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L’AMBIENTE URBANO

L’AMBIENTE URBANO

Gli insediamenti urbani sono realtà costruite dall’uomo


in risposta alle proprie esigenze.
I primi agglomerati risalgono a 10.000 anni fa, quando
le principali attività dell’uomo erano soprattutto la
caccia, la conservazione e il commercio dei beni. La
conservazione e la difesa dei prodotti erano le priorità
dei popoli antichi.
la struttura difensiva ha caratterizzato la maggior parte
delle città per millenni. Nel tempo, le funzioni della città
sono cambiate, le città moderne sono multifunzionali e
divise in zone urbane distinte tra loro.
L’AMBIENTE URBANO

La città moderna è impostata per sostenere le attività produttive


e sociali che in essa si svolgono.

L’obiettivo di questa organizzazione è rispondere alle attese


degli abitanti che cercano in essa: libertà soggettiva, lavoro,
socializzazione, istruzione e servizi sanitari.

Per questi motivi il numero di abitanti nelle città è in forte


aumento. Si stima che oltre la metà della popolazione vive nelle
città.

Il ritmo di urbanizzazione, con crescita demografica non


sostenuta da una crescita economica, sviluppa una serie di
problematiche di ordine igienico-sanitario, di viabilità e sociale.
PROBLEMATICHE

Le città moderne hanno un forte impatto ambientale sul territorio che


le compete, questo può essere verificato calcolando l’impronta
ecologica (IE) della città in esame.
L’IE per la maggior parte dei casi si attesta attorno ai 5 ettari per
abitante, mentre la media nazionale è pari a 1,5, ossia in città ciascun
cittadino consuma più del triplo di quanto potrebbe.
Il forte processo di frantumazione del territorio porta le città al degrado
ambientale, allo smembramento del tessuto sociale e alla rottura del
legame tra uomo e territorio. Ad aggravare la situazione ambientale si
aggiungono i problemi dovuti alla viabilità, ai rifiuti urbani, al rumore,
allo smog e all’inquinamento elettromagnetico.
VIABILITA’

Per gli effetti negativi sull’ambiente e sulla qualità della vita, il tema
della mobilita e dei trasporti in ambito cittadino è un tema molto
dibattuto. L’obiettivo da perseguire è una mobilita sostenibile che
permetta al cittadino di spostarsi nel pieno del suo diritto ma che allo
stesso tempo cerchi di contenere le caratteristiche negative
associate al traffico. Gli amministratori locali sono i principali soggetti
a cui compete la gestione del traffico urbano, attraverso la
definizione di specifici strumenti di programmazione e l’adozione di
misure preventive, tali da far prediligere il trasporto pubblico
favorendo quegli aspetti che condizionano le scelte di mobilita dei
cittadini e quindi la loro propensione ad abbandonare o meno il
mezzo privato a favore di quello pubblico.
VIABILITA’

Dall’analisi del tasso di motorizzazione riferito al settore privato, si


evince che le autovetture costituiscono il mezzo di trasporto
maggiormente utilizzato nel nostro Paese. A livello nazionale il parco
autovetture costituisce il 74,8% dei veicoli complessivi (ACI, 2016).
Dall’analisi delle autovetture ogni 1.000 abitanti per le auto
immatricolate da soggetti privati, otteniamo i valori più alti a Catania
(677 auto per 1.000 abitanti), Latina (672) e Potenza (653). Mentre
ogni 1.000 abitanti abbiamo 1,6 autobus e 84,3 motocicli.
Relativamente alle modalità di spostamento preferite dai cittadini a
livello nazionale, si conferma (ISFORT, 2010) che le auto
rappresentano, con il 64,3%, il vettore preferito per gli spostamenti
(con il tasso di occupazione medio del singolo mezzo pari a 1,3),
seguite con il 20,8% dagli spostamenti effettuati a piedi o in
bicicletta. I mezzi pubblici rappresentano la modalità di spostamento
preferita dal 10,7% dei cittadini, mentre i veicoli motorizzati a due
ruote (moto, scooter, ciclomotori) mostrano un grado di preferenza
intorno al 4,2%.
VIABILITA’

