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Il rapporto tra scienza ed etica

La scienza è tutto ciò che per noi è plausibile e spiegabile attraverso concetti chiari e
naturalmente distinguibili dalla mente umana. Ma questa naturalezza per cui la
mente umana riesce ad operare si piega davanti all’etica o alla morale. L’etica ci
dovrebbe consentire di distinguere il bene dal male, evitando così di cadere in
intricate questioni psicologiche. Si potrebbe considerare come la nostra voce della
coscienza.
Quando la scienza e l’etica si incontrano però non c’è più via d’uscita, sono come
due correnti di pensiero totalmente differenti tra loro.
La prima direbbe di continuare ad esplorare anche dove l’uomo non potrebbe e non
dovrebbe sfruttando la tecnologia, unico mezzo che quest’ultima mette a
disposizione della società per sostenere e avvalorare le proprie tesi. La seconda
metterebbe un freno a questa voglia sfrenata di conoscere perché le possibilità di
compiere degli errori, molte volte, sono alte e pericolose.
Il problema dell’uomo è che solo quando si compie l’errore allora l’etica interviene e
non dovrebbe essere così.
Prendiamo come esempio il periodo della Seconda Guerra Mondiale. Fu studiata la
potenza dell’energia nucleare e fu applicata contro noi stessi ad Hiroshima e
Nagasaki.
La scienza aveva compiuto grandi passi avanti, ma l’umanità era tornata tanto
indietro fino all’omicidio di massa.
Oggi, invece, quasi ogni giorno la scienza lotta contro l’etica. É "eticamente"
possibile che in un centro di procreazione assistita, a causa di un banale guasto
tecnico che ha colpito i sistemi di raffreddamento, siano stati persi 94 embrioni?
Tutto ciò è successo a Roma, all’interno dell'ospedale San Filippo Neri. Per la
scienza questi sono gli effetti negativi degli esperimenti, incidenti di percorso. Per
l’etica un delitto.
E come dovrebbe reagire un uomo alla visione di questi fatti? Semplicemente non
riesce a rispondere e ha difficoltà ad esprimere il proprio parere al riguardo.
L’etica tradizionale di derivazione ippocratica afferma la dignità della vita umana
individuale e della sua inviolabilità. Questa è quella che più dubbiosamente emerge
dalla nostra mente, da quando si parla della scoperta della doppia elica del DNA fino
ad oggi con la clonazione, la fecondazione in vitro, le pillole anticoncezionali ecc…
Insomma quello tra scienza ed etica è un rapporto difficile, colmo di negazioni. Per
risolvere questo problema l’unica soluzione è saper distinguere in modo individuale,
in base ai propri valori e alle proprie convinzioni, ciò che è giusto da ciò che è
sbagliato ed evitare di farsi trascinare da correnti di pensiero differenti dalle proprie.
SCIENZA ED ETICA A CONFRONTO: TEMA

Il difficile rapporto tra scienza ed etica​. ​Il problema del difficile


rapporto tra ​scienza ed etica​ è sempre stato dibattuto ma nella nostra
epoca storica esso assume caratteri drammatici perché pone l’uomo
davanti a scelte difficili che, in certi casi, potrebbero compromettere il
destino della stessa specie umana. “​ (…) Lo sviluppo delle scienze, delle
tecnologie, della cultura, delle relazioni sociali, e la libertà che abbiamo
conquistato con grande difficoltà (…) non ci mettono al riparo da conflitti
endemici e da condizioni di vita che dividono il mondo in due realtà
terribilmente distanti tra loro”, così Adriano Ossicini, presidente emerito
della Commissione nazionale di​bioetica​, descrive ​scienza ed etica​: due
entità distanti tra loro, che inevitabilmente si compenetrano nel corso dei
secoli con il progredire delle ricerche scientifiche, ma il cui rapporto genera
sempre contrasti.

