Académique Documents
Professionnel Documents
Culture Documents
Tesi finale
Laureanda Relatore
Chiara Tomassetti ( matricola 182990 ) prof.ssa MariaVittoria Isidori
…………………… ……………………..
Introduzione pag.1
CAPITOLO I
EXCURSUS NORMATIVO
CAPITOLO II
CAPITOLO III
BES E DIDATTICA
I
3.4 Le misure dispensative e compensative pag.80
3.5 Strategie didattiche inclusive pag.83
3.5.1 Didattica metacognitiva pag.88
3.5.2Peer Education pag.92
3.6 3.5.3 La LIM pag.94
3.7 3.5.4 La flipped clasroom pag.99
CAPITOLO IV
BES E PLUSDOTAZIONE
Conclusioni pag.113
Bibliografia pag.III
Normativa pag.IV
Sitografia pag.V
Ringraziamenti
II
Introduzione
Nel secondo capitolo sono state analizzate le principali figure che all’interno
della Scuola si interessano degli alunni BES e quali caratteristiche deve avere il
docente inclusivo.
1
con BES ma sono state analizzate anche le principali metodologie che, in una
Scuola in cambiamento, possono essere utilizzate affinchè ogni alunno si senta
parte integrante di un gruppo classe stimolante, gruppo classe in cui se pur con
strumenti compensativi e misure dispensative, venga promossa la crescita di
tutti.
2
CAPITOLO I
EXCURSUS NORMATIVO
3
1.1 Prospettiva normativa internazionale
Nella Dichiarazione dei Diritti del Bambino approvata dall’ ONU nel 1959,
al principio 5 troviamo : ” Il bambino che è fisicamente o mentalmente disabile
1
Dichiarazione Universale dei diritti umani . Assemblea generale delle Nazioni Unite 10
dicembre 1948
4
o che soffre qualche compromissione sociale dovrebbe ricevere il trattamento,
l’educazione e le cure richieste dal suo caso particolare”2
Ed ancora, facendo un notevole passo avanti, possiamo citare l’Anno
internazionale delle persone disabili (1981) con il word Programme of Action
in cui viene sottolineato il diritto delle persone con disabilità a godere delle
stesse opportunità degli altri cittadini.
Più recente è la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del
13 dicembre 2006 ( full inclusion) che l’Italia , con legge n.18 del 3 marzo
2009 ( pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.61 del 14 marzo 2009) ha ratificato
e resa esecutiva.
Tale convenzione, all’art. 24 dedicato propriamente all’istruzione recita :“
Gli Stati Parti riconoscono il diritto delle persone con disabilità all’istruzione .
Allo scopo di realizzare questo diritto senza discriminazione e su una base di
uguaglianza di opportunità, gli Stati Parti faranno in modo che il sistema
educativo preveda la loro integrazione scolastica a tutti i livelli e offra , nel
corso dell’intera vita, possibilità di istruzioni finalizzate al pieno sviluppo del
potenziale umano , del senso di dignità e dell’autostima ed al rafforzamento
del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della diversità
umana.(…)”.
“Nel realizzare tale diritto , gli Stati dovranno assicurare che le persone
con disabilità non siano escluse dal sistema di istruzione generale sulla base
della disabilità e che i bambini con disabilità
non siano esclusi dall’istruzione primaria obbligatoria gratuita o
dall’istruzione secondaria in base alla disabilità.(…)”.
“Gli Stati Parti devono mettere le persone con disabilità in condizioni di
acquisire le competenze pratiche e sociali necessarie in modo da facilitare la
2
Dichiarazione dei diritti del bambino. Assemblea generale delle Nazioni Unite 20 novembre
1959
5
loro piena ed eguale partecipazione all’istruzione e alla vita della
comunità.(…)”.
“Gli Stati Parti assicureranno che le persone con disabilità possano avere
accesso all’istruzione post-secondaria generale, alla formazione professionale,
all’istruzione per adulti e alla formazione continua lungo tutto l’arco della vita
senza discriminazioni e sulla base dell’uguaglianza con gli altri.”.3
In tale documento compare ancora il termine integrazione anche se , già in
precedenza, si era cominciato a parlare di inclusione.
Pietra portante e significativa nel processo verso una scuola inclusiva è la
dichiarazione di Salamanca sui principi, le politiche e le pratiche in materia di
educazione e di esigenze educative speciali (U.N.E.S.C.O. 1994) dove viene
affrontato il tema dei bisogni educativi speciali e dell’educazione inclusiva. In
essa si può leggere :
“ 1. Noi , rappresentanti di 92 governi e di 25 organizzazioni internazionali
alla Conferenza mondiale sull’educazione e le esigenze speciali riunita a
Salamanca ( Spagna) dal 7 al 10 giugno 1994, riaffermiamo con la presente il
nostro impegno a favore dell’educazione per tutti, consapevoli che è
necessario ed urgente garantire l’educazione nel sistema educativo normale
dei bambini, dei giovani e degli adulti che hanno bisogni educativi speciali ed
approviamo il Piano
d’Azione per l’educazione e i bisogni educativi speciali, con la speranza che
lo spirito delle sue
disposizioni ed esortazioni guidi i governi e le organizzazioni.
3
Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006
6
ogni bambino ha caratteristiche, interessi, predisposizioni e necessità
di apprendimento che sono propri;
i sistemi educativi devono essere concepiti e i programmi devono essere
messi in pratica in modo da tenere conto di questa grande diversità di
caratteristiche e di bisogni;
le persone che hanno bisogni educativi speciali devono poter accedere
alle normali scuole che devono integrarli in un sistema pedagogico centrato
sul bambino, capace di soddisfare questa necessità;
le scuole normali che assumono questo orientamento di integrazione
costituiscono il modo più efficace per combattere i comportamenti
discriminatori, creando delle comunità accoglienti, costruendo una società di
integrazione e raggiungendo l’obiettivo di un’educazione per tutti, inoltre
garantiscono efficacemente l’educazione della maggioranza dei bambini,
accrescono il profitto e, in fin dei conti, il rendimento complessivo del sistema
educativo.
7
dedicare un impegno crescente sia alla messa a punto di strategie che
permettano di identificare rapidamente la necessità e di intervenire senza
ritardi, sia all’orientamento professionale dell’educazione integrata;
fare attenzione affinchè, nel contesto di un cambiamento di sistema, la
formazione degli insegnanti, iniziale o durante l’incarico, tratti delle esigenze
educative speciali nelle scuole di integrazione”4
Se da una parte in Italia si sono fatti notevoli passi avanti per quanto
riguarda l’integrazione , possiamo dire che non in tutti i paesi europei il
processo di integrazione è stato portato avanti e raggiunto allo stesso modo.
4
www.superando.it/files/docs/dichiarazionediSalamanca
5
www.isismaratea.gov.it/images/allegati
8
1.2 Verso l’inclusione scolastica nella legislazione italiana
Le tappe che hanno visto un percorso verso l’inclusione possono essere così
racchiuse:
9
Progresso medico scientifico che conduce allo sviluppo delle
conoscenze relative alle patologie
Consolidamento di una nuova concezione dell’infanzia a cui
contribuiscono il movimento delle Scuole Nuove e la Pedagogia
dell’Attivismo.6
Risale ai primi anni del 1900 la nascita delle prime classi differenziali che
accolgono alunni tardivi o con lievi anomalie psichiche e sensoriali mentre agli
alunni con gravi deficit sono riservate le scuole speciali. Fino agli anni ’20 tali
istituzioni nascono grazie all’iniziativa dei Comuni e dei privati, è poi con la
riforma Gentile del 1923 che vengono istituite scuole speciali per alunni
portatori di handicap.
Fino agli anni ‘60, per denominare una certa categoria di alunni (gli attuali
disabili) esisteva una variegata terminologia: “anormali, subnormali, irregolari,
minorati”. Questi alunni in forza della
6
www.autonomia82.gov.it/scuola_secondaria
10
non poteva fruire degli stessi trattamenti degli alunni “normali”, ma era
ammesso a frequentare strutture segreganti.
Nella legge n.1859 del 1962 istituzione e ordinamento della scuola media
statale, all’art. 12 si parla di classi differenziali “possono essere costituite
classi differenziali per alunni disadattati scolastici. Con apposite norme
regolamentari, saranno disciplinate anche la scelta degli alunni da assegnare
a tali classi, le forme adeguate di assistenza , l’istituzione di corsi di
aggiornamento per gli insegnanti relativi, ed ogni altra iniziativa utile al
funzionamento delle classi stesse.
Così come nella legge n. 444 del 1968 ordinamento della scuola materna
all’art. 3 si parla di sezioni speciali o, per i casi più gravi, di scuole materne
speciali.
7
Legge n.1859 del 31 dicembre 1962
11
Per il reperimento dei casi da ammettere alle sezioni speciali e alle scuole
materne speciali, e per l’assistenza sanitaria specifica, il servizio medico
scolastico si avvale di gruppi di esperti”.8
Solo negli anni ‘70 compaiono ingenti trasformazioni nel costume, nella
società, nella famiglia, nella cultura, nella politica che portano alla fine della
segregazione e all’avvio dell’integrazione.
Con la legge 118/1971 Nuove norme in favore dei mutilati e invalidi civili
si dispone l’inserimento degli alunni con disabilità nelle classi normali,
assicurando il trasporto, l’accesso agli edifici scolastici attraverso il
superamento delle barriere architettoniche e l’assistenza per i più gravi.
Tale legge segna la fine della separazione scolastica tra alunni normali e
alunni portatori di handicap, dando il via al loro processo di integrazione .
(L’istruzione dell’obbligo deve avvenire nelle classi normali della scuola pubblica ,
salvi i casi in cui i soggetti siano affetti da gravi deficienze intellettive o da
8
Legge n.444 del 18 marzo 1968
12
menomazioni fisiche di tale gravità da impedire o rendere molto difficoltoso
l’apprendimento o l’inserimento nelle predette classi normali9
Tale parte è stata poi abrogata dall’art. 43 della legge 5 febbraio 1992,
n.104.
