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SCHEDA DI LETTURA DELLA TERZA MEDITAZIONE DI CARTESIO

Introduzione.

Cartesio nella ricerca della verità, più meglio dire che cerca la certezza, ha scritto Le meditazioni
metafisiche per definire il suo metodo e raggiungere una conoscenza vera. Sono sei meditazioni.
La terza meditazione ci introdurre nel suo metodo e sviluppa soppratutto la demostrazione della
esistenza di Dio.

Apunti

Nella Terza Meditazione di Cartesio possiamo vedere alcuni temi importanti del suo pensiero:

1) La chiarezza e la distinzione delle idee come criterio per superare il dubbio.

Cartesio nel Discorso sul metodo (1637) grazie al dubbio scopre il “primo principio” fondante
del suo pensiero: “io penso, dunque sono” (cogito ergo sum) invece qui (Meditazioni
metafisiche 1641) si proporre un limite all´estensione e alla validità di questo
criterio/principio: la presenza di Dio ingannatore.

La prima regola del Metodo (“accettare per vere solo le idee chiare e distinte”) sembra
giustificata dal fatto che la mia esistenza è certa e di questo ne ho un’idea chiara e distinta. In
realtà non posso accettare questa regola per indagare se vi siano altre cose delle quali essere
certi perché rimane la possibilità del Genio maligno, che potrebbe ingannarmi anche sulle
cose delle quali mi sembra di essere certissimo. Devo quindi prima dimostrare che esiste un
Dio verace e non ingannatore; solo Egli può garantirmi che quando concepisco un’idea chiara
e distinta non mi sto ingannando a se stesso.

2) Le idee come rappresentazzione della realtà ed i tipi di idee: innatae,advenntitiae e factitae

Io solo so di essere una cosa che pensa e che ha Idee (non sono Idee come quelli di Platone,
cioè archetipi perfette delle cose ma sono oggetti del nostro pensiero). Questi idee secondo
Cartesio possono essere di tre tipi:
a) Innate = connaturate in me
b) Avventizie = prodotte dalle cose esteriori
c) Fattizie = prodotte e inventate da me stesso

3) La esistenza e realtà del mondo esterno a noi.

E possibile che tutte le Idee che giudico avventizie (cioè le Idee delle cose esteriori) siano
prodotte da me, cioè siano fattizie. Cartesio critica le due ragioni per accetare le idee
avventizie: la prima è che sperimento che ciò mi sia inseganto dalla natura; e la seconda, che
sperimento in me stesso che queste idee non dipendono dalla mia volontà.
Nella prima ragione, Cartesio capisce la parola “natura” come certa inclinazione che mi porta
a credere questa cosa ma le inclinazione sbagliano a volte mi portano al bene e altre volte al
male. Invece la seconda ragione non è vera perchè noi possiamo capace di produrre queste
idee avventizie senza renderci conto. Finalmente i nostri giudizi verso il mondo sterno (le
idee avventizie) no sono conoscenza certa e chiara.
4) L´idea di Dio e la sua dimostrazione (atraverso due argomenti: la proporzionalità fra la realtà
oggettiva dell´idea e la realtà formale in atto; e l´esistenza del io bisogna l´esistenza di un essere
perfetto come causa del io.

Per dimostrare l'esistenza di Dio, Cartesio parte dall'idea innata di Dio, presente alla mente.
Tutte le idee possono considerarsi sotto due punti di vista: come modi del pensiero (realtà
formale) e in quanto rappresentanti qualche cosa (realtà oggettiva).

Realtà formale dell´idea della mela =


semplice idea o modo del pensiero

Realtà oggettiva dell´idea della


mela= la mela rappresentata
dall´idea

Mela reale = realtà formale, in atto

In quanto alla realtà formale delle idee, loro non presentano differenza sostanziale e "tutte
sembrano procedere da me d'una stessa maniera". Ma dal punto di vista della loro realtà
oggettiva, però, le idee sono molto diverse tra loro "quelle che mi rappresentano delle
sostanze sono, senza dubbio, qualche cosa di più, e contengono in sé (per così dire) maggiore
realtà oggettiva” (quelli che rappresentano sostanze > quelli che rappresentano accidenti).

Allo stesso modo, l'idea di Dio, un essere infinito, ha più realtà oggettiva dell'idea di una
sostanza finita. Secondo Cartesio, la causa di un'idea deve avere tanta realtà formale, quanta
è la realtà oggettiva dell'idea. Cioè, l´idea infinita di Dio bisogna una realtà formale in atto che
sia infinita: Dio stesso.

La seconda prova dell'esistenza di Dio proposta da Cartesio, si fonda sul principio di causa
efficiente.

Io che sono posseditore dell'idea di Dio, potrei esistere se Dio non esistesse? Da chi avrei
ricevuto altrimenti il mio essre? Se fossi io stesso generatore del mio essere, non dubiterei e
non avrei altro che certezze: sarei Dio.

E' un argomento a posteriori che parte dal fatto che io esisto e sfrutta il concetto aristotelico
dell'impossibilità di recedere ad infinitum nell'ordine delle cause.

5) L´origine della nostra idea di Dio è innata.

Ora, io che sono una cosa che pensa potrei essere la causa di tutte le idee che sono in me,
tranne che dell'idea di Dio, che è idea di qualcosa di infinito. Poi come l´idea di Dio è infinita
non può essere concepita per noi e non avremmo in noi questa idea di Dio, se non ci fosse
stata data (dal inizio, cioè, innata) a sua volta da una sostanza dalla natura infinita e cioè Dio
stesso.
D. Juan Carlos Galvis Tacuri
Specializazzione di Etica e Antropologia.
I Anno II Ciclo.

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