Etica e scienza: tesina maturità

L'ETERNA LOTTA TRA SCIENZA ED ETICA

Il ​progresso​ scientifico ottenuto ha portato al prevalere nel mondo di una


concezione scientifica, a scapito di una visione religiosa improntata sul
cristianesimo, indebolendo quindi i presupposti che davano all’​etica
ragione di esistere; pensiamo per esempio alla teoria evolutiva proposta da
Darwin, che riduceva il racconto biblico sull’origine dell’uomo ad una
dimensione mitica. La ​scienza​ in questi anni, come evidenziano i più
grandi docenti di ​bioetica​, tra cui la prof. Mariella Lombardi Ricci, vive in
una situazione di disagio interno, un “affanno tra tecnica ed ​etica​”, perché
da un lato sente l’esigenza di procedere mettendo a frutto tutte le possibilità
di cui dispone, nonostante ciò la obblighi a trascurare spesso parametri non
considerati significativi per il rapido raggiungimento dei risultati; dall’altro,
invece, è frenata dalla consapevolezza che il potere che conferirà all’uomo
sarà enormemente diverso da quello che egli ha avuto in precedenza. E’
richiesto, quindi, all’uomo di procedere con cautela anche in questo campo.

I limiti della scienza: tesina maturità

TEMA SUL RAPPORTO SCIENZA ETICA E RELIGIONE


L’​etica​, argomento centrale della speculazione filosofica fin dai primi
pensatori, trae il fondamento dalla concezione secondo la quale l’uomo,
benché dotato di fisicità, non si esaurisca in questo, ma abbia in se
“qualcosa di più” che lo distingue dagli oggetti inanimati e da tutti gli esseri
viventi del nostro pianeta. Questa componente aggiuntiva è ciò che è stata
posta alla base dell’unicità e dell’irripetibilità di ogni individuo umano: è
stata spesso definita spirito o anima da alcune religioni, ed è la stessa che
alimenta l’idea che la ​scienza​ debba in qualche modo essere sottoposta a
vincoli scritti o meno.

La ​bioetica​ è uno degli argomenti che più interessano il nostro secolo: essa
si è affermata come una ​scienza​ “giusta”, che tenta di porre il freno ad
esprimenti e ricerche esasperate, valutando, come fa notate sempre il prof.
Ossicini, “le decisioni e le scelte, prendendo in considerazione i loro effetti
nei tempi lunghi,(…) il loro favorire o meno il consolidarsi di tendenze e
dinamiche irrazionali, troppo spesso eticamente dubbie” . La presenza dei
comitati di bioetica dovrebbe essere utile a sottolineare il concetto di
responsabilità all’interno della ricerca scientifica, perché l’uomo comprenda
l’importanza di decidere e scegliere per se e per gli altri, garantendo il
rispetto di tutti i soggetti che saranno influenzati da tali scelte.