9
Legge 118 del 30 marzo 1971
10
De Anna L., Pedagogia speciale . I bisogni educativi speciali. Guerini studio 2003
13
“(…) Devono inoltre essere assicurati la necessaria integrazione
specialistica , il servizio socio-psicopedagogico e forme particolari di
sostegno(…).”11
11
Legge 517 del 4 agosto 1977
12
Legge 517 del 4 agosto 1977
14
impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle
disabilità connesse all’handicap.”13
Sarà poi la legge n.170 del 2010 ad esplicitare gli interventi didattici e
personalizzati , che dovranno essere realizzati anche attraverso la redazione di
un Piano Didattico Personalizzato e l’indicazione degli strumenti compensativi
e delle misure dispensative, per l’inclusione degli alunni con disturbi specifici
d’apprendimento al fine di , come si legge nell’art.2 : ” garantire il diritto
all’istruzione, favorire il successo scolastico(…) , ridurre i disagi relazionali
ed emozionali(…)”15
13
Legge n.104 del 5 febbraio 1992
14
Legge n. 53 del 28 marzo 2003
15
Legge n. 170 dell’8 ottobre 2010
15
dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a
culture diverse.
16
De Anna L., pedagogia Speciale . I Bisogni Educativi Speciali Guerini Studio 2003
16
1.3 I BES nella scuola italiana
17
www.educationengland.org.uk/documents/warnock1978.html
18
Tabarelli s., Pisanu f., Elementi generali di approfondimento sui BES nel contesto italiano. I
quaderni della Ricerca. Loescher Editore, 2013
19
AA.VV. Bisogni Educativi Speciali. Guida alla nuova normativa RCS Libri S.p.A. , Milano
2014
17
In essa gli alunni BES vengono così definiti:
Calzante è anche la definizione di BES data da Ianes che così si esprime: ”Il
BES è qualsiasi difficoltà evolutiva, in ambito educativo e/o istruzionale,
causata da un funzionamento problematico per il soggetto in termini di danno,
ostacolo al suo benessere, limitazione alla sua libertà e stigma sociale,
indipendentemente dall’eziologia ( biostrutturale, familiare, ambientale-
culturale) e che necessita di educazione speciale individualizzata”.21
I BES riguardano gli alunni che , in una certa fase della loro crescita,
accanto a bisogni educativi normali, e cioè quelli dello sviluppo di competenze,
di appartenenza sociale, di identità e autonomia, di valorizzazione e di
autostima, di accettazione, hanno anche bisogni speciali, più complessi e
difficoltosi, talvolta patologici, generati da condizioni fisiche o da fattori
personali o ambientali che creano difficoltà di funzionamento educativo ed
apprenditivo.
È però importante dare il giusto peso al termine “speciale” per far sì che
esso non diventi stigmatizzante.
20
Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012 “ Strumenti d’intervento per alunni con Bisogni
Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”
21
Ianes D., Bisogni Educativi Speciali e inclusione Erickson 2005
18
Secondo un’analisi etimologica del termine “speciale” a cui si può fare un
breve cenno per le conseguenze di natura pedagogica-didattica e di politica
scolastica che ne possono derivare possiamo dire che “ speciale “ è tutto ciò
che si fa osservare per il suo aspetto, che si contraddistingue .
La parola deriva dal latino species che vuol dire aspetto, figura, forma
visibile e la cui radice è presente anche nel verbo spectare (osservare,
guardare).
Questo fa pensare che speciale è ciò che si fa osservare per il suo particolare
aspetto.
19
Il concetto di bisogno può avere, infatti, connotazioni negative nella nostra
lingua, e, per qualche aspetto, anche in alcune teorie psicologiche.
22
Ianes D., Bisogni Educativi Speciali e inclusione Erickson Trento 2005
23
AA.VV., Dislessia e altri DSA a scuola Erickson 2013
20
Tale categoria riguarda gli studenti con disabilità fisica, psichica o
sensoriale ( per esempio non udenti, non vedenti, affetti da disturbi dello
spettro autistico o da ritardo cognitivo).
24
Ceschel A., orientarsi tra i Bes ,bisogni educativi speciali in Scienze Magazine n.01
novembre 2014 Pearson Italia
21
patologie, sebbene essi possano manifestarsi contemporaneamente a tali
ultime condizioni. Frequentemente i disturbi in questione si presentano insieme
con altre sindromi cinetiche o altri disturbi evolutivi. L’eziologia dei disturbi
evolutivi specifici delle abilità scolastiche non è nota , ma si suppone che vi
sia un intervento significativo di fattori biologici, i quali interagiscono con
fattori non biologici producendo le manifestazioni.”
22
DSA Area dello
Disabilità Disturbi evolutivi svantaggio socio-
specifici economico-linguistico e
culturale
Tutte DSA Svantaggi derivanti
Disturbi specifici del da:
linguaggio o bassa motivi fisici
intelligenza verbale, motivi biologici
disturbi della motivi fisiologici
comprensione motivi psicologici
Disturbo della motivi sociali
coordinazione motoria, motivi economici
disturbo non verbale,
disprassia, o bassa difficoltà derivanti
intelligenza non-verbale dalla non conoscenza
Disturbo dello spettro della cultura e della
autistico lieve ( non lingua italiana
rientrante nella legge
104) interazione tra i
A.D.H.D motivi
Disturbo oppositivo
provocatorio
Disturbo nella
condotta
Disturbo d’ansia e
dell’umore
Funzionalità cognitivo
limite
comorbilità
23
Riscontri documentali
25
Ianes D., Cramerotti S., Alunni con Bes Bisogni Educativi Speciali indicazioni operative
per promuovere l’inclusione sulla base della D.M. 27/12712 e della C.m. n.8 del 06/03/13
Erickson 2013
24
Il concetto di bisogno educativo speciale è quindi una macrocategoria che
comprende dentro di sé tutte le possibili difficoltà educativo-apprenditive degli
alunni.
25
dando conseguentemente diritto alle provvidenze ed alla misure previste dalla
stesse legge quadro, e tra queste, all’insegnante di sostegno.
26
per cui, se adeguatamente sostenuti e indirizzati verso i percorsi scolastici più
consoni alle loro caratteristiche, potranno avere una vita normale.
26
Legge n.170 dell’8 ottobre 2010
27
ibidem
27
Vi si legge infatti che “in questa nuova e più ampia ottica, il Piano
Didattico Personalizzato non può più essere inteso come mera esplicitazione di
strumenti compensativi e dispensativi per gli alunni con DSA; esso è bensì lo
strumento in cui si potranno, ad esempio, includere progettazioni didattico
educative calibrate sui livelli minimi attesi per le competenze in uscita,
strumenti programmatici utili in maggior misura rispetto a compensazioni o
dispense, a carattere squisitamente didattico-strumentale”.28
La Circolare passa poi a fornire chiarimenti per gli alunni con svantaggio
culturale e socioeconomico o personale, parte questa altamente innovativa: “Si
vuole inoltre richiamare ulteriormente l’attenzione su quell’area dei BES che
interessa lo svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale”.29
Con riferimento alla Direttiva, passa poi a ricordare che “ogni alunno, con
continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi
Speciali, o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi
psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano
adeguata e personalizzata risposta”.30
28
Circolare Ministeriale n.8 del 6 marzo 2013
29
ibidem
30
ibidem
28
familiari difficili, in altri casi ancora potrà essere uno specifico intervento
psicoeducativo nel caso di comportamenti problema.
Il modello ICF, adottato nel nostro Paese nel 2002, riguarda quindi tutte le
persone e non soltanto quelle con disabilità ed esplora le diverse condizioni di
salute.
31
www.mhadie.it
32
Sen A., L’idea di giustizia Mondadori Milano 2011
33
Cottin L., Didattica speciale e integrazione scolastica Carocci Editore Roma , 2009
29
Secondo il modello bio-psico-sociale, una persona che presenta
un’alterazione dei livelli funzionali o strutturali del proprio corpo, non viene
più definita “svantaggiata” in un senso statico e rigido, ma, interagendo con
l’ambiente, potrà vivere due condizioni
30
intervento di individualizzazione. Difficile è infatti per una famiglia
intraprendere un percorso diagnostico che ha come unico sbocco una diagnosi
clinica e magari misure di supporto segreganti e stigmatizzanti. Se il concetto
di BES deriva da un modello globale di funzionamento educativo e
apprenditivo ed è considerato come possibilmente transitorio e reversibile,
allora l’impatto psicologico e sociale di questa valutazione e riconoscimento
sarà più lieve e meno doloroso per l’alunno e la sua famiglia.
31
Un bisogno educativo speciale è una difficoltà che si deve manifestare in
età evolutiva e cioè entro i primi 18 anni di vita del soggetto. Questa difficoltà
si manifesta negli ambiti di vita dell’educazione e/o istruzione.
Nella grande dialettica fra queste due enormi classi di forze, biologiche e
contestuali, si trova il corpo del bambino, come concretamente si sta
sviluppando dal punto di vista strutturale e come si stanno sviluppando le varie
funzioni, da quelle mentali a quelle motorie e di altro genere .
32
L’alunno che viene conosciuto e compreso, nella complessità dei suoi
bisogni, attraverso il modello ICF, può evidenziare difficoltà specifiche in sette
ambiti principali:
34
Linea didattica.altervista.org
33
questi casi il funzionamento globale è minacciato da un imput biologicamente
significativo, che irrompe sulla scena e può condizionate in maniera
drammatica l’apprendimento e l’educazione. Spesso problemi in questo ambito
portano a problemi anche nell’ambito successivo, quello delle strutture
corporee.
34
economica difficile, subire atteggiamenti ostili, indifferenza o rifiuto, può
subire scarsità di servizi, poche risorse educative sanitarie, incontrare barriere
architettoniche.
35
benessere di insegnante e genitore, ma anche da una scarsa preoccupazione, da
un non cogliere in anticipo possibili fonti di difficoltà. La valutazione deve
quindi essere quanto più oggettiva possibile.
Il primo criterio per una valutazione oggettiva può essere quello del danno
effettivamente vissuto dall’alunno e prodotto su altri rispetto alla sua integrità
attuale fisica, psicologica o relazionale. Una situazione di funzionamento è
realmente problematica per un bambino se lo danneggia direttamente o
danneggia altri, basti pensare a disturbi del comportamento gravi,
all’autolesionismo, a disturbi emozionali gravi, a gravi deficit di attività
personali, a situazione di gravi rifiuti o allontanamento dal gruppo. In questi
casi si può osservare un danno diretto al bambino o ad altri che lo circondano.
Questa idea di BES, fondata sul funzionamento globale della persona porta
ad un superamento delle categorie diagnostiche tradizionali nella fase del
riconoscimento di una situazione problematica a motivo della quale l’alunno ha
diritto ad un intervento individualizzato e inclusivo.
