I R
NARRATIVA
Il processo
di Piperno
La Persecuzione
d’un clinico di fama
MONDO P. II
NUMERO 1739
ANNO XXXIV
SABATO 6 NOVEMBRE 2010
MA ALLORA
PASOLINI
È MORTO
PER NIENTE?
«Meglio essere
appassionati di belle
ragazze che gay» ha
detto Berlusconi
il 2 novembre.
Era l’anniversario
della morte di Pasolini,
e Pasolini ha fatto
capire molte cose con
i suoi libri, i suoi film e
i suoi articoli, ma
anche con la sua
morte.
È una morte sulla
quale non abbiamo mai
smesso di ragionare.
Non sappiamo se
Pasolini ci ascolti e ci
risponda, da qualche
parte nel di qua o nel di
là (Vito Mancuso dice
sì senz’altro, Giulio
Giorello dice no
certamente), ma
possiamo dire che, se
ha sentito quella
battuta del premier,
dentro di sé avrà
pensato: «Ma allora io
sono morto per
niente?».
Pasolini ha vissuto la
sua omosessualità
come natura,
esattamente come
Berlusconi vive
la propria
eterosessualità.
Il primo non aveva
colpa della sua natura,
come il secondo non ne
ha merito. Ognuno è
quel che è, vive per
quel che è, ed è civile se
riconosce lo stesso
diritto agli altri.
Se non glielo
riconosce, li chiude
nelle catacombe,
li esclude dalla vita
sociale, in un certo
senso li uccide.
Comunque sia morto
Pasolini,
è il berlusconismo
sessuale dell’epoca
che l’ha ucciso.
FERDINANDO CAMON
fercamon@alice.it
TUTTOLIBRI
A cura di:
LUCIANO GENTA
con BRUNO QUARANTA
tuttolibri@lastampa.it
www.lastampa.it/tuttolibri/
LA STAMPA
ANTEPRIMA
Il cammello
di Kipling
Lo zoo fiabesco
del Nobel inglese
P. IV
tuttoLIBRI
MASSIMO
ONOFRI
Capo d’imputazione:
parassitismo sociale. Che Nico-
laiev, pensionato convocato
dall’accusa a testimoniare con-
tro Brodskij [nel 1964, n.d.r.],
decisamente aggrava: parassi-
tismo «militante», nel senso
che il poeta ha avuto un’influen-
za perniciosamente diseducati-
va sui giovani. I fatti per «la
giudice», la Signora Savalieva,
e per il «procuratore generale»
Sorokin sono chiari e prova ir-
refutabile di colpevolezza: Bro-
dskij, dal 1956, ha cambiato im-
piego tredici volte. Ha lavorato
un anno in una fabbrica, poi ha
smesso di lavorare per sei me-
si. L’estate successiva ha quin-
di partecipato a una spedizione
geologica, per poi restate quat-
tro mesi senza lavorare. Il pa-
rassitismo sarebbe, dunque,
Paradossalmente
imputato e carnefici
rivendicano lo stesso
principio: fare poesia
«non è un lavoro»
d’evidenza clamorosa. Ma è un
altro testimone, Voievodin,
membro dell’Unione degli
Scrittori, a incidere con chirur-
gica e feroce precisione, sul
corpo sociale d’un popolo ma-
gnificamente incamminato ver-
so l’Avvenire luminoso, la puru-
lenta pustola Brodskij: «Bro-
dskij sviluppa tre temi: primo,
il distacco dal mondo; secondo,
la pornografia; terzo, l’assenza
di amore per la patria e per il
suo popolo. La patria gli è stra-
niera».
Anteprima Gli atti del processo contro l’ebreo russo premio Nobel
messo sotto accusa e condannato nel 1964 in Unione Sovietica:
un istruttivo «dramma didattico» sui rapporti tra letteratura e potere
Brodskij?
Un parassita
pornografo
Nel 1964 il poeta ebreo - russo
Josif Brodskij, premio Nobel 1987,
fu condannato in Urss per
«parassitismo sociale»: gli atti di
quel processo escono ora,
trascritti all’interno di un
«dramma didattico»: un dialogo,
tra un documentarista della BBC e
un autore di teatro, datato 1989,
immaginato da Cristiano Casalini
e Luana Salvarani in Brodskij
1964. Un processo, in uscita da
Medusa (pp. 96, € 11,50). Un
documento memorabile e in
parallelo un confronto sui rapporti
tra la poesia e il potere.
Anticipiamo qui un brano dalla
prefazione di Massimo Onofri.
ICONOGRAFIE
Nell’atelier
delle montagne
Dall’800 a oggi
manifesti e figurine
ALLIGO P. VI
Intendiamoci: chi accusa
Brodskij quasi sempre non lo
conosce di persona o non lo ha
letto. O, addirittura, ha letto
poesie che gli sono state attri-
buite, ma non sono sue. Il dos-
sier, insomma, è stato confe-
zionato, sin dall’inizio, perché
si potesse giungere, senza al-
cun vero contraddittorio, alla
condanna sicura. Epperò, nel
momento in cui non sappiamo
più che cosa sia veramente la
poesia e chi sia il poeta, la po-
sizione di Brodskij diventa
«oggettivamente» difficile.
Come osservano i ligi e perfet-
tamente socializzati burocra-
ti sovietici: che tipo di lavoro
può essere quello di poeta? E,
certo, Brodskij non s’aiuta di-
fensivamente, ma aggrava la
sua posizione, quando, di fron-
te all’accusa che quello di poe-
ta non è un lavoro, continua a
ripetere che il suo lavoro, ap-
punto, è stato quello di com-
porre o tradurre versi.
Paradossalmente, Brodskij
DIARIO DI LETTURA
Il Rosselli
di Tranfaglia
Passioni tra storia
e giornalismo
PAPUZZI P. XI
e i suoi carnefici la pensano al-
lo stesso modo, potrebbero
persino parlare lo stesso lin-
guaggio: il nemico della rinno-
vata società socialista è pro-
prio l’individuo. Il «distacco
dal mondo» (e cioè una radica-
le asocialità), la «pornografia»
(e dunque il carattere disedu-
E oggi in Occidente?
Anche ora sembra che
la poesia, di fronte
al mercato, sperimenti
la sua inutile gratuità
cativo, intimo e privatissimo
della poesia di Brodskij), l’as-
senza d’amore per la patria e
per il popolo (che, nei versi del
poeta, sono amore per l’uomo
in quanto tale, ben al di là del-
la sua contingente anagrafe
storica e sociale), insomma
tutti gli addebiti che gli impu-
ta il compagno Voievodin,
cambiati di segno e valore, po-
Josif
Alexandrovic
Brodskij
(1940-1996)
fu insignito del
premio Nobel
nel 1987
Le sue opere, in
Italia, da
«Dolore e
ragione»
a
«Fondamenta
degli
Incurabili»,
sono
pubblicate
da Adelphi
trebbero essere rivendicati
con orgoglio come valori dal-
l’individualista Brodskij.
Diciamolo chiaro. Il procu-
ratore generale ha dalla sua un
argomento difficilmente oppu-
gnabile: «Il nostro grande po-
polo costruisce il comunismo.
L’uomo sovietico sviluppa in sé
una qualità notevole: la gioia
del lavoro socialmente utile.
Una società in cui esistono de-
gli oziosi non può che appassi-
re. Brodskij non è, e da lungo
tempo, un patriota. Ha obliato
il principio fondamentale: chi
non lavora non mangia». Un ar-
gomento che ha un suo noccio-
lo razionale – dico di razionali-
tà filosofica – che bisognerà
estrarre dal suo guscio, dicia-
mo così, illiberale e liberticida,
appannaggio com’è d’una so-
cietà mostruosa e repressiva.
Un argomento che è uno dei
due amici a formulare così e
che vale come un’obiezione ra-
dicale al liberalismo e all’indivi-
dualismo occidentale e si fonda
sulla convinzione marxista che
è il lavoro a generare l’uomo,
non il viceversa: «ma l’impor-
tanza accordata all’individuo è
un parametro tutto nostro e
transitorio. Di questo passo mi
dirai che siamo ontologicamen-
te superiori ai cinesi».
Da questo punto di vista, la
posizione di Brodskij resta in-
conciliabile con quella dei suoi
carnefici, e dunque non nego-
ziabile, proprio perché è esatta-
mente la stessa, seppure con
un valore di segno opposto. Se
per i funzionari sovietici, l’inu-
tilità sociale della poesia, il suo
p Continua a pag. IX
 II Scrittori italiani
PAROLE
IN CORSO
GIAN LUIGI BECCARIA
Libertà è
telefonare
al questore
M
etafore sportive, dall'
apparenza innocua, ap-
parvero sulla scena ver-
bale: «discesa in campo», «squa-
dra di governo», le «tre punte del
centrodestra», la sinistra radica-
le che aveva «fatto autogol», e
via seguitando.
«Il calcio è metafora di vi-
ta: dai successi del Milan la
gente ha capito che la mia è
una filosofia vincente» dichia-
rava il premier nel marzo
2006. Poi sono venuti da un
lato gli insulti e i lamenti: il
capo del governo ha continua-
to a fare la vittima, al modo
del bel proverbio molisano, Fa
come a (g)atte 'ngopp'u tit-
te: chiagne e fotte, che attua-
lizzato potremmo tradurre
«miagola e fa bunga-bunga»;
e pensare che la gente lo ama,
nella società dell'amore do-
vranno ritrovarsi tutte le
«persone di buona volontà» -
sto sempre citando parole Sue
-, quelle che sanno amare e
non odiare, come fa la sini-
stra, seminatrice nel corso dei
tempi di «miseria, terrore,
morte». Ma non c'è da temere
per il futuro: l'amore vincerà
su tutto, il bene prevarrà sul
male, parole Sue.
Accanto al vittimismo
avanzava intanto l'uso ambi-
guo, teoricamente (o cinica-
mente) indifferenziato di pa-
role piene, di quelle parole-
guida colme da secoli di conte-
nuti, e diventate improvvisa-
mente dei gusci vuoti, nozioni
elastiche buone a tutti gli usi,
obbedienti a seconda dei casi
alle convenienze: parole sa-
crosante, voglio dire, e di
gran peso come giustizia, li-
bertà, democrazia, improv-
visamente distorte, manipola-
te; e pensiamo a lodo (lodo
Schifani, lodo Alfano), paro-
la manipolata da un uso im-
proprio, come s'è osservato
da più parti («lodo» indica
propriamente un'imparziale,
autorevole sistemazione di
una controversia raggiunta
con reciproca soddisfazione
delle parti in causa).
Il potere può confondere la
limpidezza delle parole impor-
tanti: democrazia, sentenzia-
va Giovanni Sartori già un
po' di decenni or sono (nel li-
bro Democrazia e definizio-
ni, 1957) «non sappiamo bene
più cosa sia». Bene lo mostrò
Berlusconi quando nel 1999 co-
minciò a parlare di «vera giu-
stizia», di «vera libertà», di
«vera democrazia». «Vera»
in che senso? Certamente quel-
la a suo uso e consumo. Anche
libertà, e la confusione con li-
berismo, ha smarrito il suo
senso fulgido, ed è diventata
soltanto quella personale di
fare liberamente quello che pa-
re al potente: la libertà di sal-
vaguardare i propri privilegi,
i propri interessi... poter per
esempio telefonare liberamen-
te a una Questura di Stato
chiedendo di rilasciare una
giovane protetta.
Combattere contro il catti-
vo uso del linguaggio signifi-
ca opporsi al declino della ci-
viltà, scriveva George Orwell
in un suo articolo del 1946:
perché non lo dimenticassi-
mo, ce lo ha opportunamente
ricordato Gianrico Carofi-
glio nel suo recentissimo li-
bro La manomissione delle
parole (Rizzoli).
LORENZO
MONDO
Si intitola Persecuzio-
ne, ma è soltanto il primo vo-
lume di un dittico che avrà
come titolo complessivo Il
fuoco amico dei ricordi. Ales-
sandro Piperno - abbiamo
letto in una sua intervista -
tende a considerare la me-
moria «come una condan-
na», non diversamente for-
se dal protagonista del ro-
manzo, che si sentirà tradi-
to anche dai momenti più
appaganti della sua esisten-
za che gli vengono proposti
dal ricordo.
Leo Pontecorvo è un uomo
di successo: oncologo infantile
di fama internazionale, ha una
moglie, Rachel, anch’essa me-
dico e due figli adolescenti.
Una famiglia di cui va fiero,
una villa immersa nel verde di
un lussuoso comprensorio ro-
mano. Una sera d’estate del
1986, si trovano riuniti per la
cena quando il telegiornale
scaraventa nella loro serena
«Persecuzione»:
in attesa del processo
l’illustre clinico
si riduce a vivere
come uno scarafaggio
intimità una notizia devastan-
te. L’illustre clinico è accusato
di avere scambiato lettere de-
pravate con Camilla, la fidan-
zatina dodicenne di uno dei
suoi figli.
E’ un evento inatteso che
porta al parossismo il disagio
di Leo, già coinvolto ingiusta-
mente in certe malefatte del
suo reparto ospedaliero: tan-
genti, fatture gonfiate, posti
letto venduti, pazienti dirotta-
ti in cliniche private. Ne ha la
vita sconvolta, ridotta alla
mercé di giornalisti, poliziotti
e inquisitori che sezionano i
GIOVANNI
TESIO
Dopo due romanzi pa-
leo-storici, dopo alcuni titoli di
tempestiva attualità e di non
pretestuosa denuncia, il trenta-
cinquenne Andrea Bajani ha co-
minciato a dare prova di una
crescente maturità narrativa
esplorando l'universo del dolo-
re: prima con Se consideri le col-
pe, da Einaudi tre anni fa, e ora -
approdando al piano nobile dei
Supercoralli - con il nuovo ro-
manzo Ogni promessa, che man-
tiene con il precedente almeno
qualche assonanza.
Il tutto procede a partire da
un io narrante (il cui nome è
Pietro, ma lo impariamo alla no-
vantanovesima pagina) che si
muove lungo i fili di un tenue
flusso di coscienza; un flusso -
sia chiaro - tecnicamente im-
proprio, qui affidato soprattut-
to all'adozione di un infinito ver-
bale che serve a stabilire un cli-
ma di fluidità, un'indistinta zo-
na di passo: un universo familia-
re dilacerato, un trauma patito,
una ricerca di verità, uno spo-
stamento geografico (che è so-
prattutto uno spostamento in-
teriore), una sofferenza metafo-
rica che penetra nelle parole
contraendole fino allo spasimo.
L'io-Pietro vive tra un pre-
sente appena passato e un pas-
sato sempre presente. Il pre-
sente appena passato è Sara,
da cui è stato abbandonato per-
ché insieme non riescono ad
avere bambini. Ma presente so-
no anche i ricordi che premono,
sono anche i rapporti che s'im-
pongono (con la madre, con il
padre, con Sara, con se stesso),
sono anche i fantasmi di una vi-
ta reale che non sta tutta nel
Piperno Un’accusa di pedofilia
piomba in una famiglia ebrea
Una lettera
trasforma
l’oncologo
nel mostro
suoi più innocui comportamen-
ti e non gli risparmiano l’espe-
rienza amarissima del carcere.
Lo tormenta, oltre alla per-
dita delle amicizie, quella degli
affetti familiari. La moglie e i fi-
gli mostrano di credere alle im-
putazioni e gli negano soste-
gno, lo espellono dalla loro vita.
In attesa del processo, egli si ri-
duce a vivere come uno scara-
faggio nel seminterrato di ca-
sa, senza contatti umani, pri-
gioniero delle sue ossessioni.
Non si nasconde d’essere vitti-
ma del proprio narcisismo, di
avere peccato di leggerezza,
dabbenaggine, pigrizia morale.
Ma non capisce il senso di un
accanimento che mira a dipin-
gerlo come un mostro. Si sfor-
za di ricostruire, attraverso i ri-
cordi di prima, i sembianti di
una persona normale, precipi-
tata per una maligna congiun-
zione di astri in un abisso infer-
nale. Viene così a disegnarsi,
per digressioni e incastri, la sa-
ga di una famiglia borghese
che occupa un grande spazio
nel libro al di là della tormento-
sa vicenda che l’ha travolta.
Bajani Una figura spettrale, che non è riuscita a superare
il trauma del ritorno dalla Russia, condizionando la sua famiglia
Dimenticare il nonno
Andrea Bajani, nato a Roma nel 1975, vive a Torino
passo apparentemente domesti-
co della quotidianità.
Il passato sempre presente è
invece un nonno spettrale, di cui
Pietro bambino ha soggezione
perché c'è e non c'è, e non ne
comprende il perché (salvo a po-
co a poco scoprirlo per passaggi
progressivi). Un nonno che non
è riuscito a superare il trauma
del ritorno dalla Russia, della ri-
tirata bianca, di un'esperienza
efferata, che qui passa attraver-
so il rimosso di fotografie fortu-
nosamente ritrovate, i brandelli
di testimonianze stentatamente
smozzicate, il silenzio di fatti e
p Alessandro Piperno
p
p
PERSECUZIONE
Mondadori, pp. 417, € 20
p Alessandro Piperno è nato a Ro-
ma nel 1972. Insegna letteratu-
ra francese a Tor Vergata.
Ha esordito nel 2005 con il ro-
manzo «Con le peggiori intenzio-
ni» (Mondadori). E’ autore di sag-
gi su Proust e Baudelaire.
Nella famiglia Pontecorvo si
compongono, non senza strido-
ri, due modi di vivere le tradizio-
ni dell’ebraismo e due ceti socia-
li diversi: Leo proviene da un
mondo benestante e professa
un illuminismo benevolo e tolle-
rante, Rachel attinge dalle sue
origini popolari e dall’osservan-
p Andrea Bajani
p OGNI PROMESSA
p Einaudi
p pp. 252, € 19,50
A. Piperno: «Persecuzione» è il primo volume del dittico «Il fuoco amico dei ricordi»
za della Legge una inflessibile
severità morale.
Lui ammira Craxi (e per
estensione il socialista Mitter-
rand), lei non sa perdonare al
rampante primo ministro, du-
rante i giorni di Sigonella, il sal-
vacondotto per uno dei terrori-
sti palestinesi. Ma Craxi è ogget-
di gesti che hanno condizionato
la crescita della madre di Pie-
tro, che hanno alimentato l'irri-
ducibile diffidenza di suo padre,
che rendono difficile la sua stes-
sa ricerca di sé.
Un romanzo che alla com-
presenza dei tempi associa la
presenza costante dei riflessi in
forma di specchi, di finestre, di
finestrini, di vetri attraverso cui
viene guardata una realtà fuggi-
tiva: un segno di distanza, che
non è tanto un'esigenza della vi-
sta e della comprensione, ma
piuttosto una lontananza di sen-
«Ogni promessa»:
da Torino ai luoghi
della ritirata bianca,
la verità cercata
nei più segreti meandri
so, una difficoltà a percepire lu-
cidamente la misteriosa fugge-
volezza delle cose, che le parole
non riescono a catturare.
Il bambino non avuto trova il
suo doppio in un bambino del
condominio con cui Pietro allac-
cia un rapporto di tenere compli-
cità. Il nonno trova il suo doppio
nella figura di un personaggio -
si chiama Olmo, ed è non a caso
il nuovo inquilino dell'alloggio
che i genitori di Pietro hanno la-
sciato - il quale entra inopinato
nella vicenda finendo per so-
vrapporsi al nonno perduto. E
anche Sara (incinta di un altro)
to di contesa anche con gli ami-
ci Albertazzi, una coppia di co-
munisti da salotto ritratti con
sferzante ironia.
La grande storia, la politica,
non esauriscono i ricordi di
Leo. Ci sono gli studi, la prati-
ca in ospedale, le vacanze a Pa-
rigi e in montagna, la tenerez-
potrà forse essere recuperata -
visto il finale tutto giocato sul fi-
lo del condizionale - alla luce dell'
esperienza che Pietro vive nel
suo viaggio in Russia, dove in-
contra (con quanto segue) la ra-
gazza Ol´ga e sua figlia Saška.
Di fatto Pietro fa il viaggio che
dovrebbe fare Olmo. Un viaggio
dietro le labili tracce della foto-
grafia di un impiccato. Un viag-
gio che va da una Torino che po-
trebbe essere dovunque a una cit-
tà russa (Rossoš´) che la moder-
nità ha trasformato in ogni dove.
Romanzo della memoria? Più
che un romanzo sulla memoria e
sulla sua dissipazione, io credo
che Ogni promessa sia un roman-
zo sull'oblio e sulla sua necessità.
Una sorta di invito (o di un'
educazione) all'oblio, che non
vuole dire un elogio, ma un biso-
gno. Se poi qualche incauto voles-
se sospettare che siamo di fronte
a un romanzo «revisionista», si
disilluda. Questo è un romanzo
che fa pensare a nomi grandi (co-
me Gadda o come la Morante, di
Aracoeli), cui lo accosterei non
certo per altezza di ingegno e di
scrittura (Bajani è giovane e de-
ve ancora darci il meglio), ma per
coraggio d'impianto.
Nel claustrofobico univer-
so del dolore, Ogni promessa ci
parla della consapevolezza di
una verità che va cercata so-
prattutto dentro i più segreti
meandri. Nella difficile redimi-
bilità delle più promiscue (e
storiche) ossessioni.