Marta Bresciani Il difficile rapporto tra scienza ed etica Il problema del


difficile rapporto tra scienza ed etica è sempre stato dibattuto ma nella
nostra epoca storica esso assume caratteri drammatici perché pone l'uomo
davanti a scelte difficili che, in certi casi, potrebbero compromettere il
destino della stessa specie umana. "(...) Lo sviluppo delle scienze, delle
tecnologie, della cultura, delle relazioni sociali, e la libertà che abbiamo
conquistato con grande difficoltà (...) non ci mettono al riparo da conflitti
endemici e da condizioni di vita che dividono il mondo in due realtà
terribilmente distanti tra loro", così Adriano Ossicini, presidente emerito
della Commissione nazionale di bioetica, descrive scienza ed etica: due
entità distanti tra loro, che inevitabilmente si compenetrano nel corso dei
secoli con il progredire delle ricerche scientifiche, ma il cui rapporto genera
sempre contrasti. Il progresso scientifico ottenuto ha portato al prevalere
nel mondo di una concezione scientifica, a scapito di una visione religiosa
improntata sul cristianesimo, indebolendo quindi i presupposti che davano
all'etica ragione di esistere; pensiamo per esempio alla teoria evolutiva
proposta da Darwin, che riduceva il racconto biblico sull'origine dell'uomo
ad una dimensione mitica. La scienza in questi anni, come evidenziano i più
grandi docenti di bioetica, tra cui la prof. Mariella Lombardi Ricci, vive in
una situazione di disagio interno, un "affanno tra tecnica ed etica", perché
da un lato sente l'esigenza di procedere mettendo a frutto tutte le possibilità
di cui dispone, nonostante ciò la obblighi a trascurare spesso parametri non
considerati significativi per il rapido raggiungimento dei risultati; dall'altro,
invece, è frenata dalla consapevolezza che il potere che conferirà all'uomo
sarà enormemente diverso da quello che egli ha avuto in precedenza. E'
richiesto, quindi, all'uomo di procedere con cautela anche in questo campo.
L'etica, argomento centrale della speculazione filosofica fin dai primi
pensatori, trae il fondamento dalla concezione secondo la quale l'uomo,
benché dotato di fisicità, non si esaurisca in questo, ma abbia in se
"qualcosa di più" che lo distingue dagli oggetti inanimati e da tutti gli esseri
viventi del nostro pianeta. Questa componente aggiuntiva è ciò che è stata
posta alla base dell'unicità e dell'irripetibilità di ogni individuo umano: è
stata spesso definita spirito o anima da alcune religioni, ed è la stessa che
alimenta l'idea che la scienza debba in qualche modo essere sottoposta a
vincoli scritti o meno. La bioetica è uno degli argomenti che più interessano
il nostro secolo: essa si è affermata come una scienza "giusta", che tenta di
porre il freno ad esprimenti e ricerche esasperate, valutando, come fa
notate sempre il prof. Ossicini, "le decisioni e le scelte, prendendo in
considerazione i loro effetti nei tempi lunghi,(...) il loro favorire o meno il
consolidarsi di tendenze e dinamiche irrazionali, troppo spesso eticamente
dubbie" . La presenza dei comitati di bioetica dovrebbe essere utile a
sottolineare il concetto di responsabilità all'interno della ricerca scientifica,
perché l'uomo comprenda l'importanza di decidere e scegliere per se e per
gli altri, garantendo il rispetto di tutti i soggetti che saranno influenzati da
tali scelte. Appare evidente l'importanza che assume in questo caso il
soggetto, sia esso lo scienziato o un normale uomo che si trova a riflettere
riguardo al futuro: è la coscienza personale dello studioso che deve intuire
quando è giunto il momento di fermarsi o proseguire nelle ricerche, e spetta
al semplice individuo accettarle o rifiutarle, secondo il proprio codice di
valori. Già Einstein sollevò questo problema nel messaggio agli scienziati
italiani: "(...) Vediamo oggi delinearsi , per l'uomo di scienza , un tragico
destino . Egli deve piegarsi al silenzio di chi detiene il potere politico , ed è
costretto , come un soldato , a sacrificare la propria vita , e ciò che è peggio
a distruggere quella degli altri , anche se è convinto dell'assurdità di un tale
sacrificio (...) Al termine del cammino , si profila sempre più distinto lo
spettro della distruzione completa . Noi non possiamo cessare di ammonire
ancora e sempre; non possiamo rallentare i nostri sforzi per dare coscienza
alle nazioni del mondo, e soprattutto ai loro governi , dell'immagine del
disastro che essi debbono esser certi di provocare se non cambieranno
atteggiamento gli uni verso gli altri , e la loro maniera di concepire il futuro.
Il nostro mondo è minacciato da una crisi la cui ampiezza sembra sfuggire a
coloro che hanno il potere di prendere grandi decisioni per il bene e per il
male. La soluzione del grande scienziato è quella della ricerca continua
come servizio dovuto all'umanità in generale, e all'uomo che ha
continuamente bisogno di conoscere e ampliare i propri studi. Einstein
riconosce che l'uomo di scienza, a causa del suo grande sapere, è sempre
soggetto ai capricci da parte del potere, ma il suo compito è quello di
continuare ad ammonire i governi ed i popoli, perché capiscano che un
progresso "interessato", ovvero guidato da mani sbagliate non può che
portare alla rovina e alla totale distruzione. Esemplari sono gli studi
dell'atomo che hanno portato alla creazione di una minaccia che ancora
spaventa la nostra generazione: la bomba atomica. Nucleo centrale per
sviscerare il problema del rapporto conflittuale tra scienza ed etica è
