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CCORDATURA: operazione diretta alla giusta intonazione delle corde o di quelle parti degli

strumenti musicali che determinano la vibrazione sonora. Viene effettuata tenendo come punto
di riferimento il suono di altezza fissa (440 hertz) prodotto dal diapason corrispondente alla
nota la.

ACCORDO: Combinazione di tre o più note di diversa altezza suonate simultaneamente (la
combinazione di due sole note non è considerata accordo). E' oggetto di studio dell'armonia.
Ogni accordo va analizzato, secondo il sistema tonale (tonalità), riconducendo le note che lo
compongono entro il minore intervallo possibile, cioè in posizione stretta. Un accordo è allo
stato fondamentale quando la sua nota più bassa (cioè la più grave) è la fondamentale.
Qualsiasi disposizione in cui una o più note non si trovino al di sopra della fondamentale è
detta rivolto. A seconda degli intervalli che separano le note più acute da quella più grave,
l'accordo può assumere diverse denominazioni: accordo di settima, di sesta, di nona, ecc.;
sempre secondo il sistema tonale, se contiene rispettivamente intervalli ritenuti consonanti
(l'ottava, la quinta giusta, la quarta, la terza e la sesta) oppure dissonanti (la seconda, la
settima, ecc.) può essere consonante o dissonante (consonanza, quando vi è un senso di
riposo o di distensione, e dissonanza, quando vi è un senso di moto o di tensione). L'accordo
più elementare, per l'armonia occidentale, è la triade (accordo di tre note), combinazione
simultanea della nota fondamentale con la relativa terza e quinta (intervalli). Una triade può
essere maggiore (accordo perfetto maggiore) o minore (accordo perfetto minore) se la terza
sopra la fondamentale e maggiore o minore (la quinta è comunque giusta); eccedente
(accordo di quinta eccedente) o diminuita (accordo di quinta diminuita) quando l'intervallo tra
la fondamentale e la quinta è eccedente o diminuito (ovvero è rispettivamente innalzato o
abbassato di un semitono).

ALLEMANDA: Antica danza di origine tedesca, in tempo pari e di ritmo moderato,


caratterizzata dall'inizio in levare. E' uno dei movimenti più importanti della Suite. Famose
sono le Allemandes di J. S. Bach.

ALTEZZA: Una delle qualità del suono (le altre sono l'intensità e il timbro) che ci fa distinguere
se un suono è acuto o grave. Il suono può essere prodotto solo da un tipo di moto, il moto
(vibrazione) originato da un corpo vibrante. Queste vibrazioni vengono trasmesse per
risonanza alle particelle d'aria circostanti, e quindi raccolte dal nostro orecchio. L'altezza di un
suono dipende dalla "frequenza" (numero di vibrazioni al secondo) del corpo che vibra:
maggiore è la frequenza, più alto e il suono; minore e la frequenza, più basso e il suono. Il
limite minimo percepibile dall'uomo varia dalle 16 alle 20 vibrazioni al secondo, il limite
massimo dalle 20.000 alle 25.000.

ANDAMENTO: La velocità di una composizione musicale, indicata dai seguenti termini: largo,
larghetto, adagio, andante, moderato, allegro, presto, prestissimo.

ANTIFONA: Uno degli antichi elementi del canto liturgico che s. Ambrogio prese dalla chiesa
siriana. Oggi indica un breve testo che si canta prima e dopo la recita dei salmi.

ARIA: L'aria è un brano melodico-lirico per voce solista, cantato generalmente dai personaggi
principali, dove la parola passa in secondo piano, sia perché, molto spesso, il canto si svolge
attraverso lunghi "vocalizzi", sia perché lo schema formale del canto non deriva dalle frasi del
testo, ma segue una logica geometrica fondata sulle simmetrie (ABA, ABACA, etc..): questa
struttura simmetrica è indicata anche con il termine pezzo chiuso.
Questa composizione con accompagnamento strumentale è nata nel Cinquecento, ma si è
sviluppata soprattutto nel Seicento, con Claudio Monteverdi e con la Scuola Napoletana. Per
merito di A. Scarlatti, che vi introdusse "l'aria col da capo" (ripresa della prima parte a
chiusura della composizione), acquistò una forma tutta particolare.
Nell'Ottocento il termine "aria" viene sostituito frequentemente con quelli di ballata, romanza,
cavatina e cabaletta, cantabile, ed altri. In genere, nel corso dell'Ottocento, si tende ad abolire
il carattere "chiuso" della struttura, rendendola più idonea ad eseguire l'andamento delle
parole. L'arietta differisce dall'aria per la semplicità della melodia.
ARIOSO: Composizione piuttosto breve, l'arioso è uno stile di canto dove le parole vengono
pronunciate molto chiaramente e dove la melodia segue l'andamento delle frasi, dando
importanza alle invocazioni, alle domande, alle interiezioni, etc. Ma, nonostante questo rilievo
dato alla parola, il canto stesso assume importanza melodica, passando tra diversi registri,
proponendo frammenti di idee melodiche interessanti.
Nell'opera tradizionale "napoletana" l'arioso poteva essere posto fra il recitativo e l'aria.
Nell'opera romantica si confonde più facilmente con il recitativo (quando questo viene
"declamato") e talvolta prende il posto dell'aria.

ARMONIA: Scienza e arte della simultaneità dei suoni: si basa sugli accordi e ne studia il loro
concatenarsi, la costituzione e la classificazione. E' quindi una combinazione simultanea di più
suoni diversi. Ha "struttura verticale" e in questo senso può essere considerata l'opposto della
melodia che, occupandosi della successione dei suoni diversi, ha invece "struttura orizzontale".
La cosiddetta armonia tradizionale, frutto degli studi teorici compiuti tra il XV e il XVII secolo, è
un insieme di regole che definisce la struttura degli accordi e ne studia la funzione e le
relazioni, determinandone il collegamento e la successione in base al principio della tonalità.
Argomenti collegati: triade, consonanza e dissonanza, modulazione, cadenza.