za per la moglie e per i figli, il ri-
morso per certe disattenzioni
nei loro confronti.
E’ un romanzo che concre-
sce su se stesso, accogliendo
gli stimoli più diversi. L’esito
traumatico, l’ombra di un pro-
cesso implacabile al quale non
assisteremo indurrà qualcuno
a pronunciare il nome di Kafka
(e Piperno sembrerebbe sugge-
rire questo riconoscimento
quando, a proposito di Leo re-
cluso nel seminterrato, parla
di Gregor Samsa).
Ma saremmo fuori strada.
Se c’è un nome che conta, tra-
scurando i tratti più appariscen-
ti, è quello di Proust, spogliato
beninteso di ogni lirismo: per il
fare grande esposto ai continui
avvolgimenti e diramazioni del
racconto, per la penetrazione
Ma più che Kafka,
conta in quest’opera,
una saga borghese,
il nome di Proust,
spogliato d’ogni lirismo
analitica dei moti della psiche e
della coscienza. E non è un caso
che questo romanzo di robusto
impianto, sollecitante al di là di
qualche impazienza per la sua
dilatazione, si presenti come in-
compiuto, rimandi a un secon-
do volume («Continua» è l’ulti-
ma parola del libro).
Occorre forse dare conto di
certe insinuazioni che l’autore
ha lasciato in sospeso, raccon-
tare magari il «processo» di
Leo visto dalla parte di Camil-
la, la ragazza dal viso atono e
insieme malizioso di una volpi-
cella. Molto altro tuttavia è
possibile dire, nell’ottica di Pi-
perno, sulla stirpe dei Ponte-
corvo, sull’incontro delle eredi-
tà familiari con i condiziona-
menti di ordine storico e socia-
le. Immutata l’ambizione, la sfi-
da resta aperta.
Bloc notes
SALONE DEL LIB RO
Premio a Oz
= Lo scrittore israeliano Amos
Oz (Una storia di amore e di
tenebra, Feltrinelli) sarà in
Piemonte da domani al 12
novembre, per ricevere il premio
Salone Internazionale del Libro.
La cerimonia domani ad Alba,
con Rolando Picchioni, Ernesto
Ferrero e Elena Loewenthal,
traduttrice di varie opere di Oz.
A PERUGIA E A CHIARI
Libri e donne
= Dal 10 al 14 novembre, a
Perugia, sedicesima edizione di
«UmbriaLibri». Prologo della
manifestazione oggi: Massimo
Cacciari rifletterà sul «Discorso
sopra lo stato presente dei
costumi degl’italiani» di
Leopardi.
A Chiari (Brescia), dal 12 al 14
novembre, «Cromosoma X»,
ottava rassegna della
microeditoria italiana,
quest’anno dedicata alle donne,
e in particolare a Elvira Sellerio,
di recente scomparsa.
A VERONA E A BRESCIA
Poesia e ragazzi
= Dal 6 al 14 novembre,
«Verona Poesia-Festival», che
culminerà con al consegna del
premio «Lorenzo Montano». Tra
gli ospiti Massimo Donà, Carlo
Sini, John Francis, Roberta
Dapunt, Silvio Ramat, Cesare
Viviani, il filosofo Franco Rella,
Enrico De Angelis.
A Brescia, Museo Mazzucchelli,
dall’8 al 14 novembre, prima
edizione del Festival del libro per
ragazzi, come titolo «La porta
della felicità».
SERGIO
PENT
Rammentata ormai
quasi solo per un romanzo in-
centrato sulla figura della pit-
trice Artemisia Gentileschi,
Anna Banti - 1895-1985 - fu a
suo tempo una dignitosa inter-
prete della narrativa italiana
al femminile, di quelle che,
muovendosi di pari passo con
le «rivoluzioni» letterarie dei
Pavese e dei Vittorini, condu-
cevano invece in porto l'Otto-
cento, tra linguaggi nobili e un
po' arcaici e narrazioni a cam-
pata larga, dal taglio psicologi-
co e con qualche fervida incur-
sione in difesa del sesso debo-
le. Banti, appunto, e poi Gian-
na Manzini, Fausta Cialente,
la più giovane Alba De Céspe-
des, nomi che oggi fanno stati-
stica e rappresentano il transi-
to di un'epoca, prima e dopo la
Seconda Guerra, ma comun-
que racchiusi in una fenome-
nologia conservatrice, discre-
ta, rigorosa.
Anna Banti pubblicò, nel
1967, un romanzo che oggi po-
tremmo ben definire di matri-
ce storico-fantastica: Noi cre-
devamo - divenuto a distanza
di 43 anni un ampio film «in co-
stume» diretto da Mario Mar-
tone, presentato al Festival di
Venezia e dalla prossima setti-
mana sugli schermi -, è un rac-
conto limpido e struggente,
arioso e ondulato, vestito a fe-
sta da una lingua che oggi defi-
niremmo superata, ma che ri-
sulta semplicemente il prodot-
to di una precisone culturale
ancora adesso invidiabile.
I rivoluzionari di Martone
e della Banti, pur avvicinando-
si in parecchie effervescenze li-
bertarie ai suoi «bastardi sen-
za gloria», non hanno solletica-
to l'attenzione solitamente cu-
riosa di Quentin Tarantino,
presidente di giuria a Venezia.
Se il film ha una sua vita anco-
ra da percorrere, il romanzo -
Il Risorgimento amaro
del calabrese Lopresti,
repubblicano
un po’ anarchico
in un’ostile Torino
disponibile negli Oscar Mon-
dadori con una postfazione del
compianto Enzo Siciliano - tor-
na a galla in una tradizione di
recupero storico che vanta tas-
selli remoti e incursioni di re-
cente fattura: Piccolo mondo
antico di Fogazzaro, Il diavolo
al Pontelungo di Bacchelli, fino
al ponderoso Le armi, l'amore
di Emilio Tadini, per arrivare
alle tentazioni neo-risorgimen-
tali in chiave postmoderna di
Antonio Scurati e Giancarlo
De Cataldo, con Una storia ro-
mantica e I traditori.
Noi credevamo sorprende
innanzitutto per la costruzio-
ne narrativa, moderna, scal-
tra e ben calibrata in un lungo
percorso a ritroso nella storia
mancata di certi piccoli eroi
del Risorgimento. Nella Tori-
no ostile - almeno agli occhi
del vecchio protagonista mo-
rente - del 1883, il calabrese
Domenico Lopresti ripercorre
le sue memorie di rivoluziona-
rio fallito, da un capo all'altro
di quell'Italia che - egli per pri-
mo lo intuisce - non sarà mai
un unico ceppo di luoghi comu-
ni condivisi. Repubblicano un
po' anarchico, ostile ai Borbo-
ni ma anche a certe pseudo-ri-
volte ideologiche mai concre-
tate - dalla Carboneria a un
Mazzini più ideologo velleita-
rio che solido manovratore po-
litico -, Lopresti è figlio di un
Paese lacero, ignorante e ca-
ciaroso ma pronto a offrire le
terga a chiunque lo invada con
una divisa sgargiante.
Impoverito, vinto, padre
già anziano di due figli che sa-
ranno adulti nel Novecento,
Lopresti vive i suoi ultimi gior-
Anna Banti, autrice di «Noi credevamo»
Mario Martone regista del film
«Noi credevamo», di cui esce da
Bompiani la sceneggiatura,
scritta con Giancarlo De Cataldo
Anna Banti «Noi credevamo»: il romanzo
storico che ha ispirato il film di Martone
I rivoluzionari
senza gloria
p Anna Banti
p
p
NOI CREDEVAMO
Mondadori
p pp. 348, € 9,50
ni torinesi - una Torino vista in
tutti i suoi difetti provinciali
d'antan - con il rimpianto di non
aver portato a termine una mis-
sione epocale, quella di dare vita
a un'Italia libera, moderna e re-
pubblicana. La monarchia pie-
montese ha semplicemente so-
stituito quella borbonica, e da
queste amare considerazioni
prende il via il viaggio a ritroso
di Lopresti nelle sue memorie ri-
voluzionarie. Dagli anni di carce-
re duro a Procida e Montefusco
fino alla lunga rincorsa per rag-
epopea dei Mille è sta-
L’ ta raccontata da diver-
si punti di vista, e il me-
glio sta nelle pagine di diario
scritte a caldo rispetto agli
eventi, mentre nelle opere suc-
cessive prevalgono l'intento ce-
lebrativo e la mitologia eroica.
Per chi volesse conoscere
meglio gli «scrittori garibal-
dini», presenti tra i più di mil-
le volontari che s'imbarcaro-
no con Garibaldi a Quarto il 5
maggio 1860, suggeriamo tre
antologie: quella di Giani Stu-
parich (Garzanti, 1948), quel-
la di Gaetano Mariani (Cap-
pelli, 1960) e quella più recen-
te di Paolo Ruffilli (Mondado-
ri, 1996).
I testi più noti sono I Mille
di Giuseppe Bandi, pubblicato
a puntate sul Messaggero e
sul Telegrafo nel 1886 e postu-
mo in volume (Salani, 1903), e
Da Quarto al Faro. Noterelle
d'uno dei Mille (Zanichelli,
1880) di Giuseppe Cesare Ab-
ba, di cui ricorre proprio oggi
il centenario della morte. Que-
Francesca Inaudi è Cristina di Belgioioso in «Noi credevamo» di Martone
O
150
Libri d’Italia
Verso il 2011
giungere, da Roma, quel mitico
Garibaldi che sta risalendo la pe-
nisola con i suoi eroici Mille, il
vento di un'Italia nuova soffia
sulle speranze dell'illuso Lopre-
sti, che si scontra invece con una
volontà popolare tutta da defini-
re, rendendosi conto che non ba-
sta creare, credere, combattere,
per smuovere «un costume avvi-
lito, incapace di mutare».
L'eroe mancato della Banti
attraversa un'epoca di determi-
nanti transizioni giungendo alla
conclusione che ogni tentativo
GARIBALDINI
PER BIBLIOFILI
MASSIMO ROMANO
Il centenario
Abba oltre
quota mille
sta prima edizione viene ora
proposta a € 350 dalla libreria
Pontremoli, che possiede anche
una prima edizione in brossura
molto rara del poemetto Arri-
go. Da Quarto al Volturno
(1866) a € 1300.
Lo scrittore più significativo
della spedizione dei Mille è Ippo-
lito Nievo (1831-1861), che mori-
rà non ancora trentenne nel nau-
fragio del piroscafo «Ercole» du-
rante il viaggio da Palermo a
Napoli. S'imbarca sul Lombar-
di unificare l'Italia sia destinato
a rimanere un'utopia. La dolen-
te epopea del progressista cala-
brese diventa l'occasione man-
cata della Storia, in un romanzo
ancora oggi - questo il suo pre-
gio in tempi di becere ambizioni
secessioniste - scomodo e attua-
le. I piemontesi si appoggiano al-
L’amarezza di vedere
che la monarchia
piemontese ha
semplicemente sostituito
la monarchia borbonica
la camorra per conquistare il
Sud, le disparità sociali annega-
no nella consapevolezza di non
essere riusciti a diffondere una
vera voglia di rinnovamento, in
un Paese dove è più facile cam-
biare padrone che costruirsi
una nobile identità collettiva.
Un Risorgimento, quello della
Banti, che ancora oggi continua
a tentare di ricucire gli strappi,
in questa Italia da reality in cui
annaspiamo, con tante autostra-
de ma senza più indicazioni e
mete comuni.
do, comandato da Bixio, e tra-
scorre molti mesi in Sicilia come
vicecapo dell'Intendenza. Vede i
garibaldini orgogliosi «di essere
ammirati come eroi, con due
spanne di blouse rossa e settan-
ta centimetri di scimitarra» e
scrive all'amata cugina Bice
Melzi di essere «annoiatissimo
della Sicilia e assetato di aria
Ambrosiana».
Da due anni ha terminato il
suo capolavoro, Le confessio-
ni di un italiano, scritto in otto
mesi dal dicembre 1857 all'ago-
sto 1858, forse «il romanzo più
europeo del nostro Ottocento»
(Mengaldo), vicino ai modelli
inglesi di Sterne, Fielding e Di-
ckens per la mescolanza di co-
mico, patetico e grottesco. Pub-
blicato postumo nel 1867 da Le
Monnier con il titolo Le confes-
sioni di un ottuagenario, non
è attualmente disponibile sul
mercato dei bibliofili. La I edi-
zione, più preziosa in brossura,
un po' meno se rilegata, è stata
venduta a € 650 da Gilibert e a
€ 1900 da Pontremoli.
R
Tuttolibri
SABATO 6 NOVEMBRE 2010
LA STAMPA III
DIALOGHI
IN VERSI
MAURIZIO CUCCHI
Verticale è
l’inganno
degli astri
V
erticali di Bruno Galluc-
cio (Einaudi, p. 108, € 12)
è un libro che avrebbe me-
ritato maggiore attenzione. Non
fosse che per la precisione compo-
sitiva e per l'esattezza netta del-
la parola, oltre che per una sua
peculiarità interessante, vale a
dire il rapporto con il pensiero e
il linguaggio scientifico. Galluc-
cio è infatti laureato in fisica e si
è occupato di telecomunicazioni
e sistemi spaziali. Scrive per
esempio un poemetto sul mate-
matico Georg Cantor, e lo fa di-
ventare un personaggio e un te-
stimone. Usa toni e movenze di
insolita efficacia antiretorica,
compone versi di impeccabile
concisione espressiva.
Parrebbe freddo, proprio
per quella che appare come una
naturale spinta a una profondi-
tà da raggiungere senza scorcia-
toie. In realtà, Galluccio tratta e
si interroga sul senso dell'uma-
na esistenza nelle situazioni e
nelle figure del suo quotidiano
proporsi. Ma lo fa secondo per-
corsi che nulla attingono all'ov-
vietà o al già noto, e senza pati-
ne «poetiche» di comodo. Pro-
prio per questo il suo Verticali
ha forse incontrato un insuffi-
ciente ascolto, ed è perciò oppor-
tuno leggerlo con fiducioso inte-
resse. Si potrà poi amare o non
amare, ma è evidente che è un li-
bro complesso che cerca di pene-
trare nella complessità del reale
in cui siamo immersi.
Una sua poesia: «La discesa
nelle parole sorde / l'inganno de-
gli astri / la possibilità di tradire
/ l'affidamento serale // le auto a
volte scompaiono / i passanti di-
ventano aria / il viale è tutto can-
cellate e sogno // è l'accelerazio-
ne terrena / che azzanna i passi /
e consuma le scarpe // l'ordine
batte come un rintocco / sul bloc-
co occipitale».
Pietro Pancamo potrebbe leg-
gere utilmente Bruno Galluccio.
Nei suoi versi Pancamo sceglie la
brevità e la brillantezza, e si muo-
ve mostrando verve e scioltezza
di pronuncia. Ma quando si ap-
poggia a situazioni di fisica con-
cretezza diventa più persuasivo:
«La voce trasuda parole d'accen-
to piagato /ma è tiepido il grido
del tuo respiro», oppure: «Strac-
ci di sonno coprono, /masticano
il corpo della notte /diafano di te-
nerezza; /lo avvinghiano» . Eviti
la battuta (Socrate disse: «Sì, Li-
cone: /la mia amante me la tengo
a mente / con le sue dolci rifattez-
ze») che lo facilita, ma ne assotti-
glia alquanto lo spessore.
Chico Damiano mi scrive da
Buenos Aires, mandando una po-
esia non priva di originalità ma
con passaggi ancora da rivedere,
come si vede qui, dove a tratti si
appesantisce: «Scendeva, piú
tardi cercava di nascondersi.
/[…] /Il firmamento rosaceo con-
fondendosi con l'azzurro del cie-
lo dominante l'oriente».
Andrea Migliacci mi manda
versi editi e inediti, dove prevale
la passione per il viaggio. Accu-
mula cose e situazioni, conside-
razioni varie, in un coacervo ric-
co di umori e presenze ma anche
diseguale o un poco verboso.
«Alcune a tratti ragazze di un
biondo / inconfinabile in attesa
/miserabile al freddo dell'inver-
no…». Il mio consiglio, anche
per lui, è di essere più selettivo e
di tagliare, di affidarsi alle im-
magini più nitide, e dunque più
efficaci e necessarie.
dialoghi@lastampa.it
 IV Scrittori stranieri
«PERDERSI» NELL’ALZHEIMER: LISA GENOVA RACCONTA
All’improvviso si aprì un limbo
= Quanto può essere dolorosamente dolce la «sconfinata
giovinezza»! Non a caso sull'Alzheimer è nata un'altrettanto
sconfinata letteratura. Quasi non esiste fiction che non
includa tra i suoi personaggi un anziano che ne sia affetto,
tra l'incredula costernazione dei familiari. Pubblicato in
proprio da una psichiatra americana, Lisa Genova, Perdersi
(trad. di L. Prandino, Piemme, pp.293, € 16,50) ha
incontrato vari editori e uno strabiliante successo per il suo
descrivere anziché la fase finale della malattia lo
sprofondamento graduale nella perdita del sé.
Lisa Genova, psichiatra Come Iris Murdoch nella sua distruttiva discesa agli inferi
dalla cattedra di Filosofia a Oxford - descritta nei diari del
marito, trasposta nel film Iris, un amore vero da Richard Eyre
- anche Alice, la protagonista, insegna in una prestigiosa
università, Harvard, la medesima del suo compagno. Ma il
suo viaggio non si svolge verso Wonderland bensì verso
l'annientamento dell'io in un limbo che, da uno sguardo
esterno, implica l'azzeramento di ogni conoscenza e affetto,
lo sprofondarsi della memoria nel nulla.
Docente di psicologia cognitiva, Alice è considerata la più
importante esperta di linguistica nel settore e gode di
meritata notorietà. Ma di colpo durante una lezione le
sfugge una parola, poi un'altra e per strada si smarrisce in
luoghi a lei familiari. Eppure ha solo cinquant'anni. Disturbi
della menopausa? No, è la crudele sentenza dei medici,
Alzheimer presenile. Lentamente, seppure nel breve spazio
di due anni, cresce in lei lo smarrimento e insieme una lotta
tenace che la induce ad annotare pervicacemente i posti
occupati dalle cose e i tratti così amati del marito e dei figli,
sgomenti a propria volta nella loro sconcertata tenerezza.
Il percorso narrativo di Lisa Genova ricorda quello teatrale di
Stanislavskj per la totale immedesimazione dell'io narrante
nel personaggio e aggredisce senza filtri il lettore.
Sbaragliata ogni paratia critica, lo costringe a rivivere la
magia dimenticata degli oggetti e delle conoscenze e lo
struggente amore delle persone care, abbandonando ogni
risentimento per far posto alla passione per ciò che pare
(quanto erroneamente!) una grigia , ripetitiva quotidianità.
Mia Peluso