L’analisi del parco autovetture del settore privato secondo lo standard


emissivo conferma il rinnovamento del parco a favore di veicoli con
standard emissivi più recenti. Per il 2010 le auto Euro 3, Euro 4 ed Euro 5
costituiscono complessivamente la parte prevalente del parco con quote
percentuali superiori al 40. Lo standard emissivo più diffuso è l’Euro 4 con
percentuali comprese tra il 47,4% di Livorno e il 21% di Andria.
I miglioramenti tecnologici, messi in atto dalle case produttrici di
autovetture negli ultimi anni, hanno determinato la riduzione
dell’emissione di sostanze inquinanti in atmosfera e l’ottimizzazione
dell’efficienza energetica dei veicoli. Tali provvedimenti sono stati resi
necessari dalle norme sempre più severe imposte dalla Commissione
Europea in termini di inquinamento atmosferico. Oltre ai limiti imposti alle
emissioni inquinanti con le direttive Euro, la Commissione Europea è
intervenuta per regolamentare le emissioni di anidride carbonica,
principale gas ad effetto serra. E’ del 2009 il Regolamento CE n. 443
finalizzato alla riduzione delle emissioni di CO2 per le autovetture nuove.
Tale regolamento fissa il livello medio delle emissioni di CO2 delle
autovetture nuove a 130 g/km.
I RIFIUTI URBANI

La produzione dei rifiuti urbani rappresenta sicuramente uno degli indicatori


di maggiore pressione nelle citta italiane, non solo in termini ambientali ma
anche in termini economici.
Di particolare interesse appare la valutazione delle scelte progettuali
effettuate dalle singole amministrazioni in merito alle diverse tipologie di
raccolta messe in atto in relazione alle performance ambientali raggiunte.
I rifiuti urbani si possono trasformare in risorse, il D.L. n.22/97 indica le
modalità di recupero, di smaltimento e di riciclaggio dei rifiuti al fine di
ridurne l’impatto ambientale e i costi di smaltimento. Per conseguire questo
scopo il D.L. privilegia il riciclaggio, prevedendo che entro il 2020 si arrivi a
riciclare il 50% dei rifiuti prodotti.
Il pro capite medio, nel 2016, si attesta a 487 kg/abitante per anno. Va
considerato che la produzione di rifiuti di diversi centri urbani e delle
cosiddette citta d’arte è influenzata dagli afflussi turistici. Inoltre, nelle aree
urbane tendono ad accentrarsi molte attività lavorative, in particolar modo
quelle relative al settore terziario, che comportano la produzione di rilevanti
quantità di rifiuti che vengono gestite nell’ambito urbano.
I RIFIUTI URBANI

La raccolta differenziata svolge un ruolo prioritario nel


sistema di gestione integrata dei rifiuti in quanto
consente, da un lato, di ridurre il flusso dei rifiuti da
avviare allo smaltimento e, dall’altro, di condizionare in
maniera positiva l’intero sistema di gestione dei rifiuti,
permettendo un risparmio delle materie prime vergini
attraverso il riciclaggio e il recupero, oltre a ridurre I costi
di gestione. In quanto il costo dello smaltimento dei rifiuti
è di circa 0,18€/Kg.
Specifici obiettivi di raccolta differenziata dei rifiuti urbani
sono individuati dal D.Lgs 152/2006 e dalla legge 27
dicembre 2006, n. 296 “Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2007)”. Obiettivi di raccolta differenziata dei
rifiuti urbani:
• almeno il 50% entro il 31 dicembre 2009;
• almeno il 60% entro il 31 dicembre 2011;
• almeno il 65% entro il 31 dicembre 2012.
I RIFIUTI URBANI

L’applicazione delle norme prevede i seguenti passi:


• Ridurre la produzione di RSU (rifiuto solido
urbano) alla fonte;
• Riciclare un quantitativo maggiore di carta, vetro,
plastica e metalli, ciò permetterebbe di ridurre la
quantità di materiale destinato alla discarica e un
recupero monetario immediato;
• Ottenere compost dal compostaggio dei rifiuti
domestici di origine organica e dal materiale
proveniente dalla manutenzione del verde urbano;
• Ottenere energia dal CDR (combustibile derivato
dai rifiuti): i rifiuti urbani, una volta separata la
componente vetrosa e ferrosa, possono costituire
materia combustibile. Il CDR viene bruciato in
appositi inceneritori che producono vapore
utilizzato per la produrre energia;
• Avviare alla discarica meno del 40% del RSU
raccolti.
I RIFIUTI URBANI:
DISCARICHE

