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1.

Quando nel 1954 mi laureavo in estetica e quando


nel 1961 ne prendevo la libera docenza, in Europa si
pensava che l’estetica fosse una disciplina filosofica che
si occupava della bellezza, in natura o nell’arte, e che
porsi il problema dell’estetica significasse chiedersi se
vi sono certe caratteristiche della bellezza e del suo ri-
EC
conoscimento che potevano essere considerate costanti
attraverso i tempi e le culture.
Rivelo questo particolare perché già allora restavo sem-
pre un poco imbarazzato leggendo il Journal of aesthetics
and art criticism, che sin dal titolo confondeva l’estetica
con lo studio critico dell’arte e si occupava con la stessa Accostamento pragmatico
disinvoltura del giudizio riflettente kantiano e dell’ico- alla definizione
nologia di Panofsky. Confusione che è aumentata negli
anni anche a casa nostra dove mi è accaduto sempre
dell’esperienza estetica
più di trovare scritti di estetica o sommari di corsi di
estetica dove si studiavano molti e interessanti aspetti
del mondo che ci circonda ma senza mostrare alcun
Umberto Eco
interesse per il fenomeno Bellezza, come se fosse utopia
metafisica dei tempi andati.
ne potessero pensare un africano o un cinese. Si prenda
Già il nostro atteggiamento dell’epoca era in parte po-
l’esempio delle maschere africane che avevano sedotto
lemico perché si opponeva alle estetiche dell’idealismo
gli artisti dell’avanguardia europea a inizio XX secolo.
ancora trionfante, per cui l’estetica si doveva occupare
solo dell’arte e non del bello di natura. E se Croce cer- Per un utente africano questa maschera veniva perce-
cava di fondare una ansimante definizione del bello di pita come bella? O piuttosto doveva semplicemente
natura sulla nozione di intuizione artistica (tanto che a incutere terrore, o al contrario venerazione? Doveva
un certo punto ipotizzava che per trovar bello un pae- rappresentare un essere ctonio o celeste?
saggio fosse conveniente guardarlo a testa in giù, attra- Ma d’altra parte una ricerca più sensibile ai portati
verso dunque un atto di creazione poetica, per liberarlo dell’antropologia culturale che non della filosofia te-
dalla sua mancanza di espressività), ci piaceva invece oretica stava via sensibilizzandoci al fatto che, se una 87

Dewey che cercava di fondare anche il piacere che pro- delle caratteristiche della bellezza era stata, dai Greci
viamo di fronte all’opera d’arte sull’idea di una espe- attraverso il Medioevo e il Rinascimento sino ai gior-
rienza completa e conchiusa quale poteva verificarsi al ni nostri, la proporzione, come potremmo applicare lo
di fuori dell’ambito artistico, ed anzi dava come esem- stesso concetto di proporzione a una venere di Cranach
pio di una esperienza compiuta (e pertanto bella) una o a una venere di Giorgione, o a una “venere preistori-
cena in un ristorante parigino, con i cibi e i vini giusti, ca” – che peraltro definiamo ironicamente Venere solo
la perfezione del servizio, le boiseries e le luci (e confesso noi moderni e che forse per gli utenti preistorici era solo
che a lungo ho cercato quel ristorante che poteva abba- l’apprezzamento di un corpo capace di produrre figli -
cinare un turista americano di quella fatta). o forse non voleva rappresentare nulla ma solo promet-
E piuttosto si tornava a una definizione che pare atta- tere o magicamente causare fecondità?
gliarsi al titolo di questa tavola rotonda, vale a dire la E si riscoprivano le parole di Senofane di Colofone per
concezione baumgartiana per cui l’estetica era scientia cui “se i bovi e i cavalli e i leoni avessero le mani, o po-
cognitionis sensitivae (benché, a creare poi altri equivoci, tessero disegnare con le mani, e fare opere come quelle
si aggiungesse theoria liberalium artium, gnoseologia inferior, degli uomini, simili ai cavalli il cavallo raffigurerebbe
ars puchre cogitanti, ars analogi rationis). E d’altra parte nella gli dèi, e simili ai bovi il bove, e farebbero loro dei cor-
stessa etimologia di ‘estetica’ vi era la aisthesis, vale a pi come quelli che ha ciascuno di coloro “ (Clemente
dire la percezione e quindi qualcosa che non era colta Alessandrino, Stromata, V, 110).
