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Specie protette dalla Direttiva Uccelli Specie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli

BARBAGIANNI NOME SCIENTIFICO: Tyto alba

Barbagianni, di D. Montauro

Ordine: Strigiformes Famiglia: Tytonidae

Il Barbagianni è un rapace notturno, sedentario, grande circa una trentina di centimetri. Possiede una notevole apertura
alare – anche fino a 1 metro di ampiezza – che sfrutta in lunghi voli notturni in aperta campagna, durante le battute di
caccia. Rane, arvicole, talpe e topi costituiscono la sua “dieta base”, alla quale può aggiungere grossi insetti. Come accade
per altri rapaci, inghiotte le proprie prede intere, rigurgitando successivamente pelo, ossa ed esoscheletri di insetti sotto
forma di borre (piccoli ammassi sferici). Nonostante i suoi movimenti in volo siano più lenti rispetto a quelli di altri
uccelli notturni, in caso di pericolo riesce a involarsi e a fuggire facilmente.

Questo Strigiforme ha una diffusione cosmopolita: dalla Penisola Scandinava a grande parte del continente africano,
dall’America centrale e settentrionale all’America latina, sino a Indocina e Australia, il Barbagianni è presente in tutti i
continenti, eccetto l’Antartide. Ama cacciare nei prati, in zone incolte erbacee e zone ecotonali, abbondanti di siepi, filari
e corsi d’acqua. Nel bosco, predilige le zone marginali, mentre evita le fasce più ricche di vegetazione dell’interno. La sua
presenza è particolarmente favorita da grandi aree aperte, magari con canali di irrigazione e fiumi. Tuttavia, non risente
particolarmente dell’intervento dell’uomo sul territorio: frequenta tranquillamente ambienti antropizzati quali parchi e
giardini, nonché caseggiati rurali in zone di campagna coltivata.

Nelle zone interne e periferiche dei centri urbani può insediarsi con facilità in aree rurali a mosaico. Cascinali, silos,
fienili, ruderi, soffitti e travi di vecchi edifici vengono facilmente assunti come rifugio e base per il nido, che non sarà mai
veramente “costruito” ma semplicemente assumerà le sembianze di un luogo protetto e riparato. Durante la stagione degli
amori, il maschio corteggia la femmina offrendole una preda. Tra aprile e maggio, i mesi della riproduzione, vengono
deposte dalle tre alle nove uova, che saranno covate dalla femmina per circa quaranta giorni. Durante questo periodo, è il
maschio a provvedere al nutrimento della compagna. Una volta nati, i pulcini saranno poi accuditi e nutriti, ancora per
diverso tempo, da entrambi i genitori.

Le numerose sottospecie di Barbagianni presentano piccole differenze nei colori del piumaggio, sempre molto luminoso.
Tratto comune alle diverse sottospecie è la parte superiore, che mescola color grigio cenere, arancione pallido e giallo
ocra, ma anche ventre e petto completamente bianchi. Le differenze tra i sessi non sono accentuate: le femmine sono di
poco più grandi dei maschi e il loro piumaggio è di colore leggermente più scuro. Caratteristiche inconfondibili sono gli
occhi profondi e obliqui, e la maschera facciale bianca a forma di cuore. Proprio questa macchia bianca non è solo una
prerogativa cromatica della specie, ma riveste anche importanti funzioni di senso: utilizzata come se fosse un grande
padiglione, attraverso di essa sono incanalate e trasmesse le onde sonore verso i canali auricolari, in modo tale che
possano essere uditi suoni a una grande distanza. Sono proprio le sue capacità uditive, e visive, a rendere il Barbagianni
un temibile predatore.

