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Quanto detto non significa un ritorno idealistico alla coscienza, a un io che esiste
solipsisticamente in sé e per sé. La coscienza è coscienza del mondo così come il
mondo esiste per la coscienza. Intenzionalità significa che la coscienza è sempre
coscienza di qualcosa, ma anche che essa non può essere considerata una cosa tra
le cose in quanto, proprio in ragione del suo carattere intenzionale, è ciò attraverso
cui le cose sono date, significano qualcosa. Non a caso la prima questione della
fenomenologia diventa: che cosa significa significare? Potremmo dire che questo atto
puro di significare costituisce il centro stesso dell’intenzionalità. Il movimento e il
fine della coscienza fenomenologica è quello di ritrovare continuamente l’unità di
senso che permette di descrivere il flusso di apparizione delle cose. Nella relazione
intenzionale la coscienza e il mondo non sono due poli, uno di fronte all’altro, esistenti
prima del loro relazionarsi, ma il senso determina la presenza nella misura in cui
la presenza riempie il senso: costituzione dell’io e costituzione del mondo sono
intrinsecamente legate e, in tal senso, la visione fenomenologica si sbarazza
della tradizionale alternativa tra realismo e idealismo.
Se per Husserl è, però, sempre vero che l’intenzionalità della coscienza è la stessa
fondamentale proprietà di essere “coscienza di”, è altrettanto vero che, mentre nelle
Ricerche logiche (1900-1901) Husserl parlava d’intuizione categoriale, ponendo in
primo piano la descrizione delle operazioni logiche della coscienza sul mondo (segni,
espressioni, significazioni, giudizi ecc.), a partire da quel capolavoro fondativo quanto
problematico che sono le Idee per una fenomenologia pura e una filosofia
fenomenologica (1913) il terreno quasi esclusivo della costituzione del senso
e della presenza diviene la percezione e il mondo diviene “mondo-percepito-nella-
vita-riflessiva”. La percezione si presenta, quindi, come il luogo privilegiato di
datità del mondo. La relazione percettiva non si risolve nella distinzione cartesiana
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Cogito e mondo, ma nella scissione interna al mondo stesso tra il suo cosiddetto
essere in sé (indipendente dal soggetto) e il suo apparire puro, o come dirà Husserl, il
suo adombrarsi come serie noematica. Il termine ‘noema’ sta a significare che
ogni oggetto mondano diventa il correlato intenzionale di un movimento della
coscienza (noesi) e, in sintesi, si costituisce come vissuto di coscienza: l’albero non è
mai l’albero nella sua compiutezza e certezza ontologiche, ma è sempre e solo l’albero
percepito, immaginato, ricordato, voluto ecc. da un atto intenzionale di coscienza. La
coscienza-fenomeno logicamente intesa è continua apertura al mondo, ma
non lo possiede idealisticamente e del fatto che “c’è il mondo” essa non può mai
rendere del tutto ragione.