e si può assimigliare
veramente all'aria, il quale, sì come si conviene con l'Acqua e col
Fuoco in alcune qualità, così anco le corde gravi dell'Alto conven­
gono con le acute del tenore, e le acute convengono con le gravi
della quarta parte posta più in acuto, chiamata C anto. Questo
accommodarono nel luogo supremo della cantilena; laonde dal luogo
che tiene, alcuni eziandio la chiamano Soprano, il quale potremo
assimigliare al Fuoco, che segue immediatamente dopo l'Aria nel
grado supremo di tale ordine.
E ciò non sarà fatto senza qualche ragione, percioché tenendo
la parte grave il luogo inferiore della cantilena, e procedendo per
movimenti tardi e rari, dai quali nascono i suoni gravi, che per loro
natura sono vicini alla taciturnità, ha grande convenienza con la
Terra, la quale per sua natura è immobile, e non può far nascere
alcun suono. E se la parte più acuta d' ogn'altra assimigliai al Fuoco,
ciò feci percioché avendo li suoni acuti, che nascono da i movi­
menti veloci e spessi, tal natura che per la loro subita e veloce per­
cussione si fanno udire, rappresentandosi all'udito con prestezza,
vengono a ritenere in loro quasi la natura del Fuoco, il quale, non
solo è acuto e raro, ma eziandio veloce e attivo per se stesso. L'al­
tre parti mezzane, per la temperatura de i loro movimenti e per
la simiglianza del sito, io le ho assimigliate agli altri due elementi
mezzani, perché tengono secondo'! sito diverso la natura loro .
In qual maniera si abbiano poi da ordinare queste parti e
disporre, e quanto l'una dall'altra debbian esser lontane, ciò vede­
remo nella parte che segue.
Z A R L ! N O : C O M E A S S O C I A R E L E P A RT I ; C O M E D I S P O R R E LE P A R O L E 143

Se ora da quello che si è detto vorremo esaminare la proprietà


di queste parti, ritrovaremo che'l Soprano, come quello che è più
acuto d'ogn'altra parte e più penetrativo all'udito, farsi udire anco
prima d'ogn'altra. Laonde, sl come il Fuoco nutrisce et è cagione
di far produrre ogni cosa naturale, che si ritrova ad ornamento et
a conservazione del mondo, così il compositore si sforzarà di fare
che la parte più acuta della sua cantilena abbia bello, ornato et ele­
gante procedere, di maniera che nutrisca e pasci l' animo di quelli
che ascoltano.
E sl come la Terra è posta per il fundamento degli altri ele­
menti, così il Basso ha tal proprietà che sostiene, stabilisce, forti­
fica e dà accrescimento alle altre parti, conciosiaché è posto per
basa e fondamento dell'Armonia. Onde è detto Basso, quasi basa
e sostenimento dell'altre parti. Ma sl come avverrebbe quando l' ele­
mento della Terra mancasse (se ciò fusse possibile) che tanto bel­
l' ordine di cose ruinarebbe e si guasterebbe la mondana e la umana
Armonia, così quando il Basso mancasse, tutta la cantilena si empi­
rebbe di confusione e di dissonanza, et ogni cosa andarebbe in ruina.
Quando dunque il compositore componerà il Basso della sua com­
posizione, procederà per movimenti alquanto tardi e separati
alquanto, over lontani più di quelli che si pongono nell'altre parti,
accioché le parti mezzane passino procedere con movimenti ele­
ganti e congiunti, e massimamente in Soprano, percioché questo
è il suo proprio . Debbe dunque essere il Basso non molto dimi­
nuito; ma debbe procedere per la maggior parte con figure di
alquanto valore di quelle che si pongono nelle altre parti. E debbe
essere ordinato in maniera che faccia buoni effetti, e che non sia
difficile da cantarsi: e cosl le altre parti si potranno collocare otti­
mamente ne i propi luoghi della cantilena.
Il Tenore segue immediatamente il Basso verso l' acuto, il quale
è quella parte che regge e governa la cantilena, et è quella che man­
tiene il modo sopra il quale è fondata. E si debbe comporre con
eleganti movimenti, e con tale ordine, che osservi la natura del
modo nel quale è composto, sia primo, secondo, terzo, over altro
qualsivoglia, osservando di far le cadenze a i luoghi propi, e con
proposito.
Ma sì come essendo l'Aria illuminata da i raggi del sole ogni
cosa rasserena et ogni cosa si vede ridere di qua giù et esser piena
d' allegrezza, così quando l'Alto è bene ordinato e ben composto,
144 LETTURE

ornato di belli et eleganti passaggi, adorna sempre e fà vaga l a can­


tilena. Laonde debbe il compositore avvertire di comporre la parte
dell'Alto per tal maniera, che faccia buoni effetti.
L'ufficio e la natura di queste parti, giocosamente e con grande
arteficio espresse quel faceto Poeta Mantoano con grossi versi,
dicendo

Plus ascoltantum Sopranus captat orecchias.


Sed Tenor est vocum rector, vel guida canentum.
Altus apollineum carmen depingit et ornat.
Bassus alit voces, ingrassat, fundat et auget.

[Il soprano attira maggiormente le orecchie di chi ascolta.


Ma il Tenore è il mentore delle voci, la guida dei cantanti.
L'Alto colora ed orna il carme apollineo.
Il Basso alimenta le voci, le ingrassa, sostiene ed accresce.]

I quali ho voluto porre, accioché il compositore ricordandoseli


possa sapere quello che avrà da fare componendo coteste parti. Que­
ste sono adunque le parti principali et Elementali di ogni compo­
sizione perfetta. Delle quali, ancora che l'Alto sia l'ultimo a com­
porsi, percioché, composte l' altre parti, viene a supplire et a far
perfetta l'Armonia, che tra loro non si potea, dove mancavano,
avere, nondimeno non è legge fatale che'l si abbia da porre sem­
pre ultimo nel comporre. Sì come eziandio non è cosa alcuna che
ne astringa a compor prima l'una che l'altra parte della composi­
zione. Si debbe però avertire che quando li musici vogliono com­
porre una cantilena a tre voci, il più delle volte lasciano fuori il
Contralto, overo il Soprano, e pigliano l' altre parti. E se vogliono
procedere oltra le quattro nominate, non vi aggiungono alcuna parte
nuova; ma le vengono a raddoppiare, ponendo due Soprani, o due
Alti, o due Tenori, e così due Bassi: et hanno il loro proposito.
Qualunque volta adunque che si vorrà comporre alcuna can­
zone, madrigale, over motetto, e faccia di bisogno che'l composi­
tore sia l'inventore del Soggetto, debbe prima avertire di qual modo
sarà il Soggetto, o veramente sopra qual modo vorrà comporre la
sua cantilena, acciò conosca le corde, sopra le quali si averanno
da far le cadenze, per poter comporre il concento in tal maniera,
che'l fine non sia dissonante dal mezzo e dal principio. Laonde,
considerate queste cose, si potrà incominciare da qual parte tor-
Z A R L I N O : C O M E A S S O C I A R E LE P A RT I ; C O M E D I S P O R R E L E P A R O L E 145

narà più comoda; incominciando però sempre in una corda la quale


sia regolare del modo sopra il quale si abbia da fondare la canti­
lena, osservando quello che in molte regole poste di sopra si con­
tiene. Ma perché li musici costumano di dar principio alle loro com­
posizioni il più delle volte per il Tenore, e di poi pongono il Soprano,
al quale aggiungono il Basso, e ultimamente l'Alto, avendo io di
sopra mostrato molti esempi contenuti tra queste due parti, cioè
tra'l Soprano et il Tenore, però non accade, se non porre la sotto­
posta Tavola, nella quale si potrà comprendere senza molta fatica
tutti gli accordi, che potranno fare le parti aggiunte insieme alle
due nominate, siano quanti si vogliono. [ . . . ]

[IV. 3 3 .] Il modo che si ha da tenere nel porre le figure cantabili


sotto le parole

Chi potrebbe mai raccontare il male ordine e la mala grazia,


che tengono et hanno tenuto molti Prattici, e quanta confusione
hanno fatto nell' accomodar le figure cantabili alle parole della ora­
zione proposta? Certamente ciò si potrebbe fare, ma con difficultà.
Però quando io mi penso che una Scienza, la quale ha dato leggi
e buoni ordini all'altre Scienze, sia alle volte in alcune cose tanto
confusa, che a pena si può tollerare, io non posso fare che non mi
dolga. È veramente uno stupore udire e vedere alcune cantilene,
le quali oltra che in esse si odono nel proferire delle parole gli periodi
confusi, le clausule imperfette, le cadenze fuori di proposito, il can­
tare senza ordine, gli errori infiniti nello applicare l'Armonie alle
parole, le poche osservazioni delli modi, le male accomodate parti,
li passaggi senza vaghezza, li numeri senza proporzione, li movi­
menti senza proposito, le figure nelli tempi e prolazioni mal nume­
rate, et infiniti altri disordini, si trova anco in esse le figure canta­
bili accommodate in tal maniera alle parole, che'l cantore non si
sa risolvere, né ritrovar modo commodo da poterle proferire. Ora
vede una parte, che cantando in alcun luogo farà l' apostrofe, o col­
lisione nelle lettere vocali, secondo che ricercano le parole: e volendo
lui fare l'istesso cantando la sua parte, gli viene a mancare il bello
e lo elegante modo di cantare, col porre una figura, che porta seco
il tempo lungo, sotto una sillaba breve, e così per il contrario .
Laonde talora ode proferire nell' altre parti quella sillaba lunga, che
nella sua necessariamente gli è di bisogno di proferirla breve; di
146 LETTURE

maniera che sentendo tanta diversità, non s a che s i fare, ma resta


in tutto attonito e confuso.
E perché'! tutto consiste nell' accomodar le figure cantabili alle
soggette parole, e nelle cantilene si ricerca che le corde siano con
esse descritte e notate, accioché li suoni e le voci si passino profe­
rire in ogni modulazione, essendo che col mezzo di tal figure si
viene a proferire il numero, cioè la lunghezza e la brevità delle sil­
labe contenute nella orazione, sotto le quali sillabe spesse volte si
pone non solamente una, due, tre o più delle nominate figure. Però,
acioché non intravenghi alcuna confusione nell' accomodarle alle
sillabe delle soggette parole, volendo io levare (s'io potrò) tanto
disordine, altra le date regole in diversi luoghi, che sono molte,
accommodate alle materie secondo il proposito, porrò ora queste,
le quali serviranno non solo al compositore, ma anche al cantore,
e saranno secondo il nostro proposito.
La prima regola adunque sarà di porre sempre sotto la sillaba
longa o breve una figura conveniente, di maniera che non si odi
alcun barbarismo. Percioché nel canto figurato ogni figura canta­
bile, che sia distinta e non legata (da la semiminima e tutte quelle
che sono di lei minori in fuori) porta seco la sua sillaba. Il che si
osserva eziandio nel canto fermo, essendo che in ogni figura qua­
drata si accommoda la sua sillaba, eccettuando alcune volte le mez­
zane, che si mandano come le minime, et anche come le semimi­
nime: il che si comprende in molte cantilene, e massimamente nella
cantilena del Symbolo Niceno Credo in unum Deum, il quale chia­
mano Cardinalesco.
La seconda regola è che ad ogni legatura di più figure, o note,
sia posta nel canto figurato o nel piano, non se le accommoda più
di una sillaba nel principio.
La terza, che al punto, il qual si pone vicino alle figure nel canto
figurato, ancora che sia cantabile, non se gli accommoda sillaba
alcuna.
La quarta, che rare volte si costuma di porre la sillaba sopra
alcuna semiminima, né sopra quelle figure che sono minori di lei,
né alla figura che la segue immediatamente.
La quinta, che alle figure che seguono immediatamente li punti
della semibreve e della minima, le quali non siano di tanto valore
quanto sono tali punti (sì come la semiminima dopo il punto della
semibreve, e la croma dopo il punto della minima) non si costuma
LETTERA DI ORLANDO DI LASSO 147

di accompagnarle alcuna sillaba; e così a quelle che seguono imme­


diatamente tali figure.
La sesta, quando si porrà la sillaba sopra la semiminima, essendo
bisogno, si potrà anca porre un' altra sillaba sopra la figura seguente.
La settima, che qualunque figura, sia qual si voglia, che sia posta
nel principio della cantilena, o sia nel mezzo dopo alcuna pausa,
di necessità porta seco la pronunzia di una sillaba.
La ottava, che nel canto piano non si replica mai parola o sil­
laba, ancora che si odino alle volte alcuni che lo fanno : cosa vera­
mente biasimevole. Ma nel figurato tali repliche si comportano;
non dico già di una sillaba, né di una parola, ma di alc:una parte
della orazione, quando il sentimento è perfetto. E ciò si può fare
quando vi sono figure in tanta quantità, che si passino replicare
commodamente, ancora che il replicare tante volte una cosa (secon­
do'! mio giudicio) non stia troppo bene, se non fusse fatto per ispri­
mere maggiormente le parole, che hanno in sé qualche grave sen­
tenza, e fusse degna di considerazione.
La nona, che dopo l' avere accommodato tutte le sillabe che si
trovano in un periodo, overo in una parte della orazione, alle figure
cantabili, quando resterà solamente la penultima sillaba e l'ultima,
tale penultima potrà avere alquante delle figure minori sotto di
sé, come sono due, o tre, et altra quantità; purché la detta penul­
tima sillaba sia longa e non breve . Percioché se fusse breve, si ver­
rebbe a commettere il barbarismo: il perché cantando in tal modo
si viene a far quello che molti chiamano la Neuma, che si fà quando
sotto una sillaba si proferisce molte figure, ancora che essendo poste
cotali figure in tal maniera, si faccia contra la prima regola data.
La decima et ultima regola è che la sillaba ultima della orazione
dè terminare, secondo la osservanza delle date regole, nella figura
ultima della cantilena. Ma perché in questa materia si potrà avere
infiniti essempi, essaminando le dotte composizioni di Adriano,
e di quelli che sono stati veramente e sono suoi discepoli, et osser­
vatori delle buone regole [ . . . ]

11 • LETTERA DI ORLANDO DI LASSO

Le lettere scritte da Orlando di Lasso sono briose, divertenti, scintillanti


di spirito e di intelligenza. Scritte in più lingue, spesso in una spassosa mesco­
lanza d'idiomi europei, e non poche volte in versi e rime, esse costituiscono
148 LETTURE

il primo epistolario notevole di musicista della storia. Una lettera in italiano


delle più esilaranti è quella datata 1 1 marzo 1578 da Mi.inchen, indirizzata
al duca Guglielmo V di Baviera a Landshut. Essa è un intarsio gioconda­
mente caotico di allusioni a maestri, composizioni, pratiche, aneddoti musi­
cali, con divagazioni insensate. E dopo il cicaleccio umoristico e parodistico,
la stoccata nel poscritto.
(Anche con l'ausilio del pregevole volume Orlando di Lasso. Briefe, a cura
di Horst Leuchtmann, Wiesbaden 1977, suggerisco alcune spiegazioni:
- decima: Lasso non vede Guglielmo da nove giorni; primo gioco di parola
musicale, alludente all'intervallo di decima.
- piacentino: da Piacenza, o da piacenza, virtù del piacere.
- pelzo: dal bavarese pelzen, che vale collocare, piantare, e anche, scher-
zosamente, generare, partorire.
- Gracian: o la maschera della commedia italiana; o Greatianus, il fon­
datore nel 1 140 della scienza del diritto ecclesiastico.
- marzo i coioni: sta per m'arzo, m'alzo.
- groppiera: parte della bardatura del cavallo, è striscia di cuoio fissata
dietro la sella.
- stochfisch: merluzzo; e figuratamente persona ottusa e pigra.
- capelletto paga l'oste: tema incitativo popolare europeo comune.
- gargante: gola, gorgia; usato anche per voce, canto, cantante.
- agiuto: aiuto.
- groppi: trilli, abbellimenti.
- abbottinate: messe a bottino.
- pis [puis] ne me peut venir: incipit d'una chanson di Thomas Crecquillon.
- timor et tremar: mottetto a sei voci d'Orlando, edizione 1564.
- ultimi miei sospiri: incipit d'un madrigale di Philippe Verdelot.
- dissimulare: incipit del mottetto Dissimulare etiam sperasti di Cipriano
de Rore, su versi di Virgilio, Aeneis, IV, 305-3 19.
- amollirà: gioca sul tono di A moli, la minore.
- si passeggia: si varia, si fiorisce la linea melodica.
- quando io penso al martire: incipit d'un madrigale di Jacob Arcadelt.
- ormesino: leggero tessuto di seta, dal nome della città persiana di Ormus.
- mez:zi sospiri: pause di croma.
- La capis: lei capisce, o, voglia capire) .

Illustrissimo Et ex .mo principe guilhelmo, mio dolcissimo et


amatissimo patrone, etc
già passa una decima di bona misura, ch'io non odo vedo o sento
novella brutta o bella de v .ra Ex. 'io, sì che mi pare che il mio
negotium non va né sta in modo né in forma. Di caso piacentino,
sl come desidero desideravi e che v.ra Ex.'ia mihi promisit, circa
vel circum alter pelzo, il componer un terzo, credo ora che v.ra
LETTERA DI ORLANDO DI LASSO 149

Ex.'i• ne sia buon magistro, se non muta registro, farà bene, per
uscir fuor di pene, bisogna d' andar dritto, che cosl trovo scritto,
etc. Ma uscendo del mercato in piazza, avendo l'occasione mi risolvo
per dar un poco di passatempo onesto a v.ra Ex. ria recitarsi alcune
poche nove in parte musicale, accadute poco tempo fa nel paese
dove le carote cantano, cose veramente da far stupir il S . 0' Gra­
cian. Ora al principio di questo mese di marzo i coioni, venne un
asino a cavallo, con una baligia senza pause, coperta di passaggi
di molte cadenze fatte in falso bordone. A misura de macaroni,
portava un paro di stivali senza groppiera, infilzati di bemolli a
l'usanza de stochfisch, portava il capelletto paga l'oste con le dimi­
nuzioni fatti in tripla, con un pennachio senza scuffia, basta che
dice aver riscontrato in via et in aquosa due barili pieni di gar­
gante spagnole, che voglian dar il guasto alli mottetti di Clemens
non papa. Pur si è scoperto uno agiuto de alcuni groppi forusciti,
ch'hanno abbottinate alcune quinte false, che facean la spia, a pis
ne me peut venir de Crequillon. S 'intende anco che quattro fia­
schi di semitoni per bequadro, sono stati fatti colonelli di Timor
et tremor del Lasso. Per andar a la volta de ultimi miei sospiri,
di Verdelott, cosa che portarebbe danno a le longhe senza coda,
pur si spera ch'el dissimulare di Cipriano Amollirà il core a le seste
maggiore, per essere un poco dure di cervello . Il S . 0' contrapunto
moderno ha fatto ligare molte quarte per terza persona, pur le potrà
lasciare con l'occasione di qualche bona parola che le sia data; ben
è vero che ha cacciato da la sua Corte quelli che davano recapito
a le consonanze perfette vestite d'un medesimo panno, perché tali
gente fanno bonissimi effetti praticandosi di raro, perché il con­
versar insieme nihil valet. Quando poi si passeggia per terza Com­
pagnia, sta bene esser serrati insieme e accordarsi dolcemente
ligando l'un a l'altro con amorevole et usata concordia. Ma tor­
nando a quando io penso al martire d' Archadelt, s' intende che se
n'è andato per disperato a farsi frate, e questa nova ha portato
un benedicamus domino coperto d'ormesino, quale ha trovato per
strada un agnus dei de Isaac, qual da quatro todeschi è stato man­
giato a voce pari. Se dice di più, che certe crome fastidiose se ne
vanno a la volta di fiandra, in compania de molti mezzi sospiri.
La capis . Il resto che seguirà presto si saperà. Per adesso, io umi­
lissimamente baso le mani di v.ra Ex.'i• suplicandola a pigliar i
miei capricci in bona parte e tenermi sempre nella sua bona gra-
150 LETTURE

zia. N .ro s.'• la conservi insieme con l a s . " principessa Renea in


sanità et allegrezza quanto desidera.