ARPEGGIO: Esecuzione successiva anziché simultanea delle note costituenti un accordo, sia
partendo da quella più grave fino alla più acuta, sia procedendo in modo opposto, così come
effettivamente avviene sull'arpa, da cui ha origine il nome. L'arpeggio, indicato mediante una
linea serpentina annodata alla sinistra dell'accordo interessato (che generalmente ne prescrive
un'esecuzione dal basso all'alto) può essere eseguito su tutti gli strumenti.

ARRANGIAMENTO: Nel campo della musica leggera e del jazz il termine sta ad indicare
l'elaborazione e l'adattamento strumentale e/o vocale di una melodia originale. Come pratica
musicale si sviluppa verso la metà degli anni Venti per merito delle grandi orchestre jazz (Duke
Ellington, Don Redman, Benny Carter, ecc.), affermandosi come reinvenzione ovvero
invenzione "ex novo", di una composizione originale. Elemento essenziale del jazz, scritto o
memorizzato che sia, spesso l'arrangiamento fornisce al solista nuovi spunti di
improvvisazione.

ASSOLO: All'interno di una composizione indica una parte che deve essere eseguita da un solo
strumento o comunque da un solo interprete. Nell'ambito della musica popolare, ma sopratutto
nel jazz, è affidato molto spesso all'improvvisazione dello stesso interprete.

ATTO: Una delle parti in cui viene diviso un Melodramma, un Oratorio, un balletto. A volta gli
atti sono divisi in quadri e spesso segnati dalla chiusura del sipario.

BALLATA: Composizione vocale monodica, popolare, dell'epoca dei Trovatori (XI-XII sec.) di
argomento prevalentemente amoroso. Nel Trecento divenne una forma musicale per solisti e
coro. Nell'Ottocento i compositori romantici la designarono come composizione strumentale di
carattere sentimentale. Celebri le Ballate per pianoforte di Chopin.

BALLETTO: Spettacolo musicale danzato che comunica, attraverso i movimenti del corpo e le
espressioni del viso dei ballerini (pantomima), un racconto, uno stato d'animo, basandosi sulla
musica o sul solo ritmo. Nacque nel Medioevo con le mascherate di corte (canti
carnascialeschi). E' chiamato anche Danza classica.

BARCAROLA: Composizione vocale o strumentale in tempo composto, imitante il ritmo dei


gondolieri veneziani.

BARITONO: Termine che nell'arte del canto indica sia la voce intermedia tra il tenore e il
basso, sia il cantante maschile che la possiede. Il registro baritonale si precisò nelle sue
odierne caratteristiche solo nell'Ottocento. Col tempo il baritono venne distinguendosi in
baritono lirico e baritono drammatico, a seconda del volume e del colore della voce. La chiave
di baritono e la chiave di fa posta sulla terza linea del pentagramma. Nell'ambito di una
famiglia di strumenti il termine identifica il tipo la cui estensione corrisponde all'incirca a quella
della voce di baritono (ad esempio sax baritono).

BASSO BRILLANTE: La voce di basso è la più profonda e timbricamente scura delle voci virili,
e basso è chiamato il cantante che la possiede.
Tra i bassi è nota la distinzione tra "basso parlante o comico", tipico dell'opera buffa, per
personaggi un poco goffi e ridicoli:
- "basso cantante" per un ruolo vocale in cui il canto si svolge con piena dignità;
- "basso profondo", dall'estensione particolarmente notevole verso le note basse.
A questi ultimi si lega anche la definizione di Basso brillante. Puccini così vuole il ridicolo
Geronte della sua Manon Lescaut, ma così si usa intendere anche il Benoit e l'Alcindoro della
Bohème.

BATTUTA: Spazio del pentagramma compreso tra due stanghette verticali. Detta anche
misura, la battuta contiene un certo numero di unità di tempo che viene espresso mediante
una frazione scritta sul pentagramma subito dopo il simbolo di chiave. Il numeratore di questa
frazione indica la quantità, mentre il denominatore la qualità dei valori di base che ogni singola
battuta deve contenere (ad esempio una battuta in 4/8 deve contenere quattro ottavi, dove
l'ottavo è il valore di base; una battuta in 2/4 deve contenere due quarti, il quarto è il valore di
base; il valore di base in pratica e l'unità di misura della battuta). L'impiego della battuta risale
al XV secolo ma è dal XVII secolo che il suo uso si è generalizzato.

BEMOLLE: Alterazione che abbassa di un semitono la nota alla quale si applica. Per abbassare
di due semitoni una nota si fa ricorso al doppio bemolle.

BEQUADRO: Alterazione che riporta allo stato naturale una nota precedentemente
"diesizzata" o "bemollizzata". Il doppio bequadro annulla l'effetto di un precedente doppio
diesis o doppio bemolle.

BERCEUSE: Composizione di carattere popolare, vocale e strumentale, sinonimo di ninna-


nanna.

BICORDO: Combinazione simultanea di due note non all'unisono né in ottava. Non è


considerato un accordo.

BLUE NOTES: Note da cui dipende la caratteristica indeterminatezza modale del blues (nel
quale ricorrono frequentemente). Inserite nell'ambito di un'armonia in modo maggiore si
presentano infatti abbassate di un semitono (diminuite), richiamando di conseguenza il modo
minore. Generalmente equivalgono al terzo (terza diminuita), o al settimo grado (settima
diminuita) della scala della tonalità considerata; ma spesso è alterato anche il quinto grado (la
quinta diminuita è stata introdotta dai jazzisti del be-bop). L'uso delle blue notes è una diretta
conseguenza dell'incontro di due diversi sistemi musicali: quello africano, basato
prevalentemente su scale pentatoniche (ovvero scale formate da cinque note), al quale erano
sconosciuti il terzo e il settimo intervallo; e quello occidentale, fondato invece su scale di sette
note (scale eptatoniche). Nell'adattare l'uno all'altro, la popolazione nera deportata in America
dall'Africa (e i loro discendenti) prese a suonare indifferentemente la terza maggiore e la terza
minore, la settima maggiore e la settima minore, senza un riferimento esplicito a ciò che per
gli occidentali era considerato e sentito come tono maggiore o tono minore. Questo senso di
indeterminatezza provocata dall'uso di note in minore in un contesto armonico maggiore, le
"note blu" appunto, costituirà una delle caratteristiche principali del blues, una delle più
originali espressioni della cultura nera in America.