immediatamente dal pensiero bensì dall’apparato sen- Ma lo stesso senso di disagio prendeva gli studiosi di
soriale. Il che, senza attendere Baumgarten, era persino estetica a proposito dell’arte. Anche ammettendo che
presente in Tommaso d’Aquino quando diceva che pul- la nozione tradizionale di techne non avesse alcun riferi-
chra dicuntur quae visa placent (e senza un atto intenzionale mento a quelle che poi abbiamo chiamato le belle arti,
di visione sensoriale l’intelletto non poteva riconoscere perché si riferiva anche alla competenza del barbiere o
le caratteristiche oggettive del bello). del falegname, tuttavia l’estetica idealistica aveva a tal
In genere però le estetiche occidentali erano terribil- punto identificato l’estetica con la theoria liberalium artium
mente etnocentriche: qualsiasi definizione dessero della da escludere (come si è detto) dall’indagine il bello di
bellezza si riferiva a quello che la cultura occidentale natura.
aveva inteso per bello, senza preoccuparsi di quello che E in tal senso rifiutava persino l’estetica kantiana dove

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Anno VII, n. 17, 2013 ISSN (print): 1973-2716 T. reg. Trib. di Palermo n. 2 - 17.1.2005
quando si voleva fare l’esempio di un oggetto bello si ha potuto significare (i) qualcosa che riguarda les beau-
sceglieva una rosa. tez sensibiles, in quanto relative al tempo e allo spazio
Una delle reazioni a Croce è stata quella di tornare a (vedi Malebranche); (ii) uno standard universale fonda-
interrogarsi sulle condizioni di un bello naturale dimen- to sulla relazione tra il soggetto giudicante e le quali-
ticandosi dell’arte. Forse giocava in queste posizioni il tà sensibili dell’oggetto giudicato (vedi Shaftesbury);
fatto che dopo le avanguardie artistiche l’arte pareva iii) un sentimento soggettivo (vedi Balthasar Gracián
non volersi più occupare del bello, almeno in senso tra- o l’abate Dubos); iv) un bon goût come capacità istinti-
dizionale, bensì dell’irregolare, del difforme, o addirit- va di compiere valutazioni corrette basate sul giudizio
tura, almeno dal romanticismo in avanti, del brutto. anziché sul sentimento, malgrado la mutevolezza del-
Cosicché era parsa naturale la decisa affermazione di le nostre inclinazioni (vedi La Rochefoucauld); v) una
Dino Formaggio che nel suo volumetto Arte iniziava di- conoscenza delle regole attraverso un sentimento che
cendo che arte è tutto ciò che gli uomini hanno chiama- può essere educato (Abate Batteux); vi) una “faculté ac-
to arte. Ma neppure questa posizione scettica e relativi- quise par des expériences réitérées, à saisir le vrai et le
stica bastava, perché occorreva chiedersi se lo scultore bon, avec la circonstance qui le rend beau, et d’en être
della maschera africana pensava di aver fatto arte, o se promptement et vivement touché” (Diderot); vii) qual-
la nozione stessa di arte esistesse nella sua lingua e nella cosa da subordinare alla ragione che può correggerlo
sua cultura. (Vauvenargues, D’Alembert e Voltaire); viii) l’effetto di
un retto giudizio (La Bruyère), per cui “entre le bon
2. Consentitemi un excursus forse un poco lungo su un sens et le bon goût il y a la différence de la cause à son
esempio di fraintendimento etnocentrico. Nell’estetica effet”.