Di Monaco adì 1 1 di marzo 1578.


Di v.ra Ex.'ia umiliss .0 servitor Orlando de Lassus

Je prie très humblemente qu'il se contente de me faire grace


après les festes de Pasque, cles deux cens escus [. . ] .

12 • VINCENZO GALILEI SULL ' IMITAZIONE DELLE PAROLE

Non tanto l'essenziale opposizione alle complicazioni della scrittura poli­


fonica, quanto l' avversione al mal gusto ed alle negligenze nel trattamento
musicale della poesia e dei sentimenti e concetti che l'animano, ispira a Vin­
cenzo Galilei, nel Dialogo della musica antica et della moderna (Firenze 1581),
un profilo caricato e forse involontariamente umoristico di certe ingenuità
od esagerazioni manieristiche compiute da compositori nell'imitar le parole
col canto. (La citazione del bue zoppo allude probabilmente all'intonazione
di Orlando di Lasso della sestina del Petrarca « Là ver l' aurora che sl dol­
ce l'aura», ove l'endecasillabo suona «e co'l bue zoppo andrem cacciando
l'aura ») .

Dicono adunque, anzi tengono per fermo i nostri pratici Con­


trapuntisti di avere espressi i concetti dell' animo in quella maniera
che conviene, e di avere imitato le parole, tutta volta che nel met­
tere in musica un Sonetto, una Canzone, un Romanzo, un Madri­
gale o altro, nel quale trovando verso che dica per modo d'esem­
pio " Aspro core e selvaggio, e cruda voglia " , che è il primo d'uno
de' sonetti del Petrarca, averanno fatto tra le parti nel cantarlo
di molte settime, quarte, seconde e seste maggiori, e cagionato con
questi mezzi negli orecchi degli ascoltanti un suono rozzo, aspro
e poco grato [ . . . ] Altra volta diranno imitar le parole quando tra
quei lor concetti ve ne siano alcune che dichino fuggire, o volare:
le quali proferiranno con velocità tale e con sì poca grazia, quanto
basti ad alcuno immaginarsi. Et intorno a quelle che averanno detto
sparire, venir meno, morire o veramente spento, hanno fatto un
instante tacere le parti con violenza tale, che in vece d' indurre
alcuno di quelli affetti, hanno mosso gli uditori a riso, et altra volta
a sdegno, tenendosi per ciò d'esser quasi che burlati. Quando poi
PIETRO PONZIO: MORFOLOGIA SONORA DICHIARATA 151

averanno detto solo, due, o insieme, hanno fatto cantare un solo,


due, e tutt' insieme con galanteria inusitata. Hanno altri nel can­
tare questo particolar verso d'una delle Sestine del Petrarca " Et
col bue zoppo andrà cacciando Laura " , proferitolo sotto le note
a scosse, a onde, e sincopando, non altramente che se eglino aves­
sero avuto il singhiozzo; e facendo menzione il concetto che egli
hanno tra mano (come alle volte occorre) del romore del Tamburo,
o del suono delle Trombe, o d' altro strumento tale, hanno cercato
di rappresentare all'udito col canto loro il suono di esso, senza fare
stima alcuna d'aver pronunziate tali parole in qual si voglia maniera
inusitata.

13 • PIETRO PoNZIO : MORFOLOGIA SONORA DICHIARATA

Pietro Ponzio ( 1532-1595) che è forse quel « moderno parmegiano »


-

citato con ossequio da Giovan Maria Artusi - seppe conciliare egrege virtù
di compositore e sode capacità di teorico; anche svolse proficuamente la fun­
zione di maestro di cappella in celebrate chiese rinascimentali, in S. Maria
Maggiore a Bergamo, in Duomo a Milano, nella chiesa della Madonna della
Steccata a Parma. Nel teorizzare si avventurò in una posizione che sembra
intermedia ed ambigua fra tradizione ed avvenire. Il suo Ragionamento di
Musica (Parma 1588) tratta anche, come annunzia il frontespizio, del modo
di far Motetti, Messe, Salmi et altre composizioni (ricercari, madrigali): riesce
un interessante precettario di morfologia e poetica musicale comune.

Ragionamento Quarto

Il Modo, o stile, che dir vogliamo, volendo far un Motetto, è


grave e quieto; dove si vede le parti moversi con gravità, et in par­
ticolare la parte Bassa; et il compositore deve servare tal ordine
con le parti dal principio fin' all'ultimo; e parimente le invenzioni
debbono esser gravi . Ancora ch' oggidì in alcuni compositori fra
suoi Motetti e cose ecclesiastiche non servano tal ordine; ma tal­
mente pongono le parti insieme con moto veloce, e velocissimo,
che paiono Madrigali, e Canzoni; e valersi in luogo della Semibreve
sincopata, della Minima sincopata, qual non conviene alla gravità
del Motetto; et ancora si servino della pausa di Semiminima, et
ancora della Chroma; e questo non dirò una sol volta (che sarebbe
nulla) ma vanno continuando in questo modo fin' al fine, tal che
152 LETTURE

per mio giudicio è stile d a Madrigale, e non d a Motetto, perché


non serva in sé gravità alcuna [ . . ] Si serva la gravità, è lo stile grave
.

in questo modo, che quando due parti cantano, e ch'in una di esse
parti si truova una figura di Breve, l'altra si muoverà poi con figure
di Minime, over di Semiminime, over con una figura di Semibreve,
posta in elevazione della misura; e non per chrome, o Semichrome
over continuatamente di Semiminime; perché non avrebbe la can­
tilena gravità alcuna in sé, per esser il moto veloce, anzi velocis­
simo. Così facendo un Motetto a tre voci, et essendo due parti,
in cui sia una Breve, over due Semibrevi poste in principio di
misura, l' altra parte conviene si mova con figure di Minime, over
di Semiminime, over con una figura di Semibreve posta in eleva­
zione della misura, over con una figura di Minima col punto pur
in elevazione della misura; et a questo modo la composizione fatta
avrà gravità in sé, e serverà lo stile del Motetto. E così se sarà a
quattro, over a cinque voci, sempre vi siano (e che tutte cantano)
due, over tre, che rimangon ferme; le altre poi, o almeno una vada
con le figure sopranomate; e non con figure di Chrome e Semi­
chrome, acciò non si cada nello stile del Madrigale [ ] . . .

Lo stile, over modo, come vogliamo dire, di Messe, è conforme


a quello del Motetto, intendendo però il far movimento con le parti.
Ma quanto all'ordine, esso è diverso: perché nel Motetto il princi­
pio della seconda parte potrete voi fare, come vi piace, mentre sia
appropriato al Tuono; ma nel far una Messa, la invenzione del suo
primo Kyrie, cioè il principio, e quello della Gloria, e del Credo,
e del Sanctus, e del primo Agnus, conviene che siano simili . Aver­
tendo nondimeno, che sibene dico che vogliono esser simili, non
intendo però siano simili di consonanzie, come sarebbe che il prin­
cipio del primo Kyrie dicesse, ut mi fa sol sol la; e che principiasse
il Tenore, e doppo il Soprano, e così fosse il medesimo il principio
della Gloria, e del Credo, senza punto di varietà; questo non intendo
io per alcun modo. Ma che si faccia la medesima invenzione per
diversi modi, ora facendo principiare il Tenore, ora il Soprano,
ora il Basso; affine che vi sia varietà nelle parti, ma non già nel
Soggetto [ ]. . .

Ora fatto che sarà il primo Kyrie sopra la invenzione del prin­
cipio del Motetto, o Madrigale, o altra cosa che sia, il Christe si
P I E T R O P o N Z I O : M O R I' O L O G I A S O N O R A D I C II I A R A T A 153

farà poi sopra qualche altra invenzione di esso canto, dove sarà
fatta la Messa. Si potrà pigliare ancora una sua invenzione, men­
tre sia appropriata al detto Tuono, che così conviene. Dell'ultimo
Kyrie il principio sarà secondo il vostro volere; ma conviene che
faccia nel finire la invenzione del fine di essa cantilena, dove sarà
fatta la Messa; come si può vedere nella Messa fatta sopra Salvum
me fac Domine da Vincenzio Ruffo; et anca nella Messa fatta sopra
Si bona suscepimus da Iachetto; così nella Messa, che Don Pietro
Pontio fece sopra Vestiva i colli, nel terzo libro delle sue Messe;
e da altri Autori. Così il fine della Gloria, et il fine del Credo,
e Sanctus, et Agnus ultimo, debbono esser conformi d'invenzione,
e servar quell' istesso ordine, come v'ho detto or ora ragionando
del primo Kyrie; e questo è l'ordine, che si deve osservare.
Se poi vi piacerà pigliare un vostro soggetto, e sopra di esso
fargli una Messa, serverete l'istesso ordine, come se fosse fatta sopra
d'un Motetto, o Canzone, et il titolo di esse [sic] Messa si scriverà
Missa sine nomine, perché non è fatta sopra alcuna cantilena: come
si può vedere nel secondo libro delle Messe di Iachetto, e nel primo
libro di Vincenzio Ruffo [ . . ] Si suole anca osservare dalla mag­
.

gior parte di Compositori che le parti vadano tutte insieme; come


nota contro nota sotto queste parole Iesu Christe per reverenzia,
e gravità delle parole; e questo istesso modo anca si suole osser­
vare sotto queste parole Et incarnatus est de Spiritu Sancto, ex Maria
virgine, et homo factus est, come si può vedere appresso a Iosquino,
et altri compositori quali per brevità io taccio [ ] . . .

Lo stile, che si tiene nel comporre le lezioni della settimana Santa


è tale, che communemente vanno insieme, come va il Gloria del
Magnificat, e come va l'Incarnatus est; et in simili occasioni il com­
positore deve servirsi delle dissonanzie, acciò facciano lacrimosa
la composizione, che così ricercano le parole [ . . ] si suole alle volte
.

fare ch'una, aver due parti facciano movimento, per fare che sia
la composizione alquanto variata, ma con figure gravi, come di Semi­
brevi in principio di misura poste, et ancora in elevazione; e di
minime col punto parimente poste in principio di misura; et ancora
in elevazione; et ancora delle minime senza essergli il punto; e questo
per fare grave, e mesta la composizione, ché così ricercano le parole.
Et il compositore dee avere considerazione di trovare un Tuono,
che naturalmente sia mesto, come il Secondo, il Quarto, et il Sesto.
154 LETTURE

Vero è ch'il prattico compositore farà mesta, et allegra l a sua com­


posizione per ogni Tuono, che gli piacerà; e questo avverrà per
gli moti veloci, e tardi, che faranno le parti. Però avendo questo
riguardo il compositore di far tal sorte di composizione mesta (acciò
possa esprimere quelle passioni delle parole) sarà tenuto di sano
giudizio; che s' altramente facesse sarebbe riputato uomo di poco
giudizio, et aver mal capito il senso delle parole.
Il modo di far un Recercare è tale, che l'invenzioni vogliono
esser longhe, e le parti alquanto lontane, acciò nel sonare siano
dagli ascoltanti meglio intese le invenzioni; e deve sempre or una
parte, or un' altra far continuo moto, se ben fossero solo due parti;
e non sia lecito fermarsi le parti insieme con figure di semibrevi,
come si fà nelle lezioni della settimana Santa. Né sia lecito comin­
ciare due parti insieme, eccetto se ciò non si facesse per inven­
zioni diverse, in tal caso si può fare [ . . . ] Parimente sia lecito repli­
care due, tre, quattro, e più volte la stessa invenzione, si come vi
piacerà per variati modi, come si può vedere nelli Recercari di Iaches
Bus, e d'Annibale Padovano, di Claudio da Correggio e del Luz­
zasco. Ancora sia lecito far il suggetto per canto plano di Semi­
brevi, di Brevi, di Longhe, e di Massime. Anco sia lecito seguire
dal principio fin'al fine con un istesso soggetto, e quando non vi
piacesse così seguire, potresti ritrovare nuovo soggetto, e replicarlo
quante volte a voi piacerà in quel modo, ch'io v'ho detto or ora [ . . ].

Le invenzioni del Madrigale debbono esser brevi, non più di


due tempi di Semibrevi, over di tre [. . ] La cagione è che s ' altra­
.

mente fossero, non sarebbono proprie del Madrigale, ma più pre­


sto da Motetto, over da Messa, o d' altra cosa, che di Madrigale
[ . . ] Vi fò anco sapere che il suo proprio è di fargli delle Semimi­
.

nime assai, et anco delle Minime fatte in sincopa. Sappiate ancora


che spesse volte le parti debbono andare ugualmente insieme, con
moto però veloce di Minime, over di Semiminime.
Si deve aver osservanza grandissima di seguir le parole: come
se trattano di cose dure, et aspre, trovare di quelli passaggi duri,
et aspri. Se anco le parole tratteranno di correre, over di combat­
tere, conviene fare la composizione sia veloce rispetto a quella di
prima. Se le parole ragioneranno di cadere, overo inalzarsi, sarete
avertito di far le parti della vostra composizione che vadano per
grado congiunto, over disgiunto abbassandosi, over alzandosi. Come
GIROLAMO DIRUTA : L ' ORGANO È I L R E 155

fece Orlando nel fine di quel Madrigale del primo libro a cinque
voci, che dice Già mi fu col desire, dove le parole dicano Alto sog­
getto alle mie basse rime, dove alza le parti e poi le bassa; e così
fece Cipriano nella prima parte della Canzone Alla dolce ombra,
ave le parole dicono Che fin qua giù, ave si vede le parti che discen­
dano con intervallo di cinque voci [ . . . ] .

1 4 . GIROLAMO DIRUTA: L ' ORGANO È I L RE

Il Transilvano. Dialogo sopra il vero modo di sonar organi, et istromenti da


penna del R. P. Girolamo Diruta perngino (Venezia 1593; II, Venezia 1609-10):
uno dei più importanti trattati strumentali. L'avvertimento «al prudente let­
tore », premesso dal Diruta al primo volume, esordisce con un'enfatica apo­
logia dell'organo. Per una miglior comprensione si tenga presente che organo
vale, nel lessico arcaico, sia specificamente Io strumento aerofono a tastiera,
protagonista della musica di chiesa, sia anche qualsivoglia strumento sonoro,
indistintamente.

Tutte l' arti e tutte le scienze che dall'intelletto umano si com­


prendono, per disposizione della somma Providenza di Dio si ridu­
cono ad un principale intelligente e maestro d'esse, che per eccel­
lenza è da tutti inteso et onorato. Così nella Filosofia, se si dice
il Filosofo, è subito inteso Aristotele. Nella medicina, quando si
nomina il Medico, si comprende Ippocrate. Nella poetica tra latini,
col nome di Poeta si onora Vergilio, e tra volgari Petrarca. Nelle
sacre lettere, quando si fà menzione del Profeta, intendiamo Davide,
come nel dire l'Apostolo, s ' intende sempre S . Paolo. Poiché tutti
questi, per essere eccellentissimi nel loro sapere, ritengono il nome
della propria eccellenza: quel che avvenne anticamente nella facoltà
della musica, dandosi il titolo dell'eccellenza ad Orfeo et ad Anfione.
E chiaramente veggiamo che si dà oggi a gli istrumenti musicali,
chiamandosi per eccellenza Organo quello che raccoglie in sé tutti
gl' altri, cioè la virtù di tutti gl' altri istrumenti, con li quali il valore
della musica ne le voci e ne' suoni soavemente si scopre. Onde l'Or­
gano così chiamato è Re de gl'istrumenti, ragionevolmente tenuto
nelle Chiese sacre di Dio per rendere lode et onore a Sua Maestà:
con la medesima ragione la mano nel corpo umano è detta Organo
de gl' Organi, cioè istrumento che per operare si serve di tutti gl'i­
strumenti che appartengono all'operazione de l'artificio. Nome per
156 LETTUR E

inteso da molti, che se credono che organo non voglia


aventura non
e quell'istrumento musicale che s'usa nelle Chiese
dire altro ch
da i sacri cori con le voci de' cantori, perché nel
accomp agnat o
ominum in cordis et organo. Ma veramente, sì come
Salmo Laudate D
il C i tar a, la Lira, l'Arpicordo, e'l Clavocimbalo, tutti per
Lauto , la
c hia mano istrumenti, perché il sonatore gl'usa per
s e stes si si
mostrare la p r op ria virtù sua del cantare e del sonare, così l' Or­
cce
e . � lle za è così chiamato, raccoglie in se stesso tutti
g ano, che per
us1cali, e tanto n:aggiormente è de gli altri più eccel­
gli istrumenti �
ile, quanto megho rappresenta la voce umana, ope­
lente e più nob
s o il fiato e la mano. E le canne, di qual materia esse
r andosi in es
ntano le fauci umane, per dove passa lo spirito a
siano, rapprese
n o e la voce, che quasi si può sicuramente dire che
f orm are il suo
Artifizioso Animale, che parli, suoni e canti con
l 'Organo sia un
co n l ' arte dell'uomo; e che per tale cagione sia nel Tem­
le mani e
� n e fabricato, con dive�si orna.menti? � solo operato
pio di Dio sì. �
, per lodare con le voci e con 1 suom l opere grandi
ne' sacri offlcll
di Sua Maest à [ . ] ho deliberato con l' aiuto di Sua
e maravigliose
. .

m ondo queste mie volontarie fatiche intorno all'uso


Maest à dare al
illu s tr e istrumento, accioché, sì come egli è capo e prin­
di questo
ti così in bu �n modo apparisca e chiaramente s ' in­
cip ale di tut : .
d vero uso d1 maneggiarlo, e quale la dolcezza e soa­
t enda qual sia
no in esso insieme bene uniti tutti gli altri instru­
vit à che renda
menti per rappresentare in Terra il soavissimo concento de' Beati
' , in lo? ar? Iddio Benedetto (quel che nell'Organo
spiriti in Ciel�
s . Pietro d1 Perugia s1 mostra con un bel verso, dicendo Haec
di
s, quae gaudia Caelo? come se dicesse Se in Terra
si contingunt Terri
soave ar�onia, co? .tanto artificio procurata all'o­
si gode di tale
qual godimento e,g101a debbe essere de' cori Angelici
recchie umane,
sp iri ti in Cielo?) . E veramente questo meraviglioso
e de' Beati
c he Organo è per eccellenza chiamato, come corpo
instrumento
v ato dall'Anima, poiché, come s'è detto, il primo
umano go ern
aspetto d'esso
g randemente .dil��ta l'oc�hio, e: l suono che, arriva
me parole che s1gmf1cano gl affetti del cuore, e l sona­
all'orecchie co
d i lingua, che con leggiadri movimenti della mano lo
tore invece
fà soavement sonare, e quasi con dolci maniere parlare. Di qui
e
ovrebbe con ogni suo potere sforzarsi di procedere
è che ognun d
ù perfetti; p�rcioché : facendo altrimenti, si potrebbe
per li mezzi pi
grandezza d un tale !strumento ad un uomo ben pro-
assimigliare la
LUZZASCHI - GUARINI : POETICA DEL MADRIGALE 157

porzionato in qualunque parte della persona sua, e che dipoi abbia


una intricata e barbuziente lingua, che in tutto lo disaconci e gua­
sti [ . . . ]

15 . LUZZASCO LUZZASCHI - ALESSANDRO GUARINI:


POETICA DEL MADRIGALE

Un programma di poetica musicale e un profilo estetico della fase più


avanzata del madrigale cinquecentesco sono riassunti nell'ampia dedica alla
duchessa di Urbino, che Luzzasco Luzzaschi antepose al sesto libro dei suoi
madrigali (1596), e che gli fu dettata da Alessandro Guarini (Prose, Ferrara
1 6 1 1 , p. 142), figlio del celebrato Battista.