BLUES: Canto individuale profano nato dalle influenze dei canti di lavoro e religiosi. Ha influito
in modo determinante alla nascita del Jazz.
BRANO MONODICO: Un brano corale è monodico se tutto il complesso che lo esegue intona
la stessa melodia. In tal modo la scrittura è orizzontale, cioè i suoni si susseguono uno dopo
l'altro regolati dal tempo.

BRANO POLIFONICO: Un brano è polifonico se il complesso vocale intona melodie diverse,


sovrapposte tra loro. In tal caso la scrittura è armonica, le parti si sovrappongono con figure
diverse, cioè con valori che non combaciano in senso verticale.

BREAK: Nel suo significato più attuale, in ambito jazzistico, indica una frase eseguita senza
l'accompagnamento della sezione ritmica. Sempre relativamente al linguaggio jazz, per break
si può intendere anche l'interruzione del ritmo e della melodia d'assieme effettuata allo scopo
di lasciare posto all'improvvisazione di uno o più solisti. I break possono essere di tre tipi:
break bianco, break assolo e break orchestrale. Il primo prevede un arresto della sezione
ritmica durante il quale nessuno suona; nel secondo l'arresto della sezione ritmica è "riempito"
dall'assolo di uno strumentista (assolo che può essere improvvisato o scritto) ; nel terzo,
infine, il riempimento, arrangiato o improvvisato collettivamente, viene effettuato da diversi
strumentisti. I break possono venire impiegati per la presentazione di un musicista
dell'orchestra.

BRIDGE: Il bridge, impegnato per collegare due parti di un brano (bridge in inglese significa
letteralmente ponte), molto spesso prevede un cambiamento di tonalità. All'interno di un brano
di tipo A A B A, il bridge è rappresentato dalla frase B.

CABALETTA: Tempo indicante una breve aria di opera lirica in movimento allegro e di facili
effetti melodici.

CACCIA: Composizione a tre voci, di cui le prime due a canone e la terza (voce bassa) con
accompagnamento strumentale. Tratta prevalentemente argomenti di caccia.

CADENZA: Brano vocale o strumentale di effetto virtuosistico, eseguito dal solista sul finire di
un pezzo per mettere in evidenza le proprie abilità artistiche.
Nella musica tonale esistono alcuni accordi che rivestono particolare importanza (perciò detti
principali), quelli costruiti sul primo, quinto e quarto grado della scala (ovvero rispettivamente
sulla tonica, sulla dominante e sulla sottodominante). La concatenazione di questi accordi ha
grande importanza, in quanto caratterizza la conclusione di una frase musicale. Tale
conclusione, che prende appunto il nome di cadenza, ricopre nel linguaggio musicale lo stesso
ruolo che la punteggiatura ha nella composizione letteraria. Le quattro cadenze basate sulla
concatenazione degli accordi principali sono chiamate: perfetta; plagale; evitata; sospesa.
La cadenza perfetta è il collegamento dal quinto al primo grado (dalla dominante alla tonica);
viene detta anche cadenza completa perché ha la stessa funzione del punto fermo nella
letteratura.
La cadenza plagale è il collegamento dal quarto al primo grado (dalla sottodominante alla
tonica); come la perfetta è simile al punto fermo; viene detta anche cadenza dell'"Amen" per il
suo impiego frequente nella musica liturgica in corrispondenza di questa parola.
La cadenza evitata è il collegamento dal quinto al sesto grado (dalla dominante alla
sopradominante); in effetti non è una vera e propria cadenza, in quanto non dà luogo a un
senso di riposo della frase musicale. Può essere paragonata a una virgola e, chiaramente, non
si trova alla fine di un brano ma nel corso del suo svolgimento.
La cadenza sospesa è il collegamento da un qualsiasi accordo a quello costruito sul quinto
grado (da un grado qualunque alla dominante); a seconda dei casi ha funzione o della virgola o
del punto e virgola.
Nella pratica queste formule di cadenza vengono generalmente arricchite con appoggiature o
altri tipi di abbellimenti, a seconda del carattere dell'opera e dello stile personale del
compositore.
CANONE: Composizione vocale o strumentale a reciproca imitazione (contrappuntistica) in cui
le voci o gli strumenti (due o più) entrano in successione, conservando la loro fisionomia fino
alla conclusione del brano.

CANTATA: Composizione per una o più voci con accompagnamento di uno o più strumenti.
Può essere da concerto, da camera o da chiesa.

CANTINO: E' la nota di alcuni cordofoni, la corda più sottile, che produce il suono più acuto. Il
nome è dovuto al fatto che questa corda è particolarmente adatta ad eseguire melodie
nell'estensione media e in quella acuta. Guardando la tavola armonica, il cantino, chiamato
anche "prima corda", è posto alla destra di tutte le altre.

CANTO GREGORIANO: Canto religioso monodico a ritmo libero, diffuso principalmente


nell'Alto Medioevo.

CANZONE: Composizione vocale di carattere amoroso, nata nell'epoca trobadorica. Nel XVIII
sec. ebbe struttura polifonica (analoga al Ricercare). Oggi è la forma musicale più semplice e
spontanea di espressione musicale.

CAPRICCIO: Composizione strumentale di carattere brillante e scherzoso. Famosi


i Capricci per violino di Paganini.

CARATTERISTICA: Nel sistema tonale è la terza nota (grado) di una scala maggiore o
minore; caratteristica perché determina il modo maggiore o minore a seconda che si trovi
rispettivamente ad un intervallo di terza maggiore (scala maggiore o di modo maggiore)
oppure di terza minore (scala minore o di modo minore) sopra la tonica. È chiamata anche
mediante.

CAVATINA: Con questo termine si indica il pezzo con cui un personaggio si presenta al
pubblico, nel suo primo intervento nel corso dell'opera, qualora questo intervento abbia
caratteristica di sfoggio di bravura.
Il termine è usato anche per indicare la prima parte di un'aria, particolarmente semplice e
cantabile, in contrapposizione ad una seconda parte, fatta di passaggi rapidi e di bravura,
chiamata "cabaletta".

CENT: Unità di misura degli intervalli musicali. Il cent, introdotto nel 1880 dal musicologo
inglese Alexander Ellis, attualmente è una misura di uso universale. Ricavato suddividendo un
intervallo di ottava in 1200 parti uguali, il cent è nella nostra scala a temperamento
equalizzato la centesima parte di un semitono.

