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Musica, conoscenza, tecnologia

Come cambia la nostra esperienza musicale, come cambia il concetto stesso


di musica in un mondo in cui quest'arte viene pensata, prodotta, distribuita,
vissuta attraverso la mediazione del computer? È questo l'interrogativo che
gli autori dei saggi qui raccolti pongono a sé stessi e al lettore. Nella sua
globalità questo volume mira innanzitutto ad articolare quell'interrogativo
iniziale con adeguata precisione e profondità, e cioè a mettere in evidenza i
caratteri essenziali della mediazione tecnologica nell'esperienza della
musica, e a indicare l'esigenza di nuove basi teoriche, metodologiche e
interpretative adeguate alle mutazioni della prassi e della ricerca musicale
d'oggi1.
Porsi questo compito significa proporre all'attenzione del lettore un ambito
di riflessione generalmente trascurato dal discorso musicologico odierno,
spesso privo di criteri interpretativi adeguati alla musica elettroacustica e
informatica - un ambito di riflessione ritenuto erroneamente estraneo a quel
campo sistematico più ampio che chiamiamo "teoria della musica". Il
repertorio di strumenti critici e teorici ereditato dalla tradizione appare
sempre meno in grado di guidare, spiegare e suggerire le azioni e le
conoscenze di quanti - compositori, interpreti, critici, ascoltatori, studenti,
amatori - prendono contatto con una prassi musicale che si avvale di
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1 Si tratta di un'esigenza oggi assai viva, data l'enorme disparità quantitativa e
qualitativa tra pubblicazioni dedicate ad aspetti tecnici e funzionali delle nuove tecnologie
musicali, e pubblicazioni che si pongono il problema di comprendere, con sistematicità di
trattazione, le mutazioni cognitive ed estetiche che incorrono nella musica di questi
decenni.

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sofisticati mezzi tecnologici elettronici. Le mutazioni che intervengono nel


vivo dell'esperienza compositiva, ma anche di quella interpretativa e
ascoltativa, esigono corrispondenti mutazioni di prospettiva teorica.
Cerchiamo di vedere in che senso i contributi qui raccolti propongono una
prospettiva maggiormente adeguata.
Ogni azione e ogni costrutto musicale costituiscono momenti di
un'esperienza estetica quanto sono articolati - mediati - da strutture e
processi conoscitivi, dall'acquisizione, dalla sedimentazione e dallo sviluppo
di schemi cognitivi. Questi si stabilizzano o si trasformano al ripetersi o al
mutare di oggetti e azioni che diciamo musicali. Fare musica - idearla,
comporla, darle corpo attraverso il suono che prende forma negli strumenti,
nell'ambiente, nell'orecchio e nella mente dell'ascoltatore - richiede una
particolare disponibilità a esplorare fenomeni nuovi, nuove configurazioni
sonore - ciò che qui, in breve, diremo il fin-qui-inudito. Ma implica anche
un profondo grado di interiorizzazione del già-udito: nel musicista,
l'esplorazione del nuovo è tutt'uno con la consapevolezza delle emozioni e
delle conoscenze che trasformano il fin-qui-inudito di oggi nel già-udito di
domani2. Intendere l'esperienza musicale come esperienza conoscitiva
significa sottolinearne la specificità di questo consapevole processo di
trasformazione. e inoltre significa considerarla - alla stregua di ogni altra
forma d'arte - come gioco gratuito unicamente animato dalla seduzione
estetica e dalla curiosità dell'ignoto fin-qui-inudito. Sappiamo, d'altro canto,
che il ruolo dell'arte (anche il suo ruolo sociale) è strettamente connesso a
questa capacità immaginativa e di progettazione priva di altro scopo che non
sia quello del desiderio delle esperienze che essa suscita3. La densa e
complessa attività cognitiva nella quale consiste la prassi dell'arte, si fonda
su conoscenze acquisite e a sua volta fonda nuove conoscenze che essa
stessa rende possibili.
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2 Secondo una bella intuizione di Marvin Minsky, un brano musicale insegna, o
suggerisce all'ascoltatore come ascoltare: l'ascoltatore si fa nell'ascolto; cfr. "Music, mind
and meaning", in AAVV (a cura di C.Roads), The music machine. Cambridge, Ma., 1989.
Reciprocamente, il compositore Herbert Brün afferma: "Spero sempre di comporre un
pezzo che mi insegni qual'è la mia posizione estetica; difficilmente lascio che una posizione
estetica mi indichi che pezzo realizzare". Dunque il compositore impara di sè stesso dalla
musica che egli crea: il compositore si fa componendo e riflettendo sulla composizione; cfr.
"Interview with Herbert Brün", in AAVV (a cura di C.Roads) Composers and the
computer, Los Altos, Ca., 1985.
3 Sull'arte come attività non-deterministica di progettazione senza scopi, si veda
H.Simon, Le scienze dell'artificiale. Bologna, 1988 (edizione originale 1969), soprattutto a
p.200 e sgg.