Sono (Madama Serenissima) la musica e la poesia tanto simili,


e di natura congiunte, che ben può dirsi, non senza misterio di
esse favoleggiando, ch' ambe nascessero ad un medesimo parto in
Parnaso. Il che non è chi meglio intenda di Vostra Altezza, la quale
tanti ritratti del naturale n'ha veduti, e cosl bene il vivo dell'una
e dell'altra conosce; né solamente si rassomigliano queste due
gemelle nell'aria, nelle fattezze, ma di più godono ancora della ras­
somiglianza degli abiti e delle vesti. Se muta foggie l'una, cangia
guise anche l'altra. Percioché non solamente ha la musica per suo
fine il giovamento e'l diletto, lineamenti della sorella naturalissimi,
ma la leggiadria, la dolcezza, la gravità, l' acutezza, gli scherzi e
le vivezze, che sono quelle spoglie ond'elle con tante vaghezze
s' adornano, sono portate dall'una e dall' altra con maniere tanto
conformi, che bene spesso musica il poeta e poeta il musica ci ras­
sembra. Ma come a nascer fu prima la poesia, cosl la musica lei
(come sua donna) riverisce, et a lei cede della prima genitura l'onore.
Intanto, che quasi ombra di lei divenuta, là di muovere il piè non
ardisce, dove la sua maggiore non la preceda. Onde ne segue che,
se il poeta inalza lo stile, solleva eziandio il musica il tuono. Pia­
gne, se il verso piagne, ride, se ride, se corre, se resta, se priega,
se niega, se grida, se tace, se vive, se muore, tutti questi affetti,
ed effetti, cosl vivamente da lei vengon espressi, che quella par
quasi emulazione, che propriamente rassomiglianza dè dirsi. Quinci
veggiam la musica de' nostri tempi alquanto diversa da quella, che
già fu ne' passati, percioché dalle passate, le poesie moderne sono
158 LETTURE

altresì diverse. E per tacer di tutte l'altre, che non sentono muta­
zione, se non di materia, come canzoni, sestine, sonetti, ottave,
e terze rime, dirò del Madriale, che solo per la musica par trovato,
ed il vero dirò, dicendo, ch' egli nell'età nostra ha ricevuto la sua
perfetta forma, tanto dall' antica diversa, che se que' primi rima­
tori tornasser vivi, a pena potrebbono riconoscerlo, non sì mutato
si vede per la sua brevità, per l' acutezza, per la leggiadria, per la
nobiltà, e finalmente per la dolcezza, con che l'hanno condito i
poeti che oggi fioriscono. Il cui lodevole stile i nostri musici, ras­
somigliando nuovi modi e nuove invenzioni più dell'usato dolci,
hanno tentato anch'essi di ritrovare; delle quali hanno formata una
nuova maniera, che non solo per la novità sua, ma per l'isquisi­
tezza dell'artifizio potesse piacere, e conseguir l'applauso del mondo.
Di questa guisa, Madama Serenissima, mi sono ingegnato di vestire
i miei Madrigali, ed all'Altezza Vostra gli ho dedicati, acciò che'l
Mondo conosca che può ben mutar il suo stile la musica, ma non
può cangiare la sua devozione l' animo mio [ ] . . .

16 • INTERMEDI PER IL " PASTOR FIDO "

Nell'autunno del 1598 il duca Vincenzo Gonzaga realizzava il progetto


lungamente desiderato di rappresentare nel Teatro di Castello in Mantova
il Pastorfido di Battista Guarini. La terza recita ebbe luogo il 22 novembre
con intermedi apparenti, oggi ritenuti di Alessandro Guarini, su la favola
mitologica delle nozze di Mercurio e Filologia - un prologo, quattro inter­
medi, una licenza. La sontuosa rappresentazione evocava e festeggiava, alla
presenza della sposa, le recenti nozze di Filippo III di Spagna con Marghe­
rita d'Austria. La relazione è di Giovan Battista Grillo . Nulla si sa delle musi­
che, né di chi le compose.

Prologo

Nel principio della Commedia, quando si levò la gran cortina,


si vide la città di Mantova, et una nuvola in aria, nella quale era
Venere, con la stella Espero a man dritta e la stella Giulia a man
sinistra; le quali tutte tre insieme cantorno un madrigale in onore
della Maestà della Regina sposa presente, mostrando [ ] . . .
INTERMEDI PER IL " PASTOR FIDO " 159

Intermedio primo

Dopo il primo atto non così tosto ebbe fine il Concerto della
musica di dentro che subito si sentì tuonare, al qual strepito la scena
tutta mutò aspetto, poiché si viddero comparire li campi Elisi in
forma di giardini, e cadendo fra tanto una pioggia dorata dal cielo,
comparve all'improvviso una nuvola in forma di carro tirato da
pavoni a mezzo l' aria, sul quale se ne stava a sedere Giunone regina
di questo elemento . Si scoprì in mezo al cielo parimente l'Arco
celeste, sopra di cui sedeva Iride serva di Giunone, dalla quale fu
avvertita ch'ella con quel tuono e pioggia così l' avea fatta dalla
nube uscire acciò ch' eseguisse l'ufficio al quale era stata eletta, di
publicar al mondo le nozze d'uno delle maggiori Dei del cielo; il
che da lei inteso, si mostrò pronta ad ubidire, laonde Giunone sog­
giunse che'l gran figlio del Supremo Monarca in quel giorno spo­
sava una Vergine di prosapia divina, la quale di bontà, di virtù,
di beltà e di costumi vinceva tutte l' altre ch'oggidì in terra vivono,
e però voleva ch'essa cantando discendesse nel mondo, anzi sin
all'inferno, a far palese a tutti i Dei et a tutte le genti la solennità
di queste nozze, che s' avevano da fare tra Mercurio e Filologia,
alle quali ciascuno de' maggiori spiriti dovea essere invitato. Cosl
detto, partì Giunone, traversando il cielo. Iride poi già cominciava
a calare, quando sedici poeti usciti fuora de' campi Elisi con varie
sorte d' instrumenti da sonare, udendo Iride, che cantava, accom­
pagnarono con il loro suono il canto di lei, la quale iva publicando
a venti, a spirti, et a Dei, che tutti erano invitati in cielo alle nozze.
Nel finir poi del canto, s' aprì la terra, et essa penetrò a basso, e
tutto ad un tempo s' aprì parimente una gran voragine, e se vide
l'inferno aperto col Can Cerbero, e la città di Dite in mezz 'a molte
fiamme, dalle quali usd Plutone con i tre Re suoi sudditi, ai quali
esso disse che, intesa la nuova delle nozze, e la volontà di Giove,
voleva prima de tutti gl'altri andarsene a rallegrare. Allora Caronte
con la sua barchetta s ' appresentò, e postolo dentro, lo fece traver­
sare il fiume Lethe. Poi, arrivato dov' erano li poeti, l' esortò a ral­
legrarsene seco di queste nozze, et accompagnar la sua salita in cielo
con dolce armonia. Ciò detto, una nuvola da terra sorgendo l'inal­
zava, quando un' altra, che discendeva da cielo, incontrandosi con
questa, l' assorbì, portandola seco con Plutone in cielo. E tra tanto
li poeti cantarono in lode delli Sposi dicendo tra l'altre cose: que-
160 LETTURE

st'alme felici oggidì han fatto all'inferno i cieli amici. Così finirno
i poeti; si tornò a cantar dentro; la scena pigliò il primo aspetto.

Intermedio secondo

Dopo il secondo atto nel finir della musica, si sentì il terremoto,


e fra tanto la scena mutandosi divenne tutta nuvoli e mare, e si
videro da quattro parti di quella uscire quattro venti, e da mezo
l'onde del mare sorger la discordia fino alla cintura, la quale tur­
bata disse ai venti che, poiché Giove non la voleva in cielo alle
nozze, ella s'era risolta di voler turbare i loro piaceri [ . . ] sorse da
.

mezo l'onde una gran balena con un altro Tritone sopra, quale venne
sonando un cornetto musica per achetare la fortuna, et avendo
scorso il mare, si tornò a tuffare in tempo, che Nettuno sopra il
suo carro tirato da delfini in una conca marina comparve tutto sde­
gnato minacciando i venti, comandandogli che dovessero partire
dal suo regno, il che essi fecero. Et egli poi rivolto alli Dei marini,
ch' alla sua venuta ivi erano comparsi, comandò loro che per tutto
il tempo che durassero queste nozze non dovessero comportare che
alcun legno o picciolo o grande fusse turbato in mare. E fra tanto
s' aprl il cielo, et una nuvola spicandosi venne sin'in mare e, tolto
Nettuno dal suo carro, lo portò in cielo; sonando in questo men­
tre i Dei marini i loro instrumenti. Ma non sl tosto egli colà giunse,
che si vidde comparire una nave piena di passaggieri pur Indiani,
i quali vennero sonando. Et arrivati in mezo cantarono; a i quali
in forma de Dialogo risposero i marini dicendo che una nova stella
divisa da Borea già si scopriva sopra l'Ibero fiume della Spagna,
la quale mostrava aver l'impero della terra e del mare; e che però
sarebbe segno felice a naviganti. E così s 'invitorno di cantare a
gara avanti a lei. Il che finito, uno di loro, qual sedeva a poppa,
cantò suplicando la detta stella a mandare un suo raggio sopra di
loro, acciò potessero arrivare a sicuro porto. Al che rispose con
una doppia voce Echo, da vicini concavi luoghi, la qual cosa avendo
i marinari udita, gl' appresentorno rami di corallo e canestri di madre
perle, cioè conchiglie preziose. Poi, tornando a sonare quelli della
nave si partirono, et i marini s' attufforno, e la scena tornò al primo
aspetto.
COME SI COMPONE E SI RAPPRESENTA U N ' OPERA 161

Intermedio terzo
Dopo il terzo atto, s'udl un suono de tamburri sotto terra, e
tra tanto la scena divenne tutta monti altissimi, e subito si videro
uscire varii Dei selvaggi con strumenti diversi da sonare. Sorse anco
nell'istesso tempo fuor della terra un carro tirato da leoni, [tra]
sonar di tamburi, con Berecinzia madre de tutti i Dei sopra di
quello, la quale con un timpano in mano faceva quel suono [ . . . ]

Intermedio quarto
Dopo il quarto atto nel finir della musica di dentro, s'udl il suono
delle trombe sotto il palco, al quale si vidde tutta la scena mutarsi
in una città, uscendo in un istesso tempo i dodici mesi dell' anno
alati con le corone delle loro proprietà. Sorse dalla terra la Fama,
che comparì sonando la sua tromba sopra la cima d'una torre, quale
si vedea allora cominciar a nascere dal palco. Sorse parimente il
Tempo [ . . . ]

Licenza
Sul finir della Pastorale, poi s ' aprì il cielo in ogni parte, e si
videro i Dei compartiti ne' loro luoghi starsene tra lucidissime nubi,
essendo i Sposi nel trono di Giove, e cominciando poco dopo i
Pastori a cantare in scena [. . . ] in quel punto i Dei che stavano con
Imeneo, con un nuovo suono, quasi mostrando un nuovo ballo,
fecero uscire da ogni parte della scena i Coribanti, quali con tim­
pano e mazze prima, poi con dardi de' Pastori, e ultimamente con
le faci degl'istessi fecero una moresca tripartita, empiendo per fine
l'aria tutta d'odorato fuoco.

17 • COME SI COMPONE E SI RAPPRESENTA UN ' OPERA SECONDO


EMILIO DE' CAVALIERI

L'edizione a stampa di Rappresentatione di anima e di corpo nuovamente


posta in musica dal Signor Emilio del Cavaliere per recitar cantando (Roma 1600)
fu curata dal devoto Alessandro Guidotti, attentissimo testimone dell'evento
teatrale musicale: molti passi istruttivi si leggono nella dedica, datata 3 set­
tembre, nell'indirizzo «A' lettori », dal quale si cita qui in séguito il bel pro­
gramma formativo ed esecutivo, e negli « Avvertimenti ».
162 LETTURE

Volendo rappresentare in palco l a presente opera, o vero altre


simili, e seguire gli avvertimenti del signor Emilio del Cavaliere
[ ] par necessario che ogni cosa debba essere in eccellenza: che
. . .

il cantante abbia bella voce, bene intuonata e che la porti salda,


che canti con affetto, piano e forte, senza passaggi, et in partico­
lare che esprima bene le parole, ché siano intese, e le accompagni
con gesti e motivi non solamente di mani, ma di passi ancora, che
sono molto efficaci a muovere l' affetto. Gli stromenti siano bene
sonati, e più e meno in numero secondo il luogo, o sia teatro o
vero sala, quale proporzionata a questa recitazione in musica, non
doveria esser capace, al più, che di mille persone, le quali stessero
a sedere commodamente, per maggior silenzio e sodisfazione loro:
ché, rappresentandosi in sale molto grandi, non è possibile far sen­
tire a tutti la parola, onde sarebbe necessitato il cantante a forzar
la voce, per la qual causa l' affetto scema, e la tanta musica, man­
cando all'udito la parola, viene noiosa. Gli stromenti, perché non
siano veduti, si debbano suonare dietro le tele della scena, e da
persone che vadino secondando chi canta, e senza diminuzioni, e
pieno . E, per dar qualche lume di quelli che in luogo simile per
prova hanno servito, una Lira doppia, un Clavicembalo, un Chi­
tarrone, o Tiorba che si dica, insieme fanno buonissimo effetto,
come ancora un Organo suave con un chitarrone. Et il signor Emilio
lauderebbe mutare stromenti conforme all' affetto del recitante; e
giudica che simili rappresentazioni in musica non sia bene che pas­
sino due ore, e che debbano distribuirsi in atti; e li personaggi
vagamente vestiti, e con varietà. Il passar da un affetto all' altro
contrario, come dal mesto all' allegro, dal feroce al mite, e simili,
commuove grandemente. Quando si è cantato un poco a solo, è
bene far cantare i cori, e variare spesso i tuoni; e che canti ora
soprano, ora basso, ora contralto, ora tenore: e che l' arie e le musi­
che non siino simili, ma variate con molte proporzioni, cioè triple,
sestuple, e di binario, et adornate di echi e d'invenzioni più che
si può, come in particolare di balli, che avvivano al possibile que­
ste rappresentazioni, siccome in effetto è stato giudicato da tutti
gli spettatori; i quali balli o vero moresche, se si faranno apparir
fuor dell'uso commune avrà più del vago e del nuovo: come per
esempio la moresca per combattimento, et il ballo in occasione del
giuoco o scherzo: sì come nella Pastorale di Fileno tre satiri ven­
gono a battaglia, e con questa occasione fanno il combattimento
C ACCINI, LA MONODI A , " I N A RMONIA FAVELLARE " 163

cantando e ballando sopra un' aria di moresca. E nel Giuoco della


cieca ballano e cantano quattro Ninfe, mentre scherzano intorno
ad Amarilli bendata, ubidendo al giuoco della Cieca. Non si dice
già che non si debba far in ultimo, con buona occasione, un ballo
formato: ma si avvertisce bene, che il ballo vuole dagl'istessi che
ballano esser cantato, e, con buona occasione d' avere stromenti
in mano, dagl'istessi anca suonato, che così sarebbe più perfetto
e fuori dell'ordinario [ . . ] Quando la composizione si distribuirà
.

in tre atti, i quali per esperienza fatta debbono bastare, si potreb­


bono aggiungere quattro intermedii apparenti, compartiti che il
primo sia avanti del proemio, e gli altri ognuno al fine del suo atto
osservando quest'ordine, che dentro la scena si faccia una piena
musica et armoniosa sinfonia di stromenti, al suono de' quali siano
concertati i moti dell'intermedio, avendo riguardo che non abbia
bisogno di recitazione [ . . . ] Et in ciascheduno si potrebbe far quella
mutazione di scena che apportasse l'occasione dell' intermedio [ . . . ]

18 • CACCINI, LA MONODIA, " IN ARMONIA FAVELLARE "

Giulio Caccini premise al libro Le nuove musiche (Firenze 1602) un ampio


testo indirizzato « Ai Lettori », che accoglie un complesso di informazioni
e di istruzioni essenziali.