Chatterjee Una recluta che ricorda sene regolarmente.

La postfazione di Emanuele Anteprima Uno zoo fiabesco: l’autore
Schweik, uno humour micidiale Trevi paragona il romanzo a Con-
rad e a Kafka, tuttavia lo humour di «Il libro della giungla» svela ai bambini
micidiale e lo straniamento verba-
le mi farebbero piuttosto pensare, i bizzarri segreti del mondo animale
Il funzionario almeno per la prima parte, al
buon soldato Schweik del boemo

è assurdo,
Hasek. Il tono irridente di Chatte-
rjee non è quindi fine a se stesso:
celebra in qualche modo il caratte-
re assurdo dello stato indiano na-
to dall'indipendenza, oppresso da
Sgobba cammello
o ti vien la gobba
corruzione, incompetenze varie e
da inestricabili grovigli burocrati-

come l’India ci. Del resto, non drizziamo le

ALESSANDRO
MONTI
Sono pochi i romanzi
del subcontinente indiano che ci
parlano delle istituzioni e della
vita condotta dai funzionari. Esi-
ste tuttavia un'ampia letteratu-
ra coloniale che tratta in manie-
ra pittoresca e ironica l'argo-
mento, rendendolo dilettevole.
Quelle gallerie di figurine grotte-
sche ricompaiono aggiornate
nella stravagante e sgangherata
epopea burocratica del bengale-
se Upamanyu Chatterjee, Ri-
Una stravagante
e sgangherata
epopea burocratica,
tra superiori corrotti
e spesso incompetenti
tratto del funzionario indiano da
giovane, pubblicato in origine
nel 1988 e finalmente tradotto.
Tale ritratto è imperdibile te-
stimonianza dell'apparato buro-
cratico, di eredità coloniale, de-
nominato Indian Administrati-
ve Service (Ias) e che con un or-
ganico pletorico, da vero levia-
than, governa i distretti in cui è
divisa l'India (251 all'inizio del
'900). Il funzionario del titolo,
una recluta, è mandato da Delhi
nel Sud del Paese, a Madna e in-
fine nelle zone tribali, cibo im-
mangiabile e squallore circo-
stante, orde di zanzare e foreste-
rie infestate da geki (lucertole
con pelle gialla trasparente co-
p Upamanyu Chatterjee
p RITRATTO DEL FUNZIONARIO
INDIANO DA GIOVANE
p trad. di C. Gabutti
p Rizzoli BUR, pp. 371, € 11
me di plastica e occhietti neri
sporgenti a palla, che verso sera
lanciano stridenti richiami amoro-
si e cadono con un tonfo sordo).
Come passa i giorni il nostro
funzionario? Evitando il lavoro, gi-
rando nudo per la camera, facen-
dosi canne e masturbandosi a tut-
to spiano, ubriacandosi appena
possibile, destreggiandosi tra su-
periori corrotti e spesso incompe-
tenti, raccontando le balle più in-
credibili su di lui e dimenticando-
orecchie quando nel romanzo si
parla di gente che fornisce cemen-
to mischiato con sabbia e di fun-
zionari che intascano mazzette in
cambio del loro silenzi?
Madna, la cui radice indica in
sanscrito non solo pazzia ma an-
che ebbrezza e intossicazione, do-
ve è spedito il nostro funzionario,
è il cuore nero e vinto dell'India, lo
specchio costituito dalla provin-
cia (moffusil, ciò che è distante) in
cui si riflette l'essenza vuota di
una nazione.
Non è l'India contemporanea,
ma un'India prima della globaliz-
zazione e che tuttavia, come ci di-
ce Chatterjee è sempre in pseudo-
sviluppo, da tempi immemorabili.
E' un'India postcoloniale che con-
serva tutti i vezzi degli inglesi: la
burocrazia è divisa tra coloro che
sono entrati per concorso e i di-
sprezzati «promossi» (nel perio-
do coloniale tra convenanted, di
ruolo e unconvenanted, designati
con il marchio biblico della be-
stia), tra anglo-indiani e «natus»,
tra la lingua inglese e la hindi, am-
bedue male assimilate.
Il personaggio di Chatterjee
non prelude tuttavia alla nuova e
più dinamica India: il suo atteggia-
mento neghittoso diventa assen-
za da sé, voragine metafisica che
lo inghiotte e lo assorbe, lasciando
solo una scorza vuota. La comme-
dia diventa tragedia, non solo indi-
viduale ma anche e soprattutto
collettiva, tragedia che nel roman-
zo ha come simbolo le disperate
aree tribali, dove vivono gli ultimi
tra gli ultimi. Qui è l'India vista co-
me una nazione che non riesce ad
assumere un'identità propria, o
che comunque non è possibile
prendere sul serio.
RUDYARD
KIPLING
Ed ecco un'altra sto-
ria, che racconta come mai il
Cammello ha una gobba bella
grossa.
All'inizio dei tempi, quan-
do il mondo era tutto-bello-
nuovo, e gli Animali stavano
appena cominciando a lavora-
re per l'Uomo, c'era un Cam-
mello che se ne stava tutto so-
lo nel mezzo di un Deserto
Spaventoso, perché non ave-
va voglia di lavorare; e anche
lui era Spaventoso. Mangiava
ramoscelli, spine, tamerici, eu-
forbie e sterpi, ed era maledet-
«Storie proprio così»:
pensate dal Nobel
per essere raccontate
ad alta voce
alla figlia Josephine
tamente pigro; e se qualcuno
gli parlava, lui faceva:
«Sgob!». Sempre e solo
«Sgob!».
Il Lunedì mattina, ecco che
si presentò il Cavallo, con la
sella in groppa e il morso in
bocca, e gli disse: «Cammello,
Cammello, vieni a trottare in-
sieme a noi».
«Sgob!», fece il Cammello;
e il Cavallo andò a raccontarlo
all'Uomo.
Subito dopo arrivò il Cane,
con un bastone in mezzo ai
denti, e disse: «Cammello,
Cammello, vieni a sfaccendare
insieme a noi».
«Sgob!», fece il Cammello; e
il Cane andò a raccontarlo all'
Uomo.
A un tratto arrivò il Bue, col
giogo al collo, e disse: «Cammel-
lo, Cammello, vieni ad arare in-
sieme a noi».
«Sgob!», fece il Cammello;
e il Bue andò a raccontarlo all'
Uomo.
Finita la giornata, l'Uomo ra-
dunò il Cavallo, il Cane e il Bue e
disse: «Fedelissimi Tre, mi di-
spiace tanto per voi, ma (alla
faccia del mondo tutto-bello-
nuovo) quel tale Sgob, laggiù
nel Deserto, è un buono a nulla,
altrimenti sarebbe qui con voi;
perciò ho deciso di lasciarlo per-
dere, e a voi toccherà fare gli
straordinari».
La cosa mandò su tutte le fu-
rie i Tre (alla faccia del mondo
tutto-bello-nuovo) che fecero
subito un'assemblea, un inda-
ba, un puchayet, e un pow-wow
alle soglie del Deserto; quand'
ecco che arrivò il Cammello,
masticando euforbia con quella
sua aria maledettamente pigra,
e scoppiò a ridere. Poi fece
«Sgob!» e se ne andò.
Poco dopo arrivò il Jinn a ca-
po di Tutti i Deserti, avvolto in
un turbine di polvere (i Jinn
viaggiano sempre così, è que-
stione di Magia) e prese parte a
un consiglio e a un pow-wow in-
sieme ai Tre.
«Jinn di Tutti i Deserti - chie-
se il Cavallo, - è giusto starsene
p Rudyard Kipling
p STORIE PROPRIO COSI’
p trad. di Bianca Lazzaro
p Donzelli, pp. 333, € 24
p Pubblichiamo in anteprima «Co-
me mai il cammello ha la gobba»
una delle Storie proprio così di
Kipling che hanno accarezzato
l’infanzia di più generazioni, me-
scolando fiabe e culture tra In-
dia e Africa, Europa e Nord Ame-
rica. Questa edizione è impre-
ziosita da 150 incisioni a colori
di May Angeli. Lo scrittore le
concepì per la figlia Josephine,
pubblicandole solo nel 1902, do-
po la tragica morte di lei.
pancia all'aria alla faccia del
mondo tutto-bello-nuovo?».
«Certo che no», rispose il
Jinn.
«Eppure - disse il Cavallo, -
nel bel mezzo del tuo Deserto
Spaventoso c'è un tale (pure lui
Spaventoso) con il collo lungo e
le zampe lunghe, che non com-
bina un bel niente da Lunedì
mattina. Non vuol saperne di
venire a trottare».
«Fiuuu! - disse il Jinn, fi-
schiando. - Per tutto l'oro d'Ara-
 R
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SABATO 6 NOVEMBRE 2010
LA STAMPA V