indiana si trova il concetto di rasa che molti studiosi di Per Hume la bellezza non risiede nel componimento
quel subcontinente tentano di rendere familiare al letto- poetico bensì nel sentimento e nel gusto del lettore. Però
re occidentale traducendolo come “gusto” o “sapore”. nel famoso On the Standard of Taste ricorda che “amidst
Che gusto abbia significato nettamente sensoriale e im- all the variety and caprice of taste, there are certain
plichi un piacere corporale ce lo dice il fatto che pote- general principles of approbation or blame, whose in-
te trovare in Internet un Rasa Malaysian & South Indian fluence a careful eye may trace in all operations of the
Restaurant e, in Francia, un ristorante Au bon goût. mind”. E fa l’esempio tratto da Cervantes per cui as-
Ma gusto in Occidente ha anche una valenza estetica: saggiando il vino di una botte qualcuno vi aveva trovato
l’espressione appare solo nel Rinascimento, è usato in sapore di ferro, altri di cuoio, e vuotata la botte vi si era
88 connessione con la bellezza da Michelangelo, Ariosto, scoperta al fondo una chiave attaccata a una correggia
Cellini e altri, e nel XVII e XVIII secolo diviene cate- di cuoio.
goria estetica dominante. Sembra che con Hume si apra una distinzione tra ta-
Krishna Chaitanya (1965) dice che il concetto di rasa è ste-for (come in “ha un buon gusto per i vini”) e taste-of
simile alle concezioni estetiche di Diderot, Wordsworth, (come in “è capace di riconoscere il buon gusto di un
Keats, Baumgarten, Goethe, Tolstoj, Baudelaire, Poe, vino”) che implica il riconoscimento di qualche qualità
alla teoria dell’empatia di Lipp, alle estetiche di Valery, oggettiva dell’oggetto apprezzato.
Rilke, Odilon Redon, Pierre Reverdy, T.S. Eliot, Possono queste definizioni del gusto essere omologate
Suzanne Langer, Crowe Ransom, e qualcun altro che con le definizioni del rasa? Mi pare di no.
non ricordo. Troppa grazia. Molti venerabili teorici del rasa come Bharata sostene-
Recentemente ho trovato in Internet che tale Pryadashi vano che il valore di una azione teatrale è apprezzato
Patnaik ha cercato di applicare l’idea di rasa alla let- per l’effetto che produce sulla mente dello spettatore; e
teratura occidentale moderna, con riferimenti a molti hanno visto in questa teoria una analogia con la
Majakovskij, Kafka, Camus, Conrad, Hemingway, nozione aristotelica di catarsi. Ma dire che il rasa ha a
Faulkner, Marquez, Eliot, Ionesco, Beckett, Lorca, che fare con la catarsi non vuol dire che abbia a che fare
Neruda e via dicendo. Ancora troppa grazia. con qualsiasi nozione occidentale di gusto. E così si dica
Se tutti costoro avessero compartecipato la stessa ida del per le definizioni di rasa in Abhinavagupta e nei com-
bello e dell’arte, non ci sarebbe bisogno di scrivere una mentatori di Bharata come Batta Lollata e Sankuka.
storia dell’estetica lungo gli ultimi venticinque secoli, Caso mai si discute se l’effetto dell’azione teatrale sia di
ma non vedrei rapporti tra la teoria dell’empatia e la tipo omeopatico o allopatico (e ne parleremo tra poco a
teoria eliotiana del correlativo oggettivo, o tra Diderot proposito di Aristotele).
e Keats – se non che talora entrambi possano aver usato Abhinavagupta era un mistico e per lui il piacere che
lo stesso termine per indicare diversissimi fenomeni. si avverte sperimentando il rasa era come la gioia che
Raniero Gnoli, nella sua traduzione del Tantrashara di si prova quando si sperimenta una identificazione col
Abhinavagupta, scriveva che “coloro che vogliono capi- divino, e il rasa è “il dilettevole assaporamento del Sé
re la filosofia indiana alla luce della filosofia occidentale attraverso il Sé” – il che, qualunque cosa voglia dire,
rischiano di capirne poco, se non nulla”. non ha nulla a che vedere con la nostra idea di gusto.