Prospettive

Nel nostro Paese, è utile distinguere due principali popolazioni di Barbagianni. Nelle bioregioni continentale e alpina si
può osservare una tendenza negativa, comune alle Alpi e a grande parte dell’areale padano, in cui si considera come

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Valore di Riferimento Favorevole (FRV) una densità riproduttiva di 10 coppie per 100 km². Nell’area mediterranea, dove
la specie appare in migliore stato di conservazione, è auspicabile il mantenimento di densità più elevate, pari a 20 coppie
per 100 km² a scala di comprensorio, e a una sola coppia per km² su scala locale.

Fondamentale, dal punto di vista della conservazione della specie, appare mantenere in condizioni idonee i siti
riproduttivi attualmente frequentati. In alternativa, è consigliabile predisporre, tra i mesi di febbraio e luglio, apposite
cassette-nido, utilizzate dalle coppie nidificanti, su edifici ristrutturati o salvati dalla demolizione. Strutture più imponenti,
come impianti industriali e cascinali agricoli dismessi, dovrebbero poi essere sottoposti a interventi di ristrutturazione “a
rotazione”, per settori e periodi diversi, così che nel periodo riproduttivo non ci sia totale assenza di luoghi adatti alla
deposizione delle uova. È inoltre opportuno, data la minaccia di folgorazione, mettere in atto opportuni interventi di
messa in sicurezza degli elettrodotti in aree coltivate e di fondovalle.

Nello stesso tempo, è necessario mantenere e creare siti adatti alla riproduzione nelle aree agricole interessate da
fenomeni di urbanizzazione crescente, nonché dalla costruzione di nuove infrastrutture quali strade e autostrade. Una
problematica che interessa in modo particolare la Pianura Padana – con nuove autostrade e ferrovie in progetto – ma
anche le regioni centrali e meridionali. Proprio in questi contesti sarebbe opportuno progettare lunghi tratti di strada in
trincea e collocare opportuni pannelli a bordo della sede viaria – in particolare se questa è sopraelevata rispetto al piano di
campagna – allo scopo di deviare verso l’alto le traiettorie dei rapaci.

Da non dimenticare l’azione di informazione verso gli agricoltori, a cui il Barbagianni può portare molti benefici. In
effetti, parte della sua dieta è costituita da roditori e talpe, estremamente dannosi per le colture e i terreni agricoli. Ecco
perché vano incoraggiate soluzioni come l’apposizione di cassette nido montate lateralmente rispetto ai fienili.

Minacce

Particolarmente rischioso per il Barbagianni è il traffico veicolare su strade a elevato scorrimento, che percorrono vasti
tratti pianeggianti e con sede sopraelevata rispetto al piano campagna. La maggior parte dei casi di esemplari morti è
infatti dovuta al traffico veicolare. Il Barbagianni costituisce circa il 39% della totalità di Strigiformi trovati morti sulle
strade italiane nel triennio 1996-1999.

Folgorazione e impatto causati da cavi elettrici sono un altro esempio del rischio di danni alla specie causato da interventi
e infrastrutture costruite dall’uomo. Altra causa di disturbo è rappresentata dalla distruzione di alcuni tra i siti più
utilizzati per la nidificazione come ruderi, capannoni industriali, vecchi edifici dismessi, a causa di ristrutturazioni o
demolizioni complete.

Ulteriore problema, spesso causa di morte, è rappresentato dal rischio di avvelenamento, tanto in ambienti agricoli,
quanto in contesti urbani, in cui sono in atto azioni di derattizzazione. Come accade anche per l’Allocco, infatti, anche per
il Barbagianni è potenzialmente letale l’ingerimento indiretto di rodenticidi, a causa del consumo alimentare dei piccoli
mammiferi, dei quali la specie è ghiotta.

Tra le cause naturali di mortalità degli individui, figurano anche la predazione da parte un altro Strigiforme, il Gufo reale
(Bubo bubo ), nonché condizioni climatiche non adatte alle esigenze ecologiche della specie (quali inverni
particolarmente rigidi caratterizzati da un prolungato e intenso innevamento). Durante il periodo della riproduzione, il
Barbagianni può poi essere “spodestato” dall’Allocco (Strix aluco ), che ne occupa i siti scelti per deporre le uova,
all’interno di vecchi palazzi o edifici diroccati.