definire chiaramente l'esistenza dell'uomo: come il valore attribuito alla vita
umana era stato al centro di forti e controverse polemiche riguardo
all'importanza dell'embrione, così il definire l'uomo macchina ripetibile o
essere unico, è essenziale per schierarsi a favore o meno dei comitati di
bioetica e delle leggi che vorrebbero far approvare per imporre dei limiti
alla ricerca scientifica. La ricerca sembra oggi essere giunta a un passo dal
svelare i meccanismi più reconditi della vita, mostrando come essi non
abbiano nulla di trascendente, ma siano spiegabili con leggi fisiche note che
valgono anche per il mondo inanimato. "Il valore attribuito a ogni essere
umano è dato dalla sua irripetibilità, dal suo esistere come essere
consapevole e dotato di volontà autonoma; dal momento in cui
raggiungessimo la certezza che ognuno di noi è fondamentalmente una
macchina, potenzialmente riproducibile,quale valore potremmo attribuire a
noi stessi?", questa è la domanda che si pone il prof. Astro Calisi, filosofo e
studioso di epistemologia. Anche Kant rifletteva riguardo al senso
dell'esistenza e della centralità del soggetto: "Due cose riempiono l'animo di
ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente (...): il cielo stellato
sopra di me e la legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di
cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell'oscurità
(...); io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza
della mia esistenza"; Kant afferma, quindi, che l'azione morale è all'interno
dell'uomo, escludendo un Dio creatore, ma definendo l'uomo
"illuministicamente" creatore di se stesso. Egli non ricerca natura e morale
nell'universo, perché le vede davanti a se e si concepisce come ente tra gli
enti, in grado di autodeterminarsi,la legge morale dell'uomo, e quindi la sua
etica personale, lo elevano permettendogli di uscire dalla determinazione,
conferendogli libertà. Inoltre l'uomo nell'etica realizza se stesso, mostra le
sue illimitate capacità dando al pianeta, con la sua riflessione, senso e forza
vitale. Rivolgendoci al contemporaneo, possiamo dire che le opinioni sul
fatto se debba prevalere l'etica personale o il progresso scientifico sono
totalmente contrastanti. Come fa notare il prof. Ossicini, la libertà di ricerca
spesso viene invocata a sproposito per coprire, con la scusa del progresso
scientifico, interessi di mercato; ma egli conclude dicendo che proprio il
sorgere dei comitati di bioetica, "a cui è delegato il compito di riesaminare
criticamente le condizioni di vita di tutti noi, come esse sono influenzate
dalla tecnologia, e nel contempo, di esplicitare l'interdipendenza tra ricerca
scientifica (...)e le varie regolamentazioni legislative rispetto all'area privata
dell'esistenza individuale", proprio questo sorgere sottolinea che "la libertà
di ricerca è subordinata a dettami di carattere etico e il possibile non
coincide sempre con il lecito". Il prof. Porcarelli, docente di filosofia e
membro del centro di bioetica di Bologna, afferma che l'unica vera
alternativa per cercare di riavvicinare i due campi sia affermare che l'etica
della scienza sia una parte dell'etica e abbia bisogno di punti di riferimento
che devono avere una validità oggettiva. L'attività scientifica, prosegue
Porcarelli, essendo un'attività umana, cioè libera e responsabile, va
considerata alla luce di quei principi morali che devono guidare tutte le
azioni dell'uomo; egli si schiera quindi a favore di una subordinazione della
scienza, analizzandola come una parte dell'etica stessa, che deve essere
regolamentata con leggi che rendano ufficiale ciò che dovrebbe essere
all'interno di ogni uomo, in modo che non possa essere interpretato e
messo in discussione. Il prof Calisi si mostra invece scettico riguardo a
quanto affermato in precedenza, ed evidenzia come appaia strano che
alcuni scienziati prendano posizioni che lui considera antiscientifiche
all'interno dei comitati di bioetica. Egli prosegue dicendo che "la scienza
non ha nulla da dire sull'etica; anzi (...) essa non può che considerare l'etica
come un elemento estraneo, un elemento di disturbo, una componente
metafisica da respingere alla pari di tutti gli altri aspetti del mondo non
provvisti di una base empirica", e evidenzia, quindi, dei dubbi
sull'attendibilità di tali personalità. Personalmente mi trovo a favore della
ricerca scientifica e del progresso incondizionato, soprattutto in campo
medico: ovviamente sono contraria alle speculazioni e alle
spettacolarizzazioni che su di essa vengono fatte, ma credo che se all'uomo
è stata data la possibilità di progredire nelle conoscenze, egli abbia anche la
possibilità di controllare gli sviluppi della ricerca in direzioni sbagliate e
distruggere eventuali errori commessi. Ammetto, per esempio, che possa
sembrare strano e forse azzardato lo studio sulla clonazione umana, ma
bisogna valutarne gli effetti positivi sull'uomo: credo, infatti, che sia
impagabile, per un genitore, avere la possibilità di curare il proprio figlio,
per esempio duplicando e impiantando cellule sane nel suo organismo al
posto di quelle malate. Forse i comitati di bioetica e gli strenui oppositori
della scienza dovrebbero trovarsi in una delle situazioni in cui la stessa ha
"le mani legate", o per lo meno dovrebbero pensare alle innumerevoli
possibilità di sopravvivenza che l'umanità guadagnerebbe comprendendo,
grazie alla ricerca, cause e cure di malattie tuttora sconosciute, come
l'Alzheimer o l'Aids. Marta Bresciani
tEMA SVOTLO SULLA BIOETICA