CHIAVE: Segno grafico posto all'inizio del rigo musicale. La chiave indica la posizione della
nota di riferimento sul pentagramma: le altre note vengono poste in ordine di scala sulle linee
e negli spazi sopra e sotto la nota di riferimento. Esistono tre tipi di chiave che indicano la
posizione delle note da cui prendono rispettivamente nome: la chiave di Sol (detta anche
chiave di violino), la chiave di Fa e la chiave di Do. La chiave di violino indica il Sol sulla
seconda linea del pentagramma (le linee del pentagramma, cosi come gli spazi, si contano
procedendo dal basso verso l'alto); la chiave di Fa individua il Fa sulla terza linea (chiave di
baritono), oppure sulla quarta linea (chiave di basso); la chiave di Do può indicare il Do sulla
prima linea (chiave di soprano), sulla seconda linea (chiave di mezzosoprano), sulla terza linea
(chiave di contralto), e infine sulla quarta linea (chiave di tenore). In totale, dunque, le chiavi
sono sette (il sistema è perciò detto setticlavio); tra queste, quelle di Sol e di Fa (chiave di
basso) sono impiegate per l'uso più generale e comune, le altre invece vengono adoperate
esclusivamente nella scrittura musicale per specialisti e professionisti. Negli strumenti a fiato la
chiave è un particolare meccanismo azionato dal musicista per aprire e chiudere i fori e, quindi,
modificare in modo opportuno l'altezza delle note. Chiavi (o chiavette) sono detti anche quei
dispositivi a ingranaggio (bischeri che agiscono su viti senza fine) posti ai lati del cavigliere per
mezzo dei quali, nelle chitarre o nei mandolini ad esempio, si agisce sulla tensione delle corde
allo scopo di ottenere la giusta accordatura.

CODA: Parte finale di una composizione o di una sezione di un brano; ha funzione di


appendice conclusiva e può assumere anche proporzioni notevoli.

CONCERTATO: Nell'Ottocento è un brano piuttosto esteso ed elaborato, con intervento


congiunto di più voci soliste e spesso del coro, collocato generalmente in funzione psicologico-
drammatica per un momento importante dell'azione o per la conclusione di un atto d'opera.

CONCERTAZIONE: Studio della partitura svolto durante le prove dal direttore d'orchestra con
quest'ultima (inclusi il coro e i solisti), prima di giungere all'esecuzione in pubblico.

CONCERTO: Forma musicale ove uno strumento solista (p.es. il violino o il pianoforte)
dialoga, a volte contrapponendosi, con un'orchestra (concerto solista), ma può anche
significare un'esecuzione pubblica o privata da parte di un qualsiasi complesso strumentale. Il
concerto invece viene detto "grosso" quando un intero gruppo strumentale si alterna con un
gruppo di strumenti solisti (concertino). Famosi quelli di Corelli, Torelli e Vivaldi.

CONSONANZA E DISSONANZA: E' la qualità di un intervallo o di un accordo che produce


nell'ascoltatore un senso di soddisfazione e stabilità (accordo o intervallo consonante), oppure
un effetto di tensione, insoddisfacente o che comunque richiede un completamento (accordo o
intervallo dissonante).
Secondo una teoria elaborata nel secolo XIX da H. Helmholtz un intervallo è consonante
quando le due note che lo formano hanno in comune uno o più armonici (vedi anche timbro).
Più sono gli armonici in comune più l'intervallo risulta consonante.
Tuttavia nel corso della storia musicale alcuni intervalli che un tempo venivano considerati
dissonanti sono poi stati classificati nell'ambito di quelli consonanti (ad esempio il primo teorico
che considerò la terza come un intervallo consonante fu Walter di Odington, un monaco inglese
vissuto intorno al 1300). La valutazione della consonanza e della dissonanza in realtà riguarda
la singola persona; nonostante ciò la teoria musicale occidentale considera intervalli consonanti
l'ottava, la quarta e la quinta giusta, la terza maggiore e minore, e la sesta maggiore e minore,
mentre dissonanti gli intervalli di seconda, settima, nona, ecc. Allo stesso modo indica come
consonanti gli accordi formati da intervalli consonanti (ad esempio l'ottava, la terza, ecc.),
mentre dissonanti quegli accordi che presentino uno o più intervalli dissonanti.

CONTRALTO: E' la più grave delle voci femminili. All'interno di una famiglia strumentale il
termine indica quello strumento la cui estensione corrisponde all'incirca a quella della voce di
contralto (sassofono contralto, clarinetto contralto, ecc.). Chiave di contralto è la chiave di Do
posta sulla terza linea del pentagramma.

CONTRAPPUNTO: Dal latino "punctus contra punctum" (nota contro nota), è l'arte di
combinare, sovrapporre due o più linee melodiche o di diverse parti o voci, disposte secondo
complesse combinazioni che obbediscono a precise regole. Caratteristica essenziale della
musica contrappuntistica è l'interesse di ogni linea melodica indipendentemente dal fatto che
tali linee siano combinate l'una con l'altra. Con il contrappunto nasce la polifonia. I compositori
che insegnarono in Italia un contrappunto più elaborato furono, con le loro Messe e Mottetti a
quattro voci, i fiamminghi Giovanni Ockeghem, Iacopo Obrecht, Josquin de Prés e Guglielmo
Dufay.

CONTRATTEMPO: Effetto ritmico ottenuto spostando gli accenti forti della battuta sui tempi
deboli.

CORALE: Canto liturgico omofono di carattere popolare, introdotto da Lutero nella liturgia del
culto della Riforma, in sostituzione del canto gregoriano. Poiché la musica del corale appariva
seria e austera e più ispirata delle artificiose e frivole composizioni sacre che risuonavano tra le
navate delle chiese cattoliche, i vescovi della controriforma cercarono di abolire il canto, ma
Palestrina (Giovanni Pierluigi Sante) riuscì a dimostrare che la musica religiosa poteva
manifestare una profonda espressività (come le antiche composizioni gregoriane) se composta
con serietà di intenti e con adeguata preparazione da parte dei compositori. Famosi i corali
inseriti nelle Passioni da J. S. Bach.