Io veramente, nei tempi che fioriva in Firenze la virtuosissima


Camerata dell'Illustrissimo Signor Giovanni Bardi de' Conti di Ver­
nio, ave concorreva non solo gran parte della nobiltà, ma anche
i primi musici et ingegnosi uomini, e poeti e filosofi della città,
avendola frequentata anch'io, posso dire d' aver appreso più dai
loro dotti ragionari, che in più di trent' anni non ho fatto nel con­
trappunto. Imperò che questi intendentissimi gentiluomini m'hanno
sempre confortato, e con chiarissime ragioni convinto, a non pre­
giare quella sorte di musica, che non lasciando ben intendersi le
parole, guasta il concetto et il verso, ora allungando et ora scor­
ciando le sillabe per accomodarsi al contrappunto, laceramento della
poesia, ma ad attenermi a quella maniera cotanto lodata da Pla­
tone et altri filosofi, che affermarono la musica altro non essere
che la favella e il ritmo et il suono per ultimo, e non per lo contra­
rio, a volere che ella possa penetrare nell' altrui intelletto e fare
164 LETTURE

quei mirabili effetti che ammirano gli scrittori, e che non pote­
vano farsi per il contrappunto nelle moderne musiche . E partico­
larmente cantando un solo sopra qualunque strumento di corde,
che non se ne intendeva parola per la moltitudine di passaggi, tanto
nelle sillabe brevi quanto lunghe, et in ogni qualità di musiche,
pur che per mezzo di essi fussero dalla plebe esaltati e gridati per
solenni cantori. Veduto adunque, sl come io dico, che tali musi­
che e musici non davano altro diletto fuor di quello che poteva
l' armonia dare all'udito solo, poi che non potevano esse muovere
l'intelletto senza l'intelligenza delle parole, mi venne pensiero intro­
durre una sorte di musica, per cui altri potesse quasi che in armo­
nia favellare, usando in essa (come altre volte ho detto) una certa
nobile sprezzatura di canto, trapassando talora per alcune false,
tenendo però la corda del basso ferma, eccetto che quando io me
ne volea servire all'uso comune, con le parti di mezzo tacche dal­
l'istrumento per esprimere qualche affetto, non essendo buone per
altro. Là onde, dato principio in quei tempi a quei canti per una
voce sola [ . . . ]

1 9 • Looovico VIADANA DIRIGE A QUATTRO coRI

Un preciso programma esecutivo policorale di linea veneziana è tracciato


nelle disposizioni dettate da Lodovico Viadana nel libro Salmi a quattro chori
per cantare, e concertare nelle gran solennità di tutto l'Anno, con il basso conti·
nuo per sonar nell'organo (Venezia 1612). Il «Modo di concertare i detti salmi
a quattro chori » comprende quella che è verosimilmente la prima istruzione
apparsa scritta per il concertatore e direttore di gruppi corali e strumentali.

Il primo Coro a cinque starà nell'organo principale, e sarà il


coro favorito; e questo sarà cantato e recitato da cinque buoni can­
tori, che siena sicuri, franchi, e. che cantino alla moderna.
In questo Coro non ci anderà stromento nessuno, se non l'or­
gano, e un chitarone a chi piace. L'organista starà vigilante per
registrare a luogo, o tempo; e quando troverà queste parole VOTO,
e PIENO, doverà registrare voto, e pieno .
Quando nel detto Coro canterà una voce, due, tre, quattro, cin­
que, l'organista sonerà semplice e schietto, non isminuendo, né
facendo passaggi niente. Ne' Ripieni poi suonerà come gli piacerà,
perché allora è il suo tempo.
LODOVICO VIADANA DIRIGE A QU ATTRO CORI 165

Il Secondo Coro a quattro sarà la Capella, ove consiste tutto il


nervo e il fondamento della buona Musica. In questo coro non ci
vogliono manco di sedeci Cantori, e mancando di tal numero, sarà
sempre debil Capella; ma quando saranno venti, e trenta, e di voci
e di strumenti, sarà buon corpo di Musica, e farà ottima riuscita.
Il terzo Coro a quattro sarà acuto: il primo Canto, come Sopra­
nissimo, sarà sonato da cornetto, o violino. Il secondo sarà can­
tato da una più buona voce, o a due, o a tre, di Soprano. L'Alto
è un mezzo Soprano, e sarà cantato da più voci e violini, e cor­
netti storti. Il Tenore sarà ancor ello cantato da più voci, con trom­
boni, e violini, e organo all'ottava alta.
Il quarto Coro a quattro sarà grave, cioè a voci pari: il Soprano
è un Alto bassissimo, e sarà cantato da più voci, con violini all'ot­
tava, e cornetti storti. L'Alto è un Tenore commodissimo, e sarà
cantato da più voci, con tromboni. Il Tenore è un Baritone, cioè
mezzo Basso, questo ancora doverà esser accompagnato da buone
voci, o da tromboni e violini [sic; ma dev' essere corretto violoni] .
Il Basso sta sempre grave, per ciò sarà cantato da profondi Bassi,
con tromboni, e violoni doppi, e fagotti, con organo all'ottava bassa.
Questi Salmi si possono cantare anco a due Cori soli, cioè primo
e secondo Coro. Chi volesse poi fare una bella mostra come oggidì
il mondo si compiace di fare a 4, a 5 , a 6, a 7, a 8 Cori, radoppi
il secondo, terzo e quarto Coro, ch' averà l'intento suo, senza peri­
colo nissuno di far errore; perché tutto il negozio sta in cantare
bene il detto primo Coro a cinque.
Il Maestro di Capella starà nell'istesso Coro a cinque, guardando
sempre sul Basso continuo dell'organista, per osservare gli anda­
menti della Musica, e comandar quando à da cantar un solo, quando
due, quando tre, quando quattro, quando cinque . E quando si
faranno i Ripieni, volterà la faccia a tutti i Cori, levando ambe
le mani, segno che tutti insieme cantino.
Tutti i Cori per se stessi cantano legittimamente, e tutti hanno
le loro consonanze, e, separati l'un da l' altro, non si può discer­
nere se cantano all'ottava, né all'unisono. E così io mi son com­
piaciuto di fare, poiché la Musica riesce assai meglio; percioché
chi vol comporre osservatamente ne' Ripieni, bisogna servirsi di
pause, di mezze pause, di sospiri, di punti, di sincope, il che fà
la Musica stiracchiata, rustica, et ostinata, cantandosi sempre a
rompicollo, e con poca grazia.
166 LETTURE

S o nondimeno che s i troverà qualche bell'umore, che facendo


profession d'orecchia delicata e purgata, averà qualche scrupolo
intorno a questa novità, benché altri abbiano fatto lo stesso prima
di me, come pur si vede in istampa nel Iubilate e Laudate a 1 6
del Pallavicina, che i Soprani e i Tenori cantano a 25 o 30 battute
in ottava per movimento congiunto . Ma per finirla, ho fatto a mio
modo: così facciano gli altri poiché adesso è un tempo, che chi fà
alla peggio, par che faccia meglio. E Dio sia con voi.

20 • FoRME STRUMENTALI SPIEGATE DA MICHAEL PRAETORIUS

Fra i libri d'orientamento teorico e manualistico del prolifico composi­


tore tedesco Michael Praetorius (157 1 - 162 1) speciale rilievo acquistano i tre
volumi (il progetto originario ne prevedeva quattro) del Syntagma Musicum,
libro fortemente debitore della cultura italiana del Rinascimento avanzato
e declinante. Il terzo tomo ha il titolo Termini Musici (Wolfenbi.ittel 16 1 9),
e contiene la descrizione di forme, appunti di notazione, una terminologia,
indicazioni di prassi esecutiva. La stesura testimonia una fase matura della
riflessione teorica, attenta e consapevole, condotta con volontà sistematica
e recante tracce di organizzazione grammaticale. Particolare interesse solle­
citano le descrizioni di forme strumentali, comprese nella prima parte del
tomo. Queste forme appaiono suddivise in preludi e danze. I primi son ripartiti
fra preludi per se stessi (fantasia e capriccio, fuga e ricercare, sinfonia, sonata
e canzone) , preludi a danze (intrada) , preludi a mottetti o madrigali (toc­
cata). Le danze sono divise in danze con passi e figure fisse (paduana, passa­
mezzo, galliarda o saltarello) e danze senza passi e figure fisse (branle, cou­
rante, volte, alemande, mascherada) . Alcune di quelle schede descrittive sono
riprodotte qui.

Capitolo VIII. Preludi per se stessi, ossia Fantasie, Fughe, Sinfo­


nie e Sonate

l . Fantasia, o meglio Phantasia; Capriccio

Capriccio, ovvero Phantasia subitanea. Quando uno si dà a com­


porre una fuga secondo il suo gusto, ma non vi si trattiene a lungo,
anzi passa presto ad un' altra fuga, cosl come gli passa per la mente.
E al modo stesso in cui nelle fughe vere e proprie non va sottopo­
sto alcun testo letterario, così non si è legati neppur qui alle parole,
si faccia molto o poco, ci si allontani, s' aggiunga, si tolga, si torni
f o R M E S T R U M E N T A L I S P I E G A T E D A M I C H A E L P R A ET O R I U S 167

indietro o si giri, come si vuole. E uno può ben mostrare in simili


Fantasie e C apricci la sua arte e la sua abilità. Talvolta egli può
servirsi senza preoccupazione di tutto ciò che è ammesso nella com­
posizione musicale, legature dei suoni discordanti, proporzioni, ecc.
Certo non deve trasgredire troppo il modo e l'aria, ma ha da restare
nei termini dovuti [ . . . ]

2 . Fuga; Ricercar

Fughe non son altro, come dice l'Abate Don Johannes Nucius,
che frequenti ripercussioni in luoghi diversi dello stesso tema, le
quali si succedono l'una all' altra con interposizione di pause. Si
chiamano così anche da fugare, poiché una voce fugge l'altra, ripren­
dendo la stessa melodia. Dagli italiani son chiamate ricercati: ricer­
care è infatti lo stesso che investigare, cercare, indagare con cura
ed attenzione; come nel trattamento di una buona fuga, con parti­
colare diligenza e ponderazione si deve ad ogni passo cercare come
e in qual modo i medesimi elementi, incastrati l'uno nell'altro,
intrecciati, duplicati per moto retto e indiretto, o contrario, pos­
sano riuscire coordinati regolarmente fra loro, ed essere portati
avanti fino alla fine con arte e con grazia. Infatti, soprattutto da
questa composizione si può giudicare il talento del musicista, se
sa formare fughe convenienti alla precisa natura dei modi, e con­
giungerle a regola d' arte con giusta e lodevole coesione.

3 . Sinfonia, o meglio Symphonia

Gli italiani intendono per Sinfonia, come fu mostrato sopra,


un fine concento completo, composto alla maniera di una toccata,
d'una pavana, d'una gagliarda o d' altra simile armonia a 4. 5 . 6 .
o più parti, destinato solamente agli strumenti, senza usare l e voci.
Simile composizione è da loro usata talvolta per cominciare (pro­
prio come un Praeambulum all'organo), ed anche spesso inserita
nel mezzo del concerto vocale per cori [ . . . ]

4 . Sonata, Sonada

Sonata vien da sonare, ed è chiamata così perché non è into­


nata da voci umane, bensì solo da strumenti, come la canzone. Bel-
168 LETTURE

lissimi esempi s e n e trovano nelle Canzoni e Sinfonie di Giovanni


Gabrieli e d' altri autori . Ma v'è, a mio parere, la seguente diffe­
renza: che le sonate sono composte con la gravità e la magnificenza
proprie dello stile del mottetto; mentre le canzoni scorrono invece
con molte note nere, fresche gaie e rapide [ . . ].

C apitolo IX . Preludi alle danze, ossia Intrade

Intrada

Intrata (vulgo Intrada) o Entrata, vale ingresso; viene da entrare,


e s 'usa per l'ingresso o la processione in torneo di gran signori.

Capitolo X. Preludi a mottetti o madrigali, ossia toccate

Toccata

Toccata è come un Praeambulum, o Praeludium, che l'organi­


sta, quando attacca o all'organo od al clavicembalo, prima di un
mottetto o d'una fuga, improvvisa di sua testa, usando singoli tasti
falsi, passaggi, ecc. Ma uno ha un suo metodo; un altro ne ha un
altro : per cui è vano trattarne qui in maniera circostanziata. [ . . ]
.

A mio giudizio, sono chiamate dagli italiani col nome toccata, perché
toccare significa tangere, attingere, e toccato significa tactus. Dicono
anche infatti gli italiani: Toccate un poco; cioè percuotete lo stru­
mento, o tastate la tastiera un poco. Quindi toccata può esser detta
veramente percussione o maneggio della tastiera.

C apitolo XI. Danze mosse con passi e figure fisse, ossia Padoana,
Passamezzo e Galliarda

l . Paduana

Paduana, in italiano Padoana, deriva il nome dalla città di


Padova in Italia, dove, come molti credono, fu trovata la prima
volta questa forma musicale. Francesi ed inglesi la chiamano Pavana.
fORME STRUMENTALI SPIEGATE DA MICHAEL PRAETORIUS 16 9

Pavane è un genere di musica costante e grave: cosl, quando le


pavane vengono eseguite da un insieme di strumenti gradevoli e
ben assortiti, offrono un'armonia sonora singolare, soave, e insieme
anche splendida. Per altro è comunemente adibita a condurre danze
lente e sostenute [. . ]
.
B IBLIOGRAFIA E S S ENZIALE
Opere di consultazione generale

Le fonti. Cataloghi delle fonti musicali in Répertoire International des Sources


Musica/es (RISM) : vedansi le serie A/I [edizioni a stampa d'autori in ordine
alfabetico] , B/I/1 [miscellanee a stampa dei secoli XVI e xvrr], B/IV/3 e 4
[manoscritti di polifonia arcaica], B/VI/1 e 2 [trattati a stampa] . Il RISM
viene sostituendo le storiche bibliografie di Robert Eitner. Inoltre Census­
Catalogue o/ Manuscript Sources o/ Polyphonic Music 1 400- 1550, Hanssler,
Neuhausen-Stuttgart, 5 voli. dal 1979.
Cataloghi particolari: delle edizioni a stampa di musica vocale profana ita­
liana, E. VoGE L, Bibliothek der gedruckten weltlichen Vokalmusik Italiens aus
den ]ahren 1500-1 700, A. Haack, Berlin 1 892, ristampa con le aggiunte di
A. Einstein, G. Olms, Hildesheim 1972, nuova edizione interamente rifatta,
con gli indici dei musicisti, poeti, cantanti, dedicatari e capoversi, a cura di
F. Lesure e C . Sartori, 1977; H. B . LINCOLN, The Italian Madrigal and Rela­
ted Reperlories. Indexes to Printed Collections 1500-1 600, Yale University Press,
New Haven - London 1988, con incipitario; della musica strumentale, C .
SARTORI, Bibliografia della musica strumentale italiana stampata in Italia fino
a/ 1 700, Olschki, Firenze 1952-68; H. M. BROWN, Instrumental Music Prin­
ted be/ore 1 600. A Bibliography, Harvard University Press, Cambridge, Ma.
1965, che riferisce anche concordanze ed edizioni moderne.

Le edizioni. Le opere complete di molti maestri sono edite in trascrizione


moderna nel Corpus Mensurabilis Musicae (CMM) a cura dell'American Insti­
tute of Musicology, Roma dal 194 7, e nelle serie 1 6th-Century Chanson
(CHANSON), 1 6th-Century Motet (MOTET), Italian Madrigal in the 1 6th
Century (MADRIGAL) , della Garland, New York. Singole composizioni o
gruppi in raccolte antologiche, fra le quali segnatamente Das Chorwerk, diretto
da F. Blume e K. Gudewill, Mi:iseler, Wolfenbiittel dal 1929, Das Musik­
werk, diretto da K. G. Fellerer, A. Volk, Ki:iln dal 1 95 1 ; in serie di monu­
menti fra i quali i Denkmàler der Tonkunst in Oesterreich, Wien dal 1894
(ristampato a Graz, Akademische Druck-U. Verlagsanstalt, 1959), Istituzioni
e Monumenti dell'Arte Musicale Italiana, Ricordi, Milano dal 193 1 , Monu­
ments of Renaissance Music (MRM), University of Chicago Press, Chicago
dal 1964; ed in sussidi didattici, come l' Historical Anthology ofMusic, a cura
di A. T. Davison e W. Apel, 2 voli., Harvard University Press, Cambridge,
Ma. 1946 e 1950, o la Norton Anthology o/ Western Music, a cura di C . Pali­
sca, I, Norton, New York-London 1 980. Si veda, per altre collane che inclu­
dono musiche del xv e XVI secolo, la rassegna di A. BAsso, Repertorio gene­
rale dei "Monumenta Musicae ", delle antologie, raccolte e pubblicazioni di musica
1 74 B IBLIOGRAFIA ESSENZIALE

antica sino a tutto i/ 1 9 70, « Rivista Italiana di Musicologia », VI, 1 97 1 , pp.


3-135. Da segnalare la serie Renaissance Music in facsimiles, Garland, New
Y ork. È molto diffusa la riproduzione anastatica dei trattati: per esempio
nella serie Documenta Musicologica, Barenreiter, Kassel-Basel, e nell' altra
Bibliotheca Musica Bononiensis, sez. II, a cura di G. Vecchi, Ed. Forni,
Bologna.
Edizioni critiche di trattati nella collana Corpus Scriptorum de Musica (CSM),
a cura dell'American lnstitute of Musicology, dal 1950.

Le ricerche. Si rammenti che le voci dei dizionari e delle enciclopedie sono


di norma integrate da una bibliografia specifica, e, se son nomi d' autori, dal­
l'elenco delle opere e delle edizioni originali ed eventuali moderne. Attual­
mente gli strumenti di ricerca più imponenti sono Die Musik in Geschichte
und Gegenwart. Allgemeine Enzyclopiidie der Musik (MGG), 1 7 voli., 1949
e sgg . ; The New Grave Dictionary of Music and Musicians (New Grove) , 20
voli., dal 1980. In italiano possono essere consultati utilmente il Dizionario
Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti (DEUMM), UTET,
Torino, 12 voli. 1 983-90, e l'Enciclopedia della Musica, Rizzoli-Ricordi,
Milano 1972. Non si trascurino i dizionari biografici, lessicali, speciali. Per
l'aggiornamento bibliografico di quanto si pubblica in libri e riviste si con­
sulti la sezione dedicata al Rinascimento in W. KAHL - W. M. LUTHER, Reper­
torium der Musikwissenscha/t, Barenreiter, Kassel dal 1 95 3; e Répertoire Inter­
national de Littérature Musicale (RILM), in fascicoli quadrimestrali dal 196 7.

Studi generali. Sui concetti e le ideologie di umanesimo e rinascimento in


musica: D. P. W ALKER, Musical Humanism in the 1 6th and early 1 7th Centu­
ries, «Music Review », II, 194 1 , pp. 220-227 , 288-308, e III, 1 942; L.
ScHRADE, Renaissance: the Historical Conception of an Epoch, in Kongress­
Bericht, Utrecht 1952; F. BLUME, Renaissance, voce in MGG, traduzione
italiana, A.M. I . S . , Bologna 197 1 .
Trattazioni storiche complessive: H. BESSELER, Musik des Mittelalters und
Renaissance, Athenaion, Potsdam 193 1 ; G. REESE, Music in the Renaissance,
Dent, London 1954, 2" ed. 1959, trad. it. Firenze 1990; The New Ox/ord
History ofMusic, III Ars Nova and the Renaissance, Oxford University Press,
Oxford 1960, traduzione italiana Ars nova e Umanesimo, Feltrinelli, Milano
1964, IV The Age of Humanism, Oxford University Press, Oxford 1968, tra­
duzione italiana L 'età del Rinascimento, Feltrinelli, Milano 1969; Die Musik
des 15. und 1 6. Jahrhunderts, a cura di L. Finscher (Neues Handbuch der Musik­
wissenscha/t, Band 3 '"2), Laaber Verlag, Laaber 1989-90; l'agile manuale H.
M. BROWN, Music in the Renaissance, Englewood Cliffs, N .]. 1976. Per l'area
italiana sola F. TESTI , La musica italiana nel Medioevo e nel Rinascimento,
Bramante, Milano 1969. Ogni testo è corredato da sostanziose bibliografie.