BIOETICA: TEMI PRINCIPALI

Svolgimento: Eccoci, dunque, tutti riuniti a discutere della dolce e cara


Dolly, la pecorella nata per clonazione circa un anno fa, e che, lo conferma
anche il nome, non si permetterebbe mai di nuocerci; così come la genetica,
che certo come nome potrà risultare un poco freddo e sospettoso, ma che,
in fondo, ha per obiettivo il solo conseguimento di una migliore e facilitata
condizione di vita. Su ciò non sono tutti d’accordo ed è proprio per questo
che ci troviamo qui: per trovare un punto d’intesa, una valutazione critica
omogenea sui limiti morali della ricerca e degli interventi nel campo della
genetica. In altre parole, dobbiamo occuparci di ​bioetica​.

E’ proprio per questa vertiginosa rivoluzione apportata dal recente sviluppo


della genetica (clonazione, riproduzione assistita, cibi transgenici..) e della
gran disputa scatenatasi dai moltissimi contrastanti pareri a riguardo, che è
nata questa disciplina.

In questo attuale contesto, come rappresentante dell’umanità del nuovo


millennio, mi dichiaro espressamente a favore della genetica, e quindi della
scienza​ in generale, essenzialmente basandomi sulla necessità di un
rinnovo della tradizionale concezione del rapporto che, fin dagli albori, lega
l’uomo alla natura.

I PROBLEMI DELLA BIOETICA

Nel passato questo ​rapporto uomo-natura​ era basato sul dominio,


quello della natura sull’uomo, il quale non poteva fare altro che accettare le
più catastrofiche sciagure (accusandone magari la responsabilità a degli dei
che volevano perseguitarli o punirli per un peccato mai commesso), senza
mai poter ribellarsi ad essa. Quest’egemonia, inoltre, era rafforzata dalla
gratitudine che il genere umano provava per “Madre Natura”, che aveva
disposto l’ecosistema con una così rigorosa perfezione.

CONCLUSIONI SULLA BIOETICA

Ora, con questa mia tesi non desidero burlarmi degli antichi, né tantomeno
sminuire la bellezza e la fondamentale importanza che riveste la natura
nella nostra esistenza (dalla quale, anzi, essa dipende totalmente), ma più
semplicemente affermare l’urgenza (visto il periodo in cui viviamo) della
costituzione di un legame uomo-natura che si imperni su una nuova
razionalità scientifica che mi appresto quindi a definire.
ESEMPI:

È stato ottenuto da ​cellule staminali​ e non dall’unione di un ovocita e di uno 


spermatozoo, per la prima volta nella storia, il primo e​ mbrione​ ​artificiale​.  

Il primo embrione artificiale in Olanda 


Pubblicata sulla rivista Nature, la ricerca è stata condotta in O
​ landa​, 
nell’Istituto di Medicina rigenerativa dell’Università di Maastricht, dal 
gruppo guidato da Nicolas Rivron. Per dar vita all’embrione appartente a un 
topo sono state utilizzate due famiglie di cellule staminali: quelle che danno 
origine alla placenta e quelle da cui si forma l’organismo. 