36
Ciò non significa ignorare o rifiutare le diagnosi cliniche nosografiche ed
eziologiche che hanno un profondo significato per gli aspetti conoscitivi legati
alla terapia, alla prevenzione, ma significa
cercare un modo globale, più a valle della diagnosi, più largo, più
comprensivo e più rispondente a quella che è una reale situazione di BES e di
difficoltà.
In questo modello di BES entrano anche alcuni alunni che non potrebbero
essere diagnosticati con alcuna delle condizioni patologiche tradizionali, ma
che hanno talvolta enormi bisogni educativi speciali che vanno riconosciuti in
tempo anche se sfuggono ai sistemi di classificazione tradizionale e a cui va
data una risposta inclusiva efficace.35
35
Ianes Bisogni educativi speciali e inclusione Erickson Trento 2005
37
La scuola, e i processi in essa attivati, devono assumere la dimensione della
dinamicità e plasticità in ordine a consentire la partecipazione e l’accesso ai
saperi attraverso percorsi e modalità didattiche plurali, divergenti,
individualizzate e, in taluni casi, anche personalizzate36
36
Ianes Bisogni educativi speciali e inclusione Erickson Trento 2005
38
CAPITOLO II
39
2.1 Ruoli e organismi d’Istituto
La C.M. n.8 del 6 marzo 2013 individua anche gli organismi che, all’interno
dell’Istituto, devono occuparsi degli alunni con BES.
Proprio per questo, nel caso in cui venga individuata una figura BES
all’interno della scuola, questa non necessariamente deve coincidere con il
docente di sostegno eventualmente presente nella scuola per gli alunni
diversamente abili; pur essendo tale docente portatore di una formazione
specialistica e quindi risorsa per l’intero Istituto in materia di metodologie,
suggerimenti pratici e concreti per una didattica inclusiva è preferibile ,infatti,
allargare quanto più il raggio di coinvolgimento dei docenti della Scuola.
Nel rispetto delle autonome scelte ciascuna scuola potrà dotarsi quindi delle
figure di sistema che ritiene più funzionali alla propria organizzazione
scolastica e che garantiscano, nell’ambito di un progetto che deve attuare una
costruttiva sinergia tra tutte le componenti sociali responsabili dello sviluppo
dell’individuo, di:
40
partecipare ai CdC/Team , se necessario, e fornire
collaborazione/consulenza alla stesura di PDP e PEI;
organizzare momenti di approfondimento/formazione/aggiornamento
sulla base delle necessità rilevate all’interno dell’Istituto;
monitorare/valutare i risultati ottenuti e condividere proposte con il
Collegio Docenti e Consiglio d’Istituto;
gestire e curare una sezione della biblioteca d’Istituto dedicata alle
problematiche sui BES;
gestire il sito web della scuola in merito ai BES e collaborare con il
referente POF di Istituto;
aggiornarsi continuamente sulle tematiche relative alle diverse tipologie
che afferiscono ai BES;
Il GLI dovrà :
41
operare un focus/controllo sui casi, consulenze, supporto ai colleghi su
strategie/metodologie di gestione delle classi;
porsi come interfaccia dei CTS e dei servizi sociali e sanitari territoriali.
Al termine di ogni anno scolastico, secondo la C.M. n.8 del 6 marzo 2013,
ogni scuola, come già detto, deve redigere il PAI. Scopo del PAI è quello di
42
fornire un elemento di riflessione per il ( Piano dell’Offerta Formativa) POF,
di cui esso è parte integrante. Esso viene discusso e deliberato dal Collegio
Docenti e non va inteso come un mero adempimento burocratico, bensì come
uno strumento che possa contribuire ad accrescere la consapevolezza
dell’intera comunità educante sulla centralità e la trasversalità dei processi
inclusivi in relazione alla qualità dei risultati educativi, per creare un contesto
educante dove realizzare concretamente la scuola per tutti e per ciascuno.
un concreto impegno programmatico per l’inclusione , basato su una
attenta lettura del piano di inclusività della scuola e su obiettivi di
miglioramento, da perseguire nel senso della trasversalità delle prassi di
inclusione negli ambiti dell’insegnamento curricolare, della gestione
delle classi, dell’organizzazione dei tempi e degli spazi scolastici, delle
relazioni tra docenti , alunni e famiglie;
criteri e procedure di utilizzo funzionale delle risorse professionali
presenti privilegiando, rispetto a una logica meramente quantitativa di
distribuzione degli organici, una logica qualitativa, sulla base di un progetto di
inclusione condiviso con famiglie e servizi sociosanitari che recuperi l’aspetto
37
D.M. 275/99
43
pedagogico del percorso di apprendimento e l’ambito specifico di competenza
della scuola;
l’impegno a partecipare ad azioni di formazione e/o di prevenzione
concordate a livello territoriale.
Tornando agli obiettivi del PAI si può dire che , in generale, il suo obiettivo
è quello di favorire i processi di apprendimento e di acquisizione di
competenze in tutti gli alunni, di rendere ogni soggetto, qualsiasi siano le sue
caratteristiche, il più autonomo possibile, di favorire in ogni soggetto una
crescita autonoma, mettendolo in condizioni di sperimentare attività in prima
persona. A garantire la realizzazione di tali piani sarà il Dirigente Scolastico
che , come ricordano le Linee Guida, nella logica dell’autonomia scolastica , è
il garante del diritto allo studio, dei servizi erogati e delle opportunità
formative offerte dalla scuola. Il Dirigente ha il compito di attivare e garantire
gli interventi di personalizzazione e individualizzazione previsti dalla
normativa e promuovere rapporti tra docenti e famiglia, sostenere gli
insegnanti promuovendo attività di formazione per il conseguimento di
specifiche competenze.
44
2.2 L’organizzazione territoriale
In una logica di sistema formativo integrato che investe sulla centralità della
persona e sui rapporti scuola, famiglia e territorio, il compito di coordinamento
e di indirizzo delle politiche scolastiche è demandato agli Uffici Scolastici
Regionali.
Tali Uffici hanno istituito, in accordo con il MIUR , I CTS collocati presso
scuole polo e la cui sede coincide con quella dell’istituzione scolastica che li
accoglie. Essi rappresentano l’interfaccia fra l’Amministrazione e le scuole e
tra le scuole stesse e svolgono le seguenti funzioni:
informano i docenti, gli alunni, gli studenti e i loro genitori delle risorse
tecnologiche disponibili, sia gratuite sia commerciali;
organizzano iniziative di formazione sui temi dell’inclusione scolastica
e sui BES, nonché nell’ambito delle tecnologie per l’integrazione, rivolte al
personale scolastico, agli alunni o alle loro famiglie;
offrono, attraverso il contributo di un esperto, consulenza nell’ambito
della tecnologia, coadiuvando le scuole nella scelta dell’ausilio e
accompagnando gli insegnanti nell’acquisizione di competenze o pratiche
didattiche che ne rendano efficace l’uso anche in relazione alle attività di studio
a casa in collaborazione con la famiglia;
acquistano ausili adeguati alle esigenze territoriali e possono definire
accordi con le Ausilioteche e/o Centri Ausili presenti sul territorio;
raccolgono le buone pratiche di inclusione realizzate dalle istituzioni
scolastiche e, opportunamente documentate, le condividono con le scuole del
territorio di riferimento;
individuano le modalità di personalizzazione che nel territorio sono
risultate più efficaci, così da assicurarne la diffusione tra i docenti della singola
scuola e tra scuole di diverso grado e indirizzo;
45
raccolgono i piani educativi individualizzati e i piani didattici
personalizzati in un unico contenitore digitale che ne conservi sia la memoria
nel tempo che la socializzazione telematica ;
inquadrano ciascun percorso educativo e didattico in un quadro
metodologico condiviso e strutturato con le parti sociali e istituzionali della
comunità di riferimento non solo per calibrare le attese rispetto alle barriere da
superare in quel determinato contesto ma soprattutto per evitare
improvvisazioni, frammentazioni e contraddittorietà degli interventi dei singoli
docenti, educatori , orientatori.
46
2.3 Il Profilo del docente inclusivo
Tra le questioni più rilevanti che gli insegnanti di ogni ordine e grado di
scuola si trovano ad affrontare emerge quella connessa all’eterogeneità degli
alunni, caratterizzata da diversità e originalità dal punto di vista degli stili e
delle strategie di apprendimento, dei bisogni emotivo-affettivi, degli
atteggiamenti relazionali, nonché delle specifiche situazioni familiari e
ambientali. Tale questione appare strettamente connessa a quella
dell’integrazione di tutti e di ciascuno in un contesto scolastico sempre più
aperto allo scambio e alla partecipazione democratica, ai percorsi
dell’inclusione , all’interno di un tessuto sociale caratterizzato da pluralità e
diversità culturale, atteggiamenti e stili di vita, abitudini e costumi, nonché
orientamenti religiosi e valoriali assai diversi tra loro. La scuola inclusiva
richiede formazione e aggiornamento permanente per l’insegnante e il corpo
dirigenziale. Un percorso che lascia alle spalle lo scenario duale tradizionale di
separazione tra insegnate curricolare e insegnante specializzato, perché
obsoleto e inadeguato a rappresentare una realtà multiforme, pluriproblematica,
in transizione che richiede una rivoluzione copernicana del modo di
organizzare la didattica.
38
Rossi A. Verso una cultura sociale dei BES -il sistema per l’inclusione- edizioni la
Meridiana Bari, 2014
47
principalmente l’educare e il favorire il processo armonico di sviluppo
dell’allievo come persona.
Stare bene a scuola per un alunno implica, infatti, non solo fattori quali un
apprendimento efficace ma anche buone relazioni con gli altri e una positiva
percezione di se stesso. Si tratta di fattori spesso interdipendenti che non
sempre risultano però in buon equilibrio e che, in ogni alunno, si combinano in
maniera diversa.
In tal senso il lavoro del docente si è fatto più difficile poiché sono davvero
tante le variabili e le differenze con cui è chiamato a confrontarsi in una classe:
intelligenze multiple, stili cognitivi, difficoltà di apprendimento, disabilità,
disturbi del comportamento, problemi relazionali.
In tale contesto il ruolo del docente acquista una valenza nuova e rilevante.
In tal senso diviene sempre più necessario fare appello alle competenze
psicopedagogiche dei docenti “curricolari” per affrontare il problema , che non
può più essere delegato solo a specialisti esterni. Nel profilo professionale del
48
docente sono ricomprese, infatti, oltre alle competenze disciplinari, anche
competenze psicopedagogiche.39
Saper leggere i bisogni degli alunni con bisogni educativi speciali significa
anche saperli interpretare e sapervi far fronte: in questo senso l’insegnante
rappresenta il primo strumento compensativo, il primo facilitatore, il
catalizzatore dell’apprendimento, l’amplificatore dei risultati, un modello di
identificazione. Quando un alunno manifesta uno svantaggio scolastico e
chiede una speciale attenzione, l’approccio educativo e didattico da seguire
dovrebbe rispettare una gerarchia d’interventi.