Sussidi. La storiografia musicale s' avvale di sussidi essenziali, come le anto­


logie e le antologie della critica, le raccolte iconografiche, e cosl via.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE 175

Opere di riferimento particolare

N.B.: I numeri segulti da o si riferiscono ai paragrafi.

l •
Esposizione storica esemplare del periodo in A. PrRRO, Histoire de la Musi­
que de la fin du xrve siècle à la fin du xvi', H. Laurens, Paris 1940. Per la
condizione italiana: N. BRIDGMAN, La vie musicale au Quattrocento, Galli­
mard, Paris 1964, e anche N. P:rRROTTA, Music and Cultura! Tendencies in
1 5th Century Italy, «Journal of the American Musicological Society », XIX,
1966, pp. 127- 161, traduzione italiana in Musica tra Medioevo e Rinascimento,
Einaudi, Torino 1984, pp. 2 1 3 -249.

2-3 • Testi generali: J. MARIX, Histoire de la musique et des musiciens de la


cour de Bourgogne sous le règne de Philippe le Bon (1420- 1467), Heitz, Stra­
sbourg 1939, ristampa 1972; H. C. WoLFF, Die Musik der alten Niederli.in­
der, Breitkopf & Hartel, Leipzig 1 956.
La distribuzione delle sei generazioni è convenzione manualistica che discende
e si sviluppa dalle esposizioni dei grandi storiografi tedeschi, da Ambros in poi.

4 • Opere complete di Dufay, a cura di G. de Van e H . Besseler, CMM l .


Per la cronologia delle opere: C . HAMM, A Chronology o/ the Works o/ Guil­
laume Dufay, Princeton University Press, Princeton 1964. Per la biografia:
C . WRIGHT, Dufay at Cambrai. Discoveries and Revisions, «Journal of the Ame­
rican Musicological Society », XXVIII, 1975, pp. 1 75-229. Comprensivo,
D. FALLOWS, Dufay, Dent, London 1982.

5 • Le Chansons di G. Binchois sono edite a cura di W. Rehm, B . Schott's


Si:ihne, Mainz 1957. Antologia di trascrizioni moderne in Les Musiciens de
la cour de Bourgogne au xve siècle, a cura di J. Marix, Paris 1937; Dufay and
his Contemporaries, a cura di J. F. R. e C . Stainer, London 1898, ristampa
1963; Polyphonia Sacra, a cura di Ch. van den Borren, London 1932, ristampa
1962; Pièces polyphoniques profanes de provenance liègeoise, a cura di Ch. van
den Borren, Bruxelles 1 950; Early Fi/teenth-Century Music, a cura di G. Rea­
ney, CMM 1 1 ; Documenta Polyphoniae Liturgicae, a cura di L. Feininger,
Societas Universalis S. Ceciliae, Roma 1947-5 3 .
S u singoli manoscritti: G. D E VAN, Inventory o/ Manuscript Bologna, Liceo
Musicale, Q 15 (olim 3 7), « Musica Disciplina », II, 1948, pp. 23 1-25 7; sul
ms. di Aosta G. DE VAN, A Recently Discovered Source o/ Early Fi/teenth
Century Music, «Musica Disciplina », Il, 1 948, pp. 3-74; G. REANEY, The
Manuscript Oxford, Bodleian Library, Canonici Mise. 213, «Musica Disciplina»,
IX, 1955, pp. 73- 104; F. A. GALLO, Il codice musicale 22 1 6 della Biblioteca
Universitaria di Bologna, 2 voli . , Forni, Bologna 1968-70. I codici di Trento
sono stati riprodotti in facsimile presso Vivarelli e Gullà, Roma 1969-70;
inventario e incipit in G. ADLER-0. KoLLER-R. VON FICKER, Denkmiiler der
Tonkunst in Oesterreich, XIV-XV, Wien 1900, e LXI, Wien 1924; trascri­
zioni nei volumi 14/5, 22, 38, 53, 61 e 76 dei Denkmiiler.
176 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

6 • Opere di Ockeghem in corso di pubblicazione, a cura di D . Plamenac,


dal 192 7 . Vedansi anche le collane citate al n. 10; e Altniederliindische Motet­
ten, a cura di H. Besseler, Kassel 1929. Informazioni documentarie aggior­
nate nel catalogo, in olandese e francese, Johannes Ockeghem en zi;n tijd,
Derdemonde 1970. Studi: D . PLAMENAC, Autour d'Ockeghem, « Revue Mu­
sicale », IX, 1 928; il saggio analitico di M. BuKOFZER, Caput, in Studies in
Medieval and Renaissance Music, Norton, New York 1950; E. KRENEK, Johan­
nes Ockeghem, New York 195 3 ; M. HENZE, Studien zu den Messenkomposi­
tionen Johannes Ockeghems, Berlin 1964; A. LINDMAYR, Quellenstudien zu
den Motetten von Johannes Ockeghem, Laaber Verlag, Laaber 1 990.

7 •
Sui due aspetti delle opere di Busnois: C. BROOKS, A. Busnois, Chanson
Composer, e E. H. SPARKS, The Motets o/ Antoine Busnois, entrambi in «Jour­
nal of the American Musicological Society», VI, 1953, pp. 1 1 1-135 e 2 16-226.
Molti chansonniers sono l'oggetto di studi particolari e minuziosi; ed alcuni
sono ripubblicati in trascrizione moderna. Per esempio: Trois chansonniers
/rançais du xv' siècle, a cura di E. Droz - Y. Rokseth - G . Thibault, Paris
1 927; Der Kopenhagener Chansonnier, a cura di K. Jeppesen, Copenhagen­
Leipzig 192 7 . Edizioni recenti con erudite prefazioni e istruttivi commenti
di chansonniers manoscritti: Vaticano, Cappella Giulia XIII.27, a cura di A.
Atlas, lnstitute of Mediaeval Music, Brooklin 1975; Montecassino 871, a
cura di I. Pope e M. Kanasawa, Claredon Press, Oxford 1978; Mellon di
Yale, a cura di L. Perkins e H . Garey, Yale University Press, New Haven ­
London 1979; El Escorial IV.a.24, a cura di M. K. Hanen, lnstitute of
Mediaeval Music, Ottawa 1 983 ; Firenze B . R.229, a cura di H. M. Brown,
University of Chicago Press, Chicago-London 1983 . Si vedano inoltre le ana­
loghe trascrizioni delle raccolte a stampa di Ottaviano Petrucci, e d'altri codici,
citate al n. 10.
I trattati di Tinctoris sono riediti a cura di A. Seay, CSM 22.

8 • Su la terza generazione, per esempio, le analisi di E. H. SPARKS, Cantus


firmus in Mass and Motet 1450-1520, Berkeley and Los Angeles 1963, e le
indagini sulla poetica di B. MEIER, The "Musica Reservata " of Adrianus Petit
Coclico and its relationship to Josquin, «Musica Disciplina», X, 1 956.

9 • Opere complete di Josquin, a cura di A. Smijers, M. Antonowicz e W.


Elders, Amsterdam 1 92 1-69. Molte le edizioni di opere spicciolate, anche
in collane, come quelle citate al n. 10. Il maggior studio complessivo: H.
OsTHOFF, Josquin Desprez, 2 voli., Schneider, Tutzing 1962 e 1965 . Ampie
informazioni ulteriori in Proceedings o/ the International Josquin Festival­
Conference New York 1 9 72, a cura di E. Lowinsky, Oxford University Press,
London 1 976.

10 • Opere complete di A. Agricola, a cura di E. R. Lerner, CMM 22. Opere


complete di Obrecht, a cura di J. Wolf, Amsterdam-Leipzig 19 12-2 1 , ristampa
1968; altra edizione a cura di M. van Clevel, Amsterdam dal 1959. Studio
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE 177

di base: O. GoMBOSI, Jacob Obrecht, eine stilkritische Studie, Breitkopf &


Hartel, Leipzig 1925.
Opere complete di Compère, a cura di L. Finscher, CMM 1 5 . L. FINSCHER,
Loyset Compère, American Institute of Musicology, Roma 1 962.
Il primo libro del Choralis Constantinus di Isaac, trascritto a cura di E. Bezecny
e W. Rabl, è in Denkmà"ler der Tonkunst in Oesterreich, anno V vol. 10, Wien
1898; il secondo, a cura di A. von Webern, ibid. , a. XVI vol. 32, Wien und
Leipzig 1909; il terzo, a cura di L. Cuyler, Rochester 1948. Opere profane,
a cura di J. Wolf, in Denkmàler cit. , a. XIV vol. 28, Wien 1 907, e supple­
mento a. XVI vol. 32. Nuova edizione completa, a cura di E. R. Lerner,
CMM 65 . Cfr. F. A. D'AccaNE, H. Isaac in Florence, « The Musical Quar­
terly », XLIX, 1 963.
Opere complete di La Rue, a cura di Keahey-Davison-Kreider, CMM 97;
di Prioris, a cura di H. Keahey e C. Douglas, CMM 90; di Ghiselin, a cura
di C. Gottwald, CMM 23; di Mouton, a cura di A. Minor, CMM 43; di
Brumel, a cura di B. Huston, CMM 5 . Opere complete o larghe selezioni
d'altri maestri in CMM, o in Das Chorwerk e MOTET 1-18; e nella collana
Van Ockeghem tot Sweelinck, a cura di A. Smijers, 6 voli. , Amsterdam
1939-52. Arte sacra d'ambiente milanese nella serie Archivum Musices Metro­
politanum Mediolanense, a cura della Veneranda Fabbrica del Duomo, Milano
dal 1958.
Buona parte del repertorio musicale nelle trascrizioni delle due stampe di
Ottaviano Petrucci, a cura di H . Hewitt, Harmonice Musices Odhecaton A,
Harvard University Press, Cambridge, Ma. 1942, e Canti B numero cinquanta,
University of Chicago Press, Chicago and London 1 967 (MRM II).
Musica nelle corti: M . PICKER, The Chanson Albums ofMarguerite ofAustria,
Berkeley and Los Angeles 1 965; A. PrRRO , Leo X and Music, « The Musical
Quarterly », XXI, 1935; The Medici Codex of 1518, 3 voli. , a cura di E. Lowin­
sky, University of Chicago Press, Chicago and London 1968 (MRM III-V);
L. C uYLER, The Emperor Maximilian I and Music, Oxford University Press,
London 1973.
Musica nelle città italiane. Per Napoli: A. ATLAS, Music at the Aragonese Court
of Naples, Cambridge University Press, Cambridge 1 985; per Milano: E.
MoTTA , Musici alla corte degli Sforza, « Archivio Storico Lombardo », s.II,
IV, 1887, e studi di Cesari, Fano, Sartori, Barbian, Mompellio; per Ferrara:
da L. F. VALDRIGHI, Cappelle concerti e musiche in casa d'Este, in Atti e memorie
della deputazione di storia patria per le provincie modenesi e parmensi, Modena
1884, a L. LocKwoon, Music in Renaissance Ferrara 1400-1505, Claredon
Press, Oxford 1984, trad. it. , Il Mulino, Bologna 1987; per Modena: G. RoN­
CAGLIA, La cappella musicale del Duomo di Modena, Olschki, Firenze 1957,
e altri studi; per Mantova, da P. C ANAL, Della musica in Mantova, « Memo­
rie del R. Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti », XXI, 1881 a Davari,
Bertolotti, D'Ancona, a Gallico, Tagman, Prizer; per Treviso: G. D'ALESSI,
La cappella musicale del Duomo di Treviso, Ars et Religio, Vedelago 1 954,
e altri contributi; per Udine: G. VALE, La cappella musicale del Duomo di
Udine, « Note d'Archivio », 1 930, pp. 87-20 1 ; per Urbino: B . LIGI, La cap­
pella musicale del Duomo di Urbino, ivi, 1925; per Parma: da N. PELICELLI,
1 78 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Musicisti in Parma, ivi, 1 93 1 -36, a G . Massera, a C. GALLICO, Le capitali della


musica: Parma, Silvana ed. , Cinisello B . 1985; per Torino: da G. RoBERTI,
La cappella regia di Torino, Roux e Favale, Torino 1880, a M. Th. Bouquet;
e via via. Opere complete di Gaffurio, a cura di L. Finscher, CMM 10.

11 • Oltre a notevoli edizioni antologiche di trascrizioni moderne, anche


annesse ai migliori studi, sono da citare: Le Frottole nell'edizione principe di
O. Petrncci, nella trascrizione di G. Cesari, Atheneum, Cremona 1 954 (solo
i tre primi libri), con prefazione di B. Disertori; il primo ed il quarto libro
del Petrucci in Publikationen à'lterer Musik, VIII, a cura di R. Schwartz, Breit­
kopf & Hartel, Leipzig 1935; gli arrangiamenti del Bossinensis in Le Frot­
tole per canto e liuto intabulate da F. Bossinensis, a cura di B. Disertori, Ricordi,
Milano 1964; il secondo libro di frottole di Andrea Antico, a cura di F. Luisi,
Pro musica studium, Roma 1976; il terzo, a cura di A. Einstein, in Smith
College Music Archives, IV, Northampton, Mass. 194 1 . Fra i manoscritti,
Venezia, B. Marciana, ms. 10653-56 in Apografo miscellaneo marciano, a cura
di F. Luisi, Fondazione Levi, Venezia 1 979; Milano, Biblioteca Trivulziana
55 ha avuto due trascrizioni complete: R. GrAZOTTO, Onde Musicali nella
corrente poetica di Serafino dell'Aquila, in Musurgia nova, Milano 1 959; e,
in edizione critica, K. }EPPESEN, La Frottola, III, Hansen, Copenhagen 1970.
Studio di partenza, per bibliografie, inventari e concordanze: K. }EPPESEN,
La Frottola, 3 voli., Hansen, Copenhagen 1968-70. Inoltre: W. RuBSAMEN,
Literary Sources of Secular Music in Italy (ca. 1500), University of California
Press, Berkeley 1943; le pagine sulla frottola in A. EINSTEIN, The Italian Madri­
gal, I, Princeton University Press, Princeton 1949, ristampa 197 1 ; C . GAL­
LICO, Un libro di poesie per musica dell'epoca di Isabella d'Este, Bollettino Sto­
rico Mantovano, Mantova 1 96 1 , e la voce Frottola, in DEUMM; Chanson
and Madrigal 1480- 1530, Harvard University Press, Cambridge, Ma. 1964;
F. Lvrsr, La musica vocale nel Rinascimento, ERI, Torino 1977; W. PRIZER,
Courtly Pastimes. The Frottole of Marchetto Cara, UMI Research Press, Ann
Arbour, Mi. , 1980; G. CATTIN, Il Quattrocento, in Letteratura italiana, vol.
VI: Teatro, musica, tradizione dei classici, Einaudi, Torino 1986, pp. 265-3 18;
G. LA FACE BIANCONI, Gli strambotti del codice estense a.F. 9. 9. , Firenze 1990.
Per altri aspetti di quella fase storica italiana: F. ToRREFRANCA, Il segreto del
Quattrocento, Hoepli, Milano 1939; F. Gmsr, I canti carnascialeschi nelle fonti
musicali del xv e XVI secolo, Olschki, Firenze 1937. Edizioni di B. Pisano,
A. Coppini e B. degli Organi e altri, a cura di F. D'Accane, CMM 32; del
D'Accane gli studi sul Pisano, «Musica Disciplina», XVII, 1963, pp. 1 15-135,
e sul Coppini e degli Organi, « Analecta Musicologica>>, IV, 1967, pp. 38-76.
K. }EPPESEN, Die mehrstimmige italienische Laude um 1500, Leipzig 1935.

12 • Per un'informazione generale: W. GAMBLE, Music Engraving and Print­


ing, Historical and Technical Treatise, London 192 3 . Particolarmente: C . SAR­
TORI, Bibliografia delle opere musicali stampate da Ottaviano Petrncci, Olschki,
Firenze 1948, e l'integrazione Nuove conclusive aggiunte alla "Bibliografia
del Petrncci ", «Collectanea Historiae Musicae », I, 1953, pp. 1 75-2 10; D .
B IBLIOGRAFIA ESSENZIALE 179

HEARTZ, Pierre Attaingnant, Royal Printer ofMusic, Harvard University Press,


Berkeley and Los Angeles 1969; C. GALLICO, Dal laboratorio di O. Petrucci:
immagine, trasmissione e cultura della musica, « Rivista italiana di Musicolo­
gia)), XVII, 1982, pp. 1 87-206.

13 •L'organizzazione più chiara ed esauriente dei filoni nazionali in G.


REESE, Music in the Renaissance, Dent, London, seconda edizione 1959, trad.
it. Sansoni, Firenze 1990. Ricco di validi contributi molteplici il volume Musi­
que et poésie au xv.t' siècle, Colloques du C . N.R.S. 1953, Paris 1954. Negli
ultimi anni gli studi sulle singole nazionalità musicali d'Europa hanno ripreso
slancio: da segnalare quei paesi nei quali la musicologia sta avendo una fiori­
tura rinnovata, con brillanti esiti editoriali; e fra questi Spagna, Polonia, Gran
Bretagna, Danimarca.

14 • Opere complete di Gombert, a cura di ]. Schmidt-Gorg, CMM 6. Stu­


dio: ]. ScHMIDT-Gi:iRG, Nicolas Gombert, Kapellmeister Karls V, Bonn 1938,
ristampa Schneider, Tutzing 197 1 .
Opere complete di Willaert, a cura di H . Zenck, W . Gerstenberg, H . e B.
Meier, CMM 3 . Studi: E. HERTZMANN, A. Willaert in der weltlichen Musik
seiner Zeit, Breitkopf & Hartel, Leipzig 1 93 1 ; A. CARAPETYAN, The "Musica
Nova " of A. Willaert, «]ournal of Renaissance and Baroque Music )), I, 1946;
H. ZENCK, A. Willaert's "Salmi spezzati ", « Die Musikforschung >>, II, 1949,
pp. 97-107. Opere complete di Clemens non Papa, a cura di K. Ph. Bernet
Kempers, CMM 4. Studio: K. PH. BERNET KEMPERS, ]. Clemens non Papa
und seine Motetten, B . Filser, Augsburg 1928. Opere complete di Jachet da
Mantova, a cura di Ph. Jackson e G. Nugent, CMM 54.
Su aspetti particolari: T. KROYER, Von der Musica Reservata des 1 6. ]ahrhun­
derts, in Festschrift H. WO'lfflin, 1935; E. LowiNSKY, Secret Chromatic Art
in the Netherlands Motet, Columbia University Press, New York 1946,
ristampa 196 7; N. PIRROTTA, Considerazioni sui primi esempi di Missa paro­
dia, e F. GHISI , L 'Ordinarium Missae nel xv secolo e i primordi della Parodia,
in Atti del Congresso internazionale di Musica Sacra Roma 1950, Tip. Descleé,
Tournai 1952; L. LOCKWOOD, "Parody " as a Term and Concept in 1 6th-Century
Music, in Aspects of Medieval and Renaissance Music, New York 1 966.