Le cellule, poste accanto tra loro, hanno cominciato a “dialogare”, 


organizzandosi in una struttira simile a quella di un embrione. 
Quest’ultimo, chiamato “blastoide” dai ricercatori, ha la forma di una 
sferetta con un involucro esterno chiamato trofoblasto e una struttura 
interna che darà vita a un organismo. 

zioni su: ​Cellule Staminali​, ​Trapianti

Il suo gruppo di ricerca è stato il primo in Europa a


utilizzare le​cellule staminali adulte​ per i ​trapianti di
pelle​ e il primo al mondo per la ​ricostruzione della
cornea​. Un esempio di medicina che ripara i tessuti in
modo mirato, personalizzato. L’opposto del cosiddetto
metodo Stamina “che promette, invece, soluzioni
miracolistiche, senza avere solide evidenze scientifiche”.
Michele De Luca​, direttore del Centro di medicina
rigenerativa “Stefano Ferrari” dell’Università degli studi di
Modena e Reggio Emilia in questi primi giorni di maggio è
a Bologna per la quarta edizione del​ Festival della
scienza medica dedicata a “Il tempo della cura”​. A
il Fattoquotidiano.it lo scienziato racconta i progressi della
medicina rigenerativa, che offre terapie avanzate contro
malattie rare considerate finora incurabili.
Professore, cos’è la medicina rigenerativa?
È una branca nuova della medicina che si prefigge di
ricostruire un tessuto danneggiato, o di curare un difetto
genetico in quelle popolazioni di cellule, le staminali, che
possono garantire il mantenimento di questo tessuto nel
tempo. La prima terapia con staminali, in particolare
quelle adulte del sangue, è stata il trapianto di midollo
osseo. Oltre alle staminali adulte, che variano a seconda
del tessuto di appartenenza, si possono però adoperare
anche le staminali embrionali. Sono le più versatili, le
uniche capaci di differenziarsi in qualunque tessuto del
corpo, ma più difficili da applicare e sulle quali abbiamo
ancora molto da imparare.
Esistono sperimentazioni cliniche in corso con le
staminali embrionali?
Sì, un gruppo di Londra le sta ad esempio sperimentando
su due pazienti anziani con una malattia dell’occhio, la
degenerazione della macula retinica. Grazie alle staminali
embrionali, fatte differenziare in cellule della retina,
cresciute in laboratorio e poi reimpiantate come un sottile
cerotto applicato alla stessa retina, hanno parzialmente
riacquistato la vista. Inoltre, quest’anno o al massimo
l’anno prossimo un gruppo svedese le userà per una
sperimentazione clinica su pazienti con il morbo di
Parkinson. Le potenzialità delle embrionali sono
tantissime ma, se si escludono questi casi che ho appena
citato e pochi altri, siamo ancora in una fase di
sperimentazione preclinica.
In Italia, però, l’utilizzo di queste cellule è vietato
per legge
È una delle ultime barriere della Legge 40 sulla
fecondazione assistita che ancora resiste, a differenza di
altre già cadute dopo sentenze della Consulta. La legge 40
vieta di usare le blastocisti in sovrannumero, che si
formano tra il quarto e il 14esimo giorno dopo la
fecondazione e che sono la fonte per ricavare le staminali
embrionali. Si preferisce lasciarle a deteriorare nei
congelatori delle cliniche che fanno procreazione assistita.
Nei Paesi in cui, invece, la ricerca è più libera e non
esistono questi divieti si usano le staminali embrionali per
trattare pazienti con patologie altrimenti incurabili.
Nonostante tutto, però, nella ricerca sulle
staminali l’Italia è all’avanguardia
Il nostro Paese ha un primato mondiale per i trattamenti
con alcuni tipi di staminali adulte, come quelle del sangue,
della pelle e della cornea. Su sei o sette terapie approvate
dall’Ema (European medicine agency), l’Agenzia europea
per i medicinali, tre sono italiane. Ne è un esempio il
primo prodotto a base di cellule staminali geneticamente
corrette (Strimvelis), sviluppato dai ricercatori dell’Istituto
San Raffaele-Telethon di Milano contro una malattia che
compromette le difese immunitarie rendendo vulnerabili a
qualunque infezione: l​a cosiddetta malattia dei bambini
bolla (Ada-Scid)​. Questo trattamento è stato approvato
dall’Ema nel 2016, appena un anno dopo l’approvazione
del primo prodotto di terapia cellulare (Holoclar) indicato
per la cura della cecità da ustioni corneali attraverso
cellule staminali epiteliali e sviluppato a Modena dal
nostro spin-off universitario Holostem. Il nostro gruppo
ha anche sviluppato la terapia genica che ha reso famoso
in tutto il mondo il piccolo Hassan, il “bambino farfalla”
siriano di 7 anni colpito da epidermolisi bollosa
giunzionale, una malattia genetica della pelle che la rende
delicatissima come le ali di una farfalla. ​Il bimbo ha
ricevuto un trapianto salvavita di epidermide
geneticamente corretta sull’80% del corpo​, e adesso riesce
a compiere attività che prima gli erano precluse, come
andare sullo scivolo e giocare a calcio. È, inoltre, italiana
anche la prima sperimentazione clinica con cellule
staminali per la distrofia muscolare di Duchenne.
Si va sempre più verso terapie mirate
La medicina rigenerativa è uno degli esempi più forti di
medicina di precisione, personalizzata. Un modello nuovo
di medicina, che pone problemi di costi elevati, cui spetta
ai Governi far fronte, e che non ammette scorciatoie.
Si riferisce al caso Stamina?
Esatto. Stamina è un esempio di ciò che non è medicina
rigenerativa. È priva di qualunque evidenza scientifica di
efficacia e non ha alle spalle una ricerca di base robusta,
ma solo soluzioni miracolistiche. Un autentico mercato
delle illusioni.
Il boom delle ‘mamme-nonne’.