Una discarica è un’area in cui vengono accumulati rifiuti


in attesa che subiscano una naturale degradazione.
La gestione delle discariche dalla fine degli anni ‘80 è
diventata sempre più difficoltosa. Da una parte si
producono sempre più rifiuti, dall’altra diminuisce la
disponibilità di siti idonei all’apertura di nuove discariche.
Per tentare di risolvere il problema discariche la UE ha
emanato una direttiva sulle discariche, CE n.182
16/7/1999, la quale prevede la costruzione di tre tipologia
di discariche:
• Per rifiuti non pericolosi;
• Per rifiuti pericolosi;
• Per rifiuti inerti.
I RIFIUTI URBANI:
DISCARICHE
La struttura delle discariche per rifiuti non
pericolosi è semplice. La base della discarica
è impermeabilizzata per evitare che il
percolato, costituito da acqua e sostanze
tossiche disciolte, inquini il terreno e le falde
acquifere sottostanti.
Il limite dell’impermeabilizzazione sta nella
durata dei teli della base della discarica, che
può al massimo raggiungere i 50 anni.
Sopra i teli viene posato uno strato di terreno
sul quale vengono sistemati i rifiuti a strati di 2
metri, che vengono compressi e ricoperti con
uno strato di terra.
Durante la decomposizione dei rifiuti in
discarica, prevale inizialmente la fase
aerobica, le proteine presenti nella sostanza
organica si scindono in composti semplici,
successivamente, con la scomparsa
dell’ossigeno, si attivano i processi anaerobi
con produzione di gas, anidride carbonica,
metano e azoto, ammoniaca e acido solforico.
I RIFIUTI URBANI:
RIFIUTI IN EDILIZIA

La gestione dei rifiuti edili prodotti durante la costruzione o


la demolizione di edifici è normata dal DM Ambiente 5 aprile
2006 n.186.
Il riutilizzo dei rifiuti edili è indispensabile per la salvaguardia
delle risorse naturali.
I rifiuti edili vanni saperati per tipologia già in cantiere in
modo da poter essere gestiti correttamente, essi devono
essere suddivisi in:
• Rifiuti pericolosi;
• Rifiuti non inquinanti;
• Rifiuti che possono essere depositati in discariche per
inerti senza ulteriori trattamenti;
• Rifiuti combustibili;
• Altri rifiuti.
IL RUMORE

Si chiama rumore acustico qualsiasi suono indesiderato,


generalmente con effetti sgradevoli, che noi percepiamo attraverso
l’udito. L’orecchio umano percepisce suoi con frequenza compresa
tra 16 e 20.000Hz.
Il rumore quando è particolarmente intenso provoca dolore e danni
permanenti, ma anche l’ascolto prolungato di rumori meno intensi
può causare vari disturbi, dall’insonnia all’ansia fino alla
depressione. Per questo si parla di inquinamento acustico e si cerca
di prevenirlo.
Le emissioni acustiche possono provenire da varie sorgenti sia
“interne”, di origine industriale, legate ad attività produttive, o dovute
ad impianti propri degli edifici, che “esterne”, dovute al traffico
veicolare, ferroviario, aereo e navale, come pure all’attività ed agli
insediamenti umani.
In contesto urbano, le infrastrutture di trasporto si configurano come
le sorgenti di rumore più importanti sia per il livello di potenza sonora
emesso, sia per il numero di persone che vi risultano esposte, sia
per il giudizio di elevato disturbo che da quest’ultime viene riportato.
IL RUMORE

Attraverso una formulazione logaritmica Fletcher riuscì a correlare


una grandezza oggettiva, misurabile, come l’intensità del suono e una
soggettiva, non misurabile, come la risposta fisiologica dell’individuo
allo stimolo sonoro, esprimendo il livello di potenza del suono con un
valore numerico la cui unità di misura è il decibel dB.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità OMS ha stabilito che il valore
limite, oltre il quale l’organismo subisce danni, è pari a 65 dB.
Si possono definire tre tipi di livello sonoro:
• Leq: livello sonoro continuo equivalente (dB);
• La: livello di rumore ambientale prodotto contemporaneamente da
tutte le sorgenti presenti nella zona oggetto di studio;
• Lr: rumore residuo, parametro che esprime il livello di suono
percepito dall’orecchio in assenza di disturbo.
IL RUMORE
Gli effetti dell’esposizione a rumore da parte dell’uomo variano in base alle caratteristiche fisiche del fenomeno, alla durata
del suono ed alle modalità con cui avvengono ed alla specifica risposta dei soggetti, sono classificate come effetti di danno,
disturbo e fastidio (annoyance).
• Il Danno (65-130 dB) è un’alterazione non reversibile dell’organismo dovuta al rumore, che possono interessare l’organo
uditivo o altri organi del corpo, è determinato dall’esposizione prolungata ad alti livelli di rumore, maggiori di 80 dBA.
• Il Disturbo (30-65 dB) è un’alterazione temporanea
delle condizioni psicofisiche della persona, che
determina le difficoltà nelle comunicazioni verbali e
nel sonno.
• Il Fastidio o Annoyance (0-30 dB) è una
sensazione per la quale il soggetto è infastidito dal
rumore, si possono presentare reazioni
psicologiche o comportamentali di vario grado che
vanno dalla noia, al fastidio, a ipersensibilità, e
irritabilità.
IL RUMORE

La normativa sull’inquinamento acustico è relativamente recente.