I RACCONTI DI LUIS SEPÚLVEDA
Noi esuli come i lupi
= «Su quel quaderno comprato a Quito scrissi
semplicemente Il vecchio che leggeva romanzi d'amore, per
non dimenticare, perché quella notte trascorsa sdraiato
nell'amaca mentre il temporale sferzava l'Amazzonia
rimanesse per sempre viva nella mia memoria».
Così, nella sua ultima opera, Ritratto di gruppo con
assenza (trad. di Ilide Carmignani, Guanda, pp. 157, € 16),
Luís Sepúlveda, il ben noto autore cileno, rievoca la genesi di
quello che forse è il suo romanzo più famoso, edito come
tutta la sua opera da Guanda: ebbe origine nel 1978 e fu
scritto vent'anni dopo, in mezzo a un altro temporale
sull'isola di Lussino, nell'Adriatico. Ritratto di gruppo con
assenza, riunisce ricordi e pezzi giornalistici di una vita
intensa, segnata soprattutto dall'esilio del protagonista:
infatti, Sepúlveda, seguace di Allende, amico di Neruda,
incarcerato per due anni in Cile al sopravvenire della
dittatura di Pinochet, poi parte della Brigada Internacional
Simón Bolívar, poi esule per anni in Germania (dove si sposa
e ha figli) e, in seguito, in altre nazioni europee, riempie i
tanti anni del suo esilio («In esilio l'unica cosa che si ha è il
tempo») scrivendo e trovandosi con altri esuli.
«Noi esuli siamo come i lupi, ovunque si vada ci raduniamo
in branchi che non sono i nostri, ma partecipiamo, cacciamo
insieme, anche se la luna ci invita ad allontanarci per ululare
di solitudine», dice Sepúlveda. La raccolta offertaci oggi è un
po' il risultato del voler stare insieme, e del sentirsi soli, del
ritrovarsi e di constatare con amarezza le assenze, e
soprattutto del rimettere piede nel paese abbandonato tanti
anni prima, a lungo sognato, e nel ritrovarlo diverso da
come lo si sarebbe voluto, dopo le tante prove sopportate.
Impossibile non sottolineare l'amarezza o meglio la
disillusione che pervade alcuni degli incontri o ritrovamenti
dello scrittore esule, ma anche una sorta di felicità che viene
da coincidenze inaspettate. E ci chiediamo se la recente
messa in salvo dei minatori intrappolati non gli abbia fornito
una qualche reazione positiva. In ogni modo, si sarà capito,
un documento singolare e struggente su una delle tante
tragedie della nostra vita di oggi.
Angela Bianchini Luís Sepúlveda

Grande Magia, mentre il Cam- uomo «che ha la tendenza a leg-

mello continuava a fissare il suo
riflesso nello stagno.
«È da Lunedì mattina che
costringi quei Tre a fare gli stra-
ordinari, e tutto per via di quel-
la tua maledetta pigrizia», disse
il Jinn, che intanto escogitava
una Magia, col mento poggiato
sulla mano.
Vila-Matas L’addio di un editore gere la vita come un testo lette-
rario e a volte a vedere il mon-
alla letteratura (e anche a se stesso) do come un groviglio o un gomi-
tolo» intende celebrare a sua
volta un rito funebre, per seppe-
Gutenberg lire definitivamente l’era Guten-
berg, la letteratura e se stesso.
Tutto avverrà in una data
speciale: il 16 giugno, Bloom-

Una delle 150 incisioni a colori di May Angeli per le «Storie» di Kipling
bia, ma quello è di certo il mio
Cammello! E che fa?».
«Fa "Sgob! - disse il Cane. -
E non vuol saperne di venire a
sfaccendare».
«Non fa nient'altro?».
«Solo "Sgob!"; e non vuol sa-
perne di venire ad arare», disse
il Bue.
«Bene, bene - disse il Jinn. -
Se mi concedete un minuto,
gliela faccio vedere io la sgob-
ba!».
Il Jinn turbinò nella sua nu-
vola-mantello di polvere, e pre-
se la direzione del deserto, dove
trovò il Cammello maledetta-
mente pigro, che stava lì a fissa-
re il suo riflesso in uno stagno.
«Caro il mio scansafatiche -
disse il Jinn, - cos'è questa sto-
ria che non ti va di lavorare, alla
faccia del mondo tutto-bello-
nuovo?».
«Sgob!», fece il Cammello.
Il Jinn si mise seduto, col
mento poggiato sulla mano, e
cominciò a escogitare una
«Sgob!», fece il Cammello.
«Se fossi in te non lo ripete-
rei un'altra volta - disse il
Jinn; - potrebbe costarti cara.
Eh sì, mio caro scansafatiche,
è arrivato il momento di met-
tersi a lavoro».
E il Cammello fece di nuovo
«Sgob!»; ma neanche il tempo
di dirlo ed ecco che il suo dorso,
di cui andava tanto fiero, comin-
ciò a gonfiarsi e gonfiarsi finché
non diventò una grossa sgobba
ballonzolante.
«Visto? - disse il Jinn. - A fu-
«Se ne stava tutto
solo nel mezzo
di un Deserto
Spaventoso, perché non
aveva voglia di lavorare»
ria di non lavorare ti ritrovi con
questa bella sgobba. Oggi è Gio-
vedì, e tu non combini un bel
niente da Lunedì, quand'è co-
minciato il lavoro. È arrivato il
momento di darsi da fare».
«E come faccio - disse il
Cammello - con questa sgobba
sulla schiena?».
«Sta lì apposta - disse il Jinn
- per ricordarti che hai saltato
tre giorni di lavoro. D'ora in poi,
grazie alla tua sgobba riuscirai
a lavorare tre giorni di seguito
senza mangiare; e non venirmi
a dire che non ti avevo avverti-
to. Ora esci da questo Deserto e
fila dritto da quei Tre. E com-
portati come si deve. Sgobba!».
E il Cammello sgobbò, ecco-
me se sgobbò, e andò a raggiun-
gere i Tre. E da quel giorno, il
Cammello ha la gobba (ormai la
chiamiamo così, per non morti-
ficarlo); eppure non è ancora
riuscito a recuperare i tre gior-
ni persi all'inizio del mondo, e
nemmeno ha imparato a com-
portarsi come si deve.
seppellito
a Dublino
MARIO
BAUDINO
Enrique Vila-Matas
quand’era un giovane scritto-
re sognava un romanzo che
uccidesse i lettori, possibil-
mente non in senso metafori-
co ma per effetto di strategie
testuali. Ne parlò con Margue-
rite Duras, racconta in Parigi
non finisce mai, e i due in real-
tà non giunsero a nessuna
conclusione apprezzabile. In
Dublinesque quel desiderio an-
tico si è trasformato, forse in-
«Dublinesque»:
un sontuoso banchetto,
grottesco e tragicomico,
con illustri fantasmi,
da Joyce a Beckett
sieme al giudizio sulle avan-
guardie letterarie: il lettore
gli serve vivo, anzi gli serve
un lettore particolare. Il suo
protagonista, Riba, un edito-
re di qualità che ha dovuto
chiudere la casa editrice
strangolato dai tempi nuovi e
dalla sua scarsa inclinazione
agli affari, aggravata oltretut-
to dall’essere costretto a
smettere di bere, ritiene infat-
ti che si debba «pretendere ta-
lento anche dal lettore», e non
solo da chi scrive.
E’ chiedere troppo? Non
per Vila-Matas, che continua
a esigerlo da molti libri a que-
sta parte, costruiti tutti su fu-
p Enrique Vila-Matas
p DUBLINESQUE
p trad. di E. Liverani
p Feltrinelli, pp. 246, € 18
gaci illuminazioni letterarie, ba-
gliori intertestuali, corto circui-
ti fra letteratura, vita, autobio-
grafia, esperienza. Già il titolo
parodico, che rinvia al burle-
sque, e cioè all’intrattenimento
popolare tutto lustrini e forme
prorompenti, è preso da una po-
esia di Philip Larkin dov’è de-
scritto il funerale di una prosti-
tuta accompagnata al cimitero
dalle sue colleghe. E il cimitero
è quello di Dublino: là Riba, un
sday, giorno in cui si svolge
l’Ulisse di James Joyce, e Riba
non sarà da solo. Ha dato un
evasivo appuntamento a tre
amici scrittori. Il «funerale» av-
viene puntualmente, ma non è
questo che il lettore di talento
andrà a cercare alla fine del li-
bro. Il comportamento narrati-
vo di Vila-Matas è insieme pre-
ciso e anarchico, divagante e
ironico. Per esempio, ognuna
delle sezioni finisce con la stes-
sa frase, ed è una frase chiave:
«Spunta sempre fuori qualcu-
no che non ti sognavi neanche».
E’ un romanzo di percorsi,
che ruota intorno al tema del-
l’invecchiamento (biologico,
culturale, l’invecchiamento del
mondo) e della morte, cui funge
da solenne controcanto il capi-
tolo sesto dell’Ulisse: quello del
funerale di Paddy Dignam,
l’ubriacone, che condivide con
la prostituta ignota di Larkin e
con l’editore Riba il senso delle
«brutali microavventure» in
cui consiste molto dell’opera di
un altro irlandese illustre e fol-
le come Samuel Beckett. Anche
lui, in veste di fantasma, convo-
cato al sontuoso banchetto.
Dublinesque è una storia di
fantasmi, dove l’autore sa gioca-
re come non mai col senso del
grottesco, tra umorismo e tra-
gedia. C’è una moglie (di Riba)
che diventa buddista dando luo-
go a una deliziosa commedia di
feroci battute, e c’è l’editore in-
tento a chiedersi se l’unica cosa
logica non sarebbe «che tutti
quelli che vedono la loro vita in
declino gridassero di spaven-
to». Ma anche pronto a confes-
sare come «in un’occasione, in
mezzo a un grande garbuglio
mentale», avesse creduto «che
la letteratura fosse Catherine
Deneuve, e poi non era più riu-
scito a rimediare al malinteso».
Infatti ci crede ancora.

GIUSEPPE by diventa un maestro nell'ar-

CULICCHIA Martin Un funambolico artefice te della truffa: «E' come fare
Bobby Clark, il prota- l'attore, o il primo ministro: da-
gonista di Come si vende, for- di illusioni, ovvero «Come si vende» vanti al pubblico ti carichi per
tunato romanzo d'esordio bene e ti convinci di non poter

del poco più che quaranten-
ne canadese Clancy Martin,
è uno di quei personaggi che
non ci si scrolla di dosso facil-
mente. Innanzitutto perché è
un tipo molto, molto, molto
simpatico. Poi perché riesce
a risultare tale malgrado sia
capace di rubare la fede alla
madre per portarla al banco
dei pegni già alla quinta riga
del primo capitolo e nono-
stante da lì in poi finisca per
campare truffando il prossi-
mo. E infine perché uno co-
me lui, un vero e proprio fu-
nambolo dello smerciare illu-
sioni, incarna la quintessen-
za del nostro tempo. Un tem-
po in cui, come amano ripete-
re gli insegnanti dei seminari
di marketing e i capi-area dei
vari settori merceologici che
mirando ai nostri soldi mira-
no anche al nostro immagina-
Bobby fugge
con 10 mila $
nelle scarpe
rio, alla nostra anima e ai no-
stri desideri, tutto è vendita.
Bobby, che precoce si mo-
stra assai lesto a imparare dal
fratello maggiore Jim, appena
sedicenne abbandona la scuola
e lascia il Canada per andare a
lavorare con questi in una gros-
sa gioielleria di Forth Worth,
Texas, nota come Deluxe Dia-
mond Exchange. Jim lo va a
prendere all'aeroporto a bordo
di una limousine con un'altra
venditrice, l'affascinante Lisa, e
subito lo inizia agli stupefacenti.
E pur partendo dalle mansioni
più umili, tipo passare l'aspira-
polvere o mettere le lancette di
tutti gli orologi del negozio sulle
dieci meno dieci, il protagonista
non tarda a farsi notare dal si-
gnor Popper, il vecchio proprie-
tario capace di rivolgere alla
moglie Sheila sguardi che i ma-
p Clancy Martin
p
p
p
COME SI VENDE
trad. di M.G. Gini
Adelphi, pp. 288, € 18
riti di oggi non osano più. Secon-
do l'uomo, il ragazzo ha «l'istin-
to di capire quel che l'altro ha bi-
sogno di sentirsi dire. La cosa
che lo farà decidere, che lo met-
terà d'accordo con se stesso».
Ma non solo. Perché Bobby, che
con Jim e Lisa è destinato a con-
dividere altro dalla cocaina, dall'
ecstasy e dalla metanfetamina,
non è portato per il rimorso ed è
proprio delinquente dentro. Per
Clancy Martin, un esordio riuscito
esempio, quando vede diecimila
dollari incustoditi sopra la scri-
vania della contabilità non ci
pensa due volte a infilarsi la
somma nelle scarpe.
Del resto il fratello l'ha tira-
to su a dovere: per capirci, è
uno capace di ingaggiare un'at-
trice che rappresenti sua mo-
glie in tribunale, così da poter
divorziare all'insaputa della
donna. Sulle orme di Jim, Bob-
dire nulla di falso o di incredibi-
le». Basta dunque saper ingan-
nare il prossimo e, quando oc-
corre, se stessi.
Scritto con una padronanza
non comune per un esordio, Co-
me si vende sfoggia dialoghi bril-
lanti ed è a un tempo un manua-
le per aspiranti impostori e la
metafora perfetta del nostro
mondo farlocco, nel quale certi
fondi pensione vengono definiti
«sicuri» salvo poi azzerarsi per
via di una crisi scatenata dai ti-
toli spazzatura con cui la Leh-
mann e altre solide istituzioni
hanno bidonato i loro clienti.
Perché la vendita si sa è tutto, e
in nome suo tutto pare lecito.
Quanto a Bobby, è la versione
odierna di un altro tipo poco
raccomandabile, quel grande
Gatsby con cui Fitzgerald sep-
pe anticipare il Crack del '29 e
la fine del Sogno Americano.
 VI Storie visionarie
A CENT’ANNI DALLA MORTE, IN LIBRERIA E IN RADIO
Nel mondo di Tolstoj
= Un secolo fa, l’addio di Tolstoj , ovvero «Guerra e
pace», ovvero «Anna Karenina», ovvero «Resurrezione».
Sarà Alberto Cavallari a ripercorrere gli ultimi giorni del
supremo scrittore russo in La fuga di Tolstoj (ora per i tipi
di Skira, € 15). Un epilogo minuziosamente ricostruito,
quasi ora per ora, in Tolstoj è morto da Vladimir Pozner, di
recente uscito da Adelphi (€ 18). Tra gli altri titoli ora
apparsi sulla scia dell’anniversario, di Lev Tolstoj, Che
cos’è l’arte?, per Donzelli (trad. e note di Filippo Frassati,
introduzione di Pietro Montani, pp. 249, € 17,50) , una
Lev Tolstoj messa a fuoco di concetti quali il bello, l’utile, il giusto, la
verità; e Il risveglio interiore (Incontri editrice, a cura di
Guglielmo Leoni e Nicola Caleffi, trad. a cura degli Amici di
Tolstoj, pp. 216, € 12), un’antologia di scritti sull’uomo, la
religione, la società.
Fino a domani, prosegue anche l’omaggio di Radio 3 Rai a
Tolstoj. Oggi, a «Passioni», una riflessione di Eraldo
Affinati, che a Tolstoj rese un esplicito omaggio nel
romanzo d’esordio Veglia d’armi (1992, Marietti). Domani
mattina, a Uomini e profeti, sul cristianesimo di Tolstoj
discutono, c oordinati da Gabriella Caramore, Sergio
Givone, Goffredo Fofi, Igor Sibaldi, Paolo Nori. Sempre
domani, La grande radio ripropone interventi di Pietro
Citati e Vittorio Strada e letture di Vittorio Sermonti,
Raffaele La Capria, Giovanni Raboni, Walter Siti.
ARTE: UNA GUIDA TEMATICA ILLUSTRATA
Tutti i volti del nudo
= Dalle civiltà preclassiche al secondo Novecento, tutti i
volti del Nudo. Una galleria di William Dello Russo nella
collana «I generi dell’arte» di Electa (pp. 333, € 22).
Una sequela di tempi, di artisti, di soggetti. Dalle «veneri»
scolpite in pietra o in avorio sin dal Paleolitico al David di
Donatello, il primo grande nudo scultoreo del
Rinascimento; dalla «Maja desnuda» di Francisco Goya a
«La vita» di Picasso, dai «Corpi» di Gauguin alla
«Conversazione platonica» di Felice Casorati. Una sezione
è dedicata a «Il nudo e il simbolo»: dalla Forza all’Eroismo,
dalla Lussuria all’Umiliazione, dal Dolore all’Anima.