15 • Tutte le opere di Sermisy, a cura di G. Allaire e I. Cazeaux, CMM 52.


Tutte le chansons di Jannequin a cura di F. Lesure e A. Tillman Merritt, Miin­
chen 1965-66. Altre composizioni sparse in raccolte, antologie, e studi.
Studi rilevanti: F. LESURE, Autour de C. Marot et de ses musiciens, « Revue
de Musicologie)), XXXIII, 195 1 , pp. 109- 1 1 9 , e Poets and Musicians of the
French Renaissance, New York 1955 ; H . M. BROWN, The Genesis o/a Style:
The Parisian Chanson, 1 500-1530, e D. HEARTZ, "Les Goiìts Réunis " or the
World of the Madrigal and the Chanson confronted, in Chanson and Madrigal
1480-1530, Harvard University Press, Cambridge, Ma. 1964.

16 • Testo fondamentale rimane A. EINSTEIN, The Italian Madrigal, 3 voli . ,


Princeton University Press, Princeton 1949, ristampa 197 1 . L a prima fase
180 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

del madrigale è studiata nei seguenti contributi: G . CESARI, Le origini del


madrigale musicale cinquecentesco, «Rivista Musicale Italiana », XIX, 1 9 12 ,
pp. 1-34, 380-428; C . GALLICO, Un canzoniere musicale italiano del Cinque­
cento, Olschki, Firenze 196 1 ; contributi del volume miscellaneo Chanson and
Madriga/ 1480-1530, a cura di J. Haar, Harvard University Press, Cambridge,
Ma. 1 964; D. HARRAN, Verse Types in the Early Madrigal, <<Journal of the
American Musicological Society », XXII, 1969, pp. 27-53; I. FENLON - ].
HAAR, The italian madrigal in the early sixteenth-century. Sources and interpre­
tation, Cambridge University Press, Cambridge 1988; Le origini del madri­
gale, a cura di L. Zoppelli, Quaderni asolani, Asolo 1 990.
Per la fase seconda: E. KIWI, Studien zur Geschichte des italienischen Liedma­
drigals im 1 6. ]ahrhundert, Wiirzburg 1937; T. KROYER, Die Anfiinge der Chro­
matik im italienischen Madrigal des 1 6. ]ahrhunderts (1535-1 560), Breitkopf
& Hiirtel, Leipzig 1902; J. HAAR , The "Note nere " Madrigal, «Journal of the
American Musicological Society », XVIII, 1 965, pp. 22-4 1 . Antologia di
madrigali a note nere, a cura di D. Harr:in, CMM 73. Inoltre ]. HAAR, The
«Madrigale arioso;;: A Mid-Century Development in the Cinquecento Madrigal,
« S tudi Musicali », XII, 1983, pp. 203-2 19. E gli studi di W . Rubsamen su
S . Festa; di A. Cametti su C . Festa (opere complete di C . Festa, a cura di
A. Main e A. Seay, CMM 25); di A. M. Bragard su Verdelot (opere com­
plete di Verdelot, a cura di A. M. Bragard, CMM 28; e inoltre MADRI­
GAL 28-30); di W. Klefisch su Arcadelt (opere complete di Arcadelt, a cura
di A. Seay, CMM 3 1); di P. Wagner su Palestrina madrigalista (si veda il
n. 26); su Willaert, vedi il n. 14; di J. Musiol su Rore (opere complete di
Rore, a cura di B . Meier, CMM 14); su G. Parabosco di F. Bussi; su G.
Nasco di G. Turrini; su V. Ruffo di L. Torri; e cosl via su Lasso (si veda
il n. 27) e su Monte (si veda il n. 29); di F. Mompellio su P. Vinci; eccetera.
Una interpretazione riassuntiva in L. BIANCONI, Il Cinquecento e il Seicento,
in Letteratura italiana, vol. VI: Teatro, musica, tradizione dei classici, Einaudi,
Torino 1986, pp. 3 19-363 .
Per la melica minore: B . M. GALANTI, Le villanelle alla napolitana, Olschki,
Firenze 1 954; D. G. CARDAMONE, Forme musicali e metriche della canzone
villanesca e della villane/la alla napolitana, « Rivista Italiana di Musicologia>>,
XII, 1977, pp. 25-72; Io., The Canzone Villanesca alla Napolitana and Rela­
ted Forms 1 53 7-15 70, 2 voli . , UMI Research Press, Ann Arbor, Mi. 1 98 1 .
Edizione moderna dei balletti a tre voci di Gastoldi, a cura di W . Hermann,
Berlin 1 927; dei balletti a cinque, a cura di M. Sanvoisin, Paris 1968. Per
l'altro versante della sua produzione, Z. H. NAGAN, G. G. Gastoldi 's Liturgi­
ca! Composition, dissertazione, Università di Tel-Aviv 1976.

1 7 • Studi di partenza, dopo Kretzschmar e Miiller, H. OsTHOFF, Die Nie­


derliinder und das deutsche Lied (1400-1 600), Junker und Diinnhaupt, Berlin
1938; E. BucKEN, Das deutsche Lied, Hamburg 1939. E inoltre B. NAGEL,
Der deutsche Meistergesang, Heidelberg 1952; E. ScHUMANN, Stilwandel und
Gestaltveriinderung im Meistergesang, Géittinger Musikwissenschaftliche Arbei­
ten, Géittingen 1 972. Sull'esperienza di linea umanistica: G. VECCHI, Dalle
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE 181

"Melopoiae sive harmoniae tetracenticae " di Tritonio (1507) alle "Geminae unde­
viginti duarum odarum Horatii melodiae " (1552), «Memorie dell'Accademia
di Scienze di Bologna, Classe di Scienze Morali », VIII, s. V, 1 960.

18 • La imponente collana editoriale Monumentos de la Musica Espaiiola,


diretta da H. Anglès, C . S . I . C . , Barcelona dal 194 1 , comprende trascrizioni
dei canzonieri, con prefazioni notevoli . Il Cancionero de Upsala, a cura di
R. Mitjana-J. Bai y Gay-l. Pope, Mexico 1924.
Fra gli studi più notevoli e comprensivi: H. ANGLES, La musica en la Corte
de las Reyes Cat6licos, 2 voll . , Madrid y Barcelona, 1941 e 1947; R. STEVEN­
SON, Spanish Music in the Age of Columbus, The Hague 1 960; I. PoPE, Musi­
cal and Metrica! Form of the Villancico, «Annales Musicologiques », Il, 1 954,
pp. 189-2 14. Su una singola personalità di maestro: G . CHASE, Juan del
Encina, Poet and Musician, « Music and Letters », XX, 1939, pp. 420-430.
Nuovi studi e ricerche a largo raggio sono in corso ai giorni nostri.

19 • Le collane editoriali Musica Britannica, Tudor Church Music, Early English


Church Music, contengono trascrizioni numerose del repertorio sacro e di
quello curtense.
Disamine generali: D. STEVENS, Tudor Church Music, London 196 1 ; ]. STE­
VENS, Music and Poetry in the Early Tudor Court, London 196 1 . Saggi di ricer­
che monografiche: A. HuGHES, An Introduction to Fayrfax, « Musica Disci­
plina », VI, 1952, pp. 83-104, e E. B. WARREN, The Life and Works o/Robert
Fayrfax, «Musica Disciplina», XI, 195 7 . Opere complete di Fayrfax, a cura
di E. B. Warren, CMM 1 7 . P. DoE , Tallis, Oxford University Press, Lon­
don 1968.

20-2 1 • Agli essenziali strumenti bibliografici citati nelle fonti di consulta­


zione generale s'unisca W. BoETTICHER, Bibliographie des sources de la musi­
que pour luth, CNRS, Paris 1957.
Oltre alle monografie su singoli musicisti specializzati in vari campi strumen­
tali, si veda: L. ToRCHI, La musica strumentale in Italia nei secoli xvr xvn
e XVIII, «Rivista Musicale Italiana », I, 1897, pp. 5 8 1 -630; A. GHISLANZONI,
Storia della Fuga, Bocca, Milano 1952; La musique instrumentale de la Renais­
sance, a cura di J. Jacquot, CNRS, Paris 195 3 . Sulle singole discipline stru­
mentali: per il liuto, O. KoRTE , Laute und Lautenmusik bis zur Mitte des 1 6.
Jahrhunderts, Breitkopf & Hartel, Leipzig 190 1 ; Le luth et sa musique, a cura
di J. Jacquot, CNRS, Paris 1958; e i numerosi contributi di Oscar Chile­
sotti. Per l'organo o le tastiere in genere: O. KINKELDEY, Orge! und Klavier
in der Musik des 1 6. Jahrhunderts, Breitkopf & Hartel, Leipzig 1910; G. PAN­
NAIN, Le origini e lo sviluppo dell'arte pianistica in Italia da/ 1500 a/ 1 730, Napoli
1 9 1 7 ; K. ]EPPESEN, Die italienische Orgelmusik am An/ang des Cinquecento,
Hansen, Copenhagen 1 943, seconda edizione riveduta 1 960; W. APEL,
Geschichte der Orge! und Klaviermusik bis 1 700, Barenreiter, Kassel-Basel
1967, trad. ingl. 1972, trad. it. Storia della musica per organo, Sansoni, Firenze
1984. Per la musica d'insieme: D. KAMPER, Studien zur instrumentalen Ensem·
182 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

blemusik des 1 6. Jahrhunderts in Italien, Bohlau, Koln 1970, trad. it. La musica
strumentale nel Rinascimento, ERI, Torino 1976. Per la musica di danza: F.
BLUME, Studien zur Vorgeschichte der Orchestersuite im 15. und 1 6. Jahrhun­
dert, Kistner & Siegel, Leipzig 1 925; D. HEARTZ, The Basse dance. Its evolu­
tion circa 1450 to 1550, «Annales Musicologiques», VI, 1958-63, pp. 287-340;
F. CRANE, Materialsfor the Study of the Fifteenth-Century Basse Dance, Brooklin
1968.

22-23 • Per la musica luterana, collezione di fonti: K. AMELN - CHR. MAH­


RENHOLZ - W. THOMAS, Handbuch der deutschen evangelischen Kirchenmusik,
Gottingen dal 1932 . Studi di base: F. BLUME, Die evangelische Kirchen­
musik, Athenaion, Potsdam 1 93 1 , seconda edizione riveduta, Barenreiter,
Kassel 1965; PAUL NETTL, Luther and Music, Philadelphia 1948.
Per la musica calvinista, fonti in P. Pmoux, Le Psautier huguenot du 1 6• siè­
cle, 2 voll. , Barenreiter, Kassel-Basel 1962. Studi: T. GEROLD, Les plus ancien­
nes mélodies de l'Eglise Protestante de Strasbourg, Paris 1928; H. P. CLAIVE,
The Calvinist Attitude to Music, and its Literary Aspects and Sources, « Biblio­
thèque d'humanisme et renaissance », XIX, 1957, e XX, 1958.

24 • R. MouTOR, Die Nach-Tridentinische Choralreform zu Rom, 2 voll., Breit­


kopf & Hartel, Leipzig 1901-02; K. WEINMANN, Das Konzil von Trient und
die Kirchenmusik, Breitkopf & Hartel, Leipzig 1 9 19; K. G. FELLERER, Church
Music and the Council of Trent, << The Musical Quarterly », XXXIX, 1953,
pp. 5 76-594; L. LocKwoon, The Counter-Reformation and the Masses o/ Vin­
cenzo Ruffo, Universal, Venezia 1967.

25 • Dalla bibliografia spesso locale dedicata a questo vasto panorama, da


confrontare anche con quella del n. 10, si rilevino a modo d'esempio tre titoli:
A. SoLERTI, Ferrara e la corte estense nella seconda metà del secolo decimose­
sto, S . LAPI, Città di Castello 1 89 1 : F. GHISI, Le feste musicali nella Firenze
Medicea (1486- 1589), Firenze 1 939; G. TuRRINI, L 'Accademia Filarmonica
di Verona dalla fondazione (maggio 1543) a/ 1 600, La Tipografica Veronese,
Verona 194 1 .
L'operosità della scuola siciliana viene rivelandosi grazie alla collana Musi­
che Rinascimentali Siciliane, diretta da P. E. Carapezza, Olschki, Roma­
Firenze dal 1970.

26 • Per i primi decenni del secolo la collana Monumenta Polyphoniae Itali­


cae, Pontif. Institutum Musicae Sacrae, Roma dal 1930, e Italia Sacra Musica,
a cura di K. Jeppesen, 3 voll . , Copenhagen 1962, offrono pertinenti esempi
musicali. Opere complete di Palestrina: a cura di F. Espagne, F. X. Haberl
ed altri, 33 voll . , Breitkopf & Hiirtel, Leipzig 1862-1907; a cura di R. Casi­
miri, L. Virgili, K. Jeppesen, L. Bianchi, 3 1 voll. in continuazione, 1st . it.
per la storia della musica, Roma dal 1 939.
Una traccia bibliografica non può ignorare l'ormai desueto e fantasioso G.
BAINI, Memorie storico critiche [ ... ] della vita e delle opere di Giovanni da Pale­
strina, Psalterium, Roma 1828. Bibliografia palestriniana essenziale: R. CASI-
B IBLIOGRAFIA ESSENZIALE 183

MIRl, Giovanni Pierluigi da Palestrina. Nuovi documenti, 2 voli., Psalterium,


Roma 19 18-22; K. ]EPPESEN, Der Palestrinastil und die Dissonanz, Breitkopf
& H artel, Leipzig 1 925, traduzione inglese ampliata, Copenhagen-London
1946, ristampa New York-Dover 1 970; K. G. FELLERER, Der Palestrinastil
und seine Bedeutung in der vokalen Kirchenmusik des 1 8. ]ahrhunderts, B . Fil­
ser, Augsburg 1 929, e Palestrina, Tip. F. Pustet, Regensburg 1 930, nuova
edizione Schwann, Diisseldorf 1960; ]. SAMSON , Palestrina, ou la poésie de
l'exactitude, L. B. Henn, Genève 1940; E. PACCAGNELLA, Palestrina, Olschki,
Firenze 1957; Atti del Convegno di Studi palestriniani (1 975), Fondazione Pale­
strina, Palestrina 1977.

27 • Fondamentali, ed ancora oggi di qualche utilità i due studi di C. WIN­


TERFELD, Johannes Gabrieli und sein Zeitalter, 3 voli., Schlesinger, Berlin 1834,
ristampa 1965, e di F. C AFFI, Storia della Musica Sacra nella già cappella ducale
d S. Marco in Venezia, 2 voli., Bollettino Bibliografico Musicale, Venezia 1855,
ristampa 1 93 1 , n. ed. a cura di E. Surian, Olschki, Firenze 1987. Per Wil­
laert si veda il n. 14.
Opere complete di N. Vicentino, a cura di H . W. Kaufmann, CMM 26. E
O. CHILESOTTI, Di Nicola Vicentino e dei generi greci secondo V. Galilei, « Rivi­
sta Musicale Italiana», XIX, 1912, pp. 546-565; H . W. KAUFMANN, The
Life and Works of Nicola Vicentino, American Institute of Musicology, Roma
1966. F. C AFFI, Della vita e delle opere del prete Gioseffo Zarlino maestro cele­
berrimo della Cappella ducale di Venezia, Venezia 1836; H . ZENCK, Zarlinos
Istitutioni Harmoniche als Quelle zur Musikanschauung der italienischen Renais­
sance, « Zeitschrift fiir Musikwissenschaft », XII, 1929-30, pp. 540-5 78; R.
FLURY, Gioseffo Zarlino als Komponist, P. G. Keller, Winterthur 1962.
Ristampa anastatica dei trattati maggiori, ed. Gregg, Ridgewood N.J. - Farn­
borough 1966. Per Rare si veda il n. 16.
Opere religiose di Merulo, a cura di J. Bastian, CMM 5 1 . Studio di base:
L. H. DEBES, Die musikalische Werken von C. Merulo, Wiirzburg 1 964.
Molte le edizioni parziali di opere di A. Gabrieli; e segnatamente: Andrea
e Giovanni Gabrieli e la musica strumentale in S. Marco, I, Musiche strumen­
tali e "per sonar e cantar " sino a/ 1590, a cura di G. Benvenuti, Ricordi, Milano
1 93 1 ; Orgelwerke, a cura di P. Pidoux, Barenreiter, Kassel 1941-53. Nuova
edizione critica in corso di stampa presso Ricordi, Milano. Analisi tecnica
e storica: D. ARNOLD , A. Gabrieli und die Entwicklung der "cori spezzati "­
Technik, « Die Musikforschung », XII, 1 959, pp. 258-274; A. Gabrieli e il
suo tempo, Atti del Convegno ( 1985), Olschki, Firenze 1 987 .
Opere complete di Giovanni Gabrieli, a cura di D. Arnold, CMM 12. E
inoltre la scelta in A. e G. Gabrieli e la musica strumentale in S. Marco, I,
cit. e II, Canzoni e sonate a più strumenti di G. Gabrieli cit. , Ricordi, Milano
1 932. Studi: E. KENTON, The Late Style of G. Gabrieli, « The Musical Quar­
terly », XXXXVIII, 1962, pp. 427-443, trad. it. in Musiche italiane rare e
vive, a cura di A. Damerini e G. Roncaglia, Accademia Musicale Chigiana,
Siena 1962; S. KUNZE, Die Instrumentalmusik G. Gabrieli's, 2 voli . , Schnei­
der, Tutzing 1963; E. KENTON, Life and Works of Giovanni Gabrieli, Ame­
rican Institute of Musicology, Roma 1967; W. MuLLER-BLATTAU, Tonsatz
184 B I BL I O G R A FIA E S S E N Z I A L E

und Klanggestaltung bei G. Gabrieli, Barenreiter, Kassel 1 976; D . ARNOLD,


G. Gabrieli and the Music of the Venetian High Renaissance, Oxford Univer­
sity Press, London 1 980.

28 • Un'edizione moderna delle opere di Lasso, a cura di F. X . Haberl e A.