• Legge quadro n.447 del 25 Ottobre 1995, in cui si definiscono e si espongono le competenze, i principi fondamentali in
materia di tutela dell’ambiente esterno e dell’ambiente abitativo dall’inquinamento acustico, la figura del tecnico
competente e i futuri decreti attuativi da emanare;
• D.P.C.M. 14 novembre 1997 si rinnovano i concetti di limiti accettabili e si attua la zonizzazione acustica suddividendo il
territorio in sei classi di aree acustiche omogenee;
• D.M.A. 16 marzo 1998 definisce i criteri e le modalità di esecuzione delle misure del rumore, nonché i requisiti della
strumentazione;
• D.P.R. n.142 del 30 Marzo 2004 individua l’ampiezza delle fasce di pertinenza dei vari tipi di strade ed per ciascun tipo di
strada stabilisce i limiti di pressione sonora ammissibili all’interno delle fasce di pertinenza;
• Direttiva 2002/49/CE in cui si determina l’esposizione al rumore ambientale mediante la definizione di una mappatura
acustica, si adottano in tutti gli Stati membri piani di azione, in base a quanto ottenuto dalle mappe acustiche, al fine di
evitare o comunque ridurre il rumore ambientale e si definiscono i descrittori acustici Lden e Lnight da utilizzare nella
mappatura prima citata.
IL RUMORE

Suddivisione del territorio comunale in 6 classi d’uso e relativi limiti di immissione massimi ammessi dal DPCM 1991
L’INQUINAMENTO DELL’ARIA

L’impatto che l’aria, respirata quotidianamente nelle nostre


citta, ha sulla nostra salute può essere valutato sia
quantificandone gli effetti, come ad es. l’aumento delle
affezioni delle vie respiratorie o una maggior incidenza dei
casi d’asma, ma anche mediante la stima dell’esposizione
della popolazione agli inquinanti considerati.
L’inquinamento è dovuto sopratutto a:
• Riscaldamento
• Trasporti
• Smaltimento rifiuti
• Combustioni industriali
L’INQUINAMENTO DELL’ARIA: PM10

L’inquinamento da materiale particolato PM10 e regolato in Italia dal


D.Lgs. 155 del 2010 che stabilisce due valori limite per la protezione della
salute umana: un valore limite annuale pari a 40 μg/m3 e un valore limite
giornaliero di 50 μg/m3 da non superarsi più di 35 volte in un anno.
Per materiale particolato aerodisperso si intende l’insieme delle particelle
atmosferiche solide e liquide sospese in aria ambiente. Il termine PM10
identifica le particelle di diametro aerodinamico inferiore o uguale ai
10μm.
Queste hanno una natura chimica particolarmente complessa e variabile
e sono in grado di penetrare nell’albero respiratorio umano e quindi avere
effetti negativi sulla salute. Il particolato PM10 in parte e emesso come
tale direttamente dalle sorgenti in atmosfera (PM10 primario) e in parte si
forma in atmosfera attraverso reazioni chimiche fra altre specie inquinanti
(PM10 secondario). Il PM10 puo avere sia un’origine naturale (l’erosione
dei venti sulle rocce, le eruzioni vulcaniche, l’autocombustione di boschi e
foreste) sia antropica (combustioni e altro).
Tra le sorgenti antropiche un importante ruolo e rappresentato dal traffico
veicolare.
L’INQUINAMENTO
DELL’ARIA: PM2,5