Inoltre è problematico tradurre rasa come gusto dato Certo Abhinavagupta insiste (come molti filosofi occi-
che quest'ultimo termine, nella cultura occidentale, dentali del gusto hanno fatto) che per avvertire il rasa

Senso e sensibile · Prospettive tra estetica e filosofia del linguaggio


occorre una buona competenza letteraria, che deve Piacere disinteressato, Piacere per una oggettiva stra-
essere educata attraverso lo studio costante della poe- tegia linguistica e retorica, Identificazione col Divino,
sia. In tal senso il rasa potrebbe essere il godimento di Competenza acquisita per addestramento culturale,
alcune proprietà oggettive dell’oggetto contemplato – e Percezione dell’Implicito, Taste-for, Taste-of, Fenomeno
pertanto sarebbe, in termini humiani non solo un taste- psicologico, Ineffabile emozione poetica, Alta cono-
for ma anche un taste-of. scenza intellettuale. Se fosse tutte queste cose il rasa
Ma nelle teorie di Anandavardhana e nel suo Dhvanyaloka sarebbe tutto e niente al tempo stesso. Ogni semplice
(che peraltro Abhinavagupta aveva commentato) la te- tentativo di traduzione in termini occidentali è vano.
oria del rasa si sposta dal teatro all’esperienza poetica Al massimo si potrebbero identificare wittgensteinia-
in generale, e si rafforza l’idea di una contemplazione namente alcune somiglianze di famiglia, ma sarebbe
meno emozionalmente coinvolta che nella visione di un poco. Bisogna pensare Hindu e non Europeo, e lasciar
dramma. Ma nel Dhvanyaloka il rasa appare anche come perdere le nostre estetiche.
un fenomeno semantico e retorico e Ananadavardhana Al massimo in termini occidentali potremmo identi-
sviluppa l’idea dello dhvani, usualmente tradotto come ficare il rasa con il Senso della Bellezza e la Risposta
“suono”. Anandavardhana dice che il linguaggio comu- Estetica. Ma sarebbe usare come risposta quella che era
nica un significato letterale, un significato metaforico appunto la domanda, se il rasa doveva spiegare che cosa
e una sorta di significato implicito o suggerito. Teoria siano il senso della bellezza e la risposta estetica.
vicino a molte idee occidentali (e addirittura Lacan, nei
suoi Ecrits, parlerà dello dhvani come della parola rivela- 3. Scusate l’excursus, ma esso mi pareva interessante
trice che lo psicanalista scopre là dove il paziente ne era per mostrare quanto sia difficile cercare di stabilire
all’oscuro così che rimaneva implicita nel suo discorso). se esistano costanti della mente umana simili a quelle
Tutte idee interessantissime, ciascuna delle quali sconsi- per cui noi pronunciamo un giudizio di esteticità, che
glierebbe di tradurre rasa come “gusto”. valgano anche per altre culture, comunque in esse si
È vero che nel Dhvanyaloka Anandavardhana sembra definisse il fenomeno – così come Darwin (a questo
parlare di qualcosa simile alla nozione di gusto come proposito vituperato da Croce) aveva fatto per lo studio
è stata intesa nei nostri XVII e XVIII secoli. Egli par- delle espressioni umane rilevando come, presso diversi
la di autori che hanno inteso lo dhvani come qualcosa popoli, diversi fossero gli oggetti che ispiravano disgusto
che non può venire espresso e “può essere riconosciuto ma simili le espressioni che manifestavano la ripugnan-
solo dal gusto di una persona sensibile”. Stava alluden- za. Il che a prima vista può sembrare conclusione molto
do a qualcosa come il sapore di un vino, indefinibile riduttiva (per cui non sapremo mai per quali ragioni un 89
a parole, ma riconoscibile per un connoisseur educato. verme biancastro ispiri disgusto a noi e non al selvaggio
Sfortunatamente ho letto il Dhvanyaloka in italiano e non bororo, teste Lévi-Strauss) ma almeno sappiamo, per la
so cosa il traduttore abbia reso con “gusto”. Comunque universalità delle espressioni del viso, che esiste presso
mi sento incoraggiato a leggere quel passaggio in tal tutti i popoli il sentimento del disgusto.
modo, visto che secondo Visvanatha (in Sahitya Darpana, Occorre dunque, se vogliamo riprendere a disputare
1450 A.D.) l’assaporamento del rasa – come visione del- sull’universalità dell’esperienza estetica, deciderci a
la bellezza – è concesso solo ai competenti. dare una definizione minimale del fenomeno.