39
CCNL comparto scuola art.27 profilo professionale docente
40
www.icsneviano.gov.it/fileallegati/158509strumentidiinte
49
Solo dopo aver appurato l’eventuale fallimento dell’intervento abilitativo e
dei sistemi compensativi, si può optare per la possibilità di dispensare l’alunno.
41
Ianes D., Cramerotti S., Alunni con Bes bisogni Educativi Speciali indicazioni operative
per promuovere l’inclusione sulla base della D.M. 27/12712 e della C.m. n.8 del 06/03/13
Erickson 2013
50
2.4 La formazione degli insegnanti
42
Isidori M.V., I disturbi specifici dell’apprendimento a scuola -la formazione degli
51
sviluppare la capacità dei nuovi insegnanti ad essere più inclusivi nella
pratica scolastica quotidiana
abilitare nuovi docenti capaci nelle strategie didattiche nonché esperti
dei contenuti disciplinari.
43
Agenzia Europea per lo Sviluppo dell’Istruzione degli Alunni Disabili (2012) Profilo dei
docenti inclusivi, Odense, Danimarca. European Agency for Development in Special Needs
Education
52
2.5 La valutazione dell’inclusività
44
www.ctsntd-milano.net
53
I modelli a disposizione per valutare la Scuola sono molti, fra gli altri
troviamo l’Index per l’inclusione che la Circolare Ministeriale n.8/2013 indica
come uno degli strumenti utili ai fini della rilevazione, del monitoraggio e della
valutazione del grado di inclusività della scuola.
su tutti gli alunni della scuola, non si limita agli alunni disabili o agli
alunni con bisogni educativi speciali, ma prende in carico l’insieme delle
differenze;
ai valori e alle condizioni dell’insegnamento e dell’apprendimento.
Ogni dimensione contiene due sezioni; a sua volta ogni sezione è declinata
in diversi indicatori (44 in totale) che rappresentano il livello direttamente
osservabile e misurabile di un determinato aspetto sulla base di dati e situazioni
precise.
54
Ad ogni indicatore corrispondono una serie di domande che esplorano nel
dettaglio la realtà della scuola. L’analisi della scuola viene effettuata tramite
questionari con domande chiuse e aperte. I questionari, che possono essere
modificati per adattarsi al contesto e sono basati sugli indicatori, sono rivolti al
personale scolastico, alle famiglie, agli alunni.
55
CAPITOLO III
BES E DIDATTICA
56
3.1 La Scuola dell’educazione inclusiva
La diversità in tutte le sue forme deve essere considerata una risorsa e una
ricchezza, piuttosto che un limite, e nell’ottica dell’inclusione si deve lavorare
per rispettare le diversità individuali.
Tale compito diventa sempre più difficile a causa di una sempre maggiore
complessità della società odierna che inevitabilmente si riflette anche sul
mondo scolastico. Proprio per questa complessità , in ogni classe è possibile
trovare alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una
varietà di situazioni.
Gli insegnanti si rendono conto sempre più che le classi sono abitate, di
norma, da alunni che percepiscono essere sempre più diversi. Ne vedono la
diversità nei processi di apprendimento, negli stili di pensiero, nelle dinamiche
di relazione e di attaccamento, nei vissuti familiari, sociali, culturali.
57
In tale contesto l’educare dovrà basarsi sull’adozione di un modello di
curricolo che faciliti l’apprendimento di tutti gli alunni nelle loro diversità e
l’inclusione dovrà rappresentare un processo in cui gli alunni, a prescindere da
abilità, genere , linguaggio, origine etnica o culturale, possano essere
ugualmente valorizzati e forniti di uguali opportunità.
45
Ianes D., Celi F., Cramerotti A., Il piano educativo individualizzato Erickson 2003
58
Tale concetto viene spesso ripreso da Canevaro secondo il quale uno dei
punti forti del modello scolastico italiano è dato dalla possibilità di spostare
l’attenzione dall’insegnamento all’apprendimento, “cogliendo in tal modo la
pluralità dei soggetti più che l’unicità degli insegnanti , perché
l’apprendimento è di ciascuno dei soggetti che apprendono e ciascuno ha il
proprio stile di apprendimento”.46
Alla luce di quanto detto nel primo capitolo in riferimento all’interazione tra
ogni individuo e il suo ambiente , è evidente poi che, in ogni scuola inclusiva,
ogni intervento educativo debba considerare tutti i fattori ambientali e genetici
che interagiscono tra di loro e che sono responsabili di quel processo di
sviluppo che Piaget definisce il “viaggio dallo stato di individuo allo stato di
persona”.47
47 Carlini A., Disabilità e bisogni educativi speciali nella scuola dell’autonomia Tecnodid
Editrice 2012
59
Promuovere l’inclusione significa stimolare il dibattito, incoraggiare
atteggiamenti positivi ed adottare strutture scolastiche e sociali che possano
affrontare le nuove richieste che oggi si presentano”48
60
l’integrazione l’integrazione tende a identificare uno stato, una condizione,
l’inclusione rappresenta piuttosto un processo, una filosofia dell’accettazione,
ossia la capacità di fornire una cornice dentro cui gli alunni- a prescindere
da abilità, genere, linguaggio, origine etnica o culturale- possono essere
ugualmente valorizzati, trattati con rispetto e forniti di uguali opportunità a
scuola, (…) .
Inclusione è ciò che avviene quando ognuno sente di essere apprezzato e
che la sua partecipazione è gradita.”50
Il nodo fondante è quello di una didattica davvero inclusiva, centrata sui
bisogni e sulle risorse personali, che riesca a rendere ciascun alunno
protagonista dell’apprendimento qualunque siano le sue capacità, le sue
potenzialità e i suoli limiti. Va favorita pertanto la costruzione attiva della
conoscenza, attivando le personali strategie di approccio al “sapere” ,
rispettando i ritmi e gli stili di apprendimento e assecondando i meccanismi di
autoregolazione.
50
Booth T., Ainscow M., L’index per l’inclusione Erickson Trento 2008
61
promozione della democrazia e di un set di valori fondati sull’uguaglianza e
sulla giustizia sociale affinché tutti partecipino al proprio apprendimento.
Un approccio inclusivo promuove un equo accesso alle opportunità
d’istruzione e favorisce la qualità dell’insegnamento, a beneficio di tutti i
ragazzi, non solo dei più svantaggiati.
In questo modo il sistema d’istruzione può assicurarsi che nessuno sia
lasciato indietro e che tutti realizzino il loro diritto all’istruzione raggiungendo
il loro massimo potenziale in termini di capacità cognitive, emozionali e
creative. Un approccio inclusivo promuovere l’apprendimento attivo e
cooperativo, la pianificazione didattica individualizzata e l’uso di materiali
appropriati.
Tutto ciò comporta una ristrutturazione della scuola sotto molti aspetti.
La scuola inclusiva deve prevedere un’organizzazione flessibile, una
differenziazione della didattica, un ampliamento dell’offerta formativa nonché
un innalzamento della qualità di quest’ultima, creando reti tra scuole oltre che
una rete di collaborazione e corresponsabilità tra scuola, famiglia e territorio.
Il ruolo della famiglia è fondamentale nel supportare il lavoro degli
insegnanti e nel partecipare alle decisioni che riguardano l’organizzazione delle
attività educative e rappresenta un punto di riferimento essenziale per una
corretta inclusione scolastica dell’alunno sia perché fonte d’informazioni
preziose sia perché luogo in cui avviene la continuità tra educazione genitoriale
e scolastica.
Possiamo , sinteticamente racchiudere l’analisi del processo inclusivo,
utilizzando le parole di De Vecchi che individua cinque principi chiave relativi
all’inclusione. 51
Accettare la diversità: la diversità è una caratteristica essenziale della
condizione umana
51
www.istruzione.lombardia.gov.it
62
Assicurare la propria partecipazione attiva: l’inclusione non vuol dire
assicurare un posto in classe. Essere inclusivi richiede uno sforzo continuo che
assicuri una partecipazione attiva dell’alunno nell’ambito pedagogico e sociale
Sviluppare pratiche di collaborazione: l’inclusione è un processo
continuo che richiede il supporto di tutti gli interessati
Immaginare una scuola diversa: una scuola inclusiva è una scuola
diversa che impara da se stessa e promuove il cambiamento e lo sviluppo.
63
3.2 Individuazione degli alunni con BES
In merito alle aree di disabilità e dei disturbi evolutivi la scuola può trovarsi
in una situazione in cui tali patologie o disturbi siano già stati diagnosticati e
certificati da parte di professionisti dell’ambito clinico-riabilitativo, oppure
nella condizione in cui è l’osservazione sistematica dei comportamenti e delle
prestazioni scolastiche dello studente che fa sospettare l’esistenza di limitazioni
funzionali nello studente a causa di probabili patologie o disturbi.
Essi possono spaziare dagli interessi che l’alunno manifesta, agli eventuali
comportamenti problematici che evidenzia, dalle eventuali barriere alle risorse
a sua disposizione.
64
con fondatezza il prevalere dei vissuti personali dei ragazzi o dei fattori
dell’ambiente di vita quali elementi ostativi dell’apprendimento.
65
Impegno costante
alterno
superficiale
incostante
Partecipazione e interesse vivo
discreto
limitato ad alcune attività
saltuario
passivo
Autonomia efficace in attività adeguate
efficace in attività semplici
richiede mediazioni
va guidato costantemente
Comportamento rispettoso e corretto
vivace ma corretto
irrequieto
oppositivo
non corretto, a volte
aggressivo
Relazione con pari serena/aperta
riservata
conflittuale/oppositiva
limitata/elitaria
isolato
Relazione con adulti rispettosa
timida
conflittuale/oppositiva
Comprensione Ha difficoltà in:
conoscenza lessicale
66
comprensione semantica
comprensione d’ascolto
Attenzione prolungata
media
alterna
tempi ridotti/molto brevi
Memoria Ha difficoltà in:
memoria di lavoro
memoria a breve termine
memoria a lungo termine
memoria verbale
memoria uditiva
memoria visuo-spaziale
memoria cinestesica
Modi dell’apprendimento Ha difficoltà in:
formulazione di ipotesi
procedere per anticipazioni e
inferenze
operare con il conflitto
cognitivo
realizzare il monitoraggio e
l’autovalutazione del proprio
operare
portare a termine il lavoro in
tempi adeguati
52
Isidori M.V. Bisogni Educativi Speciali FrancoAngeli Editore 2016
67
Per la valutazione emotivo-affettiva possono essere usati:
il test ACESS che nasce quale risultato di una ricerca sulle variabili che
possono influenzare o essere influenzate da successo scolastico. È uno
strumento multidimensionale, poiché valuta diverse dimensioni quali il livello
di adattamento al contesto scolastico, di controllo dell’emotività, di identità
corporea, di adattamento sociale e delle relazioni familiari.
il test TMA che propone quale ambito di attenzione valutativo la
dimensione dell’autostima, declinata in 6 aree di interesse: relazioni
interpersonali, competenza di controllo sull’ambiente, emotività, successo
scolastico, vita familiare e vissuto corporeo.