• Il materiale particolato PM2,5, definito


spesso particolato fine, e la frazione dell’aerosol
costituito dalle particelle aventi diametro
aerodinamico inferiore o uguale a 2,5 μm. La
direttiva 2008/50/CE e il D.Lgs. 155/2010 di
recepimento hanno introdotto per la prima volta
un valore limite per il PM2.5 per la protezione
della salute umana (25 μg/m3 come media
annuale).
• Il benzo(a)pirene e i metalli pesanti
arsenico (As), cadmio (Cd) e nichel (Ni) sono
spesso indicati come microinquinanti, in quanto
presenti all’interno del materiale particolato (in
massima parte nella sua frazione fine) in
concentrazioni molto piccole rispetto al totale
(generalmente con un rapporto di massa
inferiore a 1000). Nonostante le basse
concentrazioni, questi inquinanti sono oggetto di
particolare attenzione in quanto caratterizzati da
elevate tossicità accertate; si tratta di agenti
cancerogeni umani genotossici per i quali non
esiste una soglia al di sotto della quale non
sussistano rischi per la salute umana.
L’INQUINAMENTO DELL’ARIA: OZONO
Il D.Lgs. 155/2010 definisce per l’ozono ai fini della protezione della salute umana:
• un obiettivo a lungo termine* pari a 120 μg/m3, (calcolato come valore massimo
giornaliero della media della concentrazione di ozono calcolata su 8 ore consecutive),
• una soglia di informazione** di 180 μg/m3
• una soglia di allarme*** di 240 μg/m3, entrambe come media oraria.
L’ozono e un componente gassoso dell’atmosfera; la sua presenza nella stratosfera, dove
aiuta a schermare i raggi ultravioletti del sole, e di origine naturale; negli strati piu bassi
(troposfera) e presente solo a seguito di situazione di inquinamento. Infatti in una atmosfera
non inquinata, l’ozono fa parte di un ciclo cui partecipano O3 e O2 e i prodotti delle reazioni di
fotolisi, che non prevede la possibilita di accumulo. La presenza di inquinanti primari (come
composti organici volatili e ossidi d’azoto) determina l’avvio di complessi processi che sono
alla base della formazione dello “smog fotochimico” di cui l’ozono e il principale
rappresentante.
L’O3 e un irritante delle mucose, a causa del suo alto potere ossidante. Una volta inalato
penetra facilmente in profondita nell’apparato respiratorio dove esplica la maggior parte degli
effetti noti, acuti e cronici.
* Concentrazione di ozono al di sotto della quale si ritengono improbabili effetti nocivi sulla salute umana e sull’ambiente
** Livello oltre il quale c’e un rischio per la salute umana in caso di esposizione di breve durata per alcuni gruppi particolarmente sensibili della popolazione e raggiunto il
quale devono essere adottate le misure previste da norme e regolamenti
*** Livello oltre il quale c'è un rischio per la salute umana in caso di esposizione di breve durata e raggiunto il quale devono essere adottate le misure previste da norme e
regolamenti
L’INQUINAMENTO DELL’ARIA: BENZENE

La normativa (D.Lgs 155/2010) definisce per il benzene ai fini della protezione della salute umana un valore limite annuale di 5,0
μg/m3 da rispettare a partire dal 1° gennaio 2010.
Il benzene e un idrocarburo aromatico con formula C6H6, incolore, liquido a temperatura ambiente con un punto di ebollizione di
80,1 °C, dall’odore caratteristico. Fa parte della classe dei composti organici volatile e include specie chimiche organiche di vario
tipo (alcani, alcheni, aromatici, chetoni, aldeidi, alcoli ecc.). Le emissioni di benzene hanno origine prevalentemente dai processi
di combustione per la produzione di energia e per i trasporti, dal riscaldamento domestico e dai processi evaporativi presso i siti
produttivi, i siti di distribuzione e gli utenti finali (in particolare dagli autoveicoli).
La fonte di emissione principale di questo inquinante e costituita dal traffico veicolare; un contributo significativo e dovuto ad
alcuni processi industriali e all’impiego di solventi e agenti sgrassanti.
In conseguenza di una esposizione prolungata nel tempo sono accertati effetti avversi gravi quali ematossicita, genotossicita e
cancerogenicita. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanita (OMS) in conseguenza della accertata cancerogenicita del
benzene (gruppo 1 della International Agency for Research on Cancer - IARC, carcinogeno di categoria 1 per l’UE), non e
possibile stabilire livelli di esposizione al di sotto dei quali non c’e rischio di sviluppo degli effetti avversi citati.
L’INQUINAMENTO DELL’ARIA: NO2

Per il biossido di azoto, la normativa (D.Lgs 155/2010) stabilisce per la protezione


della salute umana un valore limite orario (200 μg/m3 di concentrazione media
oraria da non superare piu di 18 volte in un anno) e un valore limite annuale (40
μg/m3), entrambi da rispettare a partire dal 1° gennaio 2010.
Il biossido di azoto (NO2) e uno dei gas azotati che si forma prevalentemente in
atmosfera in conseguenza di reazioni chimiche che coinvolgono l’ossido di azoto
(NO) emesso da fonti primarie, l’ozono (O3) e alcuni radicali ossidrilici o organici.
Solo una parte (<10%) dell’NO2 presente in atmosfera e emessa direttamente dalle
fonti antropiche (combustioni nel settore dei trasporti, negli impianti industriali, negli
impianti di produzione di energia elettrica, di riscaldamento civile e di incenerimento
dei rifiuti) o naturali (i suoli, i vulcani e i fenomeni temporaleschi).

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