COREOGRAFO: Esperto che compone figurazioni, movimenti e passi di danza per teatro, con
o senza accompagnamento musicale.

CORO: gruppo che rappresenta la folla, il popolo, che commenta o completa un'azione. Può
essere:
Monodico: intona la stessa linea melodica.
Polifonico: intona linee melodiche diverse.
A cappella (alla Palestrina): senza accompagnamento musicale.
Concertante: con accompagnamento musicale.
Coro pari: di sole voci maschili o femminili.
Coro dispari o misto: con voci maschili e femminili.
Canto antifonale: diviso in due gruppi che si alternano nel canto.
Canto responsoriale: il coro risponde all'intonazione del solista.

CORONA: Segno grafico che, posto sopra una nota o una pausa indica che la sua durata può
essere prolungata a piacere. In genere le note con la corona vengono prolungate per il doppio
della durata normale.

CRESCENDO: Nell'esecuzione musicale con tale espressione si prescrive un graduale aumento


dell'intensità sonora. È divenuto di uso comune in musica solo a partire dal secolo XVII. È
l'opposto di diminuendo

CROMATICO: Uno dei tre generi su cui si basava l'antico sistema musicale greco (gli altri due
erano il diatonico e l'enarmonico). Il genere cromatico, cosi com'è presentato nel più antico
trattato musicale esistente, gli Elementi di armonia di Aristosseno (330 circa a.C.), era basato
su un tetracordo (una serie di quattro note, la più alta e la più bassa delle quali erano a
distanza di una quarta giusta), in cui le due note intermedie distavano approssimativamente
un tono e un semitono da quella più bassa.
Intervallo cromatico è il minor intervallo, previsto da un sistema musicale, tra due note dello
stesso grado della scala, differenziate per mezzo di un'alterazione. Nel sistema temperato (in
cui l'ottava e stata suddivisa in 12 semitoni perfettamente uguali) l'intervallo cromatico è pari
a un intervallo di semitono tra due note dello stesso grado della scala (ad esempio l'intervallo
tra il do e il do diesis - intervallo di un semitono - è un intervallo cromatico; l'intervallo tra il do
e il re bemolle - anch'esso un intervallo di un semitono - invece, è un intervallo diatonico,
perché do e re bemolle appartengono a due gradi diversi della scala).
Scala cromatica, nel sistema musicale basato sul temperamento equabile, è la scala che
procede per intervalli di semitono diatonici e cromatici e che, quindi, risulta definita dalla
successione di dodici semitoni contigui.
Sistema cromatico è il sistema basato su una scala cromatica in cui non esiste una gerarchia di
funzioni tra nota alterata e nota non alterata, in cui cioè tutte le note sono equiparate (il
sistema dodecafonico, ad esempio, è un sistema cromatico).

CROMATISMO: Procedimento musicale che consiste nell'introduzione di una o più alterazioni


in una data scala diatonica. La scala cromatica si ottiene inserendo in una scala diatonica tutte
le opportune note alterate. Il cromatismo è impiegato per fini espressivi: vi sono note
cromatiche di passaggio, che non alterano cioè il senso della tonalità fondamentale, e note
cromatiche utilizzate per modulare, ovvero per passare da una tonalità a un'altra
(modulazione).

DECIBEL: Unità di misura per indicare l'intensità dei suoni o dei rumori. Il decibel (simbolo
dB) è un decimo di Bel (simbolo B): 10 dB = 1 B. Un aumento di 10 decibel significa che
l'effetto della pressione sonora viene percepito di intensità doppia. La scala in decibel è
logaritmica e i valori non possono essere semplicemente addizionati. La legge obbliga le
protezioni sopra gli 85 dB medi sulle otto ore lavorative.
All'unità di misura tradizionale è stata aggiunta la "scala A" (dB(A)) per correggere i valori
misurati direttamente dai fonometri in base alla definizione fisica di deciBel. I valori di
pressione sonora vengono quindi riportati a una scala vicina al nostro modo di percepire
l’intensità del suono nelle varie frequenze. Il nostro udito infatti non percepisce tutte le
frequenze con la stessa intensità, ma predilige quelle più importanti per comprendere il parlato
ed è meno sensibile alle basse frequenze.

DESCRITTIVISMO: Il descrittivismo o "musica a programma" indica qualsiasi forma musicale


che descrive situazioni, personaggi, paesaggi, determinati caratteri, oppure che imita i versi
degli animali, l'andatura, l'ambiente in cui la svolge la scena che ha colpito il compositore. A
volte l'ispirazione è tratta da poemetti o da opere pittoriche, da sensazioni psicologiche o da
mera fantasia. Famosi L'uccello di fuoco di I. Strawinskij, la Danza macabra di C. Saint-
Saëns, Pierino e il lupo di S. Prokofiev, le Quattro stagioni di A. Vivaldi, la Pastoraledi
Beethoven, l'Ouverture 1812 si P. Ciaikovskij, ma anche varie composizioni di O. Respighi,
come Le fontane di Roma, I pini di Roma, Le feste romane.

DIAPASON: Verghetta di acciaio a forma di U che percossa vibra emettendo la nota LA (440
Hz). Serve come punto di riferimento per accordare gli strumenti musicali.

DIATONICO: Uno dei tre generi dell'antico sistema musicale greco. Era basato su un
tetracordo (una serie di quattro note di cui la più alta e la più bassa erano a distanza di una
quarta giusta), diviso dalle due note centrali in due toni e un semitono comunque disposti.
Scala diatonica è una scala di sette note che dividono un intervallo di ottava in cinque toni e
due semitoni comunque disposti, purché questi ultimi non siano consecutivi. Nel sistema tonale
il termine diatonico definisce le scale maggiori e minori (con esclusione delle scale minori
armoniche). Una scala diatonica è formata da intervalli diatonici. Intervallo diatonico è
l'intervallo tra due note contigue di differente nome (ad esempio l'intervallo tra il re diesis e il
mi è un intervallo diatonico, mentre l'intervallo tra il re e il re diesis è un intervallo cromatico).

DIESIS: Alterazione che innalza di un semitono la nota alla quale si applica. Per innalzare di
due semitoni una nota si fa ricorso al doppio diesis.