Lo Youth Self Report che è un questionario di autovalutazione
multiassiale, che valuta le competenze sociali e i problemi emotivo-
comportamentali di bambini e adolescenti di età compresa tra gli 11 e i 18 anni.
68
WPPSI (Wechsler Preschool and Primary Scale of Intelligence) giunta
alla terza revisione
WISC (Wechsler Adult Intelligence Scale), giunta alla quarta revisione
69
3.3 PEI e PDP
Poichè non è possibile elaborare percorsi specifici per alunni che non si
conoscono bene, il Piano didattico personalizzato non può essere elaborato il
primo giorno di scuola .
Nel caso di alunni con bisogni educativi speciali tali bisogni vengono
riconosciuti dai docenti e sarà il consiglio di classe o il team docente ad
elaborare il PDP.
Infatti mentre è chiaro che un alunno straniero appena giunto in Italia avrà
subito bisogno di un piano didattico personalizzato, sarà necessario un tempo
più lungo di osservazione nei casi di deprivazione socio culturale o di
generiche e persistenti difficoltà scolastiche.
70
didattico-educativo, strumenti compensativi, misure dispensative, verifica e
valutazione, patto con la famiglia.
Nel caso di uno studente delle superiori con DSA o con BES , pienamente
consapevole delle proprie caratteristiche di apprendimento, consapevole dei
propri punti di forza e dei propri punti di caduta sarà utilissimo che il referente
DSA o BES oppure il coordinatore di classe o anche un docente con cui il
ragazzo o la ragazza si sentono a proprio agio , possa avviare una riflessione su
cosa sia meglio fare o non fare di fronte allo studio delle varie discipline, ciò
metterà in moto nello studente una vera dimensione metacognitiva del proprio
stile di apprendimento e sarà lo stesso studente a comunicare quali strumenti
compensativi e quali misure dispensative senta consone o ancora quali
modalità organizzative del lavoro scolastico gli consenta, ad esempio, di
contenere l’ansia, o gli permetta una maggiore autonomia di studio.
53
Gabrielli R. Anno nuovo documentazione nuova tratto da BES e DSA in classe , rivista
pratica per l’inclusione scolastica, n. 3 , settembre 2014
71
redatto un piano didattico personalizzato con caratteristiche nettamente
contrapposte.
Alla base del Piano educativo individualizzato troviamo infatti la diagnosi
funzionale che è la descrizione analitica della compromissione funzionale dello
stato psicofisico dell’alunno , essa deve contenere l’anamnesi familiare, gli
aspetti clinici e gli aspetti psicosociali ed è redatta dalle ASL.
La diagnosi funzionale oltre alla compromissione psicofisica deve registrare
anche le effettive potenzialità dell’alunno in ordine agli aspetti : cognitivo (
livello di sviluppo raggiunto), affettivo-relazionale ( autostima e rapporto con
gli altri), linguistico ( capacità di comprensione, produzione e linguaggi
alternativi), sensoriale ( tipo e grado di deficit sensoriale), motorio-prassico (
motricità globale e motricità fine), neuropsicologico (memoria, attenzione,
organizzazione spazio-temporale), autonomia ( personale e sociale).
Successivamente alla diagnosi funzionale viene redatto il Profilo Dinamico
Funzionale. Esso è un documento che raccoglie la sintesi conoscitiva, riferita al
singolo alunno, relativamente alle osservazioni compiute sullo stesso in
contesti diversi, da parte di tutti i differenti operatori che interagiscono con lui:
famiglia, scuola, servizi.
Ha lo scopo di integrare le diverse informazioni già acquisite ed indicare,
dopo il primo inserimento scolastico, "il prevedibile livello di sviluppo che
l’alunno potrà raggiungere nei tempi brevi (sei mesi) e nei tempi medi (due
anni)".54
54
D.P.R. 24/02/94
72
progressivamente, rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della
persona handicappata". 55
Ha lo scopo di condividere le informazioni che delineano il funzionamento
della persona nei diversi contesti di vita al fine di individuare le possibili aree
di sviluppo e definire i relativi obiettivi su cui basare gli interventi riabilitativi,
educativi e didattici.
Esso viene redatto dalle Asl in collaborazione con il personale insegnante e i
familiari o gli esercenti la patria potestà e costituisce la premessa per la
redazione del Piano Educativo Individualizzato ( PEI) che è il documento
conclusivo e operativo nel quale vengono descritti gli interventi integrati ed
equilibrati tra loro, predisposti per l'alunno con disabilità, per un determinato
periodo di tempo, ai fini della realizzazione del diritto all'educazione e
all'istruzione, di cui ai primi quattro commi dell'art.12 della Legge 104/92.56
La strutturazione del P.E.I. è complessa e si configura come mappa
ragionata di tutti i progetti di intervento: didattico-educativi, riabilitativi, di
socializzazione, di integrazione tra scuola ed extra-scuola.
Esso è redatto da tutti coloro che, in modi, livelli e contesti diversi, operano
per "quel determinato soggetto in situazione di handicap” .
55
D.L. 297/94
56
D.P.R. 24/02/94
73
A partire dal PEI , documento previsto dalla Legge 104 verrà poi
predisposta una programmazione curricolare differente da quella prevista dalla
classe.
Per quanto riguarda gli alunni stranieri la circolare n.2563 del 22/11/2013
ha cambiato la precedente normativa precisando che gli alunni stranieri che
possono beneficiare di un PDP devono essere:
57
Ianes D., Bisogni Educativi Speciali e inclusione Erickson 2005
74
Per tutti gli altri alunni di diversa nazionalità e provenienza che non
rispondono al profilo sopra descritto la Circolare di riferimento è la 8/2013
che, relativamente all’integrazione degli alunni stranieri, prevede l’attivazione
di corsi e di interventi didattici finalizzati all’apprendimento della lingua
italiana.
Diverso è invece il caso di disturbi più complessi e stabili nel tempo e dei
DSA, per i quali sono necessari interventi più strutturati.
Mentre , come detto prima, a partire dal PEI viene predisposta una
programmazione curricolare differente da quella prevista dalla classe, il PDP
consente di diversificare le metodologie, i tempi e gli ausili didattici per
l’attuazione di una programmazione curricolare che rimane uguale a quella
prevista per la classe di appartenenza.
75
della piena inclusione. A tal proposito nella Circolare n.8/2013 si legge : “ In
questa nuova e più ampia ottica, il Piano Didattico Personalizzato non può più
essere inteso come mera esplicitazione di strumenti compensativi e dispensativi
per gli alunni con DSA; esso è bensì lo strumento in cui si potranno, ad
esempio, includere progettazione didattico-educative calibrate sui livelli
minimi attesi per le competenze in uscita ( di cui moltissimi alunni con BES,
privi di qualsivoglia certificazione diagnostica, abbisognano), strumenti
programmatici utili in maggior misura rispetto a compensazioni o dispense, a
carattere squisitamente didattico-strumentale.”“ Ove non sia presente
certificazione clinica o diagnosi, il Consiglio di Classe o il team dei docenti
motiveranno opportunamente, verbalizzandole, le decisioni assunte sulla base
di considerazioni pedagogiche e didattiche; ciò al fine di evitare contenzioso.”
Quando identifica l’alunno come BES la scuola deve aver già chiaro il tipo
di intervento che intende attuare con quello specifico alunno, a supporto delle
sue difficoltà, perché solo in questo modo è possibile una consapevole
valutazione di convenienza.
Paradossalmente si può dire che gli alunni nei confronti dei quali ci si sente
impotenti perché non si sa cosa fare per loro, per quanto evidenti e gravi siano i
loro bisogni educativi, non possono essere considerati BES finchè non si sarà
in grado di dire come si intende effettivamente personalizzare il loro percorso
per poter valutare se esso sarà opportuno e conveniente.
Solo per il PDP dei DSA la normativa , nelle linee guida del 2011 , definisce
i contenuti del documento di programmazione.
76
Quanto espresso per il PDP dei DSA può essere un riferimento importante,
da prendere in considerazione come spunto di riflessione anche per gli altri
BES, ma non è assolutamente proponibile una sua automatica estensione
essendo l’approccio per i DSA troppo orientato verso strategie
compensative/dispensative, difficilmente applicabili in altri contesti senza
sostanziali correttivi.
Sia che sia riferito ai DSA che agli alunni con BES , il primo obiettivo del
PDP è proprio quello di individuare un sistema efficace per portare l’alunno a
superare i propri limiti ed arrivare veramente ad imparare attraverso una
didattica che tenga conto delle sue specificità, valorizzando le potenzialità.
Spesso purtroppo questo piano è concepito dalle scuole come una lista di
strumenti compensativi e misure dispensative, eventualmente con la
definizione di qualche criterio di valutazione, mentre del tutto secondaria
appare la sezione in cui viene esplicitato come la scuola intende adattare le sue
modalità di insegnamento per far conseguire all’alunno, nonostante le
difficoltà, un autentico successo formativo.
Per tutti , ma tanto più per i BES, non i DSA, occorre ribaltare le posizioni
e ribadire che esiste una gerarchia funzionale, che va rispettata:
77
per i DSA, ma essa dovrà derivare da un aspecifica scelta da considerare e
valutare in base al tipo di bisogno segnalato.
Per quanto riguarda le misure dispensative per alcuni di loro alcune forme di
dispensa possono essere necessarie per evitare inutili e rischiose situazioni di
forte disagio, tali da compromettere l’intero successo formativo, ma non
possono essere considerate, così come gli strumenti compensativi, elemento
indispensabile di un PDP, così come è previsto per i DSA.