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Considerare la musica come processo di conoscenza che suscita l'esperienza


estetica è determinante per poter dare un senso di necessità alla mediazione
tecnologica - dal momento che qualsiasi tecnologia, infatti, è soprattutto
sedimentazione e condensazione di un corpo di conoscenze, di idee, e di
teorie (un'osservazione che ci garantisce, credo, da troppo facili feticismi
tecnicisti quanto da altrettanto facili timori tecnofobi). Da qui deriva uno
degli assunti di base comune a tutti gli scritti qui raccolti: fare musica
implica articolare e modellare la propria conoscenza, saper costruire
modelli operativi capaci di dar vita ad azioni e strutture sonore che
restituiscono tratti dell'esperienza personale, del proprio essere-nel-mondo e
del rapporto con esso.
A questo punto, il ruolo del computer nell'esperienza musicale - soprattutto
in quella compositiva, ma anche nell'interpretazione e nell'ascolto - può
essere considerato quello di un catalizzatore di idee e cognizioni relative al
fatto musicale: perché risulti utile al lavoro creativo del musicista, la
macchina deve incorporare conoscenze, nozioni, teorie relative a più livelli
di astrazione nel fenomeno musicale - dal livello del segnale acustico
(rappresentazioni del suono) a quello delle strutture e delle forme
dell'esperienza ascoltativa (rappresentazioni percettive e cognitive).
Dire che il computer deve incorporare conoscenze musicali implica, quindi,
esprimere la necessità di sviluppare modelli della nostra esperienza del
suono, della musica. Ogni programma di computer "implementa" (cioè
attualizza e rende utilizzabile) un corpo di conoscenze teoriche. Ciò vale per
qualsiasi applicazione informatica, ovviamente, ma tanto più vale in ambiti
espressivi, dove l'oggetto dell'esperienza e della conoscenza non è costituito
solo da cose e fatti tangibili e misurabili - fenomeni computabili - ma anche
eventi più fluidi, che hanno a che fare col significato, il senso e le emozioni.
Da qui l'interesse che riveste l'esperienza musicale per ricerche nel campo
delle scienze cognitive e dell'intelligenza artificiale4 (come mettono in
evidenza i contributi raccolti nel capitolo "Musicologia").
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4 Si deve notare che le scienze cognitive della musica hanno assunto - fino ad oggi
quasi senza eccezione - un paradigma di ricerca particolare, per il quale esperienza
musicale vale sopratutto per esperienza dell'ascolto musicale. Questo è il caso
dell'importante contributo di F.Lerdahl e R.Jackendoff, nel libro A generative theory of
tonal music (Cambridge. Ma., 1982). Solo recentemente sta prendendo piede un paradigma
alternativo, nel quale esperienza musicale vale anche per esperienza costruttiva della
musica (quindi per composizione e interpretazione). Si veda, ad esempio, il volume di
AAVV (a cura di M.Balaban, K.Ebcioglu & O.Laske) Understanding music with AI.
Perspectives of music cognition (Cambridge, Ma., 1992).

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La prassi musicale che si avvale di mezzi informatici, a questo punto, si


pone nell'orizzonte problematico più vasto della tekné - del mondo di
tecniche e di mezzi tecnici - nell'arte. L'universo di conoscenze consolidato
nella tekné di un musicista (nel suo "ambiente di lavoro", direbbe Laske) va
considerato come luogo privilegiato nel quale individuare almeno due
dominii di interesse specifico, e cioè:
• il rapporto tra il musicista e i materiali e le forme della sua arte,
all'interno del processo musicale;
• il rapporto tra materiali sonori e la loro articolazione sintattica
all'interno dell'oggetto musicale5.
I temi intorno ai quali si muovono le riflessioni contenute in questo libro
riguardano proprio questi due campi di osservazione. Ma essi si muovono
anche intorno a un terzo dominio di interesse, di altrettanta importanza:
• l'interfaccia - la connessione - che permette la comunicazione tra quei
primi due dominii di osservazione; ovvero che connette il rapporto
compositore/materiali col rapporto suono/forma (microstruttura/macro-
struttura).
Occorre fin d'ora tener presente che quanto diciamo materiali e quanto
diciamo forma non sono altro che concrezioni del pensiero musicale e
tecnico-scientifico che ogni musicista eredita e trasforma a suo modo.
Perciò il rapporto con essi è anche il rapporto con la storia e l'attualità
sociale e culturale, e in questo modo esprime posizioni e valori estetici
(oltre che riflettere il fine insieme gratuito e necessario dell'arte). Ci sembra
pertinente, a questo proposito, un'osservazione di Lambert Zuidervaart, il
quale, parlando dell'Estetica di Adorno, scrive:
Lottando con i propri materiali, un artista lotta con il proprio contesto socio-
culturale6
indicando, così, che per quanto gratuito, il processo artistico lascia, anche se
indirettamente, tracce concrete e sensibili nell'universo socio-culturale cui
appartiene. Vedremo più avanti che, al di là delle posizioni personali di
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5 Nel suo contributo in questo volume, Laske fa notare che parte della confusione
metodologica in ambito teorico-musicale è dovuta proprio al fatto che diciamo musicale sia
le azioni e comportamenti (disposizioni cognitive) del musicista che gli oggetti e le
strutture sonore (prodotti artistici) ottenute attraverso quelle azioni. Un approccio serio alla
teoria della musica deve chiarire qual'è il campo dei fenomeni sotto osservazione, e magari
studiare la connessione tra quei due campi fenomenici.
6 Cfr. L.Zuidervaart, Adorno's aestethic theory. Cambridge, Ma., 1991; p.97.