DIMINUENDO: E' il contrario di crescendo e prescrive, nell'esecuzione musicale, una graduale


diminuzione dell'intensità sonora. È divenuto di uso comune in musica solo a partire dal secolo
XVII.

DIMINUITO: E' ogni intervallo giusto o minore abbassato di un semitono (intervalli giusti
sono l'unisono, l'intervallo di quarta, l'intervallo di quinta e l'intervallo di ottava; intervalli
minori sono gli intervalli di seconda, di terza, di sesta e di settima abbassati di un semitono).

DINAMICA: Elemento espressivo della musica che riguarda l'intensità, il volume del suono.

DODECAFONIA: Tecnica di composizione, teorizzata da S. Schönberg, basata sulla serie di 12


suoni della scala cromatica utilizzati in blocco, secondo le esigenze del musicista, senza che
nessun suono abbia la supremazia sugli altri.

DOMINANTE: Nel sistema tonale è la quinta nota (grado) di una scala maggiore o minore. In
ordine di importanza la dominante viene dopo la tonica e ciò a causa della sua posizione
centrale e del suo ruolo, appunto, dominante sia sul piano melodico che su quello armonico. La
dominante è la nota base dell'accordo armonicamente più legato a quello di tonica (vedi
cadenza).

DRAMMA LIRICO: S'intende con questo termine la fusione degli elementi più importanti e
spettacolari della tragédie lirique, dell'opéra comique e del grand-opéra.
DUETTO: Qualsiasi parte o episodio dell'opera in cui due cantanti protagonisti si esibiscono,
alternandosi, in un dialogo melodico (vivace, drammatico), a prescindere dal rilievo e dalla
complessità del contesto sinfonico. Se il dialogo cantato è a tre si chiama terzetto.

ENARMONIA: Nell'ambito della musica greca il termine indicava l'impiego di intervalli più
piccoli del semitono. Nella teoria musicale occidentale indica il rapporto tra due note che hanno
nomi diversi ma lo stesso suono grazie al temperamento equabile.

ENARMONICO: Uno dei tre generi sui quali era organizzato l'antico sistema musicale greco
(gli altri erano il genere cromatico e il genere diatonico). Il genere enarmonico era basato su
un tetracordo (una serie di quattro note, la più alta e la più bassa delle quali erano a distanza
di una quarta giusta), in cui le due note centrali erano l'una a distanza di un intervallo di un
quarto di tono e l'altra di un semitono da quella più grave. Enarmonici, nella musica greca,
erano detti gli intervalli più piccoli di un semitono. Nella teoria musicale occidentale
enarmoniche sono due note con nomi diversi ma con uno stesso suono: ad esempio do diesis e
re bemolle, fa diesis e sol bemolle, la diesis e si bemolle, ecc. (vedi enarmonia).

EPISODIO: E' quella parte di una composizione in cui viene svolto un tema particolare oppure
uno dei temi fondamentali della composizione stessa. Nella fuga l'episodio, detto anche
divertimento, collega due esposizioni del soggetto.

ESACORDO: Serie di sei suoni caratterizzata dalla posizione fissa del semitono posto tra la
terza e la quarta nota. L'esacordo, sia in senso ascendente che in senso discendente, si
sviluppa, quindi, secondo la seguente successione: tono - tono - semitono - tono - tono (ad
esempio: do - re - mi - fa - sol - la).
Sull'esacordo, Guido D'Arezzo, un monaco dell'XI secolo, fondò il suo sistema di solmisazione
(sistema teorico e metodo di solfeggio cantato) che per parecchi secoli fu adottato nella
didattica e nella pratica musicale. Il metodo, perfezionato da Guido D'Arezzo per insegnare a
cantare, a prima vista si basava sul ricordare un particolare modello melodico che si sviluppava
secondo lo schema do, re, mi, fa, sol, la (in una tale successione il semitono era posto tra la
terza e la quarta nota).
Guido D'Arezzo indicò, per ricordare tale modello, che ciascuna delle frasi di un inno allora
molto diffuso (Ut queant laxis) iniziava con una delle note dello schema in ordine ascendente.
Le frasi erano: Ut queant laxis / Resonare fibris / Mira gestorum / Famuli tuorum / Solve
polluti / Labii reatum / Sancte Johannes. Da queste si ricavarono i nomi delle note cosi come
ancora oggi le impariamo: ut (sostituito dal do), re, mi, fa, sol, la; successivamente dalle
iniziali delle parole Sancte Johannes si ricavo anche la nota si.
Questo esacordo poteva essere posto in diversi punti della scala: ad esempio poteva
cominciare dal do, dal sol, o dal fa. Nel primo caso l'esacordo era detto naturale, nel secondo
(in cui il semitono si trovava tra gli attuali si e do) era chiamato duro e nel terzo (in cui il
semitono era posto tra gli attuali la e si bemolle) era detto molle.
L'espediente proposto da Guido D'Arezzo consentiva a chi voleva imparare a cantare a prima
vista di distinguere i suoni dell'esacordo in ordine alle loro relazioni fisse a prescindere dalla
loro altezza effettiva e quindi a prescindere dal fatto che lo stesso esacordo partisse appunto
dal do, dal sol o dal fa; la successione ut, re, mi, fa, sol, la quindi designava indifferentemente
l'esacordo naturale, l'esacordo duro o l'esacordo molle e i suoni relativi.
Nel caso in cui si doveva imparare una melodia che superava l'estensione di sei note,
bisognava spostarsi da un esacordo all'altro. Questo spostamento veniva realizzato con un
procedimento chiamato mutazione, che comportava il cambiamento della denominazione dei
nuovi suoni: ad esempio, se si passava da un esacordo naturale a un esacordo molle, il suono
che prima si chiamava la, come nell'attuale successione do, re, mi, fa, sol, la, prendeva il
nome di mi, in quanto formava semitono col fa corrispondente all'attuale si bemolle della
successione fa, sol, la, si bemolle, do, re.

ESAFONICA (ESATONALE): Scala basate sulla suddivisione dell'ottava in sei toni interi.
Nell'ambito del sistema musicale occidentale esistono solo due scale esatoniche: l'una è do, re,
mi, fa diesis, sol diesis, la diesis; l'altra è do diesis, re diesis, fa, sol, la, si. Detta anche scala
per toni, la scala esafonica (o esatonale) è stata impiegata da Claude Debussy e da altri
compositori del Novecento.