La verità è che Anandavardhana non definisce mai il Questa definizione minimale non la troverei nella de-
rasa e nell’interpretare il maestro Abhinavagupta dirà finizione delle caratteristiche della cosa reputata bella
che il rasa è la vera anima dello dhvani, e quindi sarebbe – perché abbiamo visto che caratteristiche come pro-
una sorta di ineffabile effetto poetico. Interpreti con- porzione sono storicamente variabili, e persino la no-
temporanei ad Abhinavagupta definiscono il rasa come zione di forma e l’idea di Alberto Magno per cui il bello
una sorte intuizione poetica che elimina ogni opera- consisterebbe nella “risplendenza della forma sopra le
zione intellettuale, così come appare in molte estetiche parti proporzionate della materia” si prestanp a inter-
occidentali (per esempio in Croce). Ma altri studiosi di pretazioni variabili, dato che la nozione neoclassica di
Abhinavagupta sostengono che, anche se non si è oc- perfezione formale non avrebbe nulla a che vedere con
cupato dei procedimenti linguistici che interessavano la nozione di forma artistica che possiamo applicare,
Anandavardhana, ponendo maggior attenzione alla operati i debiti aggiustamenti, a un quadro di Picasso o
nostra risposta emotive che alle strategie linguistiche, a una pittura informale, e possiamo parlare di coerenza
egli tuttavia non ha parlato del rasa come di una pura ed equilibrio formale sia per Raffaello sia per Pollock.
intuizione ineffabile priva di ogni contenuto intellettua- Credo che occorra passare da una definizione per es-
le. senza del bello, ovvero, se volete da una semantica e
Questo mio excursus ci dice che si possono identifica- sintattica del bello, a una pragmatica dell’esperienza
re sotto il termine di rasa almeno quindici diversi fe- estetica e vedere a quali condizioni si possa parlare di
nomeni estetici che, in termini occidentali, potremmo esperienza estetica per diverse situazioni culturali.
tradurre come Catarsi, Piacere dovuto all’imitazione Mi scuso se posso parere datato, ma trovo una sola
di una Passione, Piacere dovuto all’inferenza da una soddisfacente definizione pragmatica in Kant, quando
Passione Rappresentata, Percezione dell’Universale, identifica l’esperienza estetica ovvero le caratteristiche

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dei giudizi di gusto come universalità senza concetto, Il piacere senza interesse non dipende in prima istanza
regolarità senza legge, libero gioco dell’immaginazione dall’oggetto ma dal soggetto che lo investe di una qual-
e dell’intelletto e piacere senza interesse. che qualità che glielo rende degno di contemplazione.
Scartiamo i primi tre criteri perché non sappiamo in È il momento in cui si passa da una esperienza sensoria-
base a quale principio di perfezione formale un eschi- le, la percezione dell’oggetto, a una donazione di senso
mese riconosca una regolarità senza legge, quale libero che, in quel momento, ci libera dall’imperio dei sensi
gioco di immaginazione e intelletto si produca coscien- – e vedete come sia riuscito a tenere fede all’impegno
temente in un pellerossa che adora un totem, a quale assunto accettando di partecipare a una tavola rotonda
universalità senza concetto pensi un melanesiano che intitolata “dai sensi al senso”.
guarda una noce di cocco. Riusciamo però a conce- Il piacere senza interesse è simile a una catarsi allopati-
pire il quarto atteggiamento, quello per cui qualcosa, ca. Mi spiego. Sappiamo che ci sono due modi di inter-
che peraltro coinvolge dall’inizio la nostra percezione pretare la catarsi aristotelica: uno è il modo omeopatico,
sensoriale, possa procurare un piacere in cui sia assente per cui la pietà e il terrore che ci investono al culmine
l’interesse. dell’azione tragica non sono soltanto del personaggio
Possiamo facilmente immaginare la contemplazione di ma anche nostre, e presi da questa sorta di esperienza
un tramonto che prescinda da ogni desiderio di posse- mistico-sensoriale, dopo aver sofferto le passioni che il
dere il sole calante o di essere là dove sta calando (anche tragediografo ci ha ispirato, alla fine ce ne liberiamo. E
perché non potremmo desiderarlo, almeno noi persone sono tra coloro che inclinano a questa interpretazione
colte, che ormai sappiamo che è calato da otto minuti). coribantica e misterica della catarsi. Ma è pur vero che
Pensiamo piuttosto a uno dei piaceri che più diretta- ci sono accenni di Aristotele stesso che ci inducono a
mente coinvolgono i sensi, e in cui di solito il desiderio una interpretazione allopatica: la pietà e il terrore evo-
di possesso prevale, che è la visione di un oggetto che cati dall’azione tragica vengono per così dire obbietti-
si presti all’appagamento sessuale. Per semplificare vi vati, visti distanza, come passioni del personaggio e non
prego di porvi dal mio punto di vista di eterosessuale nostre, e nel porre a distanza queste passioni (attraverso
senza che l’esempio non possa essere applicato anche questa Verfremdung) ne siamo liberati.