SANTO
Fumetto Adèle Blanc-Sec di Tardi, ALLIGO

Devo confessare che

una graffiante parodia della Scienza andare in montagna, specie
d'inverno, non mi ha mai entu-
ANTONIO siasmato, anche se all'occor-
FAETI

Guardo, con affettuo-

sa attenzione, le immagini di
Adèle Blanc-Sec la bestia, consi-
Dal Faraone renza non disdegno farvi una
camminata estiva. Questo po-
co interesse per le vette lo de-
vo forse a quel brutto giorno di

alla stazione
dero ancora una volta le insi- un febbraio di 50 anni fa, quan-
nuanti peripezie grafiche sca- do ragazzino vi andai con due
turite dal genio di Tardi, poi ri- amici (marinando ovviamente
penso alla sorprendente rivisi- la scuola); ero totalmente pri-
tazione di questo fumetto rea- vo di equipaggiamento, tanto
lizzata nel film Adèle e l’enigma
del Faraone da Luc Besson.
Si tratta di un doppio uni-
verso iconografico, denso di ci-
tazioni, di rimandi, di rinvii. La
di Dachau che la passeggiata per poco
non finì in tragedia, con i piedi
quasi congelati. Detto questo,
preso in mano Iconografie delle
montagne - Carta da collezione
graffiante parodia, nei due ca- (il collezionismo cartaceo è
si, aggredisce quel mondo che quello che da sempre mi coin-
non si studia mai abbastanza, volge), il bellissimo libro cura-
quello della Scienza trionfan- to da Aldo Audisio, direttore
te, imperiosa, schiavizzante del Museo Nazionale della
che, tra l’Ottocento e il Nove- Montagna, mi ci sono tuffato
cento, dominava le aule univer- con grande interesse.
sitarie, le gazzette scientifiche, L’obiettivo è far conoscere
i sogni collettivi, tanto che al pubblico parte del patrimo-
l’onesto operaio socialista rivo- nio cartaceo, ricco di ben
luzionario nuotava onirica- 10.000 pezzi e conosciuto a li-
mente nello stesso Immagina- vello mondiale, custodito nell'
rio del suo odiato padrone. Era- Area Documentazione (sede
no entrambi lettori devoti di del Centro Documentazione,
Jules Verne, si inchinavano di della Cineteca Storica e Video-
fronte alla possenza onnivora
di Flammarion, visitavano gli 867 immagini,
Pochi compresero che dominanti i poster
i sogni di nuove scoperte della pubblicità,
avrebbero portato dalle stazioni sciistiche
dai viaggi di Verne alle linee ferroviarie «La Jungfrau», manifesto di Henri Tancoville (Henry Garnier), 1900
Un particolare dal fumetto di Tardi sulle avventure di Adèle Blanc-Sec
ai superuomini di Hitler teca, del Cisdae e della Biblio-
proprio negli anni in cui si com- teca Nazionale Cai).
stessi musei, plaudivano con- piono le sue avventure. Ma per Il volume - che si avvale del- Iconografie Dall’Ottocento a oggi: manifes
cordamente per viaggi, scoper- capire da dove scaturisce davve- la collaborazione di Giuseppe
te, invenzioni, che i quotidiani ro, occorre rifarsi a un’impresa Saglio, Annibale Salsa, Marco carte da gioco, figurine, segnalibri, calenda
collocavano in prima pagina, davvero unica che Tardi ha por- Cicolini, Ulrich Schädler, Enri-

Il girotondo
così come fanno oggi con il cal- tato a termine nel 1988, quando co Sturani e Antonella Lom-
cio e i delitti a sfondo sessuale. ha realizzato le illustrazioni per il bardo - ha un apparato icono-
Dopo aver letto Husserl, in po- Voyage au bout de la nuit di Céli- grafico vastissimo e stimolan-
chi compresero che almeno ne. Ecco, allora, l’«Africa fanta- te, che non si ferma solo alla
uno dei «viaggi straordinari» sma» di Fort Gono, con tutti i sor- produzione del nostro Paese.
andava diritto fino alla stazio- didi languori purulenti del colo- Una selezione eterogenea di
ne di Dachau, fino ai superuo- nialismo, ecco i caseggiati operai ben 867 pezzi, realizzati dalla
mini molto wagneriani (e mol- pieni di sifilide e di alienazione, seconda metà dell'Ottocento fi-

to verniani...) di Adolf Hitler.
Con sagace virulenza, Tar-
di rilegge, rivede, ripensa, ri-
colloca. Perché mentre gli en-
tusiasmi verniani sembrava-
no onnipresenti, Albert Robi-
da in Francia e Yombo in Ita-
lia, entrambi scrittori-dise-
gnatori, produssero una vasta
opera di parodizzazione in cui
Saturnino Farandola e Capi-
tan Fanfara vennero chiamati
a demolire i miti di Robur il
Conquistatore, di Nemo, di
Hatteras, di Mattia Sandorf.
Oggi, con allusiva sagacia,
Tardi rovescia tutto, comin-
ciando con la scelta di Adèle
Blanc-Sec, che è una gran bel-
la ragazza ma non assomiglia
in alcun modo alla graziosa so-
rella di Michele Strogoff che
accompagna per la steppa
russa il fratello finto cieco.
Con questo suo bel nome da
osteria dei sobborghi, Adèle
Blanc-Sec non sopporta né i bu-
rocrati dei ministeri né quelli
dei sogni, non tollera le gerar-
chie universitarie né quelle po-
stribolari (e neppure la sintesi
di entrambe...). Con il cipiglio
sensuale, libertino e spavaldo
di cui l’ha dotata Tardi, Adèle
Blanc-Sec sembra una redattri-
ce (è infatti giornalista...) della
splendida rivista anarchica
L’Assiette au beurre che usciva
p Jacques Tardi
p LE STRAORDINARIE
AVVENTURE DI
ADÈLE BLANC-SEC. 1
p trad. di G. Zucca
p Rizzoli Lizzard, pp. 198, € 18
UN’ALTRA PARIGI
Un’Eva con Sartre
ed Hemingway
Nella Ville Lumière in formato
graphic novel. Dick Matena,
illustratore olandese, ha
ambientato in Parigi 25/44
(Nottetempo, pp. 120, € 16,
traduzione di Franco Paris) una
storia che ha come protagonisti
Ernest Hemingway e Jean-Paul
Sartre. Come trait d’union Eva,
una ragazza smarritasi lungo la
Senna («E’ appena arrivata dalla
provincia e perde la testa per il
peggiore scellerato di Parigi,
poveraccia»). E’ un enigma, che
oscilla fra il 1925 e il 1944. Nel
1925, la stagione di Festa mobile,
Dick Matena immagina che lo
scrittore americano e il filosofo
della Nausea si incontrino. Nel
1944, durante la Liberazione, il
film noir architettato intorno alla
donna «cattiva» conoscerà
l’epilogo. Dattorno, nelle
stagioni, una varietà di figure
saranno sontuosamente se
stesse, tra un boulevard, una
cave, un atelier, un whisky e un
Pernod: da Francis Scott
Fitzgerald a Gertrude Stein, da
Pablo Picasso a Ezra Pound, da
Salvador Dalí a James Joyce.
ecco il popolo infernale di Ferdi-
nand, orribilmente vero proprio
perché definito da una calcolata
ed espressionistica irrealtà.
Questo capolavoro iconografi-
co di Tardi, mentre ritrova e ride-
finisce lo scienziato verniano
Courtial des Pereires, con il suo
mondo sfatto perché preda di ne-
faste utopie, dice bene da dove
Un’eroina anarchica,
libertina e spavalda
che scaturisce
dagli incubi di Céline,
con un segno nerissimo
scaturisce Adèle Blanc-Sec. Vie-
ne proprio dal «sangue d’Euro-
pa», viene da quella lettera in cui
Pavese, prossimo al suicidio, scri-
veva: «Quando trovo un Yambo
rinverdisco», viene da certe stra-
de di oggi dove si ammazza un ta-
xista perché ha investito un cane.
È molto importante scorgere
nell’opera di un disegnatore il se-
gno funambolico e nerissimo, ma
duttile, maneggevole, eterna-
mente ammiccante con cui si ri-
chiama il passato con filologico ri-
gore, ma si illustra comunque il
presente, perché gli incubi di
Céline sono comunque i nostri. E
poi non c’è nulla di più serio del ri-
so, vero Tardi?
delle monta
no ai nostri giorni, ottimamen-
te fotografati e impaginati, co-
me ci si aspetta da un editore
quale Priuli & Verlucca.
La montagna è dunque vi-
sta, e fatta conoscere, attra-
verso i manifesti, le copertine
di rivista, i giochi di percorso,
le carte da gioco, le scatole, le
figurine, i pieghevoli, le eti-
chette per valigia (ma anche
per cassette di frutta, per bot-
tiglie, per sigari, per cioccola-
to), i segnalibri, i ventagli, i
menu, i calendarietti e i calen-
dari, i decoupage, gli spartiti
musicali, i francobolli, le azio-
ni, le banconote, le carte pre-
pagate fino alle... confezioni di
lamette da barba! Un percor- p ICONOGRAFIE
so affascinante e gustoso, che DELLE MONTAGNE
Carta da collezione
ci porta a scalare/sfogliare
Iconografie delle montagne sen- p a cura di Aldo Audisio
p Priuli & Verlucca, pp. 391, € 45
za fermate intermedie. p E’ il terzo e ultimo volume delle
Qui sopra,
La parte più cospicua, quel- «Raccolte di documentazione «Mohawk» di
la dei manifesti, riguarda la del Museo della nazionale delle anonimo, (Usa),
pubblicità delle stazioni sciisti- montagne» di Torino: una stren- etichetta per
che, degli sport invernali, dei na con 867 immagini celebri o cassetta di
percorsi ferroviari, dei liquori, rare, pezzi «da museo» o da ban- frutta, 1903;
dell'abbigliamento, delle escur- carelle dei mercatini che cattu- a destra
ra la curiosità sia degli amanti
sioni, delle autovetture (trovia- copertina
mo anche il manifesto di Ma- delle vette che dei bibliofili. della rivista
p Il libro, sarà presentato al Mu-
rio Sironi per la Fiat 1900), del- seo torinese (Monte dei Cap-
«La vie
le Olimpiadi, delle opere tea- puccini), l’11 novembre, h.18,30 parisienne»
trali, della moda. Chi invece da Bruno Gambarotta ed Ales- di Georges
cercasse in questi manifesti la- sandro Giorgetta, direttore edi- Léonnec,
vori grafico-pittorici di genio, toriale del Cai. Francia, 1935
ne rimarrebbe un poco deluso.