In ogni caso è bene ricordare che per tutti, DSA e altri BES, le misure
dispensative:
Molto più efficace della dispensa risulta per i BES una strategia di
facilitazione.
78
regolari, porti ad un metodo di studio autonomo eliminando progressivamente
le varie forme di aiuto diretto.
C’è il rischio che le nuove attenzioni verso gli alunni in difficoltà siano
considerate dalle scuole come una serie di adempimenti burocratici in più,
onerosi, se non vessatori.
58
Fogarolo F. , Rivista dell’Istruzione , Maggioli , gennaio/aprile 2014 BES ovvero la rivincita
della pedagogia
79
3.4 Le misure dispensative e gli strumenti compensativi
Come accennato nel precedente paragrafo nel PDP possono essere, anche se
non necessariamente, presenti appositi provvedimenti dispensativi e
compensativi di flessibilità didattica di cui gli alunni con BES hanno diritto a
fruire nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli studi universitari.
59
Terzi L., l’approccio delle capacità applicato alla disabilità: verso la giustizia nel campo
dell’istruzione. In AA.VV., ICF e Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità
Erickson 2009
80
Le misure dispensative esimono l’alunno dall’effettuazione di alcune
prestazioni, soprattutto a carattere strumentale. Il presupposto da cui si parte
per esonerare l’alunno è che l’effettuazione di tali prove non abbia il carattere
del miglioramento dell’apprendimento, ma anzi abbia come possibile e diretta
conseguenza l’affaticamento, la stancabilità e un impatto negativo anche sul
vissuto emotivo dell’alunno.
81
Al di là dell’obbligatorietà o meno delle misure compensative e dispensative
è importante che , qualora si decida di adottarle, gli insegnanti condividano con
i compagni di classe le ragioni dell’applicazione di questi strumenti.
L’alunno con BES non deve sentirsi discriminato o inferiore agli altri e i
compagni non devono viverlo come un ingiusto favoritismo.
60
Capuano A., Storace F., Ventriglia L., BES e DSA . La scuola di qualità per tutti.
Librieliberi
82
3.5 Strategie didattiche inclusive
83
Per quanto riguarda i metodi di gruppo essi possono essere elettivi per la
risoluzione di un problema , per scoprire il funzionamento di un processo, per
interpretare un brano di lettura, per osservare e capire il comportamento dei
sistemi viventi, per drammatizzare i fatti storici, per l’apprendimento diretto di
una competenza.
Per quanto riguarda i metodi di formazione dei gruppi i più noti sono:
procedura randomizzata
Si tratta del metodo più semplice che comporta il dividere il numero degli
studenti nella classe per l’entità del gruppo desiderata [ es 30 studenti/3 = 3
gruppi da 10 e assegnare loro un numero ( ad esempio da 1 a 10) infine è
necessario raggruppare gli studenti con lo stesso numero ( ad esempio tutti i
numeri cinque);
personaggi letterari o storici
Ad ogni studente viene dato un cartellino con i nomi dei personaggi letterari
o storici. I personaggi vengono raggruppati in base all’epoca in cui sono vissuti
o in base all’opera teatrale;
procedura randomizzata per livelli
Si identificano una o due caratteristiche degli studenti e si assicura che uno
o più studenti di ogni gruppo abbia le stesse caratteristiche;
preferenze
Si fa scrivere a ogni soggetto lo sport preferito, oppure il cibo, la musica, gli
animali e poi si chiede ai ragazzi di cercare compagni che abbiano le stesse
predilezioni.
84
presentazione del lavoro) ,il timer ( controlla i tempi di lavoro, stimola il
gruppo a restare nei tempi stabiliti).
61
Isidori M.V., I disturbi specifici dell’apprendimento a scuola -la formazione degli
insegnanti- , Anicia 2014
62
www.comprensivodesulo.org.it Berretti S. Psicopatologia dello sviluppo a scuola
85
Il circolo vizioso dell’insuccesso
Ripetuti fallimenti
frustrazione
demotivazione
evitamento compito
bassa autostima
esperienze soddisfazione
successo
86
Gli alunni dovranno , per avere successo formativo, acquisire resilienza
vista come la capacità di fronteggiare situazioni di crisi attivando energie e
risorse al fine di proseguire lungo una traiettoria di crescita.
Nell’ambito della didattica inclusiva importante è anche la gestione degli
ambienti. La classe va gestita come un setting inclusivo attraverso il
decentramento della cattedra e dell’insegnante che diventa regista invisibile,
attraverso una diversa distribuzione dei banchi per la partecipazione di tutti.
Una classe inclusiva privilegia il lavoro cooperativo e una disposizione dei
banche a raggiera, in circolo o con i banchi a due a due frontali in modo tale da
facilitare la comunicazione attraverso gli sguardi.
87
3.5.1 Didattica metacognitiva
63
Ianes D. Bisogni educativi speciali e inclusione, Erickson 2005
88
di controllo che è in grado di attuare prima, durante e dopo l’esecuzione di un
compito. 64
La metodologia metacognitiva interviene su quattro piani strettamente
interconnessi:
conoscenze sul funzionamento cognitivo generale ( teorie della mente)
che possono scaturire da informazioni fornite agli alunni sui processi cognitivi
generali, sui loro limiti e sulla possibilità di influenzarli, a partire
dall’esplicitazione delle convinzioni personali che gli stessi hanno al riguardo,
in modo da renderli consapevoli della varietà e della complessità delle diverse
attività mentali. L’assunto fondamentale è che le conoscenze metacognitive
generali siano in grado di influenzare i processi di controllo e autoregolazione
delle attività cognitive.
acquisizione di autoconsapevolezza in ordine al proprio funzionamento
cognitivo.
In questa fase gli allievi sono spinti verso l’introspezione e l’autoanalisi del
proprio funzionamento mentale e dei suoi limiti, che essi devono poter cogliere
in assoluta serenità, senza che ciò sia percepito come una minaccia alla propria
immagine ed al proprio senso di autostima.
uso generalizzato di strategie di autoregolazione cognitiva, tutte
strutturalmente caratterizzate da una chiara individuazione degli obiettivi e
delle procedure, un costante monitoraggio del processo, una rigorosa
valutazione dei risultati prodotti. Siccome, soprattutto nel caso di alunni
svantaggiati, molti dei processi di autoregolazione sviluppati spontaneamente
dagli allievi potrebbero non risultare del tutto efficaci e soddisfacenti, i neo-
cognitivisti ritengono che sia possibile insegnarli in modo esplicito e diretto,
attraverso la presentazione di strategie utili allo svolgimento di diverse
tipologie di compiti di apprendimento, memoria o problem solving.
64
dida.orizzontescuola.it
89
rilevazione di variabili psicologiche di natura psico-affettiva, interagenti
coi processi cognitivi.
A questo livello vengono prese in esame altre componenti altrettanto
importanti nel determinare la qualità delle performances scolastiche. Si tratta di
aspetti inerenti l’immagine di sé come persona che apprende, ovvero i
significativi affettivi connessi alle attività di apprendimento. Tra i fattori presi
in esame troviamo: il locus of control, ovvero la tendenza ad attribuire a sé o
all’esterno la responsabilità di successi e insuccessi; lo stile di attribuzione,
ovvero l’utilità attribuita alle strategie ed alle procedure di controllo; la
percezione di autoefficacia, ovvero la fiducia nelle proprie capacità di
raggiungere gli obiettivi attesi. 65
65
Gabrielli R., Gestione dell’errore in Besedsainclasse giugno 2016
90
Tali riscontri positivi sono stati osservati anche con allievi che presentavano
BES, in particolare nei deficit d’attenzione con iperattività, nelle difficoltà di
apprendimento, nel ritardo mentale e nell’autismo. 66
66
Isidori M.V. Bisogni Educativi Speciali FrancoAngeli Editore 2016
91
3.5.2 La Peer Education
Le relazioni tra pari sono determinanti come quelle tra studenti e insegnanti
per lo sviluppo della soddisfazione scolastica degli alunni.
Con il termine “ pari “ indichiamo persone che possono anche essere molto
diverse tra loro, che però possono condividere scopi e progetti comuni, purchè
ciascuno riconosca la dignità del contributo, dell’esperienza e della
responsabilità degli altri senza negare la diversità.67
Secondo l’Unesco, con la denominazione Peer education s’intende
“l’impiego di soggetti appartenenti a un determinato gruppo allo scopo di
facilitare il cambiamento presso gli altri componenti del medesimo gruppo”.
Si potrebbe dire che essa riprende il concetto Freiriano che “ nessuno educa
nessuno, ma tutti si educano di loro” in quanto sposta la centralità del ruolo
pedagogico dall’esperto tradizionale , adulto e professionalizzato, allo studente
opportunatamente addestrato.
La Peer education mette in gioco emozioni e competenze relazionali che
consentono al messaggio informativo/formativo di arrivare al suo scopo.
Essa ha lo scopo di rendere gli alunni soggetti attivi del proprio processo
formativo. Non sono gli insegnanti a trasmettere contenuti, valori, esperienze
ma sono i ragazzi a confrontarsi tra loro, scambiando i punti di vista,
riconoscendo problemi e immaginando autonomamente soluzioni sapendo di
poter contare sulla collaborazione di adulti esperti.
Il metodo prevede che alcuni alunni di una classe assumano nei confronti
dei compagni il ruolo di peer educator nella realizzazione di un progetto di
miglioramento.
I peer educator non vanno confusi con i gruppi di auto e mutuo aiuto.
67
Schettini B. Un’educazione per il corso della vita Luciano Editore, 2007
92
Si tratta di valorizzare tutti secondo le personali skills creando, quindi, un
turnover fra i peer educator di volta in volta individuati.
La scelta dei peers educators è l’aspetto più delicato in un gruppo classe e
deve essere effettuata in base a criteri che variano a seconda degli obiettivi che
si vogliono raggiungere e le attività che si intendono realizzare, ma anche a
seconda della personalità degli studenti.
Ciascuno è al tempo stesso artefice, responsabile del proprio apprendimento
e supporto per i compagni, aiuta l’altro nelle difficoltà e viene da quest’ultimo
aiutato nelle proprie.
93
3.5.3 La LIM
68
Ianes D., Didattica inclusiva con la LIM, Erickson, Trento 2009
94
La LIM può aiutare in questo compito in quanto con essa, un alunno o un
insegnante rende pubblico e visibile il suo modo di operare e di pensare (visivo
o verbale, globale o analitico, ad esempio), lo rende discutibile con gli altri
compagni e confrontabile apertamente. Si possono vedere in diretta i processi
di analisi, di elaborazione e di sviluppo di output di un alunno che riassume un
testo, che risolve un problema, che progetta qualcosa.