Sandberger, 21 voli., Breitkopf & Hartel, Leipzig 1 894- 1927, è restata incom­
pleta; continuata da W. Boetticher, Barenreiter, Kassel dal 1 956.
Per biografia ed epistolario vedi H . LEUCHTMANN, Orlando di Lasso, Breit­
kopf & H artel, Wiesbaden 1977, I Sein Leben II Briefe. Studio di base è
W. BoETTICHER, Orlando di Lasso und seine Zeit, Barenreiter, Kassel 1958.
Limpido e notevole CH . VAN DEN BoRREN, Roland de Lassus, Bruxelles 1 943,
traduzione italiana, Bocca, Milano 1 944.

29 • Opere complete di Monte, a cura di J. van Nuffel, G . van Doorslaer


e Ch. van den Borren, 3 1 voli . , Desclée de Brouwer, Briigge 1927-39; altra
edizione, a cura di R. Lenaerts, in corso dal 1975. Studio di base: G. VAN
DooRSLAER, La vie et !es reuvres de Ph. de Monte, Bruxelles 192 1 . Sull'arte
madrigalesca, A. EINSTEIN, F. di Monte als Madrigalkomponist, in Sammel­
btinde der Internationalen Gesellschaft fiir Musikwissenschaft, Liège 1 930; B.
MANN, The Secular Madrigals of Filippo di Monte 1 521-1 603, UMI Research
Press, Ann Arbour, Mi. 1 983 .
U. PROTA GmRLEO, Notizie sul musicista belga Jean Macque, in Sammelbiinde
der Internationalen Gesellschaft /iir Musikwissenscha/t, Liège 19 30; G. PAN­
NAIN, L 'Oratorio dei Filippini e la scuola musicale di Napoli, t. I, p. I, prefa­
zione, Ricordi, Milano 1 934.

30 • Opere complete di Victoria, a cura di F. Pedrell, 8 voll . , Breitkopf &


Hartel, Leipzig 1 902-13, ristampa 1 965; di Morales, C . S . I . C . , Barcelona dal
1952; di Guerrero, Barcelona dal 1955. Lo studio principale resta: F. PEDRELL,
Tomds Luis de Victoria, Valencia 1 9 18; e si veda R. C ASIMIRI, Il Vittoria:
nuovi documenti per una biografia, Psalterium, Roma 1934.
Su le scuole iberiche, R. STEVENSON, Spanish Cathedral Music in Golden Age,
Berkeley and Los Angeles 196 1 . E per esempio ]. LOPEZ C ALO, La musica
en la catedral de Granada en el siglo XVI, 2 voll. , Granada 1 963.

3 1 • La prima edizione moderna delle opere complete di W. Byrd, a cura


di E. H. Fellowes, 20 voli., London 1937-50, è in corso di ripubblicazione
emendata o rifatta da T. Dart, Ph. Brett, e altri. La musica per tastiera occupa
i volumi 27 e 28, a cura di A. Brown, della collana Musica Britannica. Dello
stesso Fellowes lo studio W. Byrd, Milford, London 1936, seconda edizione
1948. H. K. ANDREWS, The Technique of Byrd's Voca! Polyphony, London
1965, è un'accurata analisi dello stile.
Sui virginalisti, uno studio di partenza è CH. VAN DEN BoRREN, Les origines
de la musique de clavier en Angleterre, E. Groenveldt, Bruxelles 1 9 1 2 .

32 • Studi generali: M. C . BoYD, Elizabethan Music and Musical Criticism,


University of Pennsylvania Press, Philadelphia 1940, seconda edizione 1962;
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE 185

B. PATTISON, Music and Poetry of the English Renaissance, Methuen, London


1948.
Sul madrigale: J. KERMAN, The Elizabethan Madrigal, American Musicologi­
cal Society, New York 1 962. Su la disseminazione dell'arte profana italiana:
A. 0BERTELLO, Madrigali italiani in Inghilte"a, Bompiani, Milano 1949.

33 • Si raccomanda ancora il grande studio d'assieme di A. EINSTEIN, The


Italian Madrigal, 3 voli., Princeton University Press, Princeton 1949, ristampa
197 1 . Si veda inoltre Il madrigale tra Cinque e Seicento, a cura di P. Fabbri,
Il Mulino, Bologna 1988, che fornisce un'ampia, aggiornata bibliografia. Sulle
miscellanee madrigalesche F. PIPERNO, Gli "Eccellentissimi musici della città
di Bologna ", Olschki, Firenze 1985; M. GIULIANI, I Lieti Amanti. Madrigali
di venti musicisti fe"aresi e non, Firenze 1990.

34 • La più completa monografia su Marenzio è in italiano: H. ENGEL, Luca


Marenzio, Olschki, Firenze 1956. E cfr. ]. C HATER, Fonti poetiche per i madri­
gali di Luca Marenzio, « Rivista Italiana di Musicologia», XIII, 1 978, pp.
60- 103; Id., Luca Marenzio and the Italian Madrigal 1577-1593, UMI Research
Press, Ann Arbor Mi. 198 1 . Solo ora è avviata un'edizione moderna com­
pleta delle opere a cura di B. Meier e R. Jackson, CMM 72; dopo il tenta­
tivo interrotto di A. Einstein, e le parziali edizioni di L. Virgili, di F. Mom­
pellio, di H. Engel.

35 • Opere complete di Wert, a cura di C. MacClintock e M. Bernstein,


CMM 24. Studio: C. MAcC LINTOCK, Giaches de Wert. Li/e and Works, Ame­
rican lnstitute of Musicology, Roma 1966. Opere complete di Pallavicino,
a cura di P. Flanders e K. Bosi Monteath, CMM 89.
L . LuzzASCHI, Madrigali per cantare e sonare, a cura di A. Cavicchi, L'Organo­
Barenreiter, Brescia-Kassel 1965 . Sull'apogeo del madrigale a Ferrara A. NEw­
COMB, The Madrigal at Fe"ara 1579- 1597, 2 voli., Princeton University Press,
Princeton N.]. 1 980. Opere di Guglielmo Gonzaga, MADRIGAL 14 e
MOTET 28.
C . GALLICO, Guglielmo Gonzaga signore della musica, in Atti del Convegno
"Mantova e i Gonzaga nella civiltà del Rinascimento 1 9 74 ", Accademia
Virgiliana-Mondadori, Mantova 1977; In., Damon pastor gentil. Idilli cortesi
e voci popolari nelle « Villotte mantovane» (1583), Arcari, Mantova 1 980.

36 • Opere complete di Gesualdo, a cura di G. Watkins e W. Weismann,


Ugrino, Hamburg 1 957-66. I madrigali furono anche riediti dall' Istituto Ita­
liano per la Storia della Musica, i due primi libri a cura di F. Vatielli, Roma
1 942, ristampa 1 956; gli altri quattro a cura di A. Bizzelli, Roma 1957-58,
edizione criticamente non attendibile. Studi: G. WATKINS, Gesualdo: The
Man and his Music, Oxford University Press, London 1973 ; N . PIRROTTA,
voce in DEUMM; C . PICCARDI, Carlo Gesualdo: l'aristocrazia come elezione,
« Rivista Italiana di Musicologia», IX, 1 974, pp. 67- 1 16; P. CECCHI, Le scelte
poetiche di Carlo Gesualdo, in La musica a Napoli durante il Seicento, Torre
d' Orfeo, Roma 1987, pp. 47-75 .
186 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

3 7 • D i solito il madrigale drammatico o dialogico è trattato come un capi­


tolo della storia complessiva del madrigale; cosi ad esempio il citato A. Ein­
stein gli dedica pagine importanti col titolo Music in Company, in The Italian
Madrigal cit. , pp. 743-820. O se ne tratta addirittura e impropriamente come
precursore del melodramma. Si consiglia la consultazione della voce Madri­
gale drammatico di F. Mompellio in Enciclopedia dello Spettacolo, VI, Roma
1 959. L'unico studio specifico comprensivo è una dissertazione: W. J. BAL­
LARD, The Sources, Development and Culmination o/ the Dramatic Madrigal,
Ph. D . Diss. , Northwestern Univ. 1957. Edizione critica dell'Amfiparnaso
di O. Vecchi, a cura di C . Adkins, Chapel Hill 1977. Studio: ]. C . HoL ,
Horatio Vecchi 's weltliche Werke, Koerner, Baden Baden 1974. E si veda,
oltre a le istruttive indagini di G. Roncaglia, L. RoNGA , Lettura storica
dell'"Am/iparnaso " di Orazio Vecchi, in Arte e gusto della musica, Ricciardi,
Milano e Napoli 1956. Su Banchieri, F. VATIELLI, Il madrigale drammatico
e Adriano Banchieri, in Arte e vita musicale a Bologna, Zanichelli, Bologna
1927; O. MiscHIATI, Adriano Banchieri (1568-1 634). Profilo biografico e biblio­
grafia delle opere, Pàtron, Bologna 1972. Edizioni d'opere singole a cura di
L. Torchi, di B. Somma, di R. Allerto, di P. Mecarelli.

38 • Sul Vicentino si confronti il n. 2 7 . Sui versi latini musica ti in Italia:

F. LUISI, La musica vocale nel Rinascimento, ERI, Torino 1977, pp. 3 19-438.
Sull'umanesimo musicale i saggi di D . P. WALKER, Musical Humanism in the
1 6th and early 1 7th Centuries, «Music Review », II, 1 94 1 e III, 1 942, e The
Aims of Baifs Académie, «Journal of Renaissance and Baroque Music », I ,
1 946, e altri.
Sull'esperimento di Vicenza: La Représentation d'Edipo Tiranno au Teatro
Olimpico (Vicence 1585), a cura di L. Schrade, C . N . R. S . , Paris 1960, con
l'edizione delle musiche di A. Gabrieli; F. A. GALLO, La prima rappresenta­
zione al Teatro Olimpico, Il Polifilo, Milano 1973.
Notevoli ricerche sulla Camerata fiorentina: F. FANO, La Camerata Fioren­
tina. Vincenzo Galilei, Ricordi, Milano 1934; N. PIRROTTA, Temperamenti
e tendenze nella Camerata fiorentina, in Scelte poetiche di musicisti, Marsilio,
Venezia 1 987, pp. 173- 195, trad. ingl. , «The Musical Quarterly », XL, 1954,
pp. 169- 189; C . PALISCA, Girolamo Mei: Mentor in the Fiorentine Camerata,
« The Musical Quarterly », XL, 1 954, pp. 1 -20; Id., The Fiorentine Came­
rata, Yale University Press, New Haven-London, 1 989.
Si consultino anche i titoli relativi ai § § 39-43 .

39 •
Oltre alla bibliografia relativa ai capitoli qui adiacenti, si veda: L. VIA­
DANA, Cento concerti ecclesiastici, I, a cura di C. Gallico, Istituto Carlo D'Arco­
Biirenreiter, Mantova-Kassel 1964, introduzione e prefazione; L. LuzzASCHI,
Madrigali per cantare e sonare, a cura di A. Cavicchi, L'Organo-Barenreiter,
Brescia-Kassel 1965, prefazione; F. GHISI, Alle fonti della Monodia, Bocca,
Milano 1 940. Su monodia e pseudomonodia vedasi il capitolo relativo in A.
EINSTEIN, The Italian Madrigal, Princeton U niversity Press, Princeton 1949,
ristampa 197 1 .
B I B L I O G R A FI A E S S E N Z I A L E 187

Sul continuo: O. KINKELDEY, Orge! und Klavier in der Musik des 1 6. Jahrhun­
derts, Breitkopf & Hartel, Leipzig 1910; M. ScHNEIDER, Die An/tinge des Bas­
socontinuos und seiner Bezifferung, Breitkopf & Hartel, Leipzig 1 9 1 8 ; F. T.
ARNOLD, The Art of Accompaniment /rom a Thorough Bass, Holland Press,
London 193 1 , ristampa 1961 .

40 - 43 • Considerata la contiguità degli argomenti, si dà qui un'indicazione


bibliografica di base comune a più capitoli. Oltre ai titoli già suggeriti per
i § § 38-42, si vedano i fondamentali lavori di A. SoLERTI, Le origini del melo­
dramma, Bocca, Torino 1903, Gli albori del melodramma, 3 voli., Bocca,
Milano 1 905, e Musica ballo e drammatica alla corte Medicea dal 1 600 a/ 1 63 7,
Bemporad, Firenze 1905. Inoltre F. GHISI, Le feste musicali nella Firenze Medi­
cea (1486- 1589), Olschki, Firenze 1 939; e a simile proposito Les fétes du
mariage de Ferdinand de Médicis et de Christine de Lorraine, Florence 1 589,
I, La musique des intermèdes de "La Pellegrina ", a cura di D. P. Walker,
C.N . R. S . , Paris 1963 .
La musica in funzione teatrale prima dell'opera: W. OsTHOFF, Theatergesang
und darstellende Musik in der italienischen Renaissance, 2 voli., Schneider, Tut­
zing 1969; N. PIRROTTA , Li due Orfei, ERI, Torino 1969, nuova edizione
riveduta, Einaudi, Torino 1975.
Un'indagine sulle strutture letterarie e drammatiche dei prototipi operistici
in A. ABERT, Claudio Monteverdi und das musikalische Drama, Kistner & Sie­
gel, Lippstadt 1954.
Vasti riferimenti bibliografici sono impliciti nei testi citati.
INDICE DEI NOMI
ABONDANTE Julio, 54, 57 BARDI Giovanni Maria, conte di
AccoLTI Bernardo, detto l'Unico Vernio, 97, 106-7, 1 1 1
Aretino, 27 BARGAGLI Girolamo, 1 1 1
AGAZZARI Agostino, 109, 1 14 BARTOLI Cosimo, 18
AGRICOLA Alexander, 22, 26, 3 1 BARTOLOMEO da Bologna, 53
AGRICOLA Martinus, 55 BARTOLOMEO degli Organi, detto
ArcHINGER Gregor, 78 Baccio, 3 1
ALBERTO V, detto il Magnanimo, BARTOLUCCI Ruffino, 76
duca di Baviera, 8 1 , 83 BASIRON Philippe, 13
ALEMANNO Giovan Maria, 54 BASSANO Giovanni, 56
ALFONSO della Viola, 43, 1 12 BATI Luca, 1 14
ALFONSO I d'EsTE, duca di Ferrara, BEAUJOYEULX Balthasar de, 106
Modena e Reggio, 26 BECCAR! Agostino, 1 12
ALFONSO II d' EsTE, duca di Ferrara, BEDINGHAM John, 48
BELLASIO Paolo, 97
Modena e Reggio, 99, 101
BEMBO Pietro, 42-3, 95
ALFONSO V i l Magnanimo, re
BENDIDIO Isabella, 99
d'Aragona, di Sicilia e di
BENDIDIO Lucrezia, 99
Sardegna, 26, 46
BENTIVOGLIO Vittoria, 99
ALIGHIERI Dante, 29, 106
BERMUDO Juan, 57, 59, 87
AMADINO Ricciardo, 33
BERNARDO Pisano, 30, 32-3
ANCHIETA Juan de, 47
BEROALDO Filippo, 27
ANCINA Giovanni Giovenale, 66
BÈzE Théodore de, 64
ANERIO Felice, 75
BrANCHINI Domenico, 57
ANIMUCCIA Giovanni, 3 1 , 66, 72
BrANCIARDI Francesco, 109
ANTICO Andrea, 28-9, 33, 54, 57 BrNCHOIS Gilles, 4-5, 9, 22
AQUILA Marco d' , 54, 58
BoMBASI Gabriele, 1 12
ARCADELT Jacques, 40, 43, 72
BaRRONO Francesco, 54
ARIOSTO Ludovico, 43, 84, 89, 95 BaRRONO Pietro Paolo, 54
ARNOLD de Lantins, 9 BossrNENSIS Franciscus, 29, 56, 58
ARTUSI Giovanni Maria, 77 BouRGEOIS Louis, 64
ATTAINGNANT Pierre, 33, 4 1 , 54, 57 BovrcELLI Giovanni Battista, 56
AvALOS Maria d', 101 BRASSART Johannes, 9
BROWNE John, 48
BACCIOLINI Ugo, 27 BRUDIEU Joan, 47
BA'iF Jean-Antoine de, 84, 105 BRUMEL Antoine, 10, 25-6, 32
BArNI Giuseppe Giacobbe BRUMEL Jacomo, 39
Baldassarre, 75 BRUNELLESCHI Filippo, 8
BAKFARK GREFF Bilint, 55, 57 BuLL John, 58-9, 91
BALLARD Robert, 33 BuoNARROTI Michelangelo, 18
BANCHIERI Adriano, 54, 104 BuONTALENTI Bernardo, 1 1 1
BARBINGANT }., 13 BURZIO Nicolò, 27, 32
192 INDICE DEI NOMI

BusNOIS Antoine, 5 , 10, 12-J, 14, CoLOMBO Cristoforo, 47


22 CoLOMBO Ferdinando, 46
Buus Jacques, 39-40, 54, 59, 77 CoMPÈRE Loyset, 10, 23, 26
BYRD William, 24, 57-9, 87-90 CooPER John, detto Giovanni
Coperario, 91
CABEZON Antonio de, 55, 57-9, 85 CoPPINI Alessandro,31
CABEZON Hernardo de, 55, 87 CoRELLI Arcangelo,47
CACCINI Francesca, detta La CoRNAGO Johannes, 26, 46
Cecchina, 108 CoRNAZANO Antonio, 27
CACCINI Giulio, detto Romano, 106, CoRREA DE ARAuxo Francisco, 87
1 08, 1 1 1, 1 1 3-4 CoRREGGIO Niccolò da, 28, 1 12
CACCINI Margherita, 108 CoRSI Jacopo, 1 13
CACCINI Settimia, 108 CoRTECCIA Francesco, 43, 1 10- 1
CADÉAC Pierre,41 CoRTESE Paolo, 27
CAlMO Giuseppe, 45 CouRVILLE Joachim-Thibault de,
CALVINO Giovanni, 63-4 105
CAMPIAN Thomas, 90 CRÉCQUILLON Thomas, 40
CAPIROLA Vincenzo, 58 CREMA Giovan Maria da, 54
CARA Marchetto, 28 CRÉTIN Guillaume, 10, 21
CARLO V d' ABSBURGO, imperatore CROCE Giovanni, 77, 80, 104
del Sacro Romano Impero, 25, CuTTING Francis, 91
38, 82, 85
CARLO VII di V ALOIS, detto il DALLA CASA Girolamo, 56
Vittorioso, re di Francia, 10 DALZA Giovan Ambrogio, 54, 56-8
CARLO VIII d i VALOIS, r e di D'AMBRA Francesco,111
Francia, 10, 23 DAMMONIS Innocenza, 3 1
CARLO BoRROMEO, 65 DANYEL John, 90
CARLO il Temerario, duca di D 'ARco Livia, 99
Borgogna, 3 D'ARGOTTI C arretta lnes, 100
CARON Philippe o Firmin, 13 DAZA Esteban, 55
CASSOLA Luigi, 43 DE ALBERTIS Gaspare, 71
CAVALIERI Emilio de' , 97, 107-8, DEERING Richard, 91
1 1 1 , 1 13 DEL CARRETTO Galeotto, dei
CAVAZZONI Girolamo, 54, 57-8 marchesi di S avona, 28, 1 12
CAVAZZONI Marco Antonio, 39, 54, DELLA CASA Giovanni, 44, 95
58 DEL MoNTE Giovanni Maria, 72
CERRETO Scipione, 101 DENTICE Scipione, 101
CERTON Pierre, 41 DE' Rossi B astiano, 111
CHARLES d' Orléans, 9 DESLOUGES Philippe, detto Verdelot,
CHARTIER Alain, 9 40, 43, 1 12
CHEMIN Nicolas du, 33 DESPREZ Josquin, 4-5, 10, 1 3 , 1 8-22,
CHIABRERA Gabriella, 1 14 25-6, 32, 37-8, 63, 76, 86
CHRISTINE de Pisan, 9 DIRUTA Girolamo, 56, 77-8, 79
CIECO Francesco, 27 Drvrns Antonius, 26
CIMA Giovan Paolo, 80 DoLCE Ludovico, 1 1 1
CIMELLO Giovan Tomaso, 45 DoNATO Baldissera, 45, 77, 80
111
CINI Giovanni Battista, DOWLAND John, 90- 1
CLEMENS NON PAPA Jacob, 5 , 40 DRAGONI Giovanni Andrea, 75
Cocuco Adrianus Petit, 37 Du BELLAY Joachim, 84, 105
INDICE DEI NOMI 193