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ciascun musicista, affrontare il problema della tecnologia nell'arte significa


anche porsi un più profondo problema di libertà di pensiero.
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Come si può notare da quanto fin qui detto, essere un musicista comporta un
lavoro empirico e di introspezione che si pone come un tipo particolare di
modellizzazione della conoscenza. In effetti, comporre è un'attività che
definisce modelli di particolari esperienze - i quali modelli, a loro volta,
sono le uniche testimonianze che abbiamo per rispondere alle nostre
domande sull'esperienza musicale7. Nell'era dell'informatica, questo
processo si esplica anche attraverso quei modelli e quelle tecniche di
rappresentazione che la macchina ci aiuta a rendere operative.
È proprio questo il primo dei tre argomenti caratteristici della prospettiva
teorica qui proposta. Come scrive Hugues Dufourt,
...procedere a tentoni nell'informatica significa formalizzare alla cieca, senza
coscienza esplicita del problema nel suo insieme...
per cui è necessario avere una chiara conoscenza del fatto musicale (azione
o struttura) prima di poterlo consolidare in un modello operativo, in una
procedura informatica. È questa l'attitudine dalla quale nasce ciò che viene
indicato come musicologia cognitiva: il tentativo di comprendere i processi
dinamici di costruzione del sonoro e del musicale, i modi di relazione di un
soggetto (compositore, interprete, ascoltatore) con il proprio oggetto e la sua
manifestazione nel tempo.
La struttura e il comportamento del software - scrive Barry Truax - forniscono un
quadro di riferimento, un insieme di concetti e strumenti al cui interno viene
concepita e realizzata una composizione.
Comprendere questo insieme di concetti e strumenti, questa tekné, è
condizione indispensabile per comprendere il potenziale estetico e
conoscitivo della musica realizzata al computer. (Proprio questo indica la
sfida che la musicologia di oggi ancora non sembra in grado di accogliere).
Scrive ancora Truax:
...un brano musicale composto attraverso il computer riflette la conoscenza musicale
espressa nel software con il quale esso viene prodotto, e quindi le conoscenze che il
compositore ha condotto nella realizzazione.

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7 A.Di Scipio, "Models of material and of musical design become inseparable. A
study in composition-theory", in AAVV (a cura di J.Louhivuori), Atti della International
conference of cognitive musicology, Jyväskylä, 1993.

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Il lungo contributo di Truax (e, in parte, quello di Rowe) mettono in rilievo


tra l'altro l'enorme condizionamento culturale indotto da prodotti tecnologici
industriali di larga diffusione (per esempio sequencers e editors di
partitura), la cui teoria musicale si limita a replicare - ma solo
superficialmente - una parte della teoria musicale tradizionale. Tali
programmi e sistemi possono certamente costituire degli utili strumenti di
lavoro, ma altrettanto certamente forzano il pensiero musicale entro confini
che erano pienamente legittimi solo all'interno di una tradizione teorica e
pratica sorta insieme a strumenti tecnici diversi (gli strumenti musicali
tradizionali). Questo ci porta verso il secondo argomento specifico di questo
volume, che cercherò di illustrare in breve.
Sottesa alla progettazione di sistemi musicali informatici di diffusione
commerciale, vi è una accezione comune della nozione di "tecnologia":
quella di un insieme di mezzi che realizzano, attualizzano idee e progetti
sorti nella mente dell'utente-musicista. Grazie alla sua efficacia realizzativa,
alla precisione del mezzo tecnologico, il compositore domina con maestria i
materiali e le forme della sua musica. Il mezzo tecnologico dunque realizza
ciò che il musicista sa e ha sognato di realizzare, rendendo concreto ciò che
inizialmente è solo immaginato e virtuale.
Occorre riconoscere in questo schema di pensiero un habitus mentale quasi
invisibile, ma tipico della troppo semplice ideologia con cui è trattato, di
solito, il tema più generale del rapporto uomo/macchina nelle società
contemporanee. Gli stessi artisti e musicisti che per primi si avvicinarono al
mezzo elettronico hanno trasmesso alle generazioni più giovani questo
invisibile modo di pensiero8. Il risultato è che, pur sorgendo da una legittima
salvaguardia dell'autenticità dell'espressione artistica da miti scientisti, tale
atteggiamento nei confronti della tecnologia finisce spesso col
misconoscerne la portata culturale, di natura innanzitutto cognitiva.
Ora, questa che abbiamo detto "accezione comune" della nozione di
tecnologia nasconde la presunzione che il musicista sappia, sempre e con
chiarezza esplicita, cosa fare e come farlo, per cui gli è utile e necessaria la

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8 Per prendere giustamente le distanze da meccanicismi troppo facili e da troppo
facili entusiasmi costruttivisti, Edgar Varèse nel 1957 scriveva: "...come ha detto Debussy,
le opere d'arte producono regole, ma le regole non producono opere d'arte" (cfr. Il suono
organizzato. Milano, 1985, p.101). Un esempio di sano approccio critico nei confronti
dell'entusiasmo per i mezzi elettronici dell'epoca, fu dato anche da Franco Evangelisti nel
suo scritto "Verso una composizione elettronica" (Annuario dell'Accademia di S.Cecilia,
Roma, 1969).