MOSTRA E FILM CON ZOMBI, VAMPIRI, FANTASMI
A tutto horror
= Zombi, vampiri, mummie, fantasmi... Una passeggiata
tra I diversamente vivi, la mostra visitabile al Museo
nazionale del Cinema di Torino fino al 9 gennaio. Una «fatale
attrazione» che riecheggia nel catalogo, a cura di Giulia
Carluccio e Peppino Ortoleva per Il Castoro (pp. 229, € 29):
dagli esperimenti di Méliès alla saga di Twilight, da Il cielo può
attendere a Dracula principe delle tenebre». Per Le Mani,
escono un’ edizione aggiornata del dizionario Horror in
cento film di Renato Venturelli (pp. 194, € 18) e Halloween
di Massimo Causo e Davide Di Giorgio (pp. 152, € 14), la saga
di Michaels Myers in dieci film, da Carpenter a Rob Zombie.
Il manifesto di Gino Boccasile per Sestrieres, 1940
sti, copertine di rivista,
arietti, menù, francobolli
o
agne
E non parliamo dei lavori di Lud-
wig Hohlwein (come Auf deut-
schen Strassen), di quelli di
Franz Lenhart (come Estate nel-
le Dolomiti) o di Boccasile (an-
che se non è mai riuscito a supe-
rare il manifesto di Sestrieres), e
nemmeno di quelli di Franco Ba-
lan (come Pista di bob), o di alcu-
ni autori tedeschi e svizzeri po-
co conosciuti in Italia (ottimo
Bern di Adolphe Tièche), ma dei
tanti manufatti popolari, anoni-
mi e non, che non avevano altro
compito se non quello di infor-
mare suggestionando, centran-
do così il bersaglio.
La forza e l'interesse del volu-
me sono costituiti invece dalle
centinaia di opere di collezioni-
smo così detto minore: dai gio-
chi da tavolo di fine Ottocento -
interessanti, rari e completi di
tutti i pezzi, tra cui i giochi di
percorso dedicati al Polo Nord,
dove la bellezza figurativa delle
litografie a colori affascina tutt'
ora -, ai pieghevoli (tra cui il bel-
lissimo «Torre Pellice e la sua
valle» di Paolo Paschetto); a
quelli delle etichette per casset-
UNA GUIDA AL CINEMA DELL’INDIA
Nel regno di Bollywood
= Ho assistito una volta a Kano, nel cuore della
Nigeria, alla proiezione all’aperto di un film indiano. La
colonna sonora era in originale hindi, ma il pubblico, pur
senza capire una parola, letteralmente gridava per
l’entusiasmo partecipatorio. Perché? «Bollywood», come
viene familiarmente chiamato il cinema indiano, incrocio
tra Hollywood e Bombay (ora Mumbai), il suo massimo
centro di produzione, è davvero irresistibile, nel segno di
«Identità, Amore e Fantasia», come Alessandro Monti, il
nostro più autorevole e raffinato studioso della cultura
indiana, intitola appropriatamente la sua introduzione al
Un manifesto
del 1935 per la
pubblicità dello
sci alpinismo in
Valle d’Aosta.
Di autore
anonimo, come
numerosi altri
raccolti in
«Iconografie
delle montagne»
a testimonianza
di una
«produzione
minore» che
rispecchia gusti,
stili e costumi,
tra pubblicità e
tempo libero
te di frutta, soprattutto di prove-
nienza statunitense, in cui, a sor-
presa, fanno la loro comparsa
anche i Pellerossa.
Interessanti per la linea Li-
berty i menu, nonché i calenda-
rietti dalla grafica déco (i giochi
si possono acquistare da anti-
quari specializzati come «Al pic-
colo mondo antico» di Torino;
pieghevoli, calendarietti e menu
si possono trovare anche nei
mercatini antiquari).
A far uscire dal ghetto questi
fragili e piccoli fogli - come ricor-
da Enrico Sturani nella sua in-
troduzione agli «Ephemera» - ci
aveva già pensato Edmond de
Goncourt, nei due volumi de La
Svetta il collezionismo
«minore», manufatti
popolari, spesso anonimi:
tra percorsi al Polo Nord
ed etichette «Pellerossa»
maison d'un artiste pubblicati
nel 1881: «La memoria delle cose
in cui è trascorsa la vita di una
persona, non comprende solo
quadri e mobilio, libri e stampe,
ma anche biglietti e avvisi, fattu-
re e partecipazioni, fragili e de-
peribili monumenti della vita
privata, pezzi di carta sfuggiti
per puro caso alla morte delle
briciole della vita quotidiana,
che la mano degli uomini appal-
lottola e getta senza farvi caso;
questi nonnulla, toccati e passa-
ti di mano in mano tra mani d'un
tempo, recano l'impronta unta
di un'umanità sparita; essi par-
lano più forte che i documenti
della fredda e grande storia».
Iconografie delle montagne è,
appunto, un monumento a que-
sti piccoli pezzetti di vita vissuta
e collezionata.
FRANCESCO
TROIANO
«Vedo dunque scim-
mie, cacatoa, vedo tribadi as-
sire, visigote, dame della Pa-
puasia, della corte della regi-
na Taitù, come solo si posso-
no vedere in un film di Cinecit-
tà». Eh sì, sembra quasi im-
possibile, oggi, ma c’è stato
un tempo - a descriverlo, nella
fattispecie, è la penna aguzza
di Sandro De Feo ne Gli ingan-
ni - in cui negli studi autarchi-
ci accadevano cose simili, e
non solo: si ballava anche il
«Mambo», Chet Baker suona-
va in Urlatori alla sbarra di Lu-
cio Fulci e Louis Armstrong,
di contro, si esibiva con la pro-
pria orchestra in Botta e rispo-
sta di Mario Soldati.
E’ quanto viene raccontato
in Hollywood sul Tevere, primo
studio incentrato su di un peri-
odo unico per la Settima Arte
indigena, che condivide il tito-
lo col libro di memorie d’un
duo di agenti cinematografici,
Hank Kaufman e Gene Lerner
(Sperling & Kupfer, 1982).
Dive e divi nelle foto
dell’Istituto Luce,
un’epopea irripetibile,
una mutazione sociale
che solo Pasolini divinò
Curato da Stefano Della
Casa e Dario Viganò, il volu-
me illustra il modo in cui la cit-
tà eterna diventò, nel dopo-
guerra, un luogo leggendario
per il cinema, con un’ampia
rappresentanza hollywoodia-
na in trasferta tra via Veneto
ed i teatri di posa nostrani. Ar-
ricchito dal suggestivo mate-
riale fotografico dell’Istituto
Luce, il lavoro è costituito da
svariati saggi che approfondi-
scono il versante sociologico e
normativo del tema, senza tra-
scurare l’aspetto del glamour
(di particolare interesse è l’in-
tervento di Alberto Crespi sui
GIANNI
RONDOLINO
Esiste un cinema
«proustiano»? si chiede Gian-
ni Olla nella seconda parte del
suo libro dedicato ai rapporti
fra Proust e il cinema, o me-
glio alle relazioni del cinema
con l'opera del grande scritto-
re francese. La risposta è posi-
tiva, almeno in parte, nel sen-
so che alcuni autori e alcuni
film si possono considerare
debitori di quello stile e di
quel modo - che resero famo-
so Proust - di vedere e di de-
scrivere la realtà.
Basti pensare al rapporto
tra l'io pensante e ciò che ci
circonda, tra il passato e il
presente, tra i ricordi e i so-
gni. Che è un modo, a dire il
vero, ben poco «cinematogra-
fico» nel senso che il cinema,
per sua natura, tende a mo-
ricco volume Chalta hui: così va il mondo. Bollywood
specchio dell’India (Edizioni dell’Orso, pp. 341, € 30).
Con la collaborazione di Irma Piovano e Aelfric Bianchi,
Monti ha raccontato concise ma intense presentazioni
di film indiani di mezzo secolo, partendo dal 1929.
Anche se, per ovvie ragioni, il lettore non potrà godere,
come il pubblico di tutti i continenti, ritmi, musica
scatenata, danze, storie insieme realistiche e
fantastiche, peculiari di Bollywood, si farà un’idea di
quello che davvero è un singolare universo. Centinaia di
film escono ogni anno dagli studi di Bollywood, e qui
potete farne la conoscenza, con la tentazione di
mettervi davanti a uno schermo.
Claudio Gorlier
Cinecittà Il mitico dopoguerra:
Hollywood in trasferta nella Capitale
Quando Roma
s’inchinava
a Liz-Cleopatra
Richard Burton e Liz Taylor nel film «Cleopatra»
registi più significativi): poi,
una schidionata d’interviste ri-
lasciate da testimoni eccellenti,
da Giuseppe Rotunno ad Elsa
Martinelli, da Lando Buzzanca
a Franco Interlenghi.
Figliata da un mero dato
economico (gli americani si re-
sero conto che, all’epoca, realiz-
zare film qui da noi era un buon
affare, date le condizioni econo-
miche più convenienti), la Hol-
lywood sul Tevere è, oggi, para-
p HOLLYWOOD SUL TEVERE
p a cura di S. Della Casa e D.E. Viganò digmatica d’un innamoramen-
p Mondadori Electa, pp. 176, € 35 to dell’Italia per gli States che
p Claudio Manari includeva pure la musica e l’ar-
p ELISABETH TAYLOR
p Gremese, pp. 175, € 27
te (si pensi a Celentano o a
Mimmo Rotella).
Recherche Ha ispirato direttamente
pochi film, pur segnando vari registi
Senza schermo
i sogni di Proust
strare i fatti, non a immaginar-
li, a riprodurre la realtà, non a
introiettarla. Ed è per questo
che Proust non amava il cine-
ma, tanto che, in una pagina del
Tempo ritrovato, scrisse: «C'era
chi pretendeva che il romanzo
fosse una sorta di sfilata cine-
matografica delle cose. Questa
concezione era assurda. Niente
si allontana da ciò che abbiamo
percepito nella realtà più d'una
p Gianni Olla tale visione cinematografica».
p ALLA RICERCA E l'analisi che Olla fa dei
DEL CINEMA PROUSTIANO pochi film tratti dai romanzi
p Bulzoni, pp. 310, € 25 di Proust, Un amore di Swann
Tuttolibri
SABATO 6 NOVEMBRE 2010
LA STAMPA VII
Dalla copertina di «Bollywood»
I volti sorridenti di Audrey
Hepburn ed Abbe Lane, gli
amori di Ava Gardner e le
smargiassate di Orson Welles,
i cinegiornali d’epoca e le pagi-
ne dei rotocalchi, sono figure,
capitoli di un’epopea irripetibi-
le che accompagnò, pure, i
cambiamenti di un’intera so-
cietà da agricola ad industria-
le, da campagnola ad urbana,
percorrendo un iter di muta-
zione antropologica che il solo
Pasolini fu, forse, in grado di
divinare con esattezza.
Protagonista di uno tra gli
eventi clou di quella stagione,
la lavorazione del kolossal di
Joseph L. Mankiewicz Cleopa-
tra (1963), fu Elizabeth Taylor:
giusto a lei è dedicata l’esausti-
va biografia firmata da Clau-
dio Manari. Segnata dalla tra-
volgente passione esplosa tra
la diva e Richard Burton (i due,
dopo avere infine divorziato
dai rispettivi coniugi, si spose-
ranno il 15 marzo 1964), la sta-
gione romana della Taylor di-
viene da subito celeberrima se-
gnando - tra bizze e liti, tra
Una biografia
della Taylor, la passione
travolgente per Burton
sul set del kolossal
di Mankiewicz
pause e rinvii - riprese tra le
più travagliate e costose nella
storia del cinema.
C’è, ovviamente, nello scor-
rer delle pagine, spazio pure
per altri momenti nella carriera
della star dagli occhi violacei,
dagli esordi di «Torna a casa
Lassie» (1943) sino alle prove
d’una straordinaria maturità
(Chi ha paura di Virginia Wo-
olf?, 1966; Riflessi in un occhio
d’oro, 1967; L’unico gioco in città,
1970). Ma è certo che, risultati a
parte, è quell’incandescente
passaggio nel tragitto artistico
ed umano della Taylor che l’ha
consegnata, e da subito, al mito.
di Schlöndorff, Il tempo ritro-
vato di Ruiz, La prigioniera
della Akerman - analisi già fat-
ta con grande rigore da Anna
Masecchia nel libro Al cinema
con Proust (recensito su que-
ste pagine nel 2009) -, confer-
ma il sostanziale giudizio ne-
gativo, o almeno parzialmen-
te negativo, che fu espresso al-
lora dalla critica.
Più interessante è quindi la
seconda parte del libro, laddo-
ve si cerca di individuare quegli
elementi stilistici e formali, ma
anche di contenuto, che potreb-
bero dare origine a un cinema
«proustiano» (anch'esso già in-
dividuato, almeno in parte, dal-
la Masecchia). E allora ecco i
capitoli su certi film di Berg-
man, di Fellini, di Visconti, di
Truffaut, soprattutto sull'ope-
ra complessiva di Alain Re-
snais, e su qualche altro. Capito-
li che ci introducono in un'anali-
si critica alquanto stimolante:
in una chiave interpretativa
per molti versi inedita, illumi-
nante e suggestiva.
 SABATO 6 NOVEMBRE 2010 LA STAMPA VIII

C’È UN LUOGO DOVE L’UOMO RINASCE OGNI GIORNO.

Nato a Milano, nato a San Paolo.

Rinati all’OSF.
Da 50 anni
Opera San Francesco per i Poveri è un
punto di riferimento per chi vive nella
povertà e nel bisogno. Un luogo dove
ogni giorno l’ascolto e la solidarietà di
chi dona si incontrano con la gratitudine
di chi riceve. È proprio da questo incontro,
Giorgio medico chirurgo, da questa esperienza che accomuna
volontario di OSF. gli ospiti, i nostri volontari e i tanti
Carlos ospite di OSF. benefattori che scaturisce il miracolo
di una quotidiana rinascita. Da 50 anni.

Opera San Francesco

per i Poveri
UNA STORIA DI ACCOGLIENZA.

Per conoscerci meglio consulta il nostro sito

www.operasanfrancesco.it
Ringraziamo:

Viale Piave, 2 - Milano - Tel. 02 77 122 400

 Personaggi e idee
PAOLA
DÈCINA LOMBARDI
Nell'«insieme dell'
opera» che ad Albert Camus
valse il Nobel a soli quaran-
taquattro anni, un ruolo non
trascurabile lo ebbe l'espe-
rienza di giornalista. Iniziata
più per necessità che per vo-
cazione, diventò un impegno
morale, vissuto con passione
e con l'urgenza che i tempi ri-
chiedevano. Come un vero
artista che - disse nel suo Di-
scorso di Stoccolma - deve
sforzarsi di comprendere e
non di giudicare, dimostrò in-
fatti, soprattutto nei testi
pubblicati su Combat tra il
1944 e il 1947, di esporre i fat-
ti in modo dialettico anziché
da punti di vista ideologici. E
proponendone alcuni in Ac-
tuelles I, nel 1950, li presentò
«Questa lotta
vi riguarda»: un’epoca
di paura e violenza,
elogiando la grande
«forza degli oppressi»
come «una testimonianza di
dubbi e certezze», un'espe-
rienza conclusa con la perdi-
ta di alcune illusioni ma la
consapevolezza che «per
quanto la lotta fosse difficile,
le ragioni per lottare restava-
no chiare».
Introdotti e annotati scru-
polosamente da Jacqueline
Lévi-Valensi, quei testi ven-
gono ora proposti integral-
mente anche in Italia col tito-
lo Questa lotta vi riguarda.
Reso più denso dall’accurata
ricostruzione del clima politi-
co e intellettuale di quegli an-
ni e dalla cronologia degli
eventi, questo volume di
grande interesse storico ci
cattura emotivamente.
Nel restituirci la dramma-
tica quotidianità di un'epoca
di paura e violenza che in
Francia si acuì tra la fine dell'
MARIARITA
MASCI
L'uomo che amava la
Cina di Simon Winchester,
giornalista e scrittore inglese
trapiantato a New York, rico-
struisce la vita di Joseph Nee-
dham e la genesi della monu-
mentale opera di cui fu idea-
tore, curatore e autore, Scien-
za e civiltà in Cina, rendendo-
le appassionanti come un li-
bro di avventure.
Joseph Needham era un
brillante biochimico di Cam-
bridge, membro della Royal
Society e della British Aca-
demy e, come si conviene a
molti accademici anglosasso-
ni, un personaggio decisa-
mente eccentrico oltre che di
grande vitalità: devoto cri-
stiano, socialista con simpa-
tie comuniste, nudista, donna-
iolo ed entusiasta esecutore
di danze moresche. La Cina
irrompe nella sua vita nel
1937, quando incontra una
biochimica cinese di Nanchi-
no, Li Guizhen, arrivata a
Cambridge per specializzar-
si. La travolgente storia
d'amore che nasce fra i due -
serenamente tollerata dalla
moglie Dorothy - diventa an-
che un sodalizio culturale che
durerà tutta la vita.
Needham comincia a stu-
diare il cinese seguendo un
metodo tutto personale, si de-
dica alla calligrafia, milita a
Londra contro l'invasione
Camus La testimonianza di un resistente
tra il ’44 e il ’47, dalla speranza alla disillusione
Il mio Combat
verso la libertà
Occupazione e la drôle de guer-
re, ci immerge nel percorso di
libertà dell'autore de Lo stra-
niero e de La peste, «per quat-
tro anni immerso nella vita
pubblica del suo Paese». Ed è
qui, nel passaggio dalla spe-
ranza nella rivoluzione intesa
come rinnovamento del socia-
lismo alla disillusione per la po-
litica dei blocchi e lo stalini-
smo comunque, che si colgono
p Albert Camus i segni del Camus più autenti-
p QUESTA LOTTA VI RIGUARDA co, il cui inquieto umanesimo
Corrispondenze approderà nell'Homme révolté
per Combat 1944-1947 alla critica degli eccessi dello
p a cura di J. Lévi-Valensi
p trad. di Sergio Arecco
spirito rivoluzionario in nome
p Bompiani, pp. 618, € 19,50 della necessità dei limiti.
Su Combat, organo di un
gruppo di resistenza e ancora
Needham Una favolosa avventura
da Cambridge alla scoperta di Pechino
Il Sir che fece
luce sul sapere
della Cina
giapponese e si appassiona all' innesto sui susini, elabora il me-
idea di far emergere il contri- todo di indagine che applicherà
buto della Cina alla scienza a tutto quello che vedrà: il siste-
mondiale. Il neofita diventa po- ma usato dal vecchio giardinie-
co a poco esperto, tanto che re è diverso da quello occiden-
quando il governo britannico tale, forse i cinesi avevano co-
decide di aprire una missione a
Chongqing per aiutare il mon- Winchester racconta
do accademico cinese in diffi-
coltà, ne affida la direzione a l’uomo e lo studioso:
Needham. la sua opera cambiò
Il resoconto che Winche-
ster fa degli anni della missio- la percezione
ne, iniziata nel 1943, è la parte dell’Occidente
più felice del libro. Needham è
totalmente a suo agio nel suo minciato a innestare le piante
status diplomatico, viaggia per molto prima degli europei, po-
la Cina come un «derviscio» teva accertarsene consultando
per aiutare i colleghi scienziati, antichi testi di botanica che
incontra personaggi formidabi- ora era in grado di leggere e
li, come Zhou Enlai, di cui re- confrontarli con le storie dell'
sterà sempre amico, e Rewi Al- arbicoltura pubblicate in ingle-
ley, il neozelandese «rosso», e se. Tutto diventa fonte di sco-
si elettrizza per le scoperte che perta. Quando va a farsi fare
compie ogni giorno. Mentre os- una tunica da un sarto, resta af-
serva un vecchio giardiniere di fascinato dall'arcano sistema
Kunming che sta eseguendo un di misura utilizzato e da uno
Albert Camus
e Jean Paul
Sartre
nella redazione
di «Combat»:
il volume
Bompiani
raccoglie
gli articoli
pubblicati fra
il 1944
e il 1947 con cui
il futuro autore
de «Lo
straniero»
e «La peste»,
allora
trentenne,
esortava i
francesi ad
agire nella
Resistenza,
perché
«Questa lotta
vi riguarda»
clandestino, Camus trenten-
ne, già noto per Il mito di Sisifo,
comincia a scrivere nel marzo
1944 e dopo la liberazione di
Parigi, a fine agosto, articoli
ed editoriali firmati C. si susse-
guono fino al 1945. Per la Fran-
cia è cominciata la guerra.
Mentre la campagna sulle Ar-
denne si fa durissima, lui invi-
ta alla «resistenza totale» e al-
la battaglia «con la grande for-
za degli oppressi che è la soli-
darietà nella sofferenza». Inci-
ta al coraggio contro «i rami
marci della milizia assassina, i
macellai della Gestapo, la fran-
gia dei francesi vili e tradito-
ri». «Per non dimenticare»,
racconta torture e uccisioni in
p Simon Winchester
p L’UOMO CHE AMAVA LA CINA
p trad. di Adriana Bottini
p Adelphi, pp. 232, € 22
p Il principe dei sinologi in una av-
venturosa biografia con immagini
strumento meraviglioso per la
sua semplicità: l'abaco, che sco-
prirà essere più antico di qua-
lunque macchina di calcolo co-
struita in Occidente.
Prende allora consistenza
l'idea di un libro che portasse
alla luce il sapere scientifico e
le scoperte fatte in Cina - al rit-
mo impressionante di quindici
nuove idee per ogni secolo -,
che i cinesi stessi ignoravano,
per non parlare degli occiden-
tali. Qualche anno dopo, al mo-
mento di stendere il piano dell'
opera, aveva raccolto una ster-
minata mole di materiali e di
appunti (spesso scritti sui me-
nu dei ristoranti) e credeva di
poter limitare tutto ad un volu-
me, ma la materia prese il so-
pravvento arrivando a conta-
re, oggi, otto volumi per un to-
tale di ventiquattro tomi. Un'
opera che ha senza dubbio
cambiato nel mondo la perce-
zione del sapere cinese, da an-
modo crudo, vibrante ma sen-
za retorica. Occorre agire:
questa la sua esortazione ai
francesi.
Sul linguaggio della verità
contro il «vuoto dell'enfasi re-
torica o della futile volgarità»,
Camus insiste. Politica e gior-
nalismo vanno rinnovati, deb-
bono tener conto della morale
e di «un'informazione critica».
Anche la Chiesa dovrebbe
cambiare. Rallegrandosi della
tardiva denuncia dei totalitari-
smi da parte di Pio XII, nel Na-
tale 1944, coglie nel suo deside-
rio di un regime moderato la
tolleranza verso «le condizioni
d'ineguaglianza e la perpetua-
zione dello stato d'ingiusti-
zia». La pace, il futuro dell'Eu-
Un inquieto umanesimo
contro l'assoluto
della rivoluzione
e il politicizzato
engagement di Sartre
ropa, l'Algeria per la quale
chiede un nuovo statuto, lo
preoccupano. Dopo Hiroshi-
ma e Nagasaki, ad agosto
1945, scrive: «La civiltà delle
macchine ha raggiunto il mas-
simo della ferocia. Occorrerà
scegliere tra il suicidio colletti-
vo o l'uso intelligente delle con-
quiste scientifiche». E appas-
sionato è il dialogo serrato con
Mauriac che si accende a pro-
posito dell'epurazione. Pur
ostile alla pena di morte, Ca-
mus chiede una giustizia rapi-
da ed efficace, ma firma per la
grazia a Brasillach. Poi un lun-
go silenzio, e dopo i testi stra-
ordinari di Né vittime né carne-
fici a novembre 1946, il com-
miato a maggio 1947.
Bersaglio di critiche e que-
relles per il suo umanesimo tac-
ciato o di astrattismo o di ritor-
no all'ordine, contro l'assoluto
della rivoluzione e il politiciz-
zato engagement sartriano, Ca-
mus avrebbe indirizzato la sua
rivolta a una saggia «accetta-
zione dell'assurdo, orientando-
si verso «un'arte di vivere» co-
me «salvezza dell'esprit nel
mondo moderno...».
Joseph Needham (1900-1995)
noverarsi tra le grandi impre-
se intellettuali di tutti i tempi,
e che ha posto anche un inter-
rogativo, tuttora irrisolto, di-
ventato il «problema Nee-
dham»: come mai a metà del
XV secolo ogni progresso
scientifico si arrestò, mentre
fu l'Europa ad assumere il ruo-
lo di guida nell'avanzamento
della civiltà mondiale?
In una delle più belle recen-
sioni uscite su Scienza e civiltà
in Cina, George Steiner osser-
vò che Needham stava «ricre-
ando e ricomponendo l'antica
Cina» e paragonò l'opera alla
Recherche proustiana, perché
entrambi, Proust e Needham,
«hanno fatto del ricordare un
atto di giustizia morale e di ar-
te eccelsa». E' dunque molto
appropriato l'aforisma cinese
che si trovava sopra il camino
della vecchia stanza di Nee-
dham a Cambridge: «L'uomo
passa, la sua ombra rimane».
Tuttolibri
SABATO6 NOVEMBRE 2010
LA STAMPA IX
Processate
Brodskij,
è un poeta
parassita
MASSIMO ONOFRI
p Segue da pag. I
carattere irriducibilmente an-
tipedagogico, è il peggiore dei
crimini, per il poeta è il supre-
mo dei beni: ma tale resta.
C’è, però, un secondo livello
di scontro tra Brodskij e il Po-
tere sovietico, che non ha a
che fare con la dialettica, più
o meno infelice, tra individuo
e società. Si tratta d’un livello
tutto linguistico, che sta mol-
to a cuore, nella decifrazione
del dossier, a uno dei nostri
due interlocutori, quello che
ha letto meglio Foucault e la
sua Microfisica del potere, e al-
la «semantica» del Potere at-
tentissimo, convinto com’è,
almeno all’inizio, che la poe-
sia è forse l’unica attività ca-
pace di «disvelare le contrad-
dizioni propriamente lingui-
stiche del potere», il quale Po-
tere «reagisce nel solo modo
che conosce: sopprimendo la
voce che disvela». Un’attività
in qualche modo disumana,
se è vero che «nella poesia si
manifesta molto di più del sin-
golo uomo che la produce,
che non è solo il soggetto, ma
lo strumento».
In questa prospettiva, sa-
crale e ieratica (e che appun-
to incrocia l’Heidegger di Es-
sere e tempo,ma più ancora di
Sentieri interrotti, ma anche
Lacan), il Potere, rispetto alla
Poesia, è «sempre mancanza
di linguaggio», o difesa cieca
dei suoi codici brutali e sem-
plificanti, luogo della menzo-
gna e della mistificazione per
eccellenza. Brodskij, che pu-
re abbiamo visto nella difesa
del carattere privatissimo
della poesia, e della sua utilità
sociale proprio perché supre-
mamente inutile, qualche vol-
ta sembra invece accondi-
scendere a questo ruolo, di-
ciamo così, di separatezza pri-
vilegiata, di sacerdozio laico
della verità, come quando ri-
sponde al giudice che si diven-
ta poeti per «un dono di Dio».
A questo punto una do-
manda s’impone: che partita
giuoca Brodskij durante il
processo? Qual è la sua stra-
tegia difensiva? Il suo è un sa-
crificio involontario o la deli-
berata scelta della condanna
e del martirio? Si tratta di un
disperato tentativo d’integra-
zione o d’un atto d’eroismo,
quello di chi accetta consape-
volmente i lavori forzati? La
sua è la posizione di un novel-
lo Candide che, inconsapevol-
mente, e con la sua mera e nu-
da esistenza, smaschera il Po-
tere, o è il consapevole artefi-
ce di chi sta costruendo, sfi-
dando il Potere, il mito di se
stesso? Bruscamente sempli-
ficando: Brodskij c’è o ci fa?
Credo che, in tal senso, il
testo, così come allestito dai
due curatori traduttori e au-
tori, resti aperto e volutamen-
te ambiguo. Consegnato, per
altro, a un eclatante non det-
to, che riguarda proprio noi
occidentali e il nostro rappor-
to con la Poesia. Se questa è
la vita del poeta, fedele solo al-
la poesia, nella società sovieti-
ca degli anni ’60, quale sarà
invece il suo destino nella so-
cietà democratica capitalisti-
ca, se è vero che oggi si trova
a sperimentare, in rapporto
al mercato, tutta la sua inutili-
tà e gratuità, quelle che, ieri,
pativa nelle democrazie popo-
lari, nei confronti dello Stato
comunista?
 Classifica Tuttolibri
SABATO 6 NOVEMBRE 2010
X LA STAMPA

A
ngelica sorride ancor di più: non solo Camilleri &
AI PUNTI Montalbano conservano il primato ma il valore in
LUCIANO GENTA copie vendute dei loro 100 punti sale oltre quota 25
mila. Per ora è sventato l’attacco di Eco, già vivisezionato
da storici, semiologi, giornalisti, non ancora dai critici to-
Angelica gati della narrativa: il falsario Simonini -, con il suo mean-
dro di storie «che hanno il pregio di sviare più che mai la
mente del lettore dal fatto principale», come annunciato in
resiste epigrafe - si slancia poco sopra le 14 mila (ma è qui in classi-
fica per soli due giorni) . Lo rincorrono l’adolescente Loren-
d’un soffio le 10 mila: incipit proustiano («La sera del di-
ciotto febbraio duemila sono andato a letto presto...») per
un giovin lettore di Stephen King, che prelude a un sotto-
suolo di morte e resurrezione. Al quinto posto entra la me-
tafisica indagine di Veronesi nel gorgo del Bene e del Male,
il romanzo d’autunno forse di più aspro impatto emoziona-
le e solida struttura. Segue un Piccolo minimalista, con ri-
tagli di «trascurabile felicità», tra aforisma e bloc notes,
autoritratto e digressioni. Dunque sono ben 5 i nuovi in-
gressi della settimana tra i primi 10, in una classifica più
e il rosa/rosso dell’amore. Alla porta della nostra narrati-
va bussa il Piperno di Persecuzione (ora 12˚, fuori tabella)
e già suona il trombone per il thriller di Faletti, uscito giove-
dì; in quella straniera salgono Mankell, con l’ispettore Wal-
lander al capolinea, un Marai profugo sotto il Vesuvio e i
raccontini di Sepúlveda (mentre è 13˚ Le Carré). In saggi-
stica la novità è Severgnini, diagnosi dei 10 perché gli ita-
liani hanno in maggioranza finora «appoggiato e/o sop-
portato» indovinate chi: una radiografia nella «pancia»
del Paese. E pure nel ventre molle e sempre più basso. Fin-

a Simonini zo con la sorellastra Olivia, a modo loro due solitari «nume-

ri primi», protagonisti di Io e te di Ammaniti, che supera
che mai italiana - a parte Follett - e tricolore: non quelli del-
la bandiera ma dei «generi», mescolandosi il giallo, il nero,
ché, con l’ultimo disintossicante Bartezzaghi mondadoria-
no, non si leverà un liberatorio, corale: Non se ne può più.

I PRIMI DIECI INDAGINE NIELSEN BOOKSCAN

100 54 40 30 29
1 2 3 4 5
Il sorriso Il cimitero Io e te Le ricette XY
di Angelica di Praga di casa Clerici

CAMILLERI ECO AMMANITI CLERICI VERONESI

SELLERIO BOMPIANI EINAUDI RIZZOLI FANDANGO

27 26 17 17
6 7 8 25
9 10
Momenti di La La caduta LEIELUI La solitudine
trasacurabile manomissione dei giganti dei
felicità delle parole numeri primi
PICCOLO CAROFIGLIO FOLLETT DE CARLO GIORDANO
EINAUDI RIZZOLI MONDADORI BOMPIANI MONDADORI

Narrativa Narrativa Saggistica Varia Tascabili Ragazzi

italiana straniera
1. Il sorriso di Angelica 100 1. La caduta dei giganti 25 1. La manomissione delle parole 26 1. Le ricette di Casa Clerici 30 1. La solitudine dei numeri primi 17 1. Il mio primo dizionario. Nuovo MIOT 6
CAMILLERI FOLLETT CAROFIGLIO CLERICI GIORDANO -
14,00 SELLERIO 25,00 MONDADORI 13,00 RIZZOLI 15,90 RIZZOLI 13,00 MONDADORI 9,90 GIUNTI JUNIOR

2. Il cimitero di Praga 54 2. L’uomo inquieto 15 2. Trent’anni e una chiacchierata... 14 2. Cotto e mangiato 16 2. È una vita che ti aspetto 7 2. Sesto viaggio nel regno... 5
ECO MANKELL FERRO PARODI VOLO STILTON
19,50 BOMPIANI 19,00 MARSILIO 16,00 KOWALSKI 14,90 VALLARDI 9,00 MONDADORI 23,50 PIEMME

3. Io e te 40 3. Mangia prega ama 9 3. I vinti non dimenticano 14 3. L’oroscopo 2011 11 3. Il piccolo principe 7 3. Addio, Fairy Oak 5
AMMANITI GILBERT PANSA FOX SAINT-EXUPERY GNONE
10,00 EINAUDI 18,50 RIZZOLI 19,50 RIZZOLI 10,00 CAIRO 7,50 BOMPIANI 15,90 DE AGOSTINI

4. XY 29 4. La figlia sbagliata 8 4. La pancia degli italiani 13 4. Instant English 6 4. Il giorno in più 6 4. Caccia al libro d’oro 3
VERONESI DEAVER SEVERGNINI SLOAN VOLO STILTON
19,50 FANDANGO 18,50 RIZZOLI 16,00 RIZZOLI 16,90 GRIBAUDO 12,00 MONDADORI 14,50 PIEMME

5. Momenti di trascurabile... 27 5. Le valchirie 8 5. Leopardi 13 5. The secret 5 5. Un posto nel mondo 5 5. Le guerre del mondo emerso 3
PICCOLO COELHO CITATI BYRNE VOLO TROISI
12,50 EINAUDI 18,00 BOMPIANI 22,00 MONDADORI 18,60 MACRO EDIZIONI 12,00 MONDADORI 22,00 MONDADORI

6. Leielui 17 6. Il malinteso 6 6. Terroni 11 6. È facile smettere di fumare... 4 6. L’ombra del vento 6 6. La storia de I promessi sposi 3
DE CARLO NEMIROVSKY APRILE CARR RUIZ ZAFÓN ECO
18,50 BOMPIANI 12,00 ADELPHI 17,50 PIEMME 10,00 EWI 13,00 MONDADORI 12,90 L’ESPRESSO

7. La fine del mondo storto 12 7. Un viaggio chiamato vita 6 7. Occidente estremo 11 7. Vini d’Italia 2011 4 7. Esco a fare due passi 4 7. Il mio primo dizionario. Nuovo MIOT 3
CORONA YOSHIMOTO RAMPINI - VOLO -
18,00 MONDADORI 13,00 FELTRINELLI 18,00 MONDADORI 30,00 GAMBERO ROSSO 9,00 MONDADORI 12,50 GIUNTI JUNIOR

8. Accabadora 11 8. Il sangue di San Gennaro 6 8. Il sangue del Sud 8 8. Ma come ti vesti? 5 8. I pilastri della terra 4 8. Il diario segreto di Antonella 2
MURGIA MÁRAI GUERRI GOZZI; MICCIO FOLLETT -
18,00 EINAUDI 19,00 ADELPHI 20,00 MONDADORI 17,50 RIZZOLI 14,00 MONDADORI 16,50 SPERLING & KUPFER

9. Canale Mussolini 10 9. La psichiatra 6 9. I segreti del Vaticano 7 9. La paura è una sega mentale 3 9. Maigret a Vichy 4 9. Il piccolo principe (pop up) 2
PENNACCHI DORN AUGIAS GIACOBBE SIMENON SAINT-EXUPERY
20,00 MONDADORI 18,60 CORBACCIO 19,50 MONDADORI 16,00 MONDADORI 9,00 ADELPHI 30,00 BOMPIANI

10. Le luci nelle case degli altri 9 10. Ritratto di gruppo con assenza 5 10. L’albero dei mille anni 7 10. Osterie d’Italia 2011 3 10. Marina 4 10. Il principe di Atlantide 2
GAMBERALE SEPÚLVEDA CALABRESE - RUIZ ZAFÓN STILTON
20,00 MONDADORI 16,00 GUANDA 17,50 RIZZOLI 20,00 SLOW FOOD 13,00 MONDADORI 23,50 PIEMME

LA CLASSIFICA DI TUTTOLIBRI È REALIZZATA DALLA SOCIETÀ NIELSEN BOOKSCAN, ANALIZZANDO I DATI DELLE COPIE VENDUTE OGNI SETTIMANA, RACCOLTI IN UN CAMPIONE DI 900 LIBRERIE.
SI ASSEGNANO I 100 PUNTI AL TITOLO PIÙ VENDUTO TRA LE NOVITÀ. TUTTI GLI ALTRI SONO CALCOLATI IN PROPORZIONE. LA RILEVAZIONE SI RIFERISCE AI GIORNI DAL 24 AL 30 OTTOBRE.