DuFAY Guillaume, 3-5, 6-8, 9- 1 1, FILIPPO I d' ABSBURGO, detto il


19 Bello, re di Castiglia, 25
DuNSTABLE John, 3, 48 FILIPPO II d' ABSBURGO, detto il Re
prudente, re di Spagna, 85-6
EDOARDO VI TunoR, re d'Inghilterra FILIPPO III il Buono, duca di
e d' Irlanda, 49 Borgogna e conte di Fiandra, 3, 9
EFFREM Muzio, 101 FINCK Heinrich, 45
EGENOLPH Christian, 33 FINCK Hermann, 38
EINSTEIN Alfred, 108 FIORENTINO Perino, 54
ELISABETTA I TuDOR, regina FoGLIANO Giacomo, 58
d'Inghilterra, 49, 87-8
FoNTAINE Pierre, 9
ENCINA Juan del, detto Juan de
Fossis Petrus de, 39, 75
Fermoselle, 47
FRANC Guillaume, 64
ENRICO IV di BoRBONE, re di
FRANCESCO da Milano, 54, 56, 58
Francia, 1 13
FRANCEsco della Viola, 39
ENRICO VIII TuDOR, re d' Inghilterra
FRANCESCO l di VALOIS, re di
e d'Irlanda, 48-9
ERASMO da Rotterdam, 10, 22 Francia, 55
ERCOLE I d' EsTE, duca di Ferrara, FRANCESCo II GoNZAGA, marchese di
Modena e Reggio, 18, 26 Mantova, 14
EscoBAR Pedro de, 47 FRANGIPANE C . , 1 1 1
EscoBEDO Bartolomé de, 87 FRESCOBALDI Girolamo, 99
EscRIBANO Juan, 87 FRYE Walter, 22
EsTE Eleonora d', 101 FuENLLANA Miguel de, 55
EsTE lppolito I d', 39 FuLDA Adam von, 45
EsTE lppolito II d', 72 Fux Johann Joseph, 75
EsTE Luigi d', 96
EuGENIO IV, Gabriele Condulmer, GABRIELI Andrea, 39, 44, 54, 57-9,
papa, 8 74, 77-8, 79, 106
GABRIELI Giovanni, 54, 58-9, 77-8,
FARNABY Giles, 58, 91 79-80
FAUGUES Guillaume, 1 3 GAFFURIO Franchino, 27
FAYRFAX Robert, 48 GAGLIANO Marco da, 107, 1 14
FERDINANDO l d' ABSBURGO, GALEAZZO MARIA SFORZA, duca di
imperatore del Sacro Romano
Milano, 18
Impero, 65
GALILEI Galileo, 106
FERDINANDO I d'ARAGONA, o
GALILEI Vincenzo, 54-6, 77, 106
FERRANTE, re di Napoli, 14, 26
GANASSI DAL FoNTEGO Silvestro di, 55
FERDINANDO II d'ARAGONA il
GARDANO Antonio, 33, 40
Cattolico, re d'Aragona, Napoli,
GARETH Benedetto, detto il Cariteo,
Sicilia e Spagna, 46
FERDINANDO I de' MEDICI, granduca
27
di Toscana, 1 1 1 GARNIER, 41
FERRABOSCO Alfonso, 9 1 GASTOLDI Giovanni Giacomo, 45,
FESTA Costanzo, 43, 7 1 1 00
FESTA Sebastiano, 43 GENET Elzéar, detto Carpentras, 26
FÉVIN Antoine de, 26, 32 GEREMIA profeta, 106
FIAMMA Gabriele, 84 GERLE Hans, 55
FICINO Marsilio, 27 GERO Jahn, 40
194 INDICE DEI NOMI

GESUALDO Carlo, principe di INGEGNERI Marco Antonio, 58, 100


Venosa, 99, 1 01-3, 105 INNOCENZO VIII, Giovanni Battista
GHISELIN Johannes, detto Cybo, papa, 26
Verbonnet, 26, 32 ISAAC Heinrich, 4-5 , 24-5, 3 1 -2, 45,
GIACHES de Wert, 85, 98- 1 00, 102 88
GIACOMO I STUART, re d'Inghilterra ISABELLA I la Cattolica, regina di
e Scozia, 87 Castiglia, 46-7
GIAN DoMENICO da Nola, 45 IsABELLA d'EsTE GoNZAGA,
GIBBONS Orlando, 58-9, 90-1 marchesa di Mantova, 12, 14, 26,
GIOVANNELLI Ruggiero, 75, 97 28
GIOVANNI de Grocheo, 53
GIULIO Il, Giuliano della Rovere, }ACHET da Mantova, 40
papa, 26 }ACOBUS PAPA, 40
GIUSTINIAN Leonardo, 27, 48 }ACOPONE da Todi, 73
GIUSTINIANI Orsatto, 78, 106 }ACOTIN, 41
GLAREANUS Henricus, pseud. di }ANNEQUIN Clément, 41, 86, 104
Heinrich Loriti, 18 }EAN de Noiers, detto Tapissier, 9
GoMBERT Nicolas, 4-5, 38-9, 59, 86 }ENKINS }ohn, 9 1
GoRZANIS Giacomo, 54, 57 }OHANNES de Limburgia, 9
GouDIMEL Claude, 64 }oHNSON Robert, 9 1
GRAZZINI Anton Francesco, detto il JosQUIN Desprez, v. 'DESPREZ
Lasca, 30, 1 1 1 Josquin
GREGORIO XIII, Ugo Boncompagni, }UDENKUNIG Hans, 55
papa, 72
GRENON Nicholas, 9 KERLE Jacobus de, 65
GROCHEO Giovanni de, v. GIOvANNI
de Grocheo LANDI Antonio, 1 1 0
GuAMI Giuseppe o Gioseffo, 39, LANNOY Collinet de, 26
54, 77 LANTINS Arnold de, v. ARNOLD de
GuARINI Anna, 99 Lantins
GuARINI Giovan Battista, 95, LANTINS Hugo de, v. HuGo de
99- 100, 1 12 Lantins
GuARINO Battista, 27 LA RuE Pierre de, 25-6, 32
GuERRERO Francisco, 86 LAsso Ferdinand di, 8 1
GuGLIELMO GoNZAGA, duca di LAsso Orlando di, 4-5, 4 1 , 45-6,
Mantova, 72-3, 98 66, 77, 79, 81-4, 85, 97, 105
GumiCCIONI Giovanhi, 43 LAsso Rudolph di, 81
GuiDICCIONI Laura, 1 1 3 LAWES Henry, 90
GUIDO Antonio di, 27 LAWES William, 90
LAYOLLE Francesco de, 4 1
HASSLER Haqs Leo, 46, 78-9 LE BEL Firmin, 72
HAULTIN Pierre, 33 LECHNER Leonard, 46
HAYNE van Ghizeghem, 1 3 , 22-3 LE CocQ Jean, 40
HÉRITIER Jean l', 41 LEGRANT Guillaume, 9
HEYN Cornelius, 13 LE }EUNE Claude, 106
HoFHAIMER Paul, 45, 55, 105 LEMAIRE DE BELGES Jean, 2 1
HoLBORNE Anthony, 9 1 LE MAISTRE Matthaus, 46
HuGo de Lantins, 9 LEONE X , Giovanni de' Medici,
Hus }an, 63 papa, 24, 26
INDICE DEI NOMI 195

LE RoY Adrian, 3 3 , 55-6 MASCHERA Florentio, 58


LrcrNo Agostino, 56 MASSIMILIANO l d' ABSBURGO,
LIMBURGIA Johannes de, v. imperatore del Sacro Romano
]OHANNES de Limburgia Impero, 3, 24, 45
LIPPI Brandolino, 27 MASSIMILIANO II d' ABSBURGO,
LoRENA Cristina di, 1 1 1 imperatore del Sacro Romano
Lorro del Mazza, 1 1 1 Impero, 72, 85-6
Luoovrco SFORZA , detto il Moro, MAUDUIT Jacques, 106
duca di Milano, 26 MEDICI Lorenzo de', 24-5, 30-1
LUIGI XI di VALOIS, re di Francia, MEI Girolamo, 106
10 MERULO Claudio, 39, 44, 54, 57-9,
LUIGI XII di VALOIS-0RLÉANS, r e di 77, 78, 98, 1 1 1
Francia, 18 METALLO Grammatio, 56
LuPACCHINO DAL VAsTo Bernardino, MrELICH Hans, 83
56 Mrd.N Luis, 55
LuPI Johannes, 10 MoDERNE Jacques, 33
LUPO Thomas, 9 1 MoLINARO Simone, 102
LUSSEMBURGO Luigi di, 2 1 MoLINET Jean, 10, 2 1
MoLZA Tarquinia, 99
LuTERO Martin, 1 8 , 63-4, 84
MoNTE Philippe de, 5, 85
LuzzASCHI Luzzasco, 54, 99, 10 1-2,
MoNTEVERDI Claudio, 39, 77, 80,
105, 108
99-100, 1 1 4
MoRALES Crist6bal de, 86
MACHIAVELLI Niccolò, 40, 1 12
MoRLAYE Guillaume de, 55
MACQUE Jean de, 85, 101
MoRLEY Thomas, 90
MADRUZZO Cristoforo, 96
Mouw Pierre, 26, 72
MAFFEI Raffaello, 27
MouToN Jean, 25-6, 32, 39
MAILLARD Jean, 4 1
MuoARRA Alonso, 5 5 , 58
MAra Giovan Tomaso di , 45
MALLAPERT Rubino, 72
NANINO Giovan Maria, 75, 97
MALVEZZI Cristoforo, 97, 1 1 1
NANINO Giovanni Bernardino, 97
MANNI Agostino, 1 1 3
NARVAEZ Luis de, 55, 58
MARENZIO Luca, 45, 66, 96-8, 99, NAsco Giovanni, 40
105 , 1 1 1 NAVARRO Juan, 86
MARGHERITA d'AusTRIA, duchessa di NENNA Pomponio, 101
Savoia, 18, 2 1 , 25 NERI Filippo, v . SAN FILIPPO NERI
MARIA, duchessa di Borgogna, 3 NEWSIDLER Hans, 55
MARIA o' ABSBURGO, imperatrice del NEWSIDLER Melchior, 55
Sacro Romano Impero, 86
MARIA de' MEDICI, regina di 0BRECHT Jacob, 4-5, 1 3 , 22-J, 26,
Francia, 1 1 3 32
MARIA I TuooR, regina 0CKEGHEM Johannes, 4-5, 1 0-2, 14,
d' Inghilterra, 49 19, 2 1 -2, 25, 75
MARINO Giovan Battista, 95 ORAZIO PLACCO Quinto, 40, 46
MAROT Clément, 41, 64, 84 0RTIZ Diego, 55, 58, 87
MARTINENGO Giulio Cesare, 77, 80 ORTO Marbriano de, 26, 32
MARTIN! Giovanni Battista, 1 7 OrrAvro FARNESE, duca di Parma,
MARTIN! Johannes, 25-6 98
196 INDICE DEI NOMI

PACOLINI Joan, 54 REGNART Jacob, 46


PADOVANO Annibale, 39, 44, 54, 59, RHAW Georg, 33
77-8 RICHAFORT Jean, 40
PALESTRINA Giovanni Pierluigi da, RINUCCINI Ottavio, 106, 1 1 3-4
44, 65-6, 72-5, 8 1 , 85-6, 97-8 RIPA Alberto, 55
PALLADIO Andrea, 78 Romo Rocco, 98, 1 0 1
PALLAVICINa Benedetto, 1 00 RoDOLFO I I d' AssBURGO, imperatore
PARABosco Girolamo, 39, 43, 59 del Sacro Romano Impero, 85
PAREJA Ramis de, v . RAMis DE RoGNONI Riccardo, 56
PAREJA Bartolomé RoMANO Eustachio, 56
PASSEREAU Pierre, 4 1 RoNSARD Pierre de, 84, 105 , 1 10
PAUMANN Konrad, 53 RoRE Cipriano de, 39-40, 44, 72,
PECORINA Polissena, 39 74, 76-7, 83 , 98, 105
PENALOSA Francisco de, 47 R6SSETER Philip, 90
PEPERARA Laura, 99 RossETTO Stefano, 1 12
PERENOTTO Antonio, 82 Rossi Salomone, 80
PERI Jacopo, 97, 106, 1 08 , 1 1 1 , RUFFO Vincenzo, 44, 54, 65
1 1 3-4
PEROTINUS, 24, 88 SACHS Hans, 46, 84
PESENTI Michele, 28 SALINAS Francisco de, 87
PETRARCA Francesco, 30, 32, 39, SAN FILIPPO N ERI, 66, 86
43-4, 74, 84, 95 SANCTA MARIA Tomas de, 87
PETRUCCI Ottaviano, 19, 28-33, 54 SANNAZARO Jacopo, 43, 95
PHALÈSE Pierre, 33 SAsso Panfilo, pseud. di Sasso de'
PHILIPS Peter, 9 1 Sassi, 1 12
PHINOT Dominique, 4 1 SAVONAROLA Girolamo, 24, 26, 30
PIETRO BoNo, detto del Chitarrino, SCANDELLO Antonio, 46
27 ScANDIANO Leonora da, 99
PILKINGTON Francis, 9 1 ScHLICK Arnold, 55
PISADOR Diego, 55 ScHOEFFER Peter il Giovane, 3 3
PLANTIN Christopher, 33 ScHUTZ Heinrich, 79
PoLE Reginald, 82 SciPIONE del Palla, 1 12
PoLIZIANO Angelo Ambrogini, detto ScoTTo Gerolamo, 3 3
il, 24-5, 1 1 1 SEGNI Giulio, 5 4 , 5 9
PaNCE Juan, 47 SENFL Ludwig, 2 4 , 4 6 , 105
PoRTA Costanzo, 44, 77, 79 SERAFINO AQUILANO, pseud. di
PowER Lione!, 48 Ciminelli Serafino, 27-8
PRAETORIUS Michael, 79, 109 SERMISY Claudin de, 4 1
PRIMAVERA Giovan Leonardo, 1 0 1 SFORZA Ascanio Maria, 1 8
PRIORIS Johannes, 2 6 SIGISMONDO III VASA, re di Polonia
PUJOL Juan Pablo, 8 7 e di Svezia, 97
SoFocLE, 78, 106
QuAGLIATI Paolo, 9 7 SoRIANO Francesco, 75
QmcKELBERG Samuel, 8 3 SoTo Francesco, 66
SPATARO Giovanni, 27
RAMIS D E PAREJA Bartolomé, 27 SPINACINO Francesco, 54, 56, 58
RAZZI Serafino, 3 1 STABILE Annibale, 75, 97
REGIS Johannes, 1 3 STELLA Scipione, 1 0 1
INDICE DEI NOMI 197

STRIGGIO Alessandro (1), 97, 100, VIADANA Lodovico Grossi da, 54,
104, 1 1 1-2 80, 108-9
STRIGGIO Alessandro (Il), 1 1 4 VICENTINO Nicola, 39, 44, 58, 66,
STROZZI Giovan Battista, 1 10 77, 83, 105
STROZZI Piero, 106, 1 14 VICTORIA Tomas Luis de, 86-7
SusATO Tielman, 3 3 VILLON François de Montcorbier, 84
SWEELINCK Jan Pieterszoon, 5 VINCENET }ohannes, 26
VINCENTI Giacomo, 3 3
TALLIS Thomas, 49, 88 VINCENZO I GoNZAGA, duca di
TANSILLO Luigi, 83-4, 95 Mantova e del Monferrato, 100
TAPISSIER Jean, v. }EAN de Noiers VINCI Pietro, 56
TAsso Joan Maria, 56 VIRDUNG Sebastian, 55
TAsso Torquato, 84, 95, 99, 1 0 1 , VIRGILIO MARONE Publio, 83
VISCONTI Galeazzo Maria, 26
1 12
VISCONTI Gaspare, 1 12
TAVERNER John, 48
VITELLI Vitellozzo, 65
TERZI Giovanni Antonio, 54
VITTORINO da Feltre, 27
TIBURTINO Giuliano, 54
TINCTORIS }ohannes, 14, 26, 4 8
WAISSEL Matthaeus, 55
TINTORETTO Jacopo Robusti, detto
W ALDBURG Otto Truchsess von,
il, 79
cardinale di Augsburg, 65
ToMKINS Thomas, 91
WALTER }ohann, 64
ToRELLI Gaspare, 104
WEELKES Thomas, 90
TREGIAN Francis, 90 WEERBECKE Gaspar van, 23, 26, 32
TRITONIUS Petrus, 46, 105 WERT Giaches de, v . GIACHES de
TROMBONCINO Bartolomeo, 28, 3 1 , Wert
1 12 WILBYE John, 90
WILLAERT Adriano, 4-5 , 25, 38-9,
VALDERRABANO Enrfquez de, 55, 58 43-5, 54, 59, 75-7
VALENTE Antonio, 57
VASQUEZ Juan, 4 7 YcART Bernardus, 26
VECCHI Orazio Tiberio, 45, 104 YoNGE Nicolas, 90
VENTO lvo de, 46
VENTURI DEL NIBBIO Stefano, 1 14 ZARLINO Gioseffo, 39, 76-7, 79
VERBONNET, v. GHISELIN Johannes ZoiLo Annibale, 72
VEROVIO Simone, 3 3 ZWINGLI Ulrich, 64

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