ESTENSIONE: E' l'ambito di tutti i suoni, a partire da quello più grave fino al più acuto, che
una voce o uno strumento sono in grado di emettere.

ETNOMUSICOLOGIA: Disciplina che studia la musica non scritta, della tradizione orale.

FINALE: alla fine di un atto o dell'opera può esserci un momento imponente in cui possono
anche fondersi voci soliste, coro e orchestra.

FANTASIA: Composizione che non si attiene a schemi stabiliti.

FIGURE: Segni diversi che indicano la durata di suoni, che, a seconda che siano posti dentro o
fuori del pentagramma, sono determinati o indeterminati. Quelle più usate sono: semibreve,
minima, semiminima, croma, semicroma, biscroma e semibiscroma. Ogni figura ha una sua
pausa corrispondente espressa da altrettanti segni che indicano la durata del silenzio. Il valore
di una figura può essere variato con varie tipologie di punti. Le figure irregolari assumono un
valore diverso dal normale se si presentano raggruppate da una linea curva con un numero
che caratterizza il gruppo irregolare.

FONDAMENTALE: E' la nota più grave di un accordo, quella su cui l'accordo stesso è costruito
per terze sovrapposte. Un accordo si dice allo stato fondamentale quando la nota più grave,
cioè la sua nota più bassa, è la fondamentale. In caso contrario l'accordo è allo stato di rivolto.
Per fondamentale si intende anche il suono base di una scala musicale, quello che le dà il nome
(tonica). Fondamentale è detto anche il suono più grave tra tutti quelli che un corpo sonoro
vibrante genera simultaneamente (suoni armonici). Unicamente da esso dipende l'altezza del
suono prodotto, questo perché l'intensità degli armonici è minore di quella del suono
fondamentale stesso.

FORMA: Schema, struttura impiegata più o meno liberamente dal musicista per sviluppare la
composizione.

FRASE: Parte di un discorso musicale più ampio (detto periodo) costituita da uno o più motivi
melodici e avente un senso compiuto. Ha dimensioni e struttura variabili in dipendenza
dell'epoca e dello stile personale del compositore. La frase, che a sua volta può essere
suddivisa in semifrasi, ha, nel linguaggio musicale, lo stesso valore della frase nella
comunicazione verbale.

FRASEGGIO: Tanto in ambito strumentale quanto in quello vocale consiste nel modo con cui
si articola espressivamente l'esecuzione di una composizione. Ciò avviene osservandone
innanzitutto la struttura sintattica, collegando le frasi, le semifrasi, e i periodi concatenati gli
uni agli altri, e separando invece quelli che non lo sono e questo allo scopo di porne in
evidenza gli intimi valori discorsivi.

FREQUENZA: Numero delle oscillazioni (periodi) al secondo di un segnale elettrico alternato o


di un suono. Dalla frequenza, che viene misurata in Hertz (Hz), dipende l'altezza di un suono:
quanto più grande e la frequenza dell'oscillazione, tanto più alto è il suono. Il numero delle
oscillazioni sonore udibili dall'orecchio umano si estende all'incirca da 16-20 a 20.000-25.000
Hz. A questo riguardo va detto che, allo stato attuale, nel campo dell'alta fedeltà, ancora non si
è riusciti a realizzare un altoparlante in grado, da solo, di coprire fedelmente l'intero spettro
udibile, di avere cioè una banda passante (ovvero una risposta in frequenza) che vada dai 20
ai 20.000 Hz. Per ovviare a tale deficienza si è provveduto quindi a suddividere lo spettro
udibile in tre fasce, ognuna delle quali viene coperta da un altoparlante specifico: il woofer, per
quella dei bassi (dai 20 ai 600 Hz), il midrange per quella dei medi (dai 600 ai 3.000 Hz), e il
tweeter per quella degli alti (dai 3.000 ai 20.000 Hz).
FROTTOLA: Composizione vocale profana a tre o a quattro voci di carattere popolare, nata
verso la fine del 1400.

FUGA: forma musicale polifonica in stile contrappuntistico fondata sul principio della imitazione
e sull'elaborazione di un tema principale detto soggetto. Nell'uso medievale e rinascimentale il
termine viene impiegato per designare composizioni basate sul canone (mottetto). La vera e
propria fuga però acquista la sua definitiva fisionomia verso la fine del XVII secolo.
Strutturalmente la fuga si articola in tre sezioni: esposizione, svolgimento e stretto.
Nell'esposizione le voci (o parti), che possono essere 2, 3, 4 o più, intervengono l'una dopo
l'altra esponendo il tema appena la precedente finisce di intonarlo. Il tema (o soggetto), di
carattere ben determinato, esposto da una sola voce all'inizio del brano, mentre quest'ultima
procede con il cosiddetto controsoggetto (elemento tematico secondario), viene ripreso da una
seconda voce che lo imita ad una quinta giusta sopra o ad una quarta giusta sotto (cioè
trasportando il soggetto in tonalità di dominante). Tale imitazione viene detta risposta. Se
l'imitazione è esatta, e cioè se mantiene inalterati gli intervalli del disegno melodico del
soggetto, la risposta si dice reale; al contrario se uno o più intervalli vengono alterati, si parla
di risposta tonale. Dopo la risposta, se vi e una terza voce, anche questa si unisce alle altre
due proponendo di nuovo il soggetto nella tonalità originaria; quindi l'eventuale quarta voce lo
riproduce riportandolo nella tonalità di dominante, e cosi via se le voci sono più di quattro.
Talvolta, dopo che una voce ha formulato un soggetto o una risposta, viene introdotto un
breve passaggio prima che la voce successiva inizi la relativa imitazione: questo frammento
viene detto coda. Lo svolgimento, che viene subito dopo l'esposizione, è costituito dal continuo
alternarsi dei divertimenti (o episodi), molto spesso ricavati dagli elementi tematici contenuti
nell'esposizione stessa modulati a diverse tonalità, e delle riesposizioni del soggetto e della
risposta anch'esse in differenti tonalità. La parte conclusiva della fuga prende il nome di stretto
e consiste in una riesposizione, nella tonalità fondamentale, delle imitazioni tra soggetto e
risposta. A differenza di quanto accade nell'esposizione, però, nello stretto l'entrata della
risposta si ha prima che il soggetto sia terminato, cioè prima che quest'ultimo sia stato esposto
completamente.
La fuga, che raggiunge l'apice della perfezione costruttiva con Johann Sebastian Bach (Die
Kunst der Fuge, ovvero L'arte della fuga, contenente 17 fughe e 4 canoni sulle trasformazioni
di uno stesso tema), venne successivamente ripresa da compositori quali Ludwig van
Beethoven (nella Sonata op. 106; Grosse Fuge per quartetto d'archi op. l 33), César Franck
(Preludio, Corale e Fuga), Maurice Ravel (ne Le Tombeau de Couperin), Béla Bartok (primo
movimento della Musica per archi, celesta e percussione; finale del Concerto per orchestra).