D C
isagio, conflittualità,
sofferenza. E’ abba-
stanza recente un impe-
gno diffuso, dell’editoria italia-
na, nei confronti di situazioni
mondiali sempre più devastan-
ti. Sulla spinta della massa di
informazioni che arrivano dai
media, ma, soprattutto, per la
presenza attorno a noi di testi-
moni diretti di tante esperien-
ze. Non sorprende perciò l’arri-
vo di nuove sigle ad hoc.
La più recente si chiama At-
mospherelibri. Nasce dalla
«necessità di focalizzare l’at-
tenzione su scrittori, al momen-
to solo stranieri, che puntano
su questi grandi temi». L’ini-
ziativa è del medico romano
Mauro Di Leo anche scrittore
(il suo pamphlet Malati di far-
maci, uscito nel 2007 è ora ri-
stampato) che si avvale del-
l’agenzia editoriale «Il mena-
bò» per la realizzazione del
progetto. «Il filo conduttore vi-
sibile attraverso i volumi è la
scoperta dell’Altro» dice Di
PROSSIMA
MENTE
MIRELLA APPIOTTI
Scoprire
l’Altro con
Atmosphere
Leo che privilegia il linguaggio
narrativo «per denunciare le de-
vianze della natura umana,
ogni libro proponendo un punto
di vista diverso».
I primi due titoli, a fine no-
vembre, appartengono ciascuno
alle due collane per ora operati-
ve: la «Biblioteca dell’acqua»
con romanzi «che invitano il let-
tore a riflessione su emozioni,
linguaggi, culture, luoghi del
mondo» sarà inaugurata da
L’uomo del vescovo del canade-
se Linden MacIntyre, ispirato
ad un caso di pedofilia realmen-
te esploso all’interno della chie-
sa cattolica americana. Mentre
Il cielo sotto Berlino del ceco
Jaroslav Rudis, percorso di for-
mazione con una sorta di disce-
sa nel ventre della capitale tede-
sca, apre la «Biblioteca del fuo-
co» con «scritture più trasgressi-
ve e pop sui vizi della società».
A inizio 2011 dalla Lituania
storie di adozione, da Haiti
drammi di ragazzi, dal Brasile
piccoli eroismi di periferia, dalla
Spagna la violenza del bulli-
smo». In lavorazione la terza col-
lana «Biblioteca della terra» de-
dicata agli stranieri che scrivo-
no direttamente in italiano «per
riscoprire la linfa vitale della no-
stra lingua rinnovata e arricchi-
ta da autori che vengono da lon-
tano». Una neoletteratura di ca-
sa nostra, si augura Di Leo.
i siamo allontanati dal-
la letteratura e dall'ar-
te, ciò ha messo a repen-
taglio la nostra società e provo-
cato la recente ondata di estre-
mismo». Non è una delle tante
possibili analisi catastrofiche
sull'Italia: lo ha detto qualche
giorno fa Qaman Zaman Kai-
ra, ministro pachistano dell'in-
formazione e della televisione.
Teoria azzardata ma sug-
gestiva: il terrorismo e la deca-
denza di una nazione derive-
rebbero dall'incultura. La con-
troprova potrebbe giungere
presto, almeno in Pakistan.
È in corso una grande fiori-
tura letteraria, gli scrittori pa-
chistani affiorano sulla scena
internazionale: sono di moda.
La rivista glamour Granta,
per dire, dedica l'ultimo nume-
ro a questo paese «abitato da
quasi duecento milioni di per-
sone che parlano quasi sessan-
ta lingue diverse»: nonostante
i conflitti, o forse a causa di es-
si, «uno dei luoghi più dinami-
CHE LIBRO FA
...IN PAKISTAN
GIOVANNA ZUCCONI
Hamid
& Hanif
per iniziare
ci del mondo», uno dei luoghi nel
bene e nel male più al centro dell'
attenzione.
Ma davvero stanno emergen-
do nuovi talenti? Non sarà piut-
tosto che sono sempre esistiti,
ma i media internazionali si ac-
corgono che la letteratura pachi-
stana è viva e lotta insieme a noi
proprio perché guerre e terrori-
smo hanno portato il paese alla
ribalta? E si può parlare davve-
ro di boom, come fu per l'India
di Salman Rushdie e di Arun-
dhati Roy?
I nomi degli autori pachista-
ni in voga sono conosciuti all'edi-
toria soprattutto anglosassone,
decisamente meno al pubblico
dei lettori. Mohsin Hamid (Il
fondamentalista riluttante, Ei-
naudi) e Mohammed Hanif (Il
caso dei manghi esplosivi,
Bompiani) non sono precisamen-
te dei bestseller.
Sono forse più famosi di auto-
ri pre-11 settembre come Bapsi
Sidhwa o, volendo, gli anglo-pa-
chistani Nadeem Aslam e Hanif
Kureishi? E, soprattutto, esiste
un sottile imperialismo delle
idee che mostra, della scrittura
pachistana, solo quella su fonda-
mentalismo e militari? Una geo-
politica letteraria, che lascia fuo-
ri la realtà più viva e più vera.
Come se qui dovessimo scrivere
soltanto di monnezza e ninfette,
mentre c'è altro, altrove, forse.
 Diario di lettura
ALBERTO
PAPUZZI
A dicembre esce una
nuova edizione del suo sag-
gio Carlo Rosselli. Il sogno
d'una democrazia sociale mo-
derna. «Che né io né lei ve-
dremo mai», chiosa a mo' di
postilla. Quest'anno ha dato
alle stampe Il populismo au-
toritario, sempre da Baldini,
Castoldi, Dalai, e Anatomia
dell'Italia repubblicana (Pas-
sigli), oltre alla biografia di
Alberto Pirelli (Einaudi). In-
tanto ha intrapreso una nuo-
va e laboriosa ricerca sul bri-
gantaggio meridionale po-
stunitario. In più è invitato a
tenere lezioni e corsi in va-
rie università. A 72 anni lo
storico Nicola Tranfaglia, di
origine napoletana, è attivis-
simo, entusiasta e instanca-
bile, pieno di passioni e di
progetti, come quando, al
tempo dei suoi primi corsi di
storia contemporanea all'
Università di Torino, inse-
gnava a leggere la città di
Gramsci e di Gobetti, dell'oc-
cupazione delle fabbriche e
dell'Ordine Nuovo attraver-
so i documenti e le cronache
dell'epoca. Per cui l'intervi-
sta sul rapporto con i libri di-
venta in realtà l'occasione
per un bilancio della sua vita
fino a oggi.
Una curiosità: il Carlo Ros-
Torna dopo 40 anni
il saggio biografico
elogiato dal Times:
«purtroppo ho dovuto
cambiare editore»
selli uscì nel 1968 da Later-
za, da allora suo storico
editore. Come mai riappa-
re da B. C. Dalai?
«Non pubblico più i miei libri
con la casa editrice pugliese
con molto rimpianto. In par-
ticolare il Carlo Rosselli fu il
mio biglietto da visita nell'
università e mi procurò una
grande recensione sul presti-
gioso Times di Londra. Però
Laterza non se l’è sentita di
pubblicare Il populismo auto-
ritario, mia interpretazione
del berlusconismo, che non
lo sottovaluta e lo collega al-
la fortuna dei populismi in
Occidente, in Europa e an-
che in Italia».
Lei è conosciuto come at-
tento storico della stampa
italiana: come sono nate
questa passione e specia-
lizzazione?
«Sono nate perché prima di
fare lo storico ho fatto il gior-
nalista per dieci anni, al Tem-
po, al Corriere mercantile, alla
Stampa e al Corriere della Se-
ra, come redattore di politica
estera. Ho lasciato il giornali-
smo attivo nel 1967 e sono ve-
nuto a Torino, lavorando per
tre anni presso la Fondazio-
ne Einaudi, con Bobbio, Ven-
turi e Galante Garrone. Quin-
di nel 69-70 ho iniziato a inse-
gnare storia contemporanea
all'Università di Torino dove
ho fatto tutta la mia carriera
di docente fino al 2006-7,
quando mi hanno eletto de-
putato, con i comunisti italia-
ni, ma come indipendente. Il
rapporto si è rotto quando
ho dichiarato che la Cuba di
Castro è in realtà una dittatu-
ra, cosa che non piacque ai
dirigenti del partito».
Lei ha curato, con Valerio
Castronovo, La storia della
stampa italiana di Laterza
in più volumi. Se dovesse
scriverne uno sulla stampa
italiana di adesso, che giu-
dizio ne darebbe?
«Secondo me la stampa ita-
liana conferma in maggioran-
za un'antica dipendenza dal-
Nicola Tranfaglia
Lo storico
La vita. Nicola Tranfaglia è nato a Napoli nel 1938. Dopo la laurea in Giurisprudenza, ha fatto il giornalista per
dieci anni al Tempo, al Corriere mercantile, alla Stampa e al Corriere della Sera. Quindi docente di Storia
contemporanea e preside della Facoltà di Lettere e Filosofia di Torino.
Le opere. Sono usciti nel 2010 «Il populismo autoritario» (B.C. Dalai), «Anatomia dell’Italia repubblicana»
(Passigli), «Vita di Alberto Pirelli» (Einaudi). Con Castronovo «La storia della stampa italiana» per Laterza.
I PREFERITI
f il fascismo, la storia della stampa, il populismo autoritario
GIOVANNI VERGA
I Malavoglia
Garzanti, pp. LXXVII-279, € 7,50
«E Mastro Don Gesualdo,
per come tratta la battaglia
sulla "roba" e il tema della
famiglia meridionale»
f solo un sogno”
THOMAS MANN
I Buddenbrook
Einaudi, pp. XXVIII-692, € 11,50
«Sul versante europeista e
industriale, opera cardinale.
Fondamentale anche
“Le memorie di Adriano”»
f sioni sono investite del gigan-
LEONARDO SCIASCIA
Opere
Bompiani, 3 voll. , € 144
«Di recente l’ ho riletto
tutto: amo una narrativa
che affonda le radici
nella storia della società»
Dal giornalismo all’Università, una varietà di interessi
e di ricerche: il brigantaggio meridionale, il biennio rosso,
“La democrazia
di Rosselli,
la classe politica. Poi ci sono al-
cuni giornali, una minoranza,
che mantengono una certa in-
dipendenza».
E cosa pensa dei talk-show
televisivi o dei cosiddetti
programmi di approfondi-
mento?
«Bisogna distinguere fra tele-
giornali e talk-show. Per quan-
to riguarda i primi, che sono
l'unica fonte di notizie per il
settanta per cento degli italia-
ni che non hanno gli strumenti
per seguire i giornali, le televi-
tesco conflitto d'interesse che
riguarda l'attuale capo del go-
verno. I talk-show invece sono
spesso condotti da giornalisti
che fanno riferimento all'oppo-
sizione, perché quelli di destra
non si dimostrano altrettanto
bravi, basta pensare alla tra-
smissione di Socci o alla serie
di Paragone. Non hanno sfon-
dato, mentre Fazio, Santoro,
Floris registrano share molto
alti. I talk-show di sinistra han-
no però un difetto: si invitano
sempre gli stessi leader o gli
stessi personaggi, per cui per
lo più c'è poco spirito critico».
L'altro filone da lei persegui-
to è quello degli studi del fa-
scismo. Come sappiamo, il
fenomeno ha avuto diverse
interpretazioni, anche diver-
genti, da Croce a De Felice, a
Battaglia o Pavone. Qual è la
sua interpretazione del Ven-
tennio?
«La mia interpretazione è che
«La tv è lo strumento
egemone per il consenso.
I talk show? La destra
non li sa fare, la sinistra
invita sempre gli stessi»
il fascismo è frutto di peculiari-
tà diverse, voglio dire che
esprime ragioni e esigenze di-
verse: il divario Nord-Sud, la
diffusione di clientelismo e ille-
galità, la debolezza di tradizio-
ne democratica, per accenna-
re alle più rilevanti. Sto pro-
prio riducendo la mia Storia
del fascismo, che conta 740 pa-
gine, a dimensioni più adatte
ai corsi universitari, non più di
300 pagine, che uscirà dalla
Utet. In questa chiave vedo un
legame tra fenomeni, pur di-
versi, come il fascismo e quello
che chiamo "il populismo ber-
lusconiano"».
Quali le diversità e quali le
analogie?
«Il primo si basava soprattut-
to su un apparato repressivo
ma nello stesso tempo utilizza-
va la stampa, la radio e il cine-
ma per manipolare le coscien-
ze, il secondo invece punta in
primo luogo sui mezzi di comu-
nicazione e soprattutto sulle
televisioni, che sono oggi lo
strumento egemone per l'orga-
nizzazione del consenso».
Che cosa pensa del percorso
di Fini dal Movimento socia-
le di Almirante al braccio di
ferro con Berlusconi?
«Per quanto riguarda la para-
bola di Fini cito un episodio:
già nel 1995, in tempi non so-
spetti, Fabio Granata, allora
assessore alla Cultura in Sici-
lia, mi invitò a parlare in una
manifestazione dell'Associa-
zione delle vittime della mafia.
Granata pensava le stesse co-
Tuttolibri
SABATO 6 NOVEMBRE 2010
LA STAMPA XI
se che penso io: non batti la
mafia con la sola polizia e la so-
la magistratura. L'unico modo
è fare come in Norvegia, dove
ai bambini si insegna la Costi-
tuzione a cinque anni, O crei
una cultura antimafia o sei de-
stinato alla sconfitta. Cosa che
mi diceva anche Giovanni Fal-
cone, quando lo incontravo a
Roma».
Con tutti i suoi impegni, le
resta il tempo per letture di
piacere, o il tempo della let-
tura è totalmente occupato
dai libri di studio?
«Sono naturalmente un gran-
de lettore. Che legge anche
molta narrativa. Quella italia-
na classica dell'Ottocento o
del primo Novecento: Balzac,
Thomas Mann, meno Proust
«Ho letto più volte
Pirandello. E Tomasi
di Lampedusa: le loro
opere affondano le radici
nella storia della società»
perché un po' mi annoia, Ver-
ga, il De Roberto dei Vicerè. Ho
letto più volte Pirandello. E To-
masi di Lampedusa. Come ve-
de, è una narrativa che in real-
tà affonda le radici nella storia
della società. Perciò di recente
ho riletto tutto Sciascia, in oc-
casione di una lezione universi-
taria su di lui, stimolato anche
dal fatto che mia madre è di
origine siciliana. Poi però de-
stino almeno mezza giornata
ai libri di studio».
Attualmente sta lavorando
su qualcosa?
«Sto preparando una ricerca
sul brigantaggio meridionale.
Perché non c'è niente, a parte
la Storia del brigantaggio di
Franco Molfese, pubblicato
da Feltrinelli nel lontano 1964,
gli direi di ristamparlo, per-
chè è un libro serio e documen-
tato. C'è anche una buona an-
tologia di testi a cura di Aldo
De Iaco, pubblicata in anni lon-
tani dagli Editori Riuniti. An-
che qui ci vorrebbe una nuova
edizione. Il resto è paccotti-
glia, mentre io sono convinto
che è negli anni fra il 1861 e il
1870 che si decidono le sorti
dell'Italia moderna».
Nella sua casa, quando era
ancora ragazzo, entravano li-
bri? Lei ha avuto la possibili-
tà di familiarizzare con i libri
fin da piccolo, mi sembra.
«Sono figlio d'un magistrato
che aveva comprato tutta la
grande letteratura russa: Do-
stoevskij, Gorkij, Turgenev,
Tolstoij. Mentre io a 10-15 an-
ni, quando stavo a Potenza, co-
«Sto approfondendo
il periodo che va
dal 1861 al 1870: allora
si decisero le sorti
dell’Italia moderna»
minciai a comprare i narratori
americani, Faulkner, Hemin-
gway, lo Steinbeck di Furore.
Quindi sono cresciuto da ra-
gazzo con la letteratura russa
e quella americana, che hanno
consolidato la mia passione
per la storia».
Ci sono libri che hanno con-
tribuito in maniera rilevante
alla sua formazione?
«Sì, certo. Il Verga dei Malavo-
glia e di Mastro don Gesualdo,
per come tratta la battaglia
sulla "roba" e il tema della fa-
miglia meridionale. Su un al-
tro versante, europeista e in-
dustriale, il Thomas Mann dei
Buddenbrook. Aggiungo quel
capolavoro che sono Le memo-
rie di Adriano della Yource-
nar. Sì, questi sono stati libri
fondamentali nella mia forma-
zione culturale».