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potenza e la precisione di mezzi sofisticati di realizzazione. Presunzione non


sempre giustificata che suscita, invece, l'esigenza di una "accezione eretica",
antitetica a quella "comune": la tecnologia come strumento di
virtualizzazione, di esplorazione, di apertura all'ignoto, prima che di
consolidamento del noto. Così da mezzo per l'attualizzazione di idee e
sogni, il computer può diventare strumento di sogno, di ideazione.
Che cosa significa tutto ciò? Cosa c'è di eretico in questa prospettiva? Con
"apertura all'ignoto" e "virtualizzazione" si intende dire che il mezzo può
essere all'origine di una messa in discussione e di un rinnovamento delle
conoscenze musicali in direzioni che il musicista non sempre può pretendere
di prevedere, di ri-conoscere. La tecnologia allora si fa strumento di
conoscenze ulteriori, e non solo strumento per l'attualizzazione di
conoscenze date9. Essa può aprire al fin-qui-inudito (che, a un altro livello,
possiamo anche dire inudibile, cioè inimmaginabile all'interno di una certa
teoria) anziché consolidare il già-udito (l'udibile, alla portata delle
conoscenze teoriche acquisite). Si tratta di porsi in un atteggiamento di
umiltà che comporta il non dare per definitivamente stabilita la propria
musicalità, il ripensare la nozione stessa di musica10.
Come avviene questo processo di virtualizzazione della conoscenza
musicale? Una volta "implementato", un modello operativo può dar luogo a
esperienze nuove, a risultati prima inaspettati che suggeriscono un ritorno al
modello, una sua modifica, un'estensione del modello - cioè
un'aumentazione della conoscenza sulla base dell'esperienza del fin-qui-
inudito, un'accumulazione non deterministica di intuizioni e cognizioni.
La conoscenza sviluppata mediante strategie compositive - scrive Truax - deve poi
essere integrata [...] nella forma di un'espansione delle risorse di base.
L'implicazione importante è che questo processo fa venir meno la possibilità
di stabilire obiettivi precisi e univoci - la presunzione, da parte del
musicista, di sapere con certezza definitiva il cosa e il come del proprio
lavoro. Ciò suscita una nonlinearità del processo creativo, del processo
conoscitivo e delle esperienze estetiche che esso provoca.

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9 Non a caso lo studioso Howard Rheingold, a proposito del ruolo dei media
digitali nella cultura contemporanea, parla di tools for thought (strumenti per il pensiero)
piuttosto che di tools of thought (strumenti di pensiero); cfr. Tools for thought, New York,
1985.
10 È ciò che Dufourt, nel contributo iniziale di questo volume, indica come
difficile presa di coscienza teorica.

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In tal modo ci viene anche ricordato che la sapienza tecnica dell'uomo non è
(non è mai stata) solo una testimonianza a posteriori delle conoscenze
sviluppate fino a un certo momento, ma anche e sempre un contribuito
attivo, che genera nell'ambiente condizioni irripetibili e imprevedibili, e che
conduce a un rinnovamento. È in questo senso che il computer, come si è
detto, può creare e suscitare le condizioni del sogno - prima di realizzare
sogni - e far emergere idee e intuizioni fin-qui-inudibili (inconcepibili)
anziché proporsi come un servo preciso ma stupido al servizio del già-
udibile (concepibile).
A questo punto, si può sottolineare la metafora di libertà implicita in questa
concezione "eretica" del rapporto tra arte e tecnologia: infatti, quanto
abbiamo appena visto sta a significare che la tecnologia del computer -
mezzo potenziale di cultura democratica e di crescita sociale, ma anche
mezzo di condizionamento, o al più di svago ed entertainment - viene
piegata alla libertà espressiva individuale anziché essere assecondata nelle
caratteristiche (efficenza e potenza) sbandierate dal mercato e dalla cultura
ufficiale. Si noti l'aspetto paradossale di questa condizione: piegare il mezzo
a favore della libertà di pensiero implica appropriarsi del mezzo, conoscerlo
da vicino, laddove invece tenersene a distanza in nome dell'autonomia della
propria musicalità dall'"arido mezzo tecnico" significa invece lasciarsi
appropriare dal mezzo, stare al suo gioco (che spesso è quello, dettato dalla
cultura industriale, dell'efficenza e della precisione esecutiva). "Lasciarsi
appropriare" dal computer significa non solo affidarsi a una logica di
efficentismo, ma anche accettare le teorie, le conoscenze sulla cui base è
progettato ogni programma/sistema di cui facciamo uso. Una seria ricerca
espressiva, invece, finisce spesso col tradire il determinismo di questa
logica, mettendone in questione le basi teoriche stesse.
Un tratto importante di questa condizione culturale, rimanda alla
progressiva decentralizzazione, al processo di parcellizzazione che qualifica
la sociologia dell'arte - non esclusa la musica - nell'era informatica. È un
aspetto che la riflessione dovrà presto affrontare con profondità, ma che si
manifesta davanti ai nostri occhi quotidianamente e con forza quando
osserviamo non solo la diffusione capillare dei personal computers, ma
anche, ormai, il crescere di quella vera e propria foresta di scambio
informazionale che è la comunicazione su reti di computers (networking).
Questi fenomeni sociali favoriscono la distribuzione delle conoscenze, delle
informazioni, delle tecniche, delle idee, anziché - com'era tipico dell'era
industriale e di tutte le sovrastrutture che emanano da essa nel presente - la
loro centralizzazione in luoghi di privilegio, la loro focalizzazione

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all'interno della logica dell'avanguardia (progresso) e della retroguardia


(conservazione)11. Alla luce di questo fenomeno, la scomparsa del pubblico
dalle sale da concerto si rivela in realtà una trasformazione del pubblico: in
un mondo di comunicazioni altamente personalizzate, persino l'audience di
massa della musica industriale tende a disperdersi in centinaia di comunità
particolari, di gruppi, di luoghi dell'immaginario privi di reale
localizzazione geografica. Attraverso le stazioni di lavoro personali e
attraverso i networks basati su fibre ottiche, la musica si distribuisce, per
così dire, a un pubblico "non fisico", un pubblico che non è massa aggregata
uniforme di fronte a un palcoscenico - ma che diventa comunità di individui
in comunicazione tra loro eppure decentrati, o meglio personalmente
localizzati.
Si vede allora come, intorno al problema della tekné musicale
contemporanea vi siano condizioni intellettuali complesse, irriducibili a un
feticismo irresponsabile e scientista. L'esperienza musicale nell'era
informatica può conseguire una propria autonomia espressiva, e allo stesso
tempo può riflettere il processo sociale, dando priorità all'esplorazione del
fin-qui-inudito (livello dei fenomeni) e del fin-qui-inudibile (livello dei
concetti e delle cognizioni) a scapito della mera accettazione del già-udito
perché già-udibile - cioè rimettendo in discussione quelle nozioni musicali
che si presumevano certe e sicure, rendendo fluido, virtuale, possibile, ciò
che l'accademia della cultura (musicale) e il mercato della tecnologia
(solidali nonostante le apparenze) vogliono vedere reale, certo,
definitivamente acquisito e riproducibile.
***
Se tutto ciò riguarda la disposizione cognitiva del musicista nei confronti
del proprio dominio d'azione, vi è poi da considerare una profonda
mutazione interna all'oggetto musicale, interna alla relazione tra materiali e
struttura. Così, per esempio, la musicologa francese Marie-Elizabeth
Duchez ("La nozione di materiale nella tecnologia musicale
contemporanea") scrive della desensibilizzazione dei materiali, riprendendo
e allargando l'intuizione di Adorno. Quello dei materiali, delle forme e della
sintassi della musica elettroacustica e informatica costituisce il terzo
argomento-chiave di questo volume.
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11 Questo processo era stato presentito da alcuni analisti delle trasformazioni
socio-culturali derivate dall'informatizzazione già negli scorsi decenni; cfr., per esempio,
A.Toffler, Future schock, New York, 1970 (Trad. it. Lo chock del futuro, Milano, 1988); e,
dello stesso autore, Third wave, New York, 1980 (Trad.it. La terza ondata, Milano, 1987).

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Dei contributi qui raccolti, quelli più vicini a questioni di linguaggio


musicale (cioè quelli di Emmerson, Dufourt, Koenig, Doati e, appunto, della
Duchez) ci rammentano innanzitutto il problema della diffusione,
dell'analisi e della didattica della musica elettroacustica e per computer.
Inoltre, essi mostrano come vi sia sempre stata un'evoluzione parallela tra
pensiero musicale e mezzo tecnico. Ciò che fino a qualche decennio fa
appariva come una mera dipendenza della prassi musicale dall'evoluzione
tecnologica, oggi può essere considerato - soprattutto se guardiamo alla
tekné dell'arte nel modo che abbiamo visto sopra - uno sviluppo parallelo
fatto di interdipendenze tra progettazione del mezzo ed esperienza creativa
del suono e della musica.
Tra le intuizioni relative al potenziale estetico e cognitivo della musica
nell'era dell'informatica, la più avanzata è forse quella così espressa da
Dufourt quando scrive:
Fino a oggi ci si è implicitamente rifiutati di riconoscere, in nome del vecchio
dualismo tra forma e suono [...che non vi è] ragione di mantenere la distinzione tra
"composizione che pertiene al suono" e "composizione che pertiene alla forma".
La tesi, in sostanza, è questa: se la maggiore acquisizione della tecnologia
musicale di questi decenni è stata quella della possibilità di comporre-il-
suono prima del convenzionale comporre-coi-suoni, allo stato attuale è
possibile far cadere quella distinzione - che separa pensiero dei materiali e
pensiero della costruzione formale. In altri termini, è possibile generare
materiali e forma - o anche suono e struttura musicale - mediante un unico
gesto creativo. Allora si dovrà anche riconoscere che le nozioni di forma e
timbro tendono a confondersi inseparabilmente12. Nella comprensione della
prassi estetica della musica elettroacustica e informatica, questo punto è
decisivo, sul quale è auspicabile che la riflessione teorica possa ritornare
presto con una analisi specifica. L'argomento è qui sviluppato dalla Duchez,
ed è esemplificato dalle testimonianze compositive qui raccolte. Tentiamo
di darne una chiave di lettura semplice e ben delineata.

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12 Su questa condizione estetica e cognitiva si concentra il mio stesso lavoro
teorico e compositivo; si veda A.Di Scipio, "Models of material....", op.cit.; ed inoltre "La
musica di due culture. Tracce di una mutazione", in AAVV (a cura di C.Boschi) Musica e
scienza. Il margine sottile. Roma, 1991; "Micro-time sonic design and the formation of
timbre", Contemporary music review, 10(2), 1994; "Kairòs: sulla morfologia dinamica del
suono e del tempo", Sonus, 12, 1994; infine "Formal processes of timbre composition
challenging the dualistic paradigm of computer music", in AAVV, Atti dell'ISEA -
International symposium on electronic arts, Helsinki, 1994.

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Nella composizione al computer, si hanno, di solito, due distinti dominii di


modellizzazione, uno riguardante il materiale sonoro, l'altro riguardante la
struttura che articola il materiale sonoro nel tempo. Si hanno, cioè,
• modelli del materiale - tecniche di sintesi ed elaborazione del suono,
con relative rappresentazioni acustiche/psicoacustiche che influenzano la
concettualizzazione del suono da parte del musicista;
• modelli della struttura musicale - tecniche di sintesi ed elaborazione
dell'articolazione del flusso musicale, ovvero metodi di organizzazione
del materiale e regole di relazione tra eventi sonori o gruppi di eventi
sonori.
I primi riflettono le conoscenze in gioco all'atto del comporre-il-suono
(microstrutture). I secondi incorporano le conoscenze in gioco all'atto del
comporre-coi-suoni (macrostrutture).
A determinate condizioni, e soprattutto con particolari rappresentazioni
acustiche e nuovi schemi di razionalizzazione del materiale, è possibile
(con)fondere quei due dominii, cioè sovrapporli e pervenire a modelli
olistici di progettazione sonora, modelli che non fanno distinzione tra
pensiero del materiale e pensiero della forma, tra microstrutture e
macrostrutture del processo musicale. È quanto avviene in modo piuttosto
naturale con le tecniche di sintesi del suono basate su rappresentazioni
micro-temporali del segnale acustico (per esempio rappresentazioni
quantistiche - o granulari), oppure lavorando nella spettro-morfologia del
suono13; o, ancora, agendo direttamente nel microcosmo della griglia
ampiezza/tempo - come nelle tecniche di sintesi non-standard - e
componendo "a livello dei campioni" (si veda la parte conclusiva dello
scritto di Koenig).
Il risultato principale di un approccio di questo tipo, inconcepibile al di fuori
della prassi musicale al computer (ma in nuce in imprese pionieristiche di
Pousseur14, Xenakis15, Brün16, Stockhausen17 e altri) sta nella difficoltà a

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13 Cfr. D.Smalley, "Spectro-morpholoy and structuring processes", in AAVV (a
cura di S.Emmerson) The language of electroacoustic music. Londra, 1986
14 Cfr. R.Doati, "Il caso filtrato", Quaderni della Civica Scuola di Musica, 21-22,
1992.
15 Cfr. A.Di Scipio, "Da Concret PH a Gendy301. Modelli compositivi nella
musica elettroacustica di Xenakis", Sonus, 1995.
16 Cfr. H.Brün, "Infraudibles", in AAVV (a cura di H. von Foerster e
J.Beauchamp) Music by computer. New York, 1966.

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mantenere la distinzione cognitiva tra suono e struttura: la morfologia del


materiale - il timbro, appunto - diventa l'epifenomeno di un processo di
formazione dinamica del suono, suscettibile di articolare ampi gesti sonori
e, al limite, l'intera forma musicale, invece di produrre singoli suoni o eventi
separati. Si intuisce facilmente che, a tali condizioni, il paradigma nota è
definitivamente perso, e che persino la "composizione con sinusoidi"
praticata dalla musica elettronica e nei primi decenni della musica
informatica (ed ancora oggi, d'altra parte) tende a perdere la centralità
operativa che ha avuto per lungo tempo.
La musica che accetta il confronto e la sfida culturale posta dalla tecnologia
informatica oggi, "rompe con una tradizione plurisecolare" (Dufourt), come
aveva presentito sin dalla metà degli anni '50 il musicologo tedesco Hans
Stuckenschmidt18: essa rompe con un dualismo che distingue Natura e
Cultura nell'esperienza estetica della musica, e riconosce all'oggetto
musicale lo statuto di oggetto "interamente culturale", la sua specifica
essenza di artificio. Tale consapevolezza è determinante all'interno della
condizione estetica caratteristica di questa musica. I presupposti di una
antica visione, riassunta nell'interrogativo di Charles Ives: che c'entra la
musica con il suono?19 (citato anche da Laske), vengono meno nell'ambito
estetico alla portata della musica elettroacustica e informatica.
***
Torniamo sull'interdipendenza tra progetto tecnologico e progetto musicale.
Per notare che, purtroppo, ancora oggi pochissimi sistemi
software/hardware si fondano su questa consapevolezza: l'operatività della
macchina influenza le particolari esperienze musicali che con essa
verranno attualizzate, dal momento che il progetto tecnologico sul quale si
basa ingloba un corpo di conoscenze riferito a una particolare teoria della
musica; e ancora, la prassi musicale deve poter trovare nella macchina la
flessibilità e l'apertura "cognitiva" necessarie affinché in essa possano

17 Cfr. K.H.Stockhausen, "The concept of unity in electronic music", in AAVV (a


cura di B.Boretz e E.Cone) Perspectives on contemporary music theory. New York, 1972.
Trad.it. "L'unità del tempo musicale", in AAVV (a cura di H.Pousseur) Musica elettronica.
Milano, 1976.
18 H.Stuckenschmidt, "Nel mondo delle sonorità ignote. Un contributo all'estetica
della musica elettronica", Aut-Aut, 1957.
19 Cfr. C.Ives, "Essays before a sonata", in AAVV, Three classics in the aesthetic
of music. New York, 1962, p.168 (l'edizione originale risale al 1920).

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essere incorporate ulteriori (e non prevedibili) soluzioni tecniche suggerite


dall'esperienza musicale.
Il sistema PODX, di cui scrive Truax nel suo contributo, è un esempio di
sistema informatico che risponde a queste esigenze, così come lo sono,
secondo modalità e direttive differenti, anche i programmi PROJECT1 e
PROJECT2 di Koenig e il sistema CHANT/FORMES dell'IRCAM, a cui accenna
la Duchez. Il lettore più esperto sa che questi sistemi e/o programmi sono
degli antesignani che, negli ultimi dieci anni, hanno indicato una strada
possibile di ricerca. Oggi, grazie al rinnovarsi dell'hardware e dei paradigmi
di programmazione (passaggio dalla "programmazione strutturata" alla
"programmazione orientata all'oggetto" - object-oriented programming)
anche altri sistemi, tecnologicamente più avanzati, mostrano una simile
attitudine all'elaborazione della conoscenza musicale. Penso, per esempio, a
KYMA (progettato e realizzato presso i laboratori Symbolic Sound) e al
sistema ISPW (realizzato all' IRCAM).
Sistemi di questo genere, se adeguatamente adoperati, sono capaci di
presentarsi "privi di preconcetti" riguardo a nozioni-chiave del processo
compositivo, quali "materiale" e "struttura": Spetta al compositore decidere
a quale scala temporale si collocano le entità discrete minimali della propria
strategia di progettazione; sta a lui decidere le modalità stesse di tale
strategia, definendo opportune procedure deterministiche o esplorative,
improvvisative o rigorosamente automatizzate, interattive o destinate a
elaborare strutture di dati in memoria. Inoltre sta a lui scegliere, e saper
descrivere alla macchina, le "strutture di controllo" di cui avvalersi20. Tutto
ciò non è un sovraccarico di lavoro extra-musicale al quale il compositore
deve pazientemente forzarsi, ma uno dei compiti più importanti da
affrontare: si tratta di definire gli strumenti concettuali adoperati nel
processo di ideazione, progettazione e realizzazione di un lavoro musicale,
cioè di definire la propria nozione di materiale sonoro, la propria idea di
organizzazione musicale, prima di produrne uno o più esempi concreti.
Nel paradigma classico delle scienze computazionali - ovvero nell'ambito di
ciò che è detto information processing - si può considerare un programma
per computer come una teoria, l'operazionalizzazione di un corpo statico di

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20 Con "struttura di controllo" intendo l'interfaccia che connette modello di
articolazione formale e modello del materiale sonoro - quando i due sono tenuti nettamente
distinti nel processo compositivo.

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conoscenze relative a un certo dominio fenomenico21. Con la recente


introduzione di processori di calcolo paralleli e dei relativi stili di
programmazione, invece, è possibile concepire un programma per computer
come una meta-teoria, un ambiente concettuale nel quale il musicista deve
definire la propria teoria della musica prima di passare alla fase di
attualizzazione di particolari intuizioni musicali. Il musicista è chiamato a
un necessario atto di responsabilizzazione: sta a lui costruire il proprio
ambiente di lavoro, e al limite l'intero universo della tekné che converge nel
suo lavoro, poiché sta a lui decidere del materiale e delle forme della sua
arte. Questo volume è nato appunto per favorire la presa di coscienza di
questo nodo centrale della problematica "musica-conoscenza-tecnologia"
oggi.
***
Il lettore avrà ormai un quadro nitido dell'interdisciplinarità degli studi che
confluiscono nel dominio di interesse della ricerca musicale odierna:
acustica, psicoacustica, psicologia dei processi cognitivi, programmazione,
elabo-razione di segnali, ingegneria del software, intelligenza artificiale,
ecc...; e in più le problematiche della teoria, dell'analisi, e dell'estetica della
musica - il cui discorso non può essere sconnesso troppo semplicisticamente
dal mondo delle discipline scentifiche sopra citate22. Si può parlare di studi
di sonologia, di informatica musicale e di musicologia cognitiva, per
definire i principali settori di interesse nei quali si raccolgono gli sforzi della
ricerca musicale internazionale.
Nel nostro paese, ricerche di questo genere sono intraprese presso sedi
universitarie e presso centri nati per iniziativa privata. Per esempio, riguardo
alla progettazione di stazioni di lavoro interattive si può citare il lavoro
dell'IRIS (Paliano, Roma) e quello del CRM (Roma). Mentre, relativamente
a sistemi che integrano anche programmi di composizione assistita da
elaboratore, possiamo segnalare le ricerche del LIM (Università di Milano),
del DIST (Università di Genova) e il lavoro svolto presso il CNUCE/CNR
di Pisa. Altri si concentrano sulle problematiche della rappresentazione di
segnali sonori (CSC, Università di Padova; ACEL, Università di Napoli) o
su questioni di musicalogia cognitiva, di modellizzazione di segnali e
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21 Cfr A.Newell & H.Simon, "Information processing in computer and man", in
AAVV (a cura di Z.Pylyshin) Perspectives on the computer revolution. N.J., 1970.
22 Un esempio di approccio musicologico consapevole delle implicazioni
tecnologiche e scientifiche nella prassi musicale contemporanea è il volume
Fenomenologia della musica sperimentale di Angelo Orcalli (Potenza, 1993).

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processi musicali (LMS, Università di L'Aquila) e sull'analisi musicale al


computer. Il coordinamento di queste iniziative è svolto dall'Associazione
Informatica Musicale Italiana (AIMI), la cui opera, sempre difficile, si basa
essenzialmente sul volontariato. Esiste poi anche un ampio lavoro di
produzione e di diffusione musicale svolto da alcuni dei gruppi di ricerca
già citati, ma anche da studi privati nati per questi specifici scopi, a Milano,
Roma e Firenze.
Al mondo della ricerca si affianca quello delle iniziative didattiche,
soprattutto di quelle affidate ai Conservatori di Musica (Scuole di Musica
Elettronica sono attive da tempo nei Conservatori di Torino, Milano,
Bologna, Padova, Venezia, Firenze, Perugia, Pesaro, Roma, L'Aquila, e
Frosinone; di recente attivazione sono le Scuole di Musica Elettronica
presso il Conservatorio di Latina e quello di Bari). Infine, altre iniziative
didattiche sono dovute agli stessi centri di ricerca (molto importanti, per
molti anni, i corsi estivi del CSC, al Centro di Calcolo dell'Università di
Padova, oggi purtroppo non più attivi).
Esiste dunque un quadro di attività diversificato e ricco di stimoli e di
energie, il quale peraltro rispecchia una condizione altrettanto interessante e
variegata in altri paesi d'Europa e in Nord America. Tuttavia, come si è
detto, l'ambito d'azione e di riflessione che emerge da esso viene considerato
erroneamente privo di significative relazioni con la teoria musicale e il
discorso musicologico. L'esigenza di questo volume nasce anche da questa
constatazione.
***
I criteri di selezione dei contributi raccolti in questo libro non hanno
sofferto la falsa esigenza di divulgare le soluzioni "tecnologicamente più
avanzate". Tuttaltro: gli scritti sono stati scelti per la loro rappresentatività
nei riguardi delle tre tematiche che questa prefazione ha tentato di indicare e
mettere in relazione:
• la musica è esperienza conoscitiva, e in essa la tecnologia del computer
può svolgere un ruolo importante a condizione di riconoscere la natura di
qualsiasi dominio tecnico: quella di uno strumento di conoscenza. Alcuni
dei contributi (p.e. Laske, Koenig, Truax, Rowe, e - da una diversa
prospettiva - Marsden) elaborano questa prospettiva, che poi è proprio
l'assunto di base della musicologia cognitiva (in particolare degli studi di
teoria della composizione23). Nel contributo di Camurri e Leman, questa
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23 O.Laske, "Towards an epistemology of composition", Interface, 20(3-4), 1991.

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stessa problematica è affrontata alla luce dei recenti paradigmi di ricerca


sviluppati nell'ambito dell'intelligenza artificiale;
• il rapporto tra arte e tecnica che si attualizza nella prassi e nella teoria
della musica nell'era informatica, può indicare una "accezione eretica"
della nozione stessa di tecnologia: non più strumento di realizzazione
delle conoscenze esistenti (strumento di consolidamento efficente dello
status quo) ma strumento di messa in discussione, di esplorazione di
territori conoscitivi ed espressivi ulteriori; ciò è messo in luce nei
contributi di Truax e Dufourt - nonché nella testimonianza di Koenig, che
di un simile approccio è stato un precursore24;
• il rapporto cognitivo tra materiale sonoro e struttura musicale - quindi
il rapporto tra suono e musica - e l'eventuale fusione delle nozioni di
timbro e forma, rappresentano la chiave di lettura di una possibile
estetica della musica elettroacustica e informatica. Di questo ci parlano i
contributi di Emmerson, Dufourt, Doati e Duchez.
La selezione degli scritti è stata fatta principalmente sulla base del rigore e
della chiarezza con cui vengono poste in risalto tali idee. Inevitabilmente è
stato necessario passare sopra alcuni dettagli che la logica del "tecno-
logicamente più avanzato" dichiara "inattuali". Non ci si è astenuti, perciò,
dal prendere in considerazione e tradurre - per la prima volta in italiano,
d'altra parte - scritti di qualche tempo fa (Laske, Koenig, Dufourt),
affiancandoli a scritti recenti e anche recentissimi (Rowe, Camurri-Leman,
Marsden). Nè, d'altra parte, ci sembra che questa scelta pregiudichi la
coerenza dell'insieme.
Come curatore del volume e traduttore di alcuni contributi ho cercato di
limitare al minimo indispensabile l'uso di termini tecnici specialistici, anche
se ciò è risultato alquanto difficile in taluni casi (espressamente nel
contributo di Camurri e Leman). Inoltre, pur volendo intervenire con le
"note del curatore" (N.d.C.) soltanto quando strettamente necessario, ho
fornito al lettore riferimenti bibliografici italiani ogni volta che, nella
vastissima letteratura anglofona e francofona, le fonti citate dagli autori
sono state tradotte nel nostro paese. Eventuali mancanze saranno certamente
riscontrabili, e naturalmente vanno ascritte interamente al sottoscritto.

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24 Si veda G.M.Koenig, "Summary observation on compositional theory", Utrecht,
1971; una antologia di scritti di Koenig, riguardanti il suo lavoro teorico e compositivo è
corso di pubblicazione, a cura dello scrivente, per i tipi di Semar (Roma).

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Ringrazio l'editore, per la curiosità e disponibilità intellettuale indispensabili


affinché questo libro potesse prendere forma. Occorre anche ringraziare
MIT Press, nonché Christian Bourgois, Otto Laske e Simon Emmerson per
la loro spontanea cooperazione a questa iniziativa editoriale25.

Agostino Di Scipio
L'Aquila, Novembre 1994

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25 Inoltre devo ringraziare gli amici e colleghi che hanno gentilmente letto le
bozze delle varie traduzioni contenute in questo libro (T.Baldassarre, P.Rotili, M.C.De
Amicis); un particolare ringraziamento va a Serafino Di Eusanio per una preliminare
revisione critica di questa prefazione e a Christopher Rolfe per alcune preziose indicazioni
bibliografiche.

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