GORGHEGGIO: Passaggio rapida della voce che canta, specialmente nelle Arie delle opere,
spesso eseguito senza parole su una sola vocale con effetti virtuosistici.

GRADO: Termine con il quale si indicano le singole note che costituiscono una scala diatonica.
Nella teoria tonale ciascun grado è indicato da un numero romano (da I a VII): il primo grado
(I) corrisponde alla tonica (o fondamentale) il secondo (II) alla sopratonica, il terzo (III) alla
mediante (o caratteristica) il quarto (IV) alla sottodominante; il quinto (V) alla dominante; il
sesto (VI) alla sopradominante; il settimo alla sensibile. La distanza tra un grado e l'altro viene
detta intervallo.

IMPROVVISAZIONE: Esecuzione di una musica non già preparata né‚ scritta in precedenza,
bensì inventata al momento. Il procedimento dell'improvvisazione - così legato al concetto
stesso di composizione nell'ambito della musica non occidentale (in cui l'esecuzione spesso si
identifica con l'improvvisazione stessa) e invece, per quanto riguarda la musica europea,
tenuto ben distinto rispetto alla musica scritta - è stato largamente impiegato nel corso dei
secoli sia nella forma di libera invenzione su uno o più temi, sia di realizzazione di un
accompagnamento strumentale su linee melodiche, sia di variazioni e ornamentazioni pure per
una melodia data (pratica quest'ultima di cui, nei secoli XVI e XVII, si abusò a tal punto che le
melodie scritte divennero spunto per esibizioni di carattere esclusivamente virtuosistico).
Maestri dell'improvvisazione furono tutti i più grandi clavicembalisti e organisti dal secolo XVI
al secolo XVIII; in particolare si ricordano Domenico e Giovanni Gabrieli, Girolamo Frescobaldi,
Jan Sweelinck, Dietrich Buxtehude e, su tutti, Johann Sebastian Bach. Frequenti furono anche
le gare di improvvisazione (famose quelle al clavicembalo fra Domenico Scarlatti e Georg
Friedrich Haendel, e quelle al pianoforte tra Wolfgang Amadeus Mozart e Muzio Clementi).
L'improvvisazione venne coltivata anche da Ludwig van Beethoven che, anzi, diede il via alla
pratica dell'improvvisazione pianistica durante i concerti, successivamente portata avanti da
Franz Liszt, Fryderyk Chopin e César Franck. Importanza rilevante l'improvvisazione ha
assunto nell'ambito della musica colta più recente, la cosiddetta nuova musica, e nel jazz dove,
grosso modo, se ne possono distinguere tre tipi: la parafrasi (in cui il musicista sovrappone alle
armonie date nuove linee melodiche ottenute modificando leggermente il discorso di un tema);
la creazione di melodie originali (sviluppate però sempre su armonie date); e infine la
creazione libertaria (che non fa riferimento ad alcuno schema armonico precedente).

IMPROVVISO: Composizione di forma libera e immediata, con carattere d'improvvisazione,


tipica del Romanticismo. Se ne trovano molti esempi in Schubert, Schumann e Chopin.

INCISO: Breve spunto melodico-ritmico che costituisce la più piccola unità di significato in un
periodo e quindi rappresenta il nucleo fondamentale di una composizione. Nel linguaggio
musicale ricopre dunque lo stesso ruolo che la parola ha in quello verbale (le singole note di un
inciso equivalgono alle sillabe). Nella forma della canzone a 32 battute - la forma AABA, in cui
il tema principale a otto battute (A) viene prima presentato, poi ripetuto (A), quindi viene
proposto un nuovo tema ad otto battute (B), e alla fine vengono riprese ancora una volta le
otto battute dell'inizio - con il termine inciso si designa il tema B.

INNO: Nei primi anni della cristianità indicava qualunque canto in lode a dio. Oggi indica un
brano musicale in forma strofica, di carattere solenne, esaltante la patria o comunque la
nazione di appartenenza.

INTENSITA': Una delle qualità del suono (le altre sono l'altezza e il timbro). L'intensità del
suono dipende dall'ampiezza della vibrazione. Una vibrazione più o meno ampia produce suoni
più forti o più deboli. Nella notazione musicale la forza del suono (la sua intensità) è espressa
mediante apposite indicazioni (ad esempio forte, fortissimo, mezzoforte, piano, pianissimo,
ecc.).

INTERLUDIO: Frammento orchestrale che spesso, a scena aperta, unisce due episodi di
un'opera lirica. Vedi Intermezzo.

INTERMEZZO: Nel XVI sec. indicava un canto o un madrigale inserito tra un atto e l'altro. Nel
XVIII sec., per merito della Scuola Napoletana, divenne una farsa frivola e allegra (una operina
con pochi personaggi e un'esigua strumentazione), recitata nel mezzo di un'opera seria, come
parentesi distensiva, e, come tale, diede origine all'opera buffa. Nell'opera attuale equivale a
"interludio" o "intermedio" tra un brano musicale e l'altro, spesso usato prima del levarsi del
sipario, per mantenere sveglia l'attenzione del pubblico, ma può essere anche un brano che
introduce o suggerisce un momento di sospensione nell'azione. L'intermezzo più famoso fu La
serva padrona di G. B. Pergolesi.

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