Stato di salute

Nonostante la popolazione nidificante europea di Barbagianni sia consistente, nel corso del ventennio 1970-1990 si è
registrato un moderato declino. La quantità di individui si è invece mostrata stabile – o addirittura in aumento in diverse
zone d’Europa – nel corso del decennio successivo. Tuttavia in vari Paesi europei la specie risulta in declino, tra cui anche
la popolazione-chiave spagnola. Fattori che contribuiscono a disegnare un quadro generale di difficoltà per la specie negli
anni più recenti.

Per il momento, la Lista Rossa Nazionale considera la specie “a più basso rischio”, mentre ne è proibita la caccia ai sensi

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della legislazione venatoria (157/92). La popolazione europea è compresa tra le 11mila e le 220mila coppie riproduttive.
Si stima che circa i due terzi del totale siano concentrati in Francia e Spagna. La popolazione italiana è invece compresa
tra 6mila e 13mila coppie. Nei Paesi europei, il successo riproduttivo è piuttosto alto, se paragonato a quello registrato nel
nostro Paese.

In Italia, la specie è localmente stabile, anche se in decremento, e sul lungo periodo risente di fluttuazioni in relazione
all’abbondanza di prede e alle caratteristiche meteoclimatiche degli inverni. É presente nelle regioni biogeografiche
alpina, continentale e mediterranea, soprattutto a quote inferiori ai 400-500 metri, nonostante la si possa sporadicamente
ritrovare anche a quote superiori (in genere fino a 700-800 metri). In Italia vive anche a quote più elevate, fino a
900-1.000 metri su Alpi e Appennini e addirittura fino a 1.500 metri in Sicilia.

Nelle regioni alpina e continentale la popolazione appare in declino, tanto sulle Alpi quanto in Pianura Padana. In
particolare, declini si sono registrati nel Pavese, già tra il 1963 e il 1977, così come a Roma, all’interno del Grande
Raccordo Anulare, nel corso degli anni ’90, quando erano stimate sole 15-20 coppie. Nel corso dello stesso decennio, si
sono poi verificate totali scomparse in provincia di Biella e Brescia. Sono attualmente stimate 50-500 coppie in Piemonte,
500-1.500 coppie in Toscana, 4-5mila coppie in Sicilia.

In provincia di Roma, la specie è concentrata in contesti urbani e suburbani e in aree edificate; ma può facilmente sostare
anche in boschi decidui e in aree archeologiche in contesti urbani e zone limitrofe. Nei contesti rurali, si concentra nelle
aree agricole, in boschi decidui e in boschi di conifere. In Puglia, è piuttosto frequente la nidificazione sulle parti più
basse delle pareti rocciose nelle gravine.

Semaforo

La specie nel nostro Paese risente purtroppo di una serie di condizioni sfavorevoli, dal rischio di avvelenamento – a
causa dei veleni utilizzati per la derattizzazione – alla riduzione dell’habitat idoneo a causa delle ristrutturazioni o delle
demolizioni di vecchi edifici. Fino alla più importante causa di morte, rappresentata, oggi, dal traffico veicolare. Fattori
che hanno causato un generale decremento della specie nel nostro Paese, con particolare riferimento alla regione
biogeografica alpina e continentale.

Fattore Stato di salute Stato di conservazione


Range* In stabilità/incremento Inadeguato
Popolazione Stabile, localmente in aumento Cattivo
Habitat della specie Stabile/in aumento Inadeguato
Complessivo Cattivo

* Variazione della popolazione negli anni

Canto

Dalla sonorità peculiare, il canto del Barbagianni suona all’orecchio come un grido acuto e penetrante, stridente, quasi
come il “fischio” di una pentola a vapore lasciata troppo a lungo sul fuoco…

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