all’omosessuale, al pedofilo, a chi pratichi la zoofilia o Che è poi una delle interpretazioni dell’effetto comico
il feticismo – e all’asceta che abbia fatto voto di casti- che si ha quando esperienze spiacevoli e ridicole non
tà e tuttavia sia continuamente tentato nel deserto da accadono a noi ma a qualcun altro, e possiamo riderne
visioni lascive che eccitano la sua concupiscenza.. Ci proprio perché non ne siamo coinvolti: se inciampo du-
90 sono attrici che non suscitano il mio desiderio e che rante una cerimonia accademica mi secco, se inciampa
probabilmente mi metterebbero in imbarazzo se, come il rettore in tocco e toga sorrido.
il principe Umberto in Amarcord, me le ritrovassi nella Il piacere estetico apparterrebbe dunque alla stessa ca-
camera d’albergo a dirmi “gradisca”. Eppure mi rendo tegoria della catarsi allopatica, e di qui la sua assenza di
conto che sono bellissime. Non le desidero ma le trovo desiderio ma anche di terrore o ripugnanza personale.
molto belle. Così come trovo esempio di grande e piace- Ora ritengo che questa esperienza possa esistere in
vole bellezza la Venere di Milo (in quanto donna) anche qualsiasi cultura, anche dove non si hanno termini
se non vorrei (né potrei) concedermi con lei un giro di equivalenti ai nostri per bellezza o per arte. E, tornan-
walzer. Questo è un esempio di piacere senza interesse do al rasa, non ne ho trovato mai esempi canonici in cui
ed è lo stesso che prova un diabetico che, avendo da esso implichi desiderio di possesso. Abhinavagupta lo
tempo accettato l’idea che i dolci non fanno per lui, e definisce piacere disinteressato e in molti testi in cui si
avendo appreso asceticamente a non desiderarli, am- parla di una esperienza catartica sembra che sempre si
miri nella vetrina di un pasticcere una torta nuziale, e pensi a una catarsi di tipo allopatico.
mentre al ghiottone verrebbe solo l’acquolina in bocca, Molti avvisi ci sono a un ritorno alle riflessioni estetiche
il diabetico deve ammettere che la torta, fatta con arte, come scienza della cognizione sensitiva, e basti pensa-
è piacevolissima a vedersi. re ai temi ormai affrontati dalla versione attuale della
E così lo zoofiliaco può ammirare Pegaso senza pensare Rivista di Estetica – dove i temi non sono più quelli della
ad avere con esso commercio sessuale – mentre Pasifae rivista di Stefanini e Pareyson. Forse è in direzioni e de-
non ha avuto esperienza estetica del toro in cui (teste gli studi cognitivi e delle indagini sulle aree del nostro
Dante) desiderava imbestiarsi. Che è poi la ragione per cervello che potremo forse trovare la spiegazione della
cui, anche nel mondo dell’arte, nessuno penso desideri possibilità di un piacere (sensoriale) senza interesse, e di
la Fornarina o passi le notti sognando un concubito con una assenza d’interesse che si fonda su una donazione
la Venere di Giorgione. di senso a un prodotto dei sensi.
Ho definito pragmatico questo criterio perché non di-
pende necessariamente da qualità dell’oggetto, in quan-
to potrei trovare formalmente interessante la deiezione Bibliografia
di un bovino, caduta in forma di cupola borrominiana,
senza per questo essere coprofilo, anzi rifuggendo dal Chaitanya, K. 1965, Sanskrit Poetics, London, Asia Publishing
toccarla e odorarla. House.

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