Mercoledì una signora 58enne torinese, ieri una donna cinese di 60 anni. Entrambe
accomunate dalla voglia di ​maternità tardiva​.

Che una donna fosse in grado di procreare dopo i 60 anni era un dato emerso già dal
1993 in Italia con Liliana Cantadori, di 61 anni che mise al mondo un maschietto.
Oggi questa è diventata una vera e propria moda. Sono infatti sempre di più le
donne ultra 60enni che, grazie anche alla ​fecondazione assistita​, danno alla luce
bimbi sani, anche se l’età anagrafica le vedrebbe più come nonne che mamme.

Ma è giusto dare alla luce bimbi a questa età? Che il fisico lo permetta, sono
d’accordo, ma il bimbo? Avrà le stesse attenzioni accurate che può offrire una
mamma 30enne, la stessa possibilità che il papà accompagni la bimba all’altare da
grande, la certezza di non rimanere orfano ancora adolescente?

Credo che in questi episodi ci sia ​molto egoismo​, molto voler apparire, come per
dire ​‘Io ci sono riuscita!​ ’. Ma al piccolo chi davvero ci pensa? Come una donna
indiana, ​Rajo Devi​(nella foto), che nel 2008, a ​ben 70 anni​, aveva dato alla luce
un bimbo, sempre grazie alla fecondazione assistita, con gli spermatozoi del marito
72enne. La sua soddisfazione fu soprattutto quella di strappare il primato ad una sua
connazionale. Allora, in tutto questo, dov’è la bellezza dell’essere madre? Non è un
caso secondo me che la natura ad un certo punto blocchi nella donna il meccanismo
dell’ovulazione e della fecondazione naturale. Perchè la scienza deve assecondare le
‘pazzie’ di donne che forse della maternità vera e propria non hanno capito molto?

Essere madre non vuol dire recarsi in un ospedale e dare alla luce un bimbo. Essere
madre vuol dire assicurare allo stesso bimbo delle attenzioni, delle cure, degli
insegnamenti. Come può una donna di 65/70 anni avere la forza di crescere ed
accudire un bimbo, che già fatto in età giovanile assorbe tutte le energie della
mamma?

Mi domando anche a questo punto che ruolo abbia un medico​. Un medico deve
assicurare l’integrità salutare e mentale di un individuo. Deve dire NO, quando un
soggetto chiede interventi che soggettivamente sono contro natura. O forse anche
qui subentra l’egoismo del professionista, in questo modo anche il suo nome sarà su
tutti i giornali, in qualità dell’uomo che è riuscito a far portare avanti una gravidanza
‘bellissima’ ad una donna 70enne.

Approvo la fecondazione per le donne che purtroppo per seri problemi non riescono
a coronare il sogno di dare alla luce una vita. Donne giovani, che amano i propri
mariti, ma che purtroppo ‘naturalmente’ incontrano seri problemi nel restare incinta.

Essere madre non è un gioco, non è un sfizio, è molto di più.


ESEMPIO: DONNA 62 ANNI 12 OTTOBRE 2016 LINA ALVAREZ SPAGNOLA.

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