Inoltre grazie alla LIM un’attività può essere infatti presentata e condotta
dagli alunni in mille modi diversi e questo permette dunque l’espressione e la
valorizzazione delle differenze individuali.
Un altro punto di forza della LIM è quello di aiutare a sviluppare le
competenze comunicative, di cooperazione e di appartenenza-partecipazione al
gruppo: se infatti gli alunni lavorano sempre di più in modo cooperativo,
valorizzando a vicenda i diversi modi di operare, molto probabilmente
approfondiranno positivamente la conoscenza reciproca, abituandosi sempre di
più all’idea di essere, alla fine, una grande squadra in cui ognuno ha un posto
importante.
E anche in questo sta l’inclusione: un gruppo inclusivo è un gruppo in cui si
comunica bene, si coopera e in cui ci si sente accolti e ci si sente di far parte.
Scoprire pian piano le capacità e le caratteristiche dell’altro, fare insieme,
vivere insieme gli stati d’animo importanti (l’ansia, la tristezza, la gioia del
successo) creano quella familiarità che contribuisce ad abbattere le barriere e
ad avvicinare le persone. In questo modo il gruppo classe diventa un gruppo
sempre più resiliente, in grado di superare, migliorandosi, i vari stress delle
differenze, delle difficoltà e delle emozioni negative. 69
Una classe inclusiva è un ambiente che non solo non pone barriere
all’apprendimento di alcun alunno, ma che lo facilita attivamente, fornendogli
le condizioni idonee allo sviluppo del suo massimo potenziale. Dunque le
dinamiche di insegnamento e apprendimento e le condizioni adatte a sviluppare
69
Ianes D., Didattica inclusiva con la LIM, Erickson, Trento 2009
95
al meglio le competenze vanno ancora più potenziate in una classe inclusiva,
perché devono essere efficaci per tutti gli alunni.
Il vantaggio più grande nell’uso della LIM è sicuramente la sua straordinaria
multimedialità che potenzia, in alcuni casi enormemente, i processi di
apprendimento. Filmati, documenti audio, immagini, ecc. arricchiscono
indubbiamente l’input e stimolano i processi attentivi, facilitando anche i
processi di percezione sia visivi (facilitazioni date dalle dimensioni o dai colori
dei materiali scritti alla lavagna) che uditivi (aggiunta di input audio, musiche).
L’ archiviabilità e la facile recuperabilità dei materiali aiutano molto anche
la riflessione metacognitiva, il comprendere come e perché si sia arrivati a quel
risultato, attraverso quali processi, quali operazioni intermedie, quali decisioni,
ecc.
In questo modo si rendono più trasparenti i processi, li si può valutare e
correggere per le attività successive. Nell’elaborare una metodologia didattica
globale con la LIM, è utile dunque tener conto di questa sua grande potenzialità
metacognitiva.
Un altro punto di forza della LIM è quello di permettere la realizzazione di
ciò che sempre Ianes chiama “la speciale normalità”. La speciale normalità è
una condizione di sintesi tra specialità e normalità, che le contiene e le supera
entrambe: la normalità si arricchisce di specificità non comuni, di peculiarità,
di risposte tecniche particolari; la specialità va ad arricchire le normali prassi,
ne penetra le fibre più profonde e le modifica, le rende più inclusive e
rispondenti ai bisogni.
Più in generale, nella speciale normalità troviamo condizioni miste,
intrecciate, che presentano aspetti diversi: alunni normali che possiedono molti
tratti di specialità, alunni speciali con i bisogni essenziali della normalità,
risposte speciali che trasformano la normalità e in questo cessano di essere tali,
e così via.
Troviamo la speciale normalità quando analizziamo cosa sta accadendo sul
versante dei bisogni, vecchi e nuovi: i bisogni educativi speciali e la crescente
eterogeneità delle classi. Incontriamo la speciale normalità anche quando
96
guardiamo al versante delle risorse, in particolare ai nuovi ruoli e utilizzi degli
insegnanti, specializzati e curricolari, e ai più recenti sviluppi delle
metodologie educativo-didattiche. Se esaminiamo il concetto di Bisogno
Educativo Speciale (come sarà fatto più in dettaglio nel mio articolo alle pagine
seguenti) troviamo coesistere continuamente normalità e specialità.
Nelle varie situazioni accomunabili sotto questa categoria ( disabilità,
disturbi dell’apprendimento, differenze sociali e culturali, ecc.) da un lato c’è la
normalità del fondamentale bisogno di educazione e formazione, che è uguale a
quello di ogni altro alunno, perché è il bisogno che tutti abbiamo di uno
sviluppo e di una funzionalità il più possibile normale e rispondente alle
normali richieste dei normali luoghi di vita, oltre che di essere accolti, amati,
valorizzati, di sviluppare una nostra autonoma identità, e così via. Dall’altro
lato, però, in questa essenziale normalità troviamo anche la specialità, la
differenza e la peculiarità non ignorabile, anche grave: nella struttura e nelle
funzioni corporee, oppure nell’apprendimento, nelle relazioni, in alcuni aspetti
psicologici, a livello familiare.
Troviamo la speciale normalità anche nella crescente eterogeneità delle
nostre classi, crescente sia in termini di reale aumento di alunni con speciali
caratteristiche – si pensi soltanto al rapidissimo incremento di alunni disabili
intellettivi nella scuola secondaria superiore – sia in termini di una sempre
maggiore capacità e volontà da parte dei docenti di cogliere e comprendere le
differenze e le individualità per tentare di rispondervi in modo più
individualizzato. Troviamo la speciale normalità anche nella sempre maggiore
attenzione posta dai docenti alle normalissime differenze qualitative
individuali, alle specialità e singolarità di tutti gli alunni, che richiedono
differenziazioni nella didattica e varie altre individualizzazioni, ad esempio le
differenze di stile nell’elaborazione delle informazioni e nell’apprendimento e
la pluralità delle intelligenze e degli stili di pensiero.
Sempre di più si riesce a vedere una normalità sfaccettata e ricca di elementi
e caratteristiche di specialità: anche nell’alunno apparentemente più normale ci
97
sono infatti notevoli differenze e specialità, che vanno incontrate, conosciute e
a cui va data la possibilità di esprimersi e valorizzarsi.
Il concetto di speciale normalità ci è utile anche se volgiamo la nostra
attenzione al versante della costruzione e utilizzo di risorse per l’integrazione,
in particolare per quel che riguarda gli insegnanti specializzati per il sostegno e
quelli curricolari, coinvolti a pieno titolo nell’integrazione.
70
Zambotti F. didattica inclusiva con la LIM Erickson 2010
71
Bonaiuti G. Didattica attiva con la LIM Erickson 2009
98
3.5.4 La flipped classroom
99
Gli insegnanti predispongono i materiali di approfondimento all’interno del
Virtual Learning Environmet (Ambiente virtuale di appredimento) adottato
dall’Istituto scolastico e gli studenti approfondiscono prima della lezione, a
casa, il tema proposto.
Questa idea della classe “capovolta” (da to flip, capovolgere), oltre che negli
USA sta acquistando sempre maggiore popolarità e credibilità anche negli
ambienti educativi europei in particolare nel Nord Europa. Concretamente si
può dire che la classe diventa il luogo in cui lavorare secondo il metodo del
problem solving cooperativo a trovare soluzione a problemi, discutere, e
realizzare con l’aiuto dell’ “insegnante coach” attività di tipo laboratoriale ed
“esperimenti didattici” (reali o virtuali) di attivazione delle conoscenze.
In questo modo, inoltre, vengono valorizzati i nuovi stili di apprendimento
degli studenti che sono ormai “nativi digitali” e diviene molto più semplice
personalizzare gli apprendimenti, disegnando all’interno dell’ambiente virtuale
di apprendimento percorsi didattici specifici per singoli o gruppi con bisogni o
esigenze particolari.
L’aspetto più interessante di questa metodologia è il fatto che l’intero setting
didattico viene rivisto nell’ottica di massimizzare una risorsa che sempre di più
scarseggia nella scuola: il tempo dell’insegnante.
Vi sono due livelli di “inversione” del setting didattico:
il primo riguarda il fatto che le tecnologie digitali, attraverso l’utilizzo di
ambienti web di apprendimento cooperativo permettono di spostare “fuori
dall’aula in presenza” una serie di attività di tipo nozionistico liberando il
tempo dell’insegnate per seguire più direttamente i problemi di apprendimento
degli studenti.
il secondo consiste nella possibilità di generare all’interno dell’aula, in
particolare attraverso il lavoro di gruppo cooperativo, una nuova metodologia
attiva di apprendimento che trasforma la classe in un piccola “comunità di
ricerca”.
100
L’interazione docente/studente si trasforma radicalmente dal momento che
si riduce molto il tempo della “lezione frontale” e aumenta proporzionalmente
il tempo dedicato al problem solving cooperativo, al monitoraggio e al
supporto del lavoro degli studenti, così come quello dedicato alla “revisione
razionale” collettiva dei risultati dei lavori di gruppo.
Ovviamente questa trasformazione del setting didattico cambia
profondamente il ruolo del docente, ma certamente lo “aumenta” non lo
diminuisce affatto. Il docente, infatti, da esperto disciplinare e “erogatore” di
contenuti e valutazioni si trasformerà in una figura che integra più competenze,
ovviamente quelle disciplinari, ma anche quelle di tutoraggio, coaching e
mentoring (in presenza e on-line) dei suoi studenti. È, insieme, un progettista
didattico che allestisce il setting didattico/tecnologico e programma le attività
degli studenti in presenza e on-line, un esperto di contenuti disciplinari e nello
stesso tempo una guida, un sostegno alla costruzione della conoscenza
collaborativa da parte degli allievi. Funge, quindi, da stimolo per favorire
un’elaborazione personale e collettiva delle attività di gruppo e per favorire un
“apprendimento significativo”.
Aiuta, cioè, gli studenti a sviluppare metodologie e pratiche di studio che
consentano loro di acquisire competenze reali di gestione dei contenuti e non
mere nozioni. In questo processo, come ovvio, cambia anche il ruolo dello
studente, che diviene decisamente più attivo. Lo studente con l’adozione di
questo tipo metodologie didattiche innovative diviene sempre più protagonista
del processo apprendimento e, soprattutto, si responsabilizza maggiormente,
anche grazie alla collaborazione con i pari, rispetto ai progressi o alle difficoltà
che incontra durante lo studio.72
72
Ferri P., Nativi digitali, Bruno Mondadori, Milano 2011
101
CAPITOLO 4
BES E PLUSDOTAZIONE
102
4.1 La plusdotazione
73
Terassier J.C., Ragazzi superdotati e la precocità difficile. Giunti e Lisciani Teramo 1985
74
AA., VV., La plusdotazione ed i BES : un’analisi per l’inclusione
103
5) Capacità di leadership;
6) Dissincronia tra lo sviluppo emotivo e quello cognitivo a favore di
quest’ultimo.
75
AA., VV., La plusdotazione ed i BES : un’analisi per l’inclusione
104
4.2 Strumenti di individuazione
I sistemi più utilizzati per decidere se uno studente può essere considerato o
meno plusdotato includono:
Per superare queste difficoltà, si ritiene che l’inclusione degli studenti come
superdotati, dovrebbe avvenire attraverso sia la nomination da parte degli
insegnanti che valutano le competenze acquisite e la velocità di apprendimento
105
degli studenti, sia attraverso la valutazione testistica effettuata da psicologi,
neuropsicologi e neuropsichiatri esperti nell’ambito della plusdotazione, che
verificano le capacità cognitive dello studente. Per quanto riguarda la
valutazione testistica, la scala in assoluto più utilizzata è la Weschsler
Intelligence Scale IV, che consente di avere due tipi principali di punteggi : il
quoziente intellettivo totale e l’indice di abilità generale, oltre ai vari indici nei
quali è suddiviso il test. Per selezionare gli studenti plusdotati attraverso
l’utilizzo della scala Wechsler si utilizzano dei punteggi che vengono
considerati cut-off, sopra i quali lo studente viene inserito nella categoria dei
soggetti plusdotati. Per la Weschsler, il punteggio cut-off maggiormente
utilizzato, corrisponde a due deviazioni standard sopra la media, od a un
punteggio di 125 per il quoziente intellettivo totale (QIT) e di 124 per l’indice
di Abilità generale (IAG) , entrambi corrispondenti al 95° percentile.76
76
Winner E., The origins and ends of giftedmen. American Psychologist,55 (2000)
106
Accanto al fatto che molti aspetti presenti nei plusdotati possono essere
erroneamente interpretati come segnali di patologia anziché come espressione
di intensità, creatività, curiosità su cui lavorare, bisogna anche dire che possono
esserci situazioni in cui alla plusdotazione si aggiungono caratteristiche
realmente assimilabili ad una precisa patologia ed, in questo caso, si parla di
comorbilità.
107
Tra le più comuni mis-diagnosi di cui si è accennato in precedenza,
possiamo trovare:
ADHD e plusdotazione
108
come fortemente volitivi e questo può essere confuso con la presenza di un
disturbo oppositivo provocatorio, ciò però non toglie la possibilità che questo
tipo di disturbo possa essere comunque presente.
Possono trovarsi, a volte, anche delle doppie diagnosi. Tra esse possiamo
ricordare la plusdotazione unita a difficoltà di apprendimento o a disturbi del
sonno od ancora a molteplici disturbi di personalità e/o problemi relazionali .
109
una doppia diagnosi in quanto i soggetti interessati presentano in alcune aree
notevoli abilità e talenti e difficoltà specifiche in altre.
110
4.3 I superdotati a scuola
77
Silverman L., The moral Sensitivity of Gifted Children and evolution of Society. Roeper
111
Nel rapporto Gifted learners presentato dall’European Agency for
development in Special Needs Education nel 2009 si evidenzia innanzitutto
che non tutti i paesi europei hanno una definizione di plusdotazione all’interno
del loro impianto legislativo e che pochi includono gli studenti plusdotati nei
BES. Dall’esame emerge che solo sette paesi europei includono gli studenti
plusdotati nella categoria dei BES e che in molti casi vengono inclusi gli
studenti che presentano una twice-exceptional e quindi la presenza in
comorbilità di una difficoltà o di un disturbo.
In considerazione di ciò si può dire che deve essere fatta un’attenta lettura
dei bisogni degli alunni plusdotati affinchè non sia misconosciuto il loro diritto
alla personalizzazione quando risulti un bisogno educativo speciale, mentre se
non esiste un bisogno educativo speciale non dovranno essere inclusi nei BES.
78
AA., VV., La plusdotazione ed i BES : un’analisi per l’inclusione
112
Conclusioni
Molto è stato fatto, ma molto dovrà ancora essere fatto in questo settore per
permettere effettivamente a tutti di essere ugualmente partecipi.
C’è da dire, comunque, che molto dovrà essere fatto anche al di fuori della
Scuola in quanto molti degli alunni con bisogni educativi speciali hanno
bisogni educativi speciali proprio perché vivono in un contesto familiare
deprivante e poco o nulla per loro la Scuola potrà fare senza un corretto
appoggio della famiglia , famiglia che, a volte, non è collaborativa.
Molto spesso gli alunni BES su cui la Scuola cerca di intervenire sono
soggetti svantaggiati provenienti da famiglie che vivono in ambienti sociali
assai carenti, sono soggetti con nuclei familiari che presentano problematiche
di vario genere, di natura ad esempio economica , lavorativa, giudiziaria (uno o
entrambi i genitori in carcere) oppure che presentano problematiche legate
all’uso di alcolici o sostanze stupefacenti. Tutto ciò condiziona in modo
dannoso, influenza negativamente il processo di sviluppo della personalità e
rende il soggetto in crescita pauroso, insicuro, aggressivo, autolesionista, o
meglio, egocentrico ed asociale, in conflitto con gli altri.
113
Spesso tali tipi di famiglie si presentano chiuse in sé stesse e non
collaborative , assumono atteggiamenti disinteressati , non partecipano ai
momenti di scambio di informazioni , ai momenti d’incontro fondamentali per
la conoscenza del bambino ed il buon esito del percorso educativo.
Sarà allora difficile per la Scuola poter lavorare senza la sinergia di altre
figure referenziali all’esterno di essa.
Se molto quindi è stato fatto, molto ancora dovrà essere fatto per far sì che ,
nell’ottica di una lettura olistica della persona , così come proposto dal modello
ICF dell’OMS, si faccia in modo che il contesto, e non solo quello scolastico,
non rappresenti un fattore “barrierante”.
114
BIBLIOGRAFIA
AA.VV. Bisogni educativi speciali. Guida alla nuova normativa RCS Libri
S.p.A. , Milano 2014
BOOTH T., AINSCOW M., L’index per l’inclusione Erickson Trento 2008
III
D’ALONZO L., Come fare per gestire la classe nella pratica didattica
Giunti Firenze 2012
ROSSI A. ,Verso una cultura sociale dei BES -il sistema per l’inclusione-
edizioni la Meridiana Bari, 2014
IV
SILVERMAN L., The moral Sensitivity of Gifted Children and evolution of
Society. Roeper Review , 17, 1994
V
NORMATIVA
Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre
2006
D.P.R. 24/2/94
D.L. 297/94
D.M. 275/99
VI
SITOGRAFIA
www.superando.it/files/docs/dichiarazionediSalamanca
www.isismaratea.gov.it/images/allegati
www.autonomia82.gov.it/scuola_secondaria
www.educationengland.org.uk/documents/warnock1978.html
Linea didattica.altervista.org/
www.icsneviano.gov.it/fileallegati/158509strumentidiinte
www.european-agency.org
www.comprensivodesulo.org.it
dida.orizzontescuola.it
www.mhadie.it
www.ctsntd-milano.net
www.istruzione.lombardia.gov.it
VII
Ringraziamenti
Non è facile citare e ringraziare, in poche righe, tutte le persone che hanno
contribuito alla nascita e allo sviluppo di questa tesi di laurea: chi con una
collaborazione costante, chi con un supporto morale o materiale, chi con
consigli e suggerimenti o solo con parole di incoraggiamento, sono stati in
tanti a dare il proprio apporto alla mia carriera universitaria ed a questo
lavoro, a loro va la mia gratitudine, anche se a me spetta la responsabilità per
ogni singola argomentazione , mai banale , ma sempre frutto di grande studio
e approfondimento , contenuta in questa tesi.
Grazie “al mio papà” che prima di ogni esame mi diceva sempre: “In
bocca al lupo e, mi raccomando, stai tranquilla!” e al sentire quelle parole io
rispondevo sempre “crepi il lupo si, ma tranquilla proprio no!”.
Mi irritava quel suo incoraggiamento, ma l’ho sempre aspettato prima di
ogni esame, perché anche se non l’ho mai ammesso, mi tranquillizzava
sentirglielo dire. A lui va un grande Grazie per avermi seguita, consigliata
anche in questo ultimo periodo, il piu’ importante , ma per altri versi anche
difficile, di preparazione della tesi.
Voglio ringraziare una persona unica e speciale, Ivan, il mio ragazzo, il mio
migliore amico, la mia spalla su cui piangere. “Abbiamo affrontato insieme
questo cammino, passo dopo passo, giorno dopo giorno, superando tutte le
difficoltà, festeggiando insieme ogni vittoria e rialzandoci più forti di prima
dopo ogni sconfitta. In questi anni ci siamo sempre sostenuti l’un l’altro, ci
siamo incoraggiati, ci siamo confrontati e abbiamo fatto tanti sacrifici. Grazie
per essere stato sempre al mio fianco in ogni momento e anche oggi, in questo
giorno importante, sei qui con me a festeggiare insieme questo mio traguardo,
questa mia vittoria.. che non è solo la mia, ma la nostra vittoria!
Grazie ai miei nonni per l’affetto che non mi hanno mai fatto mancare, per
essere sempre stati orgogliosi di me e per avermi fatto sentire la loro
“Dottoressa” anche quando questa avventura era appena iniziata. A nonno
Francesco e zio Fausto, che oggi non possono essere qui con me, ma che spero
mi guardino da Lassù e che siano orgogliosi di me e della donna che sono
diventata. Grazie anche a mia nonna Marilia, che avrei voluta inserire nella
dedica della mia tesi, deceduta l’8 agosto di quest’anno, alla quale devo molto
,la mia complice in mille avventure del mio percorso universitario, colei che
gioiva dei miei successi e che mi consolava negli insuccessi. Una Grande
Nonna. Ho pensato che la dedica migliore, visto un lavoro dedicato
all’insegnamento pedagogico e didattico, argomento di questa tesi, possa
essere “… agli Angeli del Terremoto “ … del 24 agosto 2016, che ha colpito la
mia Terra, il centro d’Italia.