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Per cominciare va detto che l’ebraismo italiano era “profondamente integrato nella società plasmata dal regime fascista! Gli
ebrei fascisti non erano un corpo estraneo allo stato e i suoi più alti ed influenti esponenti proclamavano “l’assoluta fedeltà
degli israeliti al fascismo e al suo duce”. Renzo De Felice, sul suo “Storia degli ebrei italiani”, scrive che gli ebrei furono
fondatori, per esempio, dei fasci di combattimento di Milano, ebbero parte attiva nelle squadre di Italo Balbo e furono fra i
protagonisti della “marcia su Roma”. I Caduti ebrei di quella epopea figurano nel “martirologio ufficiale della rivoluzione
fascista”. Furono anche fra i finanziatori del partito fascista. E’ noto che i provvedimenti a favore degli ebrei nel 1930,
perfezionati nel 1931, risultarono tanto graditi alla comunità ebraica italiana che i rabbini innalzarono preghiere di
ringraziamento nelle sinagoghe. E’ anche noto l’attacco lanciato dal Duce, contro le teorie nazionalsocialiste. Il 6 settembre
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1934, dal palazzo del Governo di Bari Mussolini, dopo aver esaltato la civiltà mediterranea, disse: “Trenta secoli di storia ci
permettono di guardare con sovrana pietà talune dottrine d’oltr’Alpe, sostenute da progenie di gente che ignorava la
scrittura con la quale tramandare i documenti della propria vita, nel tempo in cui Roma aveva Cesare, Virgilio e Augusto”.
Uno spietato attacco all’antiebraismo della Germania. Pertanto sino ad allora non esisteva alcuna pregiudiziale anti ebraica
nell’animo di Mussolini. E allora, come si giunse alle leggi razziali?
Le Sanzioni
la politica fascista cambiò repentinamente con la conquista dell’Etiopia. Con questa azione di forza, non concordata, l’Italia
si mise in conflitto con le potenze che detenevano il potere e le ricchezze del mondo e non consentivano ad altri di
intervenire sulla scena geopolitica mondiale. L’Italia era una nazione di serie B e tale doveva rimanere.
Bernard Show, in una intervista al Manchester Guardian (13 ottobre 1937) profetizzò: “Le cose già fatte da Mussolini lo
condurranno prima o poi ad un serio conflitto con il capitalismo”. Infatti le nuove idee, che partivano dall’Italia fascista, si
stavano espandendo in tutto il mondo; dalla Francia agli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna all’Australia, dall’Argentina alla
Norvegia, nascevano movimenti di ispirazione fascista. Sembrava che, una volta ancora, l’Italia fosse ispiratrice di un nuovo
messaggio universale di sapore rinascimentale: il Rinascimento del lavoro. Queste nuove idee, portavano in sé un difetto:
mettevano in pericolo il sistema capitalistico allora vigente e padrone.
La guerra d’Etiopia provocò, dunque, un inasprimento delle relazioni con Francia e Inghilterra, le nazioni imperialiste per
antonomasia, che guidavano la Società delle Nazioni. Anche per il subdolo intervento di Roosevelt, furono imposte all’Italia
le “sanzioni”: cioè l’embargo economico. La Germania si dissociò e continuò ad intrattenere rapporti con l’Italia. Nel 1936
scoppia la guerra civile spagnola; i Paesi capitalisti si schierano, con l’Unione Sovietica, contro l’Italia che collabora con
Francisco Franco. Di nuovo la Germania è accanto all’Italia. In questa fase storica si formano due schieramenti: uno di
carattere democratico-capitalistico, guidato principalmente da Gran Bretagna, da Francia e dagli Stati Uniti di Roosevelt;
l’altro da Germania e Italia. Mussolini cercò di evitare in ogni modo questa alleanza con il Führer di cui osteggiava
fortemente la politica. Il 22 giugno 1936 rilasciò una intervista all’ex ministro francese Malvy, nella quale ribadiva la
propria disponibilità a collaborare con la Francia e con l’Inghilterra: “Disse Mussolini: “La situazione è tale che mi obbliga
a cercare altrove la sicurezza che ho perduto dal lato della Francia e della Gran Bretagna. A chi indirizzarmi se non a Hitler?
Vi ho fatto venire perché informiate il vostro Governo della situazione. Io attenderò ancora, ma se prossimamente
l’atteggiamento del Governo francese nei confronti dell’Italia fascista non si modifica, se non mi si darà l’assicurazione di
cui ho bisogno, l’Italia diventerà alleata della Germania”. Questa testimonianza viene riportata da E. Bonnifour nella
“Histoire politique de la troisième republique”.
Furono i Paesi capitalisti a “gettare l’Italia in braccio” alla Germania per annientarle successivamente entrambe. Lo
affermano anche Winston Churchill e lo storico inglese George Trevelyan. Il primo (La Seconda Guerra Mondiale”, Vol. 2°,
pag. 209) scrive: “Ora che la politica inglese aveva forzato Mussolini a schierarsi dall’altra parte, la Germania non era più
sola”. George Trevelyan nella sua “Storia d’Inghilterra”, a pag. 834, scrive: “E l’Italia che per la sua posizione geografica
poteva impedire i nostri contatti con l’Austria e con i Paesi balcanici, fu gettata in braccio alla Germania”. Mussolini chiese
ripetutamente alla Comunità israelitica italiana di intervenire, presso le Comunità israelitiche anglosassoni e francesi, per
dirimere la vertenza; la risposta fu negativa. Fu allora che il Duce abbandonò la politica favorevole agli ebrei.
Le leggi razziali
La storia stava così trascinando l’Italia alla “ineluttabilità dell’alleanza con Hitler e quindi della necessità di eliminare tutti i
motivi non solo di frizione, ma anche solo di disparità con la Germania” (R. De Felice, Storia degli ebrei sotto il fascismo,
pag. 137). Mussolini era conscio che l’antisemitismo occupava uno spazio preminente nell’ideologia nazionalsocialista, di
conseguenza se voleva giungere ad una reale alleanza, doveva adeguarsi alle circostanze. Fu così che si giunse al distacco di
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Mussolini e del fascismo dall’idillio che c’era stato con la Comunità ebraica e questo viene confermato dal maggior studioso
del fascismo che osserva: “Una volta che Mussolini fu gettato nelle braccia della Germania di Hitler, era impensabile che
anche l’Italia non avesse le sue leggi razziali”. Il Duce, tuttavia, per renderle il meno dolorose possibili, impose di
discriminare non perseguire, oltre a lasciar aperte numerose scappatoie per cui si giunse a situazioni paradossali, come il
caso denunciato dal giornalista Daniele Vicini su “L’Indipendente” del 20 luglio 1993: “Ebrei e comunisti sciamarono verso
l’Italia attraverso il Brennero, frontiera che potevano varcare senza visto a differenza di altre (americana, sovietica, ecc.)
apparentemente più congeniali alle loro esigenze”. “Erano tutti pazzi a rifugiarsi in un Paese dove vigevano le leggi razziali,
oppure i fuggitivi ben sapevano che quelle leggi erano poco meno che una farsa”? Fu creato un organismo ad hoc – il
comitato di assistenza agli ebrei in Italia – che permise a circa diecimila profughi provenienti da Germania, Polonia,
Ungheria e Romania di trovare rifugio nel nostro Paese; altri 80 mila ebrei poterono emigrare in Palestina e in altre nazioni
grazie alla collaborazione delle autorità italiane. Dal porto Trieste gli ebrei emigranti viaggiavano su navi del Lloyd triestino
che concedeva loro sconti fortissimi, fino al 75%!.
Dalla applicazione delle leggi discriminatorie erano escluse le famiglie di Caduti, mutilati o feriti in guerra o chi si era
battuto per la “causa fascista”. In realtà nessuno fu mai colpito dalle leggi razziali fasciste. La maggioranza di ebrei, piccoli
negozianti, non fu toccata; a nessuno fu imposta la stella gialla di David, molti finsero di convertirsi al cristianesimo, ecc.
La eterna farsa italiana fu pari alla sua fama. Si parlò di professori universitari licenziati, ma questi erano dodici in tutto e, a
seconda dei casi,vengono utilizzati come vittime delle leggi razziali o perché antifascisti o filocomunisti e così via. Ma
questo è ridicolo se si pensa alla “pulizia ideologica” attuata negli Stati Uniti da Mac Carty e, in ogni caso, non furono
perseguitati i professori i fascisti che non si riciclarono come antifascisti nel dopoguerra?
Ricordo le parole di Vittorio Mussolini quando disse che le leggi razziali lo colpirono in quanto sia lui che il fratello Bruno
avevano amici di religione ebraica. Si indignarono con il padre minacciando di portare i loro amici ebrei a dormire a Villa
Torlonia. Mussolini paternamente e bonariamente li rassicurò dicendo: “dite ai vostri amici di stare tranquilli per due o tre
mesi.. poi sarà tutto finito”. E così fu in realtà. Ricordo che i grandi negozi di ebrei cambiarono ragione sociale così Cohen
diventò “Prima”, Galtrucco e altri seguirono con altri nomi ma nessun commerciante fu sequestrato o messo in difficoltà.
Agli ebrei fu vietato il privilegio e l’onore di servire la Patria in armi per cui furono esentati dalla leva obbligatoria; si può
immaginare con quanta sofferenza per i giovani ebrei … ! Da ragazzo conobbi un tenente pilota tedesco che si chiamava
Karl Reyer. Era ebreo ed aveva lasciato la Germania per arruolarsi nella aeronautica italiana con la quale aveva partecipato
alla campagna in Russia meritandosi il riconoscimento della Luftwaffe e portava il nastrino all’occhiello della divisa!
Le persecuzioni
La guerra imperversava e i tedeschi rastrellavano gli ebrei nelle zone occupate ma, per ordine di Mussolini, “Ovunque
penetrassero le truppe italiane, uno schermo protettore si levava di fronte agli ebrei (…). Un aperto conflitto si determinò tra
Roma e Berlino a proposito del problema ebraico (…). Appena giunte sui luoghi di loro giurisdizione, le autorità italiane
annullavano le disposizioni decretate contro gli ebrei (…)” (Léon Poliakov, “Il nazismo e lo sterminio degli ebrei”, pagg.
219-220). Questo schermo si ergeva, quindi, non solo in Italia, ma in Croazia, in Grecia, in Egeo, in Tunisia, e ovunque
fossero presenti le truppe italiane. Scrive Rosa Paini (ebrea) (“Il Sentiero della Speranza”, pag. 22): “Quel colloquio lo
aveva voluto Mussolini ancora più favorevole agli ebrei, in modo da essere indotto a concedere tremila visti speciali per
tecnici e scienziati ebrei che desideravano stabilirsi nel nostro Paese”.
Mordechai Poldiel (israelita): “L’Amministrazione fascista e quella politica, quella militare e quella civile, si diedero da fare
in ogni modo per difendere gli ebrei, per fare in modo che quelle leggi rimanessero lettera morta”.
Israel Kalk (“Gli ebrei in Italia durante il Fascismo”): “.. Siamo stati trattati con la massima umanità” e,: “Credo di non
temere smentite affermando che con voi la sorte è stata benigna e che la vostra situazione di internati in Italia è migliore di
quella dei nostri fratelli che si trovano in libertà in altri paesi europei”.
Anche Salim Diamand (Internment in Italy – 1940-1945), scrive. “Non ho mai trovato segni di razzismo in Italia. C’era del
militarismo, è ovvio, ma io non ho mai trovato un italiano che si avvicinasse a me, ebreo, con l’idea di sterminare la mia
razza (…). Anche quando apparvero le leggi razziali, le relazioni con gli amici italiani non cambiarono per nulla (…). Nel
campo controllato dai carabinieri e dalle Camicie nere gli ebrei stavano come a casa loro”.
L’autorevole docente dell’Università ebraica di Gerusalemme, George L. Mosse, nel suo libro “Il razzismo in Europa”, a
pag. 245 ha scritto: “Il principale alleato della Germania, l’Italia fascista, sabotò la politica ebraica nazista nei territori sotto
il suo controllo (…). Come abbiamo già detto, era stato Mussolini stesso a enunciare il principio “discriminare non
perseguire”. Tuttavia l’esercito italiano si spinse anche più in là, indubbiamente con il tacito consenso di Mussolini (…).
Ovunque, nell’Europa occupata dai nazisti, le ambasciate italiane protessero gli ebrei in grado di chiedere la nazionalità
italiana. Le deportazioni degli ebrei cominciarono solo dopo la caduta di Mussolini, quando i tedeschi occuparono l’Italia”.
Durante la guerra, nonostante le pressanti richieste da parte tedesca, Mussolini si rifiutò sempre di consegnare gli ebrei
italiani ai nazisti e diede disposizioni per attuare nelle zone controllate dall’esercito italiano (Tunisia, Grecia, Balcani e sud
della Francia) vere e proprie forme di boicottaggio per sottrarre gli ebrei ai tedeschi (era sufficiente avere un lontanissimo
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parente italiano, spesso inventato, per ottenere la cittadinanza italiana e sfuggire in questo modo alla deportazione).
Pochi della paludosa e mefitica giungla antifascista amano ricordare che nel 1940, quando già l’Italia era in guerra, la nave
italiana Esperia, carica di profughi ebrei, salpò per l’Egitto. I bugiardi senza rimedio fanno risalire quel viaggio alla audacia
del capitano, il Capitano Stagnaro, ma è fuor di dubbio che il governo fascista autorizzò tacitamente quel viaggio. In modo
del tutto analogo, nel 1942, cioè in piena guerra, una altra nave carica di ebrei provenienti dalla Croazia e dai Balcani, circa
1500 persone, partì da Trieste in direzione Palestina. Il trasporto era stato organizzato dal governo italiano e concordato con
i comandi inglesi. Inoltre è noto che Giorgio Perlasca, un ambasciatore italiano, fece miracoli per salvare perseguitati ebrei
ma nessuno dice che Perlasca agiva per conto del governo fascista. Si è mai visto un ambasciatore agire contro le direttive
del proprio governo? Perché non dare a Mussolini quantomeno il beneficio di aver deliberatamente chiuso ambedue gli
occhi su queste vicende, dovendo egli costantemente affrontare la intransigenza germanica che si vedeva, ed era la verità,
presa in giro?
Con la resa dell’Italia la situazione per gli ebrei peggiorò non essendoci più lo scudo alzato da Mussolini. Fu in quei giorni,
ed esattamente il 16 ottobre 1943 che i tedeschi effettuarono un rastrellamento nel ghetto di Roma catturando più di mille
ebrei. Finalmente i tedeschi ebbero la possibilità di mettere in atto quanto sino ad allora era stato proibito. Perché non
intervennero i partigiani a difendere i deportati? I tedeschi furono ostacolati solo dal fascista Ferdinando Natoni che ospitò
nella sua abitazione alcune ebree facendole passare per sue figlie. Altri nomi di fascisti meritano di essere citati accanto a
quello di Natoni: Perlasca – foto, giovane e poi – di cui si è già detto, salvò la vita ad alcuni migliaia di ebrei in Ungheria;
Zamboni (fascista) riuscì a far fuggire da Salonicco centinaia di ebrei; Palatucci (fascista) ne salvò alcune migliaia a Fiume;
Calisse (fascista) operò in Francia e fece fuggire diverse decine di ebrei. Non dimentichiamo Farinac
ci, che nascose una famiglia di ebrei nella sua tipografia e il futuro segretario del Msi,
Almirante che ne nascose alcuni nel Ministero dove lavorava. Potremmo citare altri casi e nomi, ma non possiamo abusare
oltre. Mentre si svolgevano questi fatti, gli antifascisti e i partigiani che facevano?
Renzo De Felice osserva (op. cit. pag. 447): “… nei mesi successivi all’emanazione dell’ordine di polizia n° 5, la politica
antisemita della Rsi fu in un certo senso abbastanza moderata (…). Il concentramento degli ebrei fu condotto dalle
prefetture, in relazione al periodo in questione s’intende, con metodi e discriminazioni abbastanza umani ed esso non fu
affatto totale, come lascerebbe credere l’ordine del 30 novembre 1943…”.
L’ infamia più mostruosa, la menzogna più vergognosa per denigrare Benito Mussolini, é quella della complicità e
connivenza nello sterminio di 5 milioni di ebrei. Non Roosevelt (che inviò la sua fleet per cannoneggiare un piroscafo carico
di ebrei fuggiti nel 1939 da Amburgo), non Churchill che ordinò di silurare a Salinas un’altro carico di ebrei qualora non
avesse invertito la rotta, non Stalin che lo storico russo Arkaly Vaksberg, (“Stalin against Jews”), dopo accurate ricerche in
archivi riservati, accusa sostenendo che “il numero degli ebrei eliminati da Stalin è stato presumibilmente 5 milioni”, .. ma
solo Mussolini… diventa complice delle nefandezze di Hitler. Ma allora, se la alleanza con la Germania implica la
corresponsabilità dei crimini contro gli ebrei, per qual motivo gli alleati della Unione Sovietica non devono essere
corresponsabili dei cento milioni di vittime del comunismo? E per qual motivo i crimini commessi da americani e inglesi,
francesi, jugoslavi e truppe di ogni razza e colore non devono essere condivise in solido dagli altri alleati? E si tratta di
crimini ben più gravi e distruttivi, dai bombardamenti agli eccidi, alle deportazioni, alle persecuzioni, dagli stupri agli
assassini di gente inerme. Scrive Giorgio Pisanò (“Noi fascisti e gli ebrei”, pag. 19) “Si giunse così al 1939, vale a dire allo
scoppio della guerra e fu allora che, all’insaputa di tutti, Mussolini diede inizio a quella grandiosa manovra, tuttora
sconosciuta o faziosamente negata anche da molti di coloro che invece ne sono perfettamente a conoscenza, tendente a
salvare la vita di quegli ebrei che lo sviluppo degli avvenimenti bellici aveva portato sotto il controllo delle forze armate
tedesche”.
Conclusioni
Come già detto, le leggi razziali italiane del 1938 gettarono un’ ombra sul regime fascista e sulla splendida figura di
Mussolini in particolare ma voler associare a Hitler la figura del Duce rendendo questi corresponsabile delle persecuzioni o
dello sterminio di milioni di ebrei è un evidente oltraggio alla Verità storica, una falsità assoluta, una mostruosità dal punto
di vista morale ed essa stessa una persecuzione della memoria e dell’operato di un grande Uomo, di un grande Italiano!
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Un popolo che non difende la propria cultura, le sue Tradizioni, la sua Lingua, la sua Religione e la sua capacità fisica,
è destinato ad essere sopraffatto da altre genti che premono ai suoi confini ed a scomparire per sempre, come spesso è avvenuto nella
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Le nostre FORZE ARMATE sono la sintesi ed il baluardo dell’Identità Nazionale: impariamo ad esserne